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yescapa viaggiare in camper digital

Voglia di libertà e digitale: così questa estate non si rinuncia a viaggiare

  • Il digital è la parola chiave per l’industria del turismo: dopo il lockdown si ha voglia di libertà.
  • Un’estate 2020 alla ricerca di luoghi inesplorati e poco affollati!

 

Sicurezza. Questa è la parola chiave che le persone hanno scelto per le vacanze estive 2020, in un momento davvero particolare e inatteso, che ha ci ha costretto a rivedere abitudini e piani. Ma dopo i lunghi periodi di lockdown a livello globale c’è un sentimento che emerge con altrettanta forza: la voglia di libertà, che da sempre per l’uomo significa viaggiare.

Se per lo shopping le abitudini dei consumatori si sono dirottate sugli acquisti di prossimità nei piccoli negozi e sull’eCommerce, il digitale ci ha permesso anche di conoscere un nuovo modo di lavorare e avere relazioni sociali.

Ma con il periodo estivo alle porte anche per l’industria del turismo, il digital è diventato un tema chiave.

Messo da parte il viaggio come lo abbiamo conosciuto finora, si è tornati a parlare di turismo di prossimità: il turista torna a riscoprire il suo Paese e a ripartire dalle origini per esplorare il mondo.

Eppure questo non è l’unico modello scelto dai viaggiatori in questa estate 2020.

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Viaggiare digitale in sicurezza

Come dicevamo, la parola chiave è diventata sicurezza e nessun luogo oggi sembra esserci sicuro come casa. Ecco allora che c’è chi sceglie di partire “portandosi la casa dietro”.

Viaggiare in camper si delinea come la soluzione più sicura per le prossime vacanze estive: distanziamento sociale garantito e libertà di movimento assicurata, sono dati dalla possibilità di viaggiare e di sostare al di fuori dei circuiti turistici standard. In questo scenario d’eccezione dove l’attenzione alle regole sanitarie e sociali è di primaria importanza, i camper rappresentano una delle alternative di viaggio più interessanti.

Viaggiare digitale in camper

A confermarlo sono i dati registrati nel mese di giugno dalla piattaforma europea per la condivisione di camper tra privati Yescapa.

Dalla fine del lockdown la piattaforma, arrivata in Italia da due anni, ha quadruplicato il traffico degli utenti sul sito che, a partire dal 3 giugno, ha registrato un aumento del 150% di visite (circa 50mila visite a settimana), rispetto allo stesso periodo nel 2019, con richieste di iscrizione e di prenotazioni confermate sia da veterani del viaggio in camper, sia da chi ha scelto di provare l’esperienza “on the road” per la prima volta.

Record storici sono stati registrati nelle prime due settimane di giugno: se in Europa le prenotazioni confermate sono salite a 6.000 (+200% rispetto allo stesso periodo del 2019), in Italia le conferme hanno raggiunto un aumento del 120%, rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente, con oltre 2.000 richieste nel mese di giugno.

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I neofiti del camper

Aumentano anche le iscrizioni di nuovi utenti che al momento della prenotazione si dichiarano alla loro prima esperienza in camper: giugno 2020 vede un incremento del 45% dei neofiti del viaggio itinerante, indicatore inequivocabile di come questa estate il turismo di movimento sarà la scelta per coloro che vorranno e potranno viaggiare entro i confini nazionali.

Grande incremento si registra anche sul versante dei nuovi veicoli iscritti al sito (+150%). Tra le motivazioni incentivanti si ritrovano sia la possibilità di ammortizzare le spese di manutenzione annuale del mezzo e ottenere una fonte di reddito complementare (oltre 200mila euro sono stati già versati ai proprietari italiani nel post-lockdown), sia la nuova copertura assicurativa che supera la limitazione dei 25 anni di età per i veicoli fino ad ora presenti sulla piattaforma.

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Destinazione Italia

È l’Italia e il turismo locale la scelta per il 99% dei prenotati sulla piattaforma di camper sharing: se nel 2019 il 46% del turismo in Italia era composto da stranieri che sceglievano lo Stivale come meta di vacanza, quest’anno il trend è determinato soprattutto da italiani che scelgono di restare entro i confini nazionali per sostenere l’economia locale ma anche per scoprire le bellezze del proprio territorio.

Milano, Torino, Roma e Napoli sono le città con il maggior numero di ricerche di veicoli che partiranno per il Sud Italia, le Isole (Sardegna e Sicilia) e le Dolomiti: queste le destinazioni maggiormente ricercate dagli utenti della piattaforma.

Il ritrovato turismo domestico di questa stagione estiva tenderà a viaggiare con più frequenza tra luglio e la fine di settembre, prediligendo weekend lunghi – da giovedì a lunedì – a discapito delle due settimane di solito considerate.

“Quest’estate sarà caratterizzata da una forte concentrazione di turismo domestico e il viaggio in camper, da sempre sinonimo di evasione e ricerca di libertà verso destinazioni poco affollate a contatto con la natura, risponde perfettamente a questa tendenza”, commenta Dario Femiani, country manager Italia di Yescapa.

Si parla oggi di undertourism, cioè quella modalità di viaggio contrapposta all’overturism, per cui i viaggiatori andranno a cercare posti inesplorati, poco affollati, “nuovi”. Una bella opportunità per quei comuni che ospitano borghi storici poco valorizzati o per spazi nella natura in cui organizzare attività di esplorazione.

Insomma un viaggio più consapevole per un viaggiatore più attento, perché in fondo: “Basta seguire la strada e prima o poi si fa il giro del mondo. Non può finire in nessun altro posto, no?”.

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L’attesa del Natale per i brand inizia adesso: ecco gli insight di Facebook per prepararsi

  • Per i brand il periodo natalizio implica la possibilità di aumentare vendite e fatturato, soprattutto quest’anno.
  • Facebook ha lanciato nelle ultime settimane un centro di ricerca e pianificazione che offre un’ampia gamma di risorse e statistiche per supportare i professionisti di marketing.

 

Mai come quest’anno le aziende di tutto il mondo e con molta probabilità anche noi utenti, non vediamo l’ora che arrivi dicembre, per varie motivazioni. La prima è perché finalmente si chiuderà l’anno definito da molti “horribilis”, la seconda perché arriverà il periodo natalizio e con esso la possibilità di aumentare vendite e introiti che quest’anno hanno subito gli effetti del Covid-19.

E allora anche se questo è il momento di pensare alle vacanze, diventa fondamentale iniziare a pianificare con anticipo la migliore strategia per massimizzare le opportunità di business.

Secondo quanto pubblicato in un recente sondaggio condotto da Pinterest le persone nel mondo non vedono l’ora che arrivi il periodo delle vacanze natalizie e si augurano, pandemia permettendo, di poterlo vivere accanto ai propri cari e amici.

È difficile fare previsioni ma abbiamo tutti bisogno di qualcosa per guardare al futuro con ottimismo e dicembre sembra un obiettivo realistico per tornare alla normalità.

Anche Facebook ha lanciato nelle ultime settimane un centro di ricerca e pianificazione che offre un’ampia gamma di risorse e statistiche per supportare i professionisti di marketing nella pianificazione di campagne natalizie di successo.

Il primo importantissimo strumento messo a disposizione da Facebook è una dashboard interattiva per approfondire i dati statici, che consente di avere numerose informazioni sulle principali tendenze stagionali relative alle fasi di scoperta, ricerca e acquisto degli utenti nei diversi mercati mondiali.

Dati che rappresentano un ottimo spunto per pianificare le strategie di comunicazione e vendita di cruciale periodo dell’anno.

natale marketing

Un Natale (su Facebook) tutto da scoprire

Ottimi spunti e interessanti studi statistici possono essere consultati da una dettagliatissima guida che Facebook ha messo a disposizione di tutti.

Ecco alcuni dei dati che le aziende dovrebbero tenere presente per pianificare le campagne di marketing per Natale 2020.

Maggiore fiducia nell’eCommerce

La pandemia scoppiata a inizio 2020 ha forse segnato il momento di svolta per le vendite online in particolare nel nostro paese. Abbiamo finalmente visto prendere confidenza con gli acquisti online anche generazioni di utenti over 60, che precedentemente non avevano mai acquistato online, per timori di sicurezza o limiti di conoscenza.

