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Come scegliere la piattaforma eLearning giusta per la tua azienda

  • Orientarsi nel mondo dei fornitori di piattaforme eLearning non è semplice;
  • Scegliere una corretta piattaforma eLearning per la propria azienda è un momento decisionale molto importante;
  • Intelligenza Artificiale, Realtà Aumentata e Realtà Virtuale sono le tecnologie da tenere d’occhio che guideranno l’eLearning del futuro.

 

La scelta della piattaforma eLearning da introdurre nei processi organizzativi è un passaggio cruciale in azienda.

L’eLearning ha modificato le regole della formazione: rappresenta infatti l’unione tra l’“apprendimento tradizionale” (in presenza) e quello technology based (mediato dal computer). La fusione di queste due anime consente di creare percorsi formativi innovativi, efficaci e sempre disponibili.

Elliott Masie, esperto di tecnologia educativa a cui è stato attribuito il merito di coniare l’espressione “E-Learning”, descrive l’apprendimento online come “l’uso della tecnologia per progettare, distribuire, selezionare, amministrare, supportare e diffondere la formazione.

Le aziende stanno adottando sempre più frequentemente percorsi formativi in modalità eLearning, traendone numerosi vantaggi.

L’eLearning, infatti, garantisce:

  • un aggiornamento continuo e in tempo reale, consentendo alle aziende di essere sempre competitive;
  • il monitoraggio efficace e tracciato del percorso di apprendimento delle risorse umane, permettendo agevolmente di modificare il percorso qualora i risultati raggiunti non fossero quelli sperati;
  • innovazione tecnologica nel processo di apprendimento e consolidamento delle digital skill;
  • riduzione dei costi in ottica di lungo termine. Dopo un primo investimento tecnologico iniziale, si ottiene una drastica riduzione dei costi legati alla movimentazione dei dipendenti e dei docenti, abbattendo le distanze e creando un ambiente tecnologico, innovativo e partecipe.

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Come scegliere una piattaforma eLearning

Sistemi LMS e LCMS

Scegliere una corretta piattaforma eLearning per la propria azienda è un momento decisionale molto importante. La scelta del miglior LMS (Learning management system) si fonda su 5 punti chiave.

1. Identificazione del target

Occorre identificare chi è il pubblico a cui si rivolge la formazione. Nel caso aziendale, è necessario identificare un LMS che consenta di formalizzare i processi di apprendimento sia per i nuovi assunti sia per i dipendenti storici, e che consenta un costante monitoraggio dei percorsi di apprendimento.

Identificare il target di riferimento rende più semplice l’individuazione delle caratteristiche che la piattaforma eLearning deve avere.

2. Focalizzare le funzionalità più importanti

Dopo aver determinato il target, occorre identificare le feature chiave che sono necessarie per l’organizzazione.

Una buona piattaforma eLearning deve:

  • essere facile da utilizzare: più è intuitiva, più è semplice da usare, rendendo il processo di apprendimento positivo;
  • generare report e statistiche: verificare il processo di apprendimento, generando una reportistica che documenti l’efficacia della formazione (percentuale di corsi svolti, test superati, materiale scaricato etc.) è uno dei requisiti fondamentali;
  • essere integrabile: se la piattaforma è facilmente integrabile con sistemi gestionali già inseriti in azienda e, quindi, accessibile da touch point già interiorizzati dal target, migliora la fruibilità della formazione e crea un’esperienza utente ottimale. La soluzione ideale potrebbe essere quella di utilizzare il Single-Sign-On (SSO) per permettere l’accesso a tutti i sistemi web aziendali con una sola username e password;
  • conforme alla tecnologia SCORM e xAPI: se la piattaforma rispetta questi elevati standard, è sicuramente una piattaforma di alto livello e tecnologicamente avanzata;
  • contenere portali tematici: creare aree tematiche di approfondimento divise per settori aziendali consente di far circolare conoscenza all’interno dell’organizzazione in modo ordinato e organizzato.

Nel percorso di scelta di una piattaforma eLearning, diventa di fondamentale importanza, altresì, individuare le funzionalità che non sono essenziali per l’organizzazione. Un sistema troppo ricco di funzionalità potrebbe rendere il processo formativo confusionario e ridondante, con una conseguente dispersione dell’attenzione dell’utente e quindi una riduzione dell’efficacia dell’apprendimento.

3. Tecnologia SCORM

Lo SCORM definisce, nell’eLearning, le specifiche relative al riutilizzo, tracciamento e catalogazione degli oggetti didattici (learning object), i “mattoni elementari” con i quali vengono strutturati i corsi. La piattaforma di e-learning ha il compito di dialogare con l’oggetto, interpretando i messaggi che gli vengono passati. Ciò è possibile in quanto SCORM definisce al suo interno le caratteristiche che dovrebbero essere supportate dal Learning Management System (LMS).

La compatibilità della piattaforma si rende necessaria solamente per “capire la lingua” dell’oggetto e, se necessario, per potergli rispondere.

4. Valutare l’LMS corretto

A questo punto, diventa importante analizzare le piattaforme concorrenti e, attraverso apposite checklist, individuare quelle che rispecchiano le effettive esigenze aziendali.

In questa fase, è opportuno interfacciarsi direttamente con i fornitori selezionati per un primo contatto conoscitivo, volto a individuare da subito le piattaforme che sono più in linea con le richieste aziendali. Questo passaggio è importante perché consentirà di passare alla fase di verifica approfondita con più velocità e organizzazione.

5. Verifica del fornitore LMS

Dopo aver selezionato la piattaforma adatta, è buona prassi cercare sul web le recensioni di altri clienti, per indagare ancora meglio sulle reali potenzialità e, soprattutto, sull’assistenza post vendita del prodotto. La piattaforma eLearning deve funzionare sempre e, qualora ci fossero delle problematiche, deve garantire un supporto continuativo e immediato all’azienda.

Scelta del fornitore

Dopo aver considerato tutti i passaggi, si è pronti per scegliere e implementare la piattaforma all’interno dell’azienda.

Per un’azienda è poi di fondamentale importanza capire se occorre affiancare alla piattaforma eLearning LMS anche un sistema LCMS.

LCMS è, infatti, una combinazione tra un LMS e un Sistema di Management dei Contenuti (CMS, Content Management System) ovvero:

  • Learning: i materiali e i contenuti per l’apprendimento;
  • Content: l’insieme di testi, immagini, video, audio, domande e risposte che compongono i corsi online e il materiale per il training (learning object);
  • Management: la gestione di tutti i contenuti collaterali a un corso di formazione ovvero video e materiali didattici;
  • System: alter ego di software.

Per riassumere

Il Learning Management System presidia la distribuzione dei corsi online, l’iscrizione degli studenti, il tracciamento delle attività online. Gli LMS spesso operano in associazione con gli LCMS (Learning Content Management System), che gestiscono direttamente i contenuti, mentre all’LMS resta la gestione degli utenti e l’analisi delle statistiche.

 

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Quale piattaforma eLearning scegliere

Orientarsi nel mondo dei fornitori di piattaforme eLearning non è semplice: esistono numerosi provider e numerose soluzioni per tutte le differenti esigenze di gestione dell’apprendimento delle aziende.

Riportiamo qui di seguito una lista – non esaustiva – di alcuni provider di piattaforme eLearning.

Moodle

Moodle è la piattaforma LMS open source più conosciuta. Creata da Martin Dougiamas nel 2002, può ritenersi “il WordPress dell’LMS”.

È una piattaforma di blended learning (o apprendimento misto) facilmente personalizzabile, volta a creare un ambiente di apprendimento modulare, dinamico e object oriented. Come un vero e proprio CMS, consente di costruire il portale di eLearning più adatto alle esigenze aziendali.

Dopo averla installata e configurata, Moodle è una piattaforma molto intuitiva sia lato formatore che lato discente. I corsi vengono creati direttamente dalla dashboard e per ogni corso è possibile inserire descrizioni testuali, caricare risorse multimediali, inserire test di autovalutazione, comunicare direttamente con i discenti e aggiungere videolezioni “on demand”.

I contenuti che il docente inserirà in piattaforma si dividono in due categorie Risorse e Attività.

Per “risorse” si intende tutto ciò che fa interagire i learner con il formatore (pagine, cartelle, etichette, url etc.), mentre le attività sono tutto ciò che fa interagire il formatore con i learner (chat, compiti, sondaggi, test etc.).

Moodle consente, inoltre, di scaricare e modificare il codice sorgente del servizio, rendendo così possibile l’integrazione con sistemi già esistenti in azienda.

Il caricamento dei video delle lezioni può avvenire tramite il collegamento a provider esterni (YouTube), oppure è possibile caricare il video come materiale allegato alla lezione.

KeyPoint: Opensource (una comunità lo sviluppa costantemente), intuitiva, modulare, object oriented, SCORM, codice sorgente scaricabile.

Credits: Depositphotos #126312830

DynDevice

È un LMS completo di tutte le funzionalità per gestire la formazione aziendale, sia in cloud che in SaaS, basata su tecnologia SCORM. Attraverso DynDevice, è possibile gestire tutto il ciclo di vita del corso di formazione, dalla progettazione alla creazione dei contenuti.

