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canapa alimentare

Canapa alimentare: il mercato italiano continua a crescere

Giunta in Italia in attorno al VII secolo a.C., grazie agli scambi commerciali e culturali tra i popoli pre-romani e balcani, la canapa – Cannabis Sativa L. – è stata inizialmente “domesticata” dagli Etruschi, che l’hanno portata fino alle valli del Po, per sfruttarne le proprietà azoto-fissatrici durante l’antica pratica della rotazione colturale, alternando campi di grano e di canapa.

Agli inizi del 900’ l’Italia era fra i principali produttori di canapa al mondo

Eppure non sono state le conoscenze agricole del popolo etrusco a decretarne la diffusione su larga scala bensì la corretta intuizione dei Romani sul valore della fibra ricavata dal suo stelo.

A partire da quest’ultima, infatti, si otteneva un tessuto molto resistente, che trovava impiego in vari settoriin primis quello navale, dove veniva utilizzato per la realizzazione di corde, funi e reti da pesca.

La canapa si è adattata così bene alle caratteristiche pedoclimatiche della nostra Penisola che, fino agli inizi del 900’, eravamo tra i principali produttori a livello mondiale; un passato glorioso, il cui ricordo ancora vive all’interno di alcuni musei, con sede a Padova e Bologna.

Coltivazione di piante di cannabis

Le leggi che hanno frenato la coltivazione della Cannabis Sativa L. nel nostro Paese

Il declino della canapicoltura in Italia iniziò nel 1961, quando il possibile contenuto di tetraidrocannabinolo – meglio noto come THC – portò all’inserimento della Cannabis Sativa nella Single Convention on Narcotic Drugs – un trattato internazionale che vieta la produzione e la fornitura di specifiche sostanze stupefacenti, eccetto che per determinati scopi (cure mediche e altri).

In particolare, in Italia, due leggi ne proibirono la coltivazione: la legge n. 412 del 05.06.1974 e la legge n. 685 del 22.12.1975. Un divieto che venne approvato dalla Camera dei Deputati e dal Parlamento, senza distinzioni di varietà.

Dall’abrogazione delle leggi di repressione, ad una parziale regolamentazione del mercato

E solo, in seguito, con la legge 162/1990 e DPR 309/1990 si arrivò ad una distinzione fra la canapa ad uso industriale e quella ad uso ricreativo, con livelli di THC > 2.

Si è passati, dunque, da un regime di totale repressione ad una regolamentazione parziale, a causa di una mancata armonizzazione delle normative internazionali per il commercio dei prodotti canapicoli – soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari, per cui non è ancora stato stabilito il livello ammissibile di THC.

Attualmente, in Europa, solo Germania ed Italia hanno una legge in tal senso. Nel nostro Paese, il Ministero della Salute – con il decreto del 4 Nov. 2019 – ha fissato il contenuto di THC a 2 mg/kg in semi e farina, 5 mg/kg nell’olio e 2 mg/kg negli integratori alimentari, favorendo la stesura del Catalogo Comune delle Specie Consentite, che oggi contano ben 68 varietà certificate, provenienti da tutto il mondo.

Ed è proprio grazie a queste linee guida che, negli ultimi anni, la canapa è rifiorita legalmente anche in Italia, coinvolgendo circa una sessantina di canapicoltori – dato in costante aggiornamento su Federcanapa. Ad aver attirato l’attenzione degli agricoltori – al di là dell’affezione, in taluni casi, per la pianta – sono le incoraggianti prospettive di profitto, superiori a molte altre e comuni colture.

Cannabis Sativa L.

La canapa come coltura sostenibile

La canapa, infatti, è tra le poche piante utilizzabili al 100% – se ne utilizzano le inflorescenze, le sementi, le foglie e lo stelo, con uno spreco che è prossimo allo zero – e le risorse impiegate per la sua coltivazione sono minime, grazie alla sua rusticità e rapida capacità di propagazione, anche su terreni “difficili” – aridi e scheletro prevalenti; caratteristiche che la rendono adatta anche al ripristino – e alla valorizzazione – di aree rurali, in pianura così come in alta montagna.

Semi di canapa: tra i superfood più apprezzati del momento

In particolare, tra i prodotti canapicoli più richiesti dal mercato, figurano i semi di canapa: autentici superfood, il cui sapore gradevole e dolciastro ricorda quello delle nocciole.

Stando all’analisi chimico-nutritiva condotta dall’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria di Milano, i semi della Cannabis Sativa L. contengono proteine ad alto valore biologico – ovvero, facilmente assimilabili dal nostro corpo – e acidi grassi polinsaturi (65% del totale), come l’acido linoleico e quello oleico, utili alla “lubrificazione” delle membrane cellulari.

Il loro utilizzo, dunque, può riguardare sia la sfera animale – per la preparazione di mangimi – sia quella umana. I semi, infatti, possono essere consumati come tali – previa decorticazione – oppure sotto forma di farina, per arricchire impasti di focacce e pizze artigianali. Inoltre, dalla loro molitura si estrae l’olio di CBD che può essere adoperato come integratore alimentare, per sfruttarne le benefiche proprietà

Semi di Canapa

Il mercato della canapa industriale potrebbe raggiungere i 27.7 miliardi di dollari entro il 2028

Attualmente, il mercato globale della canapa industriale – coinvolgente i settori alimentare, personal care, tessile e farmaceutico – ha abbondantemente superato i 5 miliardi di dollari in valore e, secondo il tasso composto di crescita annuale (CAGR) – valutato al 25,17% – potrebbe raggiungere i 27.7 miliardi di dollari entro il 2028, come sottolineato nel report recentemente pubblicato da Verified Market Research.

Nonostante l’impatto del covid, che ha avuto effetti devastanti sull’economia mondiale, la segmentazione dei settori e l’aumento della richiesta di prodotti sostenibili (anche dal lato del pack), il mercato continua a crescere, tanto che in Italia gli ettari coltivati a canapa sono aumentati del 200% dal 2014 ad oggi.

Un trend positivo che non accenna a fermarsi, anche grazie all’intensa attività di promozione – e di tutela – che le principali associazioni canapicole – FederCanapa, Assocanapa e ItalCanapa – stanno portando avanti, con l’obiettivo di offrire un contributo concreto alla regolamentazione nazionale del mercato della canapa.

Considerando dunque la versatilità d’impiego e la crescente domanda di prodotti canapicoli, soprattutto dal lato alimentare, la canapa continua a rappresentare una coltura interessante su cui investire, anche in ottica di sostenibilità.

E, in un futuro non molto lontano, l’Italia potrebbe tornare ad essere uno dei più importanti player mondiali nel mercato della canapa industriale – appurato che le resistenze, dettate perlopiù dall’ignorante consuetudine di associare la Cannabis Sativa L. alla droga, vengano definitivamente rimosse.

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Instagram Marketing: 16+1 consigli per raggiungere il tuo pubblico

Lo sapevi che trascorriamo circa 6 ore al giorno su internet e quasi 2 ore di esse sui social media? Un dato che ci impone di non sottovalutare le potenzialità dell’Instagram Marketing.

Il 67% degli utenti attivi online è iscritto a Instagram (dato, emerso in Digital 2021, l’ultimo report di WeAreSocial e Hootsuite) e ciò ne evidenzia il valore strategico che ha per il marketing aziendale.

Ogni giorno la piattaforma rilascia nuovi aggiornamenti e funzioni tanto da rendere il lavoro dei social media manager una sfida continua.

Con alcuni test, accorgimenti e costanza nell’analizzare la propria strategia, interagendo con la community e pubblicando contenuti nuovi e interessanti è possibile ottenere degli ottimi risultati in termini di business.

Ecco 16 consigli + 1 per usare al meglio l’Instagram Marketing

1. Usa un account business o creator

Può sembrare banale ma ci sono molte aziende che hanno profili non impostati correttamente. Per passare da un profilo personale a un account aziendale o di tipo creator, basta andare nelle impostazioni e alla voce account cambiarne la tipologia.

I vantaggi principali di questo tipo di profilo sono:

  • la possibilità di accedere a tutta una serie di statistiche che non può visualizzare un profilo personale standard
  • la possibilità di aggiungere le informazioni di contatto e una call to action
  • la possibilità di creare ads e configurare lo shopping sul social network.

 

marketing instagram

2. Definisci degli obiettivi chiari

Stabilisci il motivo per cui utilizzi il social e quali risultati vuoi ottenere: awareness, stabilire una relazione con i tuoi clienti attuali, cercare clienti potenziali, migliorare la consapevolezza sul marchio, vendere prodotti.

Insomma, stabilisci quali sono le priorità e i motivi reali per cui vuoi utilizzare Instagram e assicurati che sia lo strumento giusto per ciò che vuoi ottenere.

3. Studia il tuo target

Studia il tuo cliente tipo e fai una ricerca preliminare per capire se puoi arrivare a quel pubblico attraverso la piattaforma. Ricorda che Instagram, come gli altri social network, sono strumenti e pertanto vanno implementati sulla base delle esigenze aziendali.

4. Ottimizza il profilo e la bio

La prima cosa che fa un utente quando arriva sul profilo della tua azienda è leggere la biografia.

Scrivi un testo interessante e ricordati di inserire una call to action. Inoltre la bio, al momento, è l’unico spazio di Instagram in cui è possibile inserire dei link. Sfrutta la cosa a tuo vantaggio inserendo un link che rimandi al sito web o al form di contatto.

Utilizza la bio per spiegare i motivi per cui una persona dovrebbe seguirti e ottimizza la descrizione usando delle parole chiave (famosa SEO di Instagram) relative al tuo brand.

Configura il profilo in modo che ci siano tutti i contatti aziendali e se ne hai uno o più di uno, scrivi qual è l’hashtag ufficiale del marchio.

5. Usa una foto profilo di impatto

Le dimensioni contano anche su IG. Utilizza un formato 320 x 320 pixel per salvare l’immagine di profilo. Se lavori all’instagram marketing di un brand, usa il logo per rendere la pagina riconoscibile, sicura ed affidabile.

6. Instagram Marketing: crea visual accattivanti

Benché Instagram, secondo il suo head Adam Mosseri, stia progressivamente diventando un’app di intrattenimento e attenta ai video, il social è nato come network di condivisione di foto istantenee. Usa il social per pubblicare contenuti visuali che siano utili, di valore e rilevanti per il tuo pubblico di riferimento.

La piattaforma predilige i contenuti che aumentano il tempo di permanenza degli utenti sul social pertanto pubblica video, caroselli, reel, foto e animazioni. Usa Instagram per creare interesse attorno al brand, raccontare i retroscena della tua attività e creare attesa attorno ai prodotti e/o ai servizi che intendi promuovere.

7. Usa tutti gli elementi che il social mette a tua disposizione

Ogni volta che rilascia una nuova funzione, Instagram tende a prediligerne le views, in parte per promuovere il nuovo contenuto, in parte perché non ha ancora in repertorio abbastanza materiale. Quindi sfrutta ogni aggiornamento dell’app per aumentare la visibilità dei tuoi content e raggiungere nuovi pubblici.

Usa le dirette, i reels, le storie e i post per condividere tutorial, aggiornamenti, news, collaborazioni e lancio di nuovi prodotti.

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8. Sii riconoscibile. Crea il tuo stile unico

Definisci la palette di colori e usa sempre gli stessi font. Ricorda che l’immagine che il brand ha su Instagram deve essere coerente col resto della comunicazione online e offline del marchio.

