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La vita (digitale) che potrebbe aspettarci dopo la morte

  • Secondo una stima dell’Oxford Internet Istitute, entro il 2100 il numero di utenti deceduti raggiungerà quota 5 miliardi.
  • Le società proprietarie dei vari social network, si stanno muovendo attivamente per capire come gestire i nostri dati dopo la nostra morte. Ma oltre alle società, anche gli utenti sono confusi sul come comportarsi.

 

Sai qual è il cimitero più grande al mondo? Te lo dico io, Facebook!

Nel 2012, l’unico anno in cui è stato possibile avere un dato certo, il numero di profili collegati a persone decedute era di 30 milioni.

Secondo una stima dell’Oxford Internet Istitute, entro il 2100 il numero di utenti deceduti raggiungerà quota 5 miliardi.

Triste sì, ma un dato che apre anche a molte considerazioni trasversali.

cimiteri digitali

Quanti dati produciamo?

Quasi tutti noi, utilizziamo una sveglia per non fare tardi al lavoro e probabilmente mentre ci vestiamo ascoltiamo anche un po’ di musica.

Bene, con i primi minuti della giornata, le app, hanno già raccolto i dati relativi al tuo ciclo sonno/veglia e ai tuoi gusti musicali!

Così giusto per citarne uno, è possibile utilizzare uno strumento messo a disposizione di Google, per scoprire cosa Big G sa su di noi. Ne risulteranno più di 3000 pagine di informazioni.

Tra il 2013 e il 2015 abbiamo prodotto più dati che in tutta la storia dell’umanità fino ad allora e si presume che nel 2020 ci saranno circa 44 zettabyte di dati che circoleranno per il globo.

44 zettabyte di dati sono 440 miliardi di gigabyte! Neanche riesci a immaginarlo guardando il tuo hard disk, vero?

LEGGI ANCHE: Che fine fanno i nostri dati: Google e Facebook nel mirino dell’Antitrust UE

Nasci, cresci, muori. E i tuoi dati?

Marco Mantovan Ninja

Le società proprietarie dei vari social network, si stanno muovendo attivamente per capire come gestire i nostri dati dopo la nostra morte.

Oltre alle società, anche gli utenti sono confusi sul come comportarsi.

In un report del 2017, redatto dalla Digital Legacy Association, l’83% degli intervistati non aveva alcun piano per i propri lasciti digitali.

Il restante 17% ha dichiarato di aver reso noti i propri desideri con la funzione Legacy Contact di Facebook.

Questa opzione ti consente di nominare una persona di fiducia per gestire il tuo account dopo la tua morte o stabilire che l’account venga rimosso.

Le tue informazioni non sono presenti solo nei vari Social Network, ma anche in svariati siti web e app.

E per quanto possa sembrare assurdo, i tuoi vari account o profili utente sparsi per il web, non sono di tua proprietà.

Se utilizzi qualsiasi piattaforma online per ascoltare musica, leggere libri o guarda serie tv, tu ne hai solo acquistato la licenza mentre eri vivo, ergo, non è possibile trasferire la proprietà di un qualcosa che non possiedi.

Marco Mantovan dati

E se dopo la morte ci fosse vita digitale?

Recente il caso della madre coreana che ha avuto la possibilità, grazie alla realtà virtuale, di poter “abbracciare” di nuovo sua figlia, dopo la prematura morte.

Anche gli sceneggiatori di Black Mirror, in diverse puntate hanno provato ad immaginare come potesse essere riportare in vita un defunto.

I lati positivi sono innegabili, potremmo dire addio alle persone a cui abbiamo voluto bene, potremmo ringraziare i nostri genitori per l’ultima volta o ridere per qualche istante con i nostri nonni.

Sarà possibile conoscere qualche personaggio storico, discutere di arte con Michelangelo, suonare con Beethoven o allenarci con il nostro sportivo preferito.

Personalmente sono dell’idea che anche la morte dia valore ad una persona. Tutto comincia e tutto deve finire… forse.

grafica per i social media

9 tips di grafica per i social media (senza avere un background da grafico)

  • Saper creare contenuti di qualità è una skill indispensabile per lavorare con i social media e catturare l’attenzione delle persone.
  • Secondo un studio di BuzzSumo, l’uso di grafica per i social media è in grado di incrementare l’engagement fino a 2,3 volte.

 

“Content is king”, lo scrisse per la prima volta Bill Gates con grande lungimiranza nel lontano gennaio del 1996 e a distanza di più di 20 anni, questa frase è diventata una sorta di mantra per chiunque lavori a contatto con il web: i contenuti di alto livello sono il motore dell’informazione, e di conseguenza, anche del digital marketing.

Il contenuto è dove mi aspetto che verranno fatti più soldi su Internet, proprio come accadeva nelle trasmissioni radiotelevisive. […] Le opportunità più ampie, per la maggior parte delle aziende, riguardano la fornitura di informazioni o intrattenimento. Nessuna azienda è troppo piccola per partecipare.

(Bill Gates)

Saper creare contenuti di qualità e grafica per i social media è una skill indispensabile in un’era in cui siamo costantemente bombardati di informazioni durante tutta la giornata.

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Conquista il tuo pubblico con la grafica per i social media

Tra tutti i tipi di percezione sensoriale, il 90% degli input che il nostro cervello elabora sono di tipo visivo, il che ha portato marketer e designer ad attribuire un ruolo di primo piano ai contenuti visivi nella definizione delle strategie.

Secondo un studio di BuzzSumo, l’uso di visual content efficaci sui social media è in grado di incrementare l’engagement fino a 2,3 volte.

Dunque, come creare visual efficaci che catturino l’attenzione dell’utente, senza un background da graphic designer?

1. Capire dove mirare

Individuare un obiettivo e circoscrivere il target di riferimento vuol dire porre le fondamenta su cui si andrà ad edificare l’intera strategia.

In particolar modo sui social network, capire a chi ci si sta rivolgendo e come farlo è uno step imprescindibile, da cui dipenderanno tutti gli step successivi.

Nessun contenuto è in grado di attirare l’attenzione di tutti gli utenti, dunque è importante porsi alcune domande affinché si riesca a intercettare la fetta di pubblico che ci interessa:

  • Chi è il mio cliente ideale?
  • Quali sono le piattaforme che usa abitualmente?
  • Quale messaggio voglio trasmettere e quale reazione voglio innescare?
  • Quale sarà l’azione successiva che desidero che l’utente compia?

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LEGGI ANCHE: Tips e dati per scegliere le immagini giuste da condividere sui social

2. Le dimensioni contano

Il secondo step è scegliere le dimensioni esatte dei tuoi Canvas.

Ogni piattaforma social richiede dimensioni specifiche e tipologie di contenuti differenti, dal carosello di immagini adv alle gif animate.

Anche quando si utilizza lo stesso visual su diverse piattaforme, non bisogna mai dimenticare di adattarne le dimensioni di volta in volta, lavoro noioso ma molto importate affinché l’esperienza di fruizione da parte dell’utente sia impeccabile.

Le specifiche sulle dimensioni delle varie piattaforme e le tipologie di grafica supportate cambiano spesso, pertanto bisogna essere sempre aggiornati sulle norme attualmente in vigore.

Guide dettagliate e sempre aggiornate, come quelle di Ninja o di sproutsocial.com, possono esserti di grande aiuto.

3. Raccontare con le immagini

Tutti, nella maggior parte dei casi, utilizziamo i social nei ritagli di tempo, ad esempio mentre facciamo la fila al supermercato o aspettiamo l’autobus, e con un livello d’attenzione relativamente basso.

L’utilizzo di visual content serve proprio a raccontare una storia nel modo più immediato: l’elaborazione delle informazioni visive rispetto a quelle testuali è molto più rapido; per riconoscere e interpretare un’immagine bastano pochi millisecondi.

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È importante quindi che la scelta degli elementi grafici sia funzionale al tipo di reazione che si intende suscitare, sia essa una reazione emotiva o di semplice curiosità, che spinga l’utente a cliccare quel contenuto piuttosto che un altro.

4. Prestare attenzione alle scelte cromatiche

L’attenzione alle scelte cromatiche, l’uso di tonalità complementari, il giusto equilibrio tra luci e ombre, sono fondamentali per rendere un’immagine accattivante.

Tra le combinazioni vincenti ci sono sicuramente gli accostamenti di tinte in netta contrapposizione sul cerchio dei colori, come il rosso-rosato con il blu acqua, il verde chiaro con il magenta e il giallo brillante con il viola prugna.

Nella scelta della palette da utilizzare, è importante evitare colori che si scontrino con quelli della brand identity della piattaforma su cui verrà pubblicato il contenuto, come ad esempio il blu di Facebook.

5. Studiare la visual identity del brand

Affinché un contenuto sia immediatamente associato al brand, nello scegliere la palette di colori così come gli elementi grafici da utilizzare, bisogna sempre compiere uno studio preliminare dell’identità visiva del marchio per essere in linea con quelli che sono gli elementi distintivi della brand identity.

In particolare, è importante attenersi alla “guida del marchio”, vale a dire a tutta la raccolta di font pre-selezionati, variazioni del logo, combinazioni di colori, elementi di design definiti inizialmente.

6. La semplicità prima di tutto

Semplificare il più possibile, in alcuni casi è necessario. Uno di questi casi è proprio la creazione di visual content.

Quando lavori in uno spazio così ristretto e hai a disposizione poco tempo per trasmettere un messaggio, uno degli errori da principiante più frequenti è il surplus di informazioni.

Testi troppo lunghi all’interno dei canvas, sovraffollamento di elementi grafici e simili, finiranno solo per appesantire il messaggio e ridurre l’interesse dell’utente, che andrà a riversarsi su contenuti più catchy.

7. Effetto “stop-scrolling”

Mantenere una coerenza con l’identità del marchio è molto importante, ma a volte anche andare controcorrente può servire per ottenere l’effetto stop-scrolling.

Il modo migliore per capire cosa fa effettivamente soffermare l’utente nel bel mezzo dello scrolling, è quello di testare diverse tipologie di contenuti e studiarne le reazioni.

Ad esempio, alternare le immagini a blocchi di colore con dei copy di grande impatto, oppure dare risalto ai prodotti usando texture accattivanti e creando un contrasto ad effetto, può essere molto utile per interrompere il flusso di contenuti e sortire l’effetto wow.

8. Focalizzarsi sull’essenziale

L’occhio umano impiega all’incirca 50 millisecondi per riconoscere un’immagine, il che implica che in questo brevissimo lasso di tempo tutte le informazioni essenziali devono essere recepite.

Gli elementi all’interno della grafica devono seguire una gerarchia visiva, che metta in risalto le informazioni importanti e ne esalti i tratti più significativi, rispetto alle informazioni secondarie.

Ad esempio, Call To Action come “Inizia una prova gratuita”, “Partecipa al contest” o “Richiedi ora il tuo coupon” saranno sempre riportate con caratteri più grandi e poste in una posizione di primo piano rispetto ad altri informazioni secondarie.