In particolare è possibile:

  • tracciare tutte le attività svolte;
  • rilasciare gli attestati di frequenza del corso;
  • creare un archivio documentale della formazione;
  • utilizzare email e notifiche automatiche.

È inoltre possibile associare la funzionalità eCommerce per la vendita dei corsi stessi attraverso il prodotto CurStore.

I corsi possono essere fruiti da computer o da dispositivi mobile, poiché DynDevice mette a disposizione una mobile app personalizzabile con il logo aziendale.

DynDevice LMS è compatibile con gli standard W3C e utilizza uno SCORM™ Player e xAPI (Tin Can).

I corsisti, inoltre, sono costantemente seguiti e assistiti nei loro percorsi didattici da tutor e mentor.

È una piattaforma completamente made in Italy.

KeyPoint: eCommerce integrato, app mobile, reportistica avanzata, italiana, SCORM, W3C, xAPI, servizio di tutoring.

DoceboLMS

Docebo è la piattaforma eLearning progettata per la formazione aziendale, ideale per tutte le organizzazioni che devono erogare corsi di formazione in modo rapido e snello. Docebo è diffusa in tutto il mondo, venduta in oltre 80 paesi e disponibile in oltre 35 lingue differenti. Offre un sistema formativo scalabile, che le consente di adattarsi sia alle piccole che alle grandi aziende.

L’interfaccia grafica è semplice e moderna e consente di centralizzare, gestire e organizzare le attività di formazione formale, offrendo a dipendenti, clienti e partner un training coinvolgente ed efficace.

Docebo, inoltre, supporta in modo naturale l’apprendimento degli utenti nel flusso di lavoro, creando una cultura di social learning e di condivisione delle conoscenze. Grazie all’AI, gli asset condivisi raggiungono le persone realmente interessate a quei contenuti.

È dotata di un Virtual Coach, anch’esso basato su intelligenza artificiale che interagisce con gli utenti attraverso un’interfaccia utente interattiva e consente di fornire risposte immediate alle loro domande.

Grazie all’utilizzo di sistemi automatizzati, Docebo riduce al minimo il margine di errore e consente agli addetti ai lavori di concentrarsi sui processi di apprendimento e meno sui processi amministrativi.

Anche Docebo, come DynDevice, ha una app per l’erogazione dei contenuti formativi.

KeyPoint: AI, social learning, virtual coach, per aziende, app mobile, intuitiva.

Credits: Depositphotos #56691005

Skilla

È una completa piattaforma eLearning, sviluppata da Amicucci Formazione, che consente di gestire in un solo ambiente tutto il ciclo di formazione aziendale.

Con SkillaHub si possono progettare corsi, gestire aule e webinar, aggiornare il curriculum formativo del lavoratore, selezionare alcuni corsi già presenti nell’ampio catalogo formativo di Skilla, da integrare nell’ambiente aziendale.

Con Skilla si possono erogare e gestire contenuti formativi per differenti target aziendali: personale interno, rete commerciale, clienti e partner.

Anche Skilla consente il tracciamento dettagliato (e certificato) di tutta l’attività formativa ed è dotata di un’interfaccia grafica moderna e personalizzabile in funzione del corporate branding aziendale.

Tra le varie funzionalità, troviamo anche il modulo “gamification“, utile per favorire la costante interazione degli utenti.

Skilla ha introdotto anche il modulo storytelling che la distingue dalle piattaforme competitor. Con questo modulo, si possono condividere storie e narrazioni in azienda, in ottica di formazione e comunicazione. Chi partecipa racconta storie reali o di fantasia legate all’applicazione di un valore aziendale: ogni utente può raccontare la sua storia, votare le storie dei colleghi e interagire con i colleghi stessi.

KeyPoint: gamification, storytelling, white labeling, un ambiente per tutto il ciclo di formazione, Made in Italy.

Credits: Depositphotos #70310707

Non solo LMS, l’evoluzione delle piattaforme Learning

Skillato

Skillato è una piattaforma gamificata e mobile-first di comunicazione e formazione continua, per il miglioramento delle performance aziendali attraverso la creazione di Engagement.

Non è solo un LMS, ma è una soluzione completa che consente di coinvolgere tutti i collaboratori (dipendenti, agenti, venditori, etc.), aumentando le loro competenze, aggiornandoli sull’impresa e premiandoli per i miglioramenti delle loro performance. In poco tempo, è possibile creare e distribuire nuovi contenuti, già ottimizzati per la fruizione da smartphone attraverso un editor semplice e intuitivo.

Le strategie di Gamification, User-Centered Design e Design Comportamentale consentono elevati livelli di coinvolgimento e partecipazione dei collaboratori.

Skillato ha l’obiettivo di:

  • migliorare continuamente le competenze, grazie al continous learning;
  • creare tanti micro-momenti di formazione, di pochi minuti, per un lungo periodo di tempo per creare lean learning e aumentare la knowledge retention;
  • reagire rapidamente alle azioni dei competitor, creando e facendo fruire velocemente contenuti appositi;
  • stimolare e premiare miglioramenti delle performance di business (esterne alla piattaforma), anche offrendo automaticamente contenuti motivazionali e correttivi quando le performance non saranno soddisfacenti.

KeyPoint: microlearning, gamification, mobile first, design comportamentale.

Articulate

Articulate 360 è un servizio che comprende diversi software, flussi di aggiornamenti e contenuti per la creazione dei corsi.

È un sistema articolato, che comprende una serie di app per lo sviluppo di corsi elearning. Ogni corso è visibile da tutti i dispositivi grazie a un player 100% responsive. Infatti, i corsi si adattano automaticamente ai vari schermi: Computer, Tablet e Smartphone.

Articulate punta sulle potenzialità del lavoro di squadra. I contenuti creati vengono condivisi con tutti i vari membri del team, permettendo a ognuno di loro di caricare template e condividere gli elementi di ogni corso.

Lato amministrativo, Articulate 360  permette anche la gestione, da un unico pannello di controllo, di utenti, attivazioni e fatturazione.

Articulate si compone dei seguenti moduli:

  • Storyline 360: consente di creare e pubblicare corsi attraverso l’utilizzo di template predeterminati in ottica mobile first;
  • Rise 360: è un vero e proprio sistema di authoring, che consente di creare in modo semplice e intuitivo contenuti formativi, come video e quiz, con una struttura a blocchi con funzionalità drag and drop;
  • Content library: è una libreria in continua espansione con oltre 5 milioni di immagini e modelli di presentazioni personalizzabili, progettati da professionisti;
  • Review 360: consente di raccogliere e condividere i feedback di tutti i contenuti formativi attraverso una semplice app Web.

KeyPoint: responsive 100%, sistema integrato, libreria di contenuti sempre aggiornata.

SAP Litmos Training

Anche SAP ha creato il suo sistema di gestione dell’apprendimento, denominato SAP Litmos Training e rivolto ai dipendenti dell’aziende (ma esistono anche i moduli per la rete vendita, i partner e i clienti).

Il sistema è accuratamente progettato per il successo della formazione ed è studiato per le aziende moderne. L’intero processo è orientato verso le esigenze di formazione di un dipendente: in questo modo è possibile considerare le esigenze individuali, identificando allo stesso tempo gli aspetti fondamentali per tutta la forza lavoro.

Le soluzioni SAP Litmos sono basate sul cloud e sono in grado di unire formazione virtuale, in classe, tramite mobile e sui social, consentendo ai responsabili della formazione e ai team delle risorse umane di collaborare al fine di elaborare, distribuire a livello globale e monitorare corsi di formazione basati sul web, oltre a programmare e seguire l’andamento delle lezioni tenute dai docenti.

Con SAP Litmos è possibile:

  • accedere alle informazioni dei corsi in qualsiasi momento, ovunque e su tutti i dispositivi;
  • scalare il sistema in funzione della dimensione della forza lavoro aziendale da formare;
  • implementarlo in pochi minuti, anche qualora si prevedesse di integrarlo con altri sistemi come CRM, ERP o HR, attraverso apposite API;
  • monitorare le assegnazioni e il completamento dei corsi, verificare quelli più seguiti e quelli che invece necessitano di miglioramenti;
  • coinvolgere e motivare gli utenti con attestati, punti e badge basati sulle attività svolte da ciascuno sulla piattaforma (gamification).

KeyPoint: cloud, api, scalabile, gamification, integrabile con sitemi gestionali già presenti in azienda.

LEGGI ANCHE: L’Italia guarda al futuro e punta sulla formazione con Rinascita Digitale

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Ninja for Business

Se poi vuoi avere corsi già pronti in una piattaforma di alto profilo che ti permetta di monitorare tutta la formazione, puoi affidarti a Ninja for Business, il Talent Manager “All Inclusive” per la trasformazione digitale delle aziende.

Con Ninja for Business è possibile:

  • ottenere percorsi di apprendimento personalizzati;
  • monitorare i risultati con statistiche avanzate per studiare le performance dei collaboratori;
  • ricevere assistenza tecnica e didattica e Customer Support Business per ogni esigenza aziendale;
  • avere a disposizione un’offerta didattica su Digital Marketing, Social Media Marketing e Digital Business;
  • fruire di materiali didattici sempre disponibili e contenuti aggiornati allo “stato dell’arte”.