9. Usa gli hashtag con parsimonia

L’era della serie infinite di hashtag è ormai superata. La piattaforma permette di utilizzare fino a un massimo di 30 hashtag ma si consiglia di usarne 5, massimo 9 poiché il social potrebbe intercettare il post come potenziale spam. Per la scelta delle parole chiave puoi utilizzare questi parametri: la rilevanza e la specificità per la tua nicchia di pubblico. Inoltre gli # non dovrebbero incoraggiare #like4like e altri cancelletti inseriti nella lista di quelli bannati dall’app.

10. Interagisci con la community

Ogni social è composto da una rete di persone. Pubblicare contenuti autoreferenziali senza interagire con la community non porterà il tuo business lontano.

Commenta i post degli altri utenti e rispondi sempre alle domande.

Crea sondaggi e votazioni da condividere con i tuoi follower per costruire e sedimentare la relazione.

11. Consigli di

Instagram Marketing: sfrutta le stories

Le storie sono un potente mezzo per promuovere i post appena pubblicati, interagire con la community e raccontare qualcosa sul marchio. Nelle stories è possibile inserire stickers, gif, countdown e altri elementi utili alla narrazione e all’interazione coi follower. Ad esempio puoi sfruttare le storie per far sondare le preferenze in merio al colore di un nuovo prodotto e/o rispondere a domande sui servizi che offri. Sfrutta le storie in evidenza (highlights) per salvare le storie più significative raggruppate in categorie utili. Se gestisci un ristorante, ad esempio, potrai inserire il menù tra gli highlights.

12. Conto alla rovescia

Utilizza il countdown per creare attesa rispetto a una diretta o generare interesse rispetto al lancio di un tutorial sull’utilizzo di un nuovo prodotto o presentare una live con un ospite importante. Insomma, sperimenta tutte le funzioni a tua disposizione per aumentare l’engagement col pubblico.

13. Scrivi lunghe caption e didascalie ottimizzate

L’obiettivo principale del social è di tenere le persone il più tempo possibile sulla piattaforma. Quindi utilizzare delle lunghe descrizioni nel post aumenta il tempo di permanenza dell’utente sul contenuto. Inserisci le informazioni più rilevanti nelle prime due righe di testo e sfrutta le emoji e gli spazi per dividere il copy in tanti piccoli paragrafi che abbiano un titolo.

Instagram si ritiene un social attento all’inclusione pertanto è bene ricordarsi di andare nelle impostazioni avanzate del profilo e scrivere un testo alternativo per rendere l’immagine comprensibile a chi non ha la possibilità di vederla.

14. Pubblica nel momento giusto

Utilizza gli insight per capire quali sono i momenti migliori per pubblicare i tuoi contenuti. Di solito coincidono con gli orari in cui la tua nicchia è più presente sul social network. Per ogni profilo questo dato è diverso, quindi il consiglio è di prevedere una prima fase di test in cui sperimenti diversi orari e giorni di pubblicazione e poi adatti il calendario editoriale in base a ciò che viene fuori dal test.

15. Usa le ads

Ebbene sì, i social network non sono gratuiti.

Bisogna acquistare spazi di visibilità che altrimenti non potresti raggiungere in organico. Pertanto si consiglia di “spingere” i post targettizzando gli annunci in base a:

  • dati demografici: sesso, età, lingua;
  • interessi specifici e comportamenti dentro e fuori l’app
  • geolocalizzazione: città, provincia, regione, stato.
  • posizionamenti nell’app: sezione esplora, storie, reels.

Grazie alle ADS hai possibilità di mostrare i contenuti che posti a nuovi pubblici potenzialmente interessati.

16.  Usa le partnership con influencer

Intercetta una rosa di potenziali influencer con cui collaborare e a cui far provare e recensire il tuo prodotto/servizio. Sono molti gli utenti che compiono un acquisto dopo aver visto un prodotto promosso da un influencer che seguono e di cui si fidano, quindi perché non sfruttare la cosa per aumentare le vendite?

Inoltre puoi utilizzare lo sticker (ex swipe up) per invitare l’influencer di turno a utilizzare un link personalizzato per la vendita del prodotto promosso; in questo modo potrai monitorare le visite al sito web e gli acquisti generati da quella specifica campagna.

17.  Parti dai numeri. Analizza il profilo, gli insight e calibra il tiro

Analizza sempre i tuoi post e rivedi di volta in volta la strategia alla luce di alcune considerazione: i dati estrapoli dagli insight, i numeri relativi alle collaborazioni, e i KPI specifici per gli obiettivi che ti sei prefissato.

 

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Per approfondire:

Ecco cosa non dovresti assolutamente fare su Instagram

9 consigli per migliorare la reach organica su Instagram

5 tips per creare Reels epici su Instagram

 

Social Media Trend 2022

Social Media Trend 2022: come cambiano i contenuti social

Chi lavora con i Social Media sa che non ci si annoia mai: appena abbiamo creduto di comprendere meglio l’algoritmo di Facebook o i contenuti più efficaci di Instagram o LinkedIn ecco che qualcosa cambia. E allora, di nuovo, a buttare giù nuovi piani editoriali, nuovi contenuti e nuovi brief con i clienti per fargli capire che bisogna cambiare per essere sempre ben visti dai “famosi” algoritmi dei vari social. In questo articolo abbiamo cercato di sintetizzare i Social Media Trend 2022.

Facebook, il social più popolare punta sulle nicchie

Il social network numero 1 al mondo, con i suoi 2,9 miliardi di utenti attivi mensili, è sempre pronto a stare al passo con i tempi. A volte viene bistrattato per lasciar spazio a social più “giovani” come Instagram e TikTok ma lui è sempre lì, con le sue specificità e i suoi miliardi di utenti pronti ad interagire e ad investire. Facebook per il prossimo anno è pronto a seguire la scia dei social più di tendenza e a premiare, quindi, contenuti più veloci, più brevi.

Questo è ormai un dato di fatto acquisito: i video sono i formati preferiti dagli utenti. I video, inoltre, devono essere brevi ed informativi. In poco tempo e in poche immagini gli utenti devo aver la possibilità di acquisire informazioni. Quindi basta post lunghi, basta link che riportano a siti o blog (già penalizzati da un bel po’ di tempo) e un grosso “si” ai video stile Reels. Una caratteristica di contenuto a cui si dovrà piegare anche Facebook (dopo il grande successo di TikTok e l’evoluzione di Instagram).

LEGGI ANCHE: Social Media Trends 2022: cosa devono sapere i brand per puntare al successo

Evoluzione ancor più interessante per il 2022 è sicuramente l’importanza che verrà data dal principale social di Zuckemberg alle nicchie. Si avete capito bene, il social più popolare del pianeta punta forte sulle nicchie. E in che modo?

Semplice: Gruppi Facebook, Live Audio Room e Facebook Live. Tre strumenti che amplificano il concetto di vicinanza con l’utente, facilitano l’usabilità del contento (audio e video) e tendono a parlare con persone simili con gli stessi interessi e lo stesso linguaggio.

facebook-reels - social media trend 2022

Instagram, video video e ancora video

Il contenuto video è da anni che viene preferito dagli utenti Facebook perché ritenuto più efficace. Questo dato di fatto è stato accertato con ancor più forza con l’esplosione di social con target più giovani come TikTok.

Ed è proprio da Instagram che parte una svolta chiara e netta proveniente direttamente dalla bocca di Adam Mosseri, responsabile di Instagram che afferma come la piattaforma stia abbracciando un cambiamento di paradigma in cui gli utenti chiedono contenuti video più divertenti. Ciò significa che è fondamentale che le aziende inizino ad abbracciare questo cambiamento il prima possibile per commercializzare efficacemente sulla piattaforma entro il 2022.

Partendo da questo dato di fatto, ormai acquisito da tutti gli esperti di Social Media, andiamo a vedere quelli che saranno i Social Media Trends 2022 per Instagram.  I video, innanzitutto, dovranno essere sempre più divertenti, informativi, utili e di contenuto.

Questo cercano gli utenti. A queste caratteristiche Instagram aggiungerà degli strumenti tecnici per poter facilitare la vendita di prodotti e rendere più immediato il rapporto tra influencer, video e acquisto on line da parte degli utenti.

La direzione è segnata e nel 2022 sarà una vera e propria esplosione. Questa ulteriore evoluzione di Instagram farà sì che piccole attività dovranno “investire” in questo cambiamento e adeguarsi ad un nuovo strumento di vendita dalle grandissime potenzialità di guadagno.

LEGGI ANCHE: Dimensioni immagini social 2023: la guida aggiornata

TikTok fa scuola e continua ad evolversi

Tutta colpa di TikTok (o suo grande merito). Se i video brevi diventano di tendenza per gli altri social, se la leggerezza diventa una prerogativa e se i Reels diventano i contenuti chiavi anche per colossi come Instagram e Facebook questo vuol dire che TIK TOK sta facendo scuola. Nonostante ciò non si sente per nulla appagato e guarda al futuro.

tiktok spcial media trend 2022

Il 2022 TikTok riserva delle novità in controtendenza rispetto agli altri. Infatti una piccola evoluzione sui contenuti è la durata dei video stessi, che si allungano invece di accorciarsi. I video, infatti, adesso durano 3 minuti ed i Reels sono passati ad una durata massima di 60 secondi. Questi piccoli accorgimenti fanno intendere di come adesso TikTok abbia necessità di dare “più spazio” agli utenti che vogliono veicolare contenuti e non solo intrattenimento puro.

Oltre alla durata dei video TikTok nel 2022 riserverà due grandi novità per il suo miliardo di utenti nel mondo. La prima sarà quella di riservare sempre più spazio ai video in Diretta e la seconda nel dare nuovi ed efficaci strumenti per combinare l’intrattenimento alla vendita di prodotti.

Questa evoluzione è già stata possibile testarla in Gran Bretagna dove durante una live streaming è stato possibile selezionare un link per poter acquistare un prodotto. Uno strumento, questo, dalle grandissime potenzialità per aziende ed utenti.

Social Media Trend 2022 – YouTube: il re dei video cambia pelle

Di certo gli altri social non possono insegnare a YouTube come avere successo attraverso i video ma YouTube stesso non resta fermo, si evolve e cambia. La novità del 2021 che diventerà ancor più potente nel nuovo anno è sicuramente YouTube Shorts. Una evoluzione che consente a tutti gli utenti di creare video di soli 60 secondi utilizzando soltanto uno smartphone e la fotocamera Shorts dall’app di YouTube.

Se questa è stata la più grande novità del 2021, nel Social Media Trends 2022 ci si aspetta un cambiamento netto nell’algoritmo interno al social video più importante al mondo. Fino ad oggi, infatti, bastava scegliere bene i tag ed avere un buon titolo.

Nel 2022 molto probabilmente non sarà più così ma ci sarà una minore incidenza dei Tag ed una notevole peso rivolto al contenuto simile ad altri contenuti di successo. Anche YouTube premierà i contenuti e anche YouTube, come Facebook, inizierà a puntare sulle nicchie, a quel pubblico altamente profilati a cui poter fare vedere nuovi video, nuovi contenuti e nuovi prodotti interamente in target.

Youtube-Shorts

Social Media Trend 2022: LinkedIn diventa maggiorenne e si fa bello

Nel 2021 il social per “trovare lavoro” ha computo 18 anni ed in Italia ha toccato i 16milioni di iscritti.

