La notizia è arrivata solo poche ore fa ed è subito stata una rincorsa tra conferme e smentite. Perché che TikTok alla fine rifiutasse l’offerta del gigante Microsoft sembrava impossibile. Eppure Oracle ha battuto a sorpresa il suo concorrente nella gara per TikTok negli USA. Ma ByteDance non vuole vendere.
La casa madre cinese della piattaforma per i video brevi, ByteDance, avrebbe alla fine scelto il gruppo di Larry Ellison, che ora dovrebbe diventare Trusted Tech Partner.
La vittoria è stata una vera sorpresa per tutti, dato che la proposta di Microsoft era finora considerata in pole position. ByteDance ha prima fatto sapere al gruppo di Satya Nadella di aver deciso di rifiutare l’accordo. Poi, stando a quanto rivelato dal Wall Street Journal , ha dato il via libera all’altro principale aspirante, la società di Larry Ellison.
L’operazione, però, da quanto è trapelato non sarà una vera e propria cessione: Oracle infatti dovrebbe essere nominata “trusted tech partner” negli USA, ossia un socio tecnologico di fiducia per la gestione dei dati, mentre la proprietà vera e propria rimarrebbe cinese.
L’ipotesi sarebbe confermata da una notizia diramata dalla televisione cinese Cgtn, secondo la quale ByteDance non venderà le operazioni statunitensi e di conseguenza non fornirà il codice sorgente per la piattaforma video.
Il nuovo accordo e i problemi di sicurezza nazionale USA
Tuttavia l’aggiunta di un “partner tecnologico di fiducia” affronta solo una minima parte dei problemi di sicurezza nazionale sulla base dei quali l’amministrazione Trump aveva emanato il suo ordine esecutivo.
Domenica sera – appena due giorni prima della scadenza fissata da Microsoft – l’affare TikTok si è concluso. Questa mattina, il Segretario del Tesoro Steven Mnuchin ha confermato l’accordo e ha detto che sarà presentato al Presidente Trump con una raccomandazione alla fine di questa settimana. Ma, salvo una catastrofe completa, TikTok continuerà ad operare negli Stati Uniti. Così i 1.400 dipendenti di TikTok negli Stati Uniti e decine di milioni di utenti statunitensi tirano un sospiro di sollievo.
Ma la vendita dell’ultimo minuto è strana sotto diversi aspetti, come sottolinea TheVerge, in quanto non è in realtà una vendita.
Mentre la versione dell’accordo con Microsoft avrebbe separato completamente la TikTok americana dall’Europa e dall’Asia, il deal con Oracle la lascia per lo più intatta, creando piuttosto una forma di hosting.
Oracle non riscriverà l’algoritmo TikTok né gestirà la moderazione, non è chiaro dunque come questo accordo possa acquietare le preoccupazioni del governo.
Il vero vincitore è Oracle, che presumibilmente verrà pagato profumatamente da TikTok per i suoi servizi di trust-partnering e per superare un’impasse durata mesi.
Intanto, nulla è ancora certo, in attesa dell’approvazione legale tanto da parte del governo americano quanto di quello cinese.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/06/testate_giornalistiche_tiktok.jpg8361254Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-09-14 16:40:482020-09-15 10:09:56TikTok dice di no a Microsoft e sceglie Oracle, ma l'accordo non c'è ancora
Il contenuto stesso è metà della creazione di un post LinkedIn accattivante. L’altra metà è la sua reale formattazione.
Un modo per ottenere più Mi piace e commenti è avviare una conversazione.
Desiderate che i vostri contenuti su LinkedIn siano visualizzati da un numero maggiore di persone? E perché non aumentare le possibilità che LinkedIn mostri i vostri contenuti nel suo feed senza usare le sponsorizzazioni? Iniziamo subito.
LinkedIn: gli ultimi aggiornamenti da tenere a mente
Non bisogna dimenticare che LinkedIn, ora come non mai, anche grazie agli ultimi aggiornamenti, desidera che il feed di ogni utente presente in piattaforma si configuri come uno strumento ricco di informazioni utili. E per farlo deve conoscere i suoi iscritti!
Cosa sono realmente le visualizzazioni su LinkedIn?
LinkedIn conta una visualizzazione di post ogni volta che un post viene presentato nel feed di qualcuno. Ciò significa che il contenuto potrebbe non essere stato letto. Ma c’è di più…
C’è differenza (e come) tra le visualizzazioni di un post classico ( testo o immagini o link esterni) vs quella di un video nativo Linkedin. Il social consente, infatti, ai suoi membri di vedere e migliorare il modo in cui i propri contenuti vengono visualizzati e diffusi attraverso delle semplici metriche in merito ai post e video.
Registrerete, quindi, una view del post quando qualcuno ha notato il vostro post sul feed della home page di LinkedIn. I post sono gli aggiornamenti di stato brevi (fino a 1300 caratteri) visualizzati nel feed home di LinkedIn. Se scorrerete veloce con il pollice attraverso il vostro feed, non farete altro che aggiungere una visualizzazione a ciascuno di questi post anche se non vi sarete fermati a leggerli. Per questo motivo, le visualizzazioni dei post costituiscono soltanto un parziale indicatore del coinvolgimento del pubblico.
Consigli pratici su come aumentare la reach organica dei post su LinkedIn
1. Costruite la rete attorno alle vostre competenze su un argomento specifico
I recenti aggiornamenti dell’algoritmo di LinkedIn stanno attribuendo maggiore importanza alle connessioni. Prima di questo aggiornamento, i cosiddetti “Richard Branson” di LinkedIn, ovvero i professionisti di maggior successo al mondo, hanno riempito i feed di tutti, lasciando poco spazio per l’utente medio.
Per risolvere questo problema, l’algoritmo di LinkedIn ha iniziato a conferire maggiore importanza alle attività delle cosiddette “connessioni reali” degli utenti, inclusi colleghi, ex colleghi e così via. Da tenere a mente che le connessioni, intese come reali, sono le persone con cui si parla realmente.
In merito a questo, LinkedIn analizza i seguenti dati:
i vostri colleghi
persone con cui parlate su LinkedIn
hashtag che seguite
pagine LinkedIn che seguite
gruppi di LinkedIn a cui vi siete iscritti
Più accuratamente LinkedIn identifica le vostre connessioni reali, maggiori possibilità avrete di aumentare il coinvolgimento e costruire relazioni con loro.
Il primo passo per inviare i segnali giusti all’algoritmo è costruire una rete attorno alla vostra esperienza reale. Cercate di entrare in contatto con le persone che vi piacciono e con cui desiderate interagire. Fate rete con professionisti e persone che la pensano allo stesso modo e che forniscono informazioni preziose.
Per entrare in contatto con le persone giuste, prendete in considerazione l’adesione agruppi LinkedInpertinenti. Queste comunità più piccole sono luoghi sicuri in cui porre domande, condividere articoli stimolanti e avviare conversazioni.
Dopo aver fatto clic sul pulsante, verrà visualizzato un elenco di gruppi LinkedIn. Ora potete cercare una parola chiave relativa ai gruppi a cui desiderate partecipare. Usiamo, ad esempio, la parola chiave “marketing”. Notate come sono stati visualizzati migliaia di risultati.
Per perfezionare questi risultati, potete anche cercare una parola chiave più specifica come “social media marketing per piccole imprese”.
Cliccate su un gruppo che trovate interessante per saperne di più. Potete vedere quanti membri ha, quali dei vostri collegamenti sono membri e un breve riepilogo di ciò di cui parla il gruppo.
Una volta accettati nel gruppo, potete presentarvi, se consentito dal gruppo. Non deve essere presente una lunga introduzione. Potreste semplicemente condividere il vostro nome e la vostra professione e spiegare perché volete unirvi. Lasciate commenti, ponete domande e condividete tutto ciò che la vostra nuova cerchia professionale potrebbe trovare utile.
Tenete presente che l’obiettivo è trovare connessioni reali, che è ciò che cerca l’algoritmo di LinkedIn. Più connessioni reali avrete, maggiore sarà la vostra portata sulla piattaforma.