KeyPoint: microlearning, reportistica avanzata, per aziende.

Piattaforma eLearning: i topic per il futuro da tenere in considerazione

I trend topic per il futuro delle piattaforme eLearning prevedono:

  • una forte attenzione al social learning, che permetterà agli esperti di creare e condividere in modo agevole i propri contenuti. Insieme al social learning, si farà sempre più ricorso a sistemi evoluti e intelligenti di content curation, al fine di creare cataloghi personalizzati;
  • lo sviluppo di piattaforme eLearning basate su Intelligenza Artificiale, utile per per personalizzare e customizzare sempre di più i percorsi formativi. Inoltre, si introdurranno nuove figure da affiancare ai discenti: i digital coach. Il loro compito sarà segnalare agli utenti nuovi contenuti formativi, incoraggiarli al completamento dei corsi e supportarli rispondendo alle domande;
  • un ricorso sempre più frequente al mobile learning e alle applicazioni di Realtà Aumentata (AR) e Realtà Virtuale (VR);
  • un forte utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per tutte le attività di progressione e sviluppo delle competenze (upskilling) e per la riqualificazione (reskilling) del personale. Secondo Infosys, l’AI è percepita come una priorità strategica a lungo termine per l’innovazione dal 76% delle aziende;
  • il lifelong learning: una formazione basata sull’apprendimento continuo che segua i mutamenti del contesto in cui l’azienda opera;
  • adaptative learning: la formazione si baserà sullo sviluppo di percorsi che rispondano realmente alle specifiche esigenze formative delle persone, ovvero esperienze “su misura”, essenziali per l’avanzamento di carriera. Attraverso l’analisi adattiva, è possibile mappare le abilità e le competenze dei dipendenti in base ai loro interessi e alle aree di top performance.

Quang Ngo Dinh

Perché la connessione a banda larga è vitale per l’economia e per la ripresa economica

N-Conference, il Business Visionary Event targato Ninja, ha celebrato le Unbreakable Companies, aziende e persone capaci di sopravvivere alla crisi grazie alla voglia di innovare e guardare oltre le difficoltà.

L’evento è stato trasmesso in diretta il 27 e il 28 maggio 2021 dagli studi di Fandango Club Creators.

Al centro dell’evento sono state quelle realtà in grado di reinventarsi, esplorando nuovi modi di stare sul mercato. Ma è stata anche l’occasione di conoscere e imparare da chi è in grado di trasformare gli ostacoli in opportunità e agire fuori dagli schemi per dominare il futuro.

La prima parte della prima giornata è stata dedicata a contenuti verticali sulla Technology, powered by TIM, per scoprire insieme le nuove opportunità dell’AI e del Machine Learning per il business, il Martech e l’Automazione dei processi di vendita e customer support, e familiarizzare con parole chiave del “futuro presente”, come Blockchain, Cryptocurrency, AR & VR.

Quang Ngo Dinh, VP Consumer Market TIM, ha partecipato a N-Conference con uno speech dal titolo “Gigabit Society & Smartlife, l’eredità della pandemia sulle abitudini quotidiane“, durante il quale ha analizzato come la pandemia abbia stravolto per sempre le abitudini quotidiane, ridefinendo i confini tra lavoro, studio e vita privata, dallo smart working alla didattica a distanza fino al tempo libero.

Quang Ngo Dinh

Per noi è stata l’occasione perfetta per intercettarlo e fargli qualche domanda sulle potenzialità della connessione come fattore abilitante di altre tecnologie.

LEGGI ANCHE: N-Conference: agenda e ospiti delle due giornate del Business Visionary Event

Secondo te, come avremmo vissuto questo periodo di restrizioni senza il digitale e la possibilità di rimanere in contatto attraverso le connessioni?

Difficile dirlo, perché ormai il digitale fa parte delle nostre vite, ma ho paura che questo periodo sarebbe stato molto simile alla grandi epidemie del passato.

Invece, questo è stato sicuramente un periodo molto difficile per tutti, ma il digitale ha consentito alle persone di portare avanti molti aspetti della propria vita: lavorare, studiare, rimanere in contatto con i parenti e magari ricevere assistenza medica a distanza, grazie alla connessione. E abbiamo avuto la possibilità di non abbandonare anche aspetti più ludici, come guardare film e serie tv in streaming, acquistare oggetti online, fare la spesa. Insomma, gesti quotidiani che sarebbero stati totalmente impossibili senza la connessione.

In qualche modo, il digitale ci ha aiutato a continuare a vivere in un contesto molto difficile.

realtà virtuale

Dal tuo punto di vista, quali sono le tecnologie che il 5G sarà in grado di abilitare, e cosa possiamo aspettarci per dopo?

Il 5G abilita certamente settori più tecnologici, come l’immersive gaming, che consente di giocare in modo più immersivo con esperienze tutte nuove, e come l’e-health, con la possibilità di eseguire interventi chirurgici a distanza.

Ma impatta anche su settori considerati più tradizionali, come il manufactoring e l’agriculture, perché grazie al 5G si possono applicare tecnologie che rivoluzionano settori che tecnologicamente sono più indietro. Tutto questo è già realtà, come la guida da remoto e altre tecnologie in fase di sperimentazione.

Per il futuro, è molto difficile immaginare cosa accadrà: può essere rischioso azzardare delle previsioni. Basti pensare a cosa è successo con il 3G, prima, (chi si sarebbe aspettato prodotti come l’iPhone e l’ecosistema delle app?) e il 4G, poi, con innovazioni come YouTube e i Social Media che hanno abilitato tutto il mondo a sfruttare tecnologie che neppure immaginavamo.

È un po’ il bello di ogni salto tecnologico.

In che modo una connessione veloce può diventare un fattore abilitante per altre tecnologie, ma soprattutto per la ripartenza economica del Paese?

La connessione è ormai vitale per l’economia e anche per la ripresa economica.

Intanto perché mette in contatto aziende, imprese e persone, ma soprattutto digitalizza processi, fa nascere nuovi modelli di business, nuovi modelli di intrattenimento e, se vogliamo, nuovi modelli di vita.

Ormai è quindi una necessità a cui non si può rinunciare, un bene primario quanto l’acqua e l’elettricità. La connessione digitale a banda larga è ormai essenziale per noi, per la nostra impresa, per il nostro Paese, per tutto il mondo.

Come si può superare la crisi del settore eventi secondo Alfredo Accatino

Tra i settori più colpiti della pandemia del 2020, quello degli eventi emerge inesorabilmente, trascinando con se numerosi problemi economici. Non potendosi svolgere da presenza, molte manifestazioni non sono state annullate ma trasferite su piattaforme digitali, favorendone il cambiamento.

Durante l’Unbreakable tour di N-Conference in giro per l’Italia con il Ninja Van, Mirko Pallera ha fatto tappa a Roma da un creativo, organizzatore di eventi: Alfredo Accatino, Direttore Creativo di Filmmaster, in particolare ci racconta come si è reinventato durante lo stop forzato.

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Reinventarsi con gli eventi

LEGGI ANCHE: In viaggio verso N-Conference: ecco gli Unbreakable raggiunti dal Ninja Van

Il mese di marzo dello scorso anno è stato sorprendentemente tragico, già dal primo giorno di lockdown, ho passato un momento di sconforto. Sono sempre stato abituato a ragionare in avanti, a pianificare con lo sguardo rivolto al futuro. Ci ho messo un po’ per rasserenarmi nuovamente.

Inizia così, la chiacchierata con Mirko, a casa di Alfredo, immersi in un salotto colmo di storia dell’arte e vissuto. Ripercorrendo l’anno nefasto racconta come ha messo sù una vera e propria campagna di comunicazione, per proteggere la categoria del settore eventi, farsi riconoscere dal governo, facendo capire che esiste un lavoro che non è propriamente riconosciuto, un’organizzazione che racchiude tante persone che fanno cose diverse: dall’intrattenimento, alla location, tutta la filiera di realtà piccole e importanti che arriva a coinvolgere circa 600.000 persone.

Come fare a superare la crisi?

Fermare l’industria eventi vuol dire fermare risorse che hanno difficoltà.

La prima soluzione per sopravvivere a questa incombenza, è stata la corsa digitale, con l’utilizzo di piattaforme che hanno abbassato la qualità e gli investimenti. Il digitale è un mezzo, ma c’è bisogno soprattutto di contenuto e linguaggio.

Ci siamo trovati in una situazione difficile perché abbiamo chiuso il vecchio ufficio e cambiato sede proprio nei mesi peggiori, ma abbiamo vissuto il tutto come un’opportunità, dando un taglio al passato. Nel frattempo abbiamo prodotto a gennaio un evento a Milano, organizzato tutto in digitale, con modalità ibrida.

Quest’anno, però, ci ha lasciato due insegnamenti:

1. Il rischio delle piattaforme digitali

Il rischio del digitale sembra essere una brutta televisione, fatta male, con piccoli studi e conduttori improvvisati. Certamente permette di fare molte cose, con condivisione ampia di contenuti, memorizzazione, interazione con chi è a casa. Trovare linguaggi nuovi sulla spettacolarizzazione. Ho cominciato ad occuparmi di storie di artisti che hanno perso ma hanno avuto una vita ricca, che hanno sfidato le convenzioni e si so messi contro tutti.

