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Sesso, amore e pandemia, la crescita delle app di dating durante il lockdown

  • Definiamo il trend 2020 delle dating app: scialuppe di salvataggio sentimentale o “Love Boat” per relazioni virtuali idilliache?
  • Diffusione di piattaforme per appuntamenti e Virtual Dating, abbiamo chiesto a Marvi Santamaria se è tutto dovuto all’evoluzione pandemica
  • Quali prospettive ci riserva il futuro delle dating app

L’incertezza che la pandemia diffonde nel mondo da circa un anno si riversa su tutti gli aspetti della nostra vita. Sentimenti, bisogno d’amore e appuntamenti romantici non fanno eccezione.

Una cosa è certa. Da circa un anno, la maggior parte di noi ha ridimensionato gli spostamenti al di fuori delle quattro mura di casa. Per contenere la diffusione del virus abbiamo affrontato (e affronteremo ancora) disposizioni di lockdown, smart working, quarantena preventiva o fiduciaria, distanziamento sociale.

Con la progressiva diffusione delle dating app, è difficile credere che i nostri “approcci sentimentali” sarebbero rimasti gli stessi, anche senza l’avvento della pandemia. Matcha. Chatta. Incontra. Tutti noi ci stavamo piacevolmente abituando al gioco dello swipe tra profili Tinder e ricerche su Badoo o Meetic. Finché tutto non è diventato più complicato con il diffondersi del Covid-19.

Non potendosi incontrare, le persone hanno approfondito la conoscenza in chat e nei luoghi virtuali come Fortnite e Animal Crossing (videogames di vita simulata). In quale direzione stiamo andando? New Normality? Terza ondata? Cerchiamo di ricostruire.

Dating app, prima ondata

A dire il vero non era iniziata benissimo. In Italia, Tinder ha conosciuto un notevole incremento di download tra gennaio e febbraio 2020. Ma la diffusione del Covid-19 a partire da marzo, ha decisamente raffreddato i bollenti spiriti.

Dating app confronto trend applicazioni in Italia

Come spiega Craig Chapple, mobile insights strategist Emea di Sensor Tower, “Per numero di download, gennaio (2020 ndr) è stato il secondo miglior mese nella storia di Tinder in Italia. Contando anche febbraio, l’app è stata scaricata 229 mila volte, con un incremento anno su anno del 46% nel primo bimestre. Anche il fatturato è cresciuto, ma non in modo altrettanto massiccio”.

Poi il lockdown. “I download di marzo sono stati circa 46.000. In proiezione, sembra quindi esserci stato un rallentamento, che riporta il dato sui livelli medi del secondo semestre 2019 – specifica Chapple.

Dal 9 marzo, allo scoccare di quarantena e chiusura obbligatoria, Tinder (così come la maggior parte delle dating app) ha subito un consistente calo delle ricerche. Non una vera e propria picchiata, ma un leggero trend al ribasso. Andamento simile anche per le ricerche legate ad altre dating app come Meetic, Badoo, OkCupid, Grind.

Se dovessimo provare a dare una spiegazione a questo intento di ricerca altalenante, gli italiani si sono fatti incuriosire da una nuova modalità per entrare in contatto con persone e potenziali partner approfondendo la conoscenza delle piattaforme di incontri online.

Con lo stretto giro di vite sugli spostamenti, le etichette “affetti stabili” e “congiunti”  hanno fatto storcere il naso a tanti. L’utente di dating app ha così perso interesse nel realizzare un possibile incontro nella vita reale.

Tuttavia, a livello globale, Tinder ha registrato un aumento medio del numero di conversazioni sull’app del +39% proprio durante la quarantena. Segno che gli utenti già iscritti, hanno deciso di investire un po’ più del loro tempo per conoscere meglio potenziali partner.

Nonostante le previsioni in pieno lockdown dessero per spacciati gli incontri scaturiti da un primo appuntamento online – proprio perché le persone preferivano non rischiare il contagio incontrando estranei – il numero di utenti attivi sulle dating app solo negli Stati Uniti ha raggiunto i 26,6 milioni nel 2020.

Un aumento del 18,4% rispetto all’anno precedente. Secondo la società di dati Apptopia, le prime 20 app di appuntamenti negli Stati Uniti hanno guadagnato in media 1,5 milioni di utenti attivi al giorno nel 2020.

Dating app utenti globali complessivi

Così, nonostante lockdown e pandemia, Badoo e Tinder si confermano le piattaforme più grandi al mondo. Se da una parte Tinder continua a crescere per numero di download, Badoo ha perso una fetta di utenti attivi negli ultimi cinque anni. Bumble gioca invece il ruolo di “terzo incomodo” nella corsa alla concorrenza tra dating app, soprattutto nel mercato nordamericano ed europeo.

La tregua estiva ha riportato un minimo d’entusiasmo tra single e cercatori di nuove esperienze sentimentali. Con un progressivo aumento di utenti attivi nei mesi più caldi (e per chi ha potuto, incontri nella vita reale).

LEGGI ANCHE: L’amore ai tempi delle app di dating non è più lo stesso (ma non c’è da aver paura)

Dating app, seconda ondata

I numeri ci dicono che la prima ondata pandemica non ha sostanzialmente modificato il desiderio di conoscere nuove persone per trovare l’anima gemella. E durante la seconda ondata? Come ci siamo comportati?

A causa del distanziamento sociale, molti si sono adattati nel cercare il partner online. E, in alcuni casi, frequentarlo virtualmente. Chi ha interiorizzato la necessità di ridimensionare spazi e luoghi d’incontro in un momento decisivo per il miglioramento della nostra salute pubblica, ha preferito portare online, non solo la fase di prima conoscenza, ma anche di incontro, scoperta e relazione.

Tutte le dating app offrono l’opportunità di connettersi virtualmente tra utenti. C’è chi, come Tinder, ha modificato il proprio business model per consentire uno strappo alla regola (la funzione “Passport” permette di conoscersi in qualsiasi luogo del mondo) e chi ha installato sistemi di video chiamata.

Abbiamo parlato di questo con Marvi Santamaria, esperta di dating app, fondatrice della community online Match and the City e autrice del libro “Tinder and the City“.

Cosa sta succedendo nel mondo delle dating app? È una evoluzione legata necessariamente alla pandemia o il diffondersi di dating app e incontri virtuali era comunque già scritto?

«Credo che nell’ultimo anno la pandemia abbia giocato un ruolo decisivo. Sia nel dividere coppie già esistenti che per via dei vari DPCM non potevano ricongiungersi, sia coppie che magari si erano nel frattempo formate tramite le dating app.

Se parliamo invece di incontri virtuali intesi come “rapporti a distanza”, allora sì, le dating app hanno dato una accelerata, creando un fenomeno a cui poi è stato dato anche un nome, ovvero “Virtual Dating”: gli appuntamenti al buio in tempo di pandemia hanno cominciato a tenersi anche in videochiamata, sia tramite piattaforme esterne che con funzionalità che alcune dating app hanno implementato velocemente per stare al passo con l’evoluzione del contesto sociale.

Gli utenti apprezzano gli appuntamenti virtuali per diversi vantaggi: mettono meno “ansia da prestazione” come invece accade spesso dal vivo, banalmente non bisogna pensare troppo a come vestirsi e a quanto pare danno l’impressione di poter conoscere più a fondo l’altra persona perchè ci si prende più tempo per frequentarsi prima di incontrarsi.»

Se conoscersi e frequentarsi diventa una “pratica virtuale”, credi sia possibile stilare una “mappa generazionale” per districarsi tra le varie dating app?

«Senza dubbio esistono dating app o piattaforme che attirano target diversi di età, ma di fatto le dating app sono trasversalmente usate dai 18 ai 60+ anni. I target d’età più attivi sono Generazione Z e Millennials.

Tra l’altro la possibilità di filtrare a monte in base all’età – una funzione che è tra le prime a essere impostata nell’app, assieme alla distanza chilometrica – aiuta a profilare la ricerca sulla base delle fasce d’età che più interessano.

Di fatto accade anche che le app, a seconda di come sono disegnate, creino un po’ anche il loro pubblico, quindi ad esempio piattaforme più “old style” a livello di grafica e funzionalità attirano persone meno digitalizzate, che solitamente sono anche persone meno giovani (ovviamente questa è una generalizzazione), mentre app che funzionano diversamente, più complesse, ad esempio OkCupid che contiene un test di profilazione lungo e approfondito tutto in inglese, attira utenti di un certo tipo e viene scartata da altri.»

Insomma, le dating app hanno fortemente favorito il “virtual dating”: se gli incontri sociali nel mondo reale sono attualmente ridotti al minimo, becchiamoci online!

