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  • Perché non è mai troppo tardi per apprendere nuove skill e migliorarsi

    Imparare nuove cose senza essere ossessionati dalla perfezione e dall’utilità pratica è la vera rivoluzione? Non poniamo limiti alla nostra voglia di conoscenza

    10 Febbraio 2021

    • Possiamo davvero apprendere nuove skill anche se siamo sommersi da impegni quotidiani e lavoro? Per fortuna sì e non è mai troppo tardi per acquisire nuove abilità
    • Alcuni studi dimostrano che per imparare nuove cose dobbiamo approcciarci a un apprendimento più ampio e non settorializzato
    Ognuno di noi porta dentro di sé un piccolo rimpianto, un qualcosa che avrebbe voluto imparare da anni ma non ha mai avuto tempo per farlo. In realtà non è stato solo il tempo il nostro ostacolo più grande, ma la paura di fallire. Succede che teniamo così tanto a qualcosa, che sia il nostro sogno nel cassetto o un semplice hobby, che lo idealizziamo e non ci proviamo nemmeno. Più passa il tempo, più il rimpianto cresce e più ci convinciamo che le nostre chance per imparare una nuova competenza siano pari a zero. Esiste davvero un tempo limite per apprendere nuove skill? Per fortuna no, ma dobbiamo capirlo e soprattutto esserne convinti.  Certo, probabilmente sarà difficile diventare una rockstar famosa in età avanzata, ma nulla ci vieterà d’imparare a suonare uno strumento musicale per il semplice desiderio di farlo e senza stress.

    Perché siamo bloccati nell’apprendere nuove skill

    Quando parliamo d’imparare nuove skill non stiamo parlando di abilità legate principalmente al nostro lavoro. Chi ama la propria professione, trovandola intellettualmente e creativamente appagante, cercherà di apprendere abilità inerenti a essa e risulterà anche semplice e stimolante farlo.  Ma se invece dovessimo dedicarci ad apprendere nuove skill in cui non siamo abbastanza bravi? Una volta entrati nel mondo del lavoro e avviata la nostra carriera, non veniamo più considerati dei principianti, ma man mano che acquisiamo le competenze necessarie, ci sentiamo più sicuri di noi stessi. Imparare cose nuove significa anche tornare a essere dei dilettanti in un dato ambito, e questa cosa non ci piace per niente. La paura di fallire, la sensazione di non essere all’altezza e sentirsi, di nuovo, degli esordienti, fanno parte di un mix di fattori che ci bloccano e non proseguiamo con la lista di cose nuove da imparare. Se poi riusciamo ad andare oltre questa iniziale riluttanza, ci sentiremo in colpa perché stiamo togliendo tempo ad altre attività che sono utili e sappiamo già fare. Purtroppo viviamo in una società in cui l’utile e il pratico viene prima del piacere in sé di fare qualcosa per curiosità e passione. LEGGI ANCHE: Il lavoro che fai non definisce chi sei (o almeno non sempre) Ma come facciamo a liberarci da questa ansia da prestazione e abbandonare il perfezionismo nocivo? Provando a imparare cose nuove e rivalutando le parole, come il termine “dilettante“.

    Il perfezionismo ostacola la mente e l’apprendimento

    La parola “dilettante” deriva dall’italiano “deliziare”. Nel XVIII secolo, un gruppo di aristocratici inglesi lo rese popolare fondando la Società dei Dilettanti per intraprendere un tour del continente, promuovere l’arte della conversazione, collezionare opere artistiche e sovvenzionare spedizioni archeologiche. Federico II di Prussia era in disaccordo con i dilettanti definendoli “amanti delle arti e delle scienze che le capiscono solo superficialmente ma che comunque sono classificati in una classe superiore rispetto a coloro che ne sono totalmente ignoranti”. Parliamo di persone facoltose e con una gran quantità di tempo a disposizione. Il termine, in seguito, ha assunto un’accezione diversa, negativa, così come noi la conosciamo. E se provassimo a considerare il dilettantismo come a un sostegno all’apprendimento e non a scopo di remunerazione o avanzamento di carriera? Un qualcosa di positivo e soddisfacente per la nostra mente. Potrebbe essere una buona base da cui partire, un antidoto al perfezionismo auto imposto che è cresciuto costantemente negli ultimi tre decenni ed è molto diffuso soprattutto tra i più giovani e gli studenti universitari. 

