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  • Meditazione 3.0, ecco come tecnologia e realtà virtuale provano a darci la felicità interiore

    Quest'app per la realtà virtuale prova ad avvicinarci alla mindfulness, ma funziona davvero?

    6 Aprile 2019

    La meditazione, nelle sue diverse tipologie e declinazioni, è spesso la chiave di successo di professionisti e businessman. La volontà di dedicare alcuni minuti della giornata a ritrovare un equilibrio interiore, ridimensionando stress e preoccupazioni, è un esigenza sempre più condivisa.   Anche l’innovazione tecnologica e l’evoluzione della realtà virtuale possono offrirci una grande mano nel viaggio dentro noi stessi. Un esempio è quello di FlowVR, l’app che ci immerge in una sessione di meditazione grazie alla realtà virtuale prodotta attraverso i visori Oculus Go. Soli, col rumore del mare e con un sole meraviglioso in una terra senza eguali. Ma non solo. Una voce ci spiega come respirare profondamente (alla base di ogni pratica meditativa), a liberarci dalle tensioni, accompagnandoci nel nostro percorso meditativo. Benvenuto nella meditazione 3.0: incredibile, non trovi?  LEGGI ANCHE: La maggior parte delle persone non dorme abbastanza e la soluzione potrebbe essere l’intelligenza artificiale

    Meditazione 3.0

    Dopo aver installato l’app e configurato l’Oculus Go, con un tap si entra direttamente nel vivo del nostro viaggio.  L’applicazione propone sei sessioni di meditazione guidata, ognuna lunga circa 5 minuti. Ognuna di esse propone la realizzazione di cinque specifici obbiettivi per l’avanzamento nel nostro percorso meditativo: 
    1. respira; 
    2. focalizza; 
    3. muoviti; 
    4. lascia andare; 
    5. calmati; 
    6. ricomincia.
    Ogni obbiettivo propone uno scenario unico d’ispirazione islandese. Un’ambientazione certamente più realistica di una spiaggia caraibica (gettonatissima nelle applicazioni di realtà aumentata) e colmo di elementi naturali che caricano il paesaggio di colori e di emozioni realistiche. LEGGI ANCHE: Addio all’insonnia, con le app per migliorare la qualità del sonno

    Come nasce il progetto 

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    Tristan Elizabeth Gribbin – CEO FlowVR
    FlowVR è un progetto non molto recente, risultato dell’esperienza del CEO Tristan Elizabeth Gribbin, che nel 1995 si trasferisce da San Francisco a Reykjavik (da qui il “sapore islandese” di tutta l’app) dove avvia dei corsi di meditazione, che hanno sin da subito un grande successo. L’idea di Tristan di abbinare FlowVr con gli Oculus Go nasce nel 2015, quando gli occhiali per la realtà virtuale vengono rilasciati sul mercato. Nello stesso anno Tristan fa una scoperta che da concretamente uno slancio alla sua idea: scopre che molti suoi amici e conoscenti non amano meditare in corsi di approfondimento, ma preferiscono farlo in totale isolamento nelle proprie abitazioni. Da qui il progetto come oggi lo conosciamo: un’app capace di offrire a chi medita uno spazio intimo e personale, senza la necessità di uscire dal silenzio delle proprie mura di casa.

    Pregi e difetti della meditazione tecnologica

    FlowVR è in realtà un’applicazione molto semplice nel suo funzionamento di base. Tanto da essere definita da Tristan rudimentale. Difatti nell’app non è possibile fare granché: non è possibile compiere nessuna azione, ma solo osservare l’ambientazione scelta. A volte vola un uccello, ma niente di più. Questo aspetto rudimentale favorisce, secondo la fondatrice del progetto, la meditazione ad occhi aperti. Una pratica (per molti) più semplice per restare concentrati e procedere negli esercizi meditativi.   Come in ogni progetto anche in questo caso ci sono delle lacune: la prima potrebbe essere dettata dalla ripetizione dei video, che a lungo andare potrebbero risultare ripetitivi e noiosi, nonostante i suoni e i dettagli possano ad ogni frazione offrici sempre delle esperienze molto simili, ma al contempo differenti.  Tristan non nega che l’app ha bisogno di continui aggiornamenti e livelli per esperienze sempre nuove ed interessanti da un punto di vista meditativo. Un ultimo inconveniente è dettato dalla stessa natura tecnologica del progetto: avvisi come “Batteria scarica’” o “Rete assente” potrebbero interrompere il processo meditativo e ricordarci che banalmente indossiamo un visore, riportandoci tra le quattro mura di casa, vanificando la concentrazione sino a quel punto raggiunta. LEGGI ANCHE: Imparare la felicità sui banchi di scuola. Succede a Yale

    La ricerca della mindfulness

    C’è una crescita esplosiva di consapevolezza nella Silicon Valley (e non solo) dell’importanza di tornare alle pratiche della meditazione: l’evoluzione delle tecnologie che ci connettono al mondo intero e la diffusione degli spazi virtuali creati dai social network, ci hanno messo di fronte a molto rumore,  a tante informazioni e troppe responsabilità. La necessità di un ritorno al presente, l’esigenza di andare alla ricerca della mindfulness, ha dato il via alla creazione di strumenti sempre più evoluti per raggiungere la pace interiore. Un vero paradosso: abbiamo bisogno di un rifugio sicuro lontano dalla realtà che è sempre più fatta di smartphone, computer, Internet e troviamo questo nuovo spazio intimo proprio attraverso queste tecnologie. E siamo ancora troppo lontani dal dimostrare se questa sia o meno una strada giusta verso la felicità.