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Le emozioni contano più nel marketing B2B che nel B2C (anche se forse avresti detto il contrario)

  • Nel marketing B2B, 7 aziende su 9 hanno un rapporto emotivo con oltre il 50% dei propri clienti.
  • Fiducia, sicurezza, ottimismo e orgoglio sono le emozioni più rilevanti nel rapporto fornitore e azienda.
  • Buyer Personas, personalizzazione, storytelling e misurazione costante dei risultati aiutano a valorizzare le emozioni.

“Nel Marketing B2B il linguaggio e il tono è formale e freddo, il processo decisionale è lungo e razionale, conta il prodotto e servizio più che il brand che lo vende”, ancora oggi queste convinzioni  attanagliano il mondo B2B, contrapponendolo al marketing B2C, più veloce, impulsivo, empatico ed emotivo.

Come se nel mondo del B2B le persone fossero tutte incravattate, con la faccia di marmo e una barriera emotiva davanti al cliente.

Oltre il fatto che sarebbe costruttivo e utile accostarsi a tutto il marketing e la comunicazione come Human to Human (H2H), le emozioni nel B2B contano tantissimo.

Nel B2B si investe più tempo nel creare relazioni durature e di fiducia con un numero più o meno ristretto di clienti. Molto spesso le relazioni vanno oltre l’automazione online, con telefonate, video call, incontri in presenza. Ogni contatto con il cliente o potenziale tale porta con sé delle emozioni determinanti per la continuazione del rapporto e per il passaparola.

Nei prossimi paragrafi approfondiremo il tema delle emozioni, capiremo insieme quanto pesano e come valorizzarle in una strategia di marketing B2B digitale.

Le emozioni nel marketing B2B

Uno studio di Google, Motista e Gartner ha confrontato il peso delle emozioni nel B2B e nel B2C con risultati che ribaltano ogni convinzione. Gli acquirenti nel B2B sono emozionalmente più legati ai brand rispetto al B2C.

Questi ultimi infatti hanno una connessione emotiva con i clienti dal 10% al 40%, mentre nel B2B per 7 brand su 9 la connessione emotiva sale a oltre il 50% dei clienti.

Marketing B2B

Il motivo principale è che nel B2B ci sono molteplici interazioni tra cliente e brand, in un processo decisionale più o meno lungo (a volte anche di anni), nel quale il potenziale cliente entra in contatto con il brand e diverse persone dell’azienda in molti touch point soprattutto one-to-one.

Per esempio può entrare in contatto prima con il marketing, poi con il commerciale, con l’amministrazione, con il tecnico, con l’assistenza e così via. Anche dalla parte dell’azienda cliente vengono solitamente coinvolte più persone, dai tecnici, ai responsabili, ufficio acquisti, ecc. Ogni persona ha un suo obiettivo da raggiungere, di status, carriera all’interno dell’azienda e la responsabilità di un acquisto giusto o sbagliato può influire emotivamente sul percorso professionale.

Facciamo un esempio pratico.

L’acquisto di un software complesso e con un costo alto per la gestione della documentazione in azienda. Il software promette di aumentare il controllo sui dati, l’organizzazione e la produttività. Le persone coinvolte nell’acquisto si prendono la responsabilità di spesa investendo per un ritorno economico di risparmio costi.  Se l’acquisto dovesse andare male, ne potrebbe risentire la loro reputazione e percorso di carriera, al contrario se andasse bene potrebbero ricevere una promozione. Entrambi sono stati emotivi, da considerare nel momento in cui si propone il prodotto e servizio.

Il referral

Un altro dato da tenere a mente nel marketing B2B è la potenza del referral. L’84% delle decisioni d’acquisto nel B2B iniziano proprio dal passaparola, che influisce con un Coversion Rate maggiore (circa 73%) e un tempo di chiusura acquisto minore (circa 69%). Il passaparola oltre chiaramente alla validità del prodotto e servizio è incentivato dalle emozioni, dall’esperienza positiva che il cliente vive, dal rapporto di fiducia che si viene a creare e lo fa consigliare ad altri, “mettendoci la faccia”.

referral

Il paradosso è che il passaparola è tanto potente quanto scarsamente utilizzato nel marketing B2B. Riprendendo le statistiche di Influive, solo il 30% delle aziende ha un referral program formalizzato.

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Le 4 emozioni rilevanti

Come abbiamo detto, nel B2B le emozioni sono legate alla sfera professionale. Una Survey condotta nel 2019 da B2B International su 2000 Decision maker in organizzazioni europee, statunitensi e cinesi, ha scavato proprio quali tra le principali emozioni che influenzano il processo decisionale nel B2B.

Marketing b2b produttività

L’affinità tra brand e acquirente è importante soprattutto all’inizio e alla fine del buyer journey. Per i fornitori è estremamente importante avere un brand forte nel quale i clienti possano riconoscersi e investire emotivamente.

Sono quattro le emozioni rilevanti, che aumentano per il 50% la scelta di un fornitore rispetto ad un altro:

  • la fiducia rispetto la credibilità del fornitore
  • la sicurezza sulla capacità del fornitore di consegna servizio e prodotto desiderato
  • l’ottimismo rispetto cosa il fornitore potrebbe fare per l’azienda cliente
  • l’orgoglio per la prospettiva di poter collaborare con il fornitore

Analizziamole una ad una.

Fiducia

I tre fattori per creare un senso di fiducia sono:

  • Affidabilità. Il fornitore dovrebbe essere percepito come affidabile, attenersi alle scadenze, essere reattivo, incontrare o superare gli standard del settore e mantenere sempre le promesse.
  • Competenza. Il fornitore dovrebbe mostrare competenza: far vedere che si intende del problema da una parte e fornire una soluzione esperta. La competenza dovrebbe essere rinforzata con contenuti e casi studio per mostrare come il fornitore ha aiutato le altre aziende del settore.
  • Customer experience. Il fornitore dovrebbe offrire un’esperienza “semplice”, senza interruzione e fluida all’acquirente in tutti i touch point.

Sicurezza

I decision maker hanno bisogno di sentirsi sicuri sul prodotto o servizio da acquistare. Vogliono qualcosa che incontri le aspettative, le superi e allo stesso tempo possa fargli fare bella figura con i propri superiori. Una scelta sbagliata influisce negativamente sulla reputazione della singola persona.

Una buona brand reputation come strategia di marketing B2B aiuta a creare sicurezza, oltre ad altri aspetti come il rapporto qualità-prezzo ed entrare in empatia con i problemi e bisogni del cliente.

sicurezza marketing B2B

Ottimismo

Cosa potrebbe fare il fornitore per l’azienda? Il business ne trarrà vantaggio? Il fornitore può aiutare a raggiungere gli obiettivi?

Un fornitore dovrebbe aiutare il cliente a sentirsi ottimista mostrando competenza e comprensione verso le sfide che l’azienda vuole affrontare. Nel marketing si dovrebbe quindi adottare un tono di voce esperto. Riprendendo la metafora del viaggio dell’eroe, il fornitore è la guida che accompagna azienda cliente (eroe) nel suo viaggio per il raggiungimento del tesoro.

Durante i primi step del buyer journey, il fornitore dovrebbe ascoltare attentamente i bisogni del cliente, i desideri e trovare un modo efficace per incontrarli, con un approccio di valore e distinguibile dai concorrenti.