Ad esser sinceri LinkedIn, a tutte le evoluzioni social, ha sempre avuto un approccio soft, attendista. Questa volta però ha introdotto una grande novità: la modalità Creator. Si tratta di dare maggiori strumenti ai singoli utenti dandogli la possibilità, tra le altre cose, di pubblicare delle newsletter con i propri contenuti, di poter passare su Linkedin Live senza fare il processo di candidatura e darà la possibilità di accedere ad un Creator Hub dove ci saranno nuove funzionalità.

LinkedIn, seguendo i Social Media Trends 2022, evolverà verso le nuove modalità video simili ai Reels di TikTok.

A queste modalità (anticipate e confermate dall’acquisto di un’app di video tutorial chiamata Jumprope) aggiungerà funzioni per commercializzare i prodotti delle aziende presenti su Linkedin andando avanti nella sua grande prerogativa: monetizzare sia sui singoli utenti (con abbonamenti business) sia sulle pagine aziendali.

Linkedin creator 1 - social media trend 2022

Social media Trend 2022: Twitter crea nuovi spazi per i contenuti

Di certo Twitter non deve imparare da nessuno il valore della brevità e della velocità di informazione. Ma nel 2022 anche Twitter farà dei passi avanti dando sempre maggior spazio ai contenuti audio.

Dovremo essere sempre più pronti a contenuti veloci, immediati, di facile utilizzo. Nel mondo moderno e veloce di oggi anche i 280 caratteri di un tweet possono diventare troppi e allora ci si adegua ai tempi e si inizierà a spingere i contenuti audio.

Nuove tipologie di contenuti e nuovi spazi. Questa un’altra novità che potrebbe presto arrivare. Per chi ha una grossa community di follower sarà possibile creare delle stanze dove poter interagire direttamente con alcuni di essi, scambiandosi contenuti ed informazioni tra pochi. Una sorta di ClubHouse inserita dentro l’universo di Twitter.

migliori annunci stampa del 2021

Amazon, Mc Donald’s e Greenpeace: i migliori annunci stampa del 2021

Selezionare i 12 migliori annunci stampa del 2021 non è di certo un’impresa semplice: anche escludendo il criterio puramente discrezionale della scelta, in questo anno che sta per concludersi il ritorno in grande stile dell’Out of Home ci ha permesso di ammirare moltissimi esempi di creatività, ideati e diffusi dalle più grandi agenzie internazionali in tutto il mondo.

12 mesi, 365 giorni di pura arte e comunicazione hanno viaggiato dalla carta stampata agli schermi degli internauti, passando per le installazioni fisiche e le pagine dei giornali.

Ecco la nostra selezione degli annunci stampa del 2021, dalla quale (ahimè!) molti validissimi prodotti sono destinati a rimanere fuori. Ma se vuoi recuperarli tutti, questo è il posto giusto per farlo!

I migliori annunci stampa di Gennaio

I migliori annunci stampa di Febbraio

I migliori annunci stampa di Marzo

I migliori annunci stampa di Aprile

I migliori annunci stampa di Maggio

I migliori annunci stampa di Giugno

I migliori annunci stampa di Luglio

I migliori annunci stampa di Agosto

I migliori annunci stampa di Settembre

I migliori annunci stampa di Ottobre

I migliori annunci stampa di Novembre

Annunci stampa del 2021: Gennaio

Eureka! – Travel while reading

Si dice che il modo migliore di viaggiare sia con la fantasia. In effetti, in questo particolare momento storico condizionato dall’emergenza sanitaria, è probabilmente l’unico modo per farlo. D’altra parte, è anche il più economico: mete lontane, esotiche e suggestive diventano facilmente raggiungibili, grazie ai libri.

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Advertising Agency: NEW!, Lithuania
Creative Director: Aistė Jūrė
Copywriter: Aistė Jūrė
Copywriter: Vytautė Petkevičiūtė
Illustrator: Justine Shirin
Designer: Ieva Paliukaitytė
Project Manager: Kęstutis Kuskys

Febbraio

Dandy – Mini Families

Sono moltissime le persone che vivono da sole e non hanno bisogno delle mega promozioni formato famiglia. Se anche tu sei “tutta la tua famiglia“, le mini confezioni e le confezioni mono porzione di Dandy fanno per te.

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Credits
Advertising Agency: Chola Ad, Guayaquil, Ecuador
Executive Creative Director: Dante Rossetto
Creative Director: César Sepúlveda
Creative Director: Fabián Martínez
Art Director: César Sepúlveda, Fabián Martínez
Copywriter: César Sepúlveda, Dante Rossetto, Fabián Martínez
CGI & Retouch: Raro Lab

Marzo

Federation of Quebec Alzheimer Societies – Loved ones forget themselves too

L’Alzheimer è una malattia sempre più frequente tra la popolazione anziana e, purtroppo, si stima che le persone affette da questo disordine cognitivo aumenteranno del 70% entro il 2031.

La campagna mette in evidenza quanto i caregiver, spesso parenti e famigliari degli ammalati, siano sovraccaricati dal compito di assistenza.

alzheimer society adv

Advertising Agency: Cossette, Montréal, Canada
Photographer: Christian Tremblay

Aprile

McDonald’s – Good moments don’t need to wait

ARCOS è una campagna regionale di McDonald’s creata da DDB Colombia, il cui obiettivo è rafforzare il segmento McDelivery.

La campagna si sviluppa nelle più grandi città del continente come Santiago del Cile, Bogotà, Buenos Aires e Città del Messico, tra le altre.

Le immagini comunicano in modo così diretto che non hanno bisogno dell’ausilio di parole.

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Good moments don't need to wait 02 - annunci stampa del 2021

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Advertising Agency: DDB Colombia, Bogota, Colombia

Annunci stampa del 2021: Maggio

Greenpeace – Save My Soul

La campagna di Greenpeace diffusa in Austria mostra il grande, grandissimo potere che si nasconde dietro un dito. Si può combattere contro l’estinzione delle specie, e lasciare il segno, contribuendo con un semplice SMS.

Gli animali in pericolo ci ameranno per questo.

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Advertising Agency: DDB Wien, Vienna, Austria
Executive Creative Director: Thomas Tatzl
Executive Creative Director: Andreas Spielvogel
Creative Director: Babette Brunner
Art Director: Marina Mrvka
Copywriter: Jakob Paulnsteiner

Giugno

Lovespace – It’s okay

“It’s okay” è la nuova campagna sulla consapevolezza sessuale di Lovespace, che illustra in modo abbastanza esplicito il tema delle fantasie sessuali. Queste sono spesso percepite come qualcosa di volgare e sporco, qualcosa di cui vergognarsi.

Patsany ha selezionato una rosa delle migliori foto e ha sviluppato un messaggio chiave per ognuna. “Desiderare è ok” “Condividere ciò che si vuole è ok” “Sperimentare insieme è ok” “Provare insieme è ok”.

campagna lovespace ukraine

campagna lovespace ukraine

campagna lovespace ukraine

campagna lovespace ukraine

campagna lovespace ukraine

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campagna lovespace ukraine

campagna lovespace ukraine annunci stampa del 2021

Advertising Agency: Patsany Agency, Kyiv, Ukraine
Creative Director: Dmytro Iatsyna

Luglio

Kikkoman – Kikkoman Gold Medal

Per celebrare i giochi olimpici di Toyko, l’agenzia di Zurigo Freundliche Grüsse ha ora creato un Out of Home molto speciale per la tradizionale marca giapponese: un semplice nastro di tessuto trasforma il logo Kikkoman in una medaglia d’oro. Tanto semplice che non ha bisogno di parole.

Kikkoman

Advertising Agency: Freundliche Grüsse, Zürich, Switzerland
Creative Director: Pascal Deville
Creative Director: Samuel Textor
Art Director / Concept: Norihito Iida
Copywriter / Concept: Christian Stüdi

Agosto

Diamonds Factory – Insta-Queens

Ti sei mai chiesto che aspetto avrebbe il profilo Instagram della regina Elisabetta I o di Maria Antonietta?

Diamonds Factory ha re-immaginato i ritratti di alcuni dei personaggi più controversi e affascinanti della storia e riassunto le loro fantastiche storie in alcuni scatti.

Queste magiche ricostruzioni mostrano Maria Antonietta, la regina Elisabetta I, Cleopatra, Boudica, Wu Zeitan, Caterina la Grande e Maria Regina di Scozia sotto una nuova luce.

annunci stampa del 2021

Credits: In-house

Settembre

Amnesty International – Seniors’ rights

Esiste un’età in cui è giusto rinunciare ai propri diritti? Si stima che 7 anziani su dieci siano vittime di pregiudizi a causa della loro età: il fenomeno è noto come “ageismo“, a causa del quale le persone più adulte vengono considerate inefficienti e lente.

È una violenza inaccettabile, per questo la campagna invita a non aspettare di diventare “vecchi” per difendere i diritti degli anziani.

Amnesty Senior resized - annunci stampa del 2021

Advertising Agency: Bonjour, Bruxelles, Belgium
Creative Director: Marine Vincent
Creative: Maxim Deliège
Designer: Pierre Jadot
Photographer: Phil Van Duynen

Annunci stampa del 2021: Ottobre

McDonald’s – McDonald’s Artworks

Quando un brand diventa iconico come McDonald’s non è inconsueto che i suoi prodotti vengano rappresentati da artisti e creativi, consacrando oggetti di largo consumo e spingendoli nell’olimpo dell’arte.

Ecco, queste opere d’arte possono costare svariate migliaia di dollari, ma puoi sempre aggiudicarti il gusto dei menu del brand con gli archi dorati per pochi spiccioli.

Best Ad ottobre McDonald's

best ad McDonald's

best ad McDonald's - annunci stampa del 2021

Advertising Agency: TBWA\Istanbul, Turkey
Cco: İlkay Gurpinar
Ecd: Volkan Karakasoglu
Creative Directors: Mesut Kocarslan, Serdar Gungor
Art Director: Tuvana Artun
Copywriter: Hilal Erdem

Novembre

Amazon Prime – The Wheel of Time

Prime Video promuove il lancio dell’epica serie fantasy The Wheel of Time con un’affissione in 3D in live-action creata da Amplify e con la star della serie Rosamund Pike.

È la prima volta che un cartellone anamorfico viene utilizzato da una società di intrattenimento per promuovere una serie.

Prime Video ha debuttato in Piccadilly Circus, a Londra, il 15 novembre, ma l’out of home apparirà anche in siti iconici nei mercati chiave, tra cui il Big Kahuna di New York City a Times Square e il Cross Shinjuku Vision di Tokyo.

AMAZON - migliori annunci stampa di novembre 01

AMAZON - migliori annunci stampa di novembre

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Advertising Agency: Amplify, London, United Kingdom

Indagine dell'Osservatorio Zucchetti

L’indagine dell’Osservatorio Zucchetti: i numeri della HR Revolution

Guidare ed affiancare le imprese nel percorso di trasformazione digitale è la prerogativa di tutte le aziende, in particolar modo per quelle del settore IT oltre ad essere il topic dell’indagine dell’Osservatorio Zucchetti HR.

L’indagine è stata condotta su un panel di aziende rappresentative del parco clienti Zucchetti, sul quale misurare il tasso di innovazione dei processi di gestione del personale e comprendere gli interventi prioritari da attuare nel prossimo futuro. In linea con gli obiettivi dell’Osservatorio è nata l’indagine HR.