LEGGI ANCHE: Come creare call to action efficaci per ogni obiettivo di marketing

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9. Occhio alle reference

Il modo migliore per trovare idee grafiche per i social media che funzionino è essere sempre aggiornati sui trend di design, ad esempio dedicando del tempo alla raccolta di reference, ad analizzare i contenuti proposti dai competitor o da influencer che usano il loro profilo per promuovere prodotti affini ai tuoi.

Ricorda: alcune tra le migliori idee grafiche derivano da una convergenze di tendenze differenti tra loro e di spunti raccolti da diverse fonti e opportunamente affiancati.

Cosa si aspettano i più giovani dal tuo Content Marketing

  • I giovani di oggi sono i nativi digitali per eccellenza, la vera ispirazione per la creazione del content del futuro.
  • Il nuovo obiettivo non è più solo la conversione, ma l’engagement.

 

Nel momento in cui siamo ora siamo bombardati quotidianamente da messaggi sulla digitalizzazione, la domanda che tutti in questo momento dovremmo farci è: come dovremo cambiare la nostra strategia di content marketing, per catturare ancora l’attenzione dei consumatori?

Pensiamo a cosa stanno facendo ora i brand: in ogni settore, in questo ultimo periodo così particolare, la comunicazione si è spostata dall’offline all’online, e la qualità dei messaggi e dei contenuti ha registrato un notevole miglioramento.

Persino i più scettici, ancora legati ad una comunicazione più tradizionale, hanno dovuto arrendersi; il futuro, o presente, degli investimenti deve essere nei contenuti digitali.

Fino a qui siamo tutti concordi, ma la domanda sorge spontanea: come?

Un Content giovane

LEGGI ANCHE:5 azioni supportate dalla ricerca per migliorare il tuo Content Marketing

Molto spesso i modi di comunicare più innovativi nascono dai consumatori stessi, bottom-up.

I giovani di oggi sono i nativi digitali per eccellenza, e la migliore ispirazione per la creazione di contenuti futuri. Non solo per i social, perché il content marketing non vive solo su Instagram o il più recente TikTok, ma anche sull’eCommerce.

I nativi digitali sono coloro i quali sperimentano nuove forme di comunicazione, per i quali un lancio di un prodotto non è più solo un evento esclusivo, ma virtuale, aperto a tutti. La rivoluzione del content marketing è necessario arrivi da loro.

Non bisogna solo interpretare il loro linguaggio e riprodurlo nella nostra strategia, ma studiare forme nuove di coinvolgimento.

LEGGI ANCHE: Cosa significa Street Culture e come fa un brand a parlare con le nuove generazioni

Meno prodotto, più brand

I brand con un purpose e una reason to believe, sono coloro i quali sono riusciti a costruire una strategia più efficace in questo periodo.

Il content marketing del futuro è un piano di contenuti più flessibile, che punta a audience differenti, non solo focalizzate sul puro prodotto, ma anche su contenuti più emozionali e di brand.

Ciò potrebbe causare diverse contestazioni, lato commerciale, per un modo di pensare ormai radicato, che più follower significhi più conversioni. In realtà diverse persone hanno dichiarato che in futuro, saranno più predisposte ad acquistare da brand che hanno saputo mostrare empatia e vicinanza ai consumatori.

Bisognerà interrogarsi se strategie di contenuti commerciali e sicure, ripaghino nel lungo termine, o se è necessario ripensare al modello di comunicazione e rischiare: rischiare di creare un purpose per avere risultati nel medio e lungo periodo, avendo magari meno ritorno all’inizio, ma più valore in futuro.

LEGGI ANCHE: Come reinventare una strategia di Content Marketing durante la quarantena

Dati Qualitativi

Non c’è strategia di contenuto senza dati a supporto; anche il modo di decidere i KPIs per i propri contenuti sta subendo una profonda modifica.

Siamo passati da un mondo content dove la conversion era il fattore principale per determinare una strategia di contenuto, a un mondo in cui il consumatore, con i suoi bisogni e sensazioni, viene messe al primo posto.

Ma attenzione: l’obiettivo non è più solo colpire, ma, dopo questa esperienza, il fattore principale di misurazione sarà l‘engagement.

Quanto più il nostro utente, consumatore del domani, si sarà sentito coinvolto dal nostro messaggio, tanto più la propensione ad un acquisto sarà elevata e misurare l’efficacia più determinante.

content marketing

Come parlare con il tuo Content Marketing a una nuova generazione

La Gen Z ha un diverso insieme di aspettative quando si tratta di marketing e di comportamento del brand. Si tratta di un pubblico che conta già da 2 a 2,5 miliardi e mezzo di persone, con un potere d’acquisto di 44 miliardi di dollari. Da qui, il motivo per cui i marketer dovrebbero rivolgere almeno una parte della loro attenzione verso questo pubblico.

Ciò che è importante capire, tuttavia, è che, sebbene la Gen Z segua direttamente i millennial, ci sono alcune differenze significative tra i due gruppi.

Il 40% della Generazione Z dà la priorità alla connessione Wi-Fi rispetto a un bagno funzionante (pazzesco, vero?). In altre parole, si tratta di consumatori di contenuti sempre connessi e pronti a consumare video.

La pubblicità tradizionale non funziona con la Gen Z

Non vedrete mai i ragazzi della Gen Z seduti a guardare la pubblicità davanti alla TV, o affascinati da un annuncio video pre-roll su YouTube. Piuttosto, la narrazione video non promozionale, in forma breve, è il modo per conquistare questo pubblico.

I brand devono tenerne conto e adattare i propri contenuti video alle varie piattaforme e dispositivi. Secondo quanto indicato da MobileMarketer.com, i consumatori della Gen Z richiedono un’esperienza su cinque schermi: telefono, computer, TV, tablet e wearable.

La Gen Z valorizza la diversità e l’inclusione

Secondo lo studio “Getting to Know to Know Gen Z: How the Pivotal Generation is Different From Millennials”, il 60% degli adolescenti sostiene i brand che prendono posizione su questioni in cui credono in materia di diritti umani, razza e orientamento sessuale.

Ma non si può semplicemente scegliere un hashtag di supporto da twittare. L’85% dei ragazzi acquisterà un marchio che sostiene una causa sociale piuttosto che un altro che non lo fa, secondo un sondaggio di Fuse Marketing.

“La Generazione Z sembra davvero interessata a impegnarsi con marchi che hanno valori in linea con i propri”, spiega Kyle Andrew, CMO di American Eagle, in un articolo di Fast Company.

La Gen Z si fida degli influencer

A differenza delle generazioni precedenti, la Gen Z è più propensa a relazionarsi con un proprio pari online piuttosto che con un portavoce di una celebrità o una top model.

Ecco perché sono attratti dagli influencer, che fungono da divulgatori di ciò che è nuovo ed eccitante.

La Gen Z influenza a sua volta

Oltre il 70% dei Gen Zer intervistati ha dichiarato di influenzare le decisioni delle famiglie sull’acquisto di mobili, beni per la casa, cibo e bevande. Alcuni brand hanno deciso che cercare di raggiungere la Gen Z avrà un ritorno a lungo termine, anche se non è esattamente il loro target demografico.

La piattaforma d’elezione per questo collegamento è YouTube, dove il 95% dei Gen Z dice di spendere molto del proprio tempo.

Suggerimenti per raggiungere la Gen Z con il tuo Content Marketing

Se sei un marketer di contenuti che spera di catturare i cuori e le menti della Gen Z, impara innanzitutto a conoscere questi consumatori emergenti partendo dagli esempi dei brand che già seguono (come Nike, Target…) o degli influencer più amati. Potrebbero non essere così tanti come i millennial, ma il loro potere d’acquisto, unito all’influenza che esercitano, non può essere ignorato.

Per iniziare, ecco le migliori pratiche di Content Marketing per arrivare dritto al cuore di questa nuova generazione:

  • esplora i contenuti interattivi.
  • Incontra gli influencer.
  • Concentrati sui video brevi.
  • Sii sempre autentico.
  • Promuovi la responsabilità sociale (e credici davvero).
  • Qualunque cosa tu faccia, non fare il millennial con la Gen Z!
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Il lato oscuro del blogging: tutto quello che i blogger non dicono

  • Fare blogging non è un’attività redditizia per tutti, ma alcuni riescono a trasformare il proprio blog in un business. Quali sono i segreti di questi blogger? 
  • Per realizzare un blog di successo, è importante investire, non solo il proprio tempo.

 

Il Web è un luogo in continua espansione in cui tutti, o quasi, hanno la possibilità di reinventarsi e intraprendere nuove carriere digitali. Una delle attività che incuriosiscono di più gli utenti è sicuramente quella del blogging.

Che cosa significa fare blogging

Con il termine blogging intendiamo la creazione di contenuti scritti e multimediali inseriti in uno spazio personale che è appunto il blog. I post trascritti sulla piattaforma prescelta possono riguardare le proprie passioni o essere inerenti al proprio lavoro. L’attività di blogging, se studiata bene, può trasformarsi in un vero e proprio business.

Tenere un blog può sembrare una cosa semplice, ma non è così. Non si tratta solo di scrivere, esiste un pubblico che ci leggerà, che commenterà e condividerà o meno i nostri articoli. Ma non solo, il blog ha un lato oscuro che non tutti i blogger sono disposti a raccontare.

LEGGI ANCHE: Statistiche utili per dare vita ai contenuti del tuo blog nel 2020

Le potenzialità di fare blogging

Spesso si apre un blog per gioco, c’è chi sente il bisogno di raccontarsi e parlare dei propri interessi e vuole andare oltre la propria cerchia di conoscenze per arrivare a più persone. Solitamente chi sceglie di fare blogging ha uno scopo preciso: voler condividere il proprio sapere per aiutare gli altri.

Sono tanti i motivi che spingono le persone a diventare blogger, ma non è detto che tutti riusciranno a rendere questa passione un vero e proprio lavoro.

I blogger che riescono a ottenere buoni risultati, a far ingranare il proprio blog e a trasformarlo in un lavoro a tempo pieno, non sono poi così disponibili a svelare i propri segreti. Se per molti fare blogging è inizialmente un modo per condividere le proprie esperienze, nel momento in cui diventa un lavoro reale, perdono quello spirito iniziale.

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Quello che i blogger non dicono

Cosa si cela dietro al successo di alcuni blogger? 

Tutto quello che vorreste chiedere a chi è riuscito a fare della propria passione un lavoro, lo troverete in questi punti essenziali. Non si tratta solo di scrittura, cuore e pianificazione, ma c’è ben altro.

LEGGI ANCHE: Come creare contenuti con personalità e conquistare il tuo pubblico

Fare blogging non è per tutti

Se credete che tutti possono occuparsi di un blog, che occorre solo un po’ d’impegno, non è esattamente così. Sembra una cosa semplice, si scelgono gli argomenti, si crea una scaletta per i primi articoli da stendere e l’avventura comincia. Scrivere anche delle cose che più ci appassionano non è facile. La scrittura è allenamento, richiede costanza e dedizione, e non tutti riescono a mantenere un ritmo assiduo. Inoltre ci saranno sempre le pressioni esterne che ci tormenteranno, come la scelta del posto in cui scriveremo, anche se sembra una cosa banale.