Orgoglio

Un acquirente vuole sentirsi orgoglioso di collaborare con il fornitore e il brand. Naturalmente questo è possibile se il brand è un leader nel settore. Il sentimento di orgoglio può essere raggiunto quando un fornitore mantiene le promesse, è affidabile, rispetta gli accordi, è sempre professionale e dimostra una comprensione autentica del modo in cui l’azienda acquirente lavora.

Inoltre il fornitore dovrebbe essere proattivo e mettere in buona luce l’acquirente davanti all’organizzazione e ai colleghi. Un fornitore proattivo è colui in grado di anticipare i problemi che l’acquirente potrebbe incontrare e offrire soluzioni, anche quando non espressamente richieste.

Un modo per essere proattivi è quello di rimanere costantemente in contatto con i potenziali clienti e rispondere alle loro richieste in modo tempestivo.

L’aspetto emotivo delle Buyer personas

Ora che abbiamo individuato le emozioni, indaghiamo alcuni strumenti e canali per valorizzarle in una strategia digitale di marketing B2B.

Essendo il target di potenziali clienti più “ristretto” nel B2B, possono crearsi delle buyer personas molto più centrate sul cliente tipo, quasi delle vere e proprie persone reali.

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Nel momento in cui si individuano le buyer personas è importante concentrarsi sulle aspetto emotivo, le motivazioni del potenziale cliente, i suoi limiti, le sue paure e avversioni. Questo è il modo in cui possiamo creare empatia con i nostri clienti e portare valore in una strategia di inbound marketing B2B.

Buyer personas

Un altro aspetto da tenere a mente è che le buyer personas sono dinamiche, quello che abbiamo individuato un anno fa potrebbe oggi non valere più. Il consiglio è restare sempre all’ascolto dei clienti, dei commerciali in campo, dell’assistenza, dei tecnici per aggiornare e arricchire i profili delle nostre bujer personas.

Non dimenticare la personalizzazione

Nell’inbound marketing attraiamo le persone sul nostro sito individuando i loro problemi, mostrando una comprensione verso di essi e successivamente accompagnandole passo passo nella loro risoluzione. Questo soprattutto attraverso il content marketing, per esempio in post all’interno del blog aziendale, sulle pagine social, nelle newsletter settimanali, ecc.

Tramite i contenuti offriamo quindi comprensione, fiducia, sollievo, sicurezza e ottimismo al potenziale acquirente in cerca di risoluzioni.

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La sfida è saper bilanciare queste emozioni e direzionarle per ogni step del customer journey. Un modo per farlo è studiare il comportamento del persone sul sito web attraverso strumenti come la marketing automation.

marketing b2b

Per esempio quando un prospect inizia a esplorare il sito web in fase di scoperta, potresti creare una campagna automatizzata che mostra un contenuto informativo rilevante (ebook gratuito, post,messaggio chatbot, ecc.) rispetto al bisogno e preoccupazione che l’utente sta cercando di risolvere trovandosi proprio sulla pagina del tuo prodotto o servizio. Questo mostra al potenziale cliente che è compreso, valorizzato e che il tuo prodotto potrebbe “sollevarlo” dalle sue preoccupazioni.

Un esempio lo troviamo sul sito di Hubspot. Navigando nella sezione Marketing Hub, man mano che scorriamo la pagina, appare sulla destra il chatbot, con questo semplice messaggio “A great marketing strategy starts with the right tools. I can help make sure you’re on the right track. What would you like to do next?” e poi a seconda della risposta fornisce il contenuto desiderato.

Acquisendo il contatto del prospect e utilizzando sempre la marketing automation, è possibile poi sviluppare un percorso su misura del potenziale cliente, con flussi di email, comunicazioni e contenuti altamente personalizzati sul comportamento dell’utente, che passo dopo passo viene accompagnato lungo tutto il customer journey.

Usa lo storytelling, anche nel B2B

Il fornitore è la guida, l’azienda acquirente l’eroe che deve raggiungere il suo obiettivo. Lo storytelling, come metodologia che attraverso la narrazione suscita emozioni, può essere utilizzato anche nel marketing B2B. La difficoltà e l’opportunità di utilizzarlo è capire realmente quali sono le emozioni del prospect.

Un esempio semplice di utilizzo dello storytelling nel B2B è quello di Intercom, azienda software statunitense.

Marketing B2B Intercom

Nella vignetta abbiamo un prima, che mostra un problema con caos, tante persone e strumenti utilizzati per comunicare e un dopo con la soluzione, una comunicazione ordinata, volti sereni e sorridenti. L’eroe ha raggiunto il suo obiettivo grazie a Intercom.

Misura e sperimentazione

Come capiamo se la strategia di marketing B2B che abbiamo messo in piedi sta facendo leva sulle giuste emozioni?

Semplicemente misurando e sperimentando. Cambiare totalmente il proprio sito web, investire molto budget su campagne, o iniziare una nuova strategia di contenuti quando non si hanno ancora a disposizione dati concreti per supportare le azioni può causare grandi perdite di budget e risultati deludenti.

Una strategia di marketing dovrebbe valutare l’impatto di ogni azione con metriche rilevanti e test minuziosi, che spostando elementi e inserendo piccoli cambiamenti aiuta a comprendere cosa porta alla conversione o meno. Un pulsante messo nel posso sbagliato? Un messaggio che non ricalca il il problema?

Analytics Marketing B2B

Uno strumento che può aiutare a tracciare i test e raccogliere i dati è l’Experiment Card, utilizzato nel processo del Growth Hacking per validare le ipotesi e scalare quelle vincenti.

Un altro consiglio per capire se stiamo facendo leva sulle emozioni giuste è tenere sotto controllo i canali non direttamente controllati dal brand con la sentiment analysis come forum, gruppi e profili social, siti di opinione.

Se si stanno ottenendo opinioni negative significa allora che qualcosa sta andando storto. Inoltre puoi acquisire feedback da clienti e prospect inviando periodicamente delle survey nei diversi step del customer journey.

competenze

Perché le competenze trasversali sono al cuore dello sviluppo professionale

La scorsa settimana si è tenuta la terza edizione della Milano Digital Week quest’anno in versione full digital, che ha visto un palinsesto di oltre 500 eventi, panel, webinar e lectio magistralis seguendo il filo rosso di un confronto aperto e inclusivo sul digitale.

Tra questi, anche un interessante webinar tenuto da Emiliano Sironi, Ricercatore in Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano, sul tema delle competenze trasversali, dette anche soft skill o, in letteratura, “abilità inter e intra-personali di tipo socio-emotivo”.

Mi sono confrontata con il prof. Sironi su questo argomento, cruciale quando si parla di formazione aziendale e sviluppo delle risorse umane ma anche importantissimo se rapportato alle fasce di popolazione più giovane, come studenti o lavoratori che si stanno affacciando adesso a un percorso professionale. 

Cosa intendiamo quando diciamo competenze trasversali

Buongiorno Emiliano, grazie per il suo tempo! Partiamo da una distinzione fondamentale, quella tra hard e soft skill. Le competenze sono quell’insieme di conoscenze, capacità e comportamenti utili nell’attività professionale. Le hard skill, tecnico-professionali, riguardano le conoscenze teoriche e abilità pratiche per svolgere una specifica professione e sono le competenze primarie nel mercato del lavoro. Quale potrebbe essere una definizione di competenze trasversali?

«Possiamo definire le competenze trasversali come quell’insieme di abilità comunicative e relazionali non specifiche di una particolare mansione, ma proprio per questo adattabili ad ogni compito e professione. Esse concorrono, unitamente alle competenze tecniche e in sinergia con esse, al successo professionale. 