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Chi ha condotto l’indagine e gli obiettivi

L’indagine, condotta da Zucchetti Spa  si propone di rispondere alle seguenti domande:

  • Le aziende italiane sono pronte all’HR Digital Transformation?
  • Qual è il loro grado di maturità digitale nei processi HR?
  • Come stanno rispondendo all’emergenza Covid-19?
  • Su quali processi e soluzioni stanno puntando per superarla?

Periodo dell’indagine dell’Osservatorio HR

Luglio e settembre 2020

Campione aziende intervistate

710 aziende clienti Zucchetti

Indicatore analizzato

Il grado di Readiness delle aziende in tutti i processi di gestione del personale, diventati strategici durante la prima fase pandemica, suddivisi e indagati nelle seguenti aree:

  1. Smart Working
  2. Amministrazione e Comunicazione
  3. Pianificazione strategica
  4. Pianificazione operativa
  5. Previsione Fabbisogno (Forecast)
  6. Time sheet rendicontazione
  7. Salute e Sicurezza
  8. Analisi e monitoraggio

Settori aziendali che hanno risposo all’indagine dell’osservatorio HR

  • servizi 31,27%
  • commercio 27,75%
  • produzione 26,76 %
  • altro 15,92%

manager

I risultati dell’indagine dell’Osservatorio HR in relazione agli indicatori analizzati

Smart Working

Livello readiness medio più elevato. Le aziende hanno mostrato una buona capacità di adattarsi riorganizzando il lavoro “in presenza” nel modello “lavoro da remoto”.

In particolare alti livelli sopra la media si registrano nelle medie e grandi aziende (54% e 58%) e, in merito al settore, nelle aziende di servizi (52%).

  • l’83% delle aziende medio-grandi e il 61% delle piccole imprese hanno fatto i conti con lo smart working, trovandosi ad analizzare aspetti positivi e negativi della sua introduzione, segno inequivocabile di un cambio di passo, ancorché obbligato;
  • gli strumenti di collaboration sono stati introdotti dal 68% delle grandi aziende (alte percentuali si registrano anche per medie e piccole, rispettivamente il 53% e il 42%);
  • alti livelli di digitalizzazione si registrano nella gestione normativa e amministrativa dello smart working con risultati in media del 42%, senza distinzioni in termini di grandezza;
  • un sistema digitale di feedback tra colleghi, responsabili e collaboratori è stato introdotto in media da 1 azienda su 3 (42% delle grandi).

Lo step successivo sarà quello di passare ad un gestione del lavoro agile come forma di lavoro strutturale e bene organizzata, con una visione a lungo termine slegata dal periodo emergenziale.

Occorrerà ridisegnare i processi, focalizzarsi sulle nuove competenze, sugli stili di leadership e sulla cultura aziendale che questo modello richiede, pianificare investimenti tecnologici che supportino le attività e creino un ecosistema digitale integrato favorevole alla collaborazione, all’engagement, al monitoraggio e al raggiungimento dei risultati.

 

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Amministrazione e comunicazione

Con la deolocalizzazione della postazione di lavoro e con la gestione del lavoro a distanza diventa fondamentale costruire una comunicazione (interna ed esterna) precisa, puntuale e massiva verso tutto il personale.

Dall’indagine si evince che la comunicazione, in fase pandemica, è stata gestita attraverso portali aziendali che consentono alle persone di collegarsi in ogni momento, anche fuori dai confini e dagli orari lavorativi, a tutte le comunicazioni e a tutte le risorse aziendali (nel 68% delle grandi aziende e nel 49% delle aziende di medie dimensioni).

Nel 69% delle grandi aziende, inoltre, il portale consente al personale di inserire in autonomia i giustificativi, in modo da rendere efficienti i processi di amministrazione.

Oltre ai portali aziendali sono state introdotte anche app dedicate al personale che semplificano ulteriormente la comunicazione e la rendono più diretta e veloce garantendo:

  • una presa visione immediata delle circolari: 68% delle grandi aziende e 49% delle medie;
  • un accesso H24 ai documenti come il cedolino: 72% delle grandi aziende e 56% delle medie;
  • l’inserimento/approvazione dei permessi: 46% delle grandi aziende e 34% delle medie.

Pianificazione forecast e timesheet

Sull’argomento i dati della ricerca evidenziano che le aziende più resilienti sono quelle che hanno investito nel digitale, introducendo processi di pianificazione e rendicontazione delle ore di lavoro, migliorando così l’agilità organizzativa.

Le grandi aziende che operano su turnazione e utilizzano un software di pianificazione hanno ottenuto notevoli vantaggi in merito all’efficienza interna, alla qualità dell’output, alla sicurezza sul lavoro e alla soddisfazione del personale, puntando in particolare su:

  • acquisizione dei dati di presenza direttamente dalle presenze e viceversa (74%);
  • verifica nell’elaborazione dei turni di competenze, abilitazioni e idoneità (72%).

Non mancano poi le punte di innovazione che, anche in quest’ambito e sotto la spinta dei progetti di Industria 4.0, hanno introdotto App mobile per le richieste di:

  • cambio turno (37% delle grandi aziende)
  • strumenti di Intelligenza Artificiale per la previsione del fabbisogno di personale integrato al software turni (30% delle grandi aziende e 21% della media azienda).

Salute e Sicurezza

Garantire la sicurezza delle persone, durante il periodo pandemico, è stato quanto mai centrale soprattutto nel caso del lavoro in presenza. Le organizzazione hanno dovuto ripensare i processi e le procedure per ridurre i rischi di contagio e garantire la continuità del business rispettando le disposizioni di legge via via in vigore.

I primi interventi innovativi sono stati dettati da obblighi esterni e di legge ma successivamente alla prima ondata le aziende hanno velocemente attuato un cambiamento prospettico.

In un contesto in cui il controllo accessi è ormai realtà assodata e si integra alle prescrizioni previste dalle procedure di salute e sicurezza (54% grandi aziende – 53% medie – 32% piccole), tutte queste innovazioni andranno man mano a collegarsi all’ecosistema digitale dell’azienda.

Una tendenza emergente riguarda poi un ripensamento degli spazi di lavoro, destinato nelle previsioni a rimanere come modello nel prossimo futuro: già dopo la prima ondata infatti sono stati introdotti sistemi che permettono di prenotare la propria postazione di lavoro, in modo da controllare la distanza tra le persone (14% medio-grandi – 8% piccole aziende).

Un’opportunità che garantirà in futuro anche una gestione più flessibile degli asset e delle sedi aziendali, con grandi benefici sui costi di gestione degli spazi e sul controllo dell’utilizzo di ogni postazione, andando a supporto delle politiche di SmartWorking.

Analisi e Monitoraggio

L’analisi dei fenomeni che stanno coinvolgendo l’azienda e il personale, comprendere l’efficacia delle misure introdotte, prevedere azioni correttive è un momento fondamentale.

La sfida è quella di rendere l’analisi un processo rapido e semplice, strategico e strutturale. Proprio su queste premesse si possono leggere i dati raccolti nell’Osservatorio HR.

L’area di analisi e monitoraggio, infatti, registra i più bassi livelli di interesse concreto e di investimento tecnologico avanzato.

Diverse sono le motivazioni specifiche che sono alla base di questa situazione:

  • difficoltà nel reperire i dati: un’analisi efficace richiede un ecosistema unico e integrato in grado di gestire le principali dimensioni dei fenomeni HR;
  • struttura organizzativa: la Direzione HR ha la necessità di analizzare i processi ma spesso non è la funzione a livello aziendale che si occupa delle attività di monitoraggio;
  • carenza di competenze specifiche: impostare analisi e report dedicati ai processi HR richiedono conoscenze anche tecniche, IT e di rappresentazione dei dati spesso non dominio della Direzione HR;
  • carenza di strumenti per la diffusione mirata dei dati: i dati HR sono spesso sensibili e uno dei maggiori timori è quello di diffondere informazioni a persone non autorizzate a riceverle;
  • mancanza di focus: spesso l’analisi viene vista come il passaggio finale di un processo e implementata successivamente all’avvio delle prassi e degli strumenti a supporto di ogni attività, fase a cui molte volte non viene poi dedicato il giusto focus e che si perde nello svolgimento della gestione quotidiana.

Analisi e monitoraggio saranno le prerogative delle HR in azienda.

Attraverso un’attenta analisi dei dati sia con strumenti “tradizionali” che attraverso strumenti di intelligenza artificiale e machine learning consentiranno alle aziende di prendere decisioni corrette, pianificare al meglio la strategia aziendale e risparmiare sui costi.

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Conclusione dell’indagine dell’Osservatorio HR

I risultati, come era prevedibile, hanno evidenziato una forte differenza tra medio-grandi aziende e piccole imprese.

Le prime avevano infatti, iniziato il percorso di digital transformation prima dell’emergenza sanitaria, mentre le seconde non avevano ancora avviato investimenti per migliorare l’efficienza organizzativa grazie alle tecnologie digitali.

L’Osservatorio HR produrrà una nuova edizione della ricerca a gennaio 2022, analizzando le medesime variabili dell’anno 2021.

Sarà interessante valutare come lo scenario sopra descritto si modificherà e se il gap tra grandi e piccole aziende si sarà assottigliato.

Nel grande dibattito che vede di fronte HR e Digital Transformation emergono aspetti sempre più legati a nuovi modelli di leadership, al benessere delle persone e al clima aziendale.

La Direzione HR non ha solo l’importante compito di guidare la transizione dalle pratiche di gestione tradizionali a quelle più innovative e digitali, ma anche quello più generale di costruire un nuovo rapporto tra persona e organizzazione abilitato dalle nuove tecnologie.

strumenti per i creator

Cos’è la Creator Economy e quali sono gli strumenti per monetizzare

La creator economy anche definita passion economy o economia della monetizzazione individuale ha a che fare con la creazione di contenuti, che possono essere video, scritti, audio o di altro tipo ed è il frutto di un processo durato anni, che oggi grazie a internet, permette ai creator di ottenere un reddito grazie alla produzione e condivisione di contenuti legati alle loro passioni.

Ma per capire cos’è la creator economy, come funziona e perché ci riguarda tutti è bene ricordare come durante gli anni passati prima della nascita della creator economy erano i grandi media a fare da padroni e a gestire l’intero mondo dell’intrattenimento, poiché la creazione dei contenuti era una loro prerogativa.

L’unica possibilità quindi per lavorare in questo mondo era quello di far parte di queste grandi aziende.

Grazie all’avvento di internet però, tutto ciò cambia, portando a un decentramento dei media, il tutto però ad un ritmo decisamente lento, causato dal fatto che le potenzialità di questa innovazione richiesero del tempo per essere comprese dalla maggioranza delle persone.

Grazie a internet infatti, si cominciò ad avere nuovi e diversi tipi di contenuti di cui usufruire, ma anche la possibilità di divenire creatori in prima persona di questi contenuti attraverso nuovi spazi, diversi dagli unici a disposizione fino a quel momento.

Tuttavia lo sviluppo di internet, visto i tempi lenti che hanno accompagnato la sua maturazione, non coincide con la nascita della creator economy, che pur essendosi sviluppata grazie a internet, ha dovuto aspettare lo sviluppo a pieno ritmo di questa innovazione per poter trovare lo spazio necessario alla sua crescita.