A causa del COVID-19 molti consumatori anche nei prossimi mesi preferiranno acquistare prodotti online piuttosto che recarsi fisicamente in un negozio e cercheranno servizi convenienti e contact less capaci di garantire esperienze di acquisto sicure.

Secondo quanto riportato dal report fornito da Facebook, circa il 56% degli intervistati  globali vorrebbe effettuare acquisti online con la funzione click-and-collect, ovvero la possibilità di acquistare un prodotto online e ritirarlo in un punto fisico.

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Incentivare gli acquisti emozionali

Durante le diverse crisi economiche vissute negli ultimi 20 anni nel mondo, quello che diversi studi hanno evidenziato è che le persone tendono a cercare gratificazione nei momenti difficili concedendosi piccole coccole a prezzi accessibili.

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Secondo una ricerca condotta da Euromonitor tra il 2008 e il 2011 a seguito della recessione, le vendite per smalti per unghie erano cresciute di circa il 30% negli Stati Uniti e del 10% in Europa Occidentale.

Un’idea proposta da Facebook soprattutto nel periodo natalizio, potrebbe essere quella di partire da una domanda: cosa in realtà può permettersi di acquistare il mio acquirente in questo momento?

È abbastanza probabile che la tendenza a concedersi un bene di lusso accessibile sia più alta in questo periodo, poiché gli utenti sono maggiormente predisposti a concedersi regali per sé e per gli altri.

Come possiamo guidare gli utenti in questa scelta?

Facebook offre diverse opportunità: dalle inserzioni dinamiche che permettono di far vedere all’utente giusto, il prodotto giusto attraverso la visualizzazione automatica di prodotti che hanno trovato interessanti sul nostro sito, sull’app o altrove online.

Oppure altra importate opportunità è data dalle inserzioni in realtà aumentata che consentono agli utenti di provare in anteprima un prodotto prima di acquistarlo.

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Pianificare promozioni anticipate

L’emergenza sanitaria del COVID-19 ha avuto nei mesi passati un forte impatto sulle aziende e sulla forza lavoro a livello globale. Una recessione economica che molto probabilmente potrà avere effetti che si prolungheranno anche nei prossimi mesi. Tuttavia non tutte le persone ne verranno influenzate allo stesso modo.

Secondo quanto evidenziato dal report di Facebook, circa il 53% delle persone che sono state intervistate in tutto il mondo afferma che il COVID-19 avrà poco o nessuno impatto sulle loro finanze, mentre il 43% si aspetta che l’impatto sarà forte o addirittura drammatico.

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Per questo diventa fondamentale sfruttare la forza delle promozioni commerciali.

Quasi 1 su 3 degli intervistati a livello globale ha affermato di voler aspettare che i prodotti siano scontati prima di effettuare un acquisto. Sarà importante pianificare questi mesi per avere la forza di sfruttare al meglio giornate come il Black Friday o il Cyber Monday, oppure proporre promozioni costruite attorno al nostro brand, prima del periodo natalizio.

Accessibilità, autenticità, azione

Sicuramente più di ogni altro anno gli utenti saranno attenti al prezzo, alle promozioni e alle offerte, anche se questi erano aspetti che già consideravano anche prima della pandemia globale.

Un aspetto importante a cui tutti i brand dovranno dare sempre più maggiore importanza saranno la responsabilità sociale e l’autenticità.

Le persone vogliono sentirsi vicini alle marche e sono sempre più attente alle azioni che queste intraprendono sia online che offline. Sono sempre più curiose a scoprire il lato umano e se i brand riusciranno a comprendere i loro bisogni e i loro principi, le persone saranno orgogliose di supportarli e sostenerli.

Secondo quanto evidenziato dall’analisi di Facebook, gli utenti considerano ugualmente importante ricevere promo e sconti quanto contenuti veri, autentici e informativi.

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Durante il COVID-19 diversi marchi hanno cambiato modo di comunicare, dialogare, coinvolgere i propri utenti, reagendo in maniera proattiva al momento di difficoltà.

Una media del 65% degli intervistati ha affermato che la risposta efficace di un marchio alla crisi, avrebbe sicuramente ripercussioni positive sulla possibilità di scegliere quel marchio in futuro.

Sicuramente il Natale 2020 sarà diverso rispetto alle precedenti vacanze natalizie, ma ci sarà sempre la stessa voglia di festeggiare, stare insieme e fare felici amici e familiari con acquisti e regali.

I brand però dovranno essere ancora più attenti a concentrarsi verso i valori che caratterizzano la loro marca, mostrando maggiore sensibilità verso i continui cambiamenti di questo periodo storico e riuscendo al tempo stesso attraverso nuove idee, nuovi formati e nuove forme di comunicazione ad ispirare le persone e a farle sentire vicino alla marca.

Week in Social: da Zuckerberg davanti al Congresso a Microsoft che vuole acquisire TikTok U.S.

Chi è già in ferie alzi la mano! Sì, quest’anno le abbiamo attese tutti con ansia, ma per chi è ancora attivo e nel pieno di piani editoriali e annunci estivi, c’è immancabile come sempre il nostro appuntamento con le news dal mondo dei social.

Partiamo subito con il recap!

Universo Facebook

Il CEO di Facebook ha testimoniato (di nuovo) davanti al Congresso degli Stati Uniti. Stavolta però lo ha fatto in compagnia di quelli di Apple, Amazon e Google, per una indagine della commissione antitrust.

“È estremamente raro che uno dei CEO dei giganti della tecnologia testimoni davanti al Congresso, per non parlare del fatto che in questo caso sono stati convocati tutti e quattro insieme”.

Zuckerberg ha difeso le acquisizioni di Facebook affermando che WhatsApp e Instagram non sarebbero sopravvissute se non fossero state acquisite. Zuckerberg ha inoltre definito il successo di Facebook come cruciale per mantenere gli Stati Uniti competitivi con la Cina. Intanto però emergono documenti nuovi e critici su ciò che accade ai tempi dell’acquisizione di Instagram.

Nel frattempo, comunque Facebook registra 100 milioni di utenti in più nel secondo trimestre. Nonostante l’impatto della pandemia, la società ha riportato una crescita del fatturato dell’11%, mostrando un costante aumento di iscritti e ricavi.

mark zuckerberg facebook

Facebook ha anche lanciato una serie di interessanti e nuove sessioni gratuite con il programma di formazione aziendale “Summer of Support” per capire come utilizzare al meglio Messenger, i gruppi di Facebook e altro ancora.

Instagram, infine, lavora a un nuovo modo per scegliere quali stories guardare. Mentre si guarda una story dovrebbe bastare tirare in giù lo schermo per visualizzare in sovraimpressione i contenuti precedenti e successivi a cui accedere.

Mondo Twitter

Retweet e citazioni dei tweet in counter separati. È l’ultima novità che potrebbe presto arrivare su Twitter, che punta così a rendere più accurata la visualizzazione delle interazioni con i post.

Il boicottaggio dei social intanto si è esteso anche a Twitter. Diverse celebrità del Regno Unito hanno partecipato a un’astensione di 48 ore dalla piattaforma dopo che questa non è riuscita ad affrontare adeguatamente i recenti commenti antisemiti.

Pianeta LinkedIn

LinkedIn aggiorna il suo processo di job matching. La piattaforma utilizzerà ora un nuovo modello di AI in grado di apprendere le competenze ricercate dai reclutatori sulla base dei candidati selezionati in passato.

LEGGI ANCHE: Come sostenere i dipendenti e rafforzare la presenza del brand su LinkedIn

LinkedIn logo

LinkedIn ha pubblicato anche una nuova guida per il recovery post-Covid. Per aiutare le aziende nella ripresa, il social prende in esame cinque aree chiave: dal brand building al media planning.

In breve

WeChat lascia l’India. La super-app cinese ha ufficialmente interrotto le operazioni nel Paese dopo essere stata bandita per i timori del governo sulla privacy.

Snapchat ha pubblicato un nuovo studio che mostra come le aziende possano allineare i loro sforzi di creazione di contenuti con questi cambiamenti.

testate giornalistiche tiktok

Microsoft è in trattative per acquistare TikTok negli Stati Uniti. La proprietà della piattaforma da parte della cinese ByteDance ha suscitato preoccupazioni nel governo Trump, che potrebbe anche vietare l’app.
Per il momento sta valutando altre opzioni.