Bennet le definisce come abilità generiche che supportano lo studio di ogni disciplina e che possono essere trasferite sia in contesti di studio che lavorativi. Le classifichiamo in quattro aree: gestione del sé, dell’informazione (tra cui ci sono anche le competenze digitali), degli altri e del compito. Quindi rappresentano quel bagaglio di approccio che permette di potenziare le competenze hard»

Tra queste troviamo ad esempio il problem solving, la capacità di assumere decisioni importanti sotto pressione e di lavorare efficacemente in gruppo. In un mercato del lavoro dinamico, dove nel corso dello sviluppo della carriera si cambiano mansioni e contesti relazionali, diventa fondamentale svilupparle. Come si maturano queste competenze e quali sono gli strumenti per coltivarle? 

«Le competenze trasversali maturano nell’arco dell’esperienza complessiva della vita dell’individuo. La scuola concorre in modo rilevante alla formazione di esse, attraverso la trasmissione di nozioni e la formazione della cultura. Ma anche attraverso l’insegnare a relazionarsi con adulti e con soggetti differenti dal contesto familiare e degli amici. 

Tuttavia, la formazione dell’individuo nel suo insieme è un processo permanente nel quale ogni scambio relazionale con l’altro ha il suo contributo. Quindi esperienze di sport, per quello che concerne l’abilità a lavorare in gruppo, così come esperienze di volontariato o di stage e tirocinio concorrono ad affinarle in età giovanile. In età adulta il maturare di diverse esperienze professionali e l’assunzione di ruoli di responsabilità assume via via un ruolo dominante».

Soft skill, smart working e competenze T-Shaped: le parole chiave del lavoro di oggi

Passiamo ad un altro tema cruciale. Stiamo vivendo un periodo storico in cui il lavoro da remoto è ormai al cuore della business continuity. Perché le soft skill sono così fondamentali in questo scenario di remote e smart working?

«Sono importanti in contesti come quelli del lavoro agile, perché modificano, ma non annullano, la centralità dell’aspetto relazionale del lavoro e dello scambio di informazioni. 

Allo stesso modo, il lavoro digitale cambia forme e contenuti del modo di lavorare, ma questo necessita un continuo spirito di adattamento a trasformazioni sempre più rapide e la capacità di far fronte all’imprevisto. Pensiero critico e capacità di governare il cambiamento sono elementi ricompresi nell’insieme delle competenze trasversali».

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Cosa pensi delle competenze T-Shaped? Io le reputo imprescindibili nello sviluppo di manager e professionisti di successo. 

«Le competenze T-shaped, ovvero quello che chiamavamo interdisciplinari, sono quelle sempre più rilevanti. Nelle professioni più qualificate, come la ricerca scientifica e nell’impresa, la capacità di dialogare con esperti di differenti mansioni e discipline rappresenta secondo me la sfida più ovvia ma più difficile da realizzare.

Ognuno cerca di misurare il modo di lavorare degli altri, secondo i propri paradigmi e il proprio modo di pensare. Questo va bene fino ad un certo punto, perché professionisti di altre discipline e ambiti lavorativi approcciano i problemi in modo diverso, secondo la sensibilità del proprio tratto caratteriale, della propria cultura e del contesto in cui si è cresciuti.

Il rispetto della qualità del lavoro altrui è il primo passo per dialogare alla pari. Io vedo questo elemento ancora incompleto in molti contesti lavorativi, coinvolgendo anche quelli più evoluti a ad alta professionalità».

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Misurazione e sviluppo delle competenze in azienda: da dove partire

Passiamo ora ad un tema particolarmente critico. Come mai possiamo leggere dati sulle competenze richieste, ma non su quelle effettivamente possedute dai lavoratori?

«È il problema della valutazione. Sono pochi e diseguali i processi di misurazione scientifica e certa delle competenze di dipendenti e collaboratori; si tratta certamente anche di un elemento molto delicato e sensibile da affrontare, che va effettuato anche di concerto con le parti sociali. La necessità di processi di valutazione delle competenze, almeno basati su indagini a campione, sono però necessari per imprese, lavoratori e società.

Del resto alcuni lavoratori, in particolari ambiti, sono sottoposti molto spesso, a volte anche in modo eccessivo alle continue valutazioni del cliente: pensiamo alle rilevazioni di “Customer Satisfaction” ogni qual volta facciamo un acquisto online o utilizziamo un servizio. Forse possiamo fare un passo in avanti e non limitarci alla valutazione delle performance, ma passare a quelle delle competenze, dalle quali gran parte delle performance dipendono. Ma sempre con prudenza e in modo costruttivo».

Ultima domanda su un tema che mi sta molto a cuore perché in Ninja Academy gestisco la business unit dedicata al corporate training. Come dovrebbe agire un’azienda per consentire ai propri dipendenti di massimizzare lo sviluppo di queste competenze? 

«Investire sui propri lavoratori, promuovendo corsi di formazione e aggiornamento e stimolando nuove e diversificate esperienze all’interno dell’impresa. Soprattutto, dovrebbe mettere in relazione persone di ambiti diversi e promuovere un clima positivo di collaborazione, proponendo, nel limite del possibile, compiti diversificati ai lavoratori. Anche affiancare persone con età e percorsi di studio e professionali diversi aiuterebbe non poco.

Ciò ovviamente è più possibile in alcuni contesti piuttosto che in altri. Ma qualcosa si può fare, a patto che non si lavori sempre in emergenza per soddisfare la necessità del domani, ma con programmi nel lungo periodo per una strategia di lavoro diversificata. Qualità del lavoro e programmazione sono essenziali. In questo il ruolo di una leadership responsabile e illuminata è fondamentale».

Gucci a sostegno del Pianeta con nuove piattaforme digitali

Gucci ha lanciato oggi il nuovo profilo Instagram e ha rinnovato il suo sito web Equilibrium per ribadire il costante impegno della Maison nel promuovere cambiamenti positivi in favore delle persone e del pianeta.

Accanto alle iniziative a sostegno della generazione di un valore sociale positivo e della tutela dell’ambiente, oggi sono stati pubblicati anche i risultati del conto economico ambientale 2019, che rivelano una sostanziale riduzione (-21%) degli impatti ambientali totali rispetto all’anno precedente.

Gucci Equilibrium

Il portale Gucci Equilibrium, originariamente lanciato nel 2018, intende stimolare una comunità di voci a partecipare a conversazioni su temi cruciali per il mondo in cui viviamo. Aprendo nuovi percorsi rispetto agli altri canali e contenuti digitali di Gucci, il profilo Instagram e il sito web Equilibrium di Gucci si rivolgono a una comunità di persone curiose, consapevoli e motivate, la #GucciCommunity. Una comunità di individui impegnati e attivi, che condividono obiettivi e prendono posizione su questioni che definiscono il modo in cui tutti noi trattiamo il nostro pianeta e i suoi abitanti.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

#GucciEquilibrium and Planet: Respecting Nature. @gucci’s Environmental Profit and Loss (EP&L) account benchmarks its continuous progress against ambitious sustainability targets. Total environmental impacts within Gucci’s direct operations and across the entire supply chain measured at a 39% reduction in 2019, and the goal is a 40% reduction by 2025 from a 2015 baseline, relative to growth. Improving high impact areas through its supply chain, Gucci has increased the use of recycled raw materials and organic fibres in its collections, incorporating responsibly sourced precious metals in hardware and jewellery, including 100% ethical gold for jewellery. Gucci has extended sustainable processes and manufacturing efficiencies, such as Gucci Scrap-less for leather and Gucci-Up for circularity. Gucci has switched to green energy, reaching 83% renewable energy for its stores, offices, warehouses and factories with a 100% target by the end of 2020. Discover more on the new #GucciEquilibrium site through link in bio

Un post condiviso da GUCCI EQUILIBRIUM (@gucciequilibrium) in data:

Le nuove destinazioni digitali di Gucci condivideranno messaggi da gruppi diversi, organizzazioni e talenti, membri di Gucci Equilibrium e non, per promuovere azioni per la salvaguardia del clima e a favore di un mondo giusto, equo e solidale per tutti. Questo appello incoraggerà a sua volta la condivisione di nuove esperienze e idee per un cambiamento trasformativo.

