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  • Donne e COVID-19: la pandemia ha aggravato le differenze di genere?

    Le disparità di genere sono aumentate nel mondo del lavoro a causa della pandemia e le donne rischiano di restare ancora più indietro

    13 Agosto 2020

    • Il COVID-19 ha ulteriormente scombussolato la vita privata e lavorativa delle donne.
    • I settori economici più a rischio crisi sono quelli in cui sono impiegate la maggior parte delle lavoratrici.
    • Le disparità di genere continuano ad aumentare e non sembrano volersi fermare.
     

    Uno degli enigmi che vorremmo risolvere senza perderci in labirintici discorsi riguarda la separazione tra sfera privata e lavorativa. Esiste davvero o è solo una leggenda?

    Negli ultimi mesi poter rispondere con sincerità e lucidamente a questa domanda ci risulta davvero complicato. Con l’improvviso arrivo del COVID-19, lo stato di pandemia e il lockdown siamo stati costretti a cancellare la sottile linea che divideva questi due aspetti. Abbiamo convissuto non solo con la paura e l’ansia per la nostra salute, ma tutti i nostri ritmi sono stati stravolti. Le nostre battaglie a difesa del nostro tempo e dello spazio hanno vacillato. Purtroppo le donne ne stanno pagando il prezzo più alto.  donne

    Donne e COVID-19: la disparità lavorativa cresce

    Lavoratori e lavoratrici, almeno chi poteva, hanno lavorato da casa, provando le gioie e i dolori dello smart working. Più che altro parliamo di telelavoro, arrivando a stare davanti al PC più ore del previsto, e a occuparsi dei figli, della loro istruzione e delle faccende domestiche. Ma cosa differenzia uomini e donne in questo contesto?

    Oltre la metà delle donne si occupa della casa, dell’assistenza dei figli e dei genitori anziani, senza riuscir a condividere le mansioni con il proprio partner. Inoltre il 31% delle donne ha dovuto rinunciare al proprio lavoro per sopperire a tutte le incombenze familiari. Perché sono sempre le donne ad essere penalizzate? LEGGI ANCHE: Smart working e video call: quanto è cambiata la nostra quotidianità?

    La situazione lavorativa delle donne

    L’ILO, l’International Labour Organization, ha decretato che sono quattro i settori ad alto rischio economico a causa dell’impatto del COVID-19:

    • immobiliare;
    • commerciale;
    • amministrativo;
    • commercio all’ingrosso e al dettaglio.

    Il 41% degli occupati in questi campi sono donne. Ciò suggerisce che la popolazione femminile potrebbe essere la più colpita gravemente nei prossimi mesi, rispetto alla controparte maschile che ne rappresenta il 35%.

    Bisogna tener presente due aspetti analizzando questi dati. Il primo è che abbiamo un numero cospicuo di donne che abitano in Paesi a medio e basso reddito, dove c’è un alto rischio che i lavori di produzione, specialmente nel settore dell’abbigliamento, potrebbero scomparire.

    Il secondo è che molte donne hanno un reddito familiare alto e vivono in Paesi a medio reddito, ma non per questo se la passano meglio. Molte di queste lavoratrici sono imprenditrici di piccole imprese e non tutte riescono ad ottenere facilmente dei finanziamenti. Sempre secondo le analisi dell’ILO, le lavoratrici autonome basano le proprie forze sull’autofinanziamento e in un periodo di crisi così forte, potrebbero dover chiudere la propria attività commerciale.

    Le donne imprenditrici devono affrontare parecchi ostacoli per ottenere credito e ricevere prestiti con interesse equi. In tutto il mondo, solo il 5,3% delle donne richiede e ottiene un prestito per avviare un’azienda commerciale o agricola.

    donne

    Purtroppo milioni di persone hanno perso il lavoro e le entrate sono nettamente diminuite.