2. Dare credito a una categoria precaria

Ho organizzato dei webinar in cui è emerso che c’è addirittura confusione sul codice ateco, non si capiva cos’era l’industria eventi” dice Alfredo.

Non esisteva il concetto del mondo eventi, un’industria che ha professionalità distinte: dal regista all’artista. Noi di Filmmaster lavoriamo con molti registi, importanti al pari di tante altre risorse. Mi sento ottimista ora, dopo la depressione iniziale, ma c’è possibilità di cambiare e fare cose positive, un momento di cambiamento sano, per chi ha capacità e voglia c’è possibilità di fare tante cose

alfredo accatino

Nuovi format digitali

Il concetto di comunicare con il pubblico di riferimento, è stata la vera innovazione. Sarebbe bello poter immaginare una produzione che mette in rete podcast, video produzione tv, unendo questo sistema ancora un po’ magmatico. Anche la piattaforma Twitch rischia di perdere contenuti e masticarli troppo velocemente. Le tecnologie ancora non sono arrivate alla raffinatezza e semplicità, occorre far pulizia in maniera chiara.

La vera tecnologia è quella semplice, se non riparte il sistema è un problema reale. Sono fiducioso, nonostante gli eventi saranno minori, perché c’è sempre il rischio di saltare all’ultimo momento.

siti più visitati

Quali sono i siti più visitati al mondo e cosa ci dicono sull’evoluzione di Internet

Analizzando e approfondendo i dati statistici dei 50 siti web più visitati al mondo in questo inedito 2021, potremmo subito affermare un dato oggettivamente valido: nonostante la pandemia e la crisi economica e sanitaria internazionale, il web continua ad evolversi, a registrare successi e ad offrirci spunti per delle nuove riflessioni. 

Nella lista dei 50 siti web più visitati al mondo. sono presenti molti “giganti della rete”, sicuramente ben conosciuti. 

visual capitalist

Prime analisi e considerazioni 

Nei primi tre posti della lista realizzata da SimilarWeb, che prende in considerazione il traffico da novembre 2020, sono questi i siti web che occupano i primi 3 posti: 

  • Google: con circa 92,5 miliardi di visite mensili; 
  • YouTube: con circa 34,6 miliardi di visite mensili; 
  • Facebook: con 25,5 miliardi di visite mensili. 

Questi numeri non solo evidenziano il successo internazionale di queste piattaforme, ma sottolineano anche due importanti sviluppi. 

Il primo mette l’accento su come questi colossi del web siano velocemente entrati nella nostra vita di tutti i giorni, diventando indispensabili per innumerevoli operazioni quotidiane come: tenerci informati, contattare colleghi ed amici e realizzare ricerche di ogni genere.

La seconda evidenzia come la pandemia abbia accelerato ulteriormente la crescita della rete attraverso una profonda trasformazione delle metodologie con le quali lavoriamo, comunichiamo, apprendiamo facciamo acquisti e tantissimo altro ancora.

È significativo, infine, evidenziare come il traffico complessivo di questi primi tre siti web, corrisponda all’equivalente del totale del traffico dei restanti 47 siti web. Dei numeri che lasciano senza parole e che ci spingono ad altre considerazioni.

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I 10 migliori siti web più visitati

Quali sono i 10 siti web più visitati in rete? Al primo posto ovviamente non potevano che esserci Google, con YouTube e Facebook, rispettivamente al secondo e terzo posto. Subito dopo troviamo piattaforme come: Twitter, Wikipedia, Instagram, Baidu (Un famoso motore di ricerca cinese), Yahoo, xvideos, Pornhub. 

Questi sono i siti web che generalmente e stabilmente occupano le prime 10 posizioni, subito dopo entrano in classifica alcuni portali spinti dagli effetti diretti della crisi sanitaria internazionale come Zoom, che nell’arco di breve tempo a raggiunto il 15º posto. Altro incredibile balzo è quello di Tik Tok. 

Ma chi detiene le redini di questi siti web? Quali sono le aziende che si celano dietro questi grandi nomi? Al primo posto troviamo Microsoft che detiene ben sette siti web, presenti nella classifica di SimilarWeb tra i quali LinkedIn e live.com. 

Altro colosso è Amazon, che detiene ben cinque popolari domini tra i quali Twitch e i domini del suo stesso eCommerce, che registrano numeri da capogiro in paesi come: Giappone, Germania e Regno Unito. 

Ultima ma non per importanza è la Cina, che all’interno della classifica detiene ben cinque siti web, tra i quali solo Aliexpress molto famoso anche in Occidente. Il resto del mondo invece detiene solo 10 siti web nella classifica dei 50 siti più visitati della rete.

 

Crescita e traffico di siti web più visitati 

Tra i siti web che hanno registrato una maggiore crescita c’è Wikipedia, che occupa il quinto posto in classifica, e che ha registrato un aumento di oltre il 30%, una delle percentuali più rilevanti.

Mentre appare chiaro che i modelli globali di Internet sono evidentemente dominati da pochi titani, alcune novità interessanti riguardano la loro crescita negli ultimi anni.

Tra giugno 2019 e novembre 2020, i visitatori mensili di Google sono aumentati del 52,9%. Tra i siti web più visitati a livello globale, questo tasso di crescita è inferiore solo a Instagram che occupa il sesto posto con una crescita dell’89,1% e Twitter (al quarto posto con + 67,1%).

Tute le grandi aziende tecnologiche hanno aumentato le loro quote di mercato ma Google, in particolare, detiene circa il 90% del mercato degli annunci di ricerca.

Per questo motivo, diversi organismi di regolamentazione stanno prevedendo un maggiore controllo sull’azienda. Un rapporto antitrust dell’ottobre 2020 ha suggerito che si tratti di un comportamento anticoncorrenziale, facendo addirittura paragoni con i magnati del petrolio del 19° e 20° secolo.

Facebook lancia l’API Messenger per gli utenti Instagram

È disponibile per tutte le aziende e i brand l’ l’API Messenger per interagire con gli utenti su Instagram. Con tale connessione, sarà possibile, quindi, gestire le attività di messaggistica su WhatsApp, Facebook Messenger, Apple Business Chat e Instagram Direct in un’unica piattaforma.

In occasione di F8 Refresh, la conferenza annuale degli sviluppatori, Facebook ha svelato il lancio di API Messenger per Instagram. Dopo una fase di beta test, partita lo scorso ottobre dedicata a 300 sviluppatori e 700 brand, ora la funzionalità sarà disponibile prima per tutti gli sviluppatori a livello globale, con un approccio graduale per le aziende: nella prima fase, account Instagram con un numero di follower superiore a 10.000 e inferiore a 100.000 potranno connettersi all’API, che a luglio sarà estesa ad account con follower compresi tra 1.000 e 100.000 a luglio. I rimanenti entro il terzo trimestre.

Tale integrazione rappresenta un significativo passo in avanti nel modo in cui le aziende possono sfruttare la più ampia serie di strumenti offerti da Facebook.

Instagram, da social network a social commerce

Instagram, da social si è da tempo evoluta in una vera piattaforma di business. In base agli analytics interni, ogni giorno 200 milioni di persone accedono ai profili aziendali su Instagram, quindi 150 milioni di persone chattano con le aziende su Instagram ogni mese. Secondo Facebook, le conversazioni quotidiane tra persone e aziende su Messenger e Instagram sono aumentate del 40% nell’ultimo anno. Non sorprende quindi la maggiore attenzione al tema della messaggistica su Instagram in prospettiva aziendale.

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Una funzionalità in sostegno del Customer Relationship Management

Con le nuove funzionalità di Instagram, le aziende possono integrare messaggi diretti lungo l’intero percorso del cliente: ad esempio offrire consigli direttamente su Instagram, fornire un customer care o fare marketing conversazionale.

L’API Messenger può essere integrata in qualsiasi applicazione di terze parti che un’azienda o un marchio potrebbe utilizzare per una comunicazione integrata, che si tratti di una piattaforma di gestione dei social media come Hootsuite o Sprinklr, o di un’applicazione CRM che può fornire altri dati del cliente, ad esempio informazioni sulla garanzia o numeri di carte fedeltà.

Facebook ha notato, tra i punti chiave del closed beta testing, che i marchi e le aziende esigevano modi migliori di gestire le comunicazioni da un’unica piattaforma, con ingenti investimenti in software per organizzare i flussi di lavoro.

Un’espansione strategica che sfrutta il potenziale commerciale di Instagram, a partire dalla pubblicità, ampliandosi in aree come la conversazione tra marchi/aziende e utenti e, di recente, con funzionalità di acquisto avanzate.

Facebook rileva, infatti, che il 90% degli utenti di Instagram oggi segue almeno un’attività: di conseguenza creare un percorso migliore per la gestione di tali conversazioni è una mossa cruciale. Allo stesso tempo, il colosso social ha lavorato sulle diverse modalità per collegare le varie app e piattaforme, che includono Facebook stesso, Messenger, WhatsApp, Instagram e Oculus, non solo per consentire agli utenti di interagire su di esse, ma per aiutare le aziende a sfruttarle in un strategia social unitaria.