App per incontri: siamo diventati più esigenti

La pandemia cova dinamiche sociali ben più complesse di un semplice appuntamento virtuale. La crescita degli utenti che frequentano le dating app è anche diretta conseguenza di relazioni concluse proprio a causa della convivenza forzata di questi mesi. O, viceversa, di una lontananza obbligata insostenibile.

La crescita del tempo medio di permanenza su Tinder, Badoo, Bumble & Co. può essere associata al fatto che gli utenti a casa hanno più tempo per scorrere il feed. Si accontentano di meno di un primo potenziale match e preferiscono esaminare a fondo ciò che offre la piattaforma.

Quindi è diventato difficile anche concretizzare l’appuntamento nel mondo reale? Durex ci ha fatto una vera e propria indagine demoscopica.

Gli italiani in quarantena hanno fatto meno sesso: è questo il primo, importante dato emerso dalla ricerca di marzo. Infatti, l’83% degli intervistati ha confessato un calo del desiderio e della pratica sessuale durante il periodo di lockdown. Solo il 23% che ha invece sostenuto di aver mantenuto un livello di attività sessuale quasi uguale al periodo pre-quarantena.

Dating-app-ricerca-Durex-lockdown

Anche una ricerca di Inner Circle, dating app mondiale, conferma lo stop agli incontri vis-à-vis, se non in contesti virtuali.

Tra le principali motivazioni espresse dagli intervistati, sono emerse: ansia, paura del contagio, generale stato di tristezza e/o presenza di situazioni di difficoltà emotive. Insieme a presenza di bambini in casa (nel caso di coppie consolidate), interruzione dei movimenti e obbligo di distanziamento sociale (nel caso invece di coppie appena nate, di persone che da poco avevano iniziato a frequentarsi, o di single alla ricerca di relazioni).

Dating-app-ricerca-Inner Circle

 

Scenario sicuramente molto diverso per quanto riguarda i partner conviventi. Solamente nel 65% dei casi hanno visto ridurre la propria attività sessuale. In questo caso, però, il calo si è verificato in seguito ad una progressiva diminuzione del desiderio sessuale, come dichiarato dal 62% degli intervistati.

LEGGI ANCHE: Le dating app sono davvero libere come pensiamo?

Giovani e donne molto più intraprendenti dei maschi

Secondo il servizio di incontri Match Group – il cui portafoglio include più di 45 tra app, siti web e piattaforme come Tinder, Match.com, OkCupid e Hinge – la crescita nell’utilizzo delle dating app a livello globale si è registrata in tutti i gruppi demografici. Sia per gli utenti più giovani che per le donne, i livelli di utilizzo sono rimasti sopra quelli stabiliti in fase pre-Covid.

Maschi più fifoni? Per quanto riguarda gli uomini adulti, la diffusione delle app per appuntamenti aveva addirittura subito una regressione nei primi mesi pandemici. Salvo poi recuperare nei mesi successivi e attestarsi ben oltre i livelli pre-pandemici.

Il numero medio di abbonati a Match.com è cresciuto dell’11% raggiungendo 10,1 milioni, rispetto ai 9,1 milioni dell’anno scorso, secondo i risultati del secondo trimestre 2020 dell’azienda.

Qual è la direzione?

Non si può dire con certezza. In un momento così complesso dal punto di vista sociale, sulle dating app non è possibile fare previsioni certe e a lungo termine. Il mito delle applicazioni digitali come fonte di sesso occasionale continua a rimanere tale. La diffusione del Covid-19 ha amplificato le responsabilità del singolo individuo sui rischi legati a incontri e appuntamenti al buio.

Tuttavia, il distanziamento sociale ci ha dunque trasformati in daters digitali con tanta voglia di creare favole d’amore fantastiche e virtuali. Ciò potrebbe dare vita a un nuovo modo di vivere le relazioni sentimentali . E la Z Gen si è già attrezzata: oggi gli under 25 oggi si danno appuntamento su Animal Crossing!

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Otter, RescueTime e Hashtagify, i digital tool della settimana

Possedere competenze trasversali è un’arma vincente nella vita d’ufficio ma anche in smart working. Semplificare le attività può farti risparmiare molto tempo da dedicare ai task assegnati, permettendoti di vivere la giornata lavorativa con più tranquillità.

Nella selezione di digital tool di questa settimana, troviamo strumenti utili per l’analisi SEO, per la ricerca degli hashtag e per la trascrizione testuale delle call audio.

Non perdere tempo!

RescueTime ti permette di monitorare le tue attività online. In questo modo, potrai facilmente capire perché, anche questa vota, non sei riuscito a rispettare la deadline del tuo capo. Attraverso report molto dettagliati ti fornirà gli strumenti e i dati che ti servono per diventare più produttivo.

Tutta questione di hashtag

Per promuovere un contenuto sui social le parole chiave sono fondamentali. Con Hashtagify puoi trovare gli hashtag più rilevanti per il tuo marchio e gli argomenti di tendenza su Twitter e Instagram, seguendo in modo più efficiente gli hype e costruendo relazioni gratificanti con il pubblico.

SEO tuning

keyword tool

Creare contenuti rilevanti per gli utenti non è solo questione di ispirazione o di strategia, ma anche di parole chiave. Utilizzando il completamento automatico di Google, KeywordTool ti permette di vedere in un clic i trend delle parole che utilizzi (o vuoi utilizzare) per la tua SEO, suggerendoti long-tail interessanti su qualsiasi argomento. Anche in italiano.

Non perdere neanche una virgola

otter

Prendere appunti durante le call in lingua inglese può essere davvero complicato. Ora però puoi far riposare il polso. Otter.ai è un’estensione di Chrome che trascrive al tuo posto le chiamate di Google Meet in tempo reale, per tutti i partecipanti. Un modo semplice per rivedere ciò che si è detto e fare il punto sui contenuti senza dover prendere furiosamente appunti per tutto il tempo.

A portata di codice

Generare i tuoi codici QR è un’operazione molto semplice grazie a Kaiwa. Con questo semplicissimo tool, sarà sufficiente inserire il link o il contatto a cui si intende indirizzare l’utente che inquadra il codice per ricevere e scaricare l’immagine in formato .jpeg o .png.

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Se hai trovato utili questi tool, attiva la prova gratuita di Ninja PRO Information. Riceverai ogni giorno le news sempre aggiornate (anche in versione audio), insight, analisi degli esperti e i nostri consigli sui migliori strumenti.

San Valentino su Clubhouse? Commenta con noi le campagne più romantiche di sempre

Siamo approdati già da un po’ sul social più chiacchierato del momento: Clubhouse, basato interamente sulla voce, non ha più bisogno di presentazioni. Domani sarà il giorno più romantico dell’anno, San Valentino: un tripudio di fiori, cioccolatini e romanticismo.

Mettendo insieme queste due cose, abbiamo deciso di fare una special edition della nostra ClubHouse Room per analizzare insieme a voi le più belle campagne di marketing dedicate alla festa degli innamorati. Il 14 febbraio infatti è un momento atteso non solo dagli innamorati ma anche dai brand di tutto il mondo che celebrano l’amore e provano a conquistare il pubblico con campagne speciali a tema.

Che siate da soli o con la vostra dolce metà, vi aspettiamo per un aperitivo digitale di mezz’ora dalle 18 in poi in nostra compagnia. Saranno con noi degli ospiti d’eccezione dal marketing team di Birra Peroni: Marina Manfredi (marketing manager Peroni), Camilla Cicerchia (brand manager Peroni), Eleonora Letizia (brand manager Peroni) e Andrea Fusco Head of Social Wavemaker.

L’appuntamento per la room “Ninja Marketing: San Valentino Edition ❤️  by Birra Peroni ?  ” è per domenica 14 febbraio dalle ore 18.00 alle 18.30. 

<<Partecipa alla room “Ninja Marketing: San Valentino Edition ❤️  by Birra Peroni ?”  e commenta con noi le campagne di marketing più romantiche di sempre >>

Ecco qualche anticipazione per gli utenti Android che, ahimé, non potranno partecipare (speriamo tra poco potrete essere dei nostri!) e per arrivare preparati alle campagne che commenteremo durante la diretta:

Google, Parisian Love

Iniziamo con una bellissima campagna del 2010: una storia d’amore raccontata attraverso le ricerche su Google. Parisian Love è stata presentata al Super Bowl ben undici anni fa. La storia emozionante è stata vista oltre 8.2 milioni di volte su YouTube.

LEGGI ANCHE: La pandemia guida la crescita dell’eCommerce anche a San Valentino

Una birra su Tinder

Secondo il Love Index di Mastercard, il 19% degli italiani si è iscritto a siti di app e incontri nel corso del 2020. Oltre 10 milioni di Italiani si incontrano, si cercano e si trovano su Tinder la popolare app di dating online. E Peroni per il suo 175° anniversario approda su Tinder per… non vi sveliamo altro, ve lo racconteremo in diretta insieme al marketing team dell’azienda.