“L’azione di Gucci è guidata da tematiche che costituiscono le fondamenta del nostro futuro collettivo e che lo influenzano profondamente. È fondamentale costruire un futuro in cui l’ingiustizia e la discriminazione in tutte le loro forme non possano prevalere. Alla luce degli eventi attuali, il nostro impegno a combattere il razzismo e lottare per l’uguaglianza è ora ancora più forte”, ha dichiarato Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci. “Come azienda, continueremo a concentrare i nostri sforzi nel generare un cambiamento positivo per le persone e per la natura in tutte le nostre attività. Abbiamo inoltre la responsabilità, come brand globale, di assumere un ruolo attivo all’interno della comunità per farci promotori di cambiamento. Gucci Equilibrium ha la capacità di richiamare e unire una comunità di voci diverse con il compito di aiutare a percorrere al meglio la strada che ci attende”.

Definito dai pilastri Persone e Pianeta, il sito raccoglie gli impegni e le azioni intraprese da Gucci per ridurre il suo impatto ambientale e proteggere l’ambiente, sostenendo al contempo i diritti delle persone e promuovendo l’inclusività e il rispetto, affinché tutti nella comunità globale di Gucci siano liberi di esprimere la diversità autentica del proprio essere.

Queste iniziative si espandono oltre le attività dirette di Gucci, per avere un impatto più ampio e sistemico. Alcuni esempi sono la creazione di opportunità per gruppi di giovani talenti sottorappresentati nell’industria della moda, nell’ambito del programma di finanziamenti e borse di studio Gucci Changemakers, o l’invito lanciato ai leader di ogni settore a proteggere l’ambiente attraverso la CEO Carbon Neutral Challenge.

L’interconnessione tra le persone e il pianeta è rappresentata anche attraverso la nuova identità grafica del sito, curata dall’artista MP5.

LEGGI ANCHE: Giornata mondiale dell’Ambiente: il post-Covid aiuterà l’ecologia?

Il Bilancio Ambientale di Gucci nel 2019

Gucci ha pubblicato anche i risultati del suo conto economico ambientale, per misurare il continuo progresso della Maison rispetto agli ambiziosi obiettivi di sostenibilità che si è preposta. Tali obiettivi, propulsori della strategia decennale per la sostenibilità (2015-2025) di Gucci, includono una riduzione del 40% degli impatti ambientali totali per le operazioni dirette e lungo l’intera catena di fornitura e una riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2025 rispetto alla crescita (2015 è il valore base di riferimento).

Gucci è in anticipo sulla sua tabella di marcia e prossima al raggiungimento degli obiettivi previsti per 2025. Come riportato in dettaglio nel suo conto economico EP&L digitale interattivo, i nuovi risultati per il 2019 mostrano una riduzione del 39% degli impatti combinati della Maison, e una riduzione del 37% delle sole emissioni GHG rispetto alla crescita (valori misurati facendo riferimento al 2015). Confrontando questi risultati con l’EP&L del 2018, il brand ha ridotto il suo impatto complessivo del 21% e le emissioni GHG del 18% su base annua, rispetto alla crescita (valori misurati facendo riferimento al 2015). Questi ottimi risultati sono il frutto diretto degli sforzi compiuti da Gucci per migliorare le aree ad alto impatto lungo l’intera catena di fornitura, interventi che hanno portato a cambiamenti positivi e misurabili, tra cui:

  • l’incremento dell’uso di materie prime riciclate e fibre biologiche nelle collezioni, e utilizzo di metalli preziosi provenienti da fonti di approvvigionamento responsabili per gli accessori e nella gioielleria, come l’impiego di oro 100% etico per la gioielleria;
  • l’ estensione di processi sostenibili e efficientamenti nella produzione, come Gucci Scrap-less per la pelle e Gucci-Up per la produzione circolare;
  • il passaggio all’energia verde che ha portato Gucci a raggiungere un utilizzo dell’83% di energie rinnovabili nei suoi negozi, uffici, magazzini e stabilimenti, con l’obiettivo del 100% entro la fine del 2020.
reach organica social media marketing

Come aumentare la reach organica sui canali social

  • Gli esperti affermano che sia ancora possibile contrastare il continuo abbassamento della reach organica, a prescindere dal valore delle campagne ed inserzioni online.
  • Bisogna partire dall’enorme potenziale che risiede nella nostra community. E bisogna coltivarla ed alimentarla con contenuti dalla massima qualità, nel migliori dei modi. Ma non è tutto.

 

L’inarrestabile decremento della reach organica, per niente timida anche negli ultimi tempi, ha portato, specialmente per social media & digital marketer, ad essere inevitabilmente e giustamente obsédé (ossessionati) dal trovare una soluzione per contrastarla. Costi quel che costi.

Come aumentare la reach organica sui canali social

Il declino della Reach Organica

Facciamo un passo indietro…

Iniziamo dalla definizione: con il termine reach organica si intende il numero delle persone che si riescono a raggiungere senza dover ricorrere ad attività di promozione, ovvero soltanto grazie alla visibilità che viene attribuita dalla piattaforma social in questione. O meglio, dal “suo algoritmo”. Tutti i contenuti, è bene precisare, godono di un minimo di portata organica, non “paid” quindi, ma una buona parte del risultato finale dipende dal continuo incontenibile abbassamento della reach organica al quale assistiamo, già da qualche anno a questa parte.

Facebook ha palesato in modo concreto, ancor più nel 2019, l’intenzione di ridurre notevolmente il numero di post pubblicati dalle pagine aziendali in relazione alla visibilità “non supportata dalle sponsorizzazioni” nei riguardi del pubblico, in modo da obbligare gli amministratori delle pagine a spendere di più in attività di advertising. Si è passati dal circa 5,4% all’ormai (ancora molto discusso) 2% circa, in relazione al concreto raggiungimento in organico dei propri post sulle proprie pagine Facebook.

Doveroso precisare che i grandi brand con un numero elevato di follower possono aspettarsi medie anche più basse.

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Come aumentare la reach organica sui canali social

Come funziona l’algoritmo di Facebook nel 2020

L’algoritmo attualmente classifica letteralmente i post che ogni utente vede nell’ordine in cui è più probabile che li apprezzi, in base a una varietà di fattori, ovvero i cosiddetti segnali di classifica. A partire da quest’anno, Facebook ha dichiarato che il suo obiettivo è aiutare gli utenti a comprendere l’algoritmo e assumere il controllo di tutti quei segnali di classifica per fornire un feedback migliore e più completo possibile.

Ad esempio: le persone condividono questo post con i loro amici? Quanto spesso ti piacciono i post del tuo capo? Da tua madre? Guardi spesso video live? Qual è il tuo gruppo preferito?