Instagram sta diventando la piattaforma social preferita dalle aziende per coinvolgere i consumatori, creare consapevolezza del marchio, generare lead e, in alcuni casi, aumentare le vendite dirette al consumatore, con la sua portata globale e un pubblico in crescita di oltre 1 miliardo di utenti in tutto il mondo.

Le società di CRM pronte ad integrare la nuova funzionalità per gestire il flusso comunicativo con l’utente

Molte società che si occupano di Customer Relationship Management (CRM), si stanno già preparando per l’integrazione con la nuova API Messenger per Instagram. Tra i primi a supportare la nuova funzionalità Hootsuite, Genesys, Zendesk, Reputation e Nuance: tutte aziende che hanno testato la nuova API Messenger per Instagram come parte del programma beta lanciato a ottobre.

L’integrazione di Hootsuite, che sarà disponibile tramite Hootsuite Inbox e Sparkcentral di Hootsuite, consentirà agli utenti di comunicare senza problemi su Instagram senza dover accedere all’app in modo nativo. Gli utenti di Hootsuite Inbox potranno anche monitorare i tempi di risposta e collaborare all’interno dei team, per garantire un flusso di lavoro efficace.

“In questi giorni stiamo assistendo all’intero percorso del cliente sui social mediacommenta Ryan Donovan, chief technology officer di Hootsuite a The Wall Street Journal –  Stiamo arrivando a capire sempre di più che l’assistenza clienti social tocca effettivamente ogni fase. Ora, con l’API Messenger per Instagram, possiamo davvero aiutare i nostri clienti a lanciarsi nel futuro dell’assistenza clienti social incontrando i loro clienti dove già sono”.

Genesys, fornitore di soluzioni cloud per l’esperienza dei clienti e per i contact center, offre anche il supporto dell’API Messenger per Instagram, consentendo alle aziende di interagire con i consumatori attraverso la messaggistica privata di Instagram per fornire esperienze personalizzate su larga scala, rispondere alle domande sui prodotti. I consumatori possono connettersi alle aziende dall’interno della piattaforma Instagram, inviando messaggi direttamente mentre navigano tra storie, feed e negozi. Possono persino avviare una conversazione con un rappresentante dal vivo dal feed di messaggistica.

“Instagram è una delle piattaforme social più influenti, ma fino ad ora i marchi non sono stati in grado di sfruttare appieno il potenziale di marketing della piattaforma poiché non c’era un modo semplice per rispondere privatamente alle domande e fornire informazioni su larga scalaafferma Barry O’Sullivan, vicepresidente esecutivo e direttore generale di Genesys Digital e AI Con Messenger API per Instagram, possiamo consentire ai marchi di impegnarsi a un livello più profondo per influenzare il percorso del consumatore dalla scoperta all’acquisto, creando relazioni più solide con i clienti e ampliando il valore della spesa di marketing”.

customer journey strategy

Customer journey

Zendesk sarà un altro partner chiave per il lancio. Con Instagram Direct, le aziende possono collegare i propri account Instagram a Zendesk per fornire un servizio rapido e personalizzato su larga scala e creare una migliore esperienza di acquisto per il miliardo di utenti dell’app.

Con l’integrazione, le aziende possono inviare messaggi diretti con testo, immagini, emoji e allegati; reagire alle menzioni e rispondere alle risposte alle storie; automatizzare e intensificare le conversazioni con casi d’uso e strumenti di gestione del flusso di lavoro; condividere le informazioni sui prodotti che indirizzano i clienti al negozio di Facebook per l’acquisto e visualizzare un profilo cliente più completo delle interazioni passate attraverso altri canali di messaggistica.

Proiettati al social commerce: migliorare l’esperienza di acquisto del cliento e costruire relazioni efficaci

Il nuovo strumento si aggiunge alla spinta di Instagram nel cosiddetto social commerce, per vendere più prodotti direttamente attraverso il social media, che diventa sempre più una vetrina per i propri prodotti e per ispirare lo shopping per milioni di persone.

Instagram ha annunciato diverse funzionalità nell’ultimo anno volte a rendere la piattaforma una destinazione per lo shopping, come portare il sistema di pagamento e pagamento di Shopify Inc. nell’app e l’aggiunta di una scheda che mette in evidenza gli articoli in vendita.

“La pandemia ha costretto molte aziende ad aumentare gli sforzi del servizio clienti digitale e a rinunciare a classificare i consumatori come consumatori fisici o di e-commerce spiega Jeannie Walters, amministratore delegato di Experience Investigators, società di consulenza sull’esperienza del clienteUno strumento come l’API Messenger potrebbe aiutare le aziende a creare esperienze di servizio clienti migliori, ha affermato”.

Non importa, quindi, su quale social media si trovi un cliente: ovunque sia, dovrebbe essere in grado di rivolgersi all’azienda direttamente con un solo clic.

L’integrazione consentirà ai marchi di comunicare con i propri clienti tramite messaggi Instagram direttamente in una sorta di casella di posta centrale con WhatsApp e altri messenger. Se gli utenti menzionano un’azienda nella loro storia, anche quest’ultima riceverà un messaggio tramite la piattaforma di comunicazione Messenger e potrà rispondere direttamente. Un flusso di messaggistica teso, quindi, a migliorare l’esperienza del cliente e a costruire relazioni più affidabili.

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Search Intent: come comprendere cosa vogliono davvero i tuoi lettori

Cosa stanno cercando le persone quando atterrano sul tuo sito? Per incontrare le esigenze del tuo pubblico, devi sforzarti di conoscerlo sempre meglio. Solo così riuscirai a intercettare l’audience giusta al momento giusto.

L’obiettivo principale del content marketing, in particolar modo della SEO, è individuare trend e chiavi di ricerca al fine di generare interesse e stimolare l’interazione da parte degli utenti,  in modo che tornino a visitare regolarmente i tuoi canali.

Per far sì che ciò avvenga, è necessario creare contenuti in linea con gli interessi del tuo pubblico, per rispondere in modo pertinente alle loro domande e soddisfare le loro esigenze.

Creare contenuti interessanti, però, è possibile solo se si ha bel chiaro il search intent con cui un utente effettua una ricerca che potrebbe condurre una persona sul tuo sito. In altre parole, è fondamentale comprendere gli interessi dell’audience per generare traffico. 

Ecco alcuni consigli che, se messi in pratica correttamente, ti aiuteranno a determinare gli interessi del tuo pubblico, costituendo un vantaggio strategico nella tua content strategy.

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1. Individua chi sono e dove sono i tuoi lettori

Il punto di partenza è sicuramente capire chi ti sta leggendo e perché. Profilare in modo dettagliato le personas è il miglior modo per avere un quadro esaustivo delle esigenze del tuo pubblico.

I profili tracciati dovranno essere quanto più possibile veritieri e minuziosi, assegnando nomi, volti e personalità, e includendo informazioni demografiche, psicologiche e sociali.

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Quali sono le loro abitudini quotidiane e quali forme di intrattenimento preferiscono? Come navigano il web e quali sono i canali social in cui l’attività è più assidua?

Rispondendo a domande come queste, diventano più chiare le abitudini d’acquisto o d’informazione degli utenti sul web e, di conseguenza, come intercettarli e stimolare l’interazione con un certo tipo di contenuto.

2. Chiedi loro cosa vogliono

A volte, la soluzione più semplice può rivelarsi la più efficace: rivolgerti direttamente al tuo pubblico per capire quali sono le preferenze e gli interessi.

Naturalmente, questo è possibile quando la community è già consolidata e la tua audience nutre già un buon livello di fiducia nei tuoi confronti.

Creare dei piccoli sondaggi via newsletter o, ancora meglio, sui social è un ottimo modo anche per incentivare gli utenti anche a interagire con le tue pagine.

Inizia ponendo domande del tipo: quali di questi argomenti ti interessa maggiormente? Preferisci contenuti video, audio o testo? Quali sono i canali in cui cerchi più spesso questo tipo di contenuti?

Ricordiamoci sempre che i lettori sono inondati di contenuti di ogni tipo sul web: prendersi del tempo per capire cosa vogliono aiuta a generare traffico di qualità, ovvero raggiungere utenti davvero coinvolti.

3. Esplora i dati di ricerca del tuo sito

L’analisi dei dati provenienti dal tuo sito è una fonte eccellente per la profilazione delle personas, dai dati demografici a quali sono i contenuti più cliccati.

Tramite Google Analytics è possibile avere accesso a una panoramica completa dei dati demografici del pubblico e del loro comportamento sul tuo sito. 

Per quanto riguarda il pubblico, è possibile ottenere 7 report standard su:

  • Panoramica dei dati demografici
  • Età
  • Genere
  • Panoramica degli interessi
  • Categorie di affinità (copertura)
  • Segmenti in-market
  • Altre categorie

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Altre analisi utili sono visualizzazioni di pagine di destinazione specifiche e metriche di coinvolgimento, come il tempo sulla pagina, la profondità di scorrimento e la frequenza di rimbalzo.

Capire quali sono le pagine specifiche in cui l’affluenza e i tempi di permanenza sono più alti è molto utile per comprendere preferenze e interessi.

4. Consulta il report Query della Search Console

Accedendo alla Search Console, è possibile consultare il report “Query”, che costituisce una risorsa davvero importantissima per capire quali sono le chiavi di ricerca che apportano maggior flusso di traffico al tuo sito web.