Peroni x sempre

Il kamasutra montabile di Ikea

Umorismo nordeuropeo, semplice e d’effetto, IKEA raffigura il kamasutra con uno dei suoi più famosi prodotti: una coppia di sedie BORJE in una posizione piuttosto esplicita. 

San valentino ikea

E il resto? Scopritelo insieme a noi

Pronti ad un bellissimo viaggio nell’Amore?

<<TI ASPETTIAMO SU CLUBHOUSE, SALVA L’EVENTO SUL TUO CALENDARIO!>>

Le sfide legali a cui le aziende devono prepararsi nel 2021

L’ambito digitale è caratterizzato da continui aggiornamenti normativi. Il 2021 confermerà l’esigenza delle imprese che operano online di adeguarsi a un contesto legislativo in continuo fermento.

Questo articolo vuole illustrare i principali contesti nei quali per il 2021 l’ambito legale impatterà maggiormente sulle aziende.

Tutela dei dati personali

sfide legali 2021

Nel 2018 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 679/2018 in materia di protezione dei dati personali delle persone fisiche (il c.d. “GDPR”). Da allora, gli utenti hanno preso sempre più coscienza dell’importanza di tutelare la propria privacy.

Infatti, la maggior parte delle esperienze di acquisto online coinvolge il trattamento di dati personali. In tal senso, si considerino i dati che vengono conferiti a un sito e-commerce in occasione di un acquisto (es.: generalità, e-mail, indirizzo di residenza, dati di pagamento, etc.).

Per questo motivo, anche per il 2021 sarà molto importante strutturare il business digitale in modo da rassicurare gli utenti sul rispetto degli obblighi di legge in tema privacy. Il requisito imprescindibile da rispettare è quello di redigere e aggiornare una privacy policy a norma.

Infatti, è proprio questo il documento che informa gli utenti in merito al trattamento dei loro dati personali.

Una privacy policy a norma migliora il rapporto con gli utenti perché aumenta il loro grado di fiducia. Inoltre, evita le pesanti sanzioni del Garante Privacy (le quali, dopo l’entrata in vigore del GDPR, possono arrivare anche a 20 milioni di euro).

LEGGI ANCHE: La più grande sfida del web consumer (e come la cripto economia è pronta a risolverla)

Regolamento ePrivacy

Il GDPR, sebbene abbia rappresentato una importante novità in ambito privacy, non disciplina in modo specifico la tutela dei dati personali in ambito digitale.

Questa funzione sarà assolta da un altro Regolamento europeo, il c.d. “Regolamento ePrivacy”.

La pubblicazione di questo Regolamento è prevista proprio per il 2021 e toccherà temi importanti su:

  • obblighi anti-spam. Nuove regole nelle attività di direct marketing;
  • cookie e altre tecnologie di tracciamento. Obbligo del consenso per installare cookie di profilazione, con limitate eccezioni (es.: cookie di profilazione ad uso puramente statistico);
  • segretezza delle comunicazioni. Il principio base sarà di prevedere limitazioni per l’uso dei metadati, salvo eccezioni (es.: per uso di fatturazione oppure per prevenire o contrastare reati).

Il Regolamento è ancora oggetto di discussione presso il Consiglio Europeo ed è molto difficile prevedere il contenuto finale (negli ultimi 2 anni si sono avvicendate numerose bozze, molto diverse tra loro).

È certo però che le aziende digitali dovranno essere pronte ad adeguarsi alle nuove sfide poste dal Regolamento, una volta che sarà pubblicato e diventato efficace.

Sfide legali per il 2021: la tutela del marchio

sfide legali per le aziende

L’emergenza dettata dal Covid-19 ha spinto molte aziende ad estendere il loro business nel mondo online. Ciò sta causando una sempre maggiore esposizione di marchi nel medesimo contesto, quello online.

Nell’ambito offline è accettabile (anche dal punto di vista legale) che l’insegna di un negozio collocato in una determinata città (es. Milano) sia identica rispetto a quella di un negozio che vende in un diverso contesto (es. Roma).

La clientela è infatti diversa e non v’è rischio di confusione tra i marchi delle rispettive aziende. Tutto ciò è inconciliabile nel mondo digitale, dove il business di un’impresa è indirizzato a una moltitudine di utenti.

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Pertanto, il rischio è quello di vedere il proprio marchio copiato da altre aziende (magari competitor) che hanno deciso anch’esse di vendere online.

La sfida legale per le imprese che hanno deciso o vogliono approcciare il contesto digitale è quello di procedere alla registrazione del proprio marchio. In questo modo, infatti, si tutela un importante asset aziendale, che assumerà sempre più valore nel corso del tempo.

Per le startup che vogliono creare un logo figurativo, in particolare, è molto importante procedere alla c.d. “ricerca di anteriorità”. Lo scopo è quello di verificare l’assenza di marchi già registrati e uguali o simili a quello che si intende utilizzare online. Solo se la ricerca avrà avuto esito positivo, si potrà procedere alla registrazione del logo.

L’importanza della specializzazione legale

Come abbiamo visto, le sfide legali alle quali devono prepararsi le aziende nel 2021 sono diverse e numerose. È molto importante quindi affidarsi a un team di legali con un focus specifico nel digitale.

Solo in questo modo è possibile proteggere il business da sanzioni delle Autorità o reclami degli utenti.

Apprendere nuove skill

Perché non è mai troppo tardi per apprendere nuove skill e migliorarsi

  • Possiamo davvero apprendere nuove skill anche se siamo sommersi da impegni quotidiani e lavoro? Per fortuna sì e non è mai troppo tardi per acquisire nuove abilità
  • Alcuni studi dimostrano che per imparare nuove cose dobbiamo approcciarci a un apprendimento più ampio e non settorializzato

Ognuno di noi porta dentro di sé un piccolo rimpianto, un qualcosa che avrebbe voluto imparare da anni ma non ha mai avuto tempo per farlo. In realtà non è stato solo il tempo il nostro ostacolo più grande, ma la paura di fallire. Succede che teniamo così tanto a qualcosa, che sia il nostro sogno nel cassetto o un semplice hobby, che lo idealizziamo e non ci proviamo nemmeno. Più passa il tempo, più il rimpianto cresce e più ci convinciamo che le nostre chance per imparare una nuova competenza siano pari a zero.

Esiste davvero un tempo limite per apprendere nuove skill? Per fortuna no, ma dobbiamo capirlo e soprattutto esserne convinti. 

Certo, probabilmente sarà difficile diventare una rockstar famosa in età avanzata, ma nulla ci vieterà d’imparare a suonare uno strumento musicale per il semplice desiderio di farlo e senza stress.

Perché siamo bloccati nell’apprendere nuove skill

Quando parliamo d’imparare nuove skill non stiamo parlando di abilità legate principalmente al nostro lavoro. Chi ama la propria professione, trovandola intellettualmente e creativamente appagante, cercherà di apprendere abilità inerenti a essa e risulterà anche semplice e stimolante farlo. 

Ma se invece dovessimo dedicarci ad apprendere nuove skill in cui non siamo abbastanza bravi? Una volta entrati nel mondo del lavoro e avviata la nostra carriera, non veniamo più considerati dei principianti, ma man mano che acquisiamo le competenze necessarie, ci sentiamo più sicuri di noi stessi. Imparare cose nuove significa anche tornare a essere dei dilettanti in un dato ambito, e questa cosa non ci piace per niente.

La paura di fallire, la sensazione di non essere all’altezza e sentirsi, di nuovo, degli esordienti, fanno parte di un mix di fattori che ci bloccano e non proseguiamo con la lista di cose nuove da imparare. Se poi riusciamo ad andare oltre questa iniziale riluttanza, ci sentiremo in colpa perché stiamo togliendo tempo ad altre attività che sono utili e sappiamo già fare. Purtroppo viviamo in una società in cui l’utile e il pratico viene prima del piacere in sé di fare qualcosa per curiosità e passione.

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Ma come facciamo a liberarci da questa ansia da prestazione e abbandonare il perfezionismo nocivo? Provando a imparare cose nuove e rivalutando le parole, come il termine “dilettante“.

Il perfezionismo ostacola la mente e l’apprendimento

La parola “dilettante” deriva dall’italiano “deliziare”. Nel XVIII secolo, un gruppo di aristocratici inglesi lo rese popolare fondando la Società dei Dilettanti per intraprendere un tour del continente, promuovere l’arte della conversazione, collezionare opere artistiche e sovvenzionare spedizioni archeologiche.