    Le donne che erano già colpite da disuguaglianze come la disparità salariale e un minore accesso ai servizi finanziari, non hanno gli appoggi necessari. I decreti d’emergenza e gli investimenti a lungo termine per il recupero economico devono sostenere e proteggere le donne e le persone emarginate. Ci sono ragazze e donne migranti forzatamente sfollate che potrebbero non essere in grado di accedere a queste risorse.

    Le donne che lavorano nell’assistenza

    Ad aver sofferto molto in questi mesi sono state le donne, ma anche gli uomini, che lavorano nel campo medico. Osannati come eroi da un lato, costretti a turni massacranti, hanno sentito ogni giorno lo stress e l’ansia di non riuscir a reggere tutto, di ammalarsi e di mettere in pericolo la propria famiglia. Chi ha avuto a che fare con i pazienti ammalati di COVID-19 ha preferito isolarsi, allontanandosi dai propri cari.

    In molti Paesi le infermiere sono state oggetto di violenze verbali, denominate “untrici”, attaccate col cloro durante gli spostamenti dalle strutture sanitarie a casa. Per non parlare degli straordinari, della paura di non poter riabbracciare presto i propri affetti, una situazione di stress che ha coinvolto in primis le madri single.

    Le giovani donne sono le più colpite

    Abbiamo avuto modo di leggere tante storie di persone che hanno perso qualcosa e qualcuno, a causa del COVID-19. Una delle fasce più colpite però sono proprio le giovani donne.

    Ragazze che avevano intrapreso un percorso di studi, che avevano in mente progetti lavorativi, di vita, hanno dovuto mettere tutto in standby. Hanno accantonato sé stesse per aiutare la famiglia, per essere di supporto e si sono fatte carico di parecchie responsabilità, anche più grandi di loro.

    Alcune di loro hanno perso il lavoro perché impiegate in uno di quei 4 settori a rischio, specialmente coloro che lavorano nel commercio al dettaglio, e tutte quelle aree che prevedono il contatto col pubblico. C’è chi ha visto ridursi drasticamente lo stipendio ha optato per il licenziamento.

    Sono davvero tante le voci delle giovani donne che da un giorno all’altro hanno perso tutto perché magari già partivano svantaggiate nel proprio lavoro. COVID-19

    La disuguaglianza di genere non si ferma

    Sfortunatamente si innesca un meccanismo in cui le difficoltà emerse con il COVID-19 aggravano una situazione di disuguaglianza già difficile in cui le donne sentono una pressione infinita.  Quella necessità di dimostrare di essere in gamba, di poter fare tutto, di essere allo stesso livello dei colleghi uomini. Ciò tormenta specialmente le più giovani, in una società in cui si dettano canoni di perfezione, dove la donna è una brava madre e una lavoratrice instancabile. La donna come emblema del multi-tasking, l’anello di congiunzione tra la figura materna precedente e la donna in carriera futura.

    Un mondo che sembra non contemplare le debolezze e il fallimento. Questa pandemia ha fatto vacillare anche la più temeraria delle guerriere, lasciando sole molte di loro.

    LEGGI ANCHE: Non chiamatelo smart working: come affrontare il lavoro in quarantena

    Donne, madri e smart working

    Quanto abbiamo parlato di smart working? Discussioni e dovute precisazioni su uno degli argomenti più gettonati di quest’anno, tutti, o quasi, abbiamo sperimentato cosa significa lavorare da casa. Organizzarsi telematicamente con i colleghi, con la propria famiglia.

    I bambini, i primi a risentire di questa pandemia, assistiti dai propri genitori, ad approcciarsi con la didattica a distanza. Gli adulti alle prese con PC, tablet e laptop, tra coreografie sui balconi, conti che non tornano, tormentati dai dubbi e dalle aspettative di un ingombrante “andrà tutto bene”.

    Ma tutto bene non è andato per le donne, madri e lavoratrici alle prese con lo smart working, che di smart non ha avuto molto. Con i bambini tra i 6 e i 12 anni confinati in casa, i genitori si sono occupati costantemente dei figli. Ma ogni famiglia ha vissuto questa pandemia diversamente, e sta provando ad assestarsi nelle fasi successive.