All’interno di questo report, avrai la possibilità di conoscere i dati relativi alle impression, al numero di clic totali o legati ad una singola keyword. 

In questo modo, sarà più facile avere una panoramica completa e dettagliata di quali sono gli argomenti che destano maggior interesse nella tua audience e, di conseguenza, creare contenuti che aumentino il numero di clic e stimolino l’interazione.

5. Non dimenticare le ricerche esterne

Non limitarti a studiare i dati relativi al traffico sulle pagine del tuo sito: è altrettanto importante condurre ricerche esterne sui trend del momento o sulle query più cliccate dagli utenti, relative ad argomenti specifici. 

Alcune piattaforme, come Semrush o Seozoom, possono esserti utili per eseguire una scansione del web e identificare gli argomenti più interessanti per il tuo pubblico, cosa cercano i tuoi lettori sul web e quali sono le loro esigenze.

Attraverso queste informazioni, potrai poi creare contenuti in linea con i trend individuati, in modo da rispondere in modo approfondito alle domande dei tuoi potenziali clienti e soddisfare i loro bisogni.

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6. Studia i competitor

L’analisi dei competitor è uno step da non trascurare: individuare chi sono i tuoi competitor e di cosa parlano sul web, è fondamentale per capire qual è il valore aggiunto che puoi dare ai tuoi lettori rispetto alla concorrenza.

Non limitarti alla lettura dei contenuti: scopri su quali canali comunicano, con quale frequenza e qual è il tasso di coinvolgimento creato con il pubblico. Attraverso le piattaforme di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, puoi scoprire anche su quali keyword è posizionato il sito di un tuo competitor, il traffico organico e a pagamento.

7. Chiedi un feedback 

Non temere di chiedere un feedback sui tuoi contenuti per paura di ricevere una risposta negativa: se credi che i contenuti che stai proponendo siano di valore, invita il tuo pubblico a lasciare un feedback, attraverso commenti o condivisioni. 

Per incentivare lo “share”, inserisci pulsanti o CTA semplici e chiare (“Condividi” o “Clicca per twittare”), che rendano quanto più rapida e agevole la condivisione da parte degli utenti sui propri canali. Così, avrai modo di convalidare l’efficacia dei contenuti e l’engagement generato.

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8. Tieni d’occhio le reazioni

Una volta creati e pubblicati i contenuti, è molto importante monitorare attentamente le reazioni degli utenti, tramite i dati di ricerca del tuo sito web e gli insight sui social network.

Quali sono stati i post con maggior numero di condivisioni, like, commenti? Quali sono stati i link più cliccati?

Attraverso questi dati avrai modo di convalidare la pertinenza dei tuoi contenuti e capire, non solo quali sono quelli di maggior interesse per il pubblico, ma anche quali sono i canali su cui i tuoi lettori sono più attivi.

Da Tesla a General Electric, chi sono i manager CEO più pagati al mondo?

Il Wall Street Journal ha redatto la classifica annuale dei CEO più pagati delle 500 aziende più potenti negli Stati Uniti, rientranti nell’ S&P 500, lo Standard & Poor’s 500, il più importante indice azionario che contiene 500 titoli di altrettante società quotate a New York (NYSE  e Nasdaq), rappresentative dell’80% circa della capitalizzazione di mercato.

Un ranking fondato sulla somma di diversi indicatori, tra cui guadagni realizzati sui titoli e stock option, premi aziendali, bonus e salari. I dati sulle retribuzioni riflettono, quindi, il valore dei premi azionari.

Elon Musk a salario zero e gli ultimo in classifica

Stipendi a volte solo simbolici, come quello di Elon Musk, Ceo di Tesla Inc. e SpaceX, secondo uomo più ricco al mondo, ma ultimo nella classifica del Wall Street Journal, dove presenta un salario pari a zero, sebbene. Ha riportato zero retribuzioni per il 2020, anche se ha raccolto opzioni su azioni per un valore di 32 miliardi di dollari con il suo storico pacchetto retributivo del 2018.

Lo stesso anche per il co-fondatore di Twitter Inc., Jack Dorsey, che ha guadagnato soltanto un dollaro e 40 centesimi – un centesimo per ogni personaggio nel limite originale di 140 caratteri della piattaforma di messaggistica sociale – e Steven Kean, proprietario del gasdotto Kinder Morgan Inc., che registra un guadagno di 1 dollaro. In totale, sono solo 24 i CEO dell’S&P 500 che hanno guadagnato meno di 5 milioni di dollari l’anno scorso.

A parte esempi di salari simbolici come quello di Elon Musk, secondo il ranking del WSJ, la retribuzione media dei più importanti amministratori delegati americani ha raggiunto i 13,4 milioni di dollari nel 2020, stabilendo il quinto record annuale consecutivo in un anno in cui le aziende e i loro leader hanno combattuto una pandemia globale.

Pandemia globale che si riflette anche nei ricavi, in cui sembrano favoriti società di software e farmaceutiche in risposta all’emergenza sanitaria causata dal Covid 19. Molti riflettono infatti le turbolenze economiche della pandemia, tra cui il produttore di videogiochi Activision Blizzard Inc. e il gigante biotech Regeneron Pharmaceuticals Inc.

La maggior parte dei CEO dell’S&P 500 ha ottenuto aumenti di circa il 5% in più poiché le loro società hanno registrato un miglior rendimento annuali per gli azionisti di circa l’8%, secondo l’analisi dei dati del Wall Street Journal di MyLogIQ.

I più pagati

Il più pagato è il fondatore di Paycom Software Inc., Chad R. Richison, il cui pacchetto retributivo è stato valutato in oltre 200 milioni di dollari. A seguire Robert A. Kotick di Activision Blizzard, nel settore media ed entertainment, con oltre 154milioni di dollari. Ai piedi del podio, Leonard S. Schleifer di Regeneron con più di 135 milioni di dollari, ceo di Pharmaceutical, nel settore Biotechnology & Life Sciences.

Sono in totale sette i CEO che hanno ricevuto compensi per un valore di oltre 50 milioni di dollari, rispetto a due nel 2019 e tre nel 2018. I pacchetti retributivi degli amministratori delegati sono prevalentemente azioni o stock option limitate, poiché i consigli di amministrazione continuano a enfatizzare strutture retributive che legano la retribuzione dei dirigenti alle fortune degli azionisti in generale. Quindi, con l’aumento dei prezzi delle azioni, i pacchetti retributivi possono aumentare oltre le cifre riportate o legando le retribuzioni al raggiungimento degli obiettivi di performance.

Ad esempio, Paycom ha affermato che la società deve realizzare significativi guadagni operativi e di mercato affinché Richison realizzi la maggior parte della sua paga, sottolineando “che non sarà idoneo per ulteriori sovvenzioni azionarie per cinque anni”.

Regeneron ha affermato “che la paga dell’amministratore delegato Leonard Schleifer è aumentata a causa di una sovvenzione azionaria anticipata, destinata a sostituire cinque anni di premi”, segnalando quindi la fiducia del consiglio nella sua leadership.

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Inclusione e parità ancora da raggiungere per le donne Ceo

Dal ranking emerge come ancora sia difficile per le donne raggiungere la parità di genere e l’inclusione in un settore fortemente dominato dal potere maschile. Sono infatti solo 22 le donne che hanno gestito le società S&P 500 per l’intero anno nel 2020. Soltanto il 4% su 500 società quindi, con una paga media in linea con quella degli uomini (13,6 milioni di dollari contro i 13,4 milioni di dollari).

Marillyn Hewson di Lockheed Martin Corp., spesso tra le donne più pagate dell’indice S&P 500, si è dimessa durante l’anno, guadagnando 28,5 milioni di dollari: ha rinunciato all’incarico durante l’anno, quindi la meglio pagata risulta essere Lisa Su di Advanced Micro Devices con 28 milioni (molto di meno rispetto ai 58 milioni dell’anno scorso).

Diverse donne sono state recentemente selezionate per gestire le società S&P 500 e non hanno effettuato l’analisi, tra cui Jane Fraser di Citigroup Inc. e Roz Brewer di Walgreens Boots Alliance Inc.

elon musk interview

Elon Musk

La pandemia fattore trainante per aziende tecnologiche e sanitarie

Undici delle 25 aziende più performanti in termini di rendimenti per gli azionisti sono aziende tecnologiche, 12 quelle automobilistiche se si considera Tesla. Quattro aziende con le migliori prestazioni appartengono al settore sanitario.

Le aziende con le prestazioni peggiori in termini azionari nel 2020 tendono a trovarsi in settori duramente colpiti dalla pandemia, come le compagnie di crociera e quelle energetiche.

Norwegian Cruise Line Holdings Ltd. ha affermato che Frank Del Rio ha ricevuto premi modificati l’anno precedente a seguito della chiusura pandemica del settore crocieristico e una precedente decisione.

I CEO delle aziende che organizzano crociere, come Norwegian Cruise Line e Carnival hanno visto le proprie aziende perdere milioni in borsa. Il CEO di Norwegian Frank Del Rio ha guadagnato  12,8 milioni di dollari, mentre Arnold Donald ha rinunciato al 45% del proprio stipendio, registrando solo 1,5 milioni di dollari.