Entrate in contatto con persone che usano hashtag di rilevanza
Una caratteristica importante dell’algoritmo di LinkedIn è l’adattamento dei post nel feed relativamente ad una nicchia di riferimento. LinkedIn ha scoperto che alla maggior parte degli utenti sulla piattaforma piace leggere argomenti specifici di nicchia.
Il modo migliore per creare contenuti pertinenti alla vostra nicchia è capire cosa vogliono le vostre connessioni. Oltre a monitorare le discussioni nei vostri gruppi LinkedIn, seguite gli hashtag pertinenti per tenere traccia delle tendenze e degli sviluppi nella vostra area di competenza.
Recatevi, quindi, nella vostra home page e fate clic su Hashtag seguiti nel riquadro di navigazione a sinistra. Noterete un elenco di tutti gli hashtag che seguite.
LinkedIn consiglierà un elenco di hashtag da seguire. Potrete anche cercare hashtag nella barra di ricerca nella parte superiore della pagina. Se ne trovate uno di vostro interesse, fate semplicemente clic su Segui sotto l’hashtag per iniziare a monitorarlo.
Vi consiglio di controllare chi scrive post con quell’hashtag. E se vedete qualcuno con cui desiderate connettervi, inviategli un breve messaggio di presentazione. Sincero e motivato possibilmente. Semplicemente che esprima un reale interesse.
Quando aggiungete alcuni hashtag su LinkedIn ai vostri contenuti, tenete a mente questi suggerimenti:
utilizzate da tre a cinque hashtag. Troppi hashtag possono in un certo senso inviare dei segnali contrastanti sulla vostra nicchia all’algoritmo di LinkedIn.
scegliete una varietà di hashtag LinkedIn ampi e di nicchia. Gli hashtag ampi (come #marketing) hanno migliaia di follower. Gli hashtag di nicchia (come #contentmarketingstrategies), saranno più mirati al vostro pubblico.
2. Create contenuti che servano alla vostra rete
Alla fine della giornata, la domanda più grande a cui l’algoritmo di LinkedIn vuole rispondere è: “In che modo i tuoi post avvantaggiano gli altri?” Il motto di LinkedIn è: “Persone che conosci, che parlano di cose a cui tieni”. La vostra identità, le vostre connessioni e interazioni dicono a LinkedIn chi trarrà il massimo vantaggio dai vostri post.
Iniziate a condividere contenuti con cui il vostro pubblico. La prima ora dopo aver condiviso un post è cruciale per le interazioni, quindi concentratevi sull’ottenere coinvolgimento non appena condividete qualcosa.
Un modo per ottenere più Mi piace e commenti è avviare una conversazione.
Ecco alcuni suggerimenti per farlo:
Fate una domanda. Le domande richiedono risposte. Se ponete delle domande, il vostro pubblico risponderà. Pensate ad un elenco di domande di cui non conoscete la risposta diretta e pubblicate post su LinkedIn.
Accendete il dibattito: invitare al dibattito potrebbe sembrare intimidatorio, ma questa tattica funziona per ottenere il coinvolgimento da parte del vostro pubblico. Rifletteteci. Se siete d’accordo con un’opinione in un post, probabilmente vi “piacerà” e andrete avanti. Se non siete d’accordo, sarete più propensi a commentare con il vostro punto di vista.
Create un post in elenco: i post in elenco possono rivelarsi davvero molto positivi in merito a parametri quali social engagement, ad esempio, proporre delle vere e proprie guide o riassunti di argomenti interessanti. Di seguito riportiamo un esempio di post di questo tipo. Sam Moss elenca i suoi libri preferiti per gli imprenditori. Il post è chiaro e di facile lettura. Invita gli autori a commentare taggandoli e chiede al suo pubblico di condividere i propri libri preferiti.
Avviare, quindi, una conversazione su LinkedIn è utile per il vostro pubblico. Non solo aumenta il coinvolgimento, ma invita anche a discussioni relative al vostro percorso, al vostro campo applicativo, attorno a ciò che sapete fare. Semplicemente.
4. Rendete i vostri contenuti più leggibili e memorabili
Il contenuto stesso è metà della creazione di un post LinkedIn accattivante. L’altra metà è la sua reale formattazione.
Migliorate la leggibilità con lo spazio bianco: lo spazio bianco rende i vostri post LinkedIn più lunghi e più facili da leggere. Avete mai notato che a volte dovete cliccare su “vedi altro…” per leggere il resto del post? Ecco: quando un utente fa clic su questo collegamento, segnala, istantaneamente, all’algoritmo di LinkedIn che sta interagendo con il post.
Distinguetevi nel feed di LinkedIn con elementi del brand: utilizzate gli elementi del vostro brand nei vostri i post per renderli riconoscibili come contenuti. Il marchio di Madeline Mann, ad esempio, utilizza in tutti i suoi post il proprio elemento distintivo. L’uso del colore arancione rende, inoltre, i suoi post luminosi e gli emoji mandarino attirano inevitabilmente l’attenzione.
Aumentate la probabilità di commenti con @menzioni. Cercate di taggare altri professionisti solo se siete quasi sicuri che commenteranno il vostro contenuto. Altrimenti, potreste compromettere le possibilità di aumentare il coinvolgimento. Rimanete sempre fedeli ai vostri contenuti e non esagerate.
5. Analizzate i vostri post LinkedIn per identificare e modellare i contenuti con le migliori prestazioni
Se volete inviare i segnali giusti all’algoritmo di LinkedIn, i vostri post dovrebbero attirare il pubblico di destinazione/target. Date un’occhiata a chi sta visualizzando i vostri post.
Per fare ciò, recatevi sul vostro profilo LinkedIn e cercate la sezione Attività (che si trova proprio sotto la dashboard di LinkedIn ). Fate clic su Visualizza tutto in alto a destra.
Questo vi porterà a tutte le vostre attività su LinkedIn. Fate clic su Post per filtrare la vostra attività e mostrare solo i vostri post. Potete anche fare clic su Articoli se desiderate, invece, analizzare anche chi li vede.
Noterete, in fondo a ogni post, un’icona di analisi e le visualizzazioni totali ricevute dai vostri post. Fate clic sull’icona per controllare chi ha visualizzato il contenuto.
LinkedIn, successivamente, suddividerà le visualizzazioni per titolo di lavoro, posizione e persone con cui lavori.
Mentre osserverete queste statistiche, chiedetevi: “È questo il pubblico che voglio scegliere come target?”.
Queste metriche vi forniranno informazioni sul come potreste modificare i vostri post per raggiungere meglio il vostro pubblico ideale. Appare abbastanza chiaro che LinkedIn stia puntando sul fatto che il proprio feed sia visto come uno strumento pieno di informazioni altamente utili, quindi deve sapere chi siete. Cosa fate. Come interagite. Altrimenti, come possono individuare ciò di cui avete bisogno?
L’algoritmo di LinkedIn analizzerà i lavori, le competenze e le esperienze che avete condiviso. Partirà da qui e poi darà uno sguardo anche al contenuto che vi piace e alle connessioni con le quali interagite. Create, infine, una rete attorno alla vostra esperienza, unitevi a gruppi LinkedIn nella vostra nicchia e seguite gli hashtag pertinenti (lo ripetiamo). Condividete anche post pertinenti e specifici di nicchia per attirare conversazioni con connessioni reali.
I post autentici e di valore sono sempre i più significativi per l’algoritmo di LinkedIn. Se condividete la vostra esperienza con il vostro pubblico e apportate “valore” all’interno della piattaforma, i vostri contenuti organici otterranno una migliore visibilità nel feed di LinkedIn. Non perdete tempo! Iniziate ora.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/07/Linkedin-20-pagine-ispirazione-4.jpg6401100Luca Maggipintohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngLuca Maggipinto2020-09-14 11:16:532020-09-16 16:22:21Come aumentare la reach organica dei post su LinkedIn
Il mondo dei social media è sempre in movimento, si sa. E tra una notizia e un aggiornamento, è bene restare al passo per non rischiare di non trovare più il tasto del Business Manager su Facebook!