I segnali di classifica si configurano come punti associati al comportamento che un utente ha avuto nel passato e sul comportamento di tutti gli altri sulla piattaforma.

Facebook presenta tre principali categorie di segnali di classifica:

  • chi interagisce, in genere un utente;
  • il tipo di contenuto/media pubblicato;
  • la popolarità che il post ha riscosso.

Dal “Perché vedo questo post?”, già da marzo 2019, la piattaforma di Facebook ha iniziato a porre domande agli utenti, tramite sondaggio, per ottenere maggiori dati sul contesto dei contenuti che contano di più per loro.

I sondaggi hanno chiesto agli utenti:

  1. chi sono i loro amici più cari;
  2. quali post (link, foto e video) trovano preziosi;
  3. quanto è importante per loro uno specifico gruppo Facebook a cui si sono uniti;
  4. quanto sono interessati a vedere i contenuti di pagine specifiche che seguono.

Facebook ha usato tutte queste risposte per aggiornare senza sosta l’algoritmo.

Ad esempio, le pagine e i gruppi che le persone hanno identificato come più significativi erano spesso quelli che avevano seguito per molto tempo, quelli con cui si erano spesso impegnati (con like, reaction e commenti) e quelli che avevano molti post e attività.

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Come aumentare la reach organica sui canali social

Consigli su come aumentare la reach organica dei post sui social

Gli esperti affermano che sia ancora possibile fare qualcosa, a prescindere dal valore delle campagne ed inserzioni online. Eccovi, di seguito, alcuni consigli validi per gran parte dei canali social media.

Date ciò che le persone desiderano dal vostro brand

Ponetevi sempre dalla parte dei vostri utenti, non iniziate l’attività di racconto e pubblicazione dei contenuti dalla vostra concezione di qualità, sono i vostri utenti a decretare il successo del canale nel quale siete presenti. Ascolto del cosiddetto “sentiment” e attività di analisi dei dati, sono due fattori davvero importanti per la vostra attività di Social Media Marketing. Capirete ben presto cosa ha successo e cosa, invece, va eliminato, modificato, ottimizzato.

Postate meno ma meglio

Solitamente viene consigliato, per incrementare le views ai canali, di pubblicare in maniera frequente, ciò non è del tutto vero. Il segreto è di pubblicare contenuti di qualità e attenti all’audience, anche se questo dovesse significare di postare meno del solito. Meglio puntare su un maggiore coinvolgimento dei propri utenti e avere più tempo per investire in contenuti di qualità. La reach organica vi ringrazierà.

Individuate il momento migliore

Come detto prima, l’attività di Social Media Marketing non prescinde da una costante e attenta analisi dei dati di tutto ciò che succede sui canali dei vostri clienti o del vostro brand. Iniziate ad approfondire l’attività di Social Media Analysis e registrate, a partire dalle sezioni interne relative agli “insights” delle pagine e profili che gestite, tutto ciò che può tornarvi utile per capire come indirizzare al meglio i vostri contenuti ed in quale orario migliore i vostri utenti possono potenzialmente interagire.

“Video Is The King” – puntate sui video

Un recente studio effettuato da Cisco rivela che nel 2020 l’82% del traffico internet sarò interamente generato dai video digitali. E secondo eMarketer, il divario continuerà a crescere nei prossimi due anni.

Come aumentare la reach organica sui canali social

I contenuti video sono in grado di coinvolgere in maniera sorprendente i tuoi utenti, facendo trascorrere loro più tempo all’interno delle piattaforme social, elemento che caratterizza fortemente i nuovi aggiornamenti degli algoritmi. Se non avete un budget corposo per inserire video professionali nella vostra strategia, non temete, ad oggi, il mercato offre numerosi strumenti per elaborare video di alta qualità con prodotti che conferiscono ottima qualità: per esperienza personale, gli strumenti della DJI Global sono davvero eccellenti. Tra tutti, Osmo Pocket e Osmo Mobile. Piccoli, maneggevoli, solidi e super mobile-friendly. Ovviamente, non sarete dei veri e propri registi, ma almeno potrete offrire contenuti con un certo grado estetico e qualitativo più che discreto.

Alcuni accorgimenti sui contenuti video per i social:

  1. lunghezza contenuto video – max 2/ min;
  2. concentratevi sui primi 5 sec. (al max) per stupire l’utente;
  3. elaborate copertine per i video ricercate e dal carattere unico (soprattutto se siete Tik Tok – Addicted);
  4. fate in modo che i vostri video possano essere fruiti anche senza audio;
  5. puntate su una buona luminosità del video in questione, ad oggi, molti degli algoritmi dei social media fanno caso a questo elemento, su Tik Tok, ad esempio, la sua A.I. interna, penalizza i video non riconoscibili al max e con poca luminosità.

Sfruttate gli User Generated Content

I contenuti prodotti dai vostri utenti possono rivelarsi come uno degli elementi più importanti relativi alla loyalty (fiducia) ed al social engagement (interazione sui vostri canali social media) che potrete mai registrare. Utilizzateli! E non dovrete nemmeno spendere del budget per produrli, perché gli utenti avranno. Già prodotto contenuti e post ad hoc per il vostro brand o attività. Potreste utilizzare questo tipo di contenuti per promuovere o lanciare contest o giveaway e premiare i più attivi sui vostri canali. Ricordate, però, di chiedere sempre il permesso per utilizzare i loro contenuti ed eventualmente targateli nei post.

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Come aumentare la reach organica sui canali social

Fate uso di Stories e dirette

Se è vero che i video permettono un’interazione dal grande impatto visivo e qualitativo, lo è ancor di più, quando facciamo uso di stories e dirette, in questo caso su Instagram. Le dirette, così come le stories, possono fungere da supporto ad una strategia social più profonda e più sincera, nei riguardi dei nostri utenti. Stories e live streaming, offrono l’opportunità di comparire subito nel feed della nostra audience.

Non avete mai fatto caso che quando entrate nel profilo Instagram, vi compare una serie di stories degli utenti che seguite?

Lo stesso succede con le dirette, per di più, Instagram, invia una notifica ai vostri utenti, quando andrete live! Grazie all’utilizzo delle stories potrete veicolare al meglio il racconto del vostro brand, in maniera più incisiva, più immediata. Negli ultimi mesi, data l’esplosione delle stories ed il massivo utilizzo delle stesse anche da parte delle grandi realtà B2B mondiali, Instagram ha inserito numerosi stickers in grado di supportare ed incrementare l’interazione con i followers.

Eccovene alcuni:

  • Donazione, Iorestoacasa, Eroi in corsia e GRAZIE per supportare l’attività di informazione tema Covid-19 e valorizzare le figure professionali in prima linea contro il Coronavirus;
  • Challenge: presente tra le ultime features delle Stories insieme a GIF, sondaggi, countdown, … Al momento permette di selezionare una delle tante challenge presenti all’interno di una lista gestita dalla piattaforma stessa. Potrete taggare i vostri amici e sfidarli. Un’ottima idea, nata durante il Lockdown, per farsi compagnia anche da lontano, sfruttando la possibilità di incrementare l’engagement con gli utenti. Ricorda il mondo delle challenge di TikTok;
  • Ordini di cibo, buoni regalo e compra a km0 per supportare le PMI e le piccole attività in merito alla promozione dei propri prodotti/ripresa.

Come aumentare la reach organica sui canali social

Inserite LINK IN BIO su Instagram

Su Instagram, è possibile, far godere di un upgrade davvero unico alla propria BIO. Vediamo come…
Avete mai avuto l’esigenza di aggiungere dei link in più al vostro profilo?