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Twitter, nuove etichette per contrastare le fake news

Il team di Twitter starebbe sperimentando tre diverse etichette per identificare informazioni fuorvianti e notizie non veritiere. Ad annunciarlo, attraverso un tweet, è stata la ricercatrice Jane Manchun Wong, che ha spiegato in che modo funzionerà il nuovo design pensato per contrastare la diffusione di notizie false attraverso la rete, rendendolo evidente agli utenti, in un momento in cui i social network stanno investendo per tutelare l’informazione. La Wong, che sta concentrando le sue ricerche sulla piattaforma di recente, indagando tra le sorgenti dell’ultima versione dell’app per iOS, ha scoperto infatti tre avvisi o “livelli” di avvertimento: “ricevi le ultime informazioni”, “rimani informato”, “fuorviante”.

Negli scorsi giorni, anche Facebook ha lanciato la sua azione di contrasto alla disinformazione, con la previsione di nascondere in automatico i post bufala, mentre le condivisioni degli utenti segnalati dai fact checker saranno rimosse gradualmente.

Nel sistema che Twitter starebbe testando, le informazioni non veritiere saranno soggette a tre diverse etichette, su cui il team di Twitter è attualmente al lavoro: i contenuti dei tweet saranno accompagnati dalle diciture “Ricevi le ultime informazioni”, “Rimani informato” se da approfondire o non accurata, oppure “fuorviante” se considerata una fake news.

A confermare l’indiscrezione anche Anche Yoel Roth, responsabile dell’integrità del sito per Twitter, che ha condiviso il tweet della ricercatrice, chiarendo che si tratta dei primi esperimenti sulle “novità di design per le etichette che trattano la disinformazione”.

La piattaforma, qualche mese fa, ha introdotto anche un messaggio che invita gli utenti a leggere un articolo prima di ritwittarlo. Un’esigenza di maggiore tutela dell’utente, in risposta alla sensibilità crescente di difesa degli utenti dalla disinformazione acuita dall’emergenza Covid.

Nessuna tempistica ancora sulle funzionalità scoperte e su quale sarà la loro evoluzione, attualmente confermate solo come rumors.

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Viaggio nella scuola che prepara i nativi digitali al futuro con il coding e la stampa 3D

In questo periodo complicato e condizionato da un necessario distanziamento sociale, una fra le criticità che si sono immediatamente manifestate è stata l’esigenza di garantire una formazione adeguata agli studenti, nonostante gli istituti scolastici non fossero accessibili.

La corsa all’utilizzo di piattaforme digitali per la formazione a distanza non ha fatto che mettere in luce l’arretratezza digitale non solo di alcuni istituti e di qualche docente, ma anche la scarsa informatizzazione dell’ambiente famiglia, in cui, spesso, gli unici strumenti di connessione alla rete sono smartphone e tablet.

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L’inaspettato ricorso alla DAD (Didattica a Distanza) per gli studenti di ogni ordine e grado, ha anche svelato una bassissima confidenza con la DDI (Didattica Digitale Integrata), che prevede l’utilizzo degli strumenti digitali (come Google Classroom, ad esempio), anche in presenza.

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La scarsità digitale

Insomma, ci si è trovati, lato scuola e famiglia, a dover gestire un vero e proprio problema di scarsità digitale, tanto per quanto riguarda l’hardware, quanto per l’alfabetizzazione digitale minima di docenti e discenti che, dopo un primo periodo di smarrimento, hanno saputo in realtà recuperare velocemente portando avanti le attività.

La realtà è che, come consideriamo indispensabili i servizi digitali nella vita quotidiana, come inviare email, effettuare pagamenti online, ricevere l’accredito delle stipendio sul conto corrente, e abbiamo ritenuto (a torto) che la dimensione informatica non riguardasse i più giovani e i più piccoli, non percependo a sufficienza l’importanza di fornirgli gli strumenti necessari per affrontare la routine quotidiana trovandosi a proprio agio con la tecnologia.

Per utilizzare la tecnologia con sicurezza e profitto è necessario, soprattutto, conoscerne le regole, capire come funziona e in che modo rende possibili le operazioni che diamo quotidianamente per scontate.

La soluzione più efficace per affrontare il problema e farsi trovare pronti per un mondo tanto vasto da offrire un enorme numero di opportunità (e, altrettanto, di pericoli) è quello di iniziare ad alfabetizzarsi a livello digitale, fin da piccoli. Probabilmente, il prima possibile.

Parliamo della “generazione Z” e, in misura ancora più centrata, della “generazione alfa” come nativi digitali, e non è accettabile relegare questa “digitalità” a strumenti di intrattenimento come le piattaforme di streaming o di gaming.

L’abilità di padroneggiare gli strumenti tecnologici per sfruttarli al meglio e sapere individuare quando è il momento di disconnettersi per tornare alla vita analogica, va acquisita già dalle scuole primarie e dell’infanzia.

coding e robotica a scuola

Cos’è Little Genius

A Frascati c’è una scuola privata che prepara i bambini nativi digitali dai 2 ai 12 anni al futuro, si chiama Little Genius International ed è stata la prima della tappe del Ninja Van Tour del CEO e founder di Ninja, Mirko Pallera, nel suo viaggio alla ricerca delle Unbreakable Companies.

È un progetto nato sedici anni fa e si tratta di un istituto bilingue dalla metodologia didattica innovativa e digitale, impostata sull’innovazione tecnologica, sullo studio del coding e della robotica, ma anche, da quest’anno, su lezioni di cinese e di etica.

La sede è un’avanguardistica struttura in bioarchitettura, detta “l’edificio che respira”, perché ha un sistema di purificazione che trasforma le sostanze nocive in ossigeno da immettere nell’ambiente. Un sistema che si è rivelato un alleato per la prevenzione anti Covid-19.

Little Genius Frascati

Dobbiamo insegnare ai bambini a non subire le tecnologie ma ad applicare la loro creatività e le loro capacità naturali sfruttando i mezzi tecnologici in modo corretto e intelligente”, sostiene Samia Xena Rinaldi, Governance, Compliance, Benefit Officer di Little Genius.

La scuola è anche una Benefit Corporation, tra le 10 migliori al mondo, grazie al suo altissimo impatto sociale-ambientale e a politiche di trasparenza, plastic free, paper less. E che eroga borse di studio per le famiglie che non possono sostenere le spese.

little genius scuola

Anche per i bambini che non frequentano Little Genius è possibile entrare a far parte di questo coloratissimo mondo, che ribalta un po’ l’idea degli ambienti scolastici seriosi e monocromatici a cui siamo abituati.

Nelle attività extracurricolari, infatti, gli esterni possono usufruire dei laboratori e della strumentazione della scuola, imparando a utilizzare stampanti 3D, bracci meccanici e droni.

La scuola è nata sedici anni fa, certamente perché c’era un bisogno nel mercato, ma anche perché c’era una mancanza nell’offerta didattica in termini di modalità di insegnamento, per questo abbiamo previsto e sviluppato una metodologia nuova e particolare“, afferma Ruhma Yusuf Rinaldi, co fondatrice della scuola internazionale nativi digitali insieme al marito Nicola Christian Rinaldi.

Certamente non esistono moltissime scuole come Little Genius sul territorio nazionale e, una formazione di eccellenza come questa, prevede un costo rilevante per le famiglie che decidono di affidare i propri figli a questa struttura. Ci sono però due buone notizie: la prima è che Little Genius mette a disposizione delle borse di studio per permettere a più bambini di frequentare l’istituto; la seconda, è che questo metodo innovativo basato su un approccio attivo alla tecnologia, può diventare un esempio ed essere replicato, almeno nei presupposti, in modo del tutto gratuito.

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Brand Purpose

Cosa e quanto rischia la tua azienda senza un purpose chiaro

Il problema dei grandi modelli teorici (a maggior ragione quelli che parlano di purpose) è che spesso vengono bollati nelle aziende come non applicabili.

Si tratta di framework anche molto ambiziosi, che puntano a rivoluzionare l’organizzazione aziendale entrando in flussi precisi, come l’acquisizione del cliente o l’impatto che la produzione ha sull’ambiente, ma che il più delle volte si scontrano con la necessità dei board di giustificare agli azionisti il perché di certe scelte, e soprattutto i risultati economici delle stesse.

Questa tacita resistenza, che coinvolge un po’ tutte le grandi sfide che il ventunesimo secolo ci sta prospettando, vale per quei tentativi di entrare in sistemi ingessati e rassicuranti che si sono stabilizzati con forza nel secolo scorso, e che non sembrano essere influenzabili da fattori seppure evidenti: basti pensare al dibattito sulla trasformazione che si sta subendo (e non guidando) nell’organizzazione del lavoro, che in un anno è stata totalmente messa in discussione dall’esplosione della pandemia da SARS-CoV-2.

In quanti, oggi, possono sostenere che il lavoro da remoto non possa funzionare o che non sia necessaria una revisione nelle normali policy di gestione del personale, nobilitando il work-life balance?

Eppure, molte aziende ancora si muovono con poca disinvoltura in una logica di resistenza al cambiamento piuttosto marcata.