    Il perfezionismo fa male alla salute?

    Thomas Curran e Andrew P. Hill, promotori di uno studio del 2019 sul perfezionismo tra studenti universitari americani, britannici e canadesi, hanno sottolineato che i giovani nutrono ideali irrazionali, e che questi si manifestano in aspettative irrealistiche per il mondo accademico e professionale. Sono combattuti su come avere successo e su come dovrebbero apparire e cosa dovrebbero possedere. Queste ragazze e ragazzi sono preoccupati dell’opinione che gli altri potrebbero avere di loro, hanno paura di essere giudicati duramente per i loro difetti percepiti. E tutto ciò, continuano i ricercatori, non fa per niente bene alla salute mentale. Essere disposti a puntare su qualcosa in cui magari siamo mediocri ma che ci piace e ci appassiona, senza inseguire un ideale di perfezione, sembra essere diventato ormai un atto di resistenza e rivoluzione.

    Ma imparare nuove abilità è davvero così complicato?

    Rich Karlgaard nel suo rassicurante libro “Late Bloomers: The Hidden Strengths of Learning and Succeeding at Your Own Ritmo”, afferma che il cervello forma reti neurali e capacità di riconoscimento che non si hanno in un’età più giovanile, quando invece la potenza sinaptica è fulminante.  L’intelligenza fluida, che racchiude la capacità di scoprire nuove sfide e pensare con le proprie forze, favorisce i più giovani. Ma l’intelligenza cristallizzata, ossia la capacità di attingere al proprio bagaglio accumulato di conoscenza e competenza, si arricchisce spesso con l’avanzare dell’età. Inoltre, alcuni particolari abilità cognitive aumentano e diminuiscono a ritmi diversi nel corso della vita, come Joshua K.Hartshorne, professore di psicologia al Boston College, e Laura T. Germine, professoressa di psichiatria presso Harvard Medical School, spiegano in un articolo sull’argomento. La velocità di elaborazione raggiunge i picchi nella tarda adolescenza, la memoria a breve termine riguardo ai nomi intorno ai ventidue anni, la memoria a breve termine per i volti intorno ai trent’anni, il vocabolario intorno ai cinquanta e in alcuni studi, anche intorno ai sessantacinque, mentre la comprensione sociale, compresa la capacità di riconoscere e interpretare le emozioni altrui, sale intorno ai quarant’anni e tende a rimanere alta. Cosa significa tutto questo? Non esiste un’età in cui apprendiamo meglio perché le abilità cognitive non si sviluppano al massimo nello stesso periodo.

    Non esistono limiti d’età per imparare

    Questo spiega perché ci sono persone che possono fiorire in modo spettacolare quando sono già adulte. Sono molti i casi nel campo della letteratura, dove una ricca esperienza di vita può essere una vera e propria risorsa per gli scrittori.  Annie Proulx ha pubblicato il suo primo romanzo all’età di 56 anni, Raymond Chandler a 51. Frank McCourt, che era stato un insegnante di liceo a New York per gran parte della sua vita, pubblicò il suo primo libro, vincitore del Premio Pulitzer,Angela’s Ashes”, a 66 anni. Edith Wharton, che era stata una matrona della società incline alla nevrastenia e intrappolata nella gabbia dorata di un matrimonio, non produsse romanzi fino all’età di 41 anni. La narrativa editoriale l’ha risvegliata da quello che lei stessa ha descritto come una specie di torpore. “Mi ero fatta strada fino alla mia vocazione“, sentenziò. Nella scienza e nella tecnologia, spesso pensiamo alle persone che fanno scoperte precoci come dei veri geni. Einstein una volta disse che “una persona che non ha dato il suo grande contributo alla scienza prima dei trent’anni non lo farà mai“.  Invece, secondo uno studio del 2014 per il “National Bureau of Economic Research”, l’età media in cui le persone apportano un contributo significativo alla scienza è aumentata durante il ventesimo secolo, per i fisici accade non prima dei 48 anni. Un articolo del 2016 su “Scienceche” ha scoperto che il lavoro di maggiore impatto nella carriera di uno scienziato è distribuito casualmente all’interno della sua vita lavorativa. Potrebbe essere la prima pubblicazione, accadere a metà carriera o potrebbe essere la sua ultima ricerca. L’età è sempre stata solo un numero.