Storia del selfie: dal significato sociologico al suo impatto sul marketing

  • Il 21 luglio si è celebrato il National Selfie Day: scopriamo come e quando nasce il selfie e qual è il suo significato sociologico e il suo impatto sul marketing.
  • Il selfie non è solo un modo di farsi foto, ma è diventato sempre di più uno strumento, un concetto, una tendenza sociale che ci svela molto della società digitale in cui siamo immersi.

 

Al mare, a lavoro, in strada, in auto. Celebrities e persone comuni: oggi chiunque scatta selfie e lo fa in ogni momento della propria giornata. Con i social media, il modo di scattare le foto è completamente cambiato: non fotografiamo più il mondo intorno a noi, ma ci fotografiamo nel mondo. Ciò che cambia è la prospettiva, siamo noi al centro e tutto il resto attorno. Filtriamo oggetti, luoghi e persone attraverso i nostri “sorrisoni” social postati ad ogni ora del giorno e della notte.

Il 21 luglio si è celebrato il National Selfie Day, ma come e quando è nato il selfie e qual è il suo significato sociologico e il suo impatto sul marketing?

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Il primo selfie della storia VS il selfie moderno

Era il 1839 quando Robert Cornelius, di Philadelphia, scattò un selfie con una fotocamera dagherrotipica ritrovando nelle nuove tecnologie la tradizione secolare dell’autoritratto.

LEGGI ANCHE: Come usare i selfie come strumento di marketing?

Alla base di questa azione c’è la volontà di “osservarsi” e la vanità di fare di noi stessi un’opera d’arte, tutte caratteristiche insite da sempre all’interno dell’animo umano.

E infatti, il selfie moderno condivide con il primo selfie della storia (più o meno) la stessa matrice. Nel 2013 il termine “selfie” entra a far parte del dizionario di Oxford e il suo utilizzo cresce del 17.000%. Lo smartphone è il vero artefice dello sviluppo del selfie all’interno della nostra società contemporanea. Che sia per vanità, per comodità o per moda il selfie ha generato una mania che ha rovesciato (letteralmente) la sceneggiatura visiva.

Grazie al selfie, Instagram, che è un social che si basa proprio sulle immagini ed è costellato da questi autoritratti, è cresciuto esponenzialmente ed è diventato ciò che rappresenta oggi per noi. Proprio su Instagram, infatti, sono state generate le prime vere tendenze legate al selfie grazie agli hashtag #duckface e #Iwokeuplikethis.

Nel 2014 il Pew Research Center ha pubblicato uno studio in cui rivelava che più di un quarto degli americani ha pubblicato almeno un selfie online, sottolineando come la pratica del selfie sia molto più comune tra i Millennials (nati tra gli anni 80 e il 2000).

Il selfie dal punto di vista sociologico

Il selfie non è solo un modo di farsi foto, ma è diventato sempre di più uno strumento, un concetto, una tendenza sociale che ci svela molto della società digitale in cui siamo immersi e in cui, tutti noi, viviamo quotidianamente.

Prima che le nuove tecnologie fossero alla portata di tutti, l’autoritratto era una pratica relegata alla pittura. Lo smartphone lo ha liberato dal mondo dell’arte e lo ha consegnato alle masse. Secondo Herbert Marcuse l’atto del selfie rappresenta una forma di “razionalità tecnologica”: abbiamo la possibilità di fare i selfie e, di conseguenza, li facciamo anche perché la nostra cultura – in qualche modo – si aspetta che noi lo facciamo.

I social media hanno reso la nostra quotidianità una realtà costantemente mediata e mostrata agli altri. Il selfie – un’immagine pensata per essere condivisa – in questa ottica, non è un atto individuale, ma sociale e rappresenta la nostra costante interazione con le persone che – direttamente o indirettamente – fanno parte della nostra vita. Attraverso i social però possiamo decidere quale immagine consegnare agli altri e il selfie è il primo atto che ci consente di creare la nostra immagine digitale. 

Il sociologo Erving Goffman descrive questo come un processo di impression management, letteralmente “gestione dell’impressione”. Sì, perché attraverso i social siamo sempre in grado di gestire il nostro “io” digitale, accentuando o diluendo aspetti del nostro carattere o della nostra fisicità. Questo processo è motivato da ciò che in sociologia viene definita “desiderabilità sociale”, la volontà (o il bisogno) di fare una buona impressione sugli altri.

Il selfie dal punto di vista del marketing

Del grande valore del selfie non poteva non “approfittare” il marketing che ci ha visto, fin da subito, grandi potenzialità per connettere brand e celebrities con il proprio pubblico in un modo totalmente nuovo.

Purezza visiva, creatività e novità sono i tre elementi alla base del successo del selfie nell’ambito del marketing digitale. Sono tante le campagne che si sono sviluppate proprio attorno ad esso e hanno avuto un grande successo.

The Walking Dead: #DeadYourSelf

Una delle serie Tv più amate degli ultimi anni, The Walking Dead deve il suo grande successo anche alle sue campagne pubblicitarie super coinvolgenti e ben realizzate attraverso i social. Nel pieno del suo successo, la rete AMC ha sviluppato un’app che permette ai fan sfegatati della serie di trasformare il proprio volto in quello di un terrificante zombie. Incoraggiando gli utenti a condividere i selfie sui social attraverso l’hashtag #DeadYourSelf la serie ha ottenuto un ottimo livello di coinvolgimento ed ha cavalcato l’onda del suo già ampio successo.

Beats By Dre: #SoloSelfie e il video in stile “ciambella”

Nel 2014, per lanciare le sue nuove cuffie Solo2, il brand Beats si è ispirato al video di Karen X e ha spinto influencer e fan ad emulare il “Donut Selfie”, un modo di fare video facendo girare solo lo smartphone attorno a sé, riprendendo la forma di una ciambella. Il tutto, ovviamente, sfoggiando un paio delle nuovissime cuffie.

Le immagini e il video super accattivanti hanno contribuito a far ottenere alla campagna 10,6 milioni di visualizzazioni in poche settimane. 

Volvo: #SelfieForSafety

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Basata sul concetto di sicurezza, la campagna di Volvo #SelfieForsafety è stata lanciata nel 2019. Volvo ha chiesto alle persone di farsi un selfie in auto, con la cintura di sicurezza, utilizzando l’hashtag della campagna.

L’iniziativa ha avuto un bel po’ di successo, ma soprattutto è stata utile per capire che ben 4 persone su 10 indossano la cintura di sicurezza in modo errato.

Il selfie oggi è una pratica in declino?

Nel 2016 sono stati caricati online 24 miliardi di selfie. Nel 2018, invece, il numero è sceso a 94 milioni. Cosa sta succedendo? La pratica del selfie è in declino?

Come tutte le mode c’è il rischio che anche il selfie subisca delle battute d’arresto. Soprattutto perché in molti, negli anni, hanno demonizzato il selfie come pratica, talvolta, pericolosa o perché sostengono che la mania di mostrarsi continuamente agli altri potesse influire negativamente sulla psiche umana, soprattutto dei più giovani.

Inoltre, i fotografi professionisti non hanno mai definito il selfie una vera forma d’arte e per questo l’hanno criticato aspramente.

Eppure, negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad una sorta di rinascita del selfie. Tantissimi i volti degli utenti che ogni giorno pubblicavano selfie “in maschera” sui propri profili social. Complice il tempo che abbiamo passato a casa, senza troppi impegni, e la “nuova immagine” di noi stessi dietro alle mascherine che – man mano – sono diventate sempre più alla moda e originali, il selfie è tornato in auge e di certo non scomparirà. Almeno per ora.

Come tutte le pratiche sociali, ovviamente anche il selfie se usato nel modo giusto può rappresentare una grande risorsa social e pubblicitaria.

L’arte dopo il Covid. Abbiamo chiesto a Ennio Finzi cosa ne sarà

«Ho inseguito l’atonalità, la musica dodecafonica, il ritmo sincopato del Jazz, per realizzare dei quadri che volgessero verso un’esperienza inedita del colore, insomma volevo provocare visivamente una sorta di pugno sullo stomaco».

