Tag personas

Marketing Automation, i vantaggi del workflow

Automazione nei processi aziendali: per cominciare bisogna allenarsi

I processi che le aziende devono affrontare ogni giorno tanto lato marketing quanto lato vendite e supporto clienti, sono spesso dispendiosi in termini di tempo e soggetti a errori. Per questo, per crescere in modo sostenibile, sempre più aziende scelgono di standardizzarli e automatizzarli.

Mentre i flussi di lavoro CRM promettono un servizio efficiente e coerente, la loro implementazione può essere un’operazione davvero scoraggiante. Tuttavia, seguire alcune semplici pratiche aiuta a evitare le insidie e snellire i processi. Il segreto, come in tutte le attività umane, è l’allenamento e l’applicazione pratica, possibilmente in un ambiente di training prima di andare “in produzione”.

Uno strumento molto utile in questo senso può essere, ad esempio, Goldfish, il nuovo prodotto di vtenext: un ambiente in cui imparare, allenarsi e testare l’automazione dei processi aziendali.

Ma prima di partire con qualche utile consiglio, consideriamo un celebre esempio nell’automazione dei processi aziendali.

automazione crm

Flussi di lavoro CRM nella cultura pop

Nel 1954, un venditore porta a porta di nome Ray Kroc ricevette un ordine insolitamente grande di frullatori da uno stand di hamburger a San Bernardino, California. Quando visitò il ristorante, rimase stupito dal volume di pasti che il piccolo ristorante era in grado di servire ai suoi clienti.

Ray notò alcune cose dello stand che spiccavano:

  • gli hamburger potevano essere prodotti più velocemente di qualsiasi altro chiosco;
  • la qualità dei pasti, il tempo di preparazione e l’esperienza del cliente erano molto affidabili e omogenei;
  • i processi erano stati suddivisi in compiti semplici e ben definiti che richiedevano poca formazione specifica.

Quello era il primo ristorante McDonald’s, che Ray poi rilevò per avviare un franchising. Oggi chiameremmo quei processi “flussi di lavoro” e nello specifico “CRM Workflow” nel caso fossero orientati al cliente.

Anche se non tutti possono raggiungere lo stesso successo di McDonald’s, se si seguono alcuni semplici consigli è possibile migliorare i processi aziendali, grazie all’automazione.

McDonald's pubblicità

Suggerimenti per i processi aziendali

Ci sono tre tappe essenziali che sarebbe bene seguire quando si vanno a definire i processi aziendali e la loro automazione:

  1. Pianifica i flussi di lavoro. Dedicare un po’ di tempo alla definizione di ciò che i flussi di lavoro devono consentire di fare, ti permetterà di semplificare tutte le fasi successive.
  2. Scegli il sistema e gli strumenti giusti per te. Per trovare ciò che fa al caso tuo dovresti innanzitutto guardare alle persone e scegliere sulla base di ciò che può funzionare per il team, ma anche non tralasciare il budget: alcune soluzioni come Goldfish ti consentono di testare tutto in modo gratuito; impara allenandoti e guardando video tutorial gratuiti già inseriti all’interno dell’ambiente di lavoro, lasciati guidare da wizard ed esempi concreti e, una volta imparato, esporta i tuoi processi.
  3. Assicura il successo del flusso di lavoro. Monitorare i flussi è essenziale per accertarti che continuino a funzionare e rendere più produttivo il lavoro del team.

Ed ora ecco alcuni consigli utili da tenere accuratamente presenti.

goldfish automazione

1. Misura due volte, taglia una

Prima di automatizzare, trova l’efficienza. L’automazione in sé non rende più efficienti, per diventarlo bisogna trovare la giusta combinazione per il proprio caso specifico e soprattutto misurare tutto sulla base dei risultati. I flussi di lavoro possono ridurre la quantità di risorse utilizzate in un processo, ma solo tu puoi determinare se ne vale la pena.

Stabilisci un benchmark e poi fai un audit di tutti i tuoi processi per vedere quali soddisfano i tuoi standard. Parla con le risorse che eseguono effettivamente ciascuna delle operazioni e scopri dove ci sono inutili sprechi di impegno e denaro.

2. Rendi tutti degli High Performer

Prima che McDonald’s acquistasse qualsiasi macchina o assumesse personale, c’è stato un periodo di prove ed errori in cui ha stabilito le migliori pratiche per il suo ristorante. Molte ricette e processi sono stati tentati prima di trovare quelli ottimali su cui investire.

Allo stesso modo, prima che le aziende crescano in modo esplosivo, c’è un periodo di scoperta per identificare “la formula” da usare per replicare il proprio successo.

Qual è la tua formula?

Nella maggior parte delle aziende, c’è una certa selezione naturale che avviene quando il personale svolge lo stesso compito in parallelo. Il personale più produttivo tende a crescere e diffondere le sue buone abitudini al resto del team. Le aziende più innovative usano A/B test per mettere in competizione tra loro due versioni dello stesso processo e vedere quale vince.

3. Incorporare l’approccio dell’automazione in tutti i processi

Alcuni processi sono più complessi. Potrebbero biforcarsi in percorsi diversi per adattarsi a scenari comuni che il business deve affrontare. Affinché i flussi di lavoro abbiano successo, bisogna identificare i percorsi più comuni e costruire le decisioni che determinano i percorsi nei processi aziendali.

Ci sono diversi vantaggi nel fare questo: uno di questi è che verrà ridotto il numero di persone necessarie per realizzare un determinato processo. La logica, cioè, è integrata nel processo e anche se il suo “architetto” non c’è più, il processo può continuare a dare risultati.

I vantaggi dell’automazione nei processi aziendali

La creazione di flussi di lavoro CRM standardizzati per l’azienda è assolutamente necessaria oggi per espandere il tuo business in modo sostenibile. Può ridurre drasticamente il carico sul personale senza compromessi e, in molti casi, anche migliorare l’esperienza del cliente.

Inoltre, il monitoring puntuale di processi favorisce l’individuazione di colli di bottiglia in un’ottica di miglioramento continuo, garantisce la possibilità di adattare tempestivamente i processi interni ai cambiamenti interni/esterni, migliora la comunicazione interna e abbatte eventuali barriere, conservando uno storico delle informazioni scambiate e scoprendo subito dove il processo si è bloccato.

Il tempo e le risorse che libererai grazie all’automazione dei processi aziendali ti daranno spazio per respirare, sperimentare e, in ultima analisi, far crescere l’azienda.

influencer marketing

Come TikTok e le Stories di Instagram stanno facendo crescere il valore degli Influencer

  • Nell’ultimo anno il mercato dell’Influencer Marketing è cambiato profondamente e le sole attività di sponsorizzazione su TikTok sono cresciute del 130%
  • Secondo una ricerca condotta da Klear, la quota di mercato dell’industria degli influencer della Generazione Z è cresciuta del 9%
  • Con il passaggio dai post ai contenuti brevi (come le stories) i creator di Instagram e TikTok hanno visto incrementare il loro valore del 57% rispetto all’anno precedente

 

Secondo la ricerca State of Influencer Marketing, condotta da Klear, il 2020 è stato l’anno del cambiamento.

La pandemia provocata dal Covid-19 ha colpito le vite di tutti noi modificando molti aspetti della nostra quotidianità.

La stessa fruizione della rete e dei contenuti social è cambiata e questo cambiamento ha messo in moto un processo di adattamento e innovazione anche per creators e marketers.

Nonostante il periodo poco favorevole, gli investimenti pubblicitari in influencer marketing sono stati ingenti. Gli influencer hanno incrementato il loro valore del 57% rispetto all’anno precedente, confermando il potenziale di questo settore. La sola piattaforma TikTok ha visto un’attività di sponsorizzazione del 130% in più rispetto all’anno precedente. Insomma, il settore continua ad affermarsi e ad essere importante nella strategia di marketing mix.

Tiktok

Quali settori e categorie di influencer sono cresciuti nell’ultimo anno su Instagram e TikTok

Secondo l’ONIM, Osservatorio Nazionale sull’Influencer Marketing, il mercato degli influencer è maturo.

Nel 2020 i settori più interessati alle collaborazioni sponsorizzate su Instagram e TikTok sono stati (in ordine):

  1. Moda
  2. Fitness
  3. Fotografia
  4. Lifestyle
  5. Beauty
  6. Viaggi
  7. Famiglia
  8. Food
  9. Fai da te
  10. Design.

I settori che hanno più risentito della crisi sono stati Food e Viaggi. Indubbiamente la loro penalizzazione è stata dettata dai vari lockdown.

Nella stessa ricerca di Klear condotta su un campione di 5mila influencer, si legge che l’utilizzo dell’hashtag #ad nei post di Instagram è diminuito del 19% su base annua mentre l’utilizzo delle Stories sponsorizzate è cresciuto del 32%. Questo significa che il consumatore è più interessato a contenuti instant rispetto a post statici.

Le stories di Instagram sono contenuti più facili da monitorare per la conversione.

Sebbene Instagram sia sempre stata considerata una piattaforma utile al raggiungimento degli obiettivi di brand awareness e consideration, l’utilizzo delle stories ha fatto emergere la possibilità di monitorare il conversion rate di una campagna di Influencer Marketing.

Instagram Stories: perchè non devono mancare nella tua Social Media Strategy

Basti pensare al fatto che all’interno delle stories è possibile aggiungere un link per monitorare l’atterraggio alla pagina web dedicata. Inoltre si possono inserire adesivi, domande, sondaggi ed altri elementi utili all’engagement. In una campagna di Influencer Marketing il creator può registrare un video in cui prova un prodotto e/o un servizio e ingaggiare il pubblico con un contenuto di impatto inserito all’interno della sua routine.

Questo genere di storytelling non si può costruire con la pubblicazione di uno o più post, non si possono inserire link e al di là della pubblicazione del video, non essendo il post un contenuto istantaneo, perde il suo spazio nella veloce narrazione quotidiana dell’influencer.

TikTok, invece, è il social che è stato più scaricato nell’ultimo anno. Tra i trend emersi nella ricerca di Klear vi è lo spazio che la Generazione Z si sta ritagliando nel mercato dell’Influencer Marketing. Sebbene la crescita dei contenuti sponsorizzati #ad non ci sia stata nella maggior parte dei mercati, quello degli influencer tra i 18 e i 24 anni è salito del 9% rappresentando oggi il 31% dell’intero comparto.

