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  • L’età oscura della rete: quando i follower si trasformano in adepti

    Social media sempre più ideologici, costruttori e/o deformatori della realtà e della percezione umana

    26 Gennaio 2021

    Qual è il ruolo politico dei social media? Non si arresta il dibattito sulla censura della rete, conseguente all’esclusione del presidente uscente Donald Trump, bannato da Twitter, Facebook ed Instagram. Ancora una decisione inedita da parte di Twitter: dopo il giuramento, il profilo ufficiale riservato al presidente degli Stati Uniti d’America, @POTUS, è stato ereditato da Joe Biden, ma completamente azzerato nel numero di followers, al contrario di quanto era accaduto nel passaggio di consegne da Obama a Trump. Più di 33 milioni di persone, lo scorso 20 gennaio 2021, hanno ricevuto da Twitter una notifica per comunicare la novità che, oltre a Potus, coinvolge tutti gli account istituzionali, compresi quello della first lady @FLOTUS e della White House. A nulla è valso il tentativo di mediazione con i vertici Twitter del direttore della comunicazione digitale di Biden, Rob Flaherty, che ha chiarito la vicenda attraverso un tweet. LEGGI ANCHE: Se censurare è democrazia, ovvero la fine del mito di Internet come strumento di libertà inauguration day - joe biden

    La costruzione e deformazione del reale

    “Un’ apocalisse culturale”, così la definisce nei suoi libri Andrea Fontana, sociologo della comunicazione, docente universitario e pioniere dello Storytelling aziendale in Italia: «Siamo entrati nell’età oscura delle rete e dei social media che diventano strumenti di costruzione e/o deformazione del reale, modificando comportamenti, consumi e orientando le visioni politiche. È come se da un uso ingenuo e solo performativo dei media sociali stessimo passando ad un utilizzo altamente valoriale e ideologico degli stessi». Il media diventa così un distorsore o un costruttore del processo sociale, passando da una fase iniziale più romantica e libertaria, in cui i social (pur essendo aziende gestite da privati) si caratterizzavano come piattaforme su cui tutti erano liberi di esprimersi, ad una fase più politicizzata, con linee guida molto stringenti.

    I regimi di verità: l’utente da follower ad adepto

    Social network sempre più ideologici, quindi, fino a costruire dei “regimi di verità”, contrastando con un approccio ingenuo dell’utente. «Cosa sono i regimi di verità?  Sono sistemi di credenze su cui un gruppo, un’istituzione oppure un’azienda decide, prende posizione e costruisce il suo “programma di mondo” – evidenzia Andrea Fontana –  E tutto ciò che non è riconosciuto nel “regime di verità” specifico, diventa ostile e quindi corre il rischio di essere escluso, bannato».
    Andrea Fontana, sociologo della comunicazione, docente universitario e pioniere dello Storytelling aziendale in Italia
    In questo momento si possono individuare almeno due atteggiamenti di fondo. Un primo, considera i social media come aziende private che fanno ciò che vogliono, per cui la decisione di stare in piattaforma è delegata ai singoli fruitori. Il secondo atteggiamento prevede per i social la definizione di una specifica ideologia (non intesa in senso negativo, ma come forte credenza) a cui l’utente deve adeguarsi, trasformandosi da follower in adepto, credente. Tutto ciò che non è coerente, viene espulso. LEGGI ANCHE: Cosa cambia per l’industria tecnologica americana con la vittoria di Biden «Credo che andremo sempre di più verso i social media come “edificatori di culti”. In questo senso, Trump viene estromesso – continua Fontana – non solo perché ha fatto un’azione deplorevole, ma anche perché rappresenta un “culto contrario” inammissibile rispetto a quello di una piattaforma che non è più neutrale. Va compreso che un regime di verità è un sistema di credenze e di contenuti che noi dovremmo sempre andare a verificare, per evitare un atteggiamento fideistico e ingenuo. Invece anni di polarizzazione ci hanno portato ad essere fanatici che parteggiano per una verità piuttosto che l’altra. Peccato che le verità sono egoiste, devono eliminare i propri avversari, per cui “o tu follower sei un credente, oppure ti elimino”, introducendo così un nuovo paradigma nella gestione dei social media». I media diventano così forti protagonisti dei processi di costruzione della realtà socio-politica. «In quest’ottica Twitter si è reso conto di essere un costruttore della percezione collettiva e si è assunto la responsabilità di essere tale. Siamo noi come pubblico che dobbiamo comprendere che adesso i social media attraverso i contenuti che ci portano non si pongono più come editori, ma come agenti politici, esecutori di una certa egemonia culturale, alla quale posso aderire o meno. È un compito di autoformazione e di educazione in senso lato». limiti dei social