Inizia così, con una tempesta radioattiva di parole, la mia chiacchierata con Ennio Finzi, classe 1931, l’ultimo degli spazialisti. Davanti a me un uomo che ha contributo a una svolta decisiva nella storia dell’arte contemporanea.

Il Maestro Ennio Finzi

Effetto Gioconda: ti aspetti sempre chissà cosa quando incontri dei grandi personaggi, ma di solito non ci azzecchi mai. Il mio appuntamento con Ennio Finzi è in un vecchio bar di Corso del Popolo, a Mestre. Con un po’ di ironia mi piace chiamare questo vialone Völkstraße, perché mi ricorda la vecchia architettura socialista della Berlino Est. Nei tavolini di metallo scorrono caffè veloci, sigarette, sambuca e patatine aperte da un po’. Il curatore dell’Archivio Finzi mi anticipa che il Maestro è lì ogni giorno, sempre alla stessa ora, esattamente dalle 17:30 alle 18:30. Così da 20 anni.

Nel frattempo il bar ha cambiato gestione molte volte. Adesso al bancone c’è una famiglia di cinesi, ma gli spritz generosi sono sempre gli stessi e nessuno sembra badare troppo al resto.

Tutto cominciò da Lucio Fontana, lo spazialismo rivoluzionò le logiche dell’arte e Fontana ne era l’alfa e l’omega. Nel primo dopoguerra, le scoperte scientifiche, l’energia, la voglia di fare e di ricostruire non poteva essere contenuta nella tela. Lo spazio si doveva trasformare, la pittura diventava sinestetica. Dentro quelle pennellate c’era la TV, la musica, la tecnologia, la scienza, gli elettroni che premono sulla superficie squarciando quella tela che non bastava più, che improvvisamente era diventata vecchia, vecchissima.

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Dimensione Cosmica (1956)

Parliamo d’arte

La definiscono “l’ultimo degli spazialisti”, qual è l’eredità di Fontana e di quel gruppo a cui lei si era avvicinato così giovane?

«Mi chiamano così, “l’ultimo degli spazialisti”, ma le rivelo un segreto: in realtà non ho mai preso direttamente parte allo Spazialismo, nel senso che non ho firmato i suoi manifesti. Ma li frequentavo, eccome: negli anni cinquanta ho preso parte alle mostre collettive alla Galleria del Cavallino di Carlo Cardazzo, che era il centro di diffusione dello spazialismo. Lo spazialismo è un termine troppo generico e inclusivo. Anzi, sa cosa le dico? Lo Spazialismo è stato solo Fontana, punto».

Cosa ne pensa di questo periodo così particolare della nostra storia e della limitazione alle libertà individuali sorte come conseguenza del Covid?

«Non ho mai vissuto un periodo così fortemente alimentato dalla paura, nemmeno durante la guerra c’era questa sensazione di desolazione, nemmeno allora le attività umane vennero sospese. Fuori si combatteva ma le gente continuava a lavorare e vivere».

Con quale artisti del passato veneziano sente un legame empatico?

«La lezione fondamentale rimane quella di Emilio Vedova, la sua gestualità dirompente e l’energia che percepisci addosso quando sei davanti a una delle sue tele. Sul piano più concettuale e culturale Virgilio Guidi ha rappresentato per la mia generazione il vero riferimento. Guidi era un maestro, non tanto sul piano compositivo quanto piuttosto per le sue idee, per la sua fenomenologia della luce, per la sua grande cultura e per la modernità che sapeva ispirare la sua pittura, sempre diversa, sempre tesa a rinnovare se stessa».

Cromovibrazione luce nero (1968)

Quale movimento artistico le ha trasmesso più libertà?

«Mi considero un astrattista patologico e, a parte una breve esperienza propedeutica, dal 1950 ho interrotto qualsiasi riferimento pittorico al reale. Quindi se c’è un movimento a cui ho guardato è senz’altro quello che riguarda la complessità della corrente astratta, sia nella variante geometrica e razionale di Mondrian, sia attraverso quella comunemente definita “lirica”, promossa da Kandinsky».

Quali momenti della storia dell’arte per lei sono stati decisivi per arrivare alla varietà e libertà d’espressione artistica che abbiamo oggi?

«L’astrattismo è stato il momento attraverso il quale l’artista ha finalmente potuto liberare la sua creatività, affrontando un mondo allora impensabile da indagare: quello interiore. All’inizio erano in pochi a comprendere che quel mondo era perfino più importante di quello esteriore, riconoscibile da tutti. Il visibile l’ho sempre ritenuto meno interessante, meno affascinante. Cos’è la vera bellezza? Secondo me non è quella che abbiamo sotto gli occhi».

Cosa comunica l’arte contemporanea oggi al tempo dei social media e della comunicazione di massa e che ruolo può avere per l’educazione al bello delle nuove generazioni?

«Al tempo in cui dipingevo con l’aerografo le mie forme luminose in espansione, all’interno di quella ricerca percettivistica comunemente chiamata Op Art (Optical Art) e programmata, arrivai ad un punto, verso la fine degli anni settanta, in cui decisi che non era più stimolante continuare. La computer grafica cominciava col delinearsi come un sistema di riproduzione più affidabile e infinitamente più aperto ad ogni registro creativo. La scienza e la tecnica spesso sono state viste come sostitutive della creatività umana, e questo a mio avviso è un errore che fanno le generazioni più giovani. Come posso perciò sentirmi in sintonia con il mondo che oggi definiamo digitale? Osservo quotidianamente ragazzi e adulti chini verso il proprio telefono, è forse questo il nostro futuro? Tutto questo non mi appartiene».

Architettura del colore (1995)

Ha nostalgia di qualcosa?

«Negli anni ‘50 a Venezia “passava il mondo”, noi eravamo felici con poco. La mia pittura è tutta in quel decennio, la mia ricerca se ha valore, lo ha per ciò che ho fatto negli anni cinquanta, i decenni successivi sono stati conseguenti a quel periodo. Rimpianti? Forse mi fa questa domanda per la mia età, ma mi dispiace deluderla, non ho rimpianti da raccontarle, sono abituato a guardare più al presente che al passato».

Tutti hanno rimpianti, Maestro.

«Insiste? Allora le confesso questo: forse il mio unico rimpianto e di non avere avuto abbastanza ambizione quando, nei primi anni sessanta, mi trovavo a Milano e collaboravo con Dino Gavina, ecco forse allora avrei dovuto inserirmi maggiormente nel mondo artistico milanese, invece mi son sempre mantenuto ai margini. Conoscevo Fontana, Manzoni, Scanavino, i fratelli Castiglioni e tanti altri ma in realtà non ho mai pensato di utilizzare le mie frequentazioni per proporre né tanto meno per imporre il mio lavoro. Ho sbagliato, ma non me ne faccio certo un cruccio».

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Il verso del blu (1999)

Cosa verrà dopo

Che ne sarà del mondo dell’arte nel mondo post-Covid?

«Sarà quello di sempre, non credo a quanti dicono che il mondo sarà migliore. Non credo a chi dice che le nostre abitudini cambieranno per sempre, che ci aspetta un mondo nuovo. In 90 anni di vita ne ho viste troppe, e ogni volta la storia si è ripetuta in maniera circolare. Ho molti dubbi che l’uomo possa cambiare, e quando lo fa, in genere lo fa in peggio».

E dell’arte spazialista che ne sarà dopo di lei?

«Lo spazialismo è morto con Lucio Fondana, Edmondo Bacci, Vinicio Vianello, Gino Morandis e Mario De Luigi. Inutile girarci intorno: oggi non esiste. La storia dell’arte un giorno farà i conti con quell’esperienza straordinaria e scoprirà che si trattava di un programma che calzava bene soltanto per le opere di Fontana che ritengo ancora oggi l’unico e il vero spazialista. Il Movimento Spazialista non esiste più oggi e sa cosa? A volte ho dubbi che sia mai esistito, anche allora».

Marco Mantovan Ninja Marketing Twitter

10+1 volte che Elon Musk ha davvero esagerato su Twitter

Immagina per un secondo di essere Elon Musk e di “ritrovarti” a capo di aziende come Tesla, SpaceX e NeuraLink.