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Cos’è la creator economy

Per spiegare meglio cos’è la creator economy possiamo fare riferimento alle parole di Eric Freytag di Streamlabs, il quale riassume il cambiamento del consumo dei media in un articolo scritto per VentureBeat, in cui afferma: “Invece di dieci programmi TV consumati da miliardi di persone, ora abbiamo centinaia di milioni di programmi che soddisfano miliardi di persone. Potresti essere solo una delle dieci persone al mondo interessate a un argomento di nicchia, ma è probabile che troverai dei contenuti per esso. Inoltre, le persone che creano contenuti per quell’argomento ne sono veramente e autenticamente appassionate“.

La passione sembra quindi essere il collante per chiarire cos’è la creator economy che non a caso viene definita anche passion economy, ovvero la possibilità per chiunque possegga una passione precisa, di creare un reddito attraverso questa, grazie alla creazione di contenuti, sfruttando il digitale e le nuove tecnologie, da cui la creator economy trae appunto origine.

Al passo con questa nuova tendenza, le nuove piattaforme che nel corso degli anni si sono sviluppate fino a oggi e continuano a svilupparsi ogni giorno, offrono sempre più spazi e strumenti ai creator per far avanzare questa nuova economia della monetizzazione individuale.

Come funziona la creator economy

Sostanzialmente e nella maggior parte dei casi per capire come funziona la creator economy basti pensare a come questa permetta alle persone di guadagnare grazie alle proprie passioni.  Riferendosi ai creator, si tratta di persone “veramente e autenticamente appassionate”  come definite da Eric Freytag, che creano contenuti inerenti alle proprie passioni, sfruttando gli spazi e le opportunità offerte da internet.

Come risultato di questa nuova realtà si è sviluppata la possibilità di diventare celebrità anche per le persone comuni che non fanno parte del mondo dello spettacolo. YouTuber e influencer sono solo alcuni degli esempi di come la creator economy abbia dato la possibilità di una visibilità su larga scala a chiunque decida di creare contenuti online.

Negli ultimi dieci anni infatti il content marketing si è saputo affermare come una delle strategie che ha riscosso maggior successo e questo è dovuto ai cambiamenti del periodo che hanno visto instaurarsi un rapporto più stretto con i consumatori, rispetto a quello a cui tutti erano abituati legato ai grandi media.

È proprio in questo contesto dove attraverso il content marketing ci si pone l’obiettivo di attirare il pubblico verso una destinazione precisa, ovvero verso il brand, che entrano in gioco i content creator.

Per poter raggiungere questo obiettivo, è infatti fondamentale per le aziende, avere sempre a disposizione nuovi contenuti creativi attraverso cui attirare e ingaggiare i consumatori in una modalità sempre nuova, al passo con i tempi ed in linea con i loro interessi.

Quanto vale la creator economy

Il valore del mercato totale della creator economy in questo momento si aggira sui 104,2 miliardi di dollari e sembrerebbe destinato a crescere ancora. Secondo il report Creator Earnings Benchmark realizzato da NeoReach in collaborazione con Influencer Marketing Hub:

  • tutto ciò che è legato ai content creator ha creato un indotto che ha portato dall’ottobre 2020 a investimenti da venture capital per 800 milioni di dollari 
  • il 46% dei creator che costruiscono un pubblico da più di 4 anni guadagna oltre 20.000 dollari all’anno attraverso i propri canali monetizzati
  • la dimensione totale del mercato della Creator Economy è di circa 104,2 miliardi di dollari
  • la creator economy ha una traiettoria di crescita sostanziale simile alla Gig Economy
  • il 78% dei content creator a tempo pieno guadagna più di 23.500 dollari all’anno

Come si diventa creator

Sono sempre di più i giovani che desiderano crearsi un reddito attraverso internet, diventando ad esempio content creator.

Negli USA ben il 29% dei diplomandi dichiara infatti di voler essere un creator, è invece solo l’11% che immagina una tradizionale carriera per il proprio futuro e in un recente studio fatto su bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni è stato rilevato che quasi il 30% aspira a diventare YouTuber.

Dati che non sorprendono se si considera il grande successo che molte persone hanno ottenuto sulle piattaforme online e che vengono oggi prese come esempio per le generazioni più giovani.

Oggi si è infatti arrivati ad un numero di 50 milioni circa rispetto ai creator esistenti sul pianeta e di questi, 2 milioni possono essere considerati veri e propri professionisti dal momento che monetizzano le proprie passioni creandosi, attraverso la creazione di contenuti legati a queste, un reddito che gli permette di vivere. Come infatti è possibile vedere anche nel grafico sottostante elaborato dalla società di dati Thinknum, la presenza di creator tra le figure lavorative è in continua crescita.

infografica crescita creator

Fonte dell’infografica: Thinknum

Ma per sapere come si diventa creator è fondamentale in primo luogo capire bene chi sono i creator e cosa fanno.

A tale scopo possiamo definire i creator come dei creativi o degli artisti del web che esprimono la propria creatività attraverso la produzione di contenuti che possono essere video, fotografie, articoli di blog oppure altro.

Chiarito questo aspetto è bene capire inoltre, come la figura del creator non sia nettamente e necessariamente coincidente con quella dell’influencer, seppure queste due figure possono avere elementi comuni. I creator infatti, hanno la possibilità di emergere  grazie alla qualità dei  contenuti che producono a prescindere dai  fan che hanno sui loro canali social.

A contraddistinguere  i creator c’è in primo luogo la passione che questi hanno e che può essere nei confronti di qualsiasi cosa, che usano come mezzo e ispirazione per la creazione dei propri contenuti. Sarà partendo da questa passione, che si potrà capire quali sono i tipi di contenuti più idonei da produrre in base a questa e sarà di conseguenza possibile scegliere la piattaforma ideale per la pubblicazione, ovvero quella che per le sue peculiarità risulta essere la adatta alla condivisione della propria tipologia di contenuti.

Al contrario gli influencer rappresentano figure influenti in una precisa nicchia di mercato, ovvero quella di cui fanno parte i fan che li seguono sui canali social, che si contraddistinguono per interessi precisi e legati ai tipi di contenuti di cui l’influencer tratta attraverso i suoi contenuti.

Queste figure quindi, a differenza dei creator che rappresentano specialmente un modo per ottenere nuovi contenuti creativi e coinvolgenti per i propri consumatori, rappresentano invece un canale di distribuzione dove il brand espone ad un pubblico più vasto e sicuramente interessato i propri prodotti o servizi, attraverso le collaborazioni sponsorizzate fatte con gli influencer.

Saper comprendere le differenze tra le due figure è molto importante, sia nell’ottica di chi desidera diventare un creator, sia per le aziende che devono decidere se per la loro strategia di marketing sarebbe meglio collaborare con un content creator oppure con un influencer.

Come monetizzare con la creator economy

Ci sono tanti modi di monetizzare con la creator economy che variano in base ai propri contenuti e alla piattaforma che si sceglierà di usare e possono continuare ad essere ancora diversi anche in base alla propria nicchia di riferimento. Le diverse nicchie esistenti infatti permettono ai creator di differenziare sempre di più  la loro monetizzazione.

Un esempio sono gli abbonamenti che è possibile proporre ad una parte di fan che desidera contenuti esclusivi ed è quindi disposta a pagarli, a differenza di un’altra percentuale di fan che si accontenta dei contenuti free condivisi con tutti. In molti casi però, le sponsorizzazioni rappresentano una grande fetta del guadagno. 

Per il report ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) in Italia ci sono una media di oltre 20.000 post sponsorizzati al mese, che tradotto a livello di monetizzazione per UPA tocca 272 milioni di euro.

Inoltre a monetizzare grazie alla creator economy è bene evidenziare come non siano solo i creator, ma anche tutte le figure che girano intorno a questi. Infatti mentre possiamo contare 350 mila creator in Italia, si arriva a un numero di 450 mila aggiungendo le figure a questi collegate e che tramite loro percepiscono un reddito.

Alcuni dei modi che hanno i creatori per guadagnare online possono essere:

  • live streaming
  • podcasting
  • Amazon Publishing
  • eBay
  • Etsy
  • Tumblr
  • WordPress
  • Twitch
  • Mixer
  • Instagram
  • YouTube
  • TikTok
  • Pinterest
  • WordPress
  • Udemy

Come guadagnano i creator

Unitamente ai mezzi attraverso cui è possibile creare un guadagno con i contenuti fin qui citati, alcune delle strategie di monetizzazione attraverso cui è possibile creare un guadagno per i creator includono:

  • le commissioni sugli investimenti pubblicitari
  • la sponsorizzazione dei contenuti direttamente dai brand
  • il product placement
  • le mance e i tips ricevute dai fan
  • gli abbonamenti a pagamento per contenuti riservati
  • la vendita di contenuti digitali
  • il direct selling di prodotti fisici
  • gli eventi virtuali e dal vivo a pagamento
  • gli incontri dedicati con VIP e celebrità
  • l’ingresso in fan club esclusivi 

Ma nuove opzioni di monetizzazione sono sempre pronte ad apparire in un mondo, quello online, dalle potenzialità illimitate e dove l’impegno per sostenere i creator è continuamente profuso da parte delle piattaforme social.

Alcuni esempi sono TikTok, una delle prime piattaforme a focalizzarsi sui creators che ha istituito a marzo 2021 il Fondo TikTok per Creator, riservato a chi ha ottenuto almeno 100.000 visualizzazioni ai propri video negli ultimi 30 giorni o il fondo aperto da Facebook di recente, a luglio 2021 e grazie al quale ha messo a disposizione dei creator 1 miliardo di dollari che sarà distribuito entro il 2022 ai migliori creator.

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Anche Instagram ha annunciato una nuova funzionalità attraverso cui consente ai suoi membri di trarre profitto grazie ad una commissione in denaro per ogni vendita che questi generano suggerendo prodotti ai fan ed è in procinto permettere ai creator la condivisione di storie esclusive che saranno visibili solo dopo un pagamento.

Altre modalità di guadagno sono state sviluppate da Clubhouse con il lancio di Payments, uno strumento attraverso cui un esclusivo gruppo di creator, può ricevere pagamenti inviati dagli utenti. Come affermato da Paul Davison, co-fondatore di Clubhouse “Fin dai primi giorni di vita la nostra startup si è posta come missione quella di mettere i creator in una situazione di privilegio. L’obiettivo, con la nascita di Payments, è aiutare a guadagnare chi fa crescere e prosperare la piattaforma”.

Anche  Twitter si aggiunge alle fila delle piattaforme social su cui sono stati sviluppati nuove forme di guadagno per i creator, attraverso lo sviluppo di tip-jar (barattolo delle mance), una feature che consente di effettuare donazioni in denaro ai profili seguiti e rispetto alle quali Twitter non trattiene alcuna percentuale o con l’avvio di Super Follows, un mezzo attraverso cui i creator possono condividere contenuti esclusivi con i propri utenti tramite il pagamento di un abbonamento.

Ma le modalità di guadagno dei creator sono in continua evoluzione. Come spiega Matteo Pogliani, fondatore di ONIM, l’ Osservatorio Nazionale sull’Influencer Marketing «oggi sono i creator a delineare le caratteristiche dei canali, i trend e persino a modificare la user experience. Basti pensare all’affermarsi di canali sempre più creator-oriented come TikTok e Twitch o all’arrivo dei paywall come Patreon o Onlyfans, piattaforme che permettono ai creator di trovare fonti dirette di remunerazione senza dipendere dalle collaborazioni con i brand, fondamentali ma non più totalizzanti».