    La costruzione o deformazione della realtà

    Il problema reale introdotto da Fontana è la consapevolezza, nel dibattito, che i social media costruiscano o deformino una realtà-verità: «Come pubblico spesso fruiamo la conoscenza in moto istintivo e invece dobbiamo diventare razionali e critici. Una foto su un social in questo momento può connotarsi come un gesto altamente filo governativo o contro-rivoluzionario. Perché dietro la pubblicazione di qualsiasi contenuto, testuale o visivo, da parte di qualsiasi gruppo o forza politica c’è sempre una narrativa, una strategia e un modus operandi. Dobbiamo riacquistare il nostro ruolo di soggetti consapevoli che quello che vediamo non è altro che un “prodotto” culturale ed informativo. Un tema vasto, problematico, delicato, che se non gestito bene può portare alle censura dell’informazione, da non affrontare certo con un approccio ingenuo. Se comprendiamo questo, però possiamo assumere una posizione consapevole, per non diventare facili prede dei “costruttori di verità”, oggi trasversali a qualsiasi componente politica, che sia di un partito o di un altro.  Così, Twitter ha scelto la sua verità. Non entro nel merito se sia giusto o sbagliato, ma da utente devo cogliere questo cambio di paradigma e chiedermi: che scopo hanno i contenuti che sto fruendo in questo medium? Basta questa domanda per accorgersi che nell’online ci sono verità in competizione tra loro che orientano le nostre percezioni. E devi scegliere. La domanda che mi pongo da sociologo è: come reagiranno i 74 milioni di americani che hanno votato pro-Trump? Rimarranno indifferenti o la scelta di Twitter avrà conseguenze?».

    La gestione del consenso nel conflitto geopolitico

    Un’analisi che si apre ad uno scenario molto più vasto, allargandosi al tema del conflitto geopolitico in corso. «Dobbiamo inoltre essere consapevoli, da fruitori maturi di social network, che i media sociali oggi hanno un ruolo nella gestione del consenso geo-politico mondiale. Twitter assumendosi il compito di dare voce o di toglierla – sottolinea Fontana – si è preso il mandato di diventare non solo costruttore di realtà, ma anche di meaning gate-keeper”, perché attraverso la pubblicazione di contenuti, narrative ed immagini del mondo determina il senso e il significato dell’esistere di intere comunità. Questa però è anche la dottrina dei cosiddetti “conflitti asimmetrici” o guerre di V generazione, che si svolge non sul piano fisico e cinetico, ma culturale. E dove vince chi sa imporre il proprio modello culturale di mondo, o regime di verità. Così dalla Russia alla Cina, passando per Usa ed Europa dobbiamo tenere presente che siamo inseriti in queste dinamiche conflittuali dove i social media possono diventare uno strumento di supremazia, oltre che di attacco e difesa. Come sostengono diversi commentatori, uno tra tutti il generale Mini, “questi conflitti sono ibridi, ambigui e non di immediata comprensione“».

    La costruzione della percezione e le guerre asimmetriche

    Come reagire, quindi, ad una simile deformazione della verità? Attivando un pensiero critico, ricordando che dietro c’è una volontà geopolitica. Centrale il ruolo dell’utente/fruitore, a cui è demandato il compito di interpretare una corrente politica. «La costruzione/deformazione della comunicazione oggi non solo riguarda le guerre asimmetriche ma rientra anche nelle cosiddette dottrine del “perception management” che richiedono sempre una necessaria decodifica. I social media maneggiano le nostre percezioni. Non solo sono editor, ma agenti politici, costruttori o deformatori della realtà, ma anche della percezione umana. È tutti noi come utenti mai come adesso dobbiamo essere vigili e consapevoli dei prodotti informativi che cerchiamo, consumiamo, scegliamo».