    Apprendere nuove skill allena il cervello mantenendolo giovane

    Abbiamo sempre pensato che, con l’avanzare dell’età, il nostro cervello non funzionerà più come prima e non avremo più l’elasticità mentale di un tempo. Ma non è detto che debba essere necessariamente così.  La professoressa di psicologia dell’UCR, Rachel Wu, ha condotto delle ricerche davvero interessanti sull’apprendimento e su come possa influire sul nostro cervello, sostenendo che gli adulti possono combattere l’invecchiamento cognitivo imparando come i bambini. La dottoressa Wu ha pubblicato questo studio sulla rivista “Human Development”, e afferma che un sano invecchiamento cognitivo è il risultato di strategie e abitudini di apprendimento che si sviluppano nel corso della nostra vita. Queste abitudini possono incoraggiare o scoraggiare lo sviluppo cognitivo.

    Apprendimento ampio e apprendimento specializzato

    Quando iniziamo a lavorare, passiamo da un tipo di apprendimento ampio (apprendere molte abilità da piccoli) a un apprendimento specializzato (diventare un esperto in un’area specifica) e questo porta a un declino iniziale in alcuni ambiti che non fanno parte della nostra sfera d’interesse.  Se gli adulti continuassero ad apprendere in modo ampio come i bambini, potrebbero riscontrare un aumento della loro salute cognitiva e non il declino naturale che ci aspettiamo. Ridefinendo l’invecchiamento cognitivo, si apre la porta a nuove tattiche che potrebbero migliorare notevolmente la salute cognitiva e la qualità della vita.

    Le caratteristiche dell’apprendimento ampio

    Cosa intendiamo per apprendimento ampio? La dottoressa Wu e i suoi collaboratori hanno definito l’apprendimento ampio come insieme di questi 6 fattori:
    • Apprendimento aperto e guidato dagli input (apprendimento di nuovi modelli, nuove abilità, esplorazione al di fuori della propria comfort zone)
    • Imparare stando a contatto con insegnanti e tutor che guidano l’apprendimento
    • Mentalità di crescita, ossia la convinzione che le abilità si sviluppano con lo sforzo
    • Ambiente indulgente, dove siamo autorizzati a commettere errori e persino a fallire, senza essere per forza stigmatizzati
    • Impegno serio per l’apprendimento (imparare a padroneggiare le abilità essenziali e perseverare nonostante le battute d’arresto)
    • Imparare più abilità contemporaneamente.
    I ricercatori spiegano che l’impegno intellettuale attraverso questi sei fattori diminuisce dall’infanzia all’età adulta, quando appunto si passa da “ampio apprendimento” a “specializzazione”.

    Le caratteristiche dell’apprendimento specializzato

    Cosa si intende invece per apprendimento specializzato?
    • Apprendimento basato sulla conoscenza con una mentalità chiusa, preferendo routine familiari e stagnando nella propria comfort zone
    • Non interfacciarsi con insegnanti o persone che possono essere una guida sull’apprendere nuove skill
    • Vivere in un ambiente spietato e subire conseguenze pesanti per errori o fallimenti, come il poter essere licenziato
    • Avere una mentalità fissa, ed essere convinti che le abilità siano un talento innato, invece d’impegnarsi ad apprendere nuove skill con lo sforzo
    • Poco impegno per l’apprendimento, gli adulti in genere imparano un hobby per un paio di mesi, ma poi lo abbandonano a causa di vincoli di tempo o perché troppo difficile da portare avanti
    • Imparare un’abilità alla volta.

    Apprendere nuove skill per vivere meglio

    Apprendere nuove skill non deve essere visto solo come un vantaggio professionale ma come un arricchimento personale. Possiamo imparare nuove abilità a qualsiasi età. Ci vuole solo tempo e dedizione. Siamo spesso proprio noi a limitarci nell’apprendimento, lo rendiamo difficile e a volte non lo accettiamo per timore di metterci in gioco, anche sulle cose più semplici. Alcuni aspetti dell’invecchiamento cognitivo sembrano quasi autoimposti, sono le convinzioni che abbiamo che devono cambiare per poter andare avanti quando ci sentiamo bloccati sempre nello stesso punto. La crescita personale (e professionale) non ha scadenze.