Al momento, nella piattaforma di proprietà di Mark Zuckerberg, potete aggiungere un solo link. Ma c’è una soluzione in grado di creare una sorta di landing page che possa racchiudere tutti i link che vi interessano di più o che rimandino alle vostre migliori attività o collaborazioni. Vediamo di cosa si tratta.

Grazie all’utilizzo di uno dei tanti tool presenti sul mercato, JotURL, è possibile creare delle accattivanti landing pages grazie all’opzione “InstaURL”. In pochissimi click avrete la possibilità di creare una pagina che racchiuda tutti i link presenti nel vostro LINK IN BIO, potrete sceglierne anche il colore, inserire la vostra foto profilo. Questo tool permette di tracciare i click effettuati su di esso, sui link inseriti nelle stories, vi è anche la possibilità di aggiungere il pixel per attività di Remarketing su Facebook ai link in questione e tanto altro! Lo trovo davvero utile!

Più link in bio possono dare l’opportunità di avere più collaborazioni ed assicurare una social media experience nettamente migliore, soprattutto per i nuovi visitatori. Darete, inoltre, la percezione di essere dei professionisti dal tono ordinato e competente. Elemento non meno importante di altri citati fino adesso. Ed infine, conferire ad attività di Brand Awareness (notorietà aziendale), il giusto tracciamento di dati utili in merito al traffico che potete generare.

Incentivate la Customer Loyalty e coltivate la community

Utilizzare i gruppi di Facebook, non è la sola strada.

Fallon Zoe (@OfficialLadyTribe) è una Organic Reach Specialist molto famosa ed incoraggia spesso a costruire la propria community all’interno di un ambiente come quello dei gruppi di Facebook. Ma non è al sola strada percorribile! Tiene a precisare come sia fondamentale tenere a mente che “l’importante sia sempre cercare di attirare le persone verso ciò che stai facendo”.

La gente ama parlare di ciò che gli piace ed ama invitare gli altri a venire a provare piacere in quelle stesse esperienze. Partite da quello.

Come aumentare la reach organica sui canali social

Potrete iniziare a ricercare, ad esempio, le pagine verificate che di norma sono quelle più seguite. Cercate, quindi, di interagire nei commenti sfruttando gli ultimi trend topics, alimentate con il vostro sapere nuove ed interessanti argomentazioni, valorizzate le vostre competenze con gli altri professionisti presenti ed analizzate i profili degli altri utenti in target con le vostre passioni, cercando a sua volta di targarli in commenti effettuati in precedenza dalla pagina che seguite. Un’altra tecnica per ampliare la vostra rete, e di conseguenza, la reach organica dei vostri contenuti, è quella di interagire con i migliori fans di altre pagine aziendali. Potete trovare l’elenco dei Fan più attivi all’interno della scheda Community di una pagina aziendale.

Quando troverete le persone giuste da seguire ed in linea con i vostri interessi, fate clic sul loro profilo e commentate e lasciate likes in relazione a tutto ciò che vi piace e può creare una sana interazione attorno ad un interesse comune. L’obiettivo è quello di ottenere il maggior numero possibile di notifiche di nuove persone che non sono vostri attuali amici di Facebook.

Assicuratevi inoltre di creare eventi su Facebook per alimentare l’attività di Storytelling del vostro brand. Ed aumentare, così, anche la Customer Loyalty.

Ogni volta che pubblicherete un evento (statene certi) potrete alimentare al meglio la vostra Brand Awareness, permettendo di farvi conoscere di più dal vostro pubblico. Potrete, inoltre, valorizzare i vostri nuovi prodotti ed utilizzare questa tipo di attività anche per sviluppare nuovi lanci degli stessi. E non dimenticate di condividere il tutto sul vostro profilo e sul vostro gruppo. Fallon Zoe, consiglia, inoltre, di cercare di offrire valore in merito ai contenuti che proporrete nell’evento o nella serie di eventi che proporrete, già dal 1° giorno. Creerete, certamente, curiosità per i prossimi contenuti, dato che magari la maggior parte degli utenti non arriverà fino alla fine dell’evento. E perché non pre-programmare un video live e condividerlo in anticipo per l’evento che avete in mente?

Ad ogni modo, tutti i partecipanti al relativo gruppo Facebook, riceveranno una notifica e di conseguenza, più utenti, probabilmente, guarderanno il vostro live.

Può essere utile analizzare ed annotare, di volta in volta, tutti i partecipanti e tutti quelli che cliccano su “Mi interessa” all’interno del vostro evento. Perché non interagire con loro cercando un feedback?

Come aumentare la reach organica sui canali social

Potrebbe essere necessario, essere presenti contemporaneamente su più canali social. Per questo vi consiglio un tool davvero affidabile e che permette un’ottima presenza sulle diverse piattaforme: Streamyard. L’ho utilizzato in molte occasioni, soprattutto nel periodo del lockdown, intervistando tanti professionisti del mondo digitale e non solo. Permette davvero di essere presente su molti canali, tra cui, YouTube – Facebook (profilo, pagina ufficiale e gruppo), LinkedIn (dovrete inviare prima la richiesta per ricevere la certificazione LinkedIn Broadcaster Live, non la rilasciano a tutti, però voi tentate) ed Instagram. La versione free permette di effettuare live streaming fino a 20 ore al mese. Non male davvero.

Non siate autoreferenziali e non parlate sempre di voi stessi: rendete protagonisti del vostro brand gli utenti che vi seguono.

Concentrarsi solo su su se stessi non conviene. In quasi nessun caso. Bensì, spendete del tempo in relazione ad un maggiore qualità dei contenuti e sulla loro scelta in base a ciò che piace al vostro pubblico. Spesso, il calo della reach, dipende anche da questo elemento.

Cercate di cambiare le vostre fonti, ampliate la vostra ricerca ed incrementate ed ottimizzate l’attività di Content Curation dei contenuti proposti. Ne varrà la pena, soprattutto a lungo raggio. Dinamicità e massima qualità tra i tipi di contenuti proposti, può essere uno dei migliori metodi per incrementare l’apprezzamento nei riguardi dei vostri contenuti. Tutto ciò può comportare un aumento della reach organica e farvi apprezzare, da un pubblico sempre maggiore di utenti. Andate oltre alla vostra visione. Evidenziate i risultati ottenuti e condivideteli, oltre che con il vostro team, anche con la vostra fan base. Rendeteli partecipi di ogni cambiamento e traguardo. Il vostro successo parte da loro.

Il mio invito è farvi riflettere sull’enorme potenziale che risiede all’interno della vostra community. Dovete rispettarla, coltivarla, alimentarla nel migliori dei modi.

Dovete sempre dare un buon motivo per far ritornare gli utenti sulla vostra pagina. Le interazioni che cercate e che alimentate non devono essere fatte a caso. Non devono confidarsi come un “fastidio”.

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Come aumentare la reach organica sui canali social

Tenete a mente alcuni consigli e registrate, possibilmente, i dati ed i comportamenti della vostra audience per migliorare la reach organica:

  • rispondete al maggior numero di commenti;
  • argomentate nei commenti il vostro parere, cercando sempre una sana interazione;
  • chiedete risposte nei post ed inserite Call To Action.

Cercate di cogliere ogni gesto della vostra audience, non concepitela come un insieme di numeri in una massa informe: è il vostro bene più prezioso. Per il vostro brand ma ancor di più per la vostra credibilità.