Immagina di essere una delle persone più potenti del mondo e di comparire al 5° posto della classifica delle persone più ricche al mondo di Forbes, con un patrimonio di 74 miliardi di dollari.

Cosa fai, non lo pubblichi un Tweet ogni tanto?

La classifica è puramente casuale, sia in termini di pubblicazione che di miliardi di dollari di valore persi dalle sue aziende.

1. Elon Musk e la sua onestà

È nota la passione di Elon Musk per Twitter.

Tanto che lui in primis utilizza spesso la piattaforma per condividere immagini, video e GIF.

Marco Mantovan Tweet 1 Elon Musk

In risposta ad un suo Tweet del 2011, Musk sottolinea la sua “pazzia” quando utilizza la piattaforma.

I was always crazy on twitter fyi.

2. Può un Tweet valere 14 miliardi di dollari?

Sì, se ti chiami Elon Musk e dichiari che le azioni della tua azienda, Tesla, valgono troppo!

Marco Mantovan Tweet 2 Elon Musk

Questo Tweet ha fatto infuriare tutti gli azionisti, che hanno visto diminuire drasticamente il valore delle azioni di Tesla.

Molti piccoli azionisti hanno commentato il Tweet, anche in modo poco educato.

3. Elon Musk e Baby Yoda

Marco Mantovan Tweet 3 Elon Musk

Nessuno può negare il fatto che sia un genio, ma non per questo immune alla dolcezza di Baby Yoda.

– “Andremo su Marte” – “Ok bro”.

4. Elon Musk e la sua risposta al COVID-19

Dopo la dichiarazione di lockdown da parte del governo degli Stati Uniti, Musk ha cinguettato la sua disapprovazione.

Marco Mantovan Tweet Elon Musk 5

Successivamente ha predetto, in modo errato il susseguirsi della vicenda, dichiarando che “Probabilmente ci saranno quasi zero nuovi casi negli Stati Uniti, entro la fine di aprile”.

Non è mancato nemmeno un attacco alla CNN, che aveva dichiarato che i ventilatori promessi da Tesla agli ospedali, non erano ancora stati consegnati.

5. Brindiamo ai successi

Ha affermato di aver letto questa frase su una T-Shirt.

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Ma considerando i 610.000 like, possiamo affermare che l’audience abbia gradito!

6. La guerra ai monopoli di Elon Musk

Successivamente alla scelta di Amazon di non pubblicare un libro, il cui tema principale fosse il COVID-19, Elon Musk ha dichiarato: “Amazon dev’essere divisa in più aziende, i monopoli sono sbagliati”.

Marco Mantovan Tweet Elon Musk 8

Né Amazon e né Jeff Bezos hanno ancora risposto a queste dichiarazioni.

7. I dettagli fanno la differenza

Se ti stai chiedendo perché non hai un patrimonio di 74 miliardi dollari, io ti chiedo: ti sei mai interessato alle bandiere del Chad e della Romania?

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Lui sì!

8. Bombardiamo Marte!

Nel 2015, ospite ad un Late Show, Musk si è fatto “sfuggire” che l’unica soluzione per rendere abitabile il pianeta rosso è quella di bombardarlo con armi termonucleari.

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Nel 2019 ha ribadito la sua intenzione con un Tweet. Ora, SpaceX vende le magliette con la scritta “Nuke Mars”.

LEGGI ANCHE: Elon Musk svela Starship la navicella che ci porterà sulla Luna e su Marte.

9. Il mondo è un videogioco

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“Se la vita è un videogioco, la grafica è fantastica, ma la trama è confusa e il tutorial è troppo lungo”.

E se Elon Musk avesse ragione e noi stessimo vivendo una partita di The Sims?

10. Il Tweet sulla cannabis

Il 20 Aprile o 04/20, è una festa popolare per celebrare la cultura della cannabis.

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Ovviamente il tweet era uno scherzo, ma la SEC non è stata dello stesso parere, tanto da obbligare Elon Musk a pagare una multa di 20 milioni di dollari e di dimettersi per tre anni dal consiglio di amministrazione di Tesla.

10+1. Elon Musk compra Fortnite e lo cancella

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Musk dopo aver condiviso uno screen di un falso articolo, ha dichiarato: “Ho dovuto salvare questi ragazzini dalla verginità eterna”

Il tweet ha destato l’interesse di molti streamer famosi che hanno appoggiato in pieno la battuta.

Per restare al passo con le uscite del nostro “Tony Stark” ti consiglio di seguire il suo profilo Twitter.

testate giornalistiche tiktok

TikTok apre il suo algoritmo e sfida i concorrenti a fare lo stesso

  • In un post sul blog, il CEO di TikTok ha annunciato l’adozione di nuove misure per consentire a tutti di accedere agli algoritmi che utilizza.
  • Il momento della notizia è significativo. Facebook, Google, Apple e Amazon hanno affrontato proprio ieri il panel antitrust del Congresso e anche TikTok è stata menzionata durante l’audizione.

 

TikTok vuole essere trasparente. Deve farlo, più che mai ora, per evitare la chiusura di molti, troppi mercati a livello globale.

L’azienda ha per questo annunciato l’adozione di nuove misure per consentire a tutti di accedere agli algoritmi che utilizza per ordinare e condividere i video degli utenti, e permetterà agli esperti di “osservare le politiche di moderazione in tempo reale”.

In un post pubblicato mercoledì sul blog, il CEO di TikTok, Kevin Mayer, ha detto che i recenti cambiamenti hanno messo la società “un passo avanti rispetto al settore” e ha sfidato i rivali a seguirne l’esempio. “Riteniamo che la nostra intera industry debba essere tenuta ad uno standard eccezionalmente alto”, scrive Mayer. “Ecco perché crediamo che tutte le aziende dovrebbero rivelare i loro algoritmi, le politiche di moderazione e i flussi di dati alle autorità di regolamentazione. Non aspetteremo che arrivi la regolamentazione, ma TikTok ha invece fatto il primo passo lanciando un Centro di Trasparenza e Responsabilità per la moderazione e le pratiche sui dati”.

LEGGI ANCHE: TikTok lascia Hong Kong: ecco cosa c’è da sapere se fai marketing

tiktok ceo

In anticipo sui competitor (mentre Facebook è davanti al Congresso)

Il momento della notizia è significativo. Facebook, Google, Apple e Amazon hanno affrontato proprio ieri il panel antitrust della House Judiciary, e anche se TikTok non è tra le aziende che si trovano ad affrontare lo scrutinio del Congresso, è stata menzionata durante i lavori. Nelle passate apparizioni, Mark Zuckerberg ha indicato TikTok come un esempio di concorrenza all’interno dello spazio delle applicazioni social e usato l’azienda come una dimostrazione del perché le aziende tecnologiche americane devono essere libere di contrastare l’ascesa della Cina.

Nei commenti pubblicati ieri, il CEO presenta la competizione tra Facebook e i suoi rivali stranieri come una battaglia ideologica.

“Crediamo nei valori – democrazia, concorrenza, inclusione e libera espressione – su cui si è costruita l’economia americana”, ha scritto Zuckerberg. “Molte altre aziende tecnologiche condividono questi valori, ma non c’è garanzia che i nostri valori vinceranno”. Ad esempio, la Cina sta costruendo una sua versione di internet incentrata su idee molto diverse, ed esporta la sua visione in altri Paesi.

Mayer risponde a questi commenti nel suo post sul blog, dicendo che vuole concentrarsi sulla “concorrenza leale e aperta” piuttosto che affrontare “gli attacchi maligni del nostro concorrente – cioè Facebook – travestiti da patriottismo”.

Le argomentazioni di Facebook, tuttavia, troveranno certamente un orecchio comprensivo al Congresso. I politici statunitensi hanno infatti messo in guardia da mesi sui pericoli dell’influenza di TikTok, e l’amministrazione Trump si è spinta al punto di suggerire che potrebbe esserci un divieto.