 «Il ruolo che molti di questi creator hanno sulla loro fanbase aumenta ulteriormente le occasioni di monetizzare tra prodotti e merchandising, capsule collection e presenze in media diversi come la tv. Un cortocircuito che la pandemia ha accelerato», conclude Pogliani.

Quanto guadagnano i creator

È difficile dare dei numeri precisi, poiché le potenzialità di guadagno sono variabili e differiscono in base a diversi elementi, ma ​​possiamo affermare che non esista una correlazione definita tra il conteggio dei follower e il reddito ottenibile.

Per farsi un’idea di guadagno basti pensare che sarebbe sufficiente avere 1000 fan abbonati ai propri contenuti ad un costo di 100,00 dollari l’anno per poter avere un introito annuale di 100.000 dollari frutto solo delle proprie capacità creative.

Secondo Kevin Kelly, studioso di cultura digitale e cofondatore della rivista Wired infatti, hai bisogno solo di 1.000 veri fan per guadagnarti da vivere come artigiano, musicista, designer, fotografo o scrittore.

Non c’è quindi la necessità di avere milioni di fan per avere il successo desiderato. Ad essere importante quindi non è la quantità ma la qualità dei fan in riferimento al loro grado di fiducia.

Come i social media attirano i creator

La diffusione dei social e il grande utilizzo che è stato registrato durante l’anno della pandemia, fanno sì che le piattaforme social si stiano trasformando sempre di più in piattaforme per creator, mettendo loro a disposizione più strumenti. 

È facile dunque intuire come i social media attirano i creator facilmente in questo modo, poiché assecondano l’esigenza che i creator hanno di monetizzare le proprie creazioni e permettono loro di diversificare il proprio business.

Inoltre molte piattaforme social hanno optato per far scegliere ai creator la modalità con cui monetizzare la propria attività, dando così una spinta ai contenuti sponsorizzati tramite aziende specializzate per mediare gli accordi tra i brand e gli influencer, a differenza di quelle che hanno scelto invece di condividere le entrate con i creator. Tutte ottime ragioni queste per attirare i creator verso l’uso di queste piattaforme.

Come spiega Matteo Pogliani, fondatore di ONIM, l’ Osservatorio Nazionale sull’Influencer Marketing, «Il contenuto è da sempre elemento essenziale di Internet e dei social, principale strumento per attirare l’attenzione, creare dialogo e relazioni. Questa rilevanza ha dato crescente peso a chi questi contenuti li produce, facendoli diventare veri e propri riferimenti per network più ampi. Una crescita di percezione che oggi li ha resi molto più che semplici creatori, ovvero figure capaci di muovere all’azione, di condizionare. Se a ciò aggiungiamo l’evoluzione delle piattaforme, l’immunità degli utenti alle comunicazioni commerciali e la spinta verso la polarizzazione utilità-intrattenimento è facile capire perché oggi si viva una sorta di era del creator».

Gli strumenti per i creator

Gli strumenti per i creator messi a disposizione dalle diverse piattaforme online su cui i creator possono contare per lo sviluppo dei propri contenuti sono veramente molti e sono legati a:

  • editing di foto
  • editing di audio
  • editing di video
  • progettazione
  • sviluppo
  • ispirazione
  • formazione

Anche chi è alle prime armi infatti ha modo di imparare spesso facilmente come iniziare a creare contenuti grazie alle molte risorse online messe a disposizione anche dalle stesse piattaforme, al fine di facilitare e incentivare l’uso delle stesse.

Un esempio degli strumenti offerti da Instagram sono ad esempio:

  • le inserzioni nei reels 
  • i badge
  • i codici QR
  • la dashboard per i professionisti
  • le guide
  • shopping su IGTV, live, storie e reels
  • instagram shop

Riguardo a tali strumenti per i content creator, Mark Zuckerberg con un post su Facebook, ha annunciato che questi resteranno gratuiti su tutte le piattaforme di cui è proprietario fino al 2023 e nel momento in cui saranno a pagamento sarà comunque un costo inferiore a quello richiesto da Apple.

Zuckerberg scrive: Per aiutare più creatori a guadagnarsi da vivere sulle nostre piattaforme, terremo eventi online pagati, abbonamenti dei fan, badge e i nostri prossimi prodotti indipendenti gratuiti per i creator fino al 2023. E quando introdurremo una condivisione dei ricavi, sarà meno del 30% che Apple e altri prendono“.

Inoltre, in un commento il CEO di Facebook aggiunge: “Lanceremo anche un’interfaccia per i pagamenti cosicché che i creator possano vedere come le tassazioni e le percentuali richieste dalle varie compagnie impattano i loro guadagni. E molto altro sta per arrivare presto”.

Conclusioni

«Alla fine tutti noi entreremo a far parte dell’economia dei creator». Queste sono le parole di  Naval Ravikant, uno dei più noti investitori al mondo, presidente ed ex CEO di AngelList, piattaforma per startup e business angel che rappresenta il termometro dell’innovazione statunitense.

Se queste parole sono profetiche o no solo il futuro saprà svelarcelo, certo è però, che in questo ultimo anno, anche a causa dell’accelerazione impressa dal Covid-19 alla digitalizzazione, la Creator Economy ha fatto passi da gigante con una dimensione di mercato stimata di  104,2 miliardi di dollari (a partire da maggio 2021) rappresentando una grande opportunità per creare un reddito grazie unicamente alle proprie passioni, una prospettiva a cui per molto tempo in pochissime persone potevano ambire.

Il lavoro di creator professionista infatti è oggi uno dei più richiesti ed il numero delle persone che si occupa di questa attività è diventato tale da sostenere un intero ecosistema di startup che si è venuto a creare per trasformare la loro passione in una professione.

E ad alimentare questa tendenza in continua ci sono i social network che sviluppando continuamente tante nuove funzionalità e strumenti appositamente per i creator permettendo loro di creare un business sempre più slegato dall’advertising

automotive trend 2022

5 automotive trend per il 2022: le nuove strade della sostenibilità

Gli automotive trend per il 2022 riguardano principalmente i veicoli elettronici, autonomi,  connessi, e di proprietà condivisa. Tutto in ottica sostenibile.

Siamo già pronti per la transizione?

La pandemia ha cambiato la quantità di persone che viaggiano, e questo ci lascia con una secondo grande quesito: in che modo il danno economico causato dal COVID ha avuto e avrà un impatto sull’industria automobilistica?

Per comprendere ulteriormente la posizione dei consumatori e come appare la ripresa economica del settore, kadence International ha esaminato cinque tendenze significative.

  1. Precauzione post-COVID: un’industria martoriata attraversa un’enorme incertezza
  2. Plugged In: la rivoluzione dei veicoli elettronici è in corso, ma è ancora alimentata da sussidi
  3. In Control: l’intelligenza artificiale migliora, non sostituisce, le capacità di guida umane.
  4. Veicoli connessi
  5. Autisti più anziani, conducenti più giovani

Un’industria maltrattata che attraversa un’enorme incertezza

Gli attuali dossi nel nel settore automobilistico non costituiscono una barriera all'evoluzione, bensì un stop and go

Foto Kadence.com

Secondo gli analisti di Jato Dynamics, le vendite globali di auto nuove sono diminuite di oltre il 12% nel 2020, circa il doppio del calo registrato nei dati IEA per l’anno peggiore dell’ultima crisi finanziaria (2007-2008).

Mentre questo calo è stato solo del 2% in Cina, l’industria automobilistica ha subito un duro colpo a livello globale. Francia, Germania, Regno Unito e Brasile hanno registrato cali di oltre il 20%.

Il comportamento dei consumatori è cambiato drasticamente e, mentre le vendite di nuove auto sono diminuite a causa della pandemia, il mercato dei ricambi automobilistici è fiorito mentre le persone cercavano di preservare i loro veicoli esistenti. I consumatori hanno iniziato a rimandare gli acquisti di auto di lusso, ibride e veicoli elettrici.

La prima diffusione del COVID-19 ha portato con sé una nuova tendenza innovativa: gli show room virtuali, in cui i consumatori hanno potuto trasferire tutta o almeno una parte della loro esperienza di acquisto di auto online. In molte parti del mondo, le restrizioni COVID diventeranno parte della vita a tempo indeterminato e, pertanto, questa tendenza è destinata a rimanere.

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La rivoluzione dei veicoli elettronici è in corso, ma è ancora alimentata da sussidi

Come per gran parte della rivoluzione dei veicoli elettronici (EV), potrebbero essere necessari sussidi e regolamenti per l’adozione di massa dei veicoli elettrici.

In Norvegia, sussidi e agevolazioni fiscali rendono il costo di un veicolo elettrico praticamente identico a quello di un’auto non elettrica. Il 74% delle nuove auto vendute in Norvegia sono veicoli elettrici, mentre negli Stati Uniti è solo il 2%. Negli Stati Uniti e in Cina, le vendite di veicoli elettrici si sono stabilizzate quando i sussidi sono stati ridotti o eliminati gradualmente.

Nel 2021, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha fatto un passo avanti verso la riduzione delle emissioni di gas serra firmando un ordine esecutivo volto a rendere elettrica la metà di tutti i nuovi veicoli venduti nel 2030, una mossa fatta con il sostegno delle più grandi case automobilistiche statunitensi.

Amazon ha iniziato a testare i furgoni elettrici per le consegne nel 2021.

I veicoli sono stati sviluppati in collaborazione con la start-up Rivian, che ha raccolto 8 miliardi di dollari da investitori (incluso Amazon), attraverso il suo Climate Pledge Fund da 2 miliardi di dollari. Il fondo include un accordo per l’acquisto di 100.000 veicoli elettrici dalla startup come parte della sua ambiziosa spinta per far funzionare la flotta di Amazon interamente con energia rinnovabile. Ogni furgone ha un’autonomia di 150 miglia per carica.

Prima che i consumatori si uniscano alla rivoluzione dei veicoli elettrici, vogliono sapere che esiste un piano per l’infrastruttura per le stazioni di ricarica.

Uno studio di Deloitte ha mostrato che i consumatori stavano rimandando i piani per l’acquisto di veicoli elettrici a causa del prezzo e dell’autonomia.

automotive trend per il 2022 - Uno studio di Deloitte ha mostrato che i consumatori stavano rimandando i piani per l'acquisto di veicoli elettrici a causa del prezzo e dell'autonomia. Ma la sfida climatica... è da vincere

Foto Deloitte

Con l’autonomia per i veicoli elettrici, ora, spesso ben oltre i 400 km, a livello di strada è tutto ok, ma deve esserci un’infrastruttura per veicoli elettrici visibile in termini di stazioni di ricarica. Pertanto, al momento, gli innovatori devono affrontare i due fattori più critici:

  • Prezzo
  • Infrastruttura

Le stazioni di ricarica wireless sono una soluzione essenziale. Sebbene la tecnologia esista, le aziende non vogliono costruire l’infrastruttura senza abbastanza auto e i produttori non vogliono creare opzioni wireless più costose senza tale rete.

A oggi, quindi, l’auto elettrica deve superare due ostacoli:

  • il costo, che al momento la vede svantaggiata rispetto alle proposte termiche e ibride;
  • la rete di ricarica

I governi devono investire nelle reti  di ricarica, in particolare su quelle veloci, per spostare l’interesse dei consumatori verso la mobilità elettrica.