La gestione di un blog a tempo pieno equivale alla gestione di un’attività a tempo pieno. Se vogliamo trasformarlo nel nostro lavoro, dobbiamo dichiararlo ad alta voce a noi stessi. Dobbiamo fissare un obiettivo, perché va avanti solo chi ha uno scopo e un piano. Se vogliamo lasciare il nostro attuale lavoro tra sei mesi, per esempio, significa che per le prossime settimane dobbiamo concentrarci sul nostro blog.

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Non dobbiamo credere a quei blogger che affermano di lavorare solo poche ore al giorno e nemmeno tutti i giorni. Se vogliamo davvero diventare blogger, dobbiamo avere un piano, rispettarlo e modificarlo se ci sono delle incongruenze.

L’importante è imparare ad avere il proprio ritmo, ad ascoltare sé stessi e non mollare nemmeno davanti alla paura del foglio bianco. È importante fare ricerca continuamente, aggiornarsi e raccogliere idee, parole chiavi, fare schemi per i propri contenuti.

LEGGI ANCHE: Blocco dello scrittore: 30 idee per superare la paura del foglio bianco

Conoscere il proprio pubblico per fare bene blogging

Quando scriviamo non lo facciamo solo per noi stessi, ma vogliamo condividere il nostro pensiero con gli altri. Bisogna prestare attenzione alla propria community perché è a loro che ci rivolgiamo. Le persone leggeranno i nostri post, si emozioneranno, li troveranno utili, o noiosi e commenteranno. Se si ritroveranno con le nostre parole, od otterranno dei benefici, condivideranno a loro volta il nostro intervento sui propri canali social.

Ma se vogliamo conoscere davvero chi ci legge, dobbiamo ascoltare la loro voce parlando con loro. Come possiamo farlo? Tramite le email.

Quando le persone si iscrivono alla nostra mailing list possiamo chiedere di presentarsi, di parlaci di sé stessi raccontando chi sono, invitandoli ad aprirsi insieme a noi con quattro chiacchiere. Il nostro scopo è quello di avviare conversazioni con chi è disposto a scriverci per parlarci di un problema e ricevere aiuto per risolverlo.

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Leggendoli, potremo capire chi sono i nostri lettori, conoscere le loro perplessità e adattarci per dar vita a contenuti utili oltre che interessanti. Questo approccio di fare blogging non è utilizzato da tutti e chi lo fa non è sempre disposto a mostrarlo. 

La differenza la fa meno dell’1% del pubblico

Se crediamo che tutti coloro che passano sul nostro sito costituiscono la nostra community ci sbagliamo di grosso. Non tutti sono realmente interessati ai nostri articoli, c’è chi è solo di passaggio, o chi ci legge saltuariamente.

Le persone che contano davvero per incrementare il nostro blog e aiutare a far crescere il nostro business sono quelli che ci seguono costantemente. I nostri veri fan sono le persone che hanno capito cosa abbiamo da offrire, leggono le nostre mail e non si perdono nessuno dei nostri pezzi.

Se riusciamo a rendere felice il nostro pubblico, allora potremmo ottenere dei grandi risultati facendo blogging. Si tratta di fare una scelta, non possiamo parlare di qualsiasi cosa per accaparrarci una grossa fetta di pubblico. Risulteremo poco credibili e probabilmente nessuno ci prenderebbe sul serio.

Concentrandoci invece su un argomento specifico, in cui siamo ferrati, acquisteremo più credibilità e le persone saranno motivate a leggerci e si fideranno delle nostre parole.

La nostra passione non sarà per forza redditizia

Per quanto possiamo essere appassionati di un argomento e conoscerlo nei minimi dettagli, non significa che sarà necessariamente redditizio. Anche se la nostra nicchia ci segue ed è fidelizzata, fare blogging non si trasformerà in un lavoro a tempo pieno. Ma una soluzione c’è.

La maggior parte delle nicchie può creare un giro d’affari se ci si avvicina a loro nel modo giusto. Ovviamente il modo più semplice per capire come fare è parlare con le persone. Sono molti coloro che sono disposti a usufruire di un servizio a pagamento per conoscere notizie scritte in modo autentico e professionale, o che vogliono prendere parte a corsi e seminari per aggiornare le proprie competenze.

Per fare blogging in modo intelligente bisogna immaginare quale sarà il problema che vogliamo risolvere per aiutare la nostra nicchia di lettori.

Prepariamoci a possibili delusioni

La scelta di tenere un blog e concentrarsi su quest’attività tralasciando altri possibili impieghi potrebbe non essere vista di buon occhio dalla nostra famiglia e dai nostri amici. A questa piccola, cocente delusione non saremo mai preparati e probabilmente è uno dei segreti che i blogger di successo non sveleranno mai.

Ci sono molti blogger che non hanno tra il proprio pubblico nessun amico o familiare, e questa cosa potrebbe farci perdere un po’ di autostima. Ma non abbiamo scelto di fare blogging per loro, ma per chi vuole ascoltarci davvero, e questo vale per ogni tipo di lavoro.

Non avere il sostegno della propria famiglia è una constatazione amara, ma per raggiungere il nostro reale scopo, non è una cosa necessaria.

Dobbiamo accettare che amici e familiari spesso non rappresentano il nostro target di riferimento, anche se sarebbe bello avere il loro sostegno.

Fare blogging significa anche divertirsi

Il nostro obiettivo è lavorare con il nostro blog, ma ciò non vuol dire perdere di vista un dettaglio importante. Abbiamo iniziato a fare blogging mossi dalla passione, dal desiderio di abbattere le barriere di tempo e spazio e raggiungere più persone possibili. Se dimentichiamo perché abbiamo cominciato, difficilmente andremo avanti.

Divertiamoci con le parole e teniamo sempre d’occhio il nostro scopo.

serie tv 2020

Le serie TV con cui fare binge watching quest’estate

  • Con l’arrivo del caldo abbiamo ancora una volta più tempo per rilassarci davanti alle nostre serie TV preferite
  • Per chi ha voglia di fare “binge watching”, su Netflix, Amazon, Disney+ esiste l’imbarazzo della scelta

 

L’estate è arrivata e, complici il tempo libero e lo stop delle programmazioni televisive, sono molte le persone che hanno iniziato ad occupare le proprie giornate con il “binge watching“. Cosa significa esattamente questo termine? Vuol dire fare una scorpacciata di serie televisive, ovvero guardare tutte le puntate delle proprie fiction preferite senza far pause. A chi di voi non è capitato almeno una volta nella vita di dire “ancora uno e poi smetto” e poi, davanti all’ennesimo colpo di scena, cambiare idea e cedere alla tentazione di proseguire la visione fino a notte inoltrata? 

Ad ogni modo, se siete indecisi su cosa guardare in questo periodo, vi proponiamo 15 serie TV imperdibili, che vi lasceranno incollati allo schermo, già disponibili sulle migliori piattaforme. 

1# Lucifer

Lucifer

Lucifer è una serie televisiva statunitense sviluppata da Tom Kapinos, trasposizione televisiva dell’omonimo fumetto, scritto da Mike Carey e pubblicato dalla casa Vertigo. Prima cancellata da FOX, poi salvata da Netflix, con somma gioia dei fan, è tra le serie più amate sulla piattaforma di video in streaming. In attesa del rilascio dei primi otto episodi della quinta stagione, previsto per il 21 Agosto 2020, potete ripercorrere le avventure di Lucifer su Netflix, ma anche in replica su Italia Uno, ogni sabato pomeriggio.

Trama:

Lucifer, annoiato del suo ruolo di signore degli Inferi e rancoroso nei confronti di Dio, suo padre, per averlo cacciato dal Paradiso, abbandona il suo regno e si trasferisce a Los Angeles dove apre un night club di nome “Lux”. Sebbene suo fratello, l’angelo Amenadiel, insista continuativamente per farlo tornare all’inferno, un’amica gli fa notare come in lui stiano nascendo sentimenti umani e abbia infine scoperto di essere diventato mortale. La sua vita scorre serena per cinque lunghi anni, fino a quando non conosce la detective Chloe Decker, una donna bella, energica e dalla battuta sempre pronta, che si insinua nella sua vita e lo mette davanti all’amore, alla pietà e a tutta una vasta gamma di sentimenti umani che, un diavolo come lui, non dovrebbe mai provare.

Perché dovresti vederlo?

Sorriso smagliante, sguardo profondo e accattivante e fisico statuario: così si presenta Lucifer, e sia le donne, che gli uomini non possono che cadere ai suoi piedi, sedotti da una figura austera, ma che ha la capacità di leggere tra le pieghe più profonde dell’animo umano. L’ironia di Lucifer, combinata a momenti più intensi, crea un equilibrio perfetto tra tutte le sue parti e riesce a regalarci emozioni, ma anche momenti di puro intrattenimento.

2# La casa di carta

La Casa di Carta

La casa de papel è una serie televisiva spagnola ideata da Álex Pina. Dopo il grande successo sul canale Antena 3, la serie è stata acquisita da Netflix e distribuita sulle reti italiane. L’originalità di questa serie ha sancito un successo inaspettato, prima in Spagna e poi nel resto d’Europa, anche in termini di ascolti. 

Trama:

La storia narra gli sviluppi di una rapina estremamente ambiziosa: irrompere nella zecca di stato spagnola a Madrid e far stampare migliaia di milioni di banconote, per poi scappare con il bottino. L’ideatore di questa impresa è un uomo conosciuto come “il Professore”, che recluta attentamente otto individui con precedenti penali, i quali, per motivi di estrazione sociale, non hanno nulla da perdere. Considerato il divieto di rivelare la propria identità, a ciascun componente della banda viene assegnato il nome di una città: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo. Questi criminali agiscono vestiti di rosso con una maschera che si ispira al pittore spagnolo Salvador Dalí. 

Perchè dovresti vederlo?

La Casa di Carta è una delle serie più seguite e chiaccherate di sempre e una volta fatta la tua bella maratona estiva, avrai sicuramente qualcosa di cui parlare con tutti i tuoi amici. C’è poco da dire… la trama è molto semplice! Ma alternando momenti drammatici, ricchi di colpi di scena, romanticismo e dialoghi divertenti, riesce a tenere incollato allo schermo qualsiasi spettatore.

3# Vis a Vis

Vis a Vis

Vis a vis – il prezzo del riscatto è una serie televisiva spagnola, trasmessa originariamente su Antena 3 nel 2015. Cancellato dopo due stagioni, lo show è stato salvato da FOX Networks Group España, Atresmedia e Globomedia, che hanno prodotto anche altre due stagioni. Attualmente la serie è disponibile sul catalogo Netflix. 

Trama:

Macarena Ferreiro è una giovane donna che, costretta dal suo capo, si macchia dei crimini di manipolazione e appropriazione indebita, nell’azienda in cui lavora. Dopo essere stata scoperta, viene arrestata e rinchiusa nella prigione di Cruz del Sur. Qui dovrà imparare cosa significa lottare per la sopravvivenza: inizialmente innocua ed ingenua, si trasformerà ben presto in una donna senza scrupoli.

Perché dovresti vederlo?