Questa pressione ha messo TikTok in una situazione difficile, ed è per questo che l’azienda sta aprendo i suoi algoritmi e le sue politiche di moderazione. Permette all’azienda di contrastare le affermazioni che censurano i contenuti per compiacere il governo cinese, una delle critiche preferite dai politici statunitensi. Inoltre, la società rimette l’onere della trasparenza su Facebook, che ha ricevuto moltissime critiche per la gestione delle sue policy.

ceo del tech congresso

Amazon, Facebook, Apple e Google: i quattro titani del Tech interrogati dal Congresso

  • I CEO di Apple, Amazon, Facebook e Alphabet, la società madre di Google, hanno testimoniato ieri davanti alla commissione antitrust del Congresso degli Stati Uniti.
  • È estremamente raro che uno dei CEO dei giganti della tecnologia testimoni davanti al Congresso, per non parlare del fatto che in questo caso sono stati convocati tutti e quattro insieme.
  • La commissione si sta avvicinando alla fine di un anno di indagini per stabilire se le aziende hanno un controllo eccessivo sul mercato o se hanno utilizzato pratiche anticoncorrenziali e utilizzerà queste testimonianze per completare la sua indagine.

 

I CEO delle quattro società Tech più importanti – tra cui due degli uomini più ricchi del mondo – si sono presentati ieri davanti al comitato antitrust della Commissione giudiziaria della Camera. Il CEO di Amazon Jeff Bezos, il CEO di Apple Tim Cook, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg e Sundar Pichai , il CEO di Alphabet. Tutte insieme le quattro multinazionali hanno un valore superiore ai cinquemila miliardi di dollari.

La commissione ha interrogato i CEO di Apple, Google, Facebook e Amazon in una storica indagine della Camera.

Nell’audizione mancava Microsoft, anche se solo pochi giorni fa in Europa era stata accusata da Slack proprio di bloccare la concorrenza.

Cosa è successo

Il CEO di Amazon Jeff Bezos, il CEO di Apple Tim Cook, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg e Sundar Pichai di Alphabet (società madre di Google) hanno testimoniato nell’ambito di un’indagine in corso da parte della sottocommissione antitrust della Camera, per verificare se le aziende tecnologiche hanno usato il loro controllo del mercato per contrastare in modo sleale i concorrenti e per difendere le proprie posizioni.

L’udienza ha avuto luogo in un’atmosfera distopica, poiché più di una dozzina di commissari hanno affrontato i quattro titani tecnologici, i cui volti sono stati proiettati su grandi schermi nella sala d’udienza.

Zuckerberg, Pichai, Cook e Bezos sono stati interrogati su una miriade di argomenti, dalle pratiche anticoncorrenziali alla sicurezza degli utenti fino all’acquisto di piccole aziende per eliminarne la possibile concorrenza.

Ma non è finita qui, perché ci sono state anche domande sul ruolo della Cina.

Il Congresso, che era stato accusato in altre udienze come quella per Cambridge Analytica di “inettitudine tecnologica”, ha condotto questa audizione senza problemi.

Zuckerberg ha difeso le acquisizioni di Facebook nei suoi commenti preparati, affermando che WhatsApp e Instagram non sarebbero sopravvissute se non fossero state acquisite. Zuckerberg ha inoltre definito il successo di Facebook come cruciale per mantenere gli Stati Uniti competitivi con la Cina.

Pichai e Cook hanno adottato approcci simili nelle loro difese di Apple e Google, ed  entrambi hanno sottolineato che le loro aziende hanno affrontato la concorrenza in quasi tutti i settori e hanno sostenuto di aver creato piattaforme che consentono alle startup più piccole di raggiungere un pubblico più ampio.

Bezos ha ripetutamente definito Amazon piccola accanto a concorrenti come Walmart (Amazon controlla la maggioranza del Retail online, ma non la vendita al Retail totale), sostenendo allo stesso tempo che le dimensioni di Amazon sono necessarie per mantenere in funzione l’economia online perché “così come il mondo ha bisogno di piccole aziende, ha bisogno anche di grandi aziende”.

Fine di un’era?

Prima ancora che l’udienza iniziasse, il senatore Bernie Sanders richiamava a “rompere la Big Tech” e il presidente Trump minacciava un ordine esecutivo.

In effetti Trump ha già firmato un ordine esecutivo che minaccia di penalizzare Twitter dopo aver controllato i suoi tweet.

Una parte del Congresso degli Stati Uniti guarda ormai la Silicon Valley con sospetto. E quello che è andato in scena è l’inizio di un processo che però probabilmente porterà a nuove regole nel mondo del digitale a livello globale.

fake news immagine

Guida pratica per combattere la disinformazione: ecco come riconoscerla

  • Quasi ogni giorno qualche notizia viene travisata o modificata e, grazie al suo potere virale, diventa una fake news.
  • I social network stanno provando ad arginare il problema, diventato più impellente che mai durante il Coronavirus, ma non basta.
  • TikTok lancia una campagna per insegnare la media literacy: ecco come scovare e combattere le fake news in un elenco di cose da fare.

 

Qualche tempo fa ho ricevuto un messaggio che mi avvisava di un evento astronomico molto interessante che avrebbe dovuto avvenire la notte tra il 27 e il 28 luglio: una “luna rossa”, causata da nientedimenoche l’eclissi più lunga del secolo.

E così come me, migliaia di altre persone hanno letto lo stesso testo su Whatsapp o addirittura su testate come Repubblica e Sky24. Ma quando sono andata a cercare più informazioni online, mi sono trovata davanti a un ironico dejavù: la fantomatica eclissi non ci sarebbe stata, perché ha in realtà avuto luogo 2 anni fa.

Un errore di data, probabilmente. O forse uno scherzo. Fatto sta che, per quel magico potere della viralità online su cui ancora abbiamo così tanto da comprendere, la notizia ha iniziato a rimbalzare di Whatsapp in Whatsapp, di sito in sito, fino a diventare una fake news.

Fa niente – un errore innocente, una bufala che non ha fatto del male a nessuno. Giusto?

Giusto. Ma anche sbagliato. Perché mi ha fatto riflettere, insieme alle tante notizie più o meno false che ho visto specialmente durante i mesi di lockdown girare sui social o persino arrivarmi su WhatsApp, su quanto sia facile manipolare la realtà online.

Una piccola informazione omessa, come l’anno della data, può portare tutta Italia a condividere una notizia palesemente falsa.

O ancora, un luogo mancante può invece far sì che il video di un cerbiatto filmato nel 2016 (e già stato oggetto di fake news nel 2018) torni a diventare virale come caso di “natura che si riprende i suoi spazi” durante la quarantena. E così via, in una sequenza a cui ormai siamo fin troppo abituati.

LEGGI ANCHE: Il Coronavirus sui social: come evitare le fake news (e non farsi prendere dalla psicosi)

A chi spetta il controllo sulle fake news?

Quando parliamo di errori in buona fede come questi, ci si può fare su una risata. Ma quando invece c’è del dolo dietro la creazione o la manipolazione di un contenuto, non c’è niente da ridere.

In casi del genere, un post sui social può arrivare ad essere veicolo di odio razziale, di disinformazione medica, o addirittura influenzare la scelta di un partito politico piuttosto che un altro.

Tanto è il potere dell’informazione. E tanto è facile cadere nella trappola di un piccolo, innocente “condividi”.

E se è ovvio il ruolo di giornalisti e professionisti della comunicazione, che dovrebbero fare da filtro e procedere sempre alla verifica di ogni fonte, sono spesso proprio i canali ufficiali a sbagliare e a “convalidare” una fake news per errore o per fretta.

È quindi compito e dovere del singolo imbarcarsi in un percorso di analisi e di scoperta degno di un vero e proprio detective per verificare la veridicità di ciò che si trova davanti ed, eventualmente, se abbia senso condividerlo.

La cattiva notizia? Non è facile, specialmente in alcuni casi. Quella buona? È una questione di abitudine, di “mindset”; una volta capito quali sono i passaggi concreti da compiere per identificare una fake news, e allenato il nostro investigatore privato personale a farlo un paio di volte, diventa molto più facile riuscirci.

come interrompere fake news

La guerra dei social alle Fake News

Negli ultimi anni, dopo scandali su scandali e situazioni sempre più gravi di proliferazione delle Fake News online, i social media hanno iniziato a prendere in mano il problema.

C’erano già stati diversi timidi tentativi, ma quest’anno un evento globale ci ha messo davanti ad una vera e propria esplosione incontrollata del problema: l’epidemia di Covid-19.

Già le informazioni di per sé erano sparse e disorganizzate, a volte apertamente contraddittorie tra loro anche quando venivano da fonti ufficiali; la corsa alla “breaking news”, il panico generalizzato e anche la mala fede di singoli e alcune aziende hanno fatto il resto.

Così negli ultimi mesi sono proliferati esperti, farmaci miracolosi, informazioni di dubbia qualità, etc etc. Tutte amplificate e ingigantite dal gigantesco palcoscenico su cui tutti ci esibiamo: i social media.

Tra le misure prese dai giganti del web,

  • Twitter ha deciso di eliminare i contenuti che apertamente promuovevano cure fasulle o negavano quanto detto dalle fonti ufficiali;
  • Facebook ha creato una sezione ufficiale dedicata alla racconta di informazioni ufficiali sul Coronavirus, posizionata in cima al News Feed;
  • Reddit ha ospitato sessioni di domande e risposte ufficiali tenute da esperti di vari ambiti.

In generale, qualsiasi sistema di “sorveglianza” si può basare su un misto di Intelligenza Artificiale (che individua determinate parole chiave, ad esempio) e di supporto degli utenti, tramite la possibilità di “segnalare” i contenuti fake.

Ma è abbastanza? Chiaramente no. WhatsApp ad esempio si sottrae a questa possibilità grazie al fatto che i messaggi sono crittografati – una cosa essenziale per la nostra privacy, ma uno scudo meraviglioso per le fake news che possono essere diffuse qui.

Cosa serve quindi? È necessaria quella che viene definita “media literacy“.

A scuola di Media Literacy

L’Unione Europea la definisce ufficialmente come “la capacità di accedere ai media, di comprendere e valutarne criticamente i diversi aspetti a cominciare dai loro contenuti, di creare comunicazione in una varietà di contesti”. Ed è a tutti gli effetti una capacità che si deve apprendere tramite studio ed esercizio, esattamente come qualunque altra, tanto che dovrebbe essere insegnata nelle scuole.

E infatti, dove questo tema è stato seriamente introdotto nelle politiche locali dai governi è dove le fake news hanno iniziato ad avere meno seguito.

paesi con resistenza alle fake news

I Paesi nordici e in particolare la Finlandia che, grazie ad un programma implementato dal governo fin dalle scuole elementari per incoraggiare il pensiero critico online, si è posizionata prima per capacità di resistere alla disinformazione e alle fake news.

Verso l’educazione digitale: entra in campo TikTok

La soluzione quindi è una sola: educare, ed educarci, a riconoscere le fake news e a difenderci da esse, stroncandole sul nascere.

L’ultimo arrivato a provarci è TikTok, il social network che è decisamente arrivato alla ribalta quest’anno e che accoglie soprattutto giovani e giovanissimi, e che su questo argomento ha lanciato una campagna di influencer marketing molto originale.

In una serie di video divertenti e originali, gli influencer della piattaforma affrontano il tema della media literacy nel modo scanzonato che ha determinato il successo dei brevi video che contraddistinguono questo social.

E quindi, con il loro aiuto e integrando il tutto con qualche informazione aggiuntiva, proviamo a stilare una breve guida per identificare, smascherare e debellare ogni fake news che possa arrivare davanti ai nostri occhi.

LEGGI ANCHE: Le sfide del giornalismo di oggi tra post-verità e fake news

La guida anti Fake News: come impedire alle notizie false di passare sotto i nostri radar

  1. Rallenta e ragiona: ogni qualvolta che un contenuto che sembra “troppo XXX per essere vero” ti capita davanti, fermati e chiediti: c’è qualcosa di strano? Le fake news che hanno maggior carica virale sono quasi sempre quelle che suscitano una forte reazione emotiva, positiva o negativa. Storie che sembrano troppo ridicole o che confermano in maniera cieca un pregiudizio diffuso sono ottimi veicoli di falsità. Da ultimo, se un contenuto del genere ti incita a spendere soldi per qualcosa, tutti i tuoi allarmi mentali da fake news dovrebbero iniziare a emettere suoni e luci all’unisono.
  2. Identifica la fonte: non importa da chi arriva il messaggio e quanto affidabile ti sembra la pagina. Non ti fermare alle apparenze, leggi bene l’URL (molti siti di fake news somigliano a note testate con qualche tipo di typo nel nome) e se serve cerca di capire chi è l’autore. Controlla anche la data, e se ci sono link di approfondimento prova a seguirli per vedere se il sito originario è affidabile o meno. Come regola generale, considera che se arriva su WhatsApp e ti sembra un testo copiato e incollato, allora è quasi sicuramente fake.
  3. Fai le domande giuste: nella stragrande maggioranza dei casi basta copiare e incollare il testo ricevuto su Google per scoprire in pochi secondi se si tratta di una notizia vera o di un fake.

    combattere fake news tiktok

  4. Dai un feedback se non è affidabile: su tutti i social c’è la possibilità di “segnalare” i contenuti inappropriati, e le fake news hanno una voce specifica. Se invece il messaggio ti arriva da un parente o amico, faglielo notare personalmente: è importante che le notizie false vengano smantellate con la stessa intensità virale con cui si diffondono.
  5. Confronta più fonti: se si tratta di una notizia vera ma che ti pare esagerata o falsa, prova a verificare come ne parlano altre testate, idealmente verifica anche in inglese perché spesso i media italiani amano fare sensazionalismo.
  6. Se sei in dubbio…non condividere! Se nonostante la tua breve ricerca non riesci a capire se la notizia è vera o falsa, nel dubbio evita di condividerla e di supportare il meccanismo virale. Soprattutto se i motivi che ti spingono a condividere sono negativi (rabbia, tristezza, accuse…). È anche compito tuo fermare le fake news, ed è una scelta che ciascuno di noi deve fare personalmente.
  7. Bravo. Ora ripeti da capo per la volta successiva. Ogni volta che stai per premere “condividi” o “inoltra”, una vocina dovrebbe attivarsi nel tuo cervello e dirti: “sei proprio sicuro sicuro sicuro?”
sales and marketing

Smarketing: l’allineamento tra marketing e sales nell’era del remoto

  • Smarketing è un processo trasversale e di allineamento tra Sales e Marketing all’interno dell’organizzazione. Ha come base obiettivi comuni ed è focalizzato sulla crescita del fatturato e il miglioramento della customer experience
  • L’allineamento tra sales e marketing prevede l’utilizzo di strumenti condivisi e processi data-driven
  • Il distanziamento sociale sta trasformando il lavoro del commerciale. Aumentano i canali digitali e il supporto del marketing anche nelle fasi finali di acquisto

Silos, disallineamenti, scarsa comunicazione, competizione. Sono elementi che ancora oggi caratterizzano il rapporto tra marketing e sales in molte aziende. Soprattutto in quelle organizzazioni dove prevalgono le gerarchie ai processi e dove il raggiungimento dell’obiettivo è confinato al reparto anziché all’organizzazione.

Questo scenario, di sales e marketing ognuno per la propria strada, già da qualche anno ha dimostrato tutta la sua inefficienza, soprattutto quando parliamo di concetti come customer experience, omnichannel e consumatore consapevole. La necessità di una collaborazione tra le due aree, emerge in particolare oggi che il distanziamento sociale sta modificando radicalmente il contesto di vendita in ottica digitale.

Hubspot definisce l’allineamento tra Sales e Marketing come Smarketing. Nei prossimi paragrafi ci addentreremo su questo tema con le best practice, strategie e  strumenti che facilitano e supportano la collaborazione tra le due aree. Ci concentreremo infine sull’evoluzione digitale delle vendite nei contesti B2B.

Smarketing

Smarketing = Sales + Marketing

Lo Smarketing è un processo di allineamento tra il team sales e marketing intorno a obiettivi comuni all’interno dell’organizzazione, focalizzato sul la crescita del fatturato e il miglioramento della customer experience. Si integra bene con l’approccio inbound marketing, che accompagna in varie fasi un utente che non conosce l’azienda, a diventare lead qualificato e andare verso l’acquisto e il referral.

Lo smarketing è particolarmente efficace per quei prodotti e servizi complessi e con un percorso di acquisto lungo, soprattutto in ambito B2B. Secondo Hubspot l’allineamento tra Sales e Marketing genera un 208% in più sui ricavi dagli sforzi del marketing.

Un esempio di Smarketing

Facciamo un esempio di percorso di acquisto per capire meglio il processo.

Siamo un’azienda Saas, che vende un’applicazione per supportare il project management con approccio agile in ambito B2B. Ho bisogno di far conoscere la mia applicazione e acquisire nuovi contatti. Decido di adottare l’approccio inbound.

Il reparto marketing struttura un sito web con contenuti seo oriented e posiziona il brand sui motori di ricerca per determinate parole chiave come “software project management”.

Inserisce quindi sul sito web dei lead magnet, per esempio una guida per i KPI nel project management, che può essere scaricata lasciando nome, cognome, email. Nel momento in cui l’utente scarica la guida, diventa un lead e inizia un percorso di nurturing, ossia di nutrimento per farlo passare da un lead meno interessato a molto interessato. Il nutrimento può avvenire con contenuti educativi alternati a contenuti commerciali. Nel momento in cui l’utente è qualificato (secondo parametri decisi precedentemente), perché ha interagito con i nostri contenuti e visitato pagine commerciali, passa al commerciale, che allineato dal marketing adotterà una strategia e comunicazione personalizzata.

Il marketing non scompare, ma viene allineato dal commerciale e continua a seguire il lead, fornendo supporto anche durante le fasi di vendita e post-vendita. Marketing e Sales collaborano sugli stessi contatti con metriche condivise e ognuno informa l’altro regolarmente sull’andamento.

Se non ci fosse questo allineamento, l’esperienza utente ne risentirebbe, ma anche l’efficienza. Per esempio se il marketing passasse al commerciale semplicemente la lista dei contatti, quest’ultimo potrebbe non sapere che la persona che sta contattando è molto informata sulla piattaforma, perché ha usufruito di tutti i contenuti di approfondimento pubblicati sul sito. Il commerciale quindi inizierebbe a rispiegare tutto daccapo al lead in modo generico e magari omettendo dei punti sui quali quest’ultimo si era soffermato maggiormente, come la gestione della privacy nel software. D’altra parte il marketing senza allineamento, potrebbe non sapere se il suo lavoro sta funzionando, se il lead è interessato all’offerta, quali punti ha bisogno di approfondire, quali perplessità riscontra, se conosceva l’azienda, ecc.

Il processo dovrebbe quindi essere unico e l’acquisto, diventare un goal comune.

Come allineare Sales e Marketing

Un processo smarketing porta notevoli benefici e aumenta l’efficienza in azienda e il fatturato. Come strutturarlo?

1. Obiettivi chiari e definiti

Sembra banale, ma avere in azienda obiettivi ben delineati e tradotti per l’area Sales e Marketing è l’elemento fondamentale per andare tutti insieme nella stessa direzione.

2. Processi

Anche questo può sembrare scontato, ma in molte organizzazioni i silos ostacolano i processi, chiudendo le collaborazioni all’interno del singolo reparto. Strutturare processi, significa stabilire per ogni fase del customer journey, quali sono le attività di ogni reparto, i contenuti, le metriche di riferimento. I processi sono orizzontali all’organizzazione e non dovrebbero essere contrastati dalle gerarchie.

3. Comunicazione

Nei processi è bene stabilire allineamenti periodici tra le due aree, per discutere e condividere: progressi con dati alla mano;  vittorie ottenute; eventuali cambi di strategie o novità rispetto al prodotto e servizio. Sarebbe bene anche far partecipare il marketing a delle call o incontri con il potenziale cliente, in modo che possa capire il valore di ogni singolo lead generato e comprendere anche meglio qual è il lead di qualità di cui il commerciale ha bisogno. Dall’altra parte sarebbe utile che almeno un rappresentante del team sales partecipasse alle riunioni di marketing, in cui si discutono nuove strategie e contenuti da proporre. Un comportamento di collaborazione e allineamento porta marketing e sales a combattere la stessa battaglia.

4. Dati

I processi data-driven non lasciano spazio alle opinioni personali e aiutano le due aree a sentirsi responsabili nel raggiungimento dell’obiettivo. Le metriche di riferimento è fondamentale stabilirle all’inizio, quando si struttura il processo, e discutere sui dati durante i meeting di allineamento.

5. Strumenti Condivisi

Ci sono strumenti che supportano la condivisione delle informazioni tra le due aree e il monitoraggio dei lead. Parliamo di software come CRM e Marketing Automation, che permettono all’area Sales di capire quali campagne sono state fatte e quali contenuti inviati e usufruiti dal lead, e dall’altra parte il marketing può monitorare le opportunità in corso, le call avvenute, e intervenire se necessario anche nella fase di vendita e post-vendita in accordo con il commerciale.

6. Service Level Agreement

Il Service Level Agreement è un contratto interno tra sales e marketing, che stabilisce quali risultati le due parti concordano di fornire l’una all’altra.  Si deve basare su obiettivi concreti e numerici. Il documento, di cui Hubspot fornisce un template gratuito, include: una overview, obiettivi di entrambe le aree; le caratteristiche di un lead qualificato; il lead scoring; le responsabilità sales e marketing; quali canali verranno utilizzati; quante riunioni effettuate e come verranno dati i feedback e quali report sono previsti.

7. Ricompensa

Se gli obiettivi sono comuni, perché non prevedere una ricompensa sia per sales, che per marketing sulle vittorie ottenute?

L’evoluzione del Sales nell’era della pandemia

Il distanziamento sociale, la riduzione degli spostamenti e il lavoro da remoto, stanno cambiando radicalmente anche l’area Sales. Se negli anni passati, il modello principale rimaneva la visita in presenza, con il commerciale che girava il mondo con la sua valigetta e le strette di mano, oggi l’interazione digitale sta sostituendo quella in presenza. L’allineamento con il marketing e il processo smarketing anche nella parte più bassa del funnel non è quindi più un plus, ma una necessità.

Davvero interessante su questo tema, la survey di McKinsey lanciata lo scorso Aprile per indagare il cambio di comportamenti nei decision-maker B2B. Le interazioni online sono oggi importanti più del doppio rispetto alle interazioni tradizionali. Quasi il 90% delle vendite è passato a un modello di vendita di videoconferenza, telefono, web e, sebbene rimanga un po ‘di scetticismo, più della metà ritiene che ciò sia uguale o più efficace dei modelli di vendita utilizzati prima del COVID-19.

Il dato interessante è che molti di questi cambiamenti digitali diventeranno probabilmente permanenti.

smarketing _ survey McKinsey

Self-service e canali digitali

Un altro dato interessante è l’aumento dei canali self-service rispetto a quelli diretti nel B2B. Nel 2019 vengono preferiti per oltre il 60% in tutte le fasi del processo decisionale di acquisto: ricerca, valutazione, ordine e riordine. Tra i canali self-service oltre il sito web, le app del fornitore, le community online, i social media.

smarketing mckinsey

Sempre secondo una survey McKinsey, i fornitori che creano esperienze digitali notevoli, hanno più del doppio delle possibilità di essere scelti come fornitore primario rispetto a coloro che non lo fanno.

Ad esempio, il 33% dei buyer intervistati ha valutato l’opzione di live chat, durante la fase di ricerca, come uno dei tre requisiti principali per un fornitore best-in-class. La live chat è un’opzione che offre velocità, trasparenza e competenza, che sono gli elementi che i clienti apprezzano di più.

La vendita da remoto

Self-service e interazioni digitali, non si traducono in una scomparsa del commerciale, ma sicuramente fanno riflettere su una sua possibile trasformazione. Il commerciale con la pandemia, ha sostituito gli incontri vis-a-vis con strumenti di videoconferenza, telefono, chat.

survey mckinsey

Pensiamo in questo contesto quanto sia importante parlare di smarketing. L’allineamento tra sales e marketing è determinante in tutte le fasi di acquisto. Per realizzare una presentazione online efficace, inviare email automatizzate di reminder a una videoconferenza, organizzare webinar eventi live, creare occasioni di incontro e fornire esperienze digitali rilevanti, interattive e personalizzate. La collaborazione tra sales e marketing può ridurre la distanza sociale e accompagnare le persone all’acquisto recuperando quel tocco umano, che la presenza fisica del commerciale forniva al cliente.