    COVID-19 LEGGI ANCHE: Gender gap, a che punto siamo nel mondo dell’arte

    Le donne si sono fatte più carico della casa e dei figli

    I dati riportano che le donne si sono occupate della casa e dei figli 13 ore in più rispetto agli uomini, e lo smart working non ha di certo agevolato la situazione. Con la maggior parte del tempo impiegato ad assistere i figli, soprattutto i più piccoli senza l’assistenza di nessuno, molte donne hanno dovuto tralasciare il lavoro, trascurandolo. Consapevoli di non essere state produttive come avrebbero voluto, ma di aver subito un sovraccarico di compiti, temono che saranno proprio le prime a essere licenziate a causa della crisi economica. Solitamente in un nucleo familiare è l’uomo che guadagna di più rispetto a una donna, e questo porta le lavoratrici a sacrificare le proprie ambizioni lavorative per accudire i figli, o le porta a scegliere lavori part  time, senza poter assecondare ciò che desiderano davvero. Ci sono voluti 20 anni per implementare l’occupazione femminile dell’11%, cosa accadrà adesso? Quanto sacrificio è richiesto ancora?

    Cosa si potrebbe fare per aiutare le donne?

    In un momento così delicato l’assistenza all’infanzia è fondamentale per aiutare le coppie a crescere i figli e a sentirsi al sicuro. Quando gli asili nido riapriranno, molti non potranno accettare altri bambini e non tutti possono affidare i propri figli ai nonni. È vero, i governi si stanno attivando con misure a sostegno delle famiglie, ma basteranno?

    In Italia prima della pandemia una donna su due lavorava, ma problemi come la disparità salariale saranno sempre un ostacolo per una felice carriera lavorativa.

    Dall’ultimo rapporto dell’INPS è emerso che in un anno, oltre 37 mila neo mamme lavoratrici, hanno presentato le dimissioni. La maggior parte delle motivazioni riguarda l’impossibilità di conciliare lavoro e crescita dei figli più piccoli. Il percorso lavorativo di una donna non è lineare come quello di un uomo. Perché le donne devono ancora essere costrette a scegliere tra lavoro e famiglia?

    L’aumento dei casi di violenza

    La violenza è un flagello che non risparmia nessuno e molte donne ne sono state vittime durante questa pandemia, isolate e rinchiuse con i propri maltrattatori.

    Refuge è un luogo sicuro per donne che vengono tormentate e abusate, durante il lockdown ha visto un incredibile aumento del 950% delle visite al suo sito Web. Le donne e i bambini supportate ogni giorno da Refuge sono oltre 6000. COVID-19 LEGGI ANCHE: La leadership femminile nel business cresce, ma salari e investimenti ancora non aiutano

    In Italia, durante la quarantena, ci sono state più di 2000 richieste d’aiuto in più rispetto ai mesi precedenti, ha dichiarato Elena Bonetti, la ministra per le Pari Opportunità. Ci sono anche crescenti preoccupazioni riguardo la depressione postnatale che aumenta tra le neo mamme isolate in un momento in cui gli asili, le assistenze o le cliniche drop-in non stanno funzionando.

    Oltre i ruoli di genere

    Le donne tradizionalmente portano sulle proprie spalle la maggior parte delle responsabilità assistenziali e lavorative all’interno delle famiglie. Il ruolo tradizionale delle donne come “assistenti” le rende più suscettibili alle infezioni da parte di familiari malati e le crescenti richieste di assistenza all’infanzia rendono difficile bilanciare il lavoro e le responsabilità domestiche.

    Per sfidare le tradizionali norme di genere e ridistribuire l’assistenza non retribuita e il lavoro domestico, c’è bisogno di attuare politiche sociali come il congedo di paternità, programmi sociali per incoraggiare l’impegno maschile, programmi educativi a scuola per promuovere l’uguaglianza di genere. Tutti dovremmo aver chiaro il concetto di uguaglianza universale, e smetterla di definire norme e ruoli di genere ormai desueti.