I marketers e i brand non possono fare a meno di considerare che i giovani e i giovanissimi aumenteranno sempre più il loro potere di acquisto, quindi investire in questo campo sarà inevitabile.

generazione Z - Tiktok

LEGGI ANCHE: Ancora TikTok: un breve recap se hai perso le puntate precedenti

La Generazione Z è formata dai nativi digitali che sono a proprio agio con le espressioni neutrali di genere, sono più istruiti rispetto ai membri delle altre generazioni e hanno valori sociali e politici progressisti. Questi dati possono essere utilizzati dai brand per la scelta dei social da presidiare e degli argomenti da trattare.

Nonostante i problemi e i limiti che la piattaforma TikTok ha avuto negli USA, sono molti i brand che hanno messo gli occhi sui creator della Gen Z e il loro passaggio da Instagram al social TikTok ha contribuito alla crescita di molti di essi. Il social media dei video musicali ha spinto Instagram a rilasciare la funzione Reel. Solo questa scelta di contenuto dovrebbe essere indicatore della crescente importanza che TikTok avrà nell’allocazione dei budget social.

influencer performance Tiktok

LEGGI ANCHE: Le novità di Instagram che non avresti dovuto perdere nell’ultimo anno

Il valore degli influencer sui consumi

Le scelte dei consumatori sono fortemente orientate dagli influencer e dalle loro storie.

Secondo una ricerca condotta da Valassis sul mercato americano, inglese e tedesco, il 51% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato un prodotto o un servizio dopo averlo visto utilizzato o promosso da un influencer. Secondo lo studio, l’Influencer Marketing sta avendo un maggiore impatto sugli acquisti perché il tempo di fruizione dei social da parte dei consumatori è aumentato durante la Pandemia.

Il 35% dei consumatori americani, infatti, sostiene di aver effettuato un acquisto non pianificato dopo aver visto qualcosa sui social mentre e il 21% ha dichiarato di aver effettuato un acquisto consigliato da un influencer da quando è iniziata la pandemia. Questi numeri ci fanno capire e percepire il reale potere che i creator hanno sui consumatori e viceversa.

Secondo I trend dell’Influencer Marketing 2021, ricerca condotta da Buzzoole, emerge chi riesce a costruire un’identità distintiva e riconoscibile. Agli influencer non serve essere onnipresente su tutti i canali ma sceglierne alcuni in cui costruire un legame forte con la propria community.

L’attivismo sociale degli influencer di Instagram e TikTok

L’impatto che le nostre scelte hanno nel mondo si riflettono anche sul fatto che i brand e gli influencer si stanno addentrando nel campo dell’attivismo sociale.

Nella ricerca di Klear condotta analizzando i profili social di 100 compagnie si legge che l‘80% dei brand ha supportato sui social la causa #BlackLivesMatter. Nella stessa ricerca si legge anche che il 65% dei consumatori afferma che smetterebbe di seguire un influencer che dice o fa qualcosa non in linea con la propria etica e i propri valori personali.

pericoli_influencer_marketing_2

Alcuni consumatori stanno abbracciando marchi sostenuti dagli influencer che riflettono la loro consapevolezza sociale. Dunque il futuro dei brand dovrà essere sempre più etico perchè saremo sempre più connessi e consapevoli. Le nostre scelte influenzeranno e saremo influenzati. Diventeremo tutti creator, tutti portatori di valore ed ognuno di noi sarà capace di invertire la rotta e cambiare le tendenze del mercato.

viaggi nel 2021

Travel Industry: cosa aspettarci dai viaggi nel 2021

La crisi sanitaria internazionale ha colpito pesantemente il settore turistico, facendo registrare perdite milionarie nelle economia nazionali di molti paesi europei ed extra europei. 

Probabilmente il settore turistico è stato tra i più colpiti dalla pandemia di coronavirus trascinando con sé la chiusura di ristoranti, piccoli negozi (e non solo), bar, club e molti purtroppo senza la possibilità di ripartire. Senza dimenticare le gallerie d’arte, i musei, gli zoo ed i monumenti in genere.  Molte attività si sono evolute per evitare le chiusure: alcuni musei hanno organizzato tour virtuali e i ristoranti hanno adottato diverse forme di delivery, ma non si è trattato di certo di un cambiamento semplice e soprattutto senza perdite economiche. 

LEGGI ANCHE: L’anno di IKEA, fatto di sostenibilità e digitale per un presente migliore

Si spera che nel 2021, con l’arrivo dei vaccini, la situazione dell’industria del turismo possa migliorare, ma ciò che è certo è che non torneremo a viaggiare liberamente come eravamo soliti fare. 

Se è vero che sarà l’anno della rinascita e della ripartenza, lo è altrettanto il fatto che siamo ancora molto lontani dalla fine dell’emergenza sanitaria internazionale. In questo 2021 saranno ancora numerosi purtroppo, i cambiamenti e i momenti difficili per molti settori.

viaggiare con il coronavirus

I viaggi nel 2021 tra paure e cambiamenti 

Se fino a pochissimi mesi fa visitare città affollate e luoghi traboccanti di gente erano le caratteristiche ideali di un viaggio divertente e indimenticabile, oggi e nei viaggi di prossimi mesi, saranno situazioni che causeranno paura ed ansia ai primi viaggiatori del mondo post-covid. 

I viaggiatori saranno più consapevoli dell’importanza del distanziamento sociale e del rispetto dei protocolli di sicurezza e per questi motivi saranno preferite mete meno affollate, fuori dai classici circuiti turistici in favore di luoghi più remoti e di esperienze più individuali come: percorsi in bicicletta, tour di birdwatching o altre attività all’aria aperta e immerse nella natura. 

Nuovi viaggi di gruppo e scomparsa delle tradizionali mete turistiche

I viaggi di gruppo sono stati per anni delle leve molto importanti per tutta l’industria turistica. Una buona occasione per conoscere nuove persone, scoprire posti nuovi, vivere esperienze indimenticabili e perché no, risparmiare sui costi del viaggio. 

La pandemia, che ha notevolmente modificato l’intero settore turistico, non ha di certo risparmiato i viaggi di gruppo, che non torneranno ad essere gli stessi ancora per molto tempo. I tour operator potrebbero notevolmente modificare le condizioni di viaggio in gruppo, riservandoli solo a conoscenti, a gruppi di persone con rapporti regolari e parenti. 

Senza alcun dubbio, nasceranno nuove mete turistiche con la conseguente scomparsa di altre. Le destinazioni cambieranno e la scelta potrebbe essere basata non solo sul prezzo, ma essere pesantemente influenzata dagli standard igienici adottati, dall’obbligatorietà dell’uso delle mascherine o meno, della qualità dei trasporti pubblici e dalle misure adottate nei mesi scorsi per il contenimento delle diverse ondate pandemiche.

La sicurezza dei viaggiatori sarà il fulcro e l’elemento determinante nella scelta delle destinazioni dei primi viaggiatori del mondo post Covid. Evitare le folle, scegliere destinazioni sicure e adottare comportamenti precauzionali saranno certamente i tre elementi indispensabili dei prossimi mesi o anni.

L’incertezza di viaggi e la diffusione di notizie contraddittorie (a volte false) spingeranno i viaggiatori ad affidarsi  a veri esperti, nella pianificazione degli spostamenti. Per questi motivi, molti tour operator offriranno la possibilità di consultare una persona in grado di illustrare le diverse normative sanitarie da rispettare durante il viaggio e che possa offrire un supporto logistico nel caso di contaminazione in paesi europei o extra-europei. 

viaggi nel 2021

Il fascino delle vacanze alternative

Il fascino delle vacanze alternative è aumentato esponenzialmente dall’inizio della pandemia. Con il susseguirsi delle notizie disastrose provenienti da ogni angolo del mondo, le persone sembrano essere diventate più sensibili rispetto all’impatto ambientale delle loro vacanze e la tendenza influirà anche sui viaggi nel 2021.

Questo interesse sta pian piano alimentando la voglia di viaggi con esperienze del tutto nuove, molto lontane dall’idea classica di vacanza che ci ha accompagnato sino ad oggi. 

Oltre ad i viaggi sostenibili, di gran moda diventeranno i viaggi rigenerativi, che spinge il turismo a compiere un ulteriore passo in avanti. Infatti, se le vacanze sostenibili puntano a  un impatto negativo molto basso compensando le emissioni inevitabili, il turismo rigenerativo punta al miglioramento delle condizioni sociali o ambientali del paese ospitante. 

Tutto ciò è possibile contribuendo attivamente al territorio attraverso donazioni, realizzazione di progetti e il sostegno a cause di grande rilevanza del territorio. 

viaggi nel 2021

2021: l’anno dei viaggi responsabili 

Il 2021 sarà l’anno dei viaggi responsabili, l’anno degli spostamenti per lavoro e per necessità. Se da un lato i principali attori del settore (come le compagnie aeree, le compagnie ferroviarie, gli hotel ed i servizi di noleggio auto) adotteranno nuove misure di contenimento del contagio, obbligando i viaggiatori a certificare le proprie condizioni di salute, dall’altro dovranno riconquistare la fiducia dei viaggiatori e dimostrare che è possibile tornare a viaggiare senza troppe preoccupazioni. 

Altro nodo di fondamentale importanza saranno le precauzioni sanitarie. Le aziende chiederanno con maggiore rigore ai propri dipendenti, in linea con le misure governative, le quarantene prima e dopo i viaggi (con un tracciamento dettagliato di ogni spostamento), l’uso rigoroso delle mascherine e di effettuare i tamponi con maggiore frequenza. 

Tra le novità dei viaggi nel 2021 è prevista anche una maggiore sostenibilità ambientale dei viaggi aziendali. La pioniera in questa direzione è stata Microsoft con l’acquisto di carburante ecosostenibile per i voli dei propri dipendenti, un ulteriore incentivo per il rilancio dei viaggi aziendali in chiave green.

Il rispetto dei protocolli per la sicurezza della salute e la sostenibilità ambientale saranno inevitabilmente i due pilastri dell’industria turistica dei prossimi anni.  Saranno anche le chiavi che permetteranno al turismo una ripresa graduale.

I viaggiatori non hanno perso la speranza di esplorare il mondo e sono molti quelli che non vedono l’ora di prenotare e partire appena possibile per la prossima avventura, magari all’aria aperta e lontano dei luoghi affollati.

Senza dimenticare la fiducia, che ancora è viva nei cuori dei viaggiatori e che sarà l’elemento alla base del rilancio dell’intero settore turistico.