Una volontà non sempre lineare, e proprio i dubbi sulla capacità dei singoli paesi di essere pro attivi su questo tema ha frenato molti costruttori auto a firmare alla Cop 26 di Galsgow, il documento congiunto che limita al 2040 la vendita di veicoli a combustione interna a livello globale.

Qual è la situazione in Europa? Sintetizzando la risposta, potremmo dire che l’auto elettrica è pronta per l’Europa… Ma sono i Paesi europei che non sembrano pronti per le auto elettriche.

L'intelligenza artificiale migliora... Ma sostituisce, le capacità di guida umane?

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Anche se Tesla ha fatto passi da gigante con le sue auto a guida autonoma, l’adozione è ancora lenta a causa di problemi di fiducia dei consumatori.

Inoltre, le auto senza conducente pongono problemi di intelligenza artificiale, di leggi ed etica e di percezione pubblica.

In questo scenario, i veicoli autonomi con sistemi di assistenza alla guida stanno diventando la norma in molti mercati.

La Cadillac Escalade Platinum di fascia alta, lanciata nell’estate 2021, è il primo veicolo a vantare la tecnologia Super Cruise di GM. Il veicolo gestisce il percorso guidando sulle principali strade mappate. Tuttavia, l’auto monitora il conducente avvisandolo se smette di prestare attenzione alla strada per più di cinque secondi.

L’intelligenza artificiale è destinata a diventare più diffusa nei veicoli,  ma non bisogna avere fretta.

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Connessione, non futuro ma presente

Connessione, non futuro ma presente - automotive trend per il 2022

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Finora, l’innovazione automobilistica e infrastrutturale è avvenuta principalmente a livello delle singole auto. Tuttavia, gli ingorghi e le ore di punta si verificano a livello di rete quando tutte le singole auto interagiscono.

Vediamo un cambiamento in questa direzione poiché le aziende e i pianificatori dei trasporti riconoscono l’idea dell’ “ecosistema della mobilità”, in cui le piattaforme software possono connettere, gestire e mitigare le inefficienze a livello di rete tra i servizi di trasporto e i loro utenti.

Le app di navigazione che mostrano i dati sul traffico in tempo reale sono già ampiamente utilizzate e osserviamo anche una maggiore adozione di limiti di velocità intelligenti e sistemi di semafori smart.

La prossima generazione di veicoli connessi andrà più in profondità ampliandosi con strumenti che consentono a biciclette o scooter per la mobilità di connettersi agli stessi sistemi utilizzati dalle auto. Le auto connessi rendono anche più efficiente la gestione della flotta, di autobus o veicoli commerciali.

Quali sono le implicazioni per i singoli conducenti? Perché l’ecosistema della mobilità funzioni, ogni auto richiede un’identità digitale. Tuttavia, questo presenta il problema della privacy.

L’identità digitale dell’auto può anche essere collegata all’identità distinta di guidatore, il che rende l’auto più sicura con l’accesso senza chiavi utilizzando il riconoscimento facciale o vocale e i sensori biometrici.

I sono puntati su Foxconn, il gigante manifatturiero cinese che produce l’iPhone. Foxconn sta sviluppando una piattaforma EV che qualsiasi marchio può utilizzare per portare i veicoli sul mercato, allo stesso modo della piattaforma per telefoni Android. Foxconn scommette che il vero elemento di differenziazione nel futuro mercato dei veicoli elettrici non sarà l’aspetto o le prestazioni; sarà la gamma di funzionalità connesse e capacità di intelligenza artificiale che possiedono.

Un ecosistema di mobilità connessa è una delle tendenze emergenti nel settore dei trasporti e automobilistico.

Automotive trend 2022: il cambio generazionale

Le tendenze automobilistiche influenzate dall’invecchiamento della popolazione e le mutevoli aspettative della Generazione Z stanno creando cambiamenti significativi. Per le persone anziane, l’intelligenza artificiale può aiutare a prolungare la loro vita alla guida. Per i giovani, la grande domanda è se la proprietà diminuirà a favore della condivisione e della mobilità degli abbonamenti.

I consumatori del tardo millennio e della Generazione Z sono una generazione post-proprietà: preferiscono l’affitto all’acquisto di case o veicoli. Le case automobilistiche hanno cercato di introdurre l’idea di soluzioni Mobility-as-a-Service, che sostituiscono la proprietà dell’auto con offerte di car sharing o in abbonamento a un costo inferiore.

Tuttavia, mentre la formula Mobility-as-a-Service ha registrato alcuni successi nei settori delle biciclette e degli eScooter, specialmente nelle città trafficate, è stato più difficile l’affermazione per le auto.

I modelli più attesi del 2022

Automotive 2022 modelli attesi - automotive trend per il 2022

Suv e sportive. Auto termiche, ibride, elettriche, ma soprattutto tanti Sport Utility tra i modelli che arriveranno sul mercato il prossimo anno: design e tecnologia che atterrano in tutte le fasce di mercato.

Non è certo una novità, ma i modelli più importanti e attesi nel 2022 rimarcano una tendenza ormai consolidata. Complice la crisi legata alla pandemia, unita all’esigenza di centrare il target sulle emissioni, i costruttori sono andati sul sicuro presentando novità dove è più forte la domanda: Suv medi e compatti, nella stragrande maggioranza dei casi, siano essi termici (pochi), ibridi o 100% elettrici.

Basti pensare che nel 2022 arriverà, verosimilmente, un Suv firmato Ferrari, il brand che fino a poco tempo fa considerava quasi come fumo negli occhi le vetture ad assetto rialzato. Gli amanti delle berline o delle station-wagon devono accontentarsi di una proposta sempre più di nicchia, anche se non mancheranno le eccezioni.

trend media 2022

I trend media per il 2022: cosa devono sapere i brand

Ogni giorno che passa ci rendiamo conto di quanti cambiamenti la pandemia abbia portato con sé in un mondo che, in qualche modo, sta cercando di adattarsi a nuovi ritmi, e questo vale anche per le imprese.

Spesso, però, i periodi di crisi si trasformano in quelli più fecondi, punto di partenza per una nuova crescita.

D’altronde lo spiegava già l’economista Joseph A. Schumpeter agli inizi del ‘900, con l’espressione distruzione creatrice, per indicare l’importanza di una perturbazione che sposta l’equilibrio del mercato, eliminando le imprese incapaci di innovarsi, segnando così lo spartiacque da una fase recessiva a una fase di crescita.

Cosa accadrà nel settore: i trend media per il 2022

L’attuale periodo, definito di “Covid lungo”, individua lo sforzo di adattamento e sperimentazione in cui i brand tentano di adattarsi ai cambiamenti intercorsi. Un periodo nel quale trovare risposta al nuovo stile di vita, agli orari più flessibili, e alla nascita del lavoro ibrido.

trend media 2022

Il colosso giapponese della pubblicità Dentsu International ha incaricato i propri specialisti di identificare le tendenze future dei media.

Peter Huijboom, global chief executive officer, media and global clients, di Dentsu International, ha dichiarato: “Abbiamo ritenuto che quest’anno, dopo essere stati così a lungo separati da uffici e colleghi, fosse il momento giusto per dimostrare come una collaborazione e una cooperazione radicali possano anche portare coesione intorno alle migliori idee, pensieri e intuizioni. 

Con così tanti straordinari specialisti nella nostra rete di media, siamo stati in grado di approfondire l’argomento e valutare veramente ogni tendenza con un occhio imparziale, sulla base di tre punti di vista molto diversi da ciascuna delle prospettive del marchio della nostra agenzia“.

Ne abbiamo individuato i punti principali:

1- Conoscere il consumatore nel post-cookie

Google e Apple hanno comunicato che elimineranno i cookie di terze parti, e con loro, di conseguenza, la capacità degli inserzionisti di controllare le metriche chiave, come visualizzazione e conversioni.

La comprensione del comportamento del consumatore e l’interazione con esso saranno diversi, l’azienda dovrà individuare vie alternative per non farsi trovare impreparata. Il cambiamento riguarderà gli inserzionisti, gli utenti e gli editori.

La massima priorità su cui le imprese dovranno concentrarsi sarà la tutela della privacy degli utenti.

trend media 2022

Cosa fare in questo periodo di limbo?

Durante il prossimo anno, quindi, i marchi dovranno cercare di mantenere la vicinanza con il pubblico, iniziando una necessaria revisione dei cookie, e iniziando a capire come riempire il vuoto lasciato dai cookie di terze parti.

Facebook e Twitter stanno già chiedendo agli utenti di selezionare gli argomenti a cui sono più interessati.

Il punto di partenza sarà sempre una profonda conoscenza del consumatore, dei desideri e dei bisogni, si potrebbe esaminare, ad esempio, i dati di Google Analytics, CRM, e posta elettronica, considerando la possibilità di adottare una piattaforma di dati clienti per unire i risultati e renderne più agevole la lettura.

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2- Puntare sull’eCommerce

Senza dubbio i periodi di lockdown hanno favorito la crescita del commercio online, costringendo così i brand a rivedere le modalità di vendita e di relazione con i clienti.

Netflix, gigante mondiale dello streaming, non ha perso tempo e ha lanciato il suo primo store online, Netflix.shop, al momento disponibile solo in USA.

Un negozio digitale dedicato alle vendite di prodotti di abbigliamento e lifestyle collegati alle serie TV, escogitato dalla piattaforma per tenere alta l’attenzione su un programma, in attesa di nuove stagioni o per placare la malinconia di una fine serie.

trend media per il 2022

“Siamo entusiasti di offrire ai fan un nuovo modo di connettersi con le loro storie preferite e di introdurli alla prossima ondata di artisti e designer che abbracciano il potere della narrazione in tutte le sue forme”, sottolinea Josh Simon, vice-presidente dei prodotti di consumo a marchio Netflix.

3- Entrare nei mondi virtuali

L’attenzione al mondo virtuale è forte, e il re-branding di Facebook ne è l’evidenza.

La realtà virtuale sta mostrando la propria potenza in varia campi, primo fra tutti, ad esempio, il fitness. Anche in questo caso, la permanenza forzata a casa, ha portato alla consapevolezza della possibilità di fare sport, tra le mura domestiche, come se si fosse in palestra e in compagnia.

Nella difficoltà l’uomo si ingegna, e così si è determinata anche l’esplosione delle videochiamate, diventate strumento di socializzazione primaria, accontonate, o comunque poco diffuse, prima della pandemia, saranno rivoluzionate dalla creazione degli avatar nel Metaverso, l’evoluzione di Internet, in cui Mark Zuckerberg ci sta traghettando.

4- Il brand diventa un “cittadino”

La pandemia ha mostrato in modo violento le fragilità del nostro pianeta e incoraggiato nuove opportunità di impegno per le imprese.

Nel mese di agosto 2021, gli scienziati hanno pubblicato un rapporto sull’emergenza climatica, che il quotidiano britannico, The Guardian, ha definito come “il più forte avvertimento di cambiamenti climatici inevitabili e irreversibili”.

Alle aziende è richiesto di agire secondo una responsabilità civile, sia nella produzione che nel marketing.