Vis a Vis è una serie affascinante, poco adatta per i deboli di stomaco. Sfrutta senza timore gli espedienti tipici dei thriller, che la rendono veloce, appassionante e carica di tensione. Nonostante il limitato numero di opzioni narrative da poter esplorare, Vis a Vis è un esperimento perfettamente riuscito: regala allo spettatore tutto ciò che si potrebbe chiedere, inganni, misteri, azione, amore e tradimenti.

4# Hanna

Hanna

Hanna è una serie televisiva statunitense scritta e ideata da David Farr, basata sull’omonimo film del 2011 e distribuita su Amazon Prime Video. Elogiata dal New York Times e definita da TvGuide.com come “il binge watching perfetto per un weekend”, ha debuttato recentemente con la seconda stagione, riscuotendo un gran successo in più di 200 paesi del mondo.

Trama:

Hanna è una ragazza orfana della madre, che viene cresciuta nel totale isolamento delle foreste più remote dell’Europa dell’est. La ragazza trascorre tutta l’infanzia ad allenarsi per combattere e difendersi da coloro che danno la caccia a lei e a suo padre. Le abilità di sopravvivenza di Hanna sono messe alla prova solo dal momento in cui l’agente corrotta della CIA, Marissa Wiegler li individua ed inizia a dargli la caccia.

Perché dovresti vederlo?

Un film action con tratti psicologici che analizzano da vicino la protagonista della storia allargando il discorso a livello sociale. Il confronto col mondo esterno e l’adattamento alla civiltà, infatti, sono le chiavi di lettura interpretative di questo prodotto filmico, che, a tratti, ricalca molto la narrazione di una fiaba. Wright miscela perfettamente azione ed introspezione facendo confluire tutto verso un finale dai risvolti inaspettati.

5# Stranger Things

Serie TV Stranger Things

Stranger Things è una serie televisiva statunitense prodotta da Camp Hero Productions e 21 Laps Entertainment, per la piattaforma di streaming Netflix. Può essere considerato uno dei maggiori successi più recenti della piattaforma, nonostante la fantascienza mista all’horror non sia un genere solitamente amato da tutti. In attesa della quarta stagione, la cui produzione è stata messa in pausa a causa del Coronavirus, i binge watchers possono approfittarne per recuperare la visione degli episodi persi in precedenza.

Trama:

La storia è ambientata negli anni ’80 a Hawkins, una cittadina dello stato americano dell’Indiana, dove il piccolo Will scompare in circostanze misteriose, dopo essere stato a giocare con gli amici. Nello stesso momento, arriva in città una strana ragazzina con poteri telecinetici, la giovane Eleven, soprannominata El. Ben presto si scoprirà che El è fuggita da un laboratorio segreto, dove il padre conduceva esperimenti su di lei, per via delle sue capacità.

Perchè dovresti vederlo?

La trama è ambientata negli anni Ottanta ed è ricca di riferimenti musicali, cinematografici, culturali e letterari legati a quel periodo: per coloro che hanno vissuto l’adolescenza in quel periodo è normale immedesimarsi e provare momenti di nostalgia. Inoltre, fin dal primo episodio, questa serie televisiva ti terrà col fiato sospeso… quando penserai di aver capito tutto, la narrazione verrà totalmente stravolta.

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6# Dark

Dark

La fine è l’inizio: se avete già visto le prime due stagioni di Dark potreste capire il perché di questa frase. La serie tedesca, conosciuta anche come I segreti di Winden, è una tra le più apprezzate dai clienti di Netflix, e sta per giungere alla sua conclusione. La terza stagione è stata caricata sulla piattaforma il 27 Giugno 2020 e rivela i punti più oscuri rimasti in sospeso lungo tutta la serie. 

Trama:

Riassumere il tutto per chi non ha visto le prime due stagioni, visti i vari colpi di scena, non è così semplice. La serie si svolge a Winden, nell’anno 2019. La scomparsa di due bambini in una città tedesca e le conseguenti ricerche porteranno alla luce misteri e oscuri segreti che questa piccola cittadina nasconde, rivelando i rapporti e il passato di quattro famiglie che vi abitano e attorno alle quali ruotano tutte le vicende: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler ed i Tiedemann.

Perché dovresti vederlo?

Dark è un ambizioso racconto polifonico, caratterizzato da una varietà di personaggi degno dei romanzi di Tolstoj. Se non siete dei fan dei paradossi temporali (loop, portali e tutto il resto) vi consiglio vivamente di non iniziare a guardarlo, perché la chiave per tentare di decifrare questo portentoso enigma è proprio il tempo. Tuttavia, non pensate assolutamente a Dark come un prodotto di fantascienza per nerd: ci troviamo di fronte a una serie molto vicina allo stile di Lost, in grado di coniugare un intreccio ricco di grandi misteri e colpi di scena, alla componente umana e ai drammi personali dei personaggi.

7# Cursed

Serie TV Cursed

Cursed è una nuova serie Netflix tratta dal libro di Tom Wheeler e Frank Miller, una rivisitazione della classica leggenda arturiana. Disponibile su Netflix a partire dal 17 Luglio di quest’anno, è già stata ampiamente apprezzata dai più accaniti binge watchers.

Trama:

Nimue, una ragazza con un dono misterioso è destinata a diventare la potente Dama del Lago. Morta la madre, la giovane parte in cerca di Merlino per affidargli un’antica spada, trovando nell’umile mercenario Artù un inatteso alleato. Durante il viaggio Nimue diventa simbolo di coraggio e ribellione contro i terribili Paladini Rossi e il loro complice, il Re Uther. 

Perché dovresti vederlo?

Cursed è sicuramente una tra le produzioni originali Netflix di maggiore qualità degli ultimi tempi: la scrittura della serie tv è ben realizzata e la recitazione non sfocia mai nel teen drama, genere a cui lo show appartiene. La storia, oltre a essere un bellissimo racconto di avventura, è una vicenda di riscatto e crescita personale. Inoltre, nel corso delle vicende, si affrontano moltissimi temi di attualità come la distruzione dell’ambiente, il terrorismo religioso, l’assurdità della guerra e il coraggio di affrontare sfide impossibili.

8# Gangs of London

Gangs Of London

Gangs of London è una serie televisiva britannica creata da Gareth Evans e Matt Flannery, incentrata sui contrasti fra bande rivali e organizzazioni criminali internazionali nella Londra contemporanea. Partita il 6 luglio 2020 su Sky Atlantic e NOW TV, si è appena assicurata il rinnovo per una seconda stagione.

Trama:

Al centro degli eventi c’è Finn Wallace, il criminale più potente, temuto e rispettato di Londra, capace di tenere le redini di un impero da miliardi di sterline l’anno. Con la sua morte, si innesca un clamoroso vuoto di potere che porta tutte le famiglie criminali di Londra a rimettere in discussione accordi, alleanze e controllo dei territori. Toccherà all’impulsivo figlio Sean dimostrare di essere all’altezza di poter prendere il posto del padre e riuscire a vendicarsi del mandante del suo omicidio.

Perché dovresti vederlo?

Gangs of London è una serie di gangster, ma lo è a modo suo. Per certe scene fa pensare ai film di Quentin Tarantino, per certi suoi personaggi ricorda i migliori film di Guy Ritchie, mentre per certi contesti e situazioni sembra riprendere le dinamiche di Gomorra. Una volta superati i primi episodi, che mettono in scena dinamiche già viste, la narrazione lascia spazio a grandiose coreografie action, caratterizzate spettacolari esplosioni e crudissimi massacri, degni dei migliori combattimenti di arti marziali.

9# Le ragazze del centralino

Serie TV Le ragazze del centralino

“Las chicas del cable” è una serie spagnola tutta al femminile, ambientata in una Madrid dominata dallo scoppio della Guerra Civile. Con gli ultimi cinque episodi, arrivati su Netflix il 3 luglio 2020, siamo giunti alla conclusione del capitolo della fiction, un finale tragico e  definitivo, ma soprattutto una bomba emotiva per chi ha amato questi personaggi un po’ surreali e ricchi di fascino per ben sei stagioni.

Trama:

La serie è ambientata nella Madrid del 1928 e racconta le vicende di cinque donne di diversa provenienza: Lidia, Carlota, Ángeles, Sara e Marga, che vengono assunte come operatrici per la Compagnia dei Telefoni. Ognuna di loro si confronta con le difficoltà relative alle proprie vicissitudini familiari, e cerca di affermare la propria indipendenza, in una Spagna dove i diritti delle donne sono ben lungi dall’essere riconosciuti.

Perché dovresti vederlo?

Lo show tratta temi importanti e sempre attuali, come il femminismo, la discriminazione, l’emancipazione, gli abusi sul luogo di lavoro e tra le mura domestiche, ma al centro della storia c’è anche la forte amicizia tra le colleghe della “Compagnia dei Telefoni”: le quattro protagoniste affrontano i loro problemi in maniera differente, ma sono sempre pronte a spalleggiarsi a vicenda… possono essere di ispirazione a tutte noi!

10# The great

The Great

Se avete un debole per la storia e non siete eccessivamente bacchettoni, non potete perdervi questa nuova serie TV che ha per protagonista la Regina Caterina II La Grande, una giovane sovrana che nel XVIII sec. cambiò per sempre il volto della monarchia russa. The Great è una miniserie che va in onda in Italia dal 18 giugno 2020, su StarzPlay e che i binge watchers faticheranno a dimenticare, perché caratterizzata da scene uniche, bizzarre e inaspettate, ai limiti del disturbante.  

Trama:

“The Great” racconta la storia della giovane e colta Caterina che, data in sposa dal padre al sovrano russo, lo zar Pietro III, si trova alla mercé di un uomo frivolo, egocentrico, viziato e di una corte depravata e arretrata che rifiuta il cambiamento. Aiutata dalla serva Marial, Caterina troverà il modo per cambiare le cose: ordirà un complotto per detronizzare il marito e guidare il regno in modo più giusto e illuminato.

Perché dovresti vederlo?

Se ami la satira brillante, che strizza un occhio all’attualità, questa serie è fatta proprio per te. Il taglio fresco, il tono pungente, e lo humor nero che punteggiano il racconto, regalano momenti davvero esilaranti, ma lasciano spazio anche a tematiche profonde e sempre attuali, primo su tutti quello del libero arbitrio e dell’autodeterminazione femminile.

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11# Tredici

Tredici

Tredici è una serie televisiva statunitense creata da Brian Yorkey basata sul romanzo bestseller “13 Reasons Why” di Jay Asher. Racconta del suicidio dell’adolescente, Hannah Baker, la quale ha registrato i tredici motivi che l’hanno spinta a togliersi la vita. La prima stagione è divenuta un successo a livello globale, sia per la serietà dei contenuti trattati, che per la notevole qualità della messa in scena, mentre le successive due stagioni non hanno saputo tenere il passo. Ora spetta alla quarta stagione, in streaming su Netflix da venerdì 5 giugno 2020, il compito di riannodare tutti i fili e regalare una conclusione degna di questo nome.

Trama:

La Liberty High School, liceo di una piccola cittadina americana, è sconvolta dal suicidio della studentessa Hannah Baker, che si è tagliata le vene qualche settimana prima. Clay Jensen, anch’esso studente della Liberty High, tornando a casa trova una scatola sulla veranda al cui interno ci sono delle cassette registrate dalla stessa Hannah, in cui spiega le tredici ragioni che l’hanno spinta a togliersi la vita. 