Quali di questi consigli avete già avuto occasione di testare sulla vostra community? Penate siano validi per accrescere la portata e la qualità dei contenuti?

Qualcosa unisce le pubblicità post Covid dei brand (e le rende tutte un po’ simili)

  • In un momento come quello attuale è necessario che i brand facciano sentire la loro responsabilità nei confronti del pubblico.
  • I messaggi dei brand nelle pubblicità post-Covid si fondano su uno scenario universale: comunicando la propria vicinanza, celebrano le emozioni riscoperte, lo spirito creativo, l’adattabilità ed una forza tutta italiana, per una ripartenza consapevole.

 

Avete notato come è cambiato il tono delle pubblicità nelle ultime settimane? I brand stanno comunicando in modo diverso, come è diverso il momento che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Dopo il picco di emergenza sanitaria, il lockdown e i divieti imposti per oltre due mesi, entriamo nella Fase 2, una fase di progressiva riapertura in cui ci ritroviamo a fare i conti con una triste realtà emotiva ed economica.

L’Italia sente l’esigenza di una spinta verso la ripresa. Ci siamo fatti forza con la solidarietà, il “sentirci vicini rimanendo lontani”, le connessioni del quotidiano. Ma ora più che mai abbiamo bisogno di identificarci con valori essenziali e con messaggi positivi ed incoraggianti per affrontare questa nuova fase. Così anche la pubblicità segue una sorta di trend del post-Covid (e non solo in Italia).

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I brand che ci accompagnano ogni giorno si connettono con il momento particolare e fanno sentire la loro vicinanza – o meglio – la loro responsabilità nei nostri confronti. Le pubblicità post Covid raccontano le nostre giornate passate in casa alla riscoperta di tante emozioni che avevamo forse messo da parte. I brand riconoscono nella tecnologia il ruolo fondamentale di connessione tra affetti e condivisione alternata tra momenti di svago e attività lavorative.

In questo momento ritroviamo infatti uno scenario “universale” il cui target è ampio, al limite del generico.

Momenti e spazi condivisi

Lo spot Chiquita celebra l’originalità tutta italiana dimostrata durante il lockdown. Una serie di foto e video che dietro un momento storico difficile mostra un vissuto simpatico, espresso da ognuno attraverso i propri spazi e impegnando la propria creatività. Un ringraziamento agli italiani, che non si sono arresi e che con la stessa forza e originalità sono pronti a ripartire. (Agency: Bitmama)

Sulle note della canzone My Favourite Things, Mulino Bianco ci ricorda che la felicità è fatta di piccole cose, dai gesti quotidiani ai piccoli vizi golosi. Le immagini raccontano questi ultimi mesi, ripercorrendo quegli attimi che ci hanno reso protagonisti nelle nostre case, allo stesso modo. Sono proprio questi momenti di positività su cui il brand si fa forza per restituircela, per accompagnarci al ritorno della normalità senza dimenticare di fare tesoro delle belle emozioni riscoperte. (Agency: Publicis)

Così anche Carrefour ci fa compagnia in casa dove, per noi amanti del buon cibo, gli ingredienti non sono un semplice elenco di prodotti ma un insieme di occasioni per tenerci uniti. (Agency: Publicis)

Vicinanza ed empatia anche per Jeep che attraverso i volti dei lavoratori, l’inventiva e lo spirito combattivo degli italiani incita ad un nuovo inizio. L’augurio del brand è quello di una nuova ripartenza, la nostra e quella dell’economia italiana. (Agency: Leo Burnett)

LEGGI ANCHE: Cosa si aspettano in questo momento i consumatori dai brand, secondo Twitter

I brand dunque ci spronano, assicurano la loro vicinanza, promettono di tenerci la mano in questa risalita. Forse per questo, per l’uso di parole rassicuranti, toni e musiche pacate, scene di convivialità, riconosciamo una certa somiglianza tra le pubblicità post Covid.

Del resto in questo particolare momento, l’insight che ritroviamo è lo stesso per tutti, per i diversi brand e anche per noi.

Alcuni spot però, almeno nella narrazione sono riusciti a distinguersi dagli altri, distaccandosi da una esagerata ricerca dell’effetto empatico e da una rincorsa ai buoni sentimenti. 

Pibblicità post-covid: ripartire consapevoli di emozioni riscoperte

Milano è una delle città sfortunatamente protagoniste di questa pandemia. Ma Milano non si ferma: come un leone colpito si rialza fiera, un passo alla volta, con la voglia di rialzarsi ancora più forte.

Il rapper Ghali, tra i diversi quartieri, ci racconta una città ferita, ferma ma impaziente di ricominciare, che si adatta, aspetta, si reinventa. L’alba è quella tanto attesa da una metropoli che si sveglia ancora assonnata ma con la determinazione di ripartire con le sue mille attività. Perché dopo il buio arriva sempre l’alba che si apre in “quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello” (cit. Manzoni, Promessi Sposi). (Agency: TBWA)

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Mentre il mondo è andato in pausa, le emozioni e le esperienze hanno continuato ad esistere in casa con ognuno di noi. Uno specchio di vita, di preoccupazioni, di cambiamento, di amore, di riscoperte raccontate proprio dai nostri spazi più familiari.

Ed è da lì che Ikea ci sprona a ripartire e continuare, anche se in modo diverso, quella vita che almeno dentro casa non si è mai fermata. (Agency: DDB)

Lavazza inneggia al sentimento di un’umanità ritrovata, alla sensibilità individuale che fa eco nella comunità. Il rispetto e la responsabilità verso ciò che è diverso, verso il nuovo e quello che già esiste grazie anche al ruolo della tecnologia e della scienza: queste sono le parole tratte dal discorso finale di Charlie Chaplin nel suo film “Il Grande Dittatore”.

La ricerca di ciò che è giusto per tutti attraverso un consapevole annullamento degli stereotipi e delle prevaricazioni. Sembra strano realizzare che queste parole, attuali più che mai, siano state pronunciate nel 1940. (Agency: Armando Testa)

C’è chi dice basta alla pubblicità post-Covid

Eppure, c’è sempre un rovescio della medaglia. Dopo esser stati bombardati da messaggi rassicuranti, ringraziamenti e celebrazioni di una nuova fase c’è qualcuno che mal sopporta queste pubblicità.

Sui social, da qualche settimana è diventata sempre più forte l’insofferenza verso questa retorica nella comunicazione. C’è infatti tutto un altro pubblico che non si riconosce in queste esagerate coccole dei brand. Un pubblico che prende voce e si rivolge ai brand, sgridandoli.

La campagna si riferisce all’esasperazione spettacolare di molte pubblicità ideate già prima del Covid ma che per alcuni, calza perfettamente con questo momento. (Agency: 5hort)

Orientarsi ai tempi del Coronavirus: come i leader di 6 agenzie stanno ridefinendo la strategia di brand

Questo articolo è stato scritto da Sadie Thoma, Director, Creative Development at Google.

Le agenzie pubblicitarie non sono nuove ai cambiamenti radicali. Sono loro gli esperti cui si affidano i brand per avere una guida attraverso i mutamenti culturali, economici e tecnologici. In questo periodo, sono in molti a vantarsi di essere disruptor, in quanto mettono in discussione lo status quo e sanno orientarsi in questa nuova situazione.