Un atteggiamento definito di “corporate citizenship”, ossia all’impresa si richiede di comportarsi proprio come un cittadino ed agire per il bene della collettività, pensiero già espresso dall’economista Antonio Genovesi nel lontano ‘700, e oggi più che mai attuale.

trend per il settore dei media 2022

Alcune aziende, tra le quali spiccano Samsung, Nike e Levi’s, stanno abbracciando concetti come riutilizzo, rivendita e riparazione, per aiutare i consumatori a vivere in modo sostenibile.

L’importante è non perdersi in un giro di parole non seguite dai fatti, non si può fingere, occorrono ricerche approfondite ed un impegno concreto e costante da parte delle imprese, che non si esaurisca in poche azioni circoscritte.

Non avere paura di prendere posizione e impegnarsi attivamente, è ciò che i consumatori-cittadini richiedono a gran voce.

Parola d’ordine: community

Secondo il Report Social Media Trends 2022 di Talkwalker e Hubspot,  i consumatori, sempre più al centro dell’attenzione, vogliono essere coinvolti, per questo l’obiettivo del brand dovrà essere rivolto a creare una community quanto più possibile reale.

I social hanno ribaltato la visione tradizionale della pubblicazione di contenuti caricando di valore la produzione degli utilizzatori.

Primo fra tutti TikTok, nel cui imminente futuro, si prevede l’ampliamento delle funzionalità legate allo shopping.

Il primo passo da fare è quello di capire quale sia il social media più utilizzato dal proprio pubblico, e successivamente coinvolgerlo con contenuti co-creati e challenge, che al momento sembrano spopolare, soprattutto fra i più giovani.

L’influencer, continuerà ad essere una figura rilevante, in grado di raggiungere un livello di “influenza”, che da solo il brand non riuscirebbe ad eguagliare. Anche se si opera in una piccola realtà, il consiglio è di affidarsi comunque ad un influencer adatto alle dimensioni aziendali, che possa coinvolgere una nicchia di mercato importante. Attenzione che la figura prescelta rispecchi però i valori aziendali.

Tra il 2020 e il 2021 abbiamo assistito ad un repentino cambiamento nella produzione dei contenuti social, la necessaria distanza fisica ha fatto la fortuna di nuovi format, come i video live e gli audio, in particolare, il poadcast, è diventato il formato adatto anche allo studio e al lavoro, oltre che al tempo libero.

trend media 2022

Se coinvolgere il pubblico sarà l’attività principale delle imprese, l’omnicanalità sarà la strada giusta da percorrere per il successo.

Il brand ha bisogno di creare connessione attraverso una comunicazione unica, coerente e sinergica, realizzata sui vari canali disponibili, secondo il pubblico di riferimento.

Smart Rental Experience Auto

Il futuro del noleggio a lungo termine? Una Smart Rental Experience

I player del settore automotive si trovano faccia a faccia con una sfida tosta almeno quanto gli sfidanti che la lanciano: si tratta dei consumatori più giovani, i famigerati GenZ e la fascia “bassa” dei Millennials, per cui acquistare un’auto non sembra essere una priorità. La Smart Rental Experience è il futuro del noleggio.

Lo spiega molto bene un’indagine da Skuola.net, edutech che da più di dieci anni lavora a stretto contatto con la fetta più giovane della popolazione italiana, condotta su un campione di ragazzi fra gli 11 e i 30 anni: l’auto per i più giovani (il rapporto è 9 su 10, ben il 90%) non è più un desiderio, ma una semplice commodity.

In uno scenario dove il possesso viene snobbato da una fetta di pubblico, il noleggio a lungo termine si accredita come soluzione alternativa e credibile: ma perché per un GenZer noleggiare potrebbe esser più vantaggioso che acquistare un’auto?

Un dato su tutti può essere utile per rispondere alla domanda: la maggior parte degli intervistati nell’indagine di Skuola.net non considera più l’auto uno status symbol.

Solo il 2% infatti la indica come fattore di posizionamento sociale. E se non si ha un valore aggiunto in una società che si sta sempre più basando sull’immagine, perché possederne una?

Oltre a questo, il noleggio può aprire le porte a un aspetto più di tendenza agli occhi di un under 25, il “fattore elettrico”: per i più giovani, guidare un’auto elettrica sembra essere un’esperienza più accattivante e intrigante, intanto per come si configura proprio l’atto del guidare.

Il 41% indica la silenziosità del motore come qualità preferenziale rispetto al motore a scoppio, il 26% il comfort che caratterizza un’auto elettrica (tecnologicamente avanzata) mentre il 14% l’allestimento di bordo, ricco di optional.

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Smart Rental Experience avis

Non solo comfort alla guida ma anche sostenibilità ambientale.

La ZGen, fortemente e autenticamente attenta ai bisogni della Terra nelle proprie abitudini di consumo, sembra prediligere un’auto – quella elettrica – decisamente meno impattante sull’ambiente rispetto a un veicolo a combustione fossile. Favorendo la circolarità dei beni, il noleggio è intrinsecamente sostenibile: vale per l’abbigliamento, così come le auto.

Noleggiare significa produrre meno e valorizzare di più i beni: un comportamento che si inserisce nella preferenza dichiarata dal 62% degli appartenenti alla Generazione Z.

L’auto noleggiata è trendy ed ecologica quindi, ma non solo: c’è anche una motivazione strettamente economica a indirizzare le preferenze degli utenti. Per i GenZer noleggiare può essere una formula più attrattiva perché più economica: 4 intervistati su 10 affermano che possedere un’auto elettrica è trendy, ma che costa troppo.

La forte propensione per l’esperienzialità dei consumatori GenZ porta le aziende che vogliono essere competitive su questo target a ripensare i propri servizi come esperienze, personalizzabili e co-costruibili proprio dall’utente sulla base dei propri gusti e interessi.

Stiamo pur sempre parlando della Netflix Generation, quella composta dai consumatori abituati ad acquistare servizi a subscription e a sviluppare relazioni valoriali, per “affinità” con i brand.

Ne è consapevole Avis Budget Italia, leader nel settore dell’autonoleggio di medio e lungo termine con una delle flotte di veicoli “smart” e connessi più vasta al mondo. Guardando al futuro, Avis lancia una sfida – a sé stessa, al comparto del noleggio, agli utenti: come si configurerà la mobilità di domani? Come farà il tempo trascorso alla guida a diventare un’esperienza di viaggio accattivante per i GenZer?

La Smart Rental Experience è il futuro del noleggio

Smart Rental Experience Avis studenti

Per provare a capire come relazionarsi con questi nuovi utenti, anticipandone i bisogni e come progettare un’esperienza che li sappia deliziare, Avis con il supporto di The European House – Ambrosetti ha lanciato un progetto pensato per approfondire la conoscenza degli “Z-drivers”, gli automobilisti di domani: la Smart Rental Experience, una due giorni che ha visto coinvolto il management di Avis insieme ad alcuni formatori e sedici fra universitari e giovani professionisti, che hanno alternato momenti di brainstorming ade attività di guida su due circuiti da sogno: Lago di Garda e Val D’Orcia.

Scopo dell’attività era raccogliere spunti dai “driver del domani” per migliorare la customer experience del noleggio, permettendo ad Avis di capire come posizionarsi come vero e proprio abilitatore e facilitatore di un’esperienza di viaggio personalizzata caratterizzata, assistita e digitalizzata, a bordo di un’auto a noleggio.

Un ripensamento strategico e rivoluzionario che permetterebbe ad Avis di essere avanguardia in uno scenario dove al di là del “come noleggio” diventa importante intervenire sul “come” il cliente viva il proprio viaggio, influenzandolo positivamente sin dal ritiro e non limitandosi ad attendere la riconsegna del mezzo.

Ninja Academy ha partecipato, insieme agli studenti di master e lauree magistrali delle università Ca’ Foscari e Sant’Anna di Pisa e ai membri dell’associazione Marketers, alla Smart Rental Experience con un team di studenti iscritti a diverse edizioni del Master Online in Social Media Marketing e della Social Media Factory. I ragazzi hanno potuto mettersi alla prova sulle sfide reali di Avis e fornendo molti stimoli utili alla riuscita del progetto.

C’era da aspettarselo, ma gli Z-drivers hanno generato idee pazzesche.

Dalla valorizzazione delle stazioni di noleggio distribuite sul territorio come touchpoint relazionali alla digitalizzazione dei processi per rendere più fluida l’esperienza di chi noleggia permettendo di ampliare il ventaglio dei servizi aggiuntivi e personalizzabili offerti, e ovviamente enfasi sull’impatto delle nuove motorizzazioni (come i veicoli elettrici) sull’ambiente.

Smart Rental Experience studenti avis

Scrivendo il futuro del noleggio (e forse del mercato automobilistico)

Per il prossimo futuro, gli Z-drivers suggeriscono che il protagonista dell’esperienza di noleggio sarà la persona, le cui preferenze e interessi potranno essere intercettate e valorizzate dalle aziende attraverso processi digitali di raccolta dati e customizzazione dei servizi.

In questo, tutti i touchpoint online porteranno a definire un flusso molto fluido che non dovrà presentare alcun tipo di frizione (come definito prima, “Friction-less”), dove l’utente possa fissare il ritiro in stazione in maniera semplice e puntuale, pagando agevolmente in sicurezza e configurando le caratteristiche del veicolo di cui ha bisogno senza che vi siano limitazioni, allo scopo di sfruttare al massimo uno de punti di forza del noleggio, ossia la possibilità di attingere a un’ampia gamma di mezzi.

Come si può configurare un’esperienza “senza frizioni”?

Agendo sulla UI delle properties digitali, in modo che siano chiare e intuitive e sui canali di direct marketing come le newsletter, favorendo un flusso informativo non invasivo ma arricchente per l’utente.

Intervenire sulla personalizzazione dell’esperienza (che per il 52% dei consumatori influisce positivamente sulla preferenza d’acquisto) erogando contenuti altamente profilati e notificati nel momento giusto; infine, rendere i canali di relazione efficienti (come quelli di instant messaging) in grado di accompagnare l’utente in ogni step della propria esperienza di guida.

 Smart Rental Experience Avis

Questo percorso altamente profilante permetterà di erogare ovviamente servizi sempre più tailor-made, che Avis punta a far diventare leve attive per la fidelizzazione del consumatore: in altri termini, il bisogno di spostarsi per lavoro (per esempio in occasione di una trasferta o di un trasloco) o per piacere (un viaggio fuori città, una vacanza estiva) diventerà occasione per Avis di confezionare, come farebbe un partner della mobilità, un pacchetto che tenga conto del profilo dell’utente, progressivamente azzerando la standardizzazione del processo in favore di una relazione duratura.

In altri termini, fra dieci anni si punterà a noleggiare auto fornendo soluzioni di mobilità adattate sulla persona, e in cui chi offrirà l’auto assolverà un ruolo più ampio di affiancamento e facilitazione del viaggio.

Smart Rental Experience studenti avis

In tutto questo un ruolo importante lo giocheranno il fattore green e i veicoli a trazione elettrica, che come abbiamo visto si stanno già affermando come preferiti dai GenZer: in moltissimi che oggi trovano le auto 100% elettriche inarrivabili perché economicamente non vantaggiose da acquistare, potranno puntare sul noleggio per definire la bontà della soluzione di mobilità, nel caso valutare l’acquisto definitivo o magari preferire il noleggio in forma stabile.

Gli Z-drivers hanno idee a riguardo, ed è prezioso per le aziende cominciare ad ascoltarle.

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