Federico II di Prussia era in disaccordo con i dilettanti definendoli “amanti delle arti e delle scienze che le capiscono solo superficialmente ma che comunque sono classificati in una classe superiore rispetto a coloro che ne sono totalmente ignoranti”. Parliamo di persone facoltose e con una gran quantità di tempo a disposizione. Il termine, in seguito, ha assunto un’accezione diversa, negativa, così come noi la conosciamo.

E se provassimo a considerare il dilettantismo come a un sostegno all’apprendimento e non a scopo di remunerazione o avanzamento di carriera? Un qualcosa di positivo e soddisfacente per la nostra mente. Potrebbe essere una buona base da cui partire, un antidoto al perfezionismo auto imposto che è cresciuto costantemente negli ultimi tre decenni ed è molto diffuso soprattutto tra i più giovani e gli studenti universitari. 

Il perfezionismo fa male alla salute?

Thomas Curran e Andrew P. Hill, promotori di uno studio del 2019 sul perfezionismo tra studenti universitari americani, britannici e canadesi, hanno sottolineato che i giovani nutrono ideali irrazionali, e che questi si manifestano in aspettative irrealistiche per il mondo accademico e professionale. Sono combattuti su come avere successo e su come dovrebbero apparire e cosa dovrebbero possedere. Queste ragazze e ragazzi sono preoccupati dell’opinione che gli altri potrebbero avere di loro, hanno paura di essere giudicati duramente per i loro difetti percepiti. E tutto ciò, continuano i ricercatori, non fa per niente bene alla salute mentale.

Essere disposti a puntare su qualcosa in cui magari siamo mediocri ma che ci piace e ci appassiona, senza inseguire un ideale di perfezione, sembra essere diventato ormai un atto di resistenza e rivoluzione.

Ma imparare nuove abilità è davvero così complicato?

Rich Karlgaard nel suo rassicurante libro “Late Bloomers: The Hidden Strengths of Learning and Succeeding at Your Own Ritmo”, afferma che il cervello forma reti neurali e capacità di riconoscimento che non si hanno in un’età più giovanile, quando invece la potenza sinaptica è fulminante. 

L’intelligenza fluida, che racchiude la capacità di scoprire nuove sfide e pensare con le proprie forze, favorisce i più giovani. Ma l’intelligenza cristallizzata, ossia la capacità di attingere al proprio bagaglio accumulato di conoscenza e competenza, si arricchisce spesso con l’avanzare dell’età.

Inoltre, alcuni particolari abilità cognitive aumentano e diminuiscono a ritmi diversi nel corso della vita, come Joshua K.Hartshorne, professore di psicologia al Boston College, e Laura T. Germine, professoressa di psichiatria presso Harvard Medical School, spiegano in un articolo sull’argomento.

La velocità di elaborazione raggiunge i picchi nella tarda adolescenza, la memoria a breve termine riguardo ai nomi intorno ai ventidue anni, la memoria a breve termine per i volti intorno ai trent’anni, il vocabolario intorno ai cinquanta e in alcuni studi, anche intorno ai sessantacinque, mentre la comprensione sociale, compresa la capacità di riconoscere e interpretare le emozioni altrui, sale intorno ai quarant’anni e tende a rimanere alta.

Cosa significa tutto questo? Non esiste un’età in cui apprendiamo meglio perché le abilità cognitive non si sviluppano al massimo nello stesso periodo.

Non esistono limiti d’età per imparare

Questo spiega perché ci sono persone che possono fiorire in modo spettacolare quando sono già adulte. Sono molti i casi nel campo della letteratura, dove una ricca esperienza di vita può essere una vera e propria risorsa per gli scrittori. 

Annie Proulx ha pubblicato il suo primo romanzo all’età di 56 anni, Raymond Chandler a 51. Frank McCourt, che era stato un insegnante di liceo a New York per gran parte della sua vita, pubblicò il suo primo libro, vincitore del Premio Pulitzer,Angela’s Ashes”, a 66 anni. Edith Wharton, che era stata una matrona della società incline alla nevrastenia e intrappolata nella gabbia dorata di un matrimonio, non produsse romanzi fino all’età di 41 anni. La narrativa editoriale l’ha risvegliata da quello che lei stessa ha descritto come una specie di torpore. “Mi ero fatta strada fino alla mia vocazione“, sentenziò.

Nella scienza e nella tecnologia, spesso pensiamo alle persone che fanno scoperte precoci come dei veri geni. Einstein una volta disse che “una persona che non ha dato il suo grande contributo alla scienza prima dei trent’anni non lo farà mai“. 

Invece, secondo uno studio del 2014 per il “National Bureau of Economic Research”, l’età media in cui le persone apportano un contributo significativo alla scienza è aumentata durante il ventesimo secolo, per i fisici accade non prima dei 48 anni.

Un articolo del 2016 su “Scienceche” ha scoperto che il lavoro di maggiore impatto nella carriera di uno scienziato è distribuito casualmente all’interno della sua vita lavorativa. Potrebbe essere la prima pubblicazione, accadere a metà carriera o potrebbe essere la sua ultima ricerca. L’età è sempre stata solo un numero.

Apprendere nuove skill allena il cervello mantenendolo giovane

Abbiamo sempre pensato che, con l’avanzare dell’età, il nostro cervello non funzionerà più come prima e non avremo più l’elasticità mentale di un tempo. Ma non è detto che debba essere necessariamente così. 

La professoressa di psicologia dell’UCR, Rachel Wu, ha condotto delle ricerche davvero interessanti sull’apprendimento e su come possa influire sul nostro cervello, sostenendo che gli adulti possono combattere l’invecchiamento cognitivo imparando come i bambini.

La dottoressa Wu ha pubblicato questo studio sulla rivista “Human Development”, e afferma che un sano invecchiamento cognitivo è il risultato di strategie e abitudini di apprendimento che si sviluppano nel corso della nostra vita. Queste abitudini possono incoraggiare o scoraggiare lo sviluppo cognitivo.

Apprendimento ampio e apprendimento specializzato

Quando iniziamo a lavorare, passiamo da un tipo di apprendimento ampio (apprendere molte abilità da piccoli) a un apprendimento specializzato (diventare un esperto in un’area specifica) e questo porta a un declino iniziale in alcuni ambiti che non fanno parte della nostra sfera d’interesse. 

Se gli adulti continuassero ad apprendere in modo ampio come i bambini, potrebbero riscontrare un aumento della loro salute cognitiva e non il declino naturale che ci aspettiamo. Ridefinendo l’invecchiamento cognitivo, si apre la porta a nuove tattiche che potrebbero migliorare notevolmente la salute cognitiva e la qualità della vita.

Le caratteristiche dell’apprendimento ampio

Cosa intendiamo per apprendimento ampio?

La dottoressa Wu e i suoi collaboratori hanno definito l’apprendimento ampio come insieme di questi 6 fattori:

  • Apprendimento aperto e guidato dagli input (apprendimento di nuovi modelli, nuove abilità, esplorazione al di fuori della propria comfort zone)
  • Imparare stando a contatto con insegnanti e tutor che guidano l’apprendimento
  • Mentalità di crescita, ossia la convinzione che le abilità si sviluppano con lo sforzo
  • Ambiente indulgente, dove siamo autorizzati a commettere errori e persino a fallire, senza essere per forza stigmatizzati
  • Impegno serio per l’apprendimento (imparare a padroneggiare le abilità essenziali e perseverare nonostante le battute d’arresto)
  • Imparare più abilità contemporaneamente.

I ricercatori spiegano che l’impegno intellettuale attraverso questi sei fattori diminuisce dall’infanzia all’età adulta, quando appunto si passa da “ampio apprendimento” a “specializzazione”.

Le caratteristiche dell’apprendimento specializzato

Cosa si intende invece per apprendimento specializzato?

  • Apprendimento basato sulla conoscenza con una mentalità chiusa, preferendo routine familiari e stagnando nella propria comfort zone
  • Non interfacciarsi con insegnanti o persone che possono essere una guida sull’apprendere nuove skill
  • Vivere in un ambiente spietato e subire conseguenze pesanti per errori o fallimenti, come il poter essere licenziato
  • Avere una mentalità fissa, ed essere convinti che le abilità siano un talento innato, invece d’impegnarsi ad apprendere nuove skill con lo sforzo
  • Poco impegno per l’apprendimento, gli adulti in genere imparano un hobby per un paio di mesi, ma poi lo abbandonano a causa di vincoli di tempo o perché troppo difficile da portare avanti
  • Imparare un’abilità alla volta.

Apprendere nuove skill per vivere meglio

Apprendere nuove skill non deve essere visto solo come un vantaggio professionale ma come un arricchimento personale. Possiamo imparare nuove abilità a qualsiasi età. Ci vuole solo tempo e dedizione. Siamo spesso proprio noi a limitarci nell’apprendimento, lo rendiamo difficile e a volte non lo accettiamo per timore di metterci in gioco, anche sulle cose più semplici.