Perché dovresti vederlo?

Tredici è un’ottima serie. L’onestà e realismo della trama, l’eccellente interpretazione del cast, l’alta qualità della messa in scena e la selezione delle colonne sonore, sono i principali punti a favore di questa serie. Inoltre è una fiction multigenere: non è soltanto un teen drama, c’è il mistero di base, che lo rende una sorta di racconto di investigazione articolato e coinvolgente, ed inoltre tratta in maniera schietta temi significativi e rilevanti come il bullismo lo stupro, lo slut-shaming e la tentazione del suicidio fra gli adolescenti.

12# Skam Italia

Skam Italia

SKAM Italia è una serie tv drammatica, ideata da Ludovico Bessegato per un pubblico teen, che pian piano ha conquistato anche gli adulti, affermandosi come la fiction più vista della classifica TV Time. Ricalcata dall’omonima serie norvegese, tratta la vita quotidiana di alcuni studenti di un liceo di Roma. Per chi se le fosse perse, le prime quattro stagioni sono disponibili su TIMvision e, a partire dal 1º gennaio 2020, anche su Netflix.

Trama:

La serie è ambientata a Roma e segue le vicende di un gruppo di studenti del liceo Kennedy, tra amori, nuove amicizie, prime esperienze e party sfrenati. Ogni stagione è dedicata a un personaggio diverso, che deve superare una propria situazione di vergogna e si accorge di poterne uscire solamente chiedendo aiuto e condividendo i propri problemi con gli altri. Nella prima stagione, ad esempio, la protagonista è Eva, una ragazza molto insicura, ma dolce e socievole, che è stata costretta a cambiare scuola. Pur non essendo completamente sola e potendo contare sul fidanzato Giovanni e il suo migliore amico Martino, Eva sente il bisogno di trovare un nuovo gruppo con cui socializzare, e così, durante una festa, conosce quattro ragazze: Eleonora, Silvia, Sana e Federica, con cui inizierà a condividere le proprie gioie e i propri problemi. Dopo Eva, il protagonista della seconda stagione sarà il suo amico Martino, mentre la terza si concentrerà su Eleonora e la quarta su Sana, una giovane musulmana costretta ogni giorno a difendersi dal giudizio dei suoi coetanei.

Perché dovresti vederlo?

Skam Italia è una serie da vedere e rivedere. Tutto è ben fatto: dai dialoghi, alla regia, alla recitazione, alla colonna sonora. Inoltre, tratta un’enorme quantità di tematiche tipiche dell’adolescenza, come il sesso, l’educazione sentimentale, il bullismo, l’omosessualità, il multiculturalismo.

13# Élite

Elite

Élite è una serie televisiva spagnola distribuita su Netflix, ideata da Carlos Montero e Darío Madrona.  Un teen drama che narra la quotidianità di un gruppo di ragazzi adolescenti benestanti, perfetto per chi ha amato serie come Pretty Little Liars e Riverdale. Giunta ormai alla sua terza stagione, è diventata rapidamente un cult tra giovani e ragazzi di tutte le età.

Trama:

Samu, Christian e Nadia, tre giovani adolescenti di umili origini, vincono una borsa di studio per entrare nella prestigiosa scuola di Las Encinas, frequentata dai figli delle famiglie più ricche di tutta la Spagna. Qui incontrano alcuni studenti che già frequentano l’istituto, personaggi apparentemente stereotipati che si mostrano fin da subito snob e viziati, come Lucrecia, la prima della classe, oppure Polo e Carla, la storica coppia della scuola. Ma un evento sconvolge rapidamente la narrazione: l’omicidio di Marina, una ragazza della scuola. Il ritrovamento del corpo apre un nuovo spiraglio nella vicenda ed i vari flashback, ricostruiranno dal principio le dinamiche che hanno portato al compimento del crimine. 

Perché dovresti vederlo?

Élite è sicuramente una serie avvincente, in grado di creare una grandissima suspense e di tenere, fino alla fine, gli spettatori con il fiato sospeso. l fattore sicuramente più interessante, oltre alla trama piuttosto accattivante, è la capacità della serie di riflettere sull’indole umana, mostrandoci a 360 gradi quelli che possono essere i pensieri di ciascuno di noi. Inoltre, tratta molteplici tematiche importanti, come ad esempio la disuguaglianza economica, la criminalità, la tossicodipendenza, l’HIV, la religione, la sessualità e il razzismo. 

14# Bay Yanlış

Serie TV Bay Yanlis

Dopo il successo di Bitter Sweet e il più recente Daydreamer (in onda tutti i giorni su canale 5), il 26 Giugno 2020 è stata trasmessa sul canale della FOX la prima puntata del nuovo progetto televisivo di Can Yaman:  Bay Yanlış (Signor Sbagliato). Le puntate sono disponibili in lingua originale e sottotitolate in lingua italiana sul canale ufficiale di Youtube.

Trama:

Bay Yanlış, letteralmente Signor Sbagliato, segue la storia di due vicini di casa: Özgür è un ricco proprietario di un locale, che vive senza regole e non crede nell’amore. Ezgi è una ragazza genuina e romantica, che dopo una serie di relazioni fallite, è determinata a trovare il principe azzurro con cui sposarsi. Purtroppo la ragazza non ha molto successo in questa sua ricerca, quindi Özgür decide di aiutarla dandole consigli su come conquistare l’uomo che le piace.

Perché dovresti vederlo?

Le serie turche stanno andando fortissimo in tutto il mondo già da una decina di anni, con ascolti altissimi e record di share. Cosa hanno di speciale? Il contrasto fra tradizione e modernità, tipico della cultura turca, esercita curiosità ed empatia. Inoltre, rispetto alle classiche fiction italiane, le serie turche enfatizzano i toni leggeri della commedia: sono più innocenti, divertenti e romantiche.

15# Good Girls

Serie TV Good Girls

Good Girls è una serie televisiva statunitense creata da Jenna Bans, a metà strada fra una serie crime e una dark comedy. Arrivata in Italia a Luglio 2018, si è velocemente affermata come una delle fiction più interessanti su Netflix. 

Trama:

Good Girls racconta la storia di tre madri americane alle prese con seri problemi economici. Beth, madre di quattro figli, si trova a dover gestire un grave crollo finanziario, causato dalla confusionaria gestione dell’azienda in cui lavora il marito Dean. Annie, sorella di Beth, sta vivendo un forte periodo di crisi e l’ex marito dal quale sta divorziando, è deciso a chiedere l’affidamento esclusivo della loro figlia Sadie. Ruby, amica delle due sorelle, ha una figlia affetta da una grave e rara patologia, ma non riesce a far fronte alle spese mediche necessarie. Per questo motivo le tre donne decidono di tentare il tutto e per tutto e studieranno il piano per una rapina.

Perché dovresti vederlo?

Good Girls è una serie senza troppe pretese che si lascia guardare tranquillamente poiché mai noiosa o ripetitiva, quindi è perfetta per la stagione estiva. Momenti di ilarità tra le protagoniste si alternano a temi forti, come l’accettazione dell’altro, la malattia, le differenze economiche, il privilegio e la violenza fisica e sessuale.

Ennio Morricone

Il “maestro silenzioso” Ennio Morricone in 15 citazioni da cui trarre ispirazione

  • Ennio Morricone era un uomo semplice, serio, umile, amato da tutti e specialmente da chi fa parte del mondo del cinema.
  • Ha collaborato con moltissimi e importanti registi a livello internazionale, arrivando anche a vincere due Oscar, di cui uno grazie a una sua colonna sonora. È stato uno dei compositori più importanti dell’ultimo secolo, e probabilmente della storia. 
  • Dietro alla fama si nascondeva un personaggio silenzioso, dal talento inestimabile, che preferiva stare vicino alla famiglia, vivendo con l’amata moglie nella sua Roma, invece che celebrare i successi e stare sotto i riflettori. 

 

Il 6 luglio 2020, per un attimo, gran parte del mondo si è fermata alla notizia della morte di Ennio Morricone. È stata una reazione concorde, naturale, quasi incondizionata: se ne era andata una di quelle persone destinate a entrare nella leggenda, che si vorrebbe restassero con noi per sempre. Un compositore di colonne sonore a dir poco iconiche, ma anche autore di alcune tra le canzonette più famose (sua la firma dietro a canzoni celebri come “Se telefonando” o “Sapore di sale”), un artista in grado di riempire gli stadi di tutta Europa anche dopo oltre 50 anni di carriera.

Vincitore di due premi Oscar, uno per la carriera, nel 2007, e uno per “The Hateful Eight” di Tarantino nel 2016. Morricone ha realizzato oltre 500 musiche per film e serie TV, e le onorificenze e i premi ricevuti compongono una lista lunghissima. Una carriera, quella del compositore romano, che ha influenzato pellicole di tantissimi registi e artisti del ‘900. Ha lavorato con Brian De Palma, Carlo Lizzani, Dario Argento, Don Siegel, Elio Petri, Ettore Scola, Franco Zeffirelli, Gillo Pontecorvo, Giuseppe Tornatore, Liliana Cavani, Marco Bellocchio, Oliver Stone, Pedro Almodovar, Pier Paolo Pasolini, Quentin Tarantino, Roland Joffé, Roman Polanski, Sergio Corbucci, Sergio Leone, Terrence Malick, e l’elenco potrebbe continuare.

Dietro a un artista così “rumoroso”, però, si nascondeva un uomo molto silenzioso, semplice, discreto. Più volte ha dichiarato che la sua più grande sofferenza sarebbe quella di non lavorare. La costanza, la dedizione, e la passione per il suo lavoro, infatti, insieme all’amore per la sua famiglia, è ciò che ha contraddistinto maggiormente il maestro Morricone. Un artista estremamente curioso, alla ricerca di continui stimoli creativi per puntare all’eccellenza, che non smetteva mai di mettersi in discussione. Quando Tarantino, ad esempio, l’ha paragonato a Mozart, Beethoven, e Schubert durante la premiazione dei Golden Globe nel 2016, lui ha replicato:

«Mi fa piacere, ma non siamo noi a doverci collocare. Sarà la storia a decidere. Perché arrivi il tempo giusto ci vogliono secoli.»

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Ennio Morricone: la vita

Ennio Morricone nasce a Roma il 10 novembre 1928, primo di 5 figli. All’età di 10 anni inizia a frequentare il Conservatorio di S. Cecilia della capitale, iniziando a suonare la tromba, strumento del padre, per poi dedicarsi allo studio della composizione nel 1944. Inizialmente quella di Morricone era una vita di sacrifici. Basti pensare al fatto che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, si guadagnava da vivere intrattenendo i tedeschi mentre occupavano la città. Dopo qualche mese era il turno degli americani, che lo pagavano in viveri e sigarette («Ma non fumavo: le rivendevo e tornavo a casa con i soldi»).