Ma nonostante questo dubbio amletico, andiamo avanti e continuiamo a seguire tutte le ultime novità. Eccole qui per voi!
Universo Facebook
Facebook delinea nuove misure per le elezioni presidenziali americane. Le azioni aggiuntive puntano a proteggere gli elettori dalle manipolazioni dovute a fake news e deepfake. Ai post saranno quindi aggiunte una serie di etichette informative.
Nel frattempo Facebook non ferma il suo processo di integrazione tra le varie piattaforme di sua proprietà e ora sta permettendo ad alcuni utenti di visualizzare le storie di Instagram su Facebook. Si tratterebbe di un test che potrebbe presto concretizzarsi in una nuova funzionalità.
Arrivano anche nuovi strumenti per Facebook Watch. Il social ha aggiunto alcuni tool di personalizzazione per guardare, segnalare video organici e ricevere insight sulle loro performance. Utili e da conoscere se si sta puntando su questa strategia.
Facebook Watch, infatti, secondo gli ultimi dati rilasciati ha raggiunto oltre 1,25 miliardi di visitatori mensili. Il social network ha ripercorso gli ultimi aggiornamenti sia per gli spettatori sia per i creatori di contenuti che hanno permesso la crescita, tra cui una migliore navigazione, la cura dei contenuti da parte di esperti e un machine learning più intelligente.
E ancora Facebook ci darà altri modi per esportare foto e video all’interno dell’iniziativa sulla portabilità dei dati della piattaforma: ora per gli utenti sarà possibile esportare i propri contenuti pubblicati anche tramite Dropbox e Koofr, oltre che con Google Photos.
Infine, l’ultima notizia è quella relativa ad un ritorno alle origini di Facebook, che ha lanciato “Campus”, uno spazio dedicato agli studenti del college, proprio come l’originaria versione del social.
Nel frattempo su Instagram…
Nel feed principale di Instagram comparirà anche la visualizzazione dei “Reels suggeriti”, mentre a breve sarà lanciataun’analisi mensile delle tendenze di questo nuovo formato.
Instagram sta anche testando alcune variazioni per la visualizzazione di Reels e tab Shop. Dopo aver recentemente lanciato una scheda dedicata alla nuova funzione video nella schermata iniziale in India, vuole ora esportarla anche in tutte le altre regioni in cui Reels è già disponibile.
Pianeta TikTok
TikTok aderisce al Codice di Condotta contro l’incitamento all’odio online. L’annuncio, a firma di Cormac Keenan, Head of Trust and Safety EMEA, punta a sottolineare la sicurezza della piattaforma come spazio creativo per la community, dopo che il video di un suicidio ha iniziato a circolare sul social.
La piattaforma ha anche introdotto Stitch, un’opzione che consente ai creator di ritagliare e integrare le scene dei video di altri utenti nei propri. Nella didascalia è possibile attribuire i credit con un collegamento diretto al video originale.
Infine, TikTok ha condiviso nuove informazioni sul funzionamento del suo feed. Quello che diventa più chiaro è che la piattaforma si tara sulle preferenze dell’utente da subito e mira ad evitare ripetizioni come vedere più video con la stessa musica o dello stesso autore.
Forse anche per questo ad agosto l’app è stata ancora una volta la più scaricata tra quelle che non riguardano il gaming.
LinkedIn Stories. Il social testa un’opzione per aggiungere link nei contenuti effimeri. Attraverso swipe up sarà possibile accedere direttamente all’URL.
Su Spotify arriva una funzione karaoke. La modalità è ancora in fase di studio e potrebbe rimanere un test per migliorare l’esperienza utente. Ma dopo l’annuncio del rilascio dell’app Twitch Sings di Amazon a gennaio, la nuova feature potrebbe arrivare sui device in tempi rapidi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/facebook-campus-ninja-marketing.jpg5821081Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-09-12 10:30:402020-10-27 10:47:34Week in Social: da Facebook Campus all'algoritmo di TikTok
IKEA e LEGO finalmente insieme per una collaborazione che coniuga le esigenze di bambini e adulti.
Una nuova linea di portaoggetti da utilizzare con qualsiasi elemento LEGO esistente e futuro.
È di qualche giorno fa la notizia che ufficializza la collaborazione tra IKEA e LEGO. I due marchi hanno unito le loro forze per creare una soluzione di arredamento giocosa chiamata BYGGLEK.
Composta da una serie di scatole portaoggetti con mattoncini LEGO, la nuova collezione mira a incoraggiare il gioco e infondere più divertimento durante il riordino della casa.
La collezione BYGGLEK sarà disponibile nei punti vendita al dettaglio IKEA in Europa e in Nord America a partire dall’1 ottobre.
Il tema è la vita in casa
Con la convinzione che il gioco renda la casa e il mondo un posto migliore, IKEA e LEGO hanno deciso di rimuovere le barriere al gioco nella vita quotidiana, creando un’esperienza pratica e divertente per bambini e adulti.
Il gioco è il modo più intuitivo e potente per i bambini di imparare e crescere. Tuttavia, i più piccoli e gli adulti hanno spesso punti di vista differenti quando si tratta di gioco e di creatività in casa. Gli adulti hanno spesso la necessità di creare stanze confortevoli e organizzate, i bambini invece percepiscono gli spazi come ambienti stimolanti e creativi in cui desiderano naturalmente giocare, fare una pausa e poi ricominciare a giocare.
Attraverso l’IKEA Play Report, IKEA ha chiesto ai bambini cosa vorrebbero e il 47% di loro ha affermato di volere più tempo per giocare con i propri genitori. Allo stesso tempo, il 90% dei genitori interpellati, partendo dalla convinzione che il gioco sia una componente fondamentale della vita di ognuno, ritiene che il gioco sia essenziale per il benessere e la felicità.
Nel riordinare e riorganizzare lo spazio dei bambini non solo interrompiamo il loro gioco, ma anche la loro espressione creativa e di crescita.
In LEGO Play Well Study 2020, i genitori riconoscono l’importanza di far giocare i bambini, proprio con le loro modalità. 8 genitori su 10 ammettono un gioco disordinato, in questo modo i bambini si sentono liberi di sviluppare la loro creatività (85%). Tuttavia, 1 genitore su 2 si preoccupa che il proprio figlio faccia disordine quando gioca e si sente obbligato a riordinare, anche mentre il bambino sta ancora giocando (51%). 9 bambini su 10 confermano questa teoria, dicendo che i loro genitori dicono loro di rimettere in ordine mentre stanno ancora giocando (90%).
IKEA e LEGO: esplorare, sperimentare, sognare e scoprire
Le scatole BYGGLEK sono dotate di stud LEGO (i “bottoni” che permettono l’incastro tra due pezzi) sia sul coperchio che sul lato anteriore, questo permette di collegare insieme diversi contenitori. Così i bambini potranno integrare i porta oggetti come parte delle loro costruzioni, potranno memorizzare le storie al loro interno e mostrare con orgoglio le loro creazioni sopra di esse.
“Volevamo creare una soluzione di storage che offrisse un’esperienza divertente e ludica. In IKEA crediamo sempre nel potere del gioco. Il gioco ci permette di esplorare, sperimentare, sognare e scoprire. Dove gli adulti spesso vedono disordine, i bambini vedono un ambiente stimolante e BYGGLEK aiuterà a colmare il divario tra questi due punti di vista per garantire un gioco più creativo nelle case di tutto il mondo” ha dichiarato Andreas Fredriksson, designer di IKEA Sweden.
La collezione BYGGLEK si abbina perfettamente ad altri prodotti IKEA, in questo modo la creatività dei bambini diventando un bel pezzo di decorazione domestica.
A proposito di questa soluzione creativa Rasmus Buch Løgstrup, designer di LEGO Group, ha dichiarato: “BYGGLEK è riordino e gioco intrecciati. Offre alle famiglie una gamma di prodotti che aiuta a creare spazio e a giocare nella quotidianità, alimentando la creatività, rendendo possibile il divertimento insieme. BYGGLEK offre infinite possibilità, proprio come il LEGO System Play”.