 

automotive trends

Da Stellantis all’acquisto online: tutti i trend automotive per il 2021

  • Secondo un rapporto di Cox Automotive , circa due acquirenti su tre hanno maggiori probabilità di acquistare prodotti completamente online
  • L’intelligenza artificiale sta già abilitando metodi di viaggio intelligenti attraverso auto a guida autonoma

 

È proprio il caso di dire che il nuovo anno automobilistico nasce sotto una buona…”Stellantis”.

Il nuovo brand rappresenta l’unione tra due partner che condividono la stessa mentalità. Due realtà che si alleano per costruire qualcosa di unico”. Con queste parole John Elkann, presidente Exor e Fca, ha commentato il via libera dell’assemblea della holding della famiglia Agnelli alla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Peugeot e dunque alla nascita del nuovo gruppo denominato Stellantis.

automotive stellantis logo

Vogliamo avere un ruolo di primo piano nel prossimo decennio, che ridefinirà la mobilità”, ha sottolineato Elkann, “proprio come hanno fatto i nostri padri fondatori con grande energia negli anni pionieristici. La fusione proposta con Groupe Psa è un ulteriore coraggioso passo avanti nel nostro viaggio.  Due realtà che si alleano per costruire qualcosa di unico”.

LEGGI ANCHE: Digital Marketing e Automotive: cosa sapere per iniziare e 3 casi di successo

Il Marketing dell’automotive sta cambiando

Sebbene le vendite di automobili siano diminuite all’inizio di quest’anno a causa della pandemia, la domanda è di nuovo in ripresa. In effetti, alcuni consumatori che in precedenza facevano affidamento sul ride-sharing e sul trasporto pubblico stanno pianificando di acquistare un’auto quest’anno, secondo un sondaggio CarGurus , e altri non vedono l’ora di acquistare un nuovo veicolo mentre l’attività economica continua a salire. L’industria automobilistica deve essere pronta a raggiungere questi nuovi clienti.

Molti marchi stavano già spostando le loro tattiche per servire più clienti online, ma le restrizioni COVID-19 richiedevano una svolta decisiva. Nuovi dati stanno facendo luce su come e perché ciò è accaduto e cosa devono fare i dirigenti senior al riguardo. Treasure Data ha collaborato con Winterberry Group e Ansira per raccogliere informazioni da oltre 30 professionisti del marketing del settore automobilistico per avere un’idea di ciò che verrà dopo.

Quattro fattori chiave per il futuro del marketing automobilitisco

1. Con la pandemia, l’automotive si sta adeguando al digitale

Quando gli acquirenti di auto non erano in grado di visitare gli showroom, il tradizionale modello di Marketing della concessionaria si è rotto. Sempre più persone hanno iniziato ad acquistare auto online e sono alla ricerca di nuovi modi per visualizzare in anteprima i propri acquisti. Anche prima, circa l’88% dei potenziali acquirenti di auto ha ricercato le proprie opzioni online prima di entrare in una concessionaria, secondo DealerWebb Services , e il 60% degli acquirenti ha trascorso sei o più mesi nella ricerca, con un massimo di 24 punti di contatto di marketing lungo il percorso.

Le case automobilistiche intelligenti stanno ruotando rapidamente con i loro annunci e stanno trovando modi unici per raggiungere questo potenziale pubblico. Anche ancora, l’industria è in ritardo. Le aziende automobilistiche sono abituate ad acquistare annunci TV e spot di trasmissione in prima serata, ma il pubblico che guarda la televisione in diretta continua a spostarsi verso i servizi di streaming. Questo è solo aumentato durante la pandemia.

Oltre a ciò, il vero impatto degli annunci televisivi è difficile da monitorare, poiché più persone fanno multitasking e controllano i loro telefoni, disattivano l’audio degli annunci pubblicitari o si allontanano dallo schermo durante le pause. Per rimanere competitive, le aziende automobilistiche dovranno adottare tattiche di marketing digitale, dove possono monitorare più da vicino come la spesa pubblicitaria influenza le decisioni di acquisto.

2. Gli acquirenti richiedono un approccio diverso

Secondo un rapporto di Cox Automotive , circa due acquirenti su tre hanno maggiori probabilità di acquistare prodotti completamente online oggi, secondo un rapporto di Cox Automotive , e sono alla ricerca di un’esperienza ricca di contenuti. Nel viaggio di acquisto dell’auto, le persone vogliono vedere tutte le opzioni disponibili e testare le variabili da soli piuttosto che sedersi in una concessionaria e discutere i dettagli nelle trattative faccia a faccia.

Le aziende automobilistiche vincenti saranno quelle che offrono numeri di inventario in tempo reale, opzioni di personalizzazione e dettagli sui prezzi sfumati. Invece di seguire un faticoso piano di implementazione di tre o cinque anni per i touchpoint digitali, i dirigenti devono cambiare marcia nell’immediato. I più veloci lo faranno meglio a lungo termine. È diventato ovvio che queste nuove strategie di marketing non saranno temporanee e richiederanno un’area di competenza completamente separata che si concentra sui dati.

3. I dati e gli strumenti in silos non funzioneranno

Le imprese automobilistiche sono abituate a lavorare in silos, con marketing, vendite, servizi e finanziamenti incentrati sulle proprie specialità.

Nel mondo digitale, questo ostacola la comunicazione incrociata sui clienti e sui dati rilevanti che potrebbero portare a vendite, come risposte alla pubblicità, visualizzazioni di siti Web, visite in concessionaria, cronologia dei servizi e informazioni sui precedenti acquirenti. Sebbene alcuni leader automobilistici abbiano iniziato a collegare i loro sistemi, c’è ancora un divario tra produttori e concessionari, nonché dipartimenti all’interno di ciascuno. Non esiste un vero framework end-to-end per monitorare le campagne di marketing, dare la priorità ai probabili acquirenti, personalizzare i messaggi o garantire che i team di vendita e assistenza dispongano di informazioni complete sui clienti

Quando le case automobilistiche combinano i loro dati per comprendere gli acquirenti, diventano più strategiche e aumentano i loro tassi di conversione. Con i flussi di dati connessi, i dirigenti possono selezionare gli acquirenti qualificati e tenere traccia dei passaggi precisi nel percorso del cliente. Possono anche creare campagne di marketing per raggiungere i clienti al momento giusto con messaggi personalizzati per la manutenzione dell’auto, test drive, riduzioni di prezzo e offerte di permuta dei veicoli. In poche parole, il nuovo focus sui dati riguarda la creazione di un’esperienza acquirente senza interruzioni.

4. Le case automobilistiche hanno bisogno di una solida base di dati

Per combinare questi approcci a silos ai dati, le aziende automobilistiche devono esaminare i loro strumenti tecnologici di marketing e reinventare del tutto il viaggio dell’acquirente nel mondo digitale. La parte difficile, ovviamente, è che gli attuali sistemi di gestione dei concessionari non sono sempre ben collegati. Allo stesso tempo, non è plausibile immaginare che le aziende inizino da zero con sistemi completamente nuovi.

Invece, possono fare un inventario dei loro dati attuali e utilizzare uno strumento come una piattaforma dati dei clienti (CDP) per colmare il divario e riunire le informazioni. Con i dati unificati, i professionisti del marketing automobilistico possono tracciare un particolare cliente o un gruppo di potenziali acquirenti in base ai loro interessi e bisogni. Ad esempio, se desiderano raggiungere gli acquirenti di autocarri di età compresa tra 30 e 50 anni che hanno un contratto di locazione in scadenza, possono creare un elenco segmentato e inviare messaggi personalizzati che abbiano senso e colpire nel momento ideale.

Quando Subaru ha effettuato la transizione, ad esempio, il team è stato in grado di combinare i dati da più touchpoint, inclusi social media, pubblicità, e-mail, la loro app mobile, spettacoli di auto di persona, test drive, visite in concessionaria e record di servizio. Sono stati in grado di personalizzare la messaggistica, migliorare il rendimento degli annunci, aumentare le vendite e aumentare in modo significativo le percentuali di chiusura della concessionaria.

Ora è il momento di prepararsi per l’impatto imminente sull’industria automobilistica e trovare nuovi modi per andare avanti. Il digitale è il “grande campo di battaglia ora“, come ha affermato uno dei leader del settore, e “tutti stanno combattendo per quel cliente digitale“. Chi è in grado di raccogliere dati e interpretarli correttamente avrà un’idea migliore di chi è nel mercato di un veicolo e di come offrire loro un’esperienza di acquisto fluida. Ecco dove sta il futuro.

Con l’accelerata digitalizzazione l’automotive è in evoluzione

automotive driving

L’industria automobilistica sta ora adottando tecnologie come Intelligenza Artificiale e Big Data, che sono in circolazione da un po’ di tempo. Tecnologie più recenti come Internet of Things (IoT) e Blockchain stanno trovando numerose applicazioni anche nel settore automobilistico.

Veicolo autonomo basato su IA

I veicoli autonomi basati sull’intelligenza artificiale  sono i primi nel settore dell’automotive, L’intelligenza artificiale sta già abilitando metodi di viaggio intelligenti attraverso auto a guida autonoma. Queste auto non richiedono conducenti e si affidano a sensori e software per la navigazione e il controllo.

I veicoli autonomi  mirano a ridurre la necessità di conducenti umani e semplificare il trasporto quotidiano. Gli studi riflettono che oggi ci sono circa 1.400 auto a guida autonoma sulle strade degli Stati Uniti. Anche se attualmente non è un numero elevato, è una cifra in costante aumento.

Grandi attori come Tesla, Google, Uber stanno spingendo fortemente i limiti delle auto autonome, rendendole più affidabili. Tuttavia, la pandemia di Covid-19 ha temporaneamente frenato il miglioramento del settore. Con l’industria dei veicoli autonomi stimata in un valore di 556 milioni di dollari entro il 2026, è probabile che gli investimenti continueranno ad arrivare, soprattutto se verranno esplorate ulteriori applicazioni.