A metà degli anni Cinquanta, Morricone inizia ad arrangiare musiche per il cinema. Sono gli stessi anni in cui sposa l’amore della sua vita, Maria Travia. Dopo la nascita del primo figlio Marco, viene assunto dalla Rai come assistente musicale. Si licenzia il primo giorno, continuando a collaborare solo come arrangiatore nei varietà televisivi. Un gesto di chi aveva capito di essere destinato a qualcosa di più grande. A inizio anni Sessanta nascono altri due figli, Alessandra e Andrea, insieme a una collaborazione destinata a segnare un’epoca, quella con Sergio Leone. Grazie alla cosiddetta “trilogia del dollaro” e al pluripremiato “C’era una volta in America“, il compositore romano aumenta notevolmente la sua fama.

Nel frattempo, continua la sua intensa attività di arrangiatore per l’etichetta RCA, che però riduce sensibilmente dopo la nascita del quarto figlio, Giovanni. Nel 1966 ha fatto anche da giudice alla ventesima edizione del Festival di Cannes. Dagli anni successivi, si dedica quasi totalmente a creare musiche per il mondo del cinema, collaborando con importantissimi registi in tutto il mondo.

La sua carriera è costellata da una serie infinita di riconoscimenti, tra cui 3 Grammy, 3 Golden Globe, 6 Bbafta, 10 David di Donatello, 11 Nastri d’Argento, 2 European film Award, 1 Leone d’Oro, 1 Polar Music Prize. Nel 1995, riceve anche l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

Negli ultimi 20 anni, poi, si è dedicato a una nuova vita artistica, salendo su importanti palcoscenici in tutta Europa come direttore d’orchestra. Il 2007 è l’anno dell’Oscar alla carriera, prima di quello per la colonna sonora di “The Hateful Eight” nel 2016.

Ennio Morricone - Orchestra

La musica di Morricone, entrata nella leggenda

Ennio Morricone non è stato solo un compositore “a servizio” del mondo del cinema. Dietro alcune delle canzoni più famose di Edoardo Vianello, Gino Paoli, Luigi Tenco, Mina, c’era proprio lui. Nella musica di Morricone, infatti, si intravedono continuamente influenze “pop”, frutto della sua irrefrenabile curiosità e uno dei primi elementi per comprendere la grandezza del compositore.

Per quanto riguarda il mondo del cinema e le colonne sonore, il suo atteggiamento è sempre stato quello del rifiuto della standardizzazione, della continua ricerca di nuovi stimoli e nuovi elementi in grado di alimentare il suo processo creativo. Nelle sue creazioni, infatti, si possono ritrovare jazz, rock, e altri generi musicali più comuni e frizzanti, insieme alla grande musica classica. Comporre musica, per Morricone, significava tantissimo studio e prendersi libertà di sperimentare. Come diceva lui stesso, d’altronde:

«Essere originali diventa sempre più difficile.»

Le musiche di Ennio Morricone sono musiche splendide, di enorme impatto, anche grazie all’uso di strumenti diversi dall’ordinario e della voce umana. Immediatamente riconoscibili, entrate nella leggenda, in grado di conferire una sorta di immortalità al suo grande compositore.

1. “La musica esige che prima si guardi dentro se stessi, poi che si esprima quanto elaborato nella partitura e nell’esecuzione.”

2. “Io penso che, quando fra cento, duecento anni, vorranno capire com’eravamo, è proprio grazie alla musica da film, che lo scopriranno.”

3. “La musica mi ha salvato da fame e guerra. Ma l’arte è puro talento, la sofferenza non c’entra.”

4. “[…] il mio modo di scrivere testimonia sempre l’esigenza di andare avanti lungo un percorso creativo.”

5. “La musica poi è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno: esiste solo se viene eseguita, prende corpo nella mente di chi ascolta. Non è come la poesia, che non necessita di interpretazione perché le parole hanno un loro significato.”

6. “La musica può essere interpretata in vario modo. Una composizione per una scena di guerra può essere intesa anche come brano che accompagna una danza frenetica.”

7. “Uso spesso le stesse armonie della musica pop perché la complessità di quello che faccio si può ritrovare altrove.”

8. “Se si pensa a tutti i film a cui ho lavorato, si può capire come sono stato uno specialista nei western, storie d’amore, film politici, thriller, horror, e altro ancora. In altre parole, non sono uno specialista, perché ho fatto di tutto. Sono uno specialista nella musica.”

9. “Ci sono alcuni registi che hanno paura del possibile successo della musica. Hanno timore che l’audience o la critica penserà che il film ha funzionato perché c’era una bella colonna sonora.”

Ennio Morricone - Pianoforte

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L’umiltà, la serietà, la dedizione di uno dei compositori più grandi della storia

La sua musica è diventata celebre in tutto il mondo, ma Morricone preferiva rimanere con i piedi per terra. Letteralmente: non compariva mai sul set durante le riprese. Le sue uniche eccezioni furono “C’era una volta il West”, “C’era una volta in America”, e “La leggenda del pianista sull’oceano”. In America ci andò poi nel 2007, quando ricevette l’Oscar alla carriera e stupì tutti con la sua genuinità.

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Nonostante gli innumerevoli premi e riconoscimenti attribuitogli lungo la sua carriera, lui si è sempre concentrato sulla sua musica, la sua vera voce, disinteressandosi della fama. Non voleva celebrare nulla, preferiva vivere nella sua casa di Roma insieme alla moglie Maria e vicino al resto della sua famiglia. Ennio Morricone è sempre stato contraddistinto da grande semplicità e umiltà, unite però a una grande consapevolezza del suo talento e una grande fiducia nei propri mezzi.

Un uomo metodico, serio, dai ritmi regolari, che nonostante di mestiere facesse musica se n’è andato silenziosamente, come era solito vivere le sue giornate.

10. “Nell’amore come nell’arte la costanza è tutto. Non so se esistano il colpo di fulmine, o l’intuizione soprannaturale. So che esistono la tenuta, la coerenza, la serietà, la durata.”

11. “Quando scrivo nessuno mi può aiutare, perché chi scrive ha qualcosa di personale da dire.”

12. “Io sono veramente commosso da questa serata, perché non mi aspettavo tutto questo. Chi scrive sta a casa a scrivere e poi va in studio a registrare. Non pensa a tutte queste cose, io non c’ho mai pensato. Tutte quelle cose belle che mi hanno detto, che ogni tanto pensano, vi ripeto, io non me le aspetto mai. Purtroppo sono talmente scettico sulle congratulazioni che mi fanno che penso soltanto se ho fatto il mio dovere […]

13. “Posso avere anche centomila persone alle spalle: non me ne accorgo. Sono troppo concentrato, sono solo. Solo fino agli applausi conclusivi. Allora tutto si scioglie. Il miracolo s’è ripetuto un’altra volta. E posso passare anch’io dalla parte del pubblico.”

14. “Tutti devono morire. Non mi fa particolarmente paura. Quello che davvero mi spaventa è che se me ne vado prima di mia moglie la lascerò da sola, e viceversa. L’ideale sarebbe morire insieme.”

15. “[…] C’è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: non voglio disturbare. […]”

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Donne e COVID-19: la pandemia ha aggravato le differenze di genere?

  • Il COVID-19 ha ulteriormente scombussolato la vita privata e lavorativa delle donne.
  • I settori economici più a rischio crisi sono quelli in cui sono impiegate la maggior parte delle lavoratrici.
  • Le disparità di genere continuano ad aumentare e non sembrano volersi fermare.

 

Uno degli enigmi che vorremmo risolvere senza perderci in labirintici discorsi riguarda la separazione tra sfera privata e lavorativa. Esiste davvero o è solo una leggenda?

Negli ultimi mesi poter rispondere con sincerità e lucidamente a questa domanda ci risulta davvero complicato. Con l’improvviso arrivo del COVID-19, lo stato di pandemia e il lockdown siamo stati costretti a cancellare la sottile linea che divideva questi due aspetti. Abbiamo convissuto non solo con la paura e l’ansia per la nostra salute, ma tutti i nostri ritmi sono stati stravolti. Le nostre battaglie a difesa del nostro tempo e dello spazio hanno vacillato.

Purtroppo le donne ne stanno pagando il prezzo più alto. 

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Donne e COVID-19: la disparità lavorativa cresce

Lavoratori e lavoratrici, almeno chi poteva, hanno lavorato da casa, provando le gioie e i dolori dello smart working. Più che altro parliamo di telelavoro, arrivando a stare davanti al PC più ore del previsto, e a occuparsi dei figli, della loro istruzione e delle faccende domestiche. Ma cosa differenzia uomini e donne in questo contesto?

Oltre la metà delle donne si occupa della casa, dell’assistenza dei figli e dei genitori anziani, senza riuscir a condividere le mansioni con il proprio partner. Inoltre il 31% delle donne ha dovuto rinunciare al proprio lavoro per sopperire a tutte le incombenze familiari.

Perché sono sempre le donne ad essere penalizzate?

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La situazione lavorativa delle donne

L’ILO, l’International Labour Organization, ha decretato che sono quattro i settori ad alto rischio economico a causa dell’impatto del COVID-19:

  • immobiliare;
  • commerciale;
  • amministrativo;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio.

Il 41% degli occupati in questi campi sono donne. Ciò suggerisce che la popolazione femminile potrebbe essere la più colpita gravemente nei prossimi mesi, rispetto alla controparte maschile che ne rappresenta il 35%.

Bisogna tener presente due aspetti analizzando questi dati. Il primo è che abbiamo un numero cospicuo di donne che abitano in Paesi a medio e basso reddito, dove c’è un alto rischio che i lavori di produzione, specialmente nel settore dell’abbigliamento, potrebbero scomparire.

Il secondo è che molte donne hanno un reddito familiare alto e vivono in Paesi a medio reddito, ma non per questo se la passano meglio. Molte di queste lavoratrici sono imprenditrici di piccole imprese e non tutte riescono ad ottenere facilmente dei finanziamenti. Sempre secondo le analisi dell’ILO, le lavoratrici autonome basano le proprie forze sull’autofinanziamento e in un periodo di crisi così forte, potrebbero dover chiudere la propria attività commerciale.

Le donne imprenditrici devono affrontare parecchi ostacoli per ottenere credito e ricevere prestiti con interesse equi. In tutto il mondo, solo il 5,3% delle donne richiede e ottiene un prestito per avviare un’azienda commerciale o agricola.

donne

Purtroppo milioni di persone hanno perso il lavoro e le entrate sono nettamente diminuite.

Le donne che erano già colpite da disuguaglianze come la disparità salariale e un minore accesso ai servizi finanziari, non hanno gli appoggi necessari. I decreti d’emergenza e gli investimenti a lungo termine per il recupero economico devono sostenere e proteggere le donne e le persone emarginate. Ci sono ragazze e donne migranti forzatamente sfollate che potrebbero non essere in grado di accedere a queste risorse.

Le donne che lavorano nell’assistenza

Ad aver sofferto molto in questi mesi sono state le donne, ma anche gli uomini, che lavorano nel campo medico. Osannati come eroi da un lato, costretti a turni massacranti, hanno sentito ogni giorno lo stress e l’ansia di non riuscir a reggere tutto, di ammalarsi e di mettere in pericolo la propria famiglia. Chi ha avuto a che fare con i pazienti ammalati di COVID-19 ha preferito isolarsi, allontanandosi dai propri cari.