La linea si compone di quattro diversi prodotti: un set di tre contenitori piccoli, due contenitori più grandi e una scatola contenente 201 mattoncini LEGO per iniziare a giocare.
Non si tratta solo di una semplice scatola con coperchio, è uno scrigno pieno di allettanti idee per giocare. Una casa che puoi arredare, una scala, un kit di costruzione per i più creativi.
Con BYGGLEK il colosso danese spera di estendere l’esperienza di gioco LEGO fornendo soluzioni di storage creative e divertenti che siano tanto giocabili quanto funzionali.
Così mentre IKEA consolida la sua presenza nel settore giochi, lo scorso luglio il colosso svedese ha debuttato nel campo moda lanciando la sua prima linea di abbigliamento e accessori, chiamata Efterträda. In stretta collaborazione con IKEA Sweden, IKEA Japan ha sviluppato una collezione ispirata e realizzata per la gente di Tokyo. Attualmente la gamma include t-shirt, felpe con cappuccio, bottiglie, ombrelli, asciugamani e borse, tutti stampati con il logo dell’azienda e il codice a barre del suo iconico sistema di scaffali Billy.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/ikea-e-lego-presentano-bygglek-gioco-e-riordino-4.jpg6871000Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2020-09-11 15:41:432020-09-14 23:19:51IKEA e LEGO, la partnership che tutti stavamo aspettando
Il tempo a tua disposizione per catturare l’attenzione degli utenti sul sito si misura in pochi secondi.
Un utente “rimbalza” fuori dal sito quando non c’è stato alcun coinvolgimento e/o non ha trovato ciò che cercava.
Ecco gli errori da non commettere, parlando di frequenza di rimbalzo.
Qual è il tempo medio di permanenza di un utente su una pagina web? Circa 15 secondi.
Ed è anche il tempo che hai a disposizione per catturare la sua attenzione e far sì che continui aesplorare il tuo sito più in profondità.
La “regola dei 15 secondi” di cui parlava Jakob Nielsen già diversi anni addietro, consiste proprio in questo: se non hai generato interesse in questo breve lasso di tempo, probabilmente non lo farai più.
Basta davvero poco perché un utente lasci una pagina web, dai tempi di caricamento troppo lunghi ai contenuti poco d’appeal.
Per valutare se il tuo sito è costruito in maniera efficace sotto ogni aspetto (visual, content, design) la metrica che devi sempre monitorare è la frequenza di rimbalzo.
Cos’è la frequenza di rimbalzo
Si tratta di una delle metriche più importanti per Google Analytics, che misura la percentuale di persone che abbandonano il tuo sito dopo aver visitato una sola pagina, senza svolgere alcuna azione.
Un utente “rimbalza” fuori dal sito quando non c’è stato alcun coinvolgimento e/o non ha trovato ciò che cercava. Si può dire che quanto più alta sarà la frequenza di rimbalzo, tanto meno efficace sarà il funzionamento del sito in questione.
Naturalmente, è bene considerare le diverse casistiche, che variano da settore a settore. Se si parla di un sito a scopo d’informazione, il fatto che un utente termini la navigazione dopo aver visitato una sola pagina, non è necessariamente un indicatore negativo.
Credits: neilpatel.com
Ma nel caso in cui la struttura del sito presupponga un’interazione, allora potrebbe esserci qualcosa che stai sbagliando.
La creazione di contenuti di qualità è importante non solo per catalizzare l’attenzione del lettore, ma anche per guadagnare credibilità agli occhi del motore di ricerca.
La frequenza di rimbalzo, infatti, non costituisce di per sé fattore di ranking perché l’algoritmo di Google non utilizza i dati di Analytics; ma se l’utente abbandona il tuo sito per tornare ai risultati di ricerca, ecco che il discorso cambia e quel tipo di rimbalzo potrebbe penalizzare a livello di indicizzazione.
Secondo YOAST la frequenza di rimbalzo può rappresentare un campanello d’allarme sotto tre aspetti:
la qualità è bassa: non c’è niente che inviti a impegnarsi
il pubblico non corrisponde allo scopo della pagina, quindi non ci sarà interazione
i visitatori non hanno trovato quello che stavano cercando
Molto spesso un’alta frequenza di rimbalzo è dovuta a una cattiva esperienza di navigazione.
Un design scadente, che offre troppe opzioni e risulta dispersivo, oppure con dei tempi di caricamento lentissimi, equivalgono all’abbandono della pagina.
Semplicità: eliminare ogni elemento non essenziale
Gerarchia: organizzare gli elementi in base alla rilevanza
Navigabilità: creare un percorso di navigazione semplice e ovvio
Coerenza: l’aspetto deve essere uniforme in tutto
Accessibilità: il sito deve essere accessibile da tutti i dispositivi
Convenzionalità: usare sempre elementi che le persone conoscono
Credibilità: saper anticipare il search intent
Centralità dell’utente: monitorare le risposte degli utenti agli elementi del sito per ottenere la migliore UX.
Più il sito risulterà user friendly, minore sarà il rimbalzo. Usabilità e disponibilità sono i fattori chiave per aumentare il tempo di permanenza: se il sito non è ottimizzato per tutti i tipi di dispositivi, elementi come collegamenti interrotti o mancanza di reattività mobile potrebbero essere deleteri se stai cercando di convertire un visitatore in un lead.
L’assenza di interazioni
Un escamotage che viene usato per aumentare il traffico, è quello di registrare nomi di dominio con storpiature di nomi di siti molto cliccati(“yuotube.com” o “faecbook.com”) prevedendo gli errori di battitura più comuni degli utenti e “sottraendo” una fetta di utenza al sito originale.
Peccato che poi il tempo di permanenza sulla pagina non supera quasi mai i 30 secondi.
Un nome di dominio fuorviante o acchiappa click possono essere fattori di abbandono, poiché quando l’utente arriva sul sito non ci mette molto a rendersi conto di non trovarsi dove dovrebbe.
Se l’utente arriva su una pagina e non trova ciò che cerca, abbandona in pochi secondi, ma lo stesso avviene quando le informazioni sono troppe.
Un surplus di informazioni non solo farà impennare il rimbalzo ma risulterà anche penalizzante dal lato SEO.
Le informazioni ridondanti sono sempre sinonimo di cattiva navigazione: il focus principale non deve mai essere seppellito da altre informazioni superficiali.
Contenuti non aggiornati o illeggibili aumentano la frequenza di rimbalzo
Per aumentare il tempo di permanenza e invogliare l’utente a continuare ad esplorare il tuo sito devi essere una “fonte autorevole” nel tuo settore.
Ciò significa che i tuoi contenuti dovranno essere pertinenti, aggiornati e fatti per intercettare l’esigenza del momento.
Se stai proponendo post datati, i visitatori potrebbero rimbalzare via anche solo guardando la data. Anche se i dati sono ancora rilevanti, sono i contenuti recenti che ti danno credibilità agli occhi del pubblico.
Anche se si tratta solo di aggiornare numeri e statistiche, è importante non trascurare quest’aspetto.
Oltre a trasmettere conoscenza ed esperienza nel settore, i contenuti devono essere leggibili. Niente scoraggia la lettura più di un muro di testo, scritto senza variazioni di carattere e/o spazi bianchi.
È sempre consigliabile inserire blocchi di testo, che siano intervallati anche da immagini e che lascino alla pagina un po’ più di respiro.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/frequenza-di-rimbalzo.jpg567915Federica D'Arpahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFederica D'Arpa2020-09-11 11:15:552020-09-14 23:20:01La regola dei 15 secondi: ecco perché gli utenti lasciano il tuo sito
KitKat stringe una collaborazione con l’ente benefico “RU OK?” a sostegno della prevenzione dei suicidi, in Australia.
Per l’occasione il suo packaging si veste di nuovo, invitando tutte le persone ad un comportamento più attento e altruista.
Il famoso payoff dello snack KitKat – Have a Break– ci ha sempre invitato a concederci una meritata pausa dai momenti più stressanti. Ma questa volta il suo invito è rivolto ad una situazione particolare e per una causa molto più importante. In un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, Nestlè Australia ha stretto una partnership in prima linea con l’Organizzazione benefica “RU OK?“ che ha avviato un progetto di sostegno contro i rischi del suicidio attraverso un portale interamente dedicato alle diverse situazioni di negatività.