Alcuni aspetti dell’invecchiamento cognitivo sembrano quasi autoimposti, sono le convinzioni che abbiamo che devono cambiare per poter andare avanti quando ci sentiamo bloccati sempre nello stesso punto. La crescita personale (e professionale) non ha scadenze. 

Digital 2021, esplodono eCommerce e podcast. Il report sui nuovi trend in Italia

Iperconnessi, con una fruizione sempre più immersiva delle piattaforme social. Esplodono l’eCommerce e l’audio. Mentre la voce sostituisce sempre più il testo nei device digitali per la capacità di creare intimità replicando la conversazione umana, le tecnologie diventano una componente sempre più importante della vita degli italiani, come delinea il report “Digital 2021” pubblicato da We Are Social in collaborazione  con Hootsuite, che mette in luce come i nuovi trend digital, influenzati dal lockdown e dall’emergenza Covid.

Se audio e gaming sono i settori super hot che creano maggior engagement, anche eCommerce, streaming, e social network conquistano l’audience: circa 50milioni di italiani utilizzano i digital device, di cui oltre 1 milione sono le persone che si sono connesse ad internet per la prima volta nel corso del 2020, con un incremento del 2,2% e un notevole aumento anche dell’età anagrafica dell’audience. Più considerevole è la crescita sul fronte delle piattaforme social: oltre 2 milioni di nuovi utenti (quasi +6%), che fa raggiungere quota 41 milioni.

50milioni di italiani iperconnessi- Fonte Digital Report 2021

Il 97% utilizza gli smartphone per connettersi, mentre 3 persone su 4 il computer desktop o laptop. Cresce anche il possesso delle console, pur in un anno in cui sono state rilasciate le prime (poche, per ora) next gen, e quasi raddoppia la penetrazione nelle case degli italiani di device per la smart home, favorita dal maggior tempo a disposizione per esplorare le nuove tecnologie. Italiani connessi per oltre 6 ore al giorno ad internet e quasi 2 ore sui social (il 98% da dispositivi mobili).

I nuovi sbocchi creativi del podcast

Il dato più rilevante riguarda la fruizione dei tools dedicati ai contenuti audio (una persona su 4 ascolta regolarmente podcast), ma il daily time trascorso sui media interessa anche il gaming (oltre 4 persone su 5 giocano, a prescindere dai device preferiti). Il podcast è il reale fenomeno in crescita, con un ascolto medio quotidiano di circa 30 minuti. Migliorano anche le connessione grazie ad avanzamenti infrastrutturali, con incrementi nelle velocità medie che consentono la fruizione di contenuti performanti e streaming di alta qualità, di cui video per il 92%, radio 30,4% e podcast per il 25%: dato in aumento quest’ultimo, corrispondente ad 1 utente su 5, disposti ad investire risorse finanziarie per acquistare prodotti premium.

branded podcast

La classifica dei social network: Telegram per la prima volta nel ranking

41milioni di utenti connessi alle piattaforme social, più 2,2milioni rispetto all’anno precedente. Un pubblico più partecipativo, con un uso del 31% per lavoro. Nel ranking delle piattaforme più utilizzate, domina la leadership degli ecosistemi Facebook e Google: YouTube e WhatsApp ai primi posti (85.3%), con a seguire Facebook (80.4%), Instagram (67%), Messanger (55.9%), Twitter (32.8), e ancora Tik Tok, Twitch, Snapchat. Per la prima volta in classifica anche Telegram, favorita dalla protezione della privacy percepita come valore aggiunto in un uso social divenuto sempre più consapevole (social media oriented) e per la possibilità di canali per la costruzione della community. Evoluzione anche per TikTok, con un’audience più ampia costituita non solo da teen agers, per la caratteristica di dare rilevanza ed ambizione ai creator.

limiti dei social

Lo scenario: i social media strumento di trasformazione della realtà

Cambiano le tendenze di comportamento degli utenti, più inclini al dialogo sulle piattaforme social, con un salto dall’81% del 2020 all’85% di quest’anno. Si evolve il ruolo del social media, che diventa strumento di trasformazione della realtà. Un uso diverso dei social, da strumento di organizzazione per la Primavera Araba del 2010 a veicolo di racconto e narrazione per il movimento del Black Live Matters del 2020. Dopo aver sovvertito le leggi scritte della finanza e dell’economia, la comunicazione branded oggi deve trasferire idee, comunicare un punto di vista concreto e una presa di posizione, trasmettendo i propri valori. Le idee forti hanno bisogno di scendere in profondità: 3 persone su 5, infatti, si dichiarano disposte a pagare per aprirsi a scenari nuovi. I brand dovranno interpretare la realtà, realizzando contenuti esclusivi.

Audio first ed audio only: interazione e contenuti premium

L’interazione digital si rivolge sempre di più ad un’interfaccia audio-first oppure audio only. Il 37% degli utenti utilizza comandi di ricerca vocale, mentre 1 persona su 7 utilizza smart home (Alexa, Siri o altri hub che interagiscono con altri device). Cresce la fruizione audio, non solo associata ai video (92,6%), ma soprattutto ai progetti editoriali creativi che amplificano la funzione immaginativa, non più passiva, su piattaforme che fanno del dialogo un’esperienza, come la recente introduzione in Italia di Clubhouse, con una dinamica di ingresso ad invito, di cui si intravedono già i primi cloni a cura di altre applicazioni.

Interazione sociale e piattaforme voce anche per i gamers, come Twitch, per “giocare parlando”, con spazi misti di chat e forum.

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gaming 5G

Il Gaming

Da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa: 4 persone su 5 giocano attualmente (81,3%), sebbene il gaming sia ancora un elemento polarizzzante che suscita pregiudizio, ma allo stesso tempo amplifica l’immaginazione. Gaming che, per sua natura, è uno strumento espandibile, modulabile, aperto alla serialità ed è proprio nel live streaming del gioco che possono inserirsi i brand per l’advertising, con la creazione di avatar per l’identità digitale o con outfit digitali per il settore fashion ad esempio.

eCommerce, cresce l’età anagrafica degli utenti

Il segmento +55 rappresenta il 20% dell’audience totale, dimostrando il potere di penetrazione di internet anche tra le fasce meno giovani, anche nel settore dell’eCommerce, che cresce in Italia dell’86.5% nel 2020, influenzato dal lockdown. Circa 33milioni di euro spesi in transazioni online, con una percentuale di crescita del 24% in consumer goods. I principali acquirenti sono gli utenti tra i 55 e i 64 anni (78% del totale).

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e-commerce

Le piattaforme social nei processi di acquisto e il “social commerce”

Se l’eCommerce è il protagonista del 2020 insieme all’audio, i social dovranno assolvere alla funzione di ispirazione: vere e proprie vetrine online per spingere all’acquisto critico, all’acquisition, sempre più parte di un ecosistema. Come si può essere rilevanti per ispirare le persone? Efficacia dei contenuti, ma anche introdurre nuovi format-vetrina con la previsione di call-to-action, da aggiungere ai rilevanti elementi di socialità derivanti dall’interazione con gli altri, siano siti di consumer reviews, piattaforme social vere e proprie, servizi di Q&A o forum. Il futuro? Completare l’esperienza in piattaforma, immaginando in prospettiva un “social commerce” veloce e sicuro.

bitcoin cripto economia

La più grande sfida del web consumer (e come la cripto economia è pronta a risolverla)

C’è del marcio sul web, parafrasando la celeberrima frase di Amleto del grande William Shakespeare. Per capire quello che non va non bisogna essere degli analisti competenti, ma è sufficiente la comune esperienza di navigatore. Clickbait, pubblicità che appaiono ovunque e limitano la leggibilità di un contenuto sono solo i sintomi di una malattia più grande, l’oligarchia della Rete con pochi player che hanno nelle mani un potere infinito sulle nostre vite.

Eppure, esistono modelli alternativi: la decentralizzazione non è solo un argomento per utopisti che chiacchierano sull’open source, e neanche pane per i nostalgici che ricordano la rete aperta, così come è nata, negli anni Ottanta.

L’economia delle criptovalute ha già dimostrato che un altro futuro per Internet è possibile. E mentre noi continuiamo a essere schiavi di Google, Amazon, Facebook e Apple – le cosiddette GAFA – si sviluppano delle alternative sulle quali sarebbe giusto volgere il nostro sguardo.

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Perché a volte il web ci dà la nausea?