Marketing e negoziazione digitale: elementi clou dell’automotive

La visione “futuristica” della vendita di veicoli automobilistici online si è affermata durante la pandemia. Anche se la visita di persona ai negozi dei concessionari e la guida di prova era uno step immancabile nell’acquisto di un’auto, i protocolli di blocco che limitavano gli spostamenti hanno spostato le preferenze sul mezzo online. Una significativa percentuale di persone ha apprezzato particolarmente questo cambiamento. Gli acquirenti di veicoli sono in grado di confrontare diversi modelli di auto e scegliere secondo le proprie reali esigenze, senza farsi condizionare dai suggerimenti del rivenditore. I concessionari moderni stanno quindi cercando di normalizzare l’acquisto di auto online offrendo nuove soluzioni: tour virtuali per garantire il checkout,  opzioni finanziarie online e politiche di restituzione, anche se c’è da considerare che l’81% degli acquirenti, al momento, non approva l’acquisto online di auto nuove o usate. Questo trend è però destinato a cambiare nel 2021.

automotive cars

Elettrificazione

L’aumento del tasso di combustibili fossili e il danno all’ambiente causato dal loro utilizzo ha cambiato le prospettive dell’industria automobilistica verso i veicoli elettrici (EV). Le automobili contribuiscono al 15% delle emissioni di carbonio, il che esaurisce le preziose riserve di combustibili fossili e causa potenziali danni ambientali irreversibili.

Le auto elettriche, d’altra parte, stanno affrontando le nuove sfide sfruttando un livello più elevato di efficienza energetica e un ridotto consumo di carburante. Nell’agosto 2020, c’erano oltre 1,6 milioni di veicoli elettrici sulle strade degli Stati Uniti, che è esponenzialmente superiore ai previsti 1,4 milioni entro il 2024. Tuttavia, per una maggiore adozione e accettazione da parte delle persone, i veicoli elettrici devono trovare soluzioni ai prezzi mediamente più elevati, alla scarsa durata della batteri e, alla mancanza di infrastrutture di ricarica adeguate.

Blockchain nell’automotive

La Blockchain ha la capacità di trasformare i processi di un’organizzazione. Ciò include la condivisione dei dati del veicolo in rete e soluzioni di mobilità condivise come ride-hailing, trasporto urbano e consegne. La blockchain viene utilizzata nel processo di verifica per migliorare l’efficienza nella catena di approvvigionamento e nei lavori di back-office. Può anche essere utilizzata nella gestione e negli incentivi per migliorare le informazioni sui veicoli e i dati di utilizzo in tutto il settore. Anche in questo caso, si prevede che l’adozione della blockchain nel settore automobilistico aumenterà nel prossimo anno.

Stampa 3D

Un’esigenza che non si è modificata con l’adozione delle nuove tecnologie è quella di far fronte alla richiesta di nuovi veicoli e pezzi di ricambio. Anche la “sete” di veicoli più nuovi e con prestazioni migliori, così come la necessità di ottimizzare la produzione e razionalizzare le catene di approvvigionamento e la logistica, è in aumento. Una tecnologia che sta contribuendo ad affrontare queste sfide è la stampa 3D. La tecnologia di stampa 3D  viene infatti esplorata in tutte le aree della produzione automobilistica. A parte il suo ampio uso per la prototipazione rapida, la tecnologia viene utilizzata anche per produrre utensili e parti terminali.

LEGGI ANCHE: L’Intelligenza Artificiale per i concessionari di auto. L’idea di una startup

L’importanza di mappare il percorso del cliente

Un interessante studio di ACA Research ha cercato di mappare con precisione il customer journey di chi sta per acquistare un’auto , dalla ricerca iniziale all’acquisto finale.  I ricercatori hanno scoperto che questo “viaggio” può durare dalle 5 alle 12 settimane e che si sviluppa più o meno in questo modo:

  • Nella fase iniziale, il consumatore utilizza le ricerche online per creare un elenco di veicoli e marchi che lo interessano (solitamente questo avviene da 1 a 3 mesi prima dell’acquisto);
  • viene quindi effettuata una selezione molto più ristretta, arrivando a una short-list (in media, 4/7 settimane prima dell’acquisto), spesso basata su opinioni e recensioni ;
  • successivamente, i potenziali acquirenti effettua il test drive (2/4 settimane prima dell’acquisto);
  • il consumatore arriva alla sua scelta finale.

Si tratta di un lungo viaggio del cliente che coinvolge diversi canali. Una buona campagna di marketing, quindi, non può ignorare tutto questo. Si tratta di trovarsi al posto giusto, al momento giusto e, soprattutto, sul canale giusto. Ciò sottolinea l’importanza fondamentale della raccolta e dell’analisi dei dati, nonché il ruolo di una prospettiva omnicanale. Attraverso questi touchpoint, l’automotive farà un concreto passo in avanti nel futuro.

Il potere del video personalizzato

Video personalizzati che si adattano all’utente, anche in tempo reale; sono interattivi e costruiti in base alle caratteristiche della persona a cui si rivolgono. L’efficacia di questo tipo di comunicazione è praticamente impareggiabile. Ma vale la pena tenerne conto: secondo una ricerca per Google di Millward Brown Digital , circa il 70% delle persone visualizza i video su YouTube nelle prime fasi del processo di acquisto dell’auto . Non è una sorpresa, poiché tenere conto delle nostre esperienze individuali sembra molto naturale.

Il pubblico di Jeep® Compass e Renegade 4xe Plug-In Hybrid ama le avventure ed è attento all’ecosistema digitale.

Oggi è possibile sfruttare le potenzialità del video abbinandolo alla personalizzazione . Non attraverso una comunicazione uno-a-molti (per quanto bella ed efficace), ma una comunicazione uno-a-uno su misura per il cliente che si ha di fronte. Non è un caso che Forbes definisca i video personalizzati come ” la svolta di marketing definitiva di cui i marchi hanno bisogno “.

streetwear

ABC dello Streetwear Marketing: chi, come, dove

  • Lo Streetwear vale 185 miliardi di dollari (PwC 2019) e rappresenta il 10% del fatturato totale di Apparel & Footwear
  • Il target è prevalentemente giovane, uomo e per il 60% asiatico
  • Per raggiungerlo, Instagram e YouTube si accompagnano a forum di settore e piattaforme di resell
  • Con il “drop” model, lo Streetwear si assicura consumatori disposti a un forte effort di tempo o denaro

Ormai non si può più ignorare né relegare a sotto-cultura: lo Streetwear è un segmento sempre più importante per il mondo del fashion. Secondo le stime più attuali di PwC (2019) è un settore che vale 185 miliardi di dollari, circa il 10% del totale del fatturato Apparel & Footwear.

Ma al di là dei dati quantitativi, se ci si guarda intorno è facile accorgersi di quanto lo Streetwear sia sempre più in vista. Dalla collaborazione di Louis Vuitton e Supreme (quella che forse ha avuto più risonanza) a quelle di Prada, Valentino, Gucci con i vari stilisti più spallati nel settore. Si potrebbe quasi parlare di Streetwear washing. Sembra quasi che per “svecchiarsi” e raggiungere la Gen Z, sia i grandi gruppi (LVMH, Kering) sia le varie maison siano disposte a perdere un po’ di allure borghese per riconvertirsi a un nuovo concetto di esclusività.

LEGGI ANCHE: Social media marketing: 25 previsioni che segneranno il 2021

L’ABC dello Streetwear Marketing: chi, come, dove. I protagonisti, il target e il marketing dello streetwear

Oggi vogliamo capire chi sono i protagonisti (who, chi è leader nel settore), chi il target (whom, a chi si rivolgono i brand), come (how, il marketing) e dove (where, con quali formule retail) lo fanno.

I protagonisti

Ricordo il momento in cui ho colto l’importanza dello Streetwear per il settore, ed è stato quando ho visto il video di Fedez che presentava a Barengo la sua collezione infinita di capi streetwear. Con un semplice logo, un capo Supreme può terminare nel giro di poche ore, essere rivenduto nel resale market passando da un valore di 158$ a un minimo di 500$ (Hypebeast, PwC 2019).

Ecco perché di fronte ai grandi del settore fashion, iper logati e dunque iper riconoscibili (Louis Vuitton, Gucci, Burberry) si stanno facendo sempre più spazio altri brand, più giovani, rivolti a un target più ampio e inclusivo e meno legati a una tradizione storica importante.

In principio erano Stussy e Supreme (lo racconta molto bene qui Federica Salto). Oggi c’è una batteria di brand provenienti da tutto il mondo (il Giappone è un’area molto profilica) pronti a conquistare una folla di millennial e zoomer in cerca di “esclusività”.

Senza voler indugiare troppo sulla storia dello streetwear nella moda (per cui anche quest’altro articolo di Federica Salto può funzionare da bussola), vediamo quelli che sono i leader del settore. Per farlo, facciamo riferimento al Brand Ranking di Hypebeast, che nell’ultimo report con PwC ha elencato le seguenti preferenze (su una coorte di 40.000 partecipanti):

  • Supreme (78%)
  • Nike (68%)
  • Off White (65%)
  • Adidas (45%)
  • BAPE (37%)
  • Stussy (33%)
  • Palace (28%)
  • Carhatt (22%)
  • Vetements (22%).

La classifica, che è stata stilata chiedendo ai partecipanti di indicare quale brand rappresentasse di più lo streetwear, riflette tutto sommato quello che è stato lo storico (Supreme si può effettivamente considerare come il primo vero brand di Streetwear comunemente inteso) e le spinte del settore (il Footwear – main ambito di Nike e Adidas – è effettivamente un segmento trainante).

Il target dello Streetwear Marketing: 1 consumatore su 5 è donna

Il pubblico dello streetwear è abbastanza omogeneo. Vi è, come facile intuire dal tipo di prodotto, una preponderanza maschile (81% versus 18% – il restante è non-binary). Ma se già oggi quasi 1/5 dei consumatori è donna, non è difficile prevedere che tale segmento possa crescere ancora. Le collaborazioni con i grandi marchi e lo stile no-gender potrebbero essere la chiave di volta per allargare ancora di più il bacino di affezionate.

Forse non acquirenti, ma consumatori giovanissimi

Volgendo l’attenzione all’età, si ritrova una concentrazione del target attorno alla fascia di età 16-25, un cluster che contiene circa il 60% del totale dei consumatori del genere. Il restante 40% è suddiviso in 26-30 (18%), 31-15 (10%) e over 35 (7%).

Una prima riflessione che viene naturale fare è che nonostante il prezzo degli item sia discretamente alto, la maggior parte dei consumatori è giovanissimo. D’altronde, una delle prime cose che si insegna ai futuri markettari è che non sempre il consumatore finale è il decisore o l’acquirente.

Streetwear Marketing_fila_supreme

In fila per Supreme: il target tipo. Giovani, uomini e disposti ad aspettare. Fonte: New York Times

Made in America, ma nel cuore di Coreani e Cinesi

Dal punto di vista geografico, se si pensa che lo Streetwear ha avuto origine negli USA ci si troverà un po’ confusi di fronte alle statistiche sulle nazionalità: al primo posto ci sono Corea e Cina (insieme al Giappone compongono circa il 60% del totale dei consumatori), seguiti da Europa (20%) e Nord America (14%).

Perché lo streetwear è così forte in Asia

Per rimettere assieme i pezzi e capire il perché di questa forte preponderanza Asian ci sono diversi fattori da considerare, primo tra tutti il fatto che il Giappone sia casa di diversi marchi del settore – BAPE tra i più popolari.

Secondariamente, una riflessione va mossa rispetto a tutto quello che lo streetwear rappresenta e per chi lo fa. Da un punto di vista socio-politico, offre ai giovani consumatori un’uniforme (il cui concetto torna) tramite la quale comunica il proprio punto di vista politico: sovversivo per il 41% dei consumatori cinesi e giapponese.

Da un punto più culturale, invece, lo streetwear offre una sorta di cartellino lampeggiante che comunica appartenenza ad un élite. Come vedremo poco qui sotto, lo streetwear marketing altro non è che esclusività e criterio della scarsità: tutti vogliono un accessorio in edizione limitata per poter dire Io lo possiedo. In mercati in via di espansione e in cui l’individualismo è un concetto del tutto nuovo e tende a camuffarsi nel contrario collettivismo (oltre Muraglia in maniera esemplare), poter dire di far parte di un gruppo – ristretto – è tutto quello che un giovane consumatore possa volere.

LEGGI ANCHE: eCommerce in Cina 2020: oltre al Single’s Day c’è di più

Streetwear Marketing: le 4P dei brand

Se analizzare dal punto di vista strategico l’intera proposta di marketing dello streetwear non è possibile in poche righe, individuare elementi comuni a tutti i brand lo è. Prendendo come punto di partenza il marketing mix come composto da Product, Promotion, Place e Price, si possono evidenziare i seguenti capisaldi.

I prodotti top dello streetwear

Il report di PwC ha indigato sia dal punto di vista delle aziende che dei consumatori quali sono i prodotti top. All’interno dell’industry il tre segmenti più performanti sono le felpe (67%), le tshirt (67%) e il footwear (66%). Parallelamente, se si chiede ai consumatori di indicare quale sia il prodotto che più probabilmente compreranno il footwear (62%) ha la meglio su tutto, confermando la strategia delle aziende.

Dai forum a Instagram: la comunicazione dello streetwear

Quando si parla di streetwear si parla di nuove generazioni, quando si parla di nuove generazioni si parla di community social.

A partire dai primi anni 2000, prima dell’avvento di Facebook & Co, si sono sviluppati una serie di Forum frequentati dai cultori dei brand (NikeTalk, Strictly Supreme, etc) e incentrati sullo scambio di informazioni in merito ai prossimi drop e luoghi di compravendita dei prodotti. Evidentemente, il tipo di presidio di questi mezzi era squisitamente gestito dall’utente.

I forum sono un importante touchpoint passivo per i brand, all’interno dei forum è tutto UGC e le potenzialità di marketing riguardano quasi solo esclusivamente il social listening.

LEGGI ANCHE: Brand a misura d’uomo: gli strumenti tech per avvicinarsi alle persone

Col tempo questo tipo di forum si è trasferito sui social media che oggi sono anche il punto di incontro tra target e brand. Da un lato ospitano le vecchie community (Facebook in particolare), da un lato offrono ai marchi la vetrina per comunicare con i consumatori.

Oggi, alla domanda “su quale piattaforma ti informi”, le persone rispondono quasi tutte Instagram (96%), seguito da YouTube (42% – il canale di Barengo è un case study esemplare). E questo non fa altro che rendere il bacino di consumatori potenzialmente più ampio: se prima occorreva visitare forum di nicchia per venire a contatto di un marchio street, oggi basta avere un account Instagram. Prima o poi il logo di Supreme ci colpirà: la nicchia non è più tanto nascosta.

Flagship store, modello “drop” e resale: le chiavi dello Streetwear Marketing

Quando si pensa allo Streetwear, uno dei primi ricordi top of mind sono le file infinite alle porte dei flagship store. I flagship store sono per diversi brand il principale punto di contatto e di vendita coi consumatori. Il dato di PwC ne conferma il rilievo, con il 60% delle aziende che lo indica come “parte importante della brand strategy” e un ulteriore 25% a definirlo “abbastanza” importante.

D’altra parte, ci sono anche brand che puntano solo sul digital, come Anti Social Social Club o Brain Dead, che vendono esclusivamente online. Una scelta che in maniera lungimirante riduce i costi per l’azienda e che in epoca Covid è sicuramente premiante (tra pochi mesi potremo anche dire quanto, dati alla mano).

Il “drop model”

Che poi sia digital, quello che accumuna queste scelte è la strategia di fondo: il modello “drop”. Tale modello ha avuto origine con James Jebbia, che ispirato da quello che facevano i brand in Giappone, ha suggerito di replicarlo per i suoi brand, prima con Stussy (co-fondato con Stussy stesso) e poi con Supreme. Oggi i drop rendono i consumatori più inclini a visitare lo store più spesso e attenti alla comunicazione del brand. A proposito delle code di fronte al negozio e di drop, il 54% degli intervistati di PwC ha dichiarato di essere disposto ad aspettare in fila per accaparrarsi un pezzo.

Croce e delizia dello Streetwear Marketing: il resale

Chi non è disposto ad aspettare, molto probabilmente sarà disposto a comprarlo a un prezzo più alto su e-commerce specializzati nella rivendita dei prodotti second-hand.

Il 70% dei consumatori ha acquistato circa un quarto dei propri prezzi in resale e sebbene questo possa sembrare a prima vista un inconveniente lato brand, per diversi motivi non lo è totalmente: il 69% delle aziende trova il resale un modello di business da valutare.

Ma soprattutto, il resale è un barometro concreto della domanda del mercato. Il decuplicare dei prezzi e la costante presenza di un target disposto a strapagare il prodotto è il più chiaro indice di apprezzamento e fidelizzazione dei consumatori. Che, o sono disposti a un effort di tempo facendo la fila al negozio (i medio-basso spendenti), o sono disposti a un effort di denaro ricomprando su StockX, Grailed o sui vari gruppi Facebook e nei forum di settore (alto spendenti).

E in Cina?

Poco più sopra si è parlato della forte connotazione asiatica del target dello streetwear. La maturità del segmento di consumatori è comparabile a quella del positioning dei brand nella Country? Con il prossimo articolo scopriremo status quo del più grande segmento luxury emergente nel più grande mercato emergente attuale, la Cina.

ripartenza

Social Media Trend 2021: ecco le 5 tendenze chiave del prossimo anno

  • Nel 2021 i marketer più saggi continueranno a spingere sulla customer acquisition, ma contemporaneamente lavoreranno anche per offrire esperienze innovative che si integrino con i comportamenti d’acquisto
  • Il 2020 è stato un anno particolarmente importante per una generazione da sempre ignorata dai digital marketer, i baby boomer, e questo fattore resterà anche nel nuovo anno. A dirlo è l’ultimo report di Hootsuite

 

“Nessuno di noi può dire che il 2020 fosse in qualche modo prevedibile. Una pandemia globale, il collasso economico, le rivolte per l’uguaglianza razziale e la crisi climatica l’hanno reso un anno difficile e buio.
Ma dove c’è il buio, c’è anche la luce. C’è resilienza, innovazione e creatività. E c’è sempre una strada per tornare a crescere.”

Queste sono le parole di speranza con cui Tom Keiser, CEO di Hootsuite, apre l’ultimo Report annuale sui trend globali dei Social Media.

11.189 addetti al marketing sono stati intervistati per identificare le 5 tendenze chiave dei Social Media per il 2021.

Vediamole insieme.

I Social Media come catalizzatori per la customer experience

Non sorprenderà scoprire che dalla ricerca sia emersa l’acquisizione clienti come obiettivo principale nel 2021. Il 73% dei marketer ha dichiarato che sarà il risultato primario da raggiungere attraverso i social media – un dato che l’anno scorso era solo al 46%. La brand awareness prende il secondo posto sul podio, seguita dalla conversion dei lead già acquisiti.
Del resto, la pandemia globale in corso e il taglio dei budget ha messo un peso non indifferente sulle spalle di chi si occupa di canali digitali.

Ma, se da un lato è comprensibile l’impiego di risorse per massimizzare il ROI, dall’altro è fondamentale ricordare che la pandemia ha fatto scivolare in basso nelle priorità il fattore customer experience. E solo il 23 % degli intervistati considera il miglioramento di quest’area un risultato auspicabile per il prossimo anno.

Si tratta di un problema diffuso, perché le esperienze online offerte dalla maggior parte delle aziende sono ancora altamente transazionali (in quanto destinate, in origine, a integrare le esperienze degli utenti, non a sostituirle). Ma le transazioni da sole non creano brand memorabili o una crescita a lungo termine. E stare seduti ad aspettare che le cose tornino alla “normalità” invece di costruire per il futuro metterà le aziende in un grave svantaggio competitivo.

Considerando dunque che molte delle esperienze tangibili sono quantomeno messe in pausa, le aziende dovranno adattare la loro presenza online per colmare il gap – e qui entrano in gioco i social media.

I marketer più saggi continueranno a spingere sulla customer acquisition, ma contemporaneamente lavoreranno anche per offrire esperienze innovative che si integrino con i comportamenti d’acquisto e le esigenze dei clienti, immutate e fondamentali.

Volete avere un assaggio di quello che succederà? Guardate al mondo eCommerce, che sta già ridisegnando l’esperienza del cliente online con i social al centro. Del resto, la natura stessa dei social media ruota attorno alla scoperta, alla connessione e al divertimento, elementi che ai clienti mancano fortemente in assenza di esperienze ed eventi di persona.

Un nuovo approccio alle conversazioni

Avete presente quelle campagne di comunicazione dal tono eccessivamente sentimentale che sono circolate in primavera? Alla fine sono risultate tutte talmente simili tra di loro che le persone hanno iniziato a deridere i brand. Inoltre, l’eccessivo protagonismo delle aziende ha trascurato una verità fondamentale che spesso dimentichiamo: il motivo principale per cui usiamo i social media è quello di connetterci con gli altri.

Negli ultimi anni siamo stati tutti abbastanza ossessionati dall’idea di costruire delle relazioni one-to-one con gli utenti, ma come sottolinea Jerry Daykin, EMEA media director di GSK Media, “la realtà è che la maggior parte delle persone non vuole avere rapporti personali con molte aziende”.

Nel 2021 dunque i brand più intelligenti capiranno come inserirsi nella vita delle persone sui social media. E troveranno modi creativi per partecipare alle conversazioni invece di cercare di condurle, creando contenuti che sfondino il muro dell’indifferenza.

Come? In primo luogo ascoltando, prima di “parlare” – integrando altre fonti a quelle social, a seconda del differente comportamento della buyer persona. In secondo luogo, prendendo in considerazione le metriche corrette rispetto agli obiettivi di engagement e conversione.

La rivincita dei baby boomer

Il 2020 è stato un anno particolarmente importante per una generazione da sempre ignorata dai digital marketer: i baby boomer.

Complice la pandemia, questa fascia anagrafica ha iniziato a “frequentare” di più i social network, giocare online, effettuare pagamenti virtuali che prima evitava. Si sono sviluppate nuove forme di alfabetizzazione digitale che si stanno trasformando in nuove abitudini destinate a restare.

Secondo i dati del Report Digital 2020, il 70% degli internauti di età compresa tra i 55 e i 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese e il 37% ha intenzione di continuare a farlo più frequentemente quando sarà finita l’emergenza. Inoltre, sebbene la crisi economica abbia diminuito anche la loro capacità di spesa, nel complesso hanno mostrato una minore fragilità finanziaria rispetto alle giovani.

Nel 2021, le aziende non potranno più ignorare né trascurare le generazioni più anziane sui social media. Segmentando le audience in modo intelligente, i marketer più saggi includeranno questa audience nelle loro strategie digitali capitalizzando questo crescente entusiasmo tecnologico. E superando gli stereotipi che vogliono i Baby Boomer fuori da Facebook, Instagram e YouTube.

Conoscere la propria community per quantificare il ROI

È semplice per le aziende pensare di poter raggiungere facilmente potenziali clienti attraverso i social. Dopotutto, dice l’Annual Report, più di quattro miliardi di persone sono attive sulle varie piattaforme, di cui oltre 450.000 nuovi utenti solo negli ultimi 12 mesi (il che equivale a una crescita annua superiore al 12%) Eppure, in un’indagine di 2.162 marketer e dirigenti che Hootsuite ha condotto con Altimeter per il Social Transformation Report, il 54% ha dichiarato di non essere sicuro che i propri follower siano particolarmente qualificati.

Perché? Semplice: non si sa con chi si interagisce. Non si conosce la propria fanbase.

Per cambiare questa situazione, l’unica via efficace è l’integrazione dei dati. La ricerca ha scoperto che solo il 10% dei marketer ritiene ha avviato processi di integrazione dei dati social nei sistemi aziendali come Adobe, Marketo o Salesforce. Ma senza di essi, è spesso difficile ricostruire comportamenti di acquisto o di conversione in generale – né quantificare in modo davvero accurato il ROI dei social media.

Insomma, i vostri clienti sono là fuori, e potete effettivamente usare i social media per creare relazioni più solide con loro. Dovete solo migliorare nel costruire un sistema integrato – e il 2021 è la finestra perfetta di opportunità per farlo accadere.

Il 2021 è l’anno del Purpose

Tra le ricadute economiche ed emotive del COVID-19, la proteste contro razzismo e brutalità della polizia, e i cambiamenti climatici che hanno causato gli incendi in Australia e in Nord America, le aziende di tutto il mondo sono state invitate a schierarsi. Sono state spinte a prendere posizione su questioni che non avevano mai affrontato o a cui stavano iniziando timidamente ad approcciarsi.

Prendete nota, perché si tratta di un trend in forte crescita: il brand positioning deve cambiare, per adattarsi alla mentalità e alle aspettative del target più giovani.

Nell’indagine annuale di Deloitte su Millennials e Gen Z, il 60% degli intervistati ha dichiarato di avere intenzione di acquistare prodotti e servizi da grandi aziende che si sono prese cura della loro forza lavoro e hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.

Solo le aziende Purpose-driven saranno dalla parte giusta della storia negli anni a venire, ma attenzione: non è qualcosa che si può falsificare o semplicemente imitare. La comunicazione sui social media, da sola, non può compensare la mancanza di un vero scopo di marca profondamente radicato in un’organizzazione.

Ed è qui che molti sono caduti nel 2020.

Il desiderio (comprensibile) di rispondere alle pressioni dell’opinione pubblica e di contribuire positivamente a queste conversazioni ha finito per generare azioni impulsive, molte delle quali sono risultate ipocrite agli occhi della fanbase.

LEGGI ANCHE: Brand-purpose: “la gente non compra quello che fai, ma perché lo fai”

social media trends

Se quest’anno ha messo alla prova i brand sulla loro capacità di reagire, il 2021 è l’anno in cui dovranno dimostrare di avere a cuore la società e l’impatto che possono portare.

Attenzione però, perché questa direzione deve partire dai vertici: se i CMO non stanno già lavorando attivamente per creare un’organizzazione realmente orientata allo scopo, non potranno aspettarsi che i loro team di marketing riproducano sui social media qualcosa che non c’è.

Lapidario, in questo senso, è Michael MCGoey, Senior Manager Enterprise Partnership di Twitter, che afferma: “La voce del consumatore si sta esprimendo in modo diverso da qualsiasi altro momento della storia; è più forte di quanto non lo sia mai stata. I brand che sono in grado di ascoltare, e di plasmare i loro messaggi in un modo che questa narrazione sia autentica, sopravviveranno e cresceranno. Quelli che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo, semplicemente non manterranno i propri clienti“.

La crescita esponenziale di Amazon nell’ultimo anno: dalle assunzioni alle vendite

  • La pandemia per Amazon ha segnato una crescita imprevedibile delle vendite e a queste è seguita la creazione di nuove opportunità di lavoro
  • Durante l’ultimo anno l’azienda sembra aver aggiunto una media di circa 1.400 nuovi membri del personale al giorno, spingendo la sua forza lavoro a più di 1,2 milioni di persone a livello globale

 

La crisi occupazionale data dalla pandemia non ha colpito Amazon, che durante l’ultimo anno sembra aver aggiunto una media di circa 1.400 nuovi membri del personale al giorno, spingendo la sua forza lavoro a più di 1,2 milioni di persone a livello globale (oltre il 50% rispetto all’anno precedente). 

Queste nuove opportunità di lavoro sono state destinate a persone con ogni tipo di esperienza, istruzione, livelli di competenza e non hanno riguardato solo magazzinieri, addetti a prelievo, imballaggio e spedizione della merce, autisti, ma anche responsabili dello sviluppo di software, della logistica, delle risorse umane, del customer care e dell’IT.

Ci sono state opportunità di impiego anche per il personale senza esperienza, che è stato adeguatamente formato ed inserito in azienda. Amazon, infatti, offre l’opportunità di beneficiare di percorsi formativi per accedere a diverse professioni. I numeri, invece, non includono i 100.000 lavoratori temporanei che sono stati reclutati per la stagione degli acquisti natalizi e i 500.000 corrieri (non sono dipendenti diretti di Amazon).

LEGGI ANCHE: La startup italiana Amazon focused Xingu viene acquisita dal gruppo internazionale Labelium

LEGGI ANCHE: Amazon lancia Pharmacy, la farmacia online che potrebbe rivoluzionare il settore

Cosa offre Amazon ai propri dipendenti?

I nuovi posti di lavoro offrono una retribuzione competitiva, opportunità di crescita professionale, e un pacchetto completo di benefit, tra cui l’assicurazione sanitaria privata contro gli infortuni e sconti per acquisti sul sito. 

Amazon offre ai propri dipendenti anche sedi all’avanguardia ed un ambiente di lavoro sicuro: tra aprile e giugno sono stati investiti circa $4 miliardi per iniziative legate al COVID. Per tutelare i dipendenti, sono stati introdotti oltre 150 cambiamenti di processo tra cui una maggiore frequenza delle pulizie e della sanificazione, il mantenimento della distanza di sicurezza, il controllo della temperatura e la distribuzione di sistemi di protezione individuale. Sono state sospese tutte le riunioni, tutta la formazione viene effettuata in modalità webinar ed è stata rivista l’organizzazione delle pause e dei processi di ingresso e uscita dagli edifici.

Offrire posti di lavoro con una retribuzione leader del settore e un’ottima assistenza sanitaria è ancora più significativo in un momento come questo.

ha sottolineato Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Amazon (@amazon)

Inoltre, Amazon ha stanziato anche 500 milioni di dollari come bonus natalizio per tutti dipendenti della logistica, per il lavoro straordinario dovuto all’emergenza. Ad esempio, in Italia, i dipendenti del settore logistico e dei fornitori, avranno diritto a un bonus di 300 euro. Che gli “affari” di Amazon stessero andando particolarmente bene non era certo un mistero. Ma come sono andate esattamente le vendite di quest’anno?

LEGGI ANCHE: 15 frasi celebri di Jeff Bezos per trovare la giusta motivazione

La crescita delle vendite grazie alla pandemia

Secondo le statistiche, tra aprile a giugno, Amazon avrebbe venduto il 57% in più di articoli, rispetto all’anno precedente e nel terzo trimestre sarebbe stato registrato il triplo dell’utile netto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. 

Come se non bastasse, per le festività natalizie il colosso dell’eCommerce ha visto un’ulteriore incremento delle vendite. D’altro canto l’edizione del Black Friday e del Cyber Monday di quest’anno sono state le migliori di sempre: le piccole e medie imprese che vendono su Amazon, nonostante le limitazioni della pandemia, hanno ottenuto una crescita delle vendite del 60% rispetto all’anno precedente. 

Per non parlare dell’Amazon Prime Day, che si è svolto ad ottobre. Tra i prodotti più acquistati, a livello mondiale, sono stati segnalati Echo Dot, Fire Tv Stick 4K Ultra HD con telecomando vocale Alexa, iRobot Roomba, il filtro personale per l’acqua LifeStraw,  le cuffie wireless Bose QuietComfort 35 (serie II), lo smartwatch Fitbit Versa 2 e il casco di Stormtrooper di Star Wars.

Echo dot Amazon

In Italia, i prodotti più gettonati sono stati il videogioco “Fifa 21”, la PlayStation 4, con incluso upgrade per PS5, le capsule di caffè Borbone e le mascherine FFP2.

In Francia hanno spopolato i pannolini Pampers Premium Protection, lo Spazzolino Elettrico Ricaricabile Braun Oral-B Pro 2 2500, ed il Gufo Lego di Harry Potter.

In Spagna, tra i prodotti più acquistati c’è stato il detersivo per lavastoviglie Finish Powerball All in 1 Max, la crema giorno L’Oréal Paris Men Expert – 24H Hydra Energetic e la cartuccia universale per caraffa filtrante Brita Maxtra.

Nel Regno Unito tra i prodotti più venduti ci sono lo Shark, la Scopa elettrica Celebrations, lo spazzolino elettrico Oral-B Smart 6 6000N Crossaction.

Infine, negli USA, invece, non sono mancati l’iRobot Roomba Robot Vacuum, il Myq Apriporta Smart Wireless & Wifi per Garage, il filtro personale per acqua Lifestraw ed il gioco in scatola Kids against Maturity.

Anche le vendite di alcolici, di prodotti di bellezza e gli articoli per i bambini sono più che raddoppiati quest’anno, grazie all’aggressiva strategia di prezzo del gigante dell’eCommerce. L’analisi dei dati riguardante la vendita di alcool su amazon.com tra luglio e ottobre 2020, ad esempio, ha mostrato un aumento del 121% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente

spot 100 anni tim

100 anni di innovazione in Italia, il musical di TIM sulle note di Mina

  • Il nuovo spot istituzionale di TIM è un mini musical che parla dell’Italia, della sua storia e di un brand che di questa storia ha fatto parte
  • Lo spot è stato trasmesso da tutte le emittenti televisive in versione integrale di 3 minuti e 49 secondi e con un taglio a 60 secondi prima e dopo il messaggio del Presidente della Repubblica

 

Un mini musical di quasi 4 minuti che ripercorre la storia del nostro Paese, dipingendola con leggerezza e poesia. Sono i cento anni di innovazione e continua evoluzione nelle telecomunicazioni in Italia, raccontati dalla emozionante voce di Mina, sulle note dell brano ‘This is me’ del musical ‘The Greatest Showman’ – Golden Globe 2018 come miglior canzone originale e candidata all’Oscar nello stesso anno.

spot istituzionale TIM

TIM: la storia di un’idea

Questa è la storia di un’idea” recita l’incipit del brano che fa da colonna sonora al nuovo spot istituzionale TIM.

Il video, intitolato ‘Questa è TIM’, racconta la centralità del Gruppo nello sviluppo tecnologico e sociale del Paese e rivolge uno sguardo alle sfide del futuro: dall’IoT al Cloud, fino ai Data Center e all’Intelligenza Artificiale.

Lo spot, diretto da Luca Josi, Direttore Brand Strategy, Media & Multimedia Entertainment di TIM, insieme a Luca Tommassini, che ne ha curato anche la coreografia, sottolinea il ruolo di TIM come abilitatore della connessione per rendere possibile la comunicazione, da sempre fondamentale nell’evoluzione dell’uomo, dei costumi e della società.

Tutti gli elementi delle scene rimandano al mondo della tecnologia e della connettività e della loro evoluzione: dai cavi in rame, ai telefoni a disco, alle cabine telefoniche, alle centrali, ai telefoni cellulari, agli smartphone, alla fibra ottica e al 5G.

La storia delle comunicazioni in Italia: una innovazione lunga 100 anni

Un lungo percorso, che parte dagli anni ’20 con lo skyline di Torino, città in cui ha avuto inizio il percorso dell’innovazione di TIM, con le figure fondamentali dei tecnici nei laboratori e nelle centrali e delle centraliniste che permisero le prime conversazioni telefoniche.

Il viaggio continua ripercorrendo le epoche attraverso scene iconiche dei musical che hanno segnato l’immaginario collettivo: gli anni ’50 con ‘Singing in the rain’ e ‘Pane, amore e …’ con Sophia Loren e Vittorio De Sica.

LEGGI ANCHE: Natale 2020: ecco gli spot più coinvolgenti di questo strano anno

Gli anni ’60 con ‘Grease’, ‘Dirty Dancing’ e ‘Sweet Charity’ di Bob Fosse, proseguendo fino agli anni ’70 con i musical ‘Chorus Line’ e ‘Hair’, in cui i protagonisti danzano intorno ad una cabina telefonica. Arriviamo poi negli anni ’80, passando a ‘Fame’, con la citazione della famosa scena dei ballerini, che rappresentano i tecnici di TIM.

Il video continua con citazioni di ‘Flashdance’ e arriva al presente con le più moderne coreografie. Lo spot si conclude con una danza collettiva di tutta la popolazione TIM in un paesaggio immaginario rappresentato da monumenti e architetture iconiche del nostro Paese.

Atmosfere realistiche e di fantasia, scenografie ricercate con effetti di scena innovativi, costumi raffinati e curati nei minimi dettagli, visual effect cinematografici rendono questo spot originale e unico nel suo genere.

spot TIM musical Mina

Lo spot, in programma fino al 6 gennaio, è stato trasmesso da tutte le emittenti televisive in versione integrale di 3 minuti e 49 secondi e con un taglio a 60 secondi prima e dopo il messaggio del Presidente della Repubblica. Sono previsti anche passaggi in radio del brano completo di Mina e una campagna stampa, digital, e digital OOH con impianti iconici e di grande impatto a Roma e Milano.

Una produzione capace di emozionare, che parla dell’Italia, della sua storia e di un brand che di questa storia ha fatto parte, negli ultimi 100 anni, e che ha fatto volare milioni di “Ciao” e di “Come stai”.

Come un cuore che non si ferma mai. Come un cuore che batte per noi.

catalogo ikea

L’anno di IKEA, fatto di sostenibilità e digitale per un presente migliore

  • La sostenibilità non è più un optional per i brand e IKEA lo ha voluto dimostrare con un gesto importante quest’anno, dando l’addio al suo tradizionale catalogo cartaceo
  • Ma anche gli oggetti e l’arredamento costituiscono un patrimonio da non disperdere e le scelte dell’azienda vanno sempre di più in questa direzione

 

È l’anno della sostenibilità. Il 2020 che volge al termine ci dà una certezza: i brand  promettono di essere più sostenibili, dal food, al fashion, passando dall’automotive, fino ad arrivare al design. Un esempio su tutti è quello del colosso svedese dell’arredamento, con il claim “diamo una seconda vita ai mobili IKEA usati”. 

Infatti, il furniture brand, fino al 6 dicembre ha attuato il Green Friday: riportando i mobili precedentemente acquistati, ad esempio una libreria BILLY che non serviva più, o un tavolo NORDVIKEN, che ormai era diventato troppo piccolo per la famiglia, si aveva una valutazione economica mentre all’oggetto era garantita una seconda vita. Per tutti i soci, c’era la supervalutazione del 50%, dunque una forte convenienza.

Stando più tempo in casa vi siete resi conto di dover liberare un po’ di spazio? Il #BuyBackFriday vi aspetta dal 27 novembre al 6 dicembre. E se siete Soci IKEA Family potete ricevere una supervalutazione del 50% e riportare i vostri mobili usati IKEA fino al 28 febbraio 2021. Insieme rendiamo il Black Friday più sostenibile. #SiamoFattiPerCambiare

LEGGI ANCHE: Investire su sostenibilità e responsabilità sociale oggi è ancora più importante per i brand

I nuovi trend per i consumatori

L’idea ha tenuto conto del periodo particolare: vari studi e ricerche avevano già fatto intendere che gli acquisti per il Black Friday 2020 sarebbero stati molto diversi, sia in qualità e sia soprattutto in quantità, rispetto a quelli degli ultimi anni.

D’altronde, oggi non ti dispiacerebbe buttare via gli oggetti usati? Magari vorresti ripararli, riutilizzarli o riciclarli, ma non sempre hai il tempo o semplicemente non sai come fare.

IKEA pensa a un’economia circolare, che significa ridurre al minimo gli scarti e rigenerare le risorse attraverso il noleggio, la restituzione e il riacquisto dei mobili, aiutando i clienti a riparare, riutilizzare e riciclare la la mobilia obsoleta, o a rivenderla per darle una seconda vita.

D'altronde, oggi a chi non dispiace buttare via gli oggetti usati?

Come è emerso da una ricerca di TrustPilot, incentrata sul comportamento d’acquisto dei consumatori, in occasione del Black Friday e del Cyber Monday, circa il 21% del campione, (su 1600 intervistati), avrebbe acquistato come ha fatto di solito, mentre il 20% sarebbe stato assente, infine il  15% del campione aveva espresso l’intenzione di spendere meno del solito, mentre soltanto il 9,8% aveva avuto tra le previsioni quella di spendere maggiormente.

C’è un dato che più di tutti contribuisce a mettere in evidenza un senso di incertezza provato dai consumatori: in un momento in cui ogni forma di pianificazione sembra essere inutile, il 35% degli intervistati aveva risposto di  non sapere se avrebbe sfruttato o meno le offerte dei due eventi.

Alle possibilità di risparmio, i più  desideravano coniugare più attenzione verso l’ambiente e la categoria home avrebbe ricoperto una buona fetta degli acquisti prefestivi. Trascorrendo più tempo in casa ci si potrebbe essere accorti, del resto, di dover liberare un po’ di spazio, come recita il post dedicato all’IKEA Green Day sulla pagina Facebook.

La sostenibilità di IKEA

Credits: Ogilvy, Stati Uniti per IKEA.

L’estetica green di IKEA

Le festività potrebbero essere sempre un po’ più verdi e IKEA vuole rendere più facile quest’anno così anomalo. Invece di concentrarsi su vendite e promozioni durante il Black Friday, ha scelto e di attirare l’attenzione sulle sue iniziative sostenibili.

Nell’estetica distintiva e di marca delle Guide di assemblaggio IKEA, il rivenditore ha lanciato una serie di nuove “Guide verdi”, ciascuna con un prodotto sostenibile collegato a una delle sue varie iniziative di sostenibilità. Le guide includono la messa in evidenza di sedute sostenibili con sedie in legno rinnovabile e plastica riciclata, l’importanza di risparmiare energia con luci natalizie a LED e come i consumatori possono ridurre i loro rifiuti di legno, attraverso contenitori di stoccaggio riutilizzabili.

Queste illustrazioni sono state mostrate in forma aggregata su tutti i canali di proprietà di IKEA, nonché presentate da influencer, attraverso una campagna social ADV.

Ikea: luci nel presente e nel futuro

Una sfida ambiziosa, quella di Ikea: permettere a più di 1 miliardo di persone di vivere una vita quotidiana migliore rispettando i limiti del pianeta.

Ad esempio, tutto l’assortimento di prodotti per l’illuminazione di IKEA ora è a LED ad alta efficienza energetica e tutto il cotone che utilizzano nei prodotti proviene da fonti più sostenibili. C’è un forte investimento nell’energia , per produrre, entro il 2021, una quantità di energia rinnovabile pari a quella consumata. Ma non abbiamo ancora finito; abbiamo appena cominciato… si legge sul loro sito web.

L’obiettivo è quello di  diventare un business circolare e avere un impatto positivo sul clima: per questo Ikea si è ripromessa di utilizzare più materiali ecosostenibili e riciclati, di eliminare gli scarti delle nostre attività e di cambiare il modo in cui vengono progettati i prodotti e i servizi offerti alla clientela. Questo permetterà di prolungare la vita dell’oggettistica e dei mobili così da considerarli risorse per il presente e per il futuro.

Addio al catalogo IKEA, tra consumi online e sostenibilità

IKEA dopo 70 anni abbandona anche il catalogo cartaceo, lo manda in pensione per lasciare spazio solo al digitale. Dal 1° gennaio 2021 il catalogo di carta dei prodotti dell’azienda svedese non verrà più prodotto. Per informarsi, restano il sito e la nuova App.

«Cambiare pagina è stato di fatto un processo naturale da quando l’utilizzo dei media e i comportamenti dei clienti sono cambiati» – afferma Konrad Grüss, Amministratore Delegato di Inter Ikea Systems B.V. – «e per raggiungere e interagire con la maggioranza delle persone, continueremo a fornire ispirazione con le nostre soluzioni per l’arredamento della casa in modi nuovi».

Con alle spalle una storia straordinaria, il primo catalogo Ikea realizzato e curato di persona dal fondatore Ingvar Kamprad aveva in copertina la poltrona Mk con imbottitura in pelle, uno dei primi successi dell’azienda svedese. Con la sparizione del catalogo si chiude anche un’era di consumi basata sul contatto fisico con il prodotto già a partire dallo sfogliare le pagine del catalogo in famiglia per decidere l’acquisto. Il pubblico di riferimento di Ikea è principalmente formato da giovani famiglie e coppie che arredano la prima casa, ed il trend per gli under 30 è ormai focalizzato sugli acquisti online.

Quella dell’IKEA Green Friday, insomma, non è stata certo un’iniziativa isolata o solo simbolica. Dopo la tempesta che nel 2018 sradicò ettari ed ettari di alberi tra Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, IKEA ha provato a recuperare parte di quel legno e lo ha utilizzato per la realizzazione di un’edizione speciale delle librerie BILLY: con ogni acquisto i clienti potevano partecipare a delle campagne per il rimboschimento della zona. “#EffettoVAIA” era il titolo della campagna di comunicazione collegata:

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da IKEA Italia (@ikeaitalia)

IKEA ha posizionato, infatti, alcune delle stesse BILLY in edizione limitata nei parchi romani fino all’8 novembre 2020; le ha riempite di libri sui temi di ecologia, sostenibilità, economia circolare, cambiamento climatico e invitato chiunque vi si imbattesse a condividere sui social foto, Storie, post con l’hashtag dedicato nell’intento di sensibilizzare il largo pubblico.

LEGGI ANCHE: Trend 2021: un cambio di prospettiva su vita, tecnologia e business

La casetta su ruote: lo smart working mobile e sostenibile

kea e la casa del futuro dopo il coronavirus

È arrivata la casetta Ikea sulle ruote, pensata per i nomadi digitali: per cambiare stile di vita, per fare smart working in modo sostenibile e per viaggiare lavorando.

Le tiny house sono quelle case piccole piccole, di massimo 30 metri quadrati. Affascinano sempre di più e nell’ultimo lustro sono diventate parecchio popolari tra coloro che cercano una vita semplice e piena, spesso nomade. Ora è arrivata anche la versione firmata Ikea, una mini-dimora mobile.

La caettta Ikea sulle ruote ha una superficie di 17,37 metri quadri. È stat pensata dall’azienda svedese di arredamento per il suo “Tiny Home Project”, caratterizzato da un’edilizia sostenibile che rispetti l’ambiente.

Ikea, insieme alla statunitense Escape Homes, che negli anni si è specializzata in case di piccole dimensioni, ha infatti ideato una piccola casa su ruote. Il progetto mira a promuovere la sostenibilità attraverso l’inclusione e l’innovazione.

L’esterno comprende un rivestimento in legno di ispirazione giapponese, noto come Shou Sugi Ban. Lo stesso materiale, cioè legno di pino prodotto in modo sostenibile, si trova anche all’interno con le pareti dipinte di bianco per dare una sensazione di spaziosità. Anche il pavimento è in legno.

«La strategia Positive People and Planet di Ikea è la nostra tabella di marcia», ha detto la responsabile per la sostenibilità dell’azienda svedese, Jennifer Keesson, «vogliamo soddisfare i bisogni delle generazioni di oggi senza compromettere quelli delle generazioni future».

Rendere il pianeta un posto migliore

È importante tenere la porta del frigo sempre chiusa, usare le luci a LED e fare la raccolta differenziata dei rifiuti. Suona familiare?

Se anche tu hai a cuore il riciclo e cerchi sempre di evitare sprechi di acqua, di cibo e di elettricità… complimenti, sei l’attivista di casa. Anche IKEA si impegna a dare il suo contributo per un pianeta più sostenibile, e insieme possiamo fare ancora di più.

L’acquisizione di Freshly da parte di Nestlè: il trend del delivery è qui per restare

  • Nestlé ha acquisito Freshly, start-up americana del meal delivery, per 950 milioni di dollari
  • Un’operazione strategica, significativa di un’evoluzione delle abitudini quotidiane, che potrebbe rivelarsi più duratura di un semplice fenomeno passeggero

 

Nestlé, la multinazionale elvetica attiva nel settore alimentare, più volte criticata per la propria politica commerciale, ritenuta troppo aggressiva e talvolta irresponsabile, continua ad espandersi.

Da quando il farmacista Henri Nestlé formulò la ricetta del latte in polvere per neonati nel 1860, infatti, l’azienda è cresciuta a dismisura, tanto da occupare una posizione di monopolio sul mercato mondiale.

Un traguardo che il colosso svizzero condivide con alcuni noti brand internazionali, come Unilever, Danone, Mars e pochi altri, per formare la cosiddetta lobby del “Big Food”.

Con riferimento alla matrice BCG (Boston Consulting Group), dunque, potremmo definire la Nestlé come una “cash cow”, pronta ad investire – anche ingenti somme di denaro – in nuove opportunità di business.

Nestle Canada giving temporary raises to factory and distribution centre workers | The Star

Freshly, un’idea vincente (fin dall’inizio)

Una delle più recenti conquiste è Freshly, startup del meal delivery presente in 48 Paesi degli Stati Uniti, che consegna oltre 1 milione di pasti alla settimana e che quest’anno sfiorerà i 430 milioni di dollari di fatturato.

Fondata nel 2015 da Michael Wystrach e Carter Comstock, l’azienda propone pasti bilanciati e realizzati con materie prime di qualità, preparati da chef e consegnati freschi a casa, pronti per essere consumati dopo un rapido passaggio nel forno a microonde.

Sin dalle origini, la filosofia del Gruppo è stata quella di ridurre l’utilizzo di prodotti processati, diminuire i quantitativi di zucchero e implementare la presenza di nutrienti nelle preparazioni, scommettendo sulla collaborazione tra cuochi e nutrizionisti.

Una formula che, in breve tempo, si è rivelata vincente: dopo appena quattro mesi, la startup ha raccolto i primi 7 milioni di dollari, grazie al fondo di investimento Highland Capital, al quale poi se ne sono aggiunti di altri, come Insight Venture Partners e White Start Capital, che hanno contribuito con 21 milioni di dollari.

LEGGI ANCHE: Trend, dati e potenziale del Food Delivery nell’era Covid

Nestlé acquires Freshly for $950 million | Supermarket News

Nestlé-Freshly, deal da quasi 1 miliardo di dollari

Un’ascesa repentina – e quasi incredibile – quella di Freshly, che già nel 2017 aveva destato l’interesse di Nestlé. Il gigante di Vevey, infatti, allettato dalle buone prospettive di crescita e deciso a sondare il mercato, acquisì il 16% delle quote societarie, senza troppi indugi.

E ora, nell’anno più proficuo per la start-up americana, ha deciso di completarne l’acquisto, mettendo sul piatto 950 milioni di dollari.

Un’operazione di grande portata, conclusasi ufficialmente il 30 ottobre 2020, con cui Nestlé ha confermato la propria volontà di essere presente nei comparti più competitivi del mercato alimentare, come ha sottolineato anche Steve Presley, CEO di Nestlé USA, durante un’intervista stampa:

I consumatori stanno abbracciando la strada dell’eCommerce e mangiano a casa come mai prima d’ora. Si tratta di un’evoluzione causata dalla pandemia ma che, secondo noi, è destinata a durare nel tempo. Freshly è una startup del food-tech, innovativa e in rapida crescita, e aggiungerla al nostro portfolio ci aiuterà a capitalizzare sulle realtà emergenti del mercato alimentare statunitense, assicurando alla nostra alla nostra azienda una futura posizione di leadership”

La moratoria nel piano del consumatore con accordo esterno

Meal-delivery, un trend destinato a durare nel tempo

Quella di Nestlé potrebbe sembrare di primo acchito una mossa scontata, considerando la piega che i consumi alimentari hanno assunto negli ultimi mesi.

Tuttavia, è significativa di un’evoluzione delle abitudini quotidiane, che potrebbe rivelarsi più duratura di un semplice fenomeno passeggero, imposto dai tempi che corrono.

La crisi sanitaria che stiamo vivendo, infatti, ha sconvolto – e modificato – il nostro stile di vita, sin negli aspetti più routinari.

E per quanto lo stravolgimento dei tempi, degli spazi e delle relazioni, possa essere temporaneo, lascerà inevitabilmente un’impronta profonda ed indelebile dentro di noi.

Molte delle libertà che al momento ci sono negate saranno rivendicate con sollievo quando l’emergenza sarà finalmente cessata.

Ma la scoperta dei servizi di consegna a domicilio, da parte di una platea molto più vasta ed eterogenea rispetto al passato, sarà con ogni probabilità da annoverare tra le conquiste destinate a lasciare il segno.