In molti Paesi le infermiere sono state oggetto di violenze verbali, denominate “untrici”, attaccate col cloro durante gli spostamenti dalle strutture sanitarie a casa. Per non parlare degli straordinari, della paura di non poter riabbracciare presto i propri affetti, una situazione di stress che ha coinvolto in primis le madri single.

Le giovani donne sono le più colpite

Abbiamo avuto modo di leggere tante storie di persone che hanno perso qualcosa e qualcuno, a causa del COVID-19. Una delle fasce più colpite però sono proprio le giovani donne.

Ragazze che avevano intrapreso un percorso di studi, che avevano in mente progetti lavorativi, di vita, hanno dovuto mettere tutto in standby. Hanno accantonato sé stesse per aiutare la famiglia, per essere di supporto e si sono fatte carico di parecchie responsabilità, anche più grandi di loro.

Alcune di loro hanno perso il lavoro perché impiegate in uno di quei 4 settori a rischio, specialmente coloro che lavorano nel commercio al dettaglio, e tutte quelle aree che prevedono il contatto col pubblico. C’è chi ha visto ridursi drasticamente lo stipendio ha optato per il licenziamento.

Sono davvero tante le voci delle giovani donne che da un giorno all’altro hanno perso tutto perché magari già partivano svantaggiate nel proprio lavoro.

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La disuguaglianza di genere non si ferma

Sfortunatamente si innesca un meccanismo in cui le difficoltà emerse con il COVID-19 aggravano una situazione di disuguaglianza già difficile in cui le donne sentono una pressione infinita.  Quella necessità di dimostrare di essere in gamba, di poter fare tutto, di essere allo stesso livello dei colleghi uomini. Ciò tormenta specialmente le più giovani, in una società in cui si dettano canoni di perfezione, dove la donna è una brava madre e una lavoratrice instancabile. La donna come emblema del multi-tasking, l’anello di congiunzione tra la figura materna precedente e la donna in carriera futura.

Un mondo che sembra non contemplare le debolezze e il fallimento. Questa pandemia ha fatto vacillare anche la più temeraria delle guerriere, lasciando sole molte di loro.

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Donne, madri e smart working

Quanto abbiamo parlato di smart working? Discussioni e dovute precisazioni su uno degli argomenti più gettonati di quest’anno, tutti, o quasi, abbiamo sperimentato cosa significa lavorare da casa. Organizzarsi telematicamente con i colleghi, con la propria famiglia.

I bambini, i primi a risentire di questa pandemia, assistiti dai propri genitori, ad approcciarsi con la didattica a distanza. Gli adulti alle prese con PC, tablet e laptop, tra coreografie sui balconi, conti che non tornano, tormentati dai dubbi e dalle aspettative di un ingombrante “andrà tutto bene”.

Ma tutto bene non è andato per le donne, madri e lavoratrici alle prese con lo smart working, che di smart non ha avuto molto. Con i bambini tra i 6 e i 12 anni confinati in casa, i genitori si sono occupati costantemente dei figli. Ma ogni famiglia ha vissuto questa pandemia diversamente, e sta provando ad assestarsi nelle fasi successive.

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Le donne si sono fatte più carico della casa e dei figli

I dati riportano che le donne si sono occupate della casa e dei figli 13 ore in più rispetto agli uomini, e lo smart working non ha di certo agevolato la situazione. Con la maggior parte del tempo impiegato ad assistere i figli, soprattutto i più piccoli senza l’assistenza di nessuno, molte donne hanno dovuto tralasciare il lavoro, trascurandolo.

Consapevoli di non essere state produttive come avrebbero voluto, ma di aver subito un sovraccarico di compiti, temono che saranno proprio le prime a essere licenziate a causa della crisi economica.

Solitamente in un nucleo familiare è l’uomo che guadagna di più rispetto a una donna, e questo porta le lavoratrici a sacrificare le proprie ambizioni lavorative per accudire i figli, o le porta a scegliere lavori part  time, senza poter assecondare ciò che desiderano davvero.

Ci sono voluti 20 anni per implementare l’occupazione femminile dell’11%, cosa accadrà adesso? Quanto sacrificio è richiesto ancora?

Cosa si potrebbe fare per aiutare le donne?

In un momento così delicato l’assistenza all’infanzia è fondamentale per aiutare le coppie a crescere i figli e a sentirsi al sicuro. Quando gli asili nido riapriranno, molti non potranno accettare altri bambini e non tutti possono affidare i propri figli ai nonni. È vero, i governi si stanno attivando con misure a sostegno delle famiglie, ma basteranno?

In Italia prima della pandemia una donna su due lavorava, ma problemi come la disparità salariale saranno sempre un ostacolo per una felice carriera lavorativa.

Dall’ultimo rapporto dell’INPS è emerso che in un anno, oltre 37 mila neo mamme lavoratrici, hanno presentato le dimissioni. La maggior parte delle motivazioni riguarda l’impossibilità di conciliare lavoro e crescita dei figli più piccoli. Il percorso lavorativo di una donna non è lineare come quello di un uomo. Perché le donne devono ancora essere costrette a scegliere tra lavoro e famiglia?

L’aumento dei casi di violenza

La violenza è un flagello che non risparmia nessuno e molte donne ne sono state vittime durante questa pandemia, isolate e rinchiuse con i propri maltrattatori.

Refuge è un luogo sicuro per donne che vengono tormentate e abusate, durante il lockdown ha visto un incredibile aumento del 950% delle visite al suo sito Web. Le donne e i bambini supportate ogni giorno da Refuge sono oltre 6000.

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In Italia, durante la quarantena, ci sono state più di 2000 richieste d’aiuto in più rispetto ai mesi precedenti, ha dichiarato Elena Bonetti, la ministra per le Pari Opportunità. Ci sono anche crescenti preoccupazioni riguardo la depressione postnatale che aumenta tra le neo mamme isolate in un momento in cui gli asili, le assistenze o le cliniche drop-in non stanno funzionando.

Oltre i ruoli di genere

Le donne tradizionalmente portano sulle proprie spalle la maggior parte delle responsabilità assistenziali e lavorative all’interno delle famiglie. Il ruolo tradizionale delle donne come “assistenti” le rende più suscettibili alle infezioni da parte di familiari malati e le crescenti richieste di assistenza all’infanzia rendono difficile bilanciare il lavoro e le responsabilità domestiche.

Per sfidare le tradizionali norme di genere e ridistribuire l’assistenza non retribuita e il lavoro domestico, c’è bisogno di attuare politiche sociali come il congedo di paternità, programmi sociali per incoraggiare l’impegno maschile, programmi educativi a scuola per promuovere l’uguaglianza di genere. Tutti dovremmo aver chiaro il concetto di uguaglianza universale, e smetterla di definire norme e ruoli di genere ormai desueti.

digital marketer skill

Cosa significa essere un Digital Marketer oggi (e l’importanza delle competenze T-Shaped)

  • Il Digital Marketer combina creatività, punto di vista tecnico e competenze trasversali.
  • Le nuove figure professionali sanno combinare le capacità di creazione di contenuti, a una comprensione profonda del customer journey.

 

Quella del Digital Marketer è una figura professionale che si è affacciata nel mondo del marketing, e delle nuove figure professionali, solo pochi anni fa, grazie alla digitalizzazione sempre più diffusa di medie e piccole imprese.

Se infatti la ricetta prima del web e della sua democratizzazione in termini di marketing era: “prima l’advertising tradizionale e poi il digital marketing”, ora il mantra più ricorrente è digital first.

Prima di interrogarci su quali siano le caratteristiche e le skill su cui puntare in futuro, bisogna comprendere qual è la corretta definizione di Digital Marketer.

Un professionista che combina creatività, punto di vista tecnico e competenze trasversali. Insomma l’incarnazione del concetto di T-Shaped (competenze orizzontali e verticali racchiuse in un unico professionista).

Se fino a poco tempo la sua figura era assimilabile a quella del Content Manager, le necessità del digital hanno portato a una richiesta di competenze sempre nuove e più specifiche nel mercato.

Per capire il mondo digitale, infatti non possiamo solo considerare competenze come SEO e SEM, ma è necessario mettere al centro del messaggio il consumatore. Comprendere, dunque, come attrarlo significa analizzare il tipo di journey, come si comporta, agisce e pensa sui canali digitali.

Per questo un Digital Marketer deve essere abile nell’intuire e migliorare il punto di accesso principale al proprio canale di vendita: dalle newsletter, ai social media, alla pagina di prodotto.

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Parliamo di User Experience

Prima di creare, è necessario capire che tipo di contenuto il nostro consumatore cerchi, ma soprattutto dove e come desidera trovarlo.

La figura che i brand cercheranno nel futuro sarà una persona in grado di analizzare il funnel e capire quale informazioni le persone si aspettano di trovare.

Il Digital Marketer dovrà essere in grado di interpretare le necessità del business, elaborare in modo creativo le informazioni e i contenuti, renderli commerciali ma accattivanti, e soprattutto trovare il giusto modo di presentarli online.

La conoscenza del consumatore, ma soprattutto del mondo digital sarà fondamentale e le generazioni future avranno il vantaggio di aver sperimentato ogni lato più nascosto del mondo digitale.

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Data Driven Mindset

Un contenuto, per essere valido, oltre ad essere creativo deve essere anche supportato da analisi e ricerche. Il Digital Marketer sa che un contenuto non deve essere solo esteticamente valido, ma soprattutto supportato da dati solidi e oggettivi.

Nella realtà del mondo digitale ciò che viene creato deve essere funzionale all’obiettivo che ci si pone, che sia brand engagement o conversione.

Per questo saper leggere il dato, qualitativo e quantitativo, sarà più rilevante che essere in grado di creare semplicemente, attraverso brief e agenzie, contenuti validi.

Il punto di forza del Digital Marketer di domani sarà quello di saper creare modelli di analisi per capire come ideare il contenuto giusto per il proprio target.

IKEA Story

IKEA Story: da dove nasce uno dei brand più amati di questo millennio

  • IKEA in tutti questi anni è rimasta coerente alle sue origini e a una precisa idea fondatrice: produrre mobili con un buon design e di buona qualità a prezzi accessibili.
  • Il fondatore, Ingvar Kamprad, era un forte sostenitore della semplice ma rivoluzionaria innovazione che prevedeva la vendita di mobili flat-pack.

 

Oggi, milioni di persone amano IKEA, ma dove inizia la storia di questo leggendario brand?

L’azienda nacque nel 1943 dallo svedese Ingvar Kamprad. A quei tempi IKEA era una piccola impresa ad Älmhult (un villaggio in campagna) che vendeva oggetti per corrispondenza attraverso un catalogo. Partito da zero il fondatore arriva a diventare una delle persone più ricche del mondo.

IKEA story

La sede centrale di IKEA, dove sono concepiti tutti i design dei prodotti, è ancora lì in Svezia.

ikea

Infanzia rurale e umili origini

Ingvar Feodor Kamprad nacque nel 1926, in una piccola fattoria nella provincia svedese di Småland.

A quel tempo la regione era notoriamente rurale, la Svezia era povera e agricola. Si parla di tempi duri, di lavoro, di frugalità e di egualitarismo, tutti fattori radicati nella povertà condivisa del periodo, valori che in un secondo momento entreranno a far parte dell’etica di IKEA.