Probabilmente in molti ancora tendono a negare una necessità di rimettere al centro dell’agenda la ridiscussione dei modelli precostituiti.

La necessità di assolvere un ruolo (attraverso un purpose)

Come in ogni fase di trasformazione, la pandemia ha avviato un processo di revisione totale di molti aspetti che è appena cominciato. Gli effetti che l’esperienza ha lasciato nelle società di tutto il mondo sono tangibili e irreversibili.

Al di là dei cambiamenti cui abbiamo assistito in ambito eCommerce (prevedibili visto le restrizioni), le evidenze che abbiamo raccolto riguardano una mutazione nella stessa idea di consumo da parte delle persone, più vicina a un concetto di community che non di individualità.

È dello scorso anno una dichiarazione molto interessante, a questo proposito, di David Morrisey, Director of Strategy di Camp + King: 

“Supponendo che la posta in gioco di base del valore, della disponibilità e della convenienza sia soddisfatta, i consumatori possono utilizzare un nuovo quadro quando decidono tra i marchi: fai del bene per me/noi, fai del bene alla tua gente, fai del bene al mondo.”.

Si noti quel “me/noi”.

Il consumo di prodotto è sempre stata una faccenda intima e personale: acquisto un prodotto perché va bene alle mie esigenze, tutt’al più a quelle dei miei cari. Oggi, quel “noi”, indica un passaggio di stato in cui la sfera personale si estende alla comunità che accoglie l’individuo, e si estende a tutto il pianeta.

Un approccio più consapevole e “umanista”, in continuità con l’evoluzione che stiamo vivendo che vede la persona al centro di tutti i processi di marketing. 

Secondo il rapporto “2020 Global Marketing Trends -Bringing authenticity to our digital age” realizzato da Deloitte UK, “proprio come le persone si aspettano che i marchi li trattino come esseri umani e non solo come transazioni, così essi si aspettano che i marchi agiscano in modo più umano”, muovendosi “con uno scopo attorno cui agire che possa fargli guadagnare lealtà, coerenza e rilevanza nella vita dei consumatori.”

purpose report - deloitte

Un approccio più umano, appunto, dove anche la tanto citata relazione fra individuo e azienda assume la forma di un rapporto fra due esseri emotivamente coinvolti, che vivono la produzione e il consumo di beni e servizi come azioni volte al bene singolare e collettivo, e non come un semplice gesto opportunistico che estragga valore da uno scambio di valuta.

Ciò porta una personalizzazione nel rapporto, che al di là del veicolare una customer experience che sappia deliziare il palato del consumatore, permette una maggior memorabilità della marca: a confermalo è il rapporto di Accenture Making it personal, che già nel 2018 sottolineava la necessità di personalizzare al massimo l’esperienza dell’utente allo scopo di rafforzarne l’impianto relazionale.

make it personal - accenture report

L’umanizzazione dei rapporti fra brand e consumatore è anche altro: parliamo di un evidente passaggio di stato del modo di concepire il ruolo delle aziende e anche il “perché” esse agiscano.

In una relazione che si fonda sempre di più su presupposti dove a essere centrali sono il “noi” e una visione meno “profittevole”, è chiaro che a diventare centrali diventano i fattori che “umanizzano” i brand: ed ecco rispuntare il purpose, come elemento differenziante e unificante.

Questo elemento differenziante e unificante permette lo sviluppo a livello relazionale di un percorso comune che deve condurre a un traguardo più alto, in cui ritrovarsi per uno scopo comune, innalzando la ragione per cui ci si incontra (lo scambio fra un bene o un servizio e della moneta).

Alcuni numeri per spiegare il fenomeno: secondo Forbes circa il 90% dei consumatori è più propenso a supportare le brand che dichiarano apertamente di avere uno scopo, un purpose.

Sempre secondo la rivista americana, oltre il 70% dei consumatori Millenial e GenZer preferisce marche con cui si identifica, o che, in altre parole, siano di ispirazione, perché in esse rivede ciò in cui crede.

Il principio di identificazione diventa decisivo per permettere alle persone di comprendere se ciò che i marchi fanno sia di loro gusto: una leva che si può trovare nella scelta delle amicizie, o meno poeticamente, nei partiti politici.

La scelta di un prodotto è percepita, a livello individuale, come espressione di un comportamento sociale, e come tale viene trattata: una forma di gestualità atta a rafforzare il ruolo sociale della marca e il suo impatto sulla comunità. 

Ciò che agli inizi del millennio avevamo imparato a conoscere come “sostenibilità”, con tutti gli annessi e connessi del caso, da aspetto nobilitante (ma non certo decisivo nel definire un’azienda) oggi diventa fattore indispensabile e non più derogabile. Se le aziende non agiscono secondo logiche sostenibili, semplicemente, vengono progressivamente ignorate dai consumatori a favore dei competitor.

Chiaro che la keyword “sostenibilità” si associa al tema ambientale, nonostante se ne parli anche in ambito società: e, tornando al discorso pandemia, il nostro rapporto con l’ecosistema terreste e l’inquinamento è decisamente cambiato durante la crisi del coronavirus.

Secondo una ricerca condotta dall’Institute for Business Value (IBV) pubblicata nel 2020, il 54% dei consumatori è disposto ad acquistare prodotti e servizi da marche che sono sostenibili e si accreditano come responsabili nei confronti dell’ambiente. 

Sustainability at a turning point

Source: Institute for Business Value

Questo vale anche per i talenti (e quindi per una delle aree più strategiche delle imprese, le HR): il 71% dei lavoratori sostiene di preferire aziende attente alla sostenibilità ambientale.

Il 48% degli intervistati (ben 14.000 adulti provenienti da nove paesi) è pronto addirittura ad accettare una retribuzione inferiore, se offerta da un’azienda attenta al proprio impatto ecologico.

Il punto di vista delle aziende

17 milioni di video. 159 paesi. 10 miliardi di views, e infine 220 milioni di dollari raccolti: sono i risultati dell’Ice Bucket Challenge, la sfida a colpi di secchi d’acqua gelata lanciata per raccogliere fondi contro la SLA che conquistò tutto il mondo nel 2014.

Dietro a quest’iniziativa c’era Porter Novelli, agenzia operante nel mondo delle PR dal 1972. 

L’Ice Bucket Challenge fu una delle prime iniziative a mostrare come, se uniti da un principio unificante, le persone possono generare collettivamente valore.

In un report pubblicato lo scorso agosto sul tema, la Porter Novelli ha sottolineato in che misura l’importanza in una chiara purpose venga osservata e compresa da chi le aziende le guida: uno dei dati più indicativi è che oggi 9 leader aziendali su 10 credono che, se guidate da uno scopo, i brand abbiano un vantaggio competitivo nel mercato.

purpose benefits

Segno che anche le prime linee, executive in testa, stanno prendendo coscienza che non c’è solo un aspetto nobilitante quando si lavora secondo un purpose: il cosiddetto purpose-driven business può diventare importante anche per i fatturati.

L’85% degli intervistati, infatti, sostiene come le aziende che si muovano secondo questa visione più “ideale” riescano a generare profitti: in che modo?

Il 99% ritiene che il risultato sia possibile grazie al miglioramento della reputazione, al miglioramento del processo di reclutamento e gestione delle risorse umane (95%), con l’aumento della fiducia dei consumatori (93%), e della loro lealtà nei confronti della brand (93%), oltre che a un aumento sensibile nella propensione alla raccomandazione e alle azioni di advocacy (92%).

I vantaggi finanziari, quindi, si evidenziano da subito dalla capacità non solo di attrarre clienti, ma anche di tenerli legati a sé: una delle difficoltà maggiori che si sono registrate a maggior ragione in questi ultimi 18 mesi è stata proprio rimediare a una generale ridiscussione del concetto di lealtà verso i brand, dato che, ad esempio, secondo lo State of Consumer Behaviour il 48.7% dei consumatori, durante la pandemia, ha rimpiazzato prodotti che abitualmente acquistava nei punti vendita fisici con alternative trovate online.

comportamenti d'acquisto

Considerato che le tendenze spingono verso un consumatore meno fedele e più propenso al cambiamento, la scoperta di nuovi canali di approvvigionamento di beni e servizi è un coefficiente di difficoltà in più da considerare: per questa ragione, farsi preferire per motivi che scavalcano i vantaggi empirici come prezzo o velocità di ricezione, diventa decisivo.

Basta darsi un proposito per affermarsi sul mercato? È sufficiente scegliere una delle tante battaglie sociali per riuscire a farsi preferire dai consumatori?

Ovviamente no. Il Purpose, con la P maiuscola, è parte integrante della brand identity di una marca e non può certo definito sulla base di improvvise quanto improvvide scelte.

La necessità principale è quella di valorizzare il proprio carattere e metterlo a sistema nello sviluppo di quella che, secondo l’approccio riconducibile allo Storytelling Management, è riconducibile alla definizione di piattaforma narrativa.

Scegliere, infatti, per quale nobile scopo muoversi, come muoversi, prendendo posizione nei confronti delle grandi sfide che l’umanità (e non solo il mercato) sta affrontando, è una scelta equivalente a cambiare modello di business: una direzione da prendere strategicamente e con consapevolezza, avendo ben chiaro che il rischio è infrangere le relazioni con il proprio target.