Una conversazione che potrebbe cambiarti la vita
Il brand, famoso da sempre per invogliare a prendersi una spensierata pausa dal lavoro e da circostanze impegnative, stavolta vuole incoraggiare le persone ad esternare le proprie emozioni negative, come solitudine paura o smarrimento, coinvolgendo altrettante persone nell’ascolto e nel supporto a distanza. Un punto molto importante di condivisione e di conversazione che si trasforma in dialogo e che diventa dunque aiuto prezioso specialmente in determinati frangenti.
Una sensibile iniziativa quella di Nestlè che purtroppo ancora non vedremo in Italia ma che sarebbe davvero necessaria, non solo in questo momento storico un po’ critico. Molte sono infatti le persone che non riescono a reggere il peso delle delusioni e quello di una vita che non va esattamente nella giusta direzione; poche sono le richieste di aiuto come poche sono le persone che riescono ad entrare in empatia con le altre. La società fatta di schermi, una quotidianità che va troppo di fretta, la paura di non farcela.
KitKat in una altruista edizione limitata
La campagna ‘Chit Chat’ per RU OK? di quest’anno vede KitKat come suo partner ufficiale che per l’occasione ha vestito di nuovo il suo dolce snack. Croccante dentro e solidale fuori, con il suo packaging creato ad hoc riportante la premurosa domanda RU OK? (Stai bene?) e che invita a collegarsi al sito per condividere pensieri e preoccupazioni grazie a conversazioni autentiche.
L’edizione limitata del pack del cioccolato KitKat, in vendita in Australia dagli inizi di settembre, è stata ideata proprio per aumentare la consapevolezza della necessità per tutti di fare una domanda tanto semplice quanto importante alle persone che abbiamo attorno. Stai bene? Potrebbe sembrare per la maggior parte di noi una frase retorica ma che si rivela di sicuro come un campanello di allarme per intuire una prima problematica in qualcuno dei nostri cari. Una domanda che va oltre: un’apertura ad un ascolto più profondo e a proposte di una conversazione meno frettolosa, più attenta ed insieme genuina.
Il progetto “RU OK?”con uno sguardo alla società si preoccupa di agevolare e suggerire connessioni reali ed autentiche. Unire le persone in un momento di fragilità, sostenere l’un l’altro attraverso l’espressione di debolezze comuni per non sentirsi diversi. Per non sentirsi soli e messi da parte. Insomma, un’azione altruista verso le persone a noi vicine e forse anche verso noi stessi. Una piattaforma di supporto che si augura di aiutare a prevenire lo scatenarsi di problematiche più profonde e che potrebbero, in alcuni casi, portare a pensieri di gesti estremi.
L’organizzazione benefica sottolinea di non volersi sostituire ad un aiuto professionale e competente ma di porsi meramente come connettore di scambi empatici ed emotivi, ponendo l’attenzione sulla condivisione ed il dialogo reali, valori che purtroppo questa nuova società sta perdendo.
Ed in questo atto generoso, un’azienda così importante non poteva non condividerne il valore più alto: quello della vita.
Brand, social responsibility e salute mentale
Sono in particolare i consumatori della Gen Z che si trovano ad affrontare livelli di stress senza precedenti, che danno valore alla salute mentale e si aspettano che i marchi si impegnino anche con le loro esigenze emotive in modo sincero. Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Adolescent Health i tassi di depressione, autolesionismo e suicidio tra i ragazzi della Gen Z sono in aumento e sono addirittura raddoppiati nel corso del decennio in cui sono stati valutati gli studenti universitari.
Per questo l’esempio di KitKat è emblematico in questo particolare momento storico e può essere d’esempio per altri brand. La collaborazione con organizzazioni esterne può aiutare i marchi a mantenere la loro rilevanza attraverso la partecipazione, piuttosto che la semplice influenza.
È una linea sottile da bilanciare per i marchi e i marketer: infatti, se i social media sono uno dei punti di stress principale per i giovani, sono anche un canale di comunicazione fondamentale e utile per i brand.
Nella lotta per attrarre clienti della Gen Z, questa dicotomia si manifesta in modo ancora più importante.
L’American Psychological Association ha osservato che le notizie di sparatorie di massa, cambiamenti climatici e deportazioni sono altamente scatenanti e contribuiscono a creare un senso di ansia collettiva che permea la Gen Z, mentre i social media hanno promosso una cultura del cyberbullismo. Secondo un rapporto dell’UNICEF, un giovane su tre sperimenterà il cyberbullismo e la motivazione principale sarà il suo aspetto.
Lo spostamento dell’attenzione generazionale sulla salute mentale rappresenta un’opportunità per i brand, quando sono in grado di dare risposte al proprio pubblico. Posizionandosi come alleato, grazie alla collaborazione con organizzazioni e associazioni di beneficenza, possono mantenere la loro rilevanza.
Oltre a quello di KitKat, ci sembra utile riportare altri esempi pratici e case study per scoprire come i marchi possano davvero impegnarsi per le persone, amplificando la propria social responsibility.
Boohoo
Il rivenditore online orientato alla Gen Z, Boohoo, ha collaborato con l’ente di beneficenza anti-bullismo Ditch the Label per creare un video incentrato sulla causa, intitolato “The Insta-Lie”, che espone come la falsa percezione di vivere “vite migliori” sui social media abbassa l’autostima delle altre persone e rende più profonde le dipendenze online.
Adidas e Nike
Nel 2018 Adidas ha prodotto “Infinite Silence”, un cortometraggio del regista Max Luz, con protagonista il rapper e artista britannico Kojey Radical che parla di depressione, suicidio e dell’importanza del legame umano.
Lo scorso agosto, Nike ha lanciato le In My Feels Air Max, per raccogliere fondi per l’American Foundation for Suicide Prevention. La salute mentale è stata incorporata nel design della scarpa con un logo ondulato di swish reinterpretato per fare riferimento alle cime e alle valli della vita emotiva.
Le scarpe da 180 dollari sono andate esaurite in meno di 48 ore. Il successo delle scarpe da ginnastica indicava che la consapevolezza della salute mentale è in risonanza con i clienti.
JanSport
JanSport è un’azienda multinazionale che produce zaini e borse. Il brand ha dato il via a #LightenTheLoad, una campagna per aiutare a mettere in contatto i giovani con esperti della salute mentale – soprattutto nel periodo di acuto stress della pandemia COVID-19.
Ogni mercoledì di maggio, sul canale Instagram Live (con un archivio disponibile nella pagina dedicata alla campagna sul loro sito web), l’azienda ha proposto conversazioni con terapisti esperti.
Il marchio ha anche pubblicato sul suo sito informazioni di base, ma coinvolgenti, sulla salute mentale di organizzazioni come la National Alliance on Mental Illness (NAMI) e l’American Psychological Association, insieme a informazioni su linee telefoniche di aiuto in situazioni di emergenza.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/kitkat_australia_ninjamarketing.jpg469703Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2020-09-10 11:26:432020-09-10 11:26:43KitKat Australia lancia uno speciale 'Have a Break pack' e lo fa per una buona causa
Kodak è la prima azienda a portare la fotografia sul mercato di massa. Negli anni ’70 copriva il 90% del mercato americano delle pellicole e l’85% delle fotocamere.
Nel 2012 la crisi l’ha spinta in amministrazione controllata, quindi ad uscire dal mercato delle fotocamere digitali e reinventarsi.
Lo scorso luglio Kodak ha ottenuto un finanziamento di 765 milioni di dollari dal governo USA per diventare azienda farmaceutica inserendosi nell’attualissima questione USA-Cina.
La notizia ufficiale è questa “Kodak si trasformerà presto in un’azienda farmaceutica, prendendo sussidi dal governo USA”. Una questione curiosa e davvero interessante, da cui nascono molte domande. Le prime fra tutte: cosa c’entra un’azienda storica che produce pellicole con i farmaci? Perché Kodak ha cambiato rotta e perché il governo USA ha finanziato l’azienda per diventare farmaceutica?