Mentre l’epidemia da Coronavirus si evolve come la forza più dirompente mai vista in tempi moderni, le agenzie stanno aiutando i brand ad affrontare una nuova realtà senza precedenti. In mezzo a tanti rapidi cambiamenti, ora è più importante che mai restare al passo. Per chi si occupa di strategia, questo significa raccogliere i dati in tempo reale, scoprire nuovi comportamenti, ridefinire obiettivi e successi e trovare e creare nuove prospettive veicolate dai dati.

Sei esperti di strategia e leader di agenzie hanno spiegato quali sono le differenze nei modi di affrontare la pianificazione tattica e gli approfondimenti sui dati in questo momento, offrendo alcuni utili consigli per i brand.

Ecco che cosa hanno raccontato a Think with Google.

Sfrutta le opportunità di un totale cambiamento di mentalità

“Molti dei brand che stanno registrando sell-through da record devono passare rapidamente da una mentalità che predilige ‘l’aumento delle vendite dalla sera alla mattina’ a una che si concentra sullo ‘sviluppo del brand nel tempo’. Non si tratta di una sfida nuova, ma la situazione corrente richiede un cambio di prospettiva“, spiega Aki Spicer, Chief Strategy Officer di Leo Burnett.

Trovo che siano i brand con fondamenta solide, vale a dire una forte motivazione e un punto di vista definito, a poter superare questa transizione con facilità. È giunto il momento di dimostrare la nostra motivazione ai nuovi clienti, che forse interagiscono con noi per la prima volta dopo tanto tempo”.

Analytics Marketing B2B

Adatta la tabella di marcia interna in modo che misuri il successo

“Oltre a trovare le parole giuste, aiutiamo i clienti a capire che cosa è meglio fare, esplorando modi significativi di offrire valore concreto.

In questo momento tutti desideriamo ottenere un impatto che richieda il superamento delle misure tradizionali del patrimonio di marca e rifletta il feedback dei clienti, a indicare che abbiamo fatto realmente la differenza. Le misure del successo devono riflettere questo obiettivo”, indica Jonathan Lee, Chief Strategy Officer di Grey.

Investi in “conversazioni autentiche” con persone reali

Christine Chen, Partner, Head of Communication Strategy di Goodby Silverstein & Partners, aggiunge: “Siamo sommersi da dati strutturati riguardanti argomenti seri quali perdita del lavoro e diffusione della malattia. Gli approfondimenti più interessanti, che vertono sulle speranze e sulle emozioni personali, sono più difficili da misurare e spesso ci pervengono sotto forma di ‘focus group di una sola persona’.

Abbiamo bisogno di un maggior numero di dati come questi, ma la loro acquisizione richiede colloqui con i consumatori a scadenza regolare. Le domande da porre devono poi essere simili a quelle che gli intervistati si aspetterebbero da parte di amici o familiari, non da ricercatori di tipo tradizionale”.

Marketing B2B emozioni

Utilizza la strategia di marketing per creare valore là dove è maggiormente necessario

“La triste verità è che la pandemia ha messo in luce le differenze sociali. Ci sono intere comunità e parti della forza lavoro che vivono un’esperienza molto diversa da quella di chi, come noi, ‘lavora da casa’.

Concentrarci su questi gruppi e cercare di entrare in sintonia con i loro sentimenti e il loro modo di esprimersi è forse la cosa più importante che possiamo fare per capire che cosa succede. Una profonda comprensione dei segmenti di pubblico consentirà ai nostri partner di adottare misure che abbiano un vero impatto e apportino un reale valore”, racconta Kelsey Hodgkin, Head of Strategy di Deutsch LA.

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I test sulla creatività ci aiutano a orientarci tra le sfide poste dalla scelta dei messaggi

“Capire come parlare ai consumatori durante un periodo di panico senza precedenti dà la sensazione di camminare sulle uova, ma restare in silenzio è ugualmente rischioso”, spiega Stephanie Bohn, Chief Brand Officer di VidMob.

“È difficile prevedere le reazioni dei consumatori anche in situazioni normali, figuriamoci durante una pandemia. È fondamentale, quindi, affidarsi ai test sulle creatività. I brand hanno bisogno di indicatori in tempo reale per capire che cosa ha maggiore risonanza, in modo da dare forma alle strategie creative e convalidarle oppure, se necessario, aggiustare il tiro”.

Osserva gli indicatori del pubblico per scoprire la nuova normalità

“Ci affidiamo massicciamente ai dati di ricerca come fonte di approfondimento. Di solito possiamo affidarci ai trend anno su anno o al comportamento di ricerca più recente per avere buone indicazioni sul futuro. Purtroppo quando sopraggiunge una crisi dobbiamo reagire in tempo reale alle variazioni del comportamento di ricerca.

La corsa agli acquisti dettata dal panico, ad esempio, causa massicce fluttuazioni e irregolarità. La natura di questa crisi protratta sul lungo periodo rende difficile prevedere l’aspetto della nuova ‘normalità’.

Per aiutarci, cerchiamo di impostare una soglia per queste fluttuazioni e definire in base a questo standard la ‘nuova normalità’, o almeno la ‘prossima normalità’, una volta che le irregolarità tornino a essere considerate alla stregua di anomalie”, conclude Aaron Levy, Group Director, SEM di Tinuiti.

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State of Marketing: trend e insight da un’era di cambiamento globale

La tecnologia spinge oggi le aspettative dei clienti a nuovi livelli e in questo contesto professionisti e responsabili del marketing diventano promotori di relazioni significative ben oltre il primo acquisto.

Sulla scia della pandemia di COVID-19, gli standard di coinvolgimento dei clienti stanno cambiando ancora una volta e i marketer sono in prima linea nell’innovazione, come mostrano i dati raccolti da Salesforce nella sesta edizione della ricerca “State of Marketing”.

Le aspettative e i comportamenti dei consumatori, delle imprese e della società in generale stanno cambiando con una velocità e una portata senza precedenti. I marketer sono sotto un’enorme pressione per rivedere i loro modelli organizzativi e l’uso della tecnologia, per questo l’innovazione è la priorità numero uno nel settore.

Mentre i clienti imparano una serie di “nuove norme”, personalizzazione ed empatia non sono mai state così importanti. La consegna di messaggi e offerte in linea con le esigenze e le aspettative uniche di ciascun cliente richiede una profonda comprensione.

I responsabili marketing stanno cambiando il modo in cui si procurano e gestiscono i dati e stanno incrementando l’uso di tecnologie come l’intelligenza artificiale che li aiutano a sfruttarli al meglio. La crescita nell’adozione dell’AI è pari al 186% dal 2018.

Man mano che le aziende passano dalla comprensione di questa crisi alla ripresa e all’adattamento, i marketer hanno l’opportunità unica di trasformare le relazioni con i clienti in valore commerciale. Tenendo sempre più traccia di metriche come la soddisfazione del cliente, l’impegno digitale e il valore del cliente possono oggi ottenere un quadro olistico di ciò che funziona e ciò che non funziona nel customer journey.

I marketer B2B, infine, hanno un ruolo particolarmente importante nella crescita del business attraverso l’Account-Based Marketing (ABM).

Per scoprire più nel dettaglio gli insight del settore, Salesforce Resarch ha intervistato quasi 7.000 leader del marketing in tutto il mondo.

“Le interviste risalgono a gennaio e febbraio, prima dell’emergenza Covid-19, ma pensiamo che i risultati, alla luce di ciò che è successo, oggi abbiano ancora più valore”, ha spiegato in una conferenza stampa Stefano Cassola, Head Corporate Communications Italia e Spagna di Salesforce.