Kamprad iniziò la sua carriera all’età di sei anni, vendendo fiammiferi. A soli dieci anni, attraversò il quartiere in sella alla sua bicicletta, vendendo decorazioni natalizie, pesce e matite.

IKEA LOGO: la storia del logo di IKEA

A 17 anni, nel 1943, il padre lo ricompensò con una piccola somma di denaro per aver portato profitti da scuola, nonostante fosse dislessico. Kamprad li usò per costruire uno stabilimento, che chiamò IKEA. Il nome prende origine proprio dalle iniziali del fondatore e dai luoghi che lo hanno allevato: Ingvar, Kamprad, Elmtaryd la fattoria dove è cresciuto e Agunnaryd, il villaggio vicino.

IKEA

Flat-pack, il marchio di fabbrica

Due anni dopo aver avviato IKEA, Kamprad inizia a utilizzare i camion del latte per consegnare le sue merci. Nel 1947, inizia a vendere mobili realizzati da produttori locali. Nel 1955, i produttori iniziano a boicottare IKEA, protestando contro i bassi prezzi di Kamprad. Questo lo costringe a progettare oggetti internamente. Nel tempo, l’imballaggio piatto e l’autoassemblaggio diventano parte del concept.

Sì, perché spedire grandi mobili era difficile e costoso. Così nel ’56, il fondatore prova a togliere le gambe del tavolino LÖVET (nome attuale LÖVBACKEN) e da qui nasce l’idea dei pacchi piatti e degli articoli forniti smontati.

IKEA

La filosofia alla base si ispirava (e si ispira ancora) al concetto di design democratico: chiunque deve potersi permettere mobili eleganti e moderni. Kamprad sentiva che non stava solo tagliando i costi e guadagnando soldi, ma stava anche servendo le persone.

“Perché i bellissimi prodotti sono realizzati solo per pochi acquirenti? Dovrebbe essere possibile offrire un buon design e funzionalità a prezzi bassi”.

Col tempo l’attività di Kamprad crebbe molto. IKEA si espanse in tutta la Svezia, in Norvegia e Danimarca, passando dalla Germania all’Europa continentale e fino ai confini del mondo. Oggi sono oltre 300 i negozi IKEA nel mondo, in 40 paesi. Per tutto questo tempo, Kamprad non ha mai preso in prestito denaro o emesso azioni.

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Catalogo IKEA: la pubblicazione più diffusa al mondo

Älmhult, la città dove fu fondata IKEA, si trova in una zona piuttosto remota della Svezia, per questo era molto difficile raggiungere potenziali clienti nelle città più grandi. Nacque così, da un’esigenza concreta più che da una scelta di marketing, il famoso catalogo IKEA nel 1951.

IKEA catalogo

Ingvar aveva già deciso allora che IKEA avrebbe venduto mobili di qualità a prezzi bassi, soluzioni alla portata di tutti. Ad ogni modo, il catalogo IKEA, strumento di marketing diventato icona di un certo modo di abitare, vanta una distribuzione pari a quella della Bibbia.

Un vero e proprio successo ogni anno per questa pubblicazione, realizzata in 62 edizioni e 29 lingue. L’edizione italiana, nel 2013, ha avuto una tiratura di 16 milioni di copie. Un record legato anche alla diffusione gratuita del catalogo, distribuito porta a porta.

L’anno scorso IKEA ha spiazzato i clienti di tutto il mondo con l’annuncio della progressiva rinuncia dell’edizione cartacea in favore del catalogo online. Per il suo 70esimo anniversario, il catalogo verrà comunque stampato, ma solo in 2 milioni di copie (una reliquia sicuramente da conservare).

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I prezzi nel primo catalogo IKEA erano così bassi che le persone inizialmente erano scettiche sulla qualità dei prodotti. Ingvar decise così di trasformare un vecchio laboratorio di Älmhult in uno showroom in cui le persone potevano vedere e provare i prodotti prima di ordinare.

IKEA showroom

Il testamento di IKEA

La crescita e l’espansione internazionale hanno richiesto un supporto alla comunicazione faccia a faccia dello spirito e dei valori di IKEA.

Nel 1976 viene pubblicato l’opuscolo di Ingvar Kamprad “Il Testamento di un commerciante di mobili”. Le righe di apertura sono: “Abbiamo deciso una volta per tutte di schierarci con molte persone. Ciò che è buono per i nostri clienti è anche, a lungo termine, buono per noi. Questo è un obiettivo che comporta degli obblighi”.

Il testamento è costituito da nove tesi, tra cui “Il profitto ci dà risorse” e “La semplicità è una virtù”. La tesi finale è “Molte cose restano da fare. Un futuro glorioso!”.

La leadership del buon esempio rimane la spina dorsale per modellare la cultura IKEA e la documentazione delle nove tesi diventa uno strumento molto apprezzato. Da allora ha continuato a ispirare le persone nelle diverse società che operano con IKEA e ne condividono i valori.

I nomi IKEA

I nomi dei mobili IKEA possono stupire i clienti al di fuori dei paesi nordici, in realtà sono basati su un sistema elaborato e ben preciso.

I letti hanno nomi di luoghi norvegesi, i divani prendono il nome da città svedesi, i tavoli da cucina hanno nomi geografici finlandesi, le sedie per lo più hanno nomi maschili e i tappeti hanno per lo più nomi danesi. A bicchieri e tazze vengono dati gli aggettivi e così via. I nomi sono generalmente gli stessi in tutto il mondo.

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L’elaborata struttura della proprietà di IKEA, con diversi fondi fiduciari offshore controllati ma non di proprietà dello stesso Kamprad, ha reso impossibile stabilire quanto fosse ricco, ma le stime spesso collocano il fondatore tra il numero 1 e il numero 11 nell’elenco delle persone più ricche del mondo.

colori nel marketing

Brand e psicologia: dimmi di che colore è il tuo business e ti dirò chi sei

  • Spesso il marketing viene banalizzato e ridotto a una mera scienza finalizzata alle vendite, ma prima di questo traguardo c’è un complesso insieme di operazioni volte a persuadere il pubblico tra le quali la scelta dei colori del brand, della campagna pubblicitaria, del website e degli store.
  • I colori sono in grado di incidere sulla percezione che i consumatori hanno di un determinato brand e giocano un ruolo chiave nelle strategie di branding: vi sono alcuni casi in cui è proprio il colore a costituire l’elemento distintivo.

 

Il common thinking suggerisce che al primo appuntamento sarebbe carino presentarsi con delle rose rosse. Vale per gli uomini, giusto per essere un po’ old style.

Sempre il pensiero comune suggerisce che rose di color giallo si regalano per esprimere gelosia. Ancora, rose di color bianco rappresentano purezza e innocenza.

Colori diversi per esprimere messaggi diversi e nulla lasciato al caso.

Sicuramente tutto è più semplice se si tratta di scegliere fiori per una serata galante.

Cosa succede con i colori nel mondo del business e, in particolare, del marketing? E cosa succede se i colori sono in grado di influenzare la percezione di un determinato brand?

I see your true colors

Era il verso di una famosa canzone di Cyndi Lauper di fine degli anni Ottanta, che aveva riscosso grande successo. Al centro di tutto, i colori. Colori veri, magari sgargianti.

Trasmettono sensazioni, emozioni, ci allontanano o avvicinano, ci disgustano, ci fanno sentire vivi.

Funziona nell’interior design, con tanto di teorie feng shui, nel fashion, nel make-up e anche nel marketing.

psicologia colore marketing

Sì, perché i colori sono in grado di incidere sulla percezione che i consumatori hanno di un determinato brand e giocano un ruolo chiave nelle strategie di branding.

Pensiamo, ad esempio, a tutte le volte in cui identifichiamo un marchio grazie all’associazione del logo o del prodotto.

Vi sono alcuni casi in cui è proprio il colore a costituire l’elemento distintivo del brand. Un esempio su tutti è il blue di Tiffany (più comunemente conosciuto come “verde Tiffany”).

Come dimenticare, poi, lo sfondo iconico e rosso di Coca-Cola? O la M gialla di McDonald’s?

Nel marketing e, in maniera particolare, nel branding, la cosiddetta color psychology si focalizza su come i colori possano avere un impatto sulle impressioni e sensazioni dei consumatori, fino a persuaderne l’acquisto.

Che ci crediate o no, se Tiffany avesse scelto il nero o il rosso, molto probabilmente il marchio non avrebbe avuto lo stesso successo.

psicologia colore marketing

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Psicologia del colore

La psicologia del colore è molto importante, soprattutto se si sta costruendo un nuovo business o, ancora, se si stanno valutando delle strategie di rebranding.

In effetti, il colore rappresenta uno strumento essenziale non solo per riuscire a farsi notare, ma anche per lanciare un messaggio, intriso di determinati valori.

Ciascun colore ha le proprie caratteristiche, che vengono riconosciute da tutti gli appartenenti a una determinata cultura.

psicologia colore marketing

Non si tratta di caratteristiche universali e innate, ma divenute convenzionali grazie ai vissuti condivisi dei gruppi umani.

In particolare, nella società occidentale ai colori basic sono riconosciute le seguenti peculiarità:

  • Giallo: ottimistico e giovanile, utilizzato spesso per attirare l’attenzione.
  • Rosso: passione ed energia. Anch’esso utilizzato per attirare l’attenzione, ad esempio, durante le vendite promozionali.
  • Blu: sicurezza e fiducia. Non è un caso, infatti, che venga utilizzato spesso da banche e aziende.
  • Verde: associato alla natura e alla salute.
  • Rosa: romantico e femminile, utilizzato nella maggior parte dei casi per prodotti destinati alle donne.
  • Nero: tonalità potente ed elegante, spesso utilizzata per prodotti luxury.
  • Viola: calma e relax, utilizzato per prodotti di bellezza e anti-age.

Inoltre, i colori possono indurre determinati comportamenti d’acquisto.

I colori forti, come il rosso e l’arancione, sono colori adatti all’acquisto di impulso. Li incontriamo spesso negli outlet, nei fast food, durante le vendite promozionali.

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Rosa e celeste, ad esempio, sono spesso utilizzati nel settore fashion, rispettivamente femminile e maschile.

Ancora, i colori di un brand o di un website possono influenzare emozioni e stati d’animo.

Ecco perché le aziende scelgono colori coerenti con la propria attività e con il proprio posizionamento di mercato.

Inoltre, la scelta dei colori aiuta a comunicare l’essenza del brand e definire il pubblico a cui rivolgersi.

Donne e uomini, ad esempio, apprezzano tonalità differenti: il pubblico femminile, in genere, gradisce le tonalità del blu, viola e verde; gli uomini preferirebbero il nero, blu e marrone.

Not only sales

Il marketing non è solo una questione di vendite. In effetti, prima delle vendite vi è un insieme di operazioni finalizzate a persuadere il pubblico, tra le quali la scelta dei colori del brand, della campagna pubblicitaria, del website e degli store.

E, anche in questo caso, non è una mera questione di vendite, ma di emozioni e sensazioni, indotte dai colori.

Cindy Lauper docet.