Per capire meglio questa notizia, dagli aspetti economici e politici, nei prossimi paragrafi ripercorreremo la storia di Kodak, la sua difficoltà a cambiare e diversificare fino al pivot con Kodak Pharmaceuticals, che ne ha fatto schizzare il suo valore sul mercato. Successivamente analizzeremo la situazione USA e l’intenzione di Trump di riportare in patria la produzione di farmaci.
Kodak Story
La storia di Kodak inizia a fine ‘800 ed è un caso studio davvero interessante, perché ci mostra come una delle aziende più importanti del mondo, che ha impresso i momenti più significativi e nostalgicamente emozionato moltissime persone, è finita in amministrazione controllata per non aver percepito e investito in tempo sul cambiamentodigitale e diversificato, almeno fino ad ora.
1880-1881
L’imprenditore George Eastman, ex impiegato di banca con la passione per la fotografia, inventa una nuova formula per creare lastre secche alla gelatina-bromuro e inizia a produrle a Rochester, New York nella Eastman Dry Plate Company, che nel 1892 diventerà Eastman Kodak Company.
Curiosità. Il nome Kodak fu inventato dallo stesso Eastman “Mi piaceva la lettera K, e volevo una parola veloce, rapida. E senza problemi per il marchio”.
1888-1889
Eastman rilascia la prima fotocamera Kodak per il mercato di massa. A quel tempo la macchina fotografica era utilizzata solo se si avevano abilità tecniche e più strumentazioni a disposizione. Kodak l’ha resa accessibile a tutti con lo slogan “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto”.
All’inizio la macchina fotografica veniva fornita con una pellicola incorporata. Quando tutte le foto erano state scattate, il cliente mandava l’apparecchio ai laboratori Eastman a Rochester, e presto riceveva, dietro pagamento, la macchina indietro caricata con una pellicola nuova e tutte le sue foto stampate.
Nel 1889 Kodak lancia la prima pellicola trasparente di nitrocellulosa della larghezza di 35 mm. Uno dei primi clienti è Thomas Alva Edison, che riesce così a ideare la prima cinepresa, Kinetoskopio.
Da allora, l’azienda ha ricevuto nove Oscar per i contributi tecnici e scientifici all’industria cinematografica.
1920
George Eastman crea un particolare apparecchio fotografico destinato alla medicina odontoiatrica. Da lì a pochi anni fa costruire diverse cliniche odontoiatriche per bambini bisognosi a Rochester, Londra, Parigi, Bruxelles, Stoccolma e Roma, dove viene edificato l’ospedale Odontoiatrico George Eastman, ancora oggi presente.
1960’s
Negli anni ’60 il marketing di Kodak punta sulla nostalgia. In una puntata della serie Mad Man, Don Draper ricorda la strategia Kodak con il proiettore di slide a carosello: “La nostalgia è delicata ma potente”.
Nel 1969 Gli astronauti dell’Apollo 11 utilizzano una speciale fotocamera a colori Kodak per scattare fotografie durante il primo atterraggio sulla luna.
1970’s
Kodak copre il 90% del mercato americano delle pellicole e l’85% delle fotocamere.
1975
Steven Sasson un giovane ingegnere della Kodak inventa la prima fotocamera digitale. L’azienda non finanzia il progetto, temendo che ciò avrebbe impattato negativamente la vendita della pellicola.
1980’s
La pellicola Kodachrome viene utilizzata dal fotografo Steve McCurry per scattare il famoso ritratto della bambina Afghana.
Kodak acquista l’azienda farmaceuticaSterling Drug Inc. per 5,1 miliardi di dollari. A quel tempo, Kodak era il più grande produttore di prodotti fotografici al mondo, ma doveva affrontare la crescente concorrenza nella fotografia e voleva diversificare la propria attività. La società aveva già un segmento nel Life Science, che l’acquisizione di Sterling aveva lo scopo di potenziare.
1994
Kodak vende definitivamente Sterling. La scelta è di concentrarsi nuovamente sulla fotografia.
2005-2012
Tra il 2005 e il 2010 le casse di Kodak sono letteralmente prosciugate. Nel 2012 la crisi la spinge in amministrazione controllata. Sebbene alcuni dei suoi brevetti più preziosi all’epoca riguardassero l’imaging digitale, inclusi alcuni utilizzati negli smartphone, l’azienda era rimasta troppo indietro rispetto ai concorrenti nella fotografia digitale e con molti debiti da pagare.
Nel 2012 Kodak esce dal mercato della fotocamera digitale e concede la sua licenza e marchio ad altri produttori. Si concentrerà sulla sulle soluzioni commerciali, sulla stampa, sull’imballaggio e sui servizi alle imprese.
2014 – 2018
Kodak sigla un contratto con Hollywood. Il film Tenet di Christopher Nolan è girato su pellicola Kodak 65mm.
Mo
Nel 2018 Kodak annuncia il lancio di una criptovaluta, chiamata KodaCoin, le azioni dell’azienda salgono del 125%. Il progetto è oggi fallito.
Lo scorso luglio, Kodak ottiene un prestito governativo di 765 milioni di dollari per trasformarsi in un’azienda produttrice di ingredienti farmaceutici, tra i quali l’anti-malarico idrossiclorochina.
Peter Navarro, trade advisor della Casa Bianca, ha dichiarato che Kodak ha l’esperienza necessaria nella chimica fine, grazie alla sua eredità fotografica. La produzione di ingredienti farmaceutici coprirà dal 30% al 40% delle attività di Kodak.
Il giorno dopo l’annuncio, a Wall Street il titolo Kodak ha avuto un’impennata, salendo oltre il 200%.
Il passaggio di Kodak al farmaceutico non è poi così strano. Abbiamo visto nel corso della storia di Kodak come già l’azienda avesse acquistato negli anni ’80 la farmaceutica Sterling e avesse una divisione nel Life Science, Kodak comunque ha sempre trattato con la chimica. Negli ultimi anni inoltre Kodak, dopo il fallimento con la fotografia digitale, si stava reinventando producendo prodotti chimici e materiali avanzati anche per il farmaceutico.
C’è anche un’altra azienda diventata famosa per le pellicole fotografiche, che già da qualche anno, sfruttando le proprie tecnologie ed acquisendo aziende farmaceutiche e biotech, è passata al mondo Life Science, la giapponese Fujifilm. Nel 2019 il comparto sanitario ha rappresentato per l’azienda giapponee il 43% del fatturato totale e mira a raddoppiare le vendite nei prossimi anni.
Prestito e scetticismo
Il finanziamento di 765 milioni, che Kodak dovrà restituire in 25 anni, ha generato scetticismo in USA. Si tratta del primo nel suo genere concesso dall’agenzia federale US International Development Finance Corporation (DFC) per sostenere “la produzione domestica di risorse strategiche”, tra cui i farmaci e le loro materie prime che oggi vengono importate principalmente da Cina e India.
Il prestito ridurrà il time-to-market di Kodak supportando i costi di avvio necessari per riutilizzare ed espandere le strutture esistenti dell’azienda a Rochester, New York e St. Paul – Minnesota, e introdurre continuous-manufacturing e tecnologie avanzate. L’azienda coprirà con la sua produzione il 25% del fabbisogno negli Stati Uniti.
Le critiche sono state mosse all’amministrazione sia per la scelta di finanziare la produzione interna di ingredienti (invece di concentrarsi sui test covid-19) che per la scelta stessa di Kodak, a fronte di altre aziende farmaceutiche con capacità e know-how maggiori.
Così risponde in un tweet Peter Navarro:
VERY disappointed last week’s great deal with Kodak tarnished by allegations. Absolutely RIGHT move by DFC!
We must redouble efforts to bring our pharma manufacturing home!! #BuyAmericanhttps://t.co/2OfAjJFHKH
Nonostante tutto il DFC ritiene che Kodak abbia già l’attrezzatura per produrre gli ingredienti farmaceutici e ci sarebbe già una lettera d’intenti di un’azienda farmaceutica (non nota) che li acquisterà.
