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  • Empatia, soft skill e feedback per guidare l’azienda del futuro

    Al World Business Forum 2018 il punto sulle competenze strategiche per guidare aziende e gestire persone in un'epoca di grandi cambiamenti

    2 Novembre 2018

    C’eravamo anche noi di Ninja.it il 30 e 31 ottobre al World Business Forum, convegno organizzato da WOBI che da oltre 15 anni riunisce a Milano i più autorevoli opinion leader e professionisti nell’economia internazionale. Un palco su cui, nel corso degli anni, sono saliti big del calibro di Michael Porter, Philip Kotler, Steve Wozniak, Arianna Huffington, Bill Clinton. Filo rosso di quest’anno è stato l’evoluzione del business nell’era esponenziale: relatori del calibro di Daniel Goleman (psicologo ed autorità nel campo dell’intelligenza emotiva), Malcom Gladwell (giornalista e autore di best-seller come Outliers e Blink), Kelly Peters (esperta di scienze del comportamento) e molti altri, si sono confrontati su quali sono le competenze umane fondamentali per guidare aziende e gestire persone in quest’epoca di cambiamento senza precedenti. Come possiamo guidare efficacemente le nostre imprese e i nostri team? Quali sono gli strumenti per liberare il potenziale enorme delle persone che lavorano con noi?

    L’importanza delle soft skill

    Si discute molto, tanto nella ricerca accademica quanto nella consulenza manageriale, su quali attività resteranno sotto il dominio umano e quali saranno delegate alle macchine grazie all’intelligenza artificiale e all’automazione. Certo è che le macchine non sono (ancora) in grado di emulare comportamenti come gestire relazioni, comprendere contesti o l’umore di una persona, provare empatia per il prossimo. 
    Per questo le competenze sociali, relazionali e cognitive ad alto livello sono ancora insostituibili.
    Non solo. Risultano le più importanti da coltivare in azienda e la loro richiesta aumenterà del 30% entro il 2030 come riporta una ricerca di McKinsey pubblicata a maggio 2018.  Prima di correre verso l’applicazione dell’ultima tecnologia ai propri processi o prima di vagliare progetti di cambiamento organizzativo, bisogna focalizzarsi sullo sviluppo soft skill dei propri collaboratori. Secondo Goleman queste sono addirittura più importanti delle competenze tecniche, proprio perché uniche ed inimitabili, e i Millennials andrebbero guidati verso lo sviluppo di queste capacità. Infatti, secondo alcune ricerche tendono a focalizzare la loro energia su quelle più hard. Schermata 2018-11-02 alle 00.01.54

    Empatia e intelligenza emotiva

    Ogni business è un business relazionale, ha detto ancora Goleman. È quindi indispensabile sapersi relazionare appropriatamente con i colleghi e saper accettare i loro difetti (“l’inferno sono gli altri”, diceva Sartre). Competenze come intelligenza emotiva ed empatia sono quindi i pilastri per gestire le relazioni con le persone per guidarle verso un obiettivo comune. Esistono tre forme di sensibilità empatica: cognitiva, ovvero intuire cosa pensa l’altra persona e comprendere a fondo il suo stato d’animo, emotiva o affettiva, ovvero provare a fondo cosa sente l’altro e per ultima l’empatia compassionevole o preoccupazione empatica, che racchiude le caratteristiche degli altri due tipi e include la capacità di preoccuparsi di altre persone affinché stiano bene e siano soddisfatte. I leader dovrebbero sempre provare preoccupazione empatica per i loro collaboratori: questa è la tipologia di empatia più autentica e altruistica, tesa al benessere della collettività. Rispetto al gender gap sull’intelligenza emotiva, ovvero secondo cui le donne ne sono più dotate mentre gli uomini siano più bravi nell’autogestione, Goleman ha detto anche che, secondo la letteratura scientifica, questa differenza si assottiglia nel 10% dei top performer in azienda.

    Stili di leadership

    Ancora Goleman: lo stile di leadership di chi è al vertice del team impatta, positivamente o negativamente, sul clima aziendale: quindi si dovrebbe optare per una leadership visionaria o di coaching, mentre si dovrebbero abbandonare stili come il micro-management, il comando e controllo di ogni azione del collaboratore, portatori solo di frustrazione e scarsa fiducia. IMG_2205-min (1) Anche per Todd Davis, esperto di risorse umane, la cultura di un’organizzazione si esprime principalmente attraverso il comportamento del suo management

    Le persone al centro

    Secondo Daniel Goleman, la strategia aziendale va progettata insieme al team per ottenere massimo ingaggio e responsabilità individuale. Se questa viene calata dall’alto con un approccio top-down viene meramente eseguita, senza alcun entusiasmo da parte del team. Anche Alan Mulally, che nel suo curriculum vanta posizioni come CEO di Ford Motor Company e di BOING, ha ribadito il concetto di inclusione: bisogna mettere le persone al centro e includere l’intero team nelle decisioni e soprattutto (questo spesso ce lo dimentichiamo) divertirsi, godendo il viaggio e la compagnia reciproca. IMG_2104-min (1)

    In azienda come in laboratorio

    Secondo Kelly Peters, esperta di scienze del comportamento, abbiamo tutti il potenziale per il pensiero scientifico e dovremmo approcciare al nostro lavoro come ricercatori in un laboratorio. Fare osservazioni empiriche, sviluppare teorie, proporre soluzioni, raccogliere dati, mettere in discussione le nostre assunzioni, sperimentare e capire cosa funziona e cosa no, studiare gli errori che reiterano: lavorare quindi come scienziati galileiani, migliorando ogni giorno le proprie teorie grazie alle soluzioni trovate. 

    L’economia dei comportamenti

    Questo è il principio che guida l’economia comportamentale, settore dell’economia che offre le basi per capire come le persone prendono decisioni. Le decisioni umane sono costantemente influenzate da errori sistematici, pregiudizi irrazionali ed emozioni profonde e incontrollabili. Non siamo certo gli individui razionalisti dipinti dalla scuola economica neoclassica. Ad esempio, perdere qualcosa ci fa stare male il doppio rispetto all’ottenere qualcos’altro, per questo siamo avversi al rischio. Con dei piccoli incoraggiamenti, spinte gentili che possono essere ad esempio ridurre il numero di scelte o cambiare l’ordine di alcune opzioni, possiamo quindi influenzare il comportamento delle persone, portandole a compiere delle decisioni migliori. Tra l’altro, il termine inglese per spinta gentile è Nudge, che è anche il titolo del libro scritto dal Premio Nobel Richard Thaler proprio su questo tema.

    L’importanza di dare e ricevere feedback

    Todd Davis, esperto di risorse umane ed autore del libro “Get Better!” in cui approfondisce le strategie per avere relazioni più efficaci sul posto di lavoro,  ha sottolineato l’importanza dei feedback: il leader deve preparare in anticipo le sue persone a dare e ricevere feedback, ponendo le domande giuste. Solitamente associamo i feedback alla negatività, ma dobbiamo ricordare che feed vuol dire nutrire, back significa supportare. Schermata 2018-11-01 alle 00.42.18