Sono due i motivi principali che a volte ci fanno “odiare” Internet, che sono ben individuati da Justin Mart nel blog di Coinbase. Il primo fastidio, quello del quale abbiamo accennato all’inizio, è quello che avvertiamo di fronte alle ads che ci seguono ovunque, ai titoli fake degli articoli solo per un pugno di click in più, fino ai cookie che catturano i nostri dati personali, e nasce da una radice: il modello di business che domina oggi la Rete, basato appunto sul Far West dell’advertising.

L’altro fastidio, invece, è più soffocante e prende alla gola soprattutto gli amanti della libertà: le piattaforme centralizzate che hanno schiacciato con le loro logiche monopolistiche il modello di comunità aperte con cui è nata la Rete. Piattaforme sulle quali aziende e persone sono ormai obbligate a starci per vendere, conoscere gente, trovare un lavoro, innamorarsi e perfino per sperare di fare sesso. Queste aziende hanno le loro logiche e , quel che è peggio, possono cambiarle in corso d’opera come e quando vogliono, senza chiederti il permesso.

Qual è il risultato di tutto questo? Nausea appunto. Un rapporto di odio-amore con la Rete, che è la nostra più grande opportunità, ma allo stesso tempo la nostra più grande gabbia. E se cercassimo delle vie di fuga?

Due foto per capire la storia di Internet

Non è stato sempre così. Ci siamo così assuefatti alle piattaforme centralizzate che abbiamo dimenticato che c’è un’alternativa, c’è sempre stata. E anzi, è proprio questa alternativa ad aver dato vita alla Rete. Ripercorrendo, velocemente, la storia del web possiamo scattare due fotografie.

La prima è dagli anni Ottanta al 2000 quando i servizi internet erano progettati e poi realizzati su protocolli aperti, da community di sviluppatori, spesso senza scopo di lucro. Da protocolli aperti sono nate poi quelle realtà, come Yahoo prima, Google, Amazon, Facebook, Linkedin e Youtube poi, che hanno inaugurato la seconda epoca di Internet.

mark zuckerberg - cripto economia

Queste aziende hanno costruito dei modelli che hanno superato i protocolli aperti e sono diventate predominanti. Hanno centralizzato alcuni servizi, dall’accesso a Internet alle app, al mondo del commercio elettronico, imbrigliando gli utenti all’interno dei loro sistemi.

Come ogni fenomeno storico, anche questo va valutato nei suoi pro e contro. Come pro, di sicuro c’è che hanno realizzato delle tecnologie che ci hanno cambiato la vita (alcune anche in meglio). Mentre di contro, hanno reso la strada impossibile per quei gruppi di sviluppatori o imprenditori indipendenti che sognano di costruire un’alternativa. Questi ultimi possono ancora farlo oggi, ma sudando molto, e devono, in ogni caso, attenersi alle regole stabilite dalle piattaforme centralizzate.

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Fuga per la vittoria (con la cripto economia)

Ora che anche tu senti addosso tutti “i fastidi” che il web centralizzato comporta, hai bisogno di una nota di speranza, quella che è racchiusa nella frase “decentralizzazione della Rete” (senti come suona bene). Un web decentralizzato sarebbe la panacea a questi due fastidi poiché:

  1. Scongiurerebbe il rischio della creazione di oligarchie di potere sulla Rete
  2. Riporterebbe i tuoi dati nelle uniche mani in cui dovrebbero stare: le tue!

Decentralizzare è tipico dell’economia delle criptovalute. Il modello alla base di Bitcoin e affini, è quello con cui sono nati i primi protocolli della Rete. Semplificando al massimo, gli sviluppatori che creano nuove tecnologie, come anche i manutentori o gli utenti che le utilizzano, ottengono degli incentivi che sono comunemente chiamati token.

Le loro reti sono decentralizzate nella misura in cui tutti possono partecipare al miglioramento, il codice di Bitcoin è open source, non esiste un ente centrale di controllo che decide vita, morte e miracoli degli altri utenti. E i partecipanti, gli utenti, possono abbandonare, vendendo i loro token, oppure modificare il codice, proponendo nuove versioni.

Il meccanismo degli incentivi, i token alla base del modello, spinge tutti i partecipanti a lavorare insieme poiché l’obiettivo comune è la crescita del token, che può aumentare la ricchezza di tutti gli attori.

Immagina per un attimo di trasferire questo meccanismo ad altri campi: ai servizi di storage, come il cloud, alla messaggistica, al payment fino alle assicurazioni.

Utopia? No, già esistono. Nello storage con servizi decentralizzati come IPFS Filecoin, Sia, Storj, Swarm, Textile, nel mondo della messaggistica (Whisper o Orchid), dei social network (Steemit, Relevant), per non parlare della finanza, dalla già citata Coinbase ai vari wallet, come il Blockchain Wallet, Ledger, Trezor ecc.

bitcoin cripto moneta

 La sfida: entrare nel cuore di imprenditori e sviluppatori

I servizi decentralizzati hanno tuttavia i loro limiti: attualmente sono poco scalabili e hanno ancora troppi pochi utenti dalla loro parte. Eppure possono vincere la sfida e per farlo devono riuscire a entrare, come è successo agli albori nella Rete, nei cuori di sviluppatori e imprenditori.

Poiché la battaglia tra decentralizzazione e centralizzazione della Rete alla fin fine si sintetizza in chi costruirà i servizi più sorprendenti per gli utenti.

E questo succede solo se hai i migliori sviluppatori e imprenditori che corrono sul tuo terreno di gioco.

Come utenti della Rete dobbiamo schierarci. Da una parte grandi piattaforme che decidono come ci informiamo, cosa compriamo, con chi usciamo, con chi lavoriamo, e dall’altra la democrazia con sistemi più aperti e trasparenti. Certo, la democrazia, come ci insegna la storia non è un sistema perfetto, ma citando Leibniz, “resta il migliore dei mondi possibili”.

Hootsuite - Social Trends 2021 -_EN

5 trend che domineranno i Social Media nel 2021 secondo Hootsuite

  • Il 73% dei marketers dichiara di avere come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 l’aumento nell’acquisizione di nuovi clienti attraverso i Social Media
  • Il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e che continuerá a farlo anche dopo la fine della pandemia
  • Il 60% dei Millennials e Generazione Z afferma di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia

 

“[…] Quando c’è l’oscurità, c’è anche la luce. C’è resilienza, innovazione e creatività e c’è sempre un percorso da seguire per tornare a crescere. Nel rapporto di quest’anno trovate nuove soluzioni a vecchi problemi. Storie vere di marchi leader in tutto il mondo. Il tutto supportato dalle intuizioni delle menti più brillanti del Marketing e dai dati del nostro più grande sondaggio finora. Spero che vi aiuti a trovare la strada da seguire.”

Inizia con queste parole – volutamente di speranza dopo l’anno appena concluso – scritte dal CEO Tom Keiser, il report Social Trend 2021 pubblicato recentemente da Hootsuite. 

Basato su un sondaggio condotto nel terzo trimestre del 2020 su 11.189 marketers, combinato con dozzine di interviste a esperti del settore e rapporti pubblicati da aziende come Deloitte, Edelman, eMarketer, GlobalWebIndex, etc, lo studio identifica cinque tendenze chiave nel mondo dei Social Media per il 2021.

Prima di tutto vediamo come, tra le piattaforme social più utilizzate, più della metà dei brand coinvolti nello studio (61%) conferma l’intenzione di aumentare il budget pubblicitario destinato a Instagram.

Quasi la metà pensa di fare lo stesso per Facebook, YouTube e LinkedIn, mentre possiamo notare come, nonostante il successo incredibile raggiunto da TikTok nel 2020, i brand non sono ancora convinti a puntare sulla piattaforma a livello di investimento pubblicitario.

Di fatto già nell’ultimo trimestre del 2020 la copertura pubblicitaria di Instagram è cresciuta del 7,1%. Non sorprende che i marketers preferiscano seguire il “percorso più sicuro” per investire i loro budget e raggiungere quindi risultati garantiti, piuttosto che sperimentare nuove strategie e piattaforme.

Dopo questa breve premessa, vediamo nel dettaglio quali sono i cinque social trend del 2021 identificati nel report di Hootsuite.

#1 La corsa al ROI

Il 2020 è stato un anno che ha scosso l’economia di tutti i Paesi a livello mondiale, e ovviamente ha avuto un impatto importante anche nel settore della pubblicità. 

I tagli al budget pubblicitario sono stati inevitabili e hanno messo i brand in grande difficoltà al momento di ripensare – quasi stravolgere – le loro strategie di marketing.

Secondo il sondaggio il 73% dei marketers vede come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 aumentare l’acquisizione di nuovi clienti, rispetto al 46% dello scorso anno, segnando un aumento del 58% su base annua.

Solo il 23% dei marketer ha parlato di “migliorare l’esperienza del cliente”, mentre l’utilizzo dei social per “acquisire informazioni sui clienti” è sceso al 15%, un errore preoccupante soprattutto in dopo un anno in cui il comportamento del consumatore è cambiato in modo radicale.

La corsa al ROI che segnerà le strategie di molti brand nel 2021 non sarà sufficiente. I marketers devono imparare a trarre vantaggio dagli strumenti a disposizione a livello social, per migliorare le esperienze online dei clienti.

Seguire questa strategia aiuta a differenziare i prodotti e servizi offerti dal brand da un numero infiniti di inserzionisti che cercano, disperatamente, di acquisire nuovi clienti in un momento di grande difficoltà economica dei consumatori.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Investire nelle campagne multicanale che tendono ad avere un ROI maggiore rispetto alle campagne single media. Infatti, secondo Analytic Partners, per ogni nuovo canale il ROI può migliorare fino a un 35%;
  • Puntare sullo shopping online migliorando il processo di acquisto per i clienti, rendendolo divertente ed interattivo, utilizzando Instagram Live o Pinterest come showroom virtuali;
  • Fidelizzare i clienti attraverso i canali social (Forrester prevede che la spesa per il loyalty marketing aumenterà del 30% nel 2021).

#2 Il silenzio è oro

Un’altra lezione che ci ha insegnato il 2020 è che gli utenti vogliono utilizzare i canali social per connettersi e parlare tra di loro, non con i Brand, soprattutto in tempi di distanziamento sociale.

Nei primi giorni di pandemia molti marchi hanno adottato un tono eccessivamente sentimentale nei loro contenuti, provocando un’ondata di campagne quasi indistinguibili che le persone hanno iniziato a deridere sui Social Media.

La verità è che per troppo tempo la maggior parte dei Brand ha condiviso contenuti che gli utenti non ritengono interessante, come affermato dal 68% delle persone intervistate.

Nel 2021 quindi la strategia vincente per i marketers sarà capire dove e quando inserirsi nelle conversazioni – e quindi nella vita – degli utenti sui Social Media, creando contenuti capaci di sfondare il muro dell’indifferenza.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Non ignorare le metriche sul consumo passivo di contenuti, perché i dati confermano che solo una piccola minoranza di utenti online commenta o condivide effettivamente i contenuti: la stragrande maggioranza di tutti i media online viene consumata passivamente;
  • Rafforzare i dati del Social Listening con dati da altre fonti, in quanto è molto difficile monitorare le conversazioni che avvengono per esempio tramite Instagram Stories, LinkedIn, TikTok o messaggi privati in generale, e questo può distorcere le informazioni che si ottengono;
  • Continuare a credere nel potere degli UGC per affiancare la produzione di contenuti di Brand, in quanto gli UGC sono economici e hanno il vantaggio di essere contenuti di cui le persone si fidano.

#3 La rivincita dei Baby Boomers

Il 2020 ha ribaltato lo scenario generazionale dei Social Media: l’aumento del tempo trascorso con online, la diffusione dei Live Streaming, dei giochi online e dei pagamenti mobile hanno prodotto nuove forme di alfabetizzazione digitale che si stanno trasformando in abitudini destinate a sopravvivere alla pandemia.

Vediamo come il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e il 37% prevede di continuare a farlo con più frequenza quando sarà finita la pandemia.

Storicamente, i marketer sono abituati a raggiungere i Baby Boomer attraverso la pubblicità televisiva tradizionale – che continua ad essere uno dei modi più efficaci per raggiungerli.

Ma vale la pena notare che negli ultimi 4 anni c’è stato un aumento del 66% di Baby Boomer che hanno scoperto nuovi marchi e prodotti tramite i Social Media – in particolare su Facebook – secondo i dati forniti da GlobalWebIndex.

I Brand non possono permettersi di trascurare le generazioni più anziane sui canali social nel 2021: utilizzando la segmentazione intelligente i marketers che includono i Baby Boomer nelle loro strategie digitali possono sfruttare questo crescente entusiasmo tecnologico.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Segmentare i Baby Boomer in base alle loro passioni o hobby, non semplicemente per età: costruire il target di riferimento su dati sociali che riflettono gli interessi porta a un aumento del 40% del ricordo dell’annuncio;
  • Lasciare da parte gli stereotipi generazionali in quanto l’ultima cosa che i Baby Boomer vogliono vedere sono le campagne pubblicitarie in cui sono raffigurati come “vecchi” che hanno difficoltà ad interagire con la tecnologia;
  • Usare le recensioni online per aumentare la fiducia e influenzare le decisioni di acquisto dei Boomers.

#4 Conosciamoci di più

I Brand sono convinti che raggiungere i consumatori digitalmente sia un gioco da ragazzi, visto che oltre 4 miliardi di persone sono presenti sui Social Media, e la crescita del 2020 ammonta a un 12%. Ma non è così facile.

Secondo un sondaggio condotto tra 2.162 marketers condotto in collaborazione con Altimeter, il 54% ha affermato di non essere sicuro che i propri follower sui Social Media siano clienti effettivamente più attivi rispetto a quelli con cui non interagiscono digitalmente.

Questo accade principalmente perché la maggior parte dei Community Managers non ha sempre ben chiaro se sta interagendo con un cliente acquisito, un nuovo lead, un ex dipendente o un troll.

Qual è il motivo che molte volte rende difficile ai marketers capire se stanno interagendo con il target corretto? La mancanza di integrazione dei dati derivati dai canali social. Secondo Hootsuite infatti solo il 10% degli addetti ai lavori conferma di possedere sistemi aziendali dedicati all’integrazione dei dati in sistemi aziendali come Adobe, Marketo o Salesforce.

Le previsioni per il 2021 dicono che l’85% delle organizzazioni che integreranno i dati dei Social Media riusciranno a quantificare con maggiore precisione il ROI dei canali social appunto. Questo discorso vale sia per i dati organici che per i dati che derivano dall’advertising. 

Le opportunità di targeting e le metriche dettagliate fornite dall’ADV sono infatti fondamentali per riuscire a creare contenuti pertinenti e raggiungere le persone giuste sui Social Media. Eppure quasi un terzo (28%) degli intervistati non pubblica contenuti social a pagamento, anche se è risaputo che la copertura organica ha iniziato a restringersi a partire dal 2010. 

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Utilizzare i Social Media non solo come canale per coinvolgere gli utenti, ma una ulteriore fonte di dati che può aiutare a rafforzare la strategia di comunicazione;
  • Tenere traccia di tutti i dati raccolti sia dalle campagne organiche e da quelle a pagamento, per capire quali canali e quali contenuti stanno performando meglio;
  • Impostare flussi di lavoro manuali in assenza di soluzioni tecnologiche ad hoc, configurando manualmente un flusso di lavoro che può aiutare a misurare i risultati raggiunti sui Social Media.

#5 Tra cambiamento sociale e cambiamento Social

Le ricadute economiche ed emotive causate dalla pandemia di Covid-19, la nascita di movimenti come Black Lives Matter, il cambiamento climatico che ha alimentato gli incendi storici in Australia e Nord America e molto altro: questi fatti accaduti nel 2020 hanno spinto il capitalismo verso un cambiamento socialmente responsabile.

Questo cambiamento ha messo sotto pressione anche i Brand, che si sono trovati a dover affrontare pubblicamente questioni su cui le loro organizzazioni non si erano mai concentrate, o stavano solo iniziando a tenere in considerazione.

Di conseguenza le aziende si sono dovute adattare in fretta alla mentalità e alle aspettative socialmente consapevoli di generazioni più giovani e diversificate, come la Generazione Z. Nel sondaggio annuale di Deloitte sui Millennial e la Gen Z, il 60% degli intervistati ha affermato di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.

I consumatori stanno sviluppando aspettative più alte in relazione a come le aziende possano contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo, e utilizzare i Social Media come megafono per promuovere le iniziative sociali è cruciale nel 2021. 

Secondo Michael McGoey – Senior Manager di Twitter – “[…] I Brand che sono in grado di ascoltare la voce dei consumatori e plasmare i propri messaggi in base ad essa, saranno più propensi a sopravvivere e crescere. Quelli che perseguono solo narrazioni guidate dal marchio e che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo, semplicemente non manterranno i propri clienti”.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Creare una Social Media Policy che possa fornire linee guida all’intera organizzazione per dare a tutti la possibilità di agire rapidamente e con sicurezza;
  • Impostare un flusso preciso per le comunicazioni di crisi sui canali social, ovvero un piano interfunzionale che aiuta a risparmiare tempo prezioso e mantenere tutti concentrati in caso di crisi sui Social Media;
  • Usare il Social Listening come strumento di Intelligence che possa aiutare le imprese a prendere decisioni più intelligenti sulla base delle mutevoli esigenze dei clienti.
digital tools

Loomy, DriveandListen e TypeStudio, i digital tool della settimana

In questo periodo di restrizioni e lockdown, sono molte le esperienze che abbiamo smesso di vivere: aperitivi, serate in compagnia di amici e parenti e gite fuori porta. Tra queste, anche la possibilità di spostarsi con assoluta libertà, distraendosi guidando per la città.

Insieme agli strumenti utili per migliorare la produttività in ufficio e semplificare alcuni task in ufficio, stimolare la creatività nella creazione dei contenuti e pianificare al meglio le pubblicazioni sui social, la rete ci viene in soccorso con  un tool che ci permette di percorrere in auto alcune delle più grandi città del mondo, simulando l’esperienza di guida.

Questi sono i digital tool Ninja di questa settimana.

Scoprire il mondo in auto, restando a casa

drive and listen

Se ultimamente hai sognato di tornare a viaggiare, il fine settimana potrebbe essere l’occasione giusta per fare un giro in macchina ad Amsterdam o a New York. Come farlo senza violare nessun decreto? Con DriveandListen, un simpatico tool di simulazione di guida ambientato in tante grandi città nel mondo.

A proposito di calendari

loomy

Se per pianificare le tue strategie cerchi qualcosa di più di semplici date di pubblicazione, puoi provare una piattaforma tutto-in-uno come Loomly. Tra le sue integrazioni, anche strumenti per trovare l’ispirazione nella creazione dei contenuti.

Formati per ogni social

typestudio

Il video può essere una parte davvero potente del tuo arsenale di social media marketing, ma può essere difficile da adattare ad ogni piattaforma. Type Studio ti permette di tagliare diversi pezzi di contenuto dai tuoi filmati e modificarli in modo che lo stesso video sia perfettamente adatto ad ogni formato.

Grande Fratello

exposing

Se hai caricato delle foto sul web negli ultimi anni, c’è una buona probabilità che siano state usate per costruire sistemi di riconoscimento facciale. Exposing.AI ti aiuta a scoprire se le tue foto su Flickr sono tra gli scatti utilizzati per “allenare” gli algoritmi.

 

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world nutella day

World Nutella Day, come un brand può arrivare al cuore delle persone

Gli italiani sono conosciuti nel mondo per molti motivi. Sono tante le bellezze storiche e archeologiche che gli altri Paesi ci invidiano e molta dell’ammirazione che persone vicine e lontane provano per l’Italia arriva grazie alle nostre specialità alimentari.

Sono pochi, però, quei prodotti in grado di diventare brand planetari, tanto amati (e consumati) e tanto famosi da raggiungere, per notorietà e apprezzamento, icone mitologiche come la pizza e la pasta.

È raro, ma succede, proprio come è capitato a Nutella, uno dei marchi italiani più conosciuti e apprezzati. Un Love Brand riconosciuto che oggi può contare su una giornata mondiale creata dai suoi stessi consumatori, oltre a 100 milioni di famiglie che la consumano, in tutto il mondo.

Per cercare di capire un successo così grande, abbiamo fatto qualche domanda a Matteo Conti, Head of Marketing nutella Europe.

Matteo Conti - CMO di Ferrero

Matteo Conti – Head of Marketing nutella Europe

LEGGI ANCHE: Come la percezione che abbiamo dei brand condiziona le nostre scelte d’acquisto

Come si crea un Love Brand amato come Nutella?

Questa è la domanda del secolo: bisognerebbe chiederlo al papà di Nutella, il signor Ferrero. Quindi a Pietro Ferrero e poi al figlio Michele, che ha trasformato il prodotto in un brand.

Partiamo dal fatto che Nutella nasce come Giandujot e poi diventa SuperCrema. Prima di tutti i competitor, il signor Michele Ferrero comprese l’importanza del naming giusto per l’esportazione del prodotto negli altri Paesi: SuperCrema presentava degli ovvi limiti di overpromising e il nome “nut-ella” rispose alla necessità di questo cambiamento creando un brand name unico e comprensibile soprattutto in termini fonetici, identitari e visivi a livello planetario.

Naming e identità visiva, cioè il nome Nutella e la scelta del vasetto, hanno grandemente contribuito al suo successo. Parliamo quindi di una vera e propria Marketing Strategy già nel 1964: il nome Nutella venne infatti testato sia in Italia che all’estero prima del lancio sui mercati.

nutella giandujot

Source: nutella.it

Il secondo punto che può aiutarci a comprendere questo successo è il fatto di essere sempre stato un prodotto oggettivamente semplice, un prodotto per tutti,  partire dal dopoguerra. La prima Nutella infatti era solida, era una merenda più accessibile per i bambini in un momento in cui il cacao era introvabile.

Da lì, questa origine si è confermata nel tempo: la sua ricetta è estremamente semplice e questo determina un costo e un prezzo al consumo e accessibile in quasi tutte le geografie, sebbene le materie prime che la compongono, come cacao e nocciole, siano spesso soggette a fluttuazione dei costi. È un prodotto poco soggetto alla stagionalità: a differenza di altri prodotti al cioccolato, Nutella soffre meno questo fenomeno nel periodo estivo e riesce ad avere una diffusione anche nelle latitudini più calde.

Il terzo fattore di successo planetario è sicuramente la comunicazione gli investimenti di marketing, che, fin dal 1964, hanno accompagnato Nutella con una storia di comunicazione tipicamente pubblicitaria. Nata in Italia ma poi perseguita molto bene in tutti i Paesi, ha permesso la penetrazione a livello mondiale e l’esplosione dell’awareness del brand: oggi, più di 100 milioni di famiglie nel mondo acquistano Nutella.

Dal tuo punto di vista, il successo del brand dipende anche dal rapporto dell’azienda con i suoi dipendenti?

Assolutamente sì. Nutella, ma tutta Ferrero si distingue per il senso di appartenenza unico delle sue persone, è un valore inestimabile. L’amore e l’autenticità che Nutella ha attorno a sé, il tributo e il sostegno da parte dei suoi dipendenti che sono i primi fan del brand, costituiscono certamente una componente fondamentale della ricetta del successo.

Che mondo sarebbe senza Nutella? Cosa sarebbe Ferrero senza questo prodotto?

Difficile dirlo, ma certamente Nutella ha avuto un ruolo determinante nell’espansione dell’azienda a livello geografico.

I Nutella Biscuits sono diventati in breve oggetto di culto. C’era una strategia ben precisa o è stato semplicemente amore a prima vista?

nutella biscuits

Source: nutella.it

È la domanda che tutti hanno posto, qualcuno anche con tono polemico. In verità, non c’è stata alcuna strategia di scarsità: noi conoscevamo la capacità produttiva dello stabilimento e quello che abbiamo messo sul mercato è quello che riuscivamo effettivamente a produrre e distribuire. Grazie alla forza del brand, la domanda di prodotto ha superato ogni previsione. Avevamo previsto di avere successo, ma certamente le modalità e i tempi hanno sorpreso anche noi.

Nel 2008 come spuntino al G8, su un francobollo nel 2014 e ora Nutella sarà anche su una moneta. Quali sono i prossimi ambiziosi traguardi da raggiungere?

Nutella è una marca delle persone prima che dell’azienda. Dal punto di vista del radicamento culturale nei singoli territori, noi non pianifichiamo elementi di portata istituzionale e sociale come questi o come il World Nutella Day. Sono infatti delle opportunità e delle occasioni che si vengono a creare quasi naturalmente.

La moneta è l’ultima degli attestati di stima che rendono Nutella strepitosa e unica nel suo paese d’origine e uno stimolo per noi a renderla tale ovunque.

Il World Nutella day è una occasione importante, soprattutto per i fan: è davvero sentito dalle persone che hanno deciso spontaneamente di dare vita a questo evento, nato negli Statu Uniti grazie alla blogger italo-americana Sara Rosso.

world nutella day

Source: nutella.it

Lo sviluppo organico è stato straordinario e, dal 2015 a oggi, abbiamo sostituito Sara nell’organizzazione e pianificazione dell’evento ma continuiamo a ispirarci a lei. Apriamo i nostri canali ricordando il World Nutella Day e dando alle persone la possibilità di celebrare il loro legame e il loro amore per il prodotto nelle modalità che preferiscono.

Questa attitudine all’apertura ha generato un interesse spontaneo da parte di influencer e altri brand, che hanno iniziato ad augurare un “buon World Nutella Day” sui nostri social e sui loro canali, diventando una sorta di movimento social autogenerato, in qualche modo in grado di portare in modo spontaneo un po’ di positività, per altro davvero necessaria di questi tempi.

Senza la necessità di una pubblicità tabellare, si mette in moto un sistema di autentica passione positiva che corrisponde proprio alla mission del brand: portare un po’ di positività in più alla vita di tutti i giorni.