La strategia USA
Il Covid-19 ha amplificato l’intento di Trump di riportare in USA le produzioni, soprattutto quelle che oggi vengono importate dalla Cina. Il rischio di dipendere da altre Nazioni, che si è poi verificato anche in Europa, è quello di affrontare momenti di crisi senza risorse strategiche a disposizione, pensiamo per esempio alla mancanza di mascherine.
Produrre in casa i prodotti e non dipendere dalla Cina, rientra nella guerra di mercato tra USA e Cina e riduce per gli Stati Uniti il rischio di minacce su risorse strategiche da parte di quest’ultima. Gli Stati Uniti sono inoltre leader mondiali dell’industria farmaceutica e la Cina negli ultimi anni sta crescendo molto in questo settore. Certamente un rientro di produzioni in USA pone la sfida del costo in confronto a quello delle materie prime cinesi. Per questo ritornando a Kodak l’intento di finanziare tecnologie avanzate per la produzione mira anche a non far alzare il costo dei farmaci finali.
Una riflessione a chiusura. In uno dei discorsi degli ultimi mesi, la presidente Ursula Von der Lyen aveva prospettato anche per l’Europa una strategia di resilienza, soprattutto per il comparto sanitario. Il Covid-19 sta indebolendo la globalizzazione oppure si tratta soprattutto di diversificare rispetto al mercato cinese (e indiano)?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/kodachrome.jpg12331871Silvia Di Gennarohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSilvia Di Gennaro2020-09-10 10:41:482020-09-14 23:20:30Ti ricordi Kodak? Sarà presto un'azienda farmaceutica (e ti spieghiamo il perché)
Il mentoring è un’attività fondamentale per le aziende: permette di formare al meglio i propri manager del futuro.
Come prima cosa, devono essere dati alla risorsa gli strumenti di base per muoversi e in autonomia e spiegate aspettative, ruolo e attività.
Il feedback è l’attività più importante: permette alla risorsa di imparare dai propri errori e di migliorarsi ogni giorno.
Non sono poi così lontani i tempi in cui con le amiche si parlava delle prime giornate di stage. “Il mio tutor ha sempre da fare, dopo due ore che ho letto le mail non so più cosa fare senza di lui. Mi rimane solo il solitario.”
“Non so, invece a me piacerebbe sapere se quello che sto facendo lo sto facendo bene oppure no. Ma anche la mia capa è sempre via”.
Sebbene autobiografico, sono sicura che l’estratto qui sopra possa risultare familiare a chi sta muovendo i primi passi nel mondo del lavoro. Ma potrebbe non esserlo più. Come? Con un mentoring efficace da parte delle aziende.
In questo articolo, ispirato a uno studio dell’Harvard Business Review e dalla mia meno bibliografica esperienza personale, trovate una lista di tips & tricks per un mentoring consapevole. Diciamo così: un mentoring for dummies.
Qualsiasi posto di lavoro ha un archivio di cartelle che contiene documenti utilissimi per i nuovi arrivati. C’è chi usa Dropbox, chi Microsoft, chi Drive, ma il concetto è lo stesso.
La prima cosa che avrei voluto sapere da stagista era dove trovare i materiali importanti senza dover chiedere tutto al mio tutor. Ecco perché la prima cosa che ho fatto con la mia apprendista è stata dirle dove trovare tutti i documenti possibili.
Nel concreto è molto semplice: basta preparare una lista di file importanti con le indicazioni in merito alle cartelle in cui trovarli. Ah, e ovviamente condividerne gli accessi! Vi pare ovvio? Avrei dei ricchi aneddoti con cui farvi ricredere.
2. Mentoring e aspettative: definire ruolo e doveri
Tra i trick per un mentoring efficace, HBR suggerisce di redigere un documento di Baseline Expectations per le nuove risorse. Al suo interno possono essere approfondite responsabilità, task, modalità e qualsiasi altro aspetto si ritenga fondamentale. Uno strumento che lascia largo spazio all’interpretazione, ma che sottolinea un passaggio fondamentale del mentoring: la definizione del ruolo e delle attività.
Lavorare in autonomia quando si è nuovi nel mestiere non è facile. Non si possono improvvisare le proprie attività e questo spesso dà origine a frustrazione o senso di inutilità. La musica cambia quando si sa con certezza quali sono i task e come terminarli senza dipendere da altri. Impostare il lavoro secondo attività quotidiane e consolidate può rendere le nuove risorse mano a mano più autonome e soddisfatte sul lungo periodo.
Un’altra regola d’oro è quella di decidere in anticipo quanto tempo dedicare all’attività di mentoring. Non è una decisione facile, perché, per quanto sarebbe più comodo pensarla così, le risorse sono ancora umane e in quanto tali differiscono anche nel quantitativo di tempo che serve loro per imparare a fare qualcosa.
Tuttavia, è consigliabile inserire in agenda degli slot orari fissi in cui approfondire i temi chiave per l’apprendista. Mettiamo caso che questi debba imparare ad usare Google Analytics: non può farlo completamente da solo, perciò l’ideale sarebbe dedicare un monte orario iniziale per spiegargli bene come fare e dei meeting successivi con un tempo definito per la risoluzione dei dubbi.
I meeting non dovrebbero essere più lunghi di 50 minuti e prefissati nell’agenda da diverso tempo. In questo modo l’apprendista dovrebbe imparare a considerare il tempo come una risorsa preziosa, iniziando lui stesso a voler settare un’agenda e dei punti da smarcare il più velocemente possibile nel suo spazio di formazione.
In un mondo lavorativo perfetto, i senior manager avrebbero il tempo di formare tutte le risorse del mondo. Purtroppo, come si evince dai solitari a cui giocano gli stagisti, questa speranza non riflette la realtà. Tale discrepanza mi ha portata a riflettere su quali siano le risorse di un’azienda più indicate ad occuparsi del mentoring e, spoiler alert, la risposta non è facile né definibile a priori. Dipende dalle esigenze.
Imparare dai senior manager: la formazione in ascolto
Diciamo che scegliere una persona con decenni di esperienza ha come vantaggio tutto il bagaglio di conoscenze e di trick che quella persona è in grado di passare. Anche solo sentendola parlare: spesso mi è capitato di considerare “mentori” colleghi senior che non erano un mio tutor diretto né ufficiale, ma che durante i meeting mi hanno tenuta in ascolto e da cui ho appreso informazioni, scappatoie e trucchetti in poche decine di minuti. Certo, dall’ascolto alla pratica passa diversa acqua sotto ai ponti, ma è un inizio. Il contrappeso è che spesso i senior manager non hanno il tempo materiale di occuparsi delle nuove risorse.
Imparare con gli junior manager: l’affiancamento continuo
Per questo, una valida alternativa sono gli junior manager: risorse che da qualche anno si occupano di ciò che fanno e hanno ancora vivido il ricordo delle difficoltà di quando ancora erano stagisti. Una persona che è sul mondo del lavoro da 3-5 anni ha acquisito le competenze del ruolo, tendenzialmente è meno oberato di un suo superiore, fresco e forse anche felice di poter condividere quello che sa. Fare mentoring d’altronde è un atto di generosità, ma come tante attività altruiste, dà tanto anche a chi lo fa. Ti fa vedere le cose da un’altra prospettiva, ti rinfresca la memoria, ti sfida, ma soprattutto – parrebbe, sempre secondo un altro studio di Harvard– ti aiuta ad alleviare lo stress.
Un mentoring ibrido potrebbe essere la soluzione migliore: una figura junior-middle in affiancamento, un senior da cui ascoltare.
Ricordate il “mi piacerebbe sapere se quello che sto facendo lo sto facendo bene oppure no” in apertura all’articolo? Ecco, quella frase non è semplicemente una lamentela di una vecchia amica, ma uno degli aspetti più importanti del mentoring.
Per crescere veramente, una risorsa ha bisogno di un feedback continuo. Se chiedi un documento che poi devi aggiustare in qualche modo, non puoi semplicemente correggerlo e inviarlo al cliente. Altrimenti la prossima volta ci troverai dentro gli stessi errori, perderai tempo tu e la tua risorsa non avrà imparato.
Drive, per esempio, permette di visualizzare la cronologia dei documenti: un trick utile con cui lo stagista può osservare in autonomia tutte le correzioni. In seguito, se ci fossero aspetti non chiari li si può approfondire in meeting. Da 50 minuti massimo, ovviamente.
Per concludere, il feedback dovrebbe essere puntuale quando riguarda un singolo task,periodico per indagare eventuali difficoltà o punti di miglioramento e conclusivo al termine del periodo di mentoring. Non si può mica smettere di insegnare sul più bello.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/mentoring.jpg568820Cecilia Lorussohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCecilia Lorusso2020-09-09 15:02:232020-09-09 21:43:27Il mentoring in azienda è importante e ci sono delle regole da seguire
Dopo mesi di didattica online, quest’anno sarà caratterizzato da un rientro sui banchi di scuola diverso dal solito.
Dai social trend emergono nuove forme di insegnamento, con i genitori impegnati a identificare opzioni di apprendimento alternative e soluzioni domestiche anche per la gestione degli spazi.
Con le persistenti incertezze legate al COVID, milioni di persone si stanno rivolgendo a Pinterest per affrontare l’imminente anno scolastico, indipendentemente da come si svolgerà. Infatti, anche se in Italia per la maggior parte degli studenti il mese di settembre segnerà il ritorno alla normalità, dopo mesi di didattica online, per altri quest’anno sarà caratterizzato da un rientro sui banchi di scuola diverso dal solito, con ricerche legate alle lezioni da casa arrivate a picchi mai raggiunti in precedenza.
Secondo i dati raccolti da Deloitte, il ritorno a scuola durante la pandemia ha fatto crescere le ansie dei genitori riguardo a salute e finanze familiari in tutto il mondo, portandoli anche a mettere in discussione la qualità dell’istruzione che gli studenti hanno ricevuto questa primavera. La preoccupazione che gli studenti siano rimasti indietro è evidente, con solo la metà dei genitori soddisfatti dell’istruzione fornita.
La stagione di incertezza cambierà con molta probabilità il modo in cui i consumatori affronteranno il ritorno a scuola (e all’università), soprattutto per quanto riguarda i loro acquisti. Sono tendenze che stiamo già ampiamente sperimentando in Italia, dove ad esempio, pare esserci stato un esodo di studenti verso le sedi universitarie del Sud.
Negli Stati Uniti, è stato calcolato che la spesa per il ritorno a scuola dovrebbe raggiungere i 28,1 miliardi di dollari, con una media di 529 dollari per studente nelle famiglie che acquistano abbigliamento, forniture, computer ed elettronica per i bambini fino a 12 anni. In particolare c’è una maggiore enfasi sugli strumenti di apprendimento basati sulla tecnologia.
E in Italia? Un’idea abbastanza completa di come si stiano orientando le scelte di studenti e genitori e di come si stiano preparando al back to school 2020 ce la offrono gli ultimi trend di ricerca sui social.
Secondo alcuni dei trend di ricerca più significativi per il back to school su Pinterest, che vedono studenti ed insegnanti proiettati verso un anno scolastico sicuramente differente dai precedenti, emergono nuove forme di insegnamento, con i genitori impegnati a identificare opzioni di apprendimento alternative, tra cui:
Dato l’aumento di bambini che studieranno da casa, crescono anche le ricerche legate all’allestimento di postazioni per domestiche, con i genitori intenti a replicare gli ambienti scolastici:
Gli acquisti legati alla ripresa della scuola evidenziano alcune differenze, come dimostrano le ricerche per nuovi capi d’abbigliamento e quelle relative all’arredamento, che possa consentire ai bambini di svolgere le lezioni anche da casa:
L’arredamento in cima ai pensieri per il back to school
Con l’inizio di un anno scolastico senza precedenti, i comportamenti d’acquisto legati al rientro a scuola si stanno modificando, riflettendo questo periodo di cambiamenti ed incertezza. In particolare, le persone si stanno rivolgendo ai social anche per pianificare ed acquistare tutto ciò di cui hanno bisogno per organizzare gli spazi di apprendimento tra le mura della propria casa, come dimostra il recente report di Pinterest. Dai nuovi metodi per organizzare le scrivanie alla ricerca del perfetto arredamento per le stanze, i Pinner guardano fiduciosi ad un anno scolastico produttivo e pieno di ispirazioni, indipendentemente da dove svolgeranno le proprie lezioni.
Di seguito i principali trend di ricerca relativi sia ai Millennial che alla Generazione Z.
Gli studenti universitari si stanno attrezzando per un anno scolastico senza precedenti e le ricerche della Generazione Z relative a nuovi metodi per creare un ambiente in casa che li possa ispirare nello studio sono in forte crescita:
Anche le ricerche per elementi decorativi son cresciute tra la Generazione Z. Infine, i genitori si stanno concentrando sul creare ed organizzare spazi per consentire ai propri figli di svolgere le lezioni da casa:
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/lavoro-colpa-della-scuola-2.jpeg7011051Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-09-08 17:11:092020-09-09 21:43:59Back to school: come sarà il rientro sui banchi quest’anno (secondo i social)
Essere pronti ad affrontare i rientri è sempre un tema importante per gli italiani, in questo momento particolare ancora di più. Per questo American Express collabora con l’app per il sonno e la meditazione Calm, per offrire ai Titolari di Carta consumer un anno di abbonamento premium gratuito.
Calm è l’app per il fitness mentale, sviluppata per contribuire a gestire lo stress, dormire meglio e vivere una vita più felice e sana. L’abbonamento annuale Premium è disponibile gratuitamente e rappresenta un beneficio esclusivo per i titolari di carta American Express in 44 Paesi a livello internazionale ed è consultabile a questo link.
Con l’app Calm i titolari di carta hanno accesso a oltre 100 ore di contenuti audio originali relativi alla meditazione, al riposo, alla musica e alla mindfulness, includendo una varietà di programmi che includono stress, gratitudine, ansia, fiducia e molti altri. Due dei contenuti più amati di Calm sono Daily Calm, una meditazione di 10 minuti al giorno per ritrovare la pace e la calma interiore, e Sleep Stories, una serie di favole della buonanotte per adulti.
La domanda dei consumatori per prodotti che rafforzino il sistema immunitario, migliorino il sonno e supportino la riduzione dello stress sta crescendo. Secondo un recente studio, oltre all’attenzione per un’alimentazione sana, sta crescendo la richiesta di servizi per favorire il sonno e la riduzione dello stress. Le persone sono alla ricerca di spazi virtuali e domestici per soddisfare il bisogno di benessere, utilizzando sempre più app e servizi per workout virtuale e meditazione.
American Express risponde ai nuovi bisogni delle persone
Dall’inizio di marzo la media delle ore dedicate a salute, fitness e ad app medicali era cresciuta del 30%. Questo nuovo benefit di Amex da parte di Calm si rivolge a queste esigenze e sostiene i titolari di carta nelle loro necessità.
“Molte persone durante l’emergenza hanno dovuto affrontare stress e ansia a livello personale e professionale. Il nostro desiderio con l’offerta sviluppata con Calm è fornire loro sollievo e relax in un momento impegnativo e incerto”, dichiara Tabitha Lens, Vice President, Head of Marketing, Products and Partnerships, American Express Italia.
“La nostra partnership con American Express introdurrà Calm a milioni di persone e in un momento in cui la pratica della meditazione è maggiormente necessaria. Siamo orgogliosi di far crescere questo programma che è unico sul mercato, incoraggiando i Titolari di Carta American Express a vivere in modo più sano e felice” commenta anche Dun Wang, Chief Product e Growth Officer di Calm.
I titolari di carta American Express potranno usufruire dell’abbonamento premium Calm gratuitamente il primo anno e con uno sconto del 50% il secondo anno. L’offerta è valida per le sottoscrizioni effettuate entro il 31 ottobre 2020, esclusivamente attraverso la pagina a loro dedicata.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2016/07/meditazione.jpg11251688Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-09-08 14:35:162020-09-09 21:34:29American Express e Keep Calm, per affrontare il rientro a lavoro
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