Sotto tag Manager di Personas

bicicletta

Il mercato italiano della bicicletta: dal bike to work al cicloturismo

  • Il mercato italiano della bicicletta è in crescita: dalla riapertura dei negozi dopo il lockdown +60% di acquisti.
  • La bicicletta viene utilizzata solo dal 3,6% della popolazione come mezzo di trasporto, ma sono in corso molte iniziative pubbliche e private per cambiare tendenza.
  • Il cicloturismo come esperienza di viaggio, nel 2019 ha generato 4,7 miliardi di euro.

 

“Ma dove vai bellezza in bicicletta, così di fretta pedalando con ardor…” cantava negli anni Cinquanta Silvana Pampanini.

La bicicletta è uno dei mezzi più utilizzati al mondo e ha una storia antichissima oltre che un valore sociale. I primi schizzi di bicicletta sono contenuti addirittura nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci e risalgono al ‘500. Il primo modello di bici vero e proprio (draisina) risale invece all’800 tedesco.

bicicletta di Leonardo da Vinci

LEGGI ANCHE: Per il post-covid abbiamo bisogno di una ripresa economica sostenibile

In Italia la bicicletta è stata ampiamente utilizzata durante la Grande Guerra in ambito militare. Diventa popolare negli anni ’30 e ’40, come mezzo di trasporto. Con il boom economico subisce un calo, sostituita dai motocicli e dall’utilitaria. Ritorna popolare negli anni ’70 e ’80, soprattutto a scopo sportivo. Negli ultimi anni, grazie all’aumento di sensibilità verso i temi della sostenibilità e all’innovazione tecnologica dell’elettrico, la bicicletta sta prendendo sempre più piede anche come mezzo di trasporto, soprattutto nel corso dell’emergenza sanitaria.

Nel contesto attuale in cui viviamo, come si posiziona quindi la bicicletta?  Può dare una spinta alla ripresa del turismo italiano?

Nei prossimi paragrafi faremo una fotografia del mercato italiano, concentrandoci sull’utilizzo della bici come mezzo di trasporto, con alcuni progetti in corso sia a livello pubblico che privato. Guarderemo poi la bicicletta nel contesto del cicloturismo.

Il mercato delle biciclette in Italia

In Italia c’è un mercato molto attivo per le biciclette, con aziende storiche presenti soprattutto al nord. Pensiamo per esempio all’azienda Torpado, nata a Padova nel 1895, ad Atala nata a Milano nel 1907, a Bianchi, la più antica, nata nel 1885 a Milano.

Il mercato italiano registra una produzione annua stabile intorno alle 2.500.00 biciclette: nel 2019 c’è stata una crescita del +25% e il 2020 potrebbe registrarne una ancora maggiore. La richiesta di biciclette vede sicuramente un aumento di interesse nell’e-bike, ma anche nelle biciclette sportive.

bicicletta

Secondo un recente comunicato stampa di Confindustria ACMA (Associazione Nazionale ciclo motociclo e accessori), dalla riapertura dei negozi dopo il lockdown c’è stato un +60% di acquisto di bici tradizionali e a pedalata assistita rispetto lo scorso anno, intorno a 540 mila biciclette vendute. Un incentivo è sicuramente il Bonus Mobilità del Governo con il 60% di restituzione importo sull’acquisto, ma non solo, perché gli acquisti si registrano anche in Comuni al di sotto dei 50.000 abitanti, che non usufruiranno del bonus.

Un rischio, in questo momento di boom, potrebbe essere perfino una domanda che supera l’offerta a causa dello stop di produzione in questi mesi. Alcune aziende infatti stanno accelerando la produzione per recuperare il gap.

La bicicletta come mezzo di trasporto

Se la bicicletta riscuote un certo interesse in ambito sportivo e di svago, lo stesso non si può dire del suo utilizzo in Italia come mezzo di trasporto.

Secondo un report di Legambiente, la bicicletta viene utilizzata infatti solo dal 3,6% della popolazione con questo scopo. I frequent biker, cioè coloro che utilizzano la bici regolarmente per il tragitto casa-lavoro sono solo 743.000, con percentuali elevate nella provincia autonoma di Bolzano (13,2% degli occupati), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%). Le città più bike-frendly in Italia sono 12, con in testa Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso, dove un quarto della popolazione pedala per i propri spostamenti quotidiani. Nel centro-sud l’utilizzo della bicicletta per spostarsi è molto basso. Nel tragitto casa-scuola o casa- università, utilizzano la bicicletta circa 1 milione di studenti nelle regioni già citate.

bicicletta mezzo di trasporto

Il report di Legambiente ha quantificato l’ammontare dei benefici annuali in euro prodotti da ogni singolo chilometro di ciclabile nelle città dove almeno il 20% degli spostamenti viene effettuato in bici. A Bolzano i benefici in termini di risparmio di carburante, benefici sanitari, contenimento dei costi ambientali e sociali dei gas serra, riduzione di smog e motore, dall’abbattimento dei costi delle infrastrutture e dell’artificializzazione del territorio, ammontano a 1.156.849 euro l’anno, a Ferrara 751.890, a Treviso 655.873.

Progetti Ciclabili: Milano e Pesaro

A determinare alti livelli di ciclabilità nelle città è l’approccio innovativo allo spazio pubblico e alla sostanziale ridistribuzione dei pesi tra le diverse componenti del trasporto unita a una pianificazione urbana, che mette al centro le esigenze della persona e non del veicolo e punta all’efficienza dell’intero sistema locale degli spostamenti.

Rapporto Legambiente, L’Abici

La rimodellazione della città in funzione della bicicletta necessita, come cita il rapporto di Legambiente, una ridistribuzione dei pesi tra le diverse componenti del trasporto e una pianificazione urbana. Questo per esempio può significare ridurre la carreggiata o eliminare dei parcheggi auto a favore delle piste ciclabili.

piste ciclabili

Nelle città italiane, ci sono diversi progetti sulla ripianificazione urbana in fase di realizzazione.

  • Milano. Il comune ha avviato un progetto per costruire 35 chilometri di piste ciclabili entro dicembre. Tra le motivazioni principali, quelle di contenere il contagio e consentire gli spostamenti con il giusto distanziamento sociale, senza causare congestioni di traffico e aumentare l’inquinamento. I 35 chilometri di nuove piste ciclabili si aggiungeranno ai 220 chilometri già esistenti e nuovi parcheggi per bici e moto.
  • Pesaro. La bicipolitana, questo il nome del progetto a due ruote che il comune sta realizzando. Si tratta di una vera e propria metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze le biciclette. Utilizza lo schema delle metropolitane, con le linee azzurre, gialle, rosse, arancioni e i collegamenti a più parti delle città. Attualmente sono realizzate la linea verde e azzurra, le altre sono in costruzione.

Le iniziative delle aziende: Oracle e Trek Italia, Enel

Sul fronte privato anche le aziende stanno sperimentando progetti di mobilità sostenibile di bike to work. Oracle in partnership con Trek Italia nelle sedi di Roma e Milano ha messo a disposizione in bike sharing 8 biciclette a a pedalata assistita per i propri dipendenti.

Le biciclette potranno essere prenotate con una app, che permetterà anche di monitorare gli spostamenti e calcolare il risparmio in termini di inquinamento grazie alla bicicletta.

bike to work

LEGGI ANCHE: ll consumo sostenibile è in crescita. Ecco come cambiano le nostre abitudini (e anche le aziende)

Anche Enel ha messo a disposizione una flotta biciclette in bike sharing per le sedi di Firenze e Bologna. I dipendenti possono utilizzarle per spostamenti dalla sede di lavoro alla stazione ferroviaria o per altri spostamenti professionali in città.

Oltre la sostenibilità, l’utilizzo della bici per andare al lavoro porta una riduzione di stress da traffico, attività fisica quotidiana e la possibilità di attraversare i centri storici delle città.

Cicloturismo

Il cicloturismo è la visita ed esplorazione di luoghi a scopo ricreativo, di uno o più giorni, incentrata in modo prevalente e significativo sull’uso della bicicletta per finalità di svago. La bicicletta nel cicloturismo quindi riveste un ruolo rilevante nell’esperienza di viaggio. Non è considerato cicloturismo l’attività sporadica con la bicicletta.

Nel 2019 l’Italia ha registrato quasi 55 milioni di pernottamenti di cicloturisti, generando una spesa complessiva di 4,7 miliardi di euro. Di questi 20,5 milioni sono italiani, con 1,7 miliardi di euro. Questo dato potrebbe aumentare a 26 milioni nel 2020 grazie al turismo di prossimità e la possibilità che offre la bicicletta di mantenere un distanziamento sociale.

Il rapporto Isnart-Legambiente rileva che nel 2019 la maggior parte dei cicloturisti in Lombardia ed Emilia-Romagna si sono mossi nella area di residenza o limitrofe, mentre veneti e toscani hanno raggiunto anche Sicilia e Calabria. I cicloturisti stranieri tedeschi e austriaci prediligono il Trentino, i francesi Lombardia, Trentino e Sardegna. Le regioni meno toccate dalle due ruote sono Umbria, Abruzzo, Campania e Molise.

La spesa media del cicloturista è di 75 euro pro-capite, ha reddito un medio-alto e predilige le vacanze in coppia. Tra gli stranieri l’uso della bicicletta è al primo posto per le attività sportive praticate in vacanza (37,5%) a cui seguono Sci (28,8%) e Trekking (18,5%). Il cicloturismo ha in media un peso del 6% sulla domanda turistica.

Tra le ciclovie italiane con maggiore appeal turistico troviamo la ciclovia del Garda, che sarà conclusa nel 2021, attraversa 19 comuni del Lago di Garda. Dal 2018 è attiva la ciclopista del Garda, parte del progetto della ciclovia, con una pista sospesa a 50 m sul lago di Garda che collega Limone sul Garda al confine della provincia di Trento.

video marketing

Video Marketing ed eCommerce per coinvolgere le persone (e convertire)

  • Un contenuto video può arrivare ad incrementare le vendite e la conversion di un prodotto fino al +80%.
  • Il 50% degli utenti ha dichiarato di aver visto un video di prodotto o di un brand prima di una visita in store.

 

I video stanno diventando il contenuto più utilizzato per l’eCommerce, e lo strumento su cui diversi brand hanno deciso di scommettere e investire.

Nel corso degli anni, le esperienze create online sono diventate sempre più: veloci, attente alle esigenze del cliente, portando innovazioni affinché i processi siano semplici e intuitivi, sempre più vicini a ciò che ci aspettiamo in un negozio fisico.

L’esigenza crescente dei consumatori è quella però di essere sempre più coinvolti: i dati dimostrano che un video è una tipologia più coinvolgente e preferita dagli utenti.

Circa l’80% di chi naviga su un sito eCommerce predilige i contenuti video, rispetto a immagini di elevata qualità o descrizioni di prodotto; si stima che 1 minuto di video equivale a 1,8 milioni di parole comunicate.

LEGGI ANCHE: eCommerce: +17% nel 2019, ma il Coronavirus stravolge il settore

I vantaggi del video Marketing per il tuo eCommerce

I video hanno molteplici vantaggi, ma tre sono principali motivi per cui investire il proprio budget su questi contenuti potrebbe rivelarsi ottimale:

  1. Il 70% dei marketer ha dichiarato che, attraverso l’utilizzo di video, ha visto incrementare il traffico sul sito;
  2. Potresti ottenere un ranking su Google superiore rispetto all’utilizzo di una o più immagini;
  3. Potresti ottenere 80% di conversion in più su una landing page, sfruttando il potenziale dei video.

Un contenuto di questo tipo ha dunque un vantaggio superiore rispetto all’utilizzo di immagini statiche e descrizioni, ma tuttavia entrambi sono utili.
È molto importante capire i diversi obiettivi e target che si hanno in mente, una volta deciso quale tipo di contenuto utilizzare.

Immagini e descrizioni, ad esempio, danno un’idea più tecnica del prodotto che stiamo decidendo di vendere. Con un video, invece, si ha la possibilità di mostrare in modo concreto caratteristiche e benefit.

LEGGI ANCHE:L’eCommerce ai tempi del Coronavirus: numeri, trend, scenari e strategie

Qual è la tipologia di contenuto più adatta per il tuo business?

Il vantaggio di questo tipo di contenuto è quello di essere molto versatile sia a livello creativo sia come obiettivo di comunicazione.

Ciò che andremo a realizzare deve essere in linea con l’idea che abbiamo: desideriamo che il consumatore colga degli aspetti tecnici o desideriamo che il contenuto sia più di brand e virale?

Nel primo caso quello il video che sceglieremo di realizzare non è necessario che sia di impatto, o emozionale: ma semplice, chiaro e che arrivi dritto al punto.
Immaginiamo ad esempio che il vostro consumatore sia alla ricerca di una calzatura tecnica: il contenuto che si aspetterà di trovare sarà ad esempio un’immagine a 360° del prodotto o la calzatura indossata, per avere un’idea più chiara del fit.

Al contrario invece, qualora volessimo aumentare la brand awareness, il contenuto che andremo a proporre dovrà avere una forte carica emozionale.
Un video di brand può funzionare su una piattaforma eCommerce, e non è destinato solo ai social.
Il segreto però sarà quello di veicolare un solo messaggio di brand o di prodotto, scegliendo a seconda della propria strategia, evitando di inserire molteplici messaggi in un unico contenuto.

Da ultimo, i video possono essere dei validi strumenti per incentivare l’acquisto, da affiancare a strumenti di review dei prodotti. Mentre le recensioni danno un messaggio parziale al consumatore, concentrandosi su un’esperienza molto personale, le video review di prodotto posso rivelarsi molto più utili.

In primo luogo possono mostrare all’utente l’utilizzo in “tempo reale” di un prodotto, lasciando decidere a lui se le caratteristiche possono essere più o meno rilevanti per il suo scopo. In secondo luogo, come per le altre tipologie di video, si possono ottenere dei livelli di attenzione molto più elevati rispetto alla lettura di una recensione scritta.

brand activism

I consumatori chiedono un nuovo brand activism fatto di azioni concrete

  • Durante l’ultima ondata di brand activism è emersa, come non mai, la richiesta di responsabilità e autenticità da parte dei consumatori.
  • La brand self awareness è un antidoto contro l’ipocrisia aziendale e deve per forza andare di pari passo con le dichiarazioni di sostegno alle cause sociali.
  • Le azioni concrete sono ciò che i consumatori chiedono. Al contrario, i brand non faranno altro che mettere in discussione la loro credibilità.

 

Nelle ultime settimane, sulla scia della campagna Black Live Matters, molti brand si sono espressi contro il razzismo. Alcuni hanno semplicemente dichiarato la propria solidarietà, altri – come LegoBen & Jerry’s – hanno invece annunciato azioni concrete. Scelte accomunate dalla stessa volontà di stare “dalla parte giusta della storia”, ma che hanno sortito nel pubblico reazioni diverse. Se alcune aziende sono state infatti lodate per il proprio impegno, altre sono state accusate di ipocrisia e opportunismo.

Brand activism, un fenomeno in crescita

Il motivo per cui il brand activism è un fenomeno in crescita appare chiaro. Secondo un recente sondaggio condotto dalla società di consulenza Edelman, il 60% degli americani boicotterebbe o comprerebbe da un marchio in base alla sua risposta alle proteste contro l’ingiustizia razziale. E il dato è ancora più alto tra i più giovani: il 78% dei millennials ritiene che anche i brand debbano alzare la voce, mentre il 70% delle persone tra i 18 e i 34 anni cambierebbe di conseguenza le proprie scelte di di acquisto. Ma già più di quattro anni fa il 66% delle persone era disposto a pagare di più pur di avere prodotti che rispettassero principi quali ad esempio la sostenibilità ambientale.

I consumatori ritengono che le marche abbiano la possibilità di produrre un impatto concreto sulla società. Lo studio di Sprout Social del 2019, ad esempio, rivela che secondo il 66% delle persone i brand hanno il potere di facilitare un cambiamento reale, mentre il 67% di esse pensa che le loro piattaforme – in particolare i canali social – siano efficaci nell’aumentare la consapevolezza riguardo le problematiche sociali. Insomma, parafrasando Spider-Man, secondo i consumatori da un grande brand derivano grandi responsabilità sociali.

Come ha sottolineato anche l’Outlook report quindi, sempre più la fiducia nel marchio non si basa solo sui suoi prodotti o servizi, ma anche sulle scelte etiche e politiche fatte dall’azienda che vi sta dietro.

brand activism

LEGGI ANCHE:5 esempi di Brand Activism da cui trarre ispirazione

Perché i social media hanno cambiato tutto

Prima della nascita dei social media, i marchi non avevano canali di comunicazione diretta coi proprio clienti. Di conseguenza, i consumatori stessi non si aspettavano prese di posizione su tematiche sociali da parte dei propri brand preferiti. L’avvento dei social network ha invece aumentato le aspettative dei consumatori riguardo l’attivismo dei brand.

Del resto, l’ondata di indignazione in seguito all’uccisione di George Floyd non è stata guidata da testate giornalistiche o istituzioni, ma da persone comuni che hanno iniziato a condividere il proprio sdegno su Twitter e Facebook. In una simile situazione, coesistendo nello stesso spazio digitale, i marchi devono necessariamente inserirsi nelle conversazioni in modo pertinente. Ma non corrono il rischio di apparire opportunisti?

LEGGI ANCHE: Investire su sostenibilità e responsabilità sociale oggi è ancora più importante per i brand

La domanda di autenticità da parte del pubblico

Molti dei più grandi brand mondiali erano rimasti in silenzio sul tema della violenza razziale fino al momento in cui hanno twittato #BlackLivesMatter. Per questo sono apparsi opportunistici. Certo, meglio tardi che mai. Ma il brand activism va costruito nel tempo, con costanza e soprattutto autenticità. L’autenticità non è qualcosa che può essere presa in prestito o prodotta da un giorno all’altro e il suo punto di partenza è la costruzione dell’attivismo di brand sui valori fondamentali del marchio stesso.

Ma il sostegno a una o più cause non assolve automaticamente i brand dal silenzio su altre problematiche sociali: il silenzio non è più neutrale. Ciò che allora può fare un marchio è inquadrare il proprio sostegno attraverso un approccio intersezionale. Ad esempio, se un brand è impegnato nella sensibilizzazione sul cambiamento climatico, in occasione di campagne contro il razzismo potrebbe sottolineare il concetto di sproporzionalità riguardo le conseguenze dei problemi ambientali sulle persone di colore.

Infine – ma non ultima – fondamentale per l’autenticità è la brand self awareness, la consapevolezza di sé da parte del brand. Un antidoto contro l’ipocrisia aziendale che deve per forza andare di pari passo con le dichiarazioni di supporto. Cioè, inutile twittare contro il razzismo, se al suo interno l’impresa stessa non è impegnata a sradicarlo. Amazon, Ralph Lauren e Next Door sono tre esempi di brand fortemente criticati per aver rilasciato dichiarazioni di sostegno ipocrite, perché in contrasto con problematiche interne.

brand activism

LEGGI ANCHE: L’autenticità paga, 10 casi di pubblicità che lo dimostrano

Una nuova era per il brand activism

Durante quest’ultima ondata di brand activism è emersa come mai prima d’ora una richiesta di responsabilità. Denunciare il razzismo sui social media non è attivismo di marca senza azioni a sostegno, e le azioni concrete sono ciò che i consumatori chiedono. Se al contrario un marchio è tutto parole e niente azioni, questo non farà altro che mettere in discussione la sua credibilità.

Denunciare l’ipocrisia aziendale non è mai stato così facile. Internet non dimentica mai, anzi sembra fatto apposta per riesumare i problemi del passato e di conseguenza responsabilizzare i brand su ciò che fanno nel presente.

Non basta aprire il libretto degli assegni per effettuare donazioni una tantum. Occorre invece cambiare la politica interna a favore dell’inclusione razziale, rivedere i prodotti perché non siano diffusori di pregiudizi, espandere la responsabilità sociale. Un cambiamento insomma non relegato alle strategie del reparto marketing, ma abbracciato da tutta l’azienda come valore chiave su cui lavorare.

È responsabilità di ciascuna impresa abbracciare e inserire la corporate social responsibility (CSR) all’interno della propria struttura aziendale. Magari non tutte diventeranno B Corps, ma qualche ritocco al modo in cui calcolano il risultato economico aziendale contribuirà a rafforzare la responsabilità interna nei confronti della società.

Insomma, nonostante le reazioni dei brand al movimento Black Live Matters siano state talvolta superficiali, la nuova domanda di responsabilità potrebbe provocare nei marchi riflessioni più profonde e portare infine a cambiamenti sostanziali nell’autenticità del loro attivismo.

Questi valori sono già radicati nel DNA del vostro marchio? Benissimo! Altrimenti, questo è il momento di iniziare.

Come costruire la credibilità di un sito web: regole e consigli

Regole e consigli per costruire la credibilità online di un sito web

  • I visitatori che approdano sul tuo sito web decidono in pochi secondi se rimanere o andarsene, per questo l’esperienza dell’utente va curata.
  • Consigli utili per creare fiducia e credibilità nel proprio sito web e non far scappare gli utenti, ma condurli fino alla conversione.

 

Stiamo scoprendo l’acqua calda se diciamo che le persone comprano i prodotti di un marchio se lo conoscono, ne hanno almeno sentito parlare e quindi si fidano. Non è solo il prezzo ad entrare in campo o quanto è attrattiva la tua pubblicità, il rapporto che instauri con il consumatore ha un ruolo importantissimo e la parola chiave è: fiducia.

In questo articolo ti spieghiamo una serie di tattiche ninja proprio per rendere il tuo sito web altamente credibile per le persone che lo visitano, anche per la prima volta.

LEGGI ANCHE: La personalizzazione è la chiave dello shopping online.

Come costruire la credibilità di un sito web

Design e prestazioni del sito

Appena gli utenti atterrano sul tuo sito web, dovranno decidere se rimanere o andarsene. Uno dei motivi che incide fortemente è la velocità di caricamento della pagina. La parte tecnica è importante e una volta che tutti i contenuti si saranno caricati velocemente, allora il primo test è passato con successo.

Ora oltre alle prestazioni tecniche, bisogna valutare anche se la pagina è attraente agli occhi dell’utente e se trova in poco tempo proprio quello che si aspetta e stava cercando.

Le percezioni principali che il visitatore deve subito provare perché si senta rassicurato, devono essere chiare:

  • Rassicurazione sulle transazioni sicure;
  • Percezione che il prodotto sia accuratamente descritto;
  • Convinzione che i tempi di spedizione sono brevi e verranno rispettati grazie ad adeguate informazioni su termini e condizioni.

Oltre a queste tre informazioni principali assicuratevi di conoscere bene il vostro consumatore per potergli proporre proprio quello di cui ha bisogno.

  • Il design è importante, ma va pensato sulle caratteristiche del nostro consumatore. Spesso idee creative e brillanti non si spostano con la nostra tipologia di utente. Quindi attenzione a studiare tutto in sua funzione;
  • Impostate in modo chiaro tutte le informazioni di contatto e rendetele sempre ben visibili. Non inserite solo la mail, per generare maggior credibilità, scrivi anche indirizzo completo, numero di telefono e tutti i dettagli normalmente indicati;
  • Il linguaggio e la terminologia usata sul sito web, devono essere coerenti con l’audience di riferimento. Parla la lingua dei tuoi consumatori, non perderti in tecnicismi, inglesismi o costruzioni particolari solo perché è cool. Il tuo pensiero deve sempre andare ai tuoi utenti e a semplificare al massimo il dialogo con loro, perché i messaggi arrivino in modo forte e chiaro;
  • Come sempre attenzione anche a refusi ed errori grammaticali. Sembra scontato, ma la nostra credibilità e professionalità deriva anche da questo.

LEGGI ANCHE: 10 cose che dovresti sapere prima di lanciare un business online

Trasparenza e autenticità

Un altro punto cardine che incide sulla credibilità del nostro sito web, è la trasparenza. L’utente deve percepire che siamo noi, che siamo reali e autentici e deve fidarsi per comprare sul nostro sito web.

  • Inserisci una pagina ‘chi siamo’ completa, personalizzala e presentati come se stessi prendendo un caffè con il tuo interlocutore e dovessi spiegargli in modo genuino chi sei e cosa fai;
  • Sii reale e non ridicolo, non cercare di esasperare caratteristiche o esagerare. Come si dice ‘il troppo stroppia’ e non è credibile. Attieniti ai fatti, a documentare e raccontare quello che fai, piuttosto che esagerare con l’essere autoreferenziale;
  • Mostra chi lavora nel tuo team e cosa fate, fai vedere il dietro le quinte dell’azienda e mettiti a nudo proprio per far percepire l’autenticità della tua attività: tutto ciò che solo tu puoi mostrare, ti rende unico!

sitoweb_credibilita

Riprova sociale e sicurezza

Infine è importante mostrare testimonianze, consumatori soddisfatti e partner per generare quella che viene definita: riprova sociale.

Secondo il principio di riprova sociale spiegato da Robert Cialdini le persone attribuiscono importanza all’opinione di una voce esperta e credibile, ma dall’altro canto con i social media ci sono anche le riprove sociali che si basano sul comportamento di un gruppo di amici, utenti o cittadini a cui una persona si sente in qualche maniera legata o affine, e che emergono più chiaramente nelle dinamiche della social economy.

Ecco perché è importante inserire sul tuo sito web recensioni (meglio se con un punteggio alto) e testimonianze di altri utenti che hanno comprato i tuoi prodotti o servizi. I visitatori nel vedere l’esperienza e l’opinione di altre persone si sentiranno rassicurati.

Inoltre se hai dei partner che collaborano con te o segui dei clienti, puoi inserire i loro loghi e daranno credibilità al tuo lavoro.

Se invece ci sono blogger o riviste che hanno parlato di te e della tua attività puoi citarle e farne bella mostra sul tuo sito web.

Tutto ciò può contribuire a generare fiducia nel tuo sito web e nella tua attività.

Non ti resta che tornare sul tuo sito web e controllare se hai già inserito tutti questi punti, come sei messo a credibilità verso i tuoi utenti?

turismo covid-19

Breve guida 2020 per le PR nel settore hospitality

Subdolo e invisibile, il Covid-19 ha sconvolto il mondo del lavoro.

Di più: lo ha rivoluzionato proiettando tutte le categorie professionali in un futuro che, senza pandemia, avrebbe richiesto decenni per delinearsi.

In particolare è stato il settore turistico a essere travolto da questa situazione di emergenza, per questo abbiamo pensato a una piccola guida per le attività che affronteranno la stagione turistica più anomala di sempre.

Le aziende dell’hospitality hanno più bisogno di PR rispetto alle altre

Ciononostante, come dopo ogni shock sociale di proporzioni epocali, le conseguenze rischiano di essere pesantissime e gli strascichi molto dolorosi.

Come prevedibile, le attività basate sull’accoglienza del pubblico sono quelle destinate a pagare il prezzo più alto per i protocolli anti Coronavirus.

Tuttavia non è la prima volta che il settore hospitality si trova a dover fronteggiare delle crisi legate a virus di varia natura.

Un’evenienza simile era già occorsa durante l’epidemia di SARS tra il 2002 e il 2004, quando la disdetta delle prenotazioni negli hotel di tutto il mondo superò abbondantemente il 50% e quasi 10 milioni di turisti rinunciarono per paura alle proprie vacanze, generando una perdita per tutto il settore compresa tra i 30 e i 50 milioni di dollari.

Dopo appena due anni di incertezza, l’industria del turismo e della ristorazione ha fatto registrare una crescita con pochi precedenti.

Nel 2006, il settore hospitality ha influito sul prodotto interno lordo mondiale per un totale di 5.160 miliardi di dollari.

A dimostrazione che non importa quanto sono pesanti: le crisi sono sempre passeggere.

Ciò che dev’essere permanente, piuttosto, è la capacità di trarne un vantaggio competitivo sul medio e lungo periodo.

Grazie alle cloud technologies come i software che gestiscono le prenotazioni, i pagamenti contactless e addirittura le nuove app che contingentano gli ingressi fornendo informazioni aggiornate in tempo reale, il mondo del turismo dispone di strumenti per il rilancio che non possono più essere sottovalutati.

Proprio ora, nel mezzo di un impatto devastante che rischia di cancellare milioni di posti di lavoro, le strutture più colpite sono quelle che necessitano più di tutte di strategie di relazioni pubbliche efficaci in relazione all’unicità del periodo storico.

Tre imperativi da rispettare nell’hospitality

1. Riportare i vecchi clienti all’interno delle attività

Le conseguenze del Coronavirus, un po’ acceleratore di processi già in atto e un po’ rivoluzione sistemica con pochi precedenti in epoca moderna, non hanno risparmiato nessun settore.

Persino il marketing sta subendo un cambio di paradigma che fino a pochi mesi fa sarebbe risultato impensabile.

digital pr

Anche le relazioni pubbliche non fanno eccezione.

La nuova sfida per le realtà turistiche e della ristorazione non è più cercare nuovi clienti, ma far tornare quelli vecchi all’interno delle proprie attività.

Per riuscirci, le strutture del settore hospitality dovranno mutare radicalmente e in tempi brevi il proprio modo di comunicare: con il turismo straniero e gli spostamenti internazionali ancora incerti, l’obiettivo dev’essere quello di riavvicinare i clienti storici, quelli più affezionati, ricordando loro i motivi che li hanno spinti a scegliere un hotel o un ristorante piuttosto che un altro.

Mantenere attivo un contatto diretto è più importante che promuoversi urbi et orbi con una comunicazione aggressiva.

Sul piano delle PR è consigliabile piuttosto un lavoro di manutenzione, atto a mantenere stabile il prestigio del brand e fortificare la lealtà dei clienti storici, quelli che già conoscono le qualità distintive della struttura e non intendono rinunciarvi.

LEGGI ANCHE: Undertourism e turismo di prossimità, le nuove tendenze per viaggiare ai tempi del Coronavirus

2. Comunicare sicurezza

Come dimostrano i dati che vengono diramati ogni giorno dalle istituzioni competenti, l’emergenza Covid-19 non è ancora finita.

Verosimilmente saremo tutti chiamati a conviverci fino alla creazione di un vaccino in grado di farci tornare a una parvenza di normalità, ma fino ad allora una parte di noi manterrà sempre alta l’allerta.

pagamenti contactless coronavirus

Durante i mesi di quarantena, oltre la metà della popolazione mondiale si è vista costretta a rinunciare alla propria quotidianità.

La lontananza dalle persone care, che siano amici o parenti o congiunti, ha lasciato una traccia importante nella psiche collettiva.

È proprio qui che le PR possono diventare il miglior alleato delle strutture del settore hospitality, le più a rischio in assoluto.

Oggi più che mai è di fondamentale importanza immedesimarsi nel potenziale cliente per intuirne le esigenze e ragionare come lui.

Fin dalle riaperture generali abbiamo infatti assistito a un paradosso che però non deve sorprendere: molte persone vivono ancora immerse in un clima di paura e diffidenza.

Ed è così che nonostante il rispetto delle normative sugli assembramenti e il distanziamento sociale da mantenere, molte realtà faticano ancora a riportare fisicamente la clientela all’interno delle strutture.

Il motivo? Una comunicazione poco efficace.

Chi si appresta a scegliere un tavolo al ristorante o la stanza di un hotel, le precauzioni prese per abbattere il rischio di contagio preferisce vederle piuttosto che limitarsi a leggerle.

A livello di PR, dunque, adottare il concetto astratto di sicurezza e recitarlo come un mantra è indispensabile ma non più sufficiente: l’aspetto visuale, foto e video che dimostrano il lavoro fatto per rendere i locali perfettamente adeguati, giocherà un ruolo primario per chi vuole distinguersi.

Riuscire a comunicare gli sforzi messi in atto contribuisce a generare un clima sereno e disteso, che non a caso è il fine ultimo di chi cerca un’esperienza confortevole durante una vacanza o una semplice cena.

Questo, ai tempi del Coronavirus, è doppiamente vero. E in futuro sarà la norma.

LEGGI ANCHE: Turismo post-Covid: cosa può fare chi opera nel Travel?

coronavirus igiene mani

3. Enfatizzare i propri punti di forza

Se in tempi meno turbolenti i punti di forza costituivano un biglietto da visita molto importante per le strutture alberghiere e della ristorazione, oggi rappresentano un plus determinante sul quale concentrare le proprie strategie di relazioni pubbliche.

Il Covid-19 sta determinando un nuovo modo di concepire le interazioni umane attraverso gli spazi.

sharing economy e Covid-19

I divieti di assembramento e le distanze minime di sicurezza da mantenere, se ben sfruttate, possono trasformarsi in una straordinaria opportunità per garantire massima privacy e relax dopo mesi psicologicamente non facili da gestire.

Mare o montagna, città o campagna, non esiste angolo notiziabile che le PR non possano trasformare in un’arma a proprio vantaggio.

Le strutture possono così riorganizzare i servizi migliorando quelli che già erano gli aspetti strategici dominanti nella propria offerta.

Spazi aperti, spiagge più confortevoli, escursioni in montagna o gite in barca: sarà proprio il potenziamento del servizio e la sua comunicazione intelligente, secondo le prerogative della struttura, a fare la differenza.

TikTok Ads

TikTok lascia Hong Kong: ecco cosa c’è da sapere se fai marketing

La notizia è dello scorso martedì: TikTok lascia Hong Kong.

In un momento storico in cui la questione di Hong Kong è entrata nelle nostre case attraverso le immagini dei TG, si tratta di una news dalle connotazioni chiaramente politiche. Ma non solo.

Anche il marketing, infatti, è fortemente influenzato dal macro-ambiente di un mercato, e quindi anche dalla politica. Perciò, prima di riflettere su quali saranno le conseguenze di questa storia dal nostro punto di vista, facciamo un breve ripasso dei retroscena in senso ampio.

testate giornalistiche tiktok

TikTok e Hong Kong: cosa c’è dietro

Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Cina. Ciò significa che nonostante la sua riannessione alla Cina nel 1997, Hong Kong di fatto mantiene autonomia decisionale su diversi settori, tra cui l’economia: il fatto che costituisca un porto franco per l’occidente lo si deve proprio a questo.

Non è invece autonoma rispetto alla difesa o alla politica estera (tenetelo a mente per dopo).

Hong Kong insomma è sì Cina, ma è anche qualcos’altro: abitudini, cultura… Persino la lingua parlata è diversa.

Hong Kong vista dall’alto: una New York orientale

L’equilibrio con la Cina non è mai stato facile. Da un anno a Hong Kong si protesta contro una legge sull’estradizione fortemente voluta dal governo centrale, che, in risposta alle rivolte ne ha emanata una nuova in maggio: la Security Law, una sorta di ordinamento sulla libertà di parola che potrebbe mettere a tacere tutti i dissidenti.

Il problema principale di questa legge, e che non è piaciuto alle Big Tech, risiede nella scarsa chiarezza del suo contenuto, che non elencando in maniera precisa ciò che è vietato, permetterebbe a Pechino di controllare e sanzionare i contenuti degli utenti senza troppe restrizioni.

In seguito alla diffusione di maggiori dettagli a proposito nei giorni scorsi, martedì TikTok ha deciso di uscire da Hong Kong, in modo tale da eludere le regole sull’utilizzo dei dati cui altrimenti avrebbe dovuto sottostare.

Ma se TikTok è cinese, perché lo avrebbe dovuto fare?

TikTok: storia breve dell’app

Nata nel 2016 nel bacino tecnologico di ByteDance – un gigante del mondo cinese con le mani in pasta un po’ ovunque – è diventata virale un paio di anni dopo. Se vi ricordate, in quel periodo da noi impazzava Musically, con cui poi Douyin si è fuso creando effettivamente la versione internazionale Tik Tok.

Nel 2019 Tik Tok ha “fatto il botto” in tutto il mondo e anche in Italia, dove, complice il lockdown e la noia dell’audience costretta a casa, ha visto un aumento quasi del 300% tra il marzo 2019 e marzo 2020, passando da 1,8 a 7 milioni di utenti (dati Comscore MMX Multiplatform).

Il fatto è che questo successo internazionale è stato possibile anche perché le due applicazioni sono lievemente diverse.

tiktok

TikTok o Douyin: gemelli eterozigoti

First things first: Douyin è in cinese e gira su server cinesi con regole cinesi. Come tutte le app in Cina, è soggetto a controlli da parte del governo.

TikTok no: il posizionamento scelto dall’app, per quanto possa suonare incredibile, è diverso. In quanto rivolto a mercati occidentali, la policy è di mantenere una linea sulla privacy simile a quella dei giganti di Facebook & Co.

Tuttavia, ci sono delle similitudini tra i due: entrambi sono basati sulla creazione di brevi video divertenti di massimo 15 secondi e il cui scopo è quello di diventare virali.

Il marketing con Douyin

Douyin è prima di tutto un’app che viene utilizzata dagli utenti per divertirsi, ma è anche un mezzo di marketing. Questa è l’aspetto che interessa alle aziende. Come tanti brand hanno provato recentemente a lanciare challenge o collab su TikTok per diventare virali, la stessa cosa è successa in Cina molto tempo prima.

Le aziende fanno marketing su Douyin, ma attenzione: se ora pensate “ok, voglio aprire il mio canale Douyin per vendere in Cina”, vi stoppo subito. Non è cosa da nulla: per farlo occorre avere un’identità legale in Cina. Dior o tutti i brand che lo usano ne hanno una, per questo vedrete online articoli che parlano della loro strategia.

Tuttavia, voglio anche rassicurarvi: un tempo era così anche per WeChat. Poi Tencent (la casa madre) si è gradualmente aperta all’estero e ora è possibile avere un account aziendale anche se si è un’azienda non cinese e fare marketing verso i mainlanders.

Perché, infine, considerate che fare marketing verso Cina Mainland e Hong Kong non è la stessa cosa: si tratta di target completamente diversi, con diversa lingua, diverse abitudini e mezzi di comunicazione e questo comporta la necessità per l’emittente di rivedere il messaggio in maniera importante.

Se il vostro aim è di conquistare entrambi: good luck, è una bella corsa ad ostacoli ma non impossibile.

tiktok

TikTok fuori da Hong Kong: e ora?

Ma alla fine della fiera, cosa comporta tutta questa storia per noi markettari?

Non è facilissimo prevederlo ora. TikTok fa parte di quel gigante di ByteDance, è cinese, e sebbene preferiremmo non considerare tutto questo, la sua mossa avrà ripercussioni sugli equilibri tra Cina e Hong Kong.

Potremmo dire, citando Maccio Capatonda, “e a me, che me ne frega a me?” E invece ve ne fregherà, perché da sempre Hong Kong è il nostro punto di contatto commerciale con la Cina e gli scenari che potrebbero delinearsi sono differenti. Visti dal punto di vista macro, non è da escludersi la possibilità che ci siano conseguenze per i paesi e le imprese che si schierano chiaramente a favore di Hong Kong.

Di conseguenza, nel micro e per tutti noi markettari che ad esempio pensavamo di poter fare Ads targettizzati al pubblico di Hong Kong tramite Facebook, questo un giorno potrebbe non essere possibile, perché magari anche Facebook lascerà per sempre il porto. E allora dovremmo ripensare ancora una volta le piattaforme con cui comunicare al target, e come si dice, chi vivrà vedrà.

Celebrities Culture: la fine di un’era?

  • Tra la fine degli anni novanta e primi duemila le celebrities hanno influenzato opinioni e consumi.
  • L’era dei social ha reso queste persone più accessibili e creato la consapevolezza che le loro azioni possono influenzare i cambiamenti di domani, sociali e culturali.

 

Celebrities culture: un fenomeno nato agli inizi degli ’80, negli Stati Uniti, grazie al canale musicale MTV ha reso la vita di cantanti e icone pop più glamour, determinando l’inizio l’era del culto dell’immagine.

Durante la fine degli anni novanta e i primi anni duemila, abbiamo assistito ad una crescita continua del mercato delle celebrità, la cui influenza ha toccato tutti gli aspetti della vita televisiva e non.

L’arrivo di internet, e soprattutto dei social media, ha poi amplificato il panorama delle star, determinando l’arrivo delle cosiddette self-made celebrities.

LEGGI ANCHE: Insidie e opportunità dell’Influencer Marketing ai tempi del Coronavirus

Nuove star che, attraverso la continua esposizione, non solo della propria immagine ma anche delle proprie qualità o idee imprenditoriali, hanno dato il via al fenomeno (e all’industria) degli influencer.

Le star dunque non sono persone solo ricche ma, in particolare per il pubblico americano che ha dato vita a questa “evoluzione pop del divismo”, ma personaggi che hanno ottenuto (e saputo gestire) l’attenzione delle persone influenzandone opinioni e consumi.

Pensiamo solo al settore del fashion, e a come la moda dei primi anni duemila sia stata fortemente influenzata dalle scelte di stile di numerosi cantanti.

Celebrities culture: la fine dell’apparenza

La pandemia non ha risparmiato nessuno dal distacco netto ed improvviso dalla realtà vissuta fino al giorno prima.

E così come ha cambiato i nostri consumi e il nostro modo di vivere, ha reso le vite tutte uguali tra le mure di casa.

Il culto delle celebrità si è sgretolato a poco a poco durante i periodi di lockdown: le persone hanno considerato il modo di agire di tanti loro idoli poco coerente con la realtà.

Diversi personaggi famosi si sono trovati spiazzati, vedendo i loro milioni di fan non apprezzare più la loro immagine, ma anzi reputare le loro azioni offensive e non coerenti con il mondo il reale, nonostante lo #StayPositive o l’#AndraTuttoBene.

Dalla cultura dell’immagine alla cultura dei valori

La domanda è: abbiamo ancora bisogno del mondo di apparenze a cui eravamo abituati prima?

LEGGI ANCHE: Coronavirus: il crowdfunding lanciato da Chiara Ferragni e Fedez supera i 3 milioni di euro

Ad oggi non c’è una risposta corretta: non è pensabile per le star né rimanere in silenzio prima che passi la tempesta, né dare consigli senza agire veramente.

La comunità nell’era dei social non dimentica i fatti e le azioni concrete.

Diversi brand hanno scelto di agire e anche per le celebrità è venuto il momento della cultura del fare.

Fare non vuol dire invitare i propri fan a compiere un azione o a prendere una posizione restando in disparte ma esserci in prima persona. L’era di Internet ha fatto emergere una nuova tendenza: quella del self-made.

“Metterci la faccia”, portare avanti una causa o un ideale non solo per dimostrare di esserci, ma credendo davvero che la loro immagine possa contribuire al cambiamento.

Il fenomeno delle star ha un potere sulla società di grande valore perché può influenzare il pensiero di molti e stimolare un cambiamento; lo sforzo di queste persone dovrebbe spostarsi da un obiettivo solo di consumo, verso uno stimolo nel portare un cambiamento nella società in cui vivono.

Finora un grande esempio in questo senso è stato quello del movimento #MeeToo, che vedeva però coinvolte in prima persona tante celebrità nello scandalo. La partecipazione attiva alla protesta era quindi una scelta con una chiara consequenzialità.

I social media hanno avuto il potere di abbattere un muro invisibile tra le star e noi: possiamo vedere come vivono, possiamo interagire con loro. Allo stesso modo perché il fenomeno muti e sopravviva, anche le celebrities devono esporsi ed essere umane. Combattere in modo genuino per gli ideali, mostrarsi per quello che sono, fragilità comprese.

Week in Social: dalle nuove funzioni di WhatsApp Business agli annunci su TikTok

Puntualissime, anche questa settimana, le ultime novità dal mondo dei social che non puoi assolutamente perdere.

Pronto a scoprire cosa ci riserva il fantastico mondo di Facebook, TikTok, LinkedIn & co.? Cominciamo!

I nuovi update per far trovare la tua azienda su WhatsApp

Oltre ad implementare le nuove funzioni Shopping di Facebook e Instagram, Mark Zuckerberg sta rapidamente espandendo la sua strategia eCommerce anche all’interno di WhatsApp.

Così, già da questa settimana, la tua azienda può contare su due nuove funzionalità per promuovere al meglio la propria presenza  sulla piattaforma.

Come?

Prima di tutto, crea il tuo QR code business e inseriscilo sul packaging, le etichette dei prodotti, o i materiali promozionali relativi al tuo business.

Come spiegato da WhatsApp:

In passato, quando le persone si imbattevano in un’attività che trovavano interessante, dovevano aggiungere il numero WhatsApp ai contatti prima di avviare una chat. Ora, possono semplicemente scansionare il QR code che l’azienda espone sull’insegna, sulla confezione prodotto o sulla ricevuta e contattarla”.

Inoltre, WhatsApp ha aggiunto i link al servizio catalogo, una nuova funzione che ha lo scopo di agevolare la condivisione delle schede prodotto aziendali tra i vari utenti.

“Da ora, per condividere un catalogo o un articolo è sufficiente copiare il link e inviarlo su WhatsApp o su altri social”.

LEGGI ANCHE: Come funzionano e come utilizzare i cataloghi dei prodotti per WhatsApp Business

TikTok estende il suo servizio di annunci self-service a tutti i business

Pochi giorni fa, TikTok ha reso noto il lancio della sua piattaforma di annunci self-service a livello globale.

Le soluzioni pubblicitarie self-service di TikTok offrono ai marketer gli strumenti per attingere ai contenuti creativi della community, raggiungere un nuovo pubblico e ottimizzare gli investimenti attraverso una piattaforma semplice ed intuitiva”.

Se già gestisci campagne pubblicitarie attraverso altri social media, il servizio di self-service TikTok ti sembrerà molto familiare.

Come puoi osservare, le opzioni di creazione delle sponsorizzate, sono sempre le stesse, inclusi campagne e gruppi di annunci, opzioni di targeting, budget e pianificazione, ecc.

A questo si aggiungono gli strumenti creativi automatizzati come i modelli dei video e i tool di auto-editing, tutti processi utili a semplificare la creazione di contenuti personalizzati e rendere le tue campagne più dinamiche attraverso una combinazione di contenuti fissi e video.

Facebook lancia corsi gratuiti dedicati al community management

In arrivo in casa Facebook l’ultima novità per i social media manager: una serie di corsi gratuiti su Blueprint dedicati al community management.

Il programma copre una serie di elementi chiave, tra cui:

  • Creare una comunità online – definire gli i valori e gli obiettivi della community.
  • Best practice per la gestione delle audience – compreso lo sviluppo del brand, il lancio della community e la promozione di partnership
  • Fornire contenuti pertinenti: monitorare i trend emergenti e pianificare attività mirate.
  • Creare engagement: strategie e strumenti per promuovere il coinvolgimento del pubblico.

Open To Work e Offerig Help: come cercare e far trovare lavoro su LinkedIn

In un recente articolo del suo blog, il colosso di Microsoft lancia Open To Work, una nuova funzione dedicata a chi cerca lavoro o vuole supportare la ricerca altrui.

“Attivando l’opzione, la tua foto profilo verrà aggiornata con una cornice verde denominata #OpenToWork, in modo che chiunque veda il tuo profilo sappia che sei aperto a nuove opportunità di lavoro.

Per aggiungere la cornice #OpenToWork, segui questi tre semplici step.

  • Clicca sulla tua foto profilo e seleziona l’opzione “Mostra ai recruiter che sei aperto al lavoro”
  • Inserisci le tue preferenze sulla posizione lavorativa che cerchi e la relativa categoria di appartenenza
  • Attraverso l’opzione “scegli chi può vedere che cerchi lavoro” decidi chi può visualizzare la tua disponibilità: solo i recruiter o tutta la comunità LinkedIn.

Se non sei interessato a nuove opportunità lavorative, puoi sempre dare una mano agli altri.

Ecco come. Inizia un nuovo post e fai clic sul pulsante “Offri aiuto”posizionato in basso a destra del composer LinkedIn: ti verrà fornito un elenco di opzioni tra cui scegliere in che modo stai cercando di fornire supporto.

  • #OfferingHelp: aiuto generale, career coaching
  • #OfferingHelp: referral
  • #OfferingHelp: revisione curriculum

Di seguito, alcuni esempi concreti di utenti LinkedIn che hanno già usato questa opzione.

La nuova reaction “Support” di LinkedIn

Nello stesso blog post, LinkedIn annuncia il rollout della nuova reaction “Support”, un’ opzione di risposta emoji che offre un ulteriore modo per interagire con i post, in particolare  con quelli relativi al COVID-19, per i quali una risposta come “Like” o “Insightful” non sembra davvero appropriata.

Questo update sottolinea ancora una volta quanto le reaction rappresentino un trend in forte ascesa, un modo di comunicare sempre più diffuso che, ovviamente, le varie piattaforme puntano ad implementare.

Dear Class 2020

Dear Class of 2020: perché i discorsi motivazionali di quest’anno lasciano il segno

  • L’evento clou 2020 per i laureati USA ha registrato views da record.
  • Dear Class of 2020 si farà ricordare per le splendide parole di Obama, e per il suo cast stellare.
  • La rabbia per Floyd sia d’ispirazione per un futuro migliore: il messaggio di speranza.

 

Succede durante la cerimonia virtuale di Dear Class of 2020 di YouTube, evento storico per importanza e modalità, che ha sostituito con il live stream l’ultimo giorno dell’anno accademico 2020 negli USA. Peraltro, spostato proprio in onore di Floyd.

Dear Class 2020

Un frame dal live streaming

Tradizionalmente, infatti, questa celebrazione annuale rappresenta il momento d’incontro tra personaggi pubblici e studenti dei college più prestigiosi, dove hanno luogo grandi discorsi motivazionali.

“Dear Class 2020”, è stato un anno diverso

L’evento virtuale dell’anno, dicevamo, si è svolto il 7 giugno nel rispetto dei funerali di George Floyd. E non è solo il cast stellare con Beyoncé, Lady Gaga, Taylor Swift, Billie Eilish, Lizzo, Justin Timberlake, Jennifer Lopez, Shawn Mendes ed altri ad averlo reso così indimenticabile.

Star

No, non è neppure il coinvolgimento dei conduttori televisivi tra cui Stephen Colbert e Jimmy Kimmel, e neanche l’incredibile cover di “Beautiful day” che Martin dei Coldplay, introdotto da Bono, ha inciso con altri otto cantanti e fatto ascoltare.

LEGGI ANCHE: Diritti civili, alimentazione e lavoro: le prime storie degli Obama per Netflix

Le parole di Barak

Quello che ricorderemo di più, molto probabilmente, sarà l’intervento a Dear Class of 2020 dell’ex presidente Barak Obama. Ai giovani laureati, ha detto che il Coronavirus ha fatto luce su numerose questioni ancora aperte negli Stati Uniti:

«In tanti modi diversi, la pandemia ha appena messo a fuoco i problemi che erano in aumento da molto tempo […]. Sia che si parli dell’incremento della disuguaglianza economica, della mancanza di assistenza sanitaria di base per milioni di persone, o del continuo flagello del bigottismo e del sessismo, o della divisione o disfunzione che ha afflitto il nostro sistema politico».

Insieme alla moglie Michelle, Barak Obama ha pronunciato tanti messaggi ispirazionali, nella speranza di sollevare i neolaureati.

Dear Class 2020

Gli studenti coinvolti in un ballo di festeggiamento

Per quanto spaventosi e incerti possano essere questi tempi, sono anche un campanello d’allarme. E un’incredibile opportunità per la vostra generazione.

L’ispirazione degli Obamas

In Dear Class of 2020, Michelle Obama ha affermato che le proteste a seguito della morte di Floyd sono «il risultato diretto di decenni di disinteresse, pregiudizio e disuguaglianza». E ha detto che capisce chi è spaventato, confuso o arrabbiato, o semplicemente sopraffatto” dagli eventi degli ultimi mesi. Eppure, la rabbia delle persone è un sentimento che dev’essere incanalato in “piani e politiche” concreti.

Michelle Obama

La rabbia è una forza potente. Può essere utile, ma lasciata a se stessa corrode e semina il caos dentro e fuori: sono le parole dell’ex Presidente, tanto semplici quanto lungimiranti.

Dear Class

«Ma quando la rabbia è focalizzata, quando è incanalata in qualcosa di più, questa è roba che cambia la storia. Il dottor King – ha detto alludendo a Martin Luther King – era arrabbiato. Sojourner Truth era arrabbiata. Lucretia Mott, Cesar Chavez, la gente di Stonewall, erano tutti arrabbiati. Ma erano anche guidati dalla passione, dai loro principi, dalla speranza». Queste le parole rivolte agli studenti nella diretta streaming.

L’evento live streaming più visto di sempre

Secondo YouTube, ad oggiDear Class of 2020 è stato l’evento live originale più visto di sempre, con un picco di oltre 665.000 spettatori simultanei. Lo speciale ha raggiunto oltre 17 milioni di visualizzazioni totali, appena un giorno dopo il lancio, e 34 milioni di visualizzazioni totali dopo tre giorni in tutti i video. Inoltre, 10 singoli video sono entrati in tendenza in 89 paesi.

L’evento ha raccolto quasi 2 milioni di dollari da donatori aziendali, in collaborazione con Reach Higher di Michelle Obama e Google.org. La celebrazione virtuale ha riunito oltre 70 leader, star e creators per celebrare i laureati, le loro famiglie e le loro comunità.

Dear Class

LEGGI ANCHE: Amnesty International insieme a Saatchi & Saatchi per i diritti umani

E non solo: Dear Class 2020 è stato l’argomento di tendenza n. 1 su Twitter per l’intera durata dell’evento, rendendo questo lancio originale di YouTube il più chiacchierato di sempre per la mole di conversazioni generate sui social media.

Puoi rivedere anche la versione “breve”, che riduce quella integrale (4 ore) a soli 2 minuti e 44 secondi:

pinterest per aziende

Da dove cominciare per portare la tua azienda su Pinterest

  • Oltre il 97% delle ricerche più popolari su Pinterest non contiene riferimenti a brand.
  • Pinterest è un’app di scoperta visiva e ogni mese viene usato da circa 400 milioni di persone in tutto il mondo per trovare idee su moda, bellezza, ricette, arredamento e molto altro.
  • Dalla creazione del profilo business alla strategia, ecco alcuni consigli direttamente da Pinterest.

 

In questo momento storico in cui il mondo si prepara a ripartire e le persone si adattano a nuove abitudini, fare progetti per il futuro ha tutto un altro sapore.

Oggi più che mai c’è bisogno di ispirazione e anche i social possono dare un contributo significativo in tal senso.

Pinterest è un’app di scoperta visiva e ogni mese viene usato da circa 400 milioni di persone in tutto il mondo per trovare idee su moda, bellezza, ricette, arredamento e molto altro.

pinterest ads

LEGGI ANCHE: Pinterest Ads: consigli e strategie per ottimizzare le tue campagne

Come funziona Pinterest?

Le persone salvano i Pin, una sorta di segnalibri visivi, sulle bacheche che hanno creato. I Pin rimandano ai siti web e agli shop online delle aziende. Gli utenti possono salvare le idee che ritengono interessanti dai siti web oppure direttamente da Pinterest, se le scoprono seguendo altri profili, effettuando ricerche o tramite i suggerimenti.

Le persone usano la piattaforma per fare progetti, di conseguenza sono alla ricerca di nuove idee e vogliono prendere in considerazione la prossima cosa da fare o da acquistare. Dall’altro lato, le aziende hanno la possibilità di raggiungere queste persone esattamente quando stanno decidendo quali prodotti o servizi provare.

In Italia sono ancora molti i brand che non conoscono Pinterest come strumento di interazione con i consumatori. Adrien Boyer, Country Manager per l’Europa meridionale di Pinterest, ci racconta qualcosa in più sulla piattaforma e fornisce qualche consiglio ai brand che vogliono iniziare a progettare una strategia sul social.

country manager pinterest

Da dove partire per sbarcare su Pinterest con la tua azienda

Il primo step è creare un profilo business su Pinterest. La registrazione è gratuita e dà accesso a Pinterest Analytics e ad altri strumenti con cui potete consolidare la vostra presenza sulla piattaforma.

Le persone arrivano su Pinterest per trovare idee per il guardaroba, per la casa, per le ferie e anche per i regali da acquistare. Dal canto loro, i brand le aspettano a braccia aperte, quindi su Pinterest si crea una sorta di corrispondenza del tutto naturale tra utenti e aziende.

Oltre il 97% delle ricerche più popolari su Pinterest non contiene riferimenti a brand, il che significa che le aziende, indipendentemente dalle dimensioni, hanno buone probabilità di essere scoperte. E, dato che su Pinterest c’è una disposizione mentale all’acquisto che si manifesta anticipatamente rispetto agli altri canali, le aziende possono essere trovate da persone che ancora non sanno esattamente cosa stanno cercando ma che sono aperte a provare nuovi brand.

Come ottimizzare il profilo business

È importante osservare come la naturale evoluzione del viaggio di scoperta dell’utente, dall’ispirazione alla pianificazione fino all’azione, vada di pari passo con l’intero percorso di acquisto. Le aziende possono fare la propria parte dando particolare rilievo a ciascuno di questi passaggi.

Ecco quattro consigli su come sfruttare al massimo il potenziale di Pinterest per raggiungere un pubblico ispirato:

1. Installa il pulsante Salva

Una volta aggiunto il pulsante Salva sul sito web, per i visitatori è semplicissimo salvare le vostre immagini su Pinterest. Così facendo, dimostrano interesse verso il brand e, per di più, i vostri contenuti vengono visti anche da altri utenti. Puoi anche collegare il feed RSS al tuo account business per generare automaticamente dei Pin a partire dai contenuti del sito.

2. Inizia a salvare i Pin

Suggeriamo di creare ogni settimana nuovi Pin che rimandino al tuo sito web. In questo modo i follower avranno più occasioni di interagire con i vostri contenuti e aumenterà la copertura organica. Puoi programmare la pubblicazione dei Pin con un anticipo di due settimane. Inoltre, per facilitare ulteriormente la creazione dei Pin, gli strumenti creativi , tra le altre cose, consentono di scegliere rapporti d’aspetto predefiniti per le immagini, ritagliare e aggiungere testi e loghi. Per avere successo sulla piattaforma, i Pin devono essere ad alta risoluzione e di ottima qualità. Le immagini troppo cariche e disordinate non fanno presa sul pubblico. I Pin video offrono agli utenti contenuti utili e che invitano all’azione, per questo sono un formato particolarmente efficace per aumentare le interazioni. Se disponi di un catalogo aziendale, puoi caricare tutti i tuoi prodotti con Cataloghi e trasformarli in Pin prodotto dinamici che includono informazioni aggiornate sul prezzo e sulla disponibilità, oltre a una descrizione tratta dal vostro sito web. Gli utenti sapranno quindi che i tuoi articoli si possono acquistare.

3. Fai leva sulle metriche di Pinterest

Le visualizzazioni mensili indicano il numero di persone che hanno visto i tuoi Pin negli ultimi 30 giorni. Questo numero comprende tutti i Pin che salvi su Pinterest, ma anche tutti i Pin provenienti dai tuoi siti web e account verificati che sono stati salvati dagli utenti. Viene calcolato su un periodo di 30 giorni, quindi è quotidianamente soggetto a fluttuazioni a seconda delle prestazioni dei Pin. Le statistiche dei Pin sono un modo semplice e immediato per scoprire come stanno andando i vostri contenuti in termini di impression, primi piani, click e salvataggi e su quali bacheche vengono salvati.
Promuovi i tuoi prodotti o servizi: su Pinterest gli annunci vengono considerati utili e possono aiutare gli utenti a passare dalla semplice ispirazione a un’azione concreta. Dato che gli annunci hanno lo stesso aspetto e lo stesso funzionamento dei Pin standard e si mescolano con i contenuti organici, rappresentano un valore aggiunto nell’esperienza dell’utente, senza mai risultare invadenti. Vuoi essere una fonte di ispirazione per i milioni di persone che stanno cercando idee creative?

4. Crea inserzioni su Pinterest

Hai la possibilità di raggiungere in modo diretto e targettizzato i potenziali clienti. Per iniziare, puoi visitare la pagina dedicata.

LEGGI ANCHE: Cosa sapere su Pinterest100 e i trend da seguire per il 2020 sul social

Le migliori strategie per ottenere il massimo da Pinterest

Quando si inizia a conoscere Pinterest, ci si rende subito conto che non è una piattaforma come le altre. Su Pinterest le persone sono pronte e intenzionate a fare acquisti e a conoscere nuovi brand ed è proprio questa marcata intenzione all’acquisto a rendere la nostra piattaforma così unica.

Quindi se, come brand, vuoi sfruttarne tutte le potenzialità, è importante capire in cosa si differenzia dagli altri social.

Gli utenti fanno progetti per le proprie vite, non cercano di instaurare relazioni con gli altri. Come già detto, sono intenzionati a comprare da nuove aziende ed è grazie a questa forte motivazione che la piattaforma non ha paragoni. Sostanzialmente, Pinterest mette in collegamento i retailer con consumatori che sono pronti a scoprire cose nuove, guidati da una spiccata intenzione all’acquisto e al tempo stesso indecisi su quale brand scegliere.

Mentre gli altri canali social vengono usati per motivi di intrattenimento e per mantenere delle relazioni, le persone usano Pinterest per essere produttive. Infatti, l’84% degli utenti settimanali usa Pinterest quando sta valutando dei prodotti o servizi da comprare ma non sa bene quali.

Il suggerimento è quello di curare le descrizioni dei Pin, che dovrebbero contenere parole chiave importanti e pertinenti. Per aiutare gli utenti a scoprire i tuoi prodotti, puoi anche aggiungere degli hashtag che abbiano attinenza con l’argomento. Dividere le bacheche in categorie è un altro valido stratagemma per ottimizzare la ricerca su Pinterest. Assicurati che i titoli delle bacheche siano precisi, pertinenti e che contengano parole chiave efficaci.

Infine, i brand dovrebbero considerare l’idea di promuovere i propri contenuti con gli annunci di Pinterest. Usando il nuovo tasto Promuovi, vedrai quando crei un Pin o lo visualizzi nel tuo profilo. Bastano appena nove secondi per configurare un annuncio. Puoi anche crearlo al volo con gli strumenti per gli annunci per i dispositivi mobili. Con questa funzionalità potrai comodamente creare e gestire campagne di annunci su Pinterest direttamente dal palmo di una mano. Una volta lanciata la campagna, potrai consolidare la brand awareness e raggiungere nuovi clienti rispettando il budget stabilito.

I possibili obiettivi di marketing

Pinterest viene spesso erroneamente scambiato per un social network ma sarebbe più giusto definirlo un “personal network”. Pinterest può contribuire in maniera determinante al raggiungimento degli obiettivi aziendali e in termini di prestazioni perché i suoi utenti ricorrono alla piattaforma per trovare ispirazione e compiere azioni, come l’acquisto di un prodotto in un negozio o in un sito di eCommerce.

Il successo di un brand su Pinterest non viene decretato dal numero di follower, come avviene nelle altre piattaforme, perché i contenuti arrivano agli utenti in tanti modi diversi e non vengono proposti solo a chi segue un profilo specifico. Una misurazione più attendibile è invece il numero di visualizzazioni su Pinterest, che di solito è dalle 50 alle 100 volte più alto di quello dei follower.

Per esempio, Leroy Merlin Italia ha più di 17mila follower ma registra oltre 4,1 milioni di visualizzazioni mensili.

Per attivare la tua presenza sulla piattaforma, si inizia con il mostrare i contenuti ai follower, ma poi entrano in gioco gli algoritmi, che li propongono anche ai non follower. Su Pinterest, ci sono svariati modi per essere trovati. Per esempio, ogni giorno la piattaforma fornisce miliardi di suggerimenti personalizzati su sezioni come il feed e i Pin correlati, il che va ben oltre la base di follower. Pinterest è un motore di scoperta visiva di idee, ma anche di brand.

Ogni mese vengono effettuate miliardi di ricerche su Pinterest e le aziende hanno l’opportunità più unica che rara di ispirare i consumatori nelle fasi iniziali del processo decisionale, guidandoli verso la realizzazione dei propri progetti e trasformandoli in potenziali clienti.

I casi di successo

Un aspetto interessante da considerare è che ogni giorno in Italia vengono salvate 3 milioni di idee, ossia Pin. Questo numero dimostra come le persone non si limitino ad aprire l’app e a scorrerne i contenuti. Infatti, cercano stili e prodotti, scoprono dove acquistare un articolo particolare presente in un Pin e, infine, compiono delle azioni offline per dare vita alla propria idea. Moda, cibo, casa e bellezza sono solo alcune delle categorie più popolari.

In Italia stanno già usando la piattaforma brand come IKEA, Leroy Merlin, ClioMakeUp, Armani, Abiby e Danone Activia, che stanno osservando ottimi risultati grazie a strategie che favoriscono la scoperta e incrementando le vendite con una combinazione di esperienze online e presso il punto vendita.

Danone Activia, ad esempio, ha scelto Pinterest per raggiungere un pubblico più giovane e aumentare l’awareness dei suoi nuovi prodotti.

Con una campagna di annunci su Pinterest, Activia ha promosso i prodotti Shake & Go per raggiungere millennial attenti alla salute, che stavano cercando attivamente nuovi cibi sani e genuini. Il targeting di Activia era basato sugli interessi e su parole chiave specifiche usate dagli utenti e puntava alle persone interessate a scoprire nuove idee su argomenti come cibo, nutrizione, alimentazione, smoothie, colazione e salute. Combinando contenuti creativi con il giusto target, Activia è riuscita ad ampliare la propria copertura e a interagire con i millennial come non aveva mai fatto, registrando un tasso di click superiore dell’11% rispetto agli altri canali. Inoltre, il costo per click su Pinterest è stato inferiore a quello di qualsiasi altro media utilizzato per la campagna.

Con oltre 19 milioni di visitatori unici mensili in Italia, secondo i dati di Audiweb, Pinterest è un luogo di grande valore per le aziende che vogliono accrescere la propria copertura e generare più traffico verso i siti web.