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  • Brand-purpose: “la gente non compra quello che fai, ma perché lo fai”

    La brand-purpose spiegata con la teoria del Golden Circle, il woke-washing e le conseguenze etiche e di business

    16 Ottobre 2019

    • Le decisioni irrazionali dei Millennials
    • La brand-purpose tira intorno a sé una community di persone che si identificano con il messaggio del brand
    • Il fenomeno del woke-washing
    ___ Le organizzazioni guidate da una brand-purpose ispirano, si differenziano e creano un sentimento di fiducia e appartenenza con i propri stakeholder interni ed esterni. Il motivo è semplice, “la gente non compra quello che fai, ma perché lo fai”. Le nostre decisioni sono per il 95% irrazionali e fornire uno scopo superiore al mero profitto, influisce sulle emozioni e sui processi decisionali. Questa affermazione è particolarmente calzante nel caso dei Millennials così desiderosi di identificarsi, lasciare il segno e trovare uno scopo tanto nel prodotto che acquistano quanto nelle aziende per le quali lavorano. Secondo una ricerca di New Cone Communications, il 91% dei Millennials americani cambierebbe un brand con un altro, se quest’ultimo abbracciasse una causa. Il 64% dei consumatori globali afferma inoltre di scegliere i brand per le posizioni che prendono su questioni politiche e sociali. Non è una sorpresa! Viviamo oggi la più completa sfiducia nelle istituzioni. I brand sono un’opportunità per cambiare il mondo e ci permettono attraverso l’acquisto dei loro prodotti e la nostra fedeltà di contribuire alle grandi cause che difendono e identificarci con il loro scopo. brand-purpose LEGGI ANCHE: Da brand a educatori: sui social i marchi possono creare community di valore Nei prossimi paragrafi andremo ad analizzare meglio la brand-purpose, avvalendoci della teoria del Golden Circle, perché è importante unificarla in tutta l’organizzazione, il fenomeno del Woke-Washing e le implicazioni a livello etico e di business.

    Brand-purpose e Golden Circle

    Le aziende capaci di farci sentire ispirati, di guadagnarsi la nostra fiducia e fedeltà a lungo termine, sono quelle che ci fanno sentire più di un semplice cliente che sta facendo un buon affare: ci fanno sentire parte di un progetto più grande. Questo sentimento […] è la ragione per cui alcuni di noi continuano a preferire i prodotti Apple a quelli di altri marchi anche se spesso sono più cari degli altri. Trova il tuo perché di Simon Sinek, David Mead, Peter Docker
    La brand-purpose è il perché del brand, il motivo più profondo per cui esiste, è qualcosa che va oltre il profitto e riguarda tutta l’organizzazione. Conoscere il proprio perché è la base per costruire tutto il resto, il come (es. la cultura aziendale, la brand experience) e il cosa (es. quali prodotti e servizi offre l’azienda). La brand-purpose non ha nulla a che vedere con quello che vogliono i clienti e il mercato, ma è insita nell’azienda e nella sua storia. Spontaneamente raccoglie intorno a sé una community di persone che si identificano con il messaggio del brand. Nel famoso Ted Talk “How great leader inspire action” Simo Sineck, ci spiega la brand-purpose attraverso la teoria del Golden Circle. Il perché è il cuore del business e influisce sulle emozioni i processi decisionali degli stakeholder interni ed esterni. All’interno di un’azienda conoscere il perché è fondamentale, determina la motivazione dei dipendenti, le strategie di business, il successo duraturo di prodotti e servizi.
    brand-purpose
    Fonte: http://brandnewpurpose.com/
    Un esempio è Apple. Tecnologicamente ha molti competitor, alcuni che fanno anche prodotti più avanzati. Eppure Apple è sempre tra i primi. Secondo Sinek, il brand non avrebbe così successo se comunicasse semplicemente: “Facciamo computer fantastici. Sono ben progettati, semplici da usare e intuitivi. Ne volete comprare uno?” Invece Apple ci fornisce un motivo per comprare i suoi prodotti ed essere fedeli identificandoci con il suo messaggio e abbracciandone i valori: “In tutto ciò che facciamo, crediamo nelle sfide allo status quo. Crediamo nel pensiero alternativo. Sfidiamo lo status quo facendo prodotti ben progettati, semplici da usare e intuitivi. E quindi facciamo computer fantastici. Ne volete comprare uno?” brand-purpose apple

    Unificare la brand-purpose

    Un’organizzazione che conosce il proprio scopo non teme i competitor, è pro-attiva e influenza il comportamento delle persone. Tornando all’esempio di Apple, non porta semplicemente innovazione con i suoi prodotti, ma ridefinisce il modo in cui approcciamo a un device tecnologico, sfida lo status quo. La brand-purpose, permea quindi tutta l’organizzazione e la ritroviamo nell’accoglienza di un candidato quando entra per la prima volta in contatto con la nostra azienda, nella pubblicità, nel prodotto, nel dialogo con un cliente. LEGGI ANCHE: Purpose Strategy: come diventare brand top of mind Quindi se un brand nelle proprie campagne marketing, difende i diritti delle donne e il gender gap, ci aspettiamo che nelle posizioni importanti dell’azienda ci siano una buona percentuale di donne, che lo stipendio tra uomini e donne sia lo stesso e anche le possibilità di carriera. Potrebbe sembrare scontato, ma nel 2017 lo scandalo di State Street, ci dimostra che non lo è poi tanto. State Street è tra le più importanti società americane di servizi finanziari e promotrice della pluripremiata della campagna “The Fearless girl”, la statua della bambina davanti al toro di Wall Street che celebrava la leadership delle donne e incoraggiava le aziende ad includerle in ruoli importanti e strategici. Beh, State Street ha dovuto risarcire 300 donne e 15 impiegati neri per gender and racial pay gap. Il mondo ne è rimasto sconvolto gridando allo scandalo. Probabilmente la leadership delle donne non corrispondeva alla brand-purpose di State Street oppure non era stata unificata in tutta l’organizzazione, ma solo nel reparto marketing.
    Fearless girl
    Fonte: Fearless Girl Statue by Kristen Visbal New York City Wall Street / Anthony Quintano Flickr
    Per unificare la purpose-strategy bisogna prima di tutto avere ben chiaro il perché l’organizzazione esiste, il valore che vuole portare al mondo. Simon Sinek nel libro “Trova il tuo perché”, fornisce un guida pratica ricca di esempi e di esercizi per trovare il perché personale e della propria “tribù” (azienda, reparto, gruppo). Dopo aver chiaro lo scopo si definiscono i come, ossia le azioni che l’azienda compie per dare vita al perché e i cosa, ossia le manifestazioni tangibili del perché, compresa la comunicazione e la pubblicità.

    La brand-purpose e woke-washing

    Il contributo positivo che i brand possono portare nel mondo, sta diventando un ingrediente importante per la brand strategy. Tuttavia succede sempre più spesso negli ultimi tempi che i brand abbraccino cause sociali o diano un valore etico a prodotti e servizi, solamente per pubblicità, reputazione e aumento delle vendite. Il contributo si riduce quindi a campagne pubblicitarie e non permea all’interno dell’organizzazione con comportamenti concreti da parte dell’azienda. Definiamo questo fenomeno come Woke-Washing. Un comportamento che può causare ripercussioni per il brand, i consumatori, e il significato della causa sociale stessa. LEGGI ANCHE: Cause Marketing: come i brand possono farne un’arma vincente senza rischiare il Woke-Washing Abbiamo purtroppo molti esempi in proposito, oltre il già citato State Street. La scorsa edizione dei Cannes Lions, molti dirigenti del mondo pubblicitario hanno tratto il tema della brand-purpose e come può avere un impatto positivo sulle comunità. Anche il tema dell’ambiente e della sostenibilità è stato ampiamente trattato e il premio Grand Prix Sustainable Development Goals è stato vinto con “The Lion’s Share” da Mars Australia e l’agenzia Clemenger BBDO Melbourne. Peccato che fuori dal Palais des Festivals et des Congrès manifestavano degli attivisti di Extinction Rebel, contro la “mercificazione” del climate change per aumentare i profitti e che nessuno li abbia ascoltati, anzi sono stati perfino arrestati. Nella stessa occasione il CEO di Unilever, Alan Jope, ha accusato le pubblicità di woke-washing di inquinare la brand-purpose e mettere in pericolo la fiducia dei consumatori e l’impatto positivo che i brand possono avere nel mondo.

    Una questione etica, una questione di business

    Vendere e pubblicizzare un prodotto o fornire un servizio che non risponde allo scopo del brand, a lungo andare crea una frattura, apparirà falso ai clienti e ai dipendenti dell’azienda. Quando capiranno e sentiranno che il messaggio non corrisponde ad azioni concrete, non avranno più fiducia nell’azienda e mano a mano si allontaneranno. Agire secondo la brand-purpose significa anche non essere “trendy” se quello in cui crediamo non coincide con l’argomento del momento. Il nostro scopo è magari ripopolare il territorio di giovani offrendo posti di lavoro. Se a livello marketing questo è meno accattivante di “abbiamo creato una linea green vegan” (ma tutto il resto dei prodotti viene testato sugli animali e inquina l’ambiente), può cinicamente non interessare l’etica, ma come la mettiamo con il rischio per la reputazione e la fiducia dei clienti? Una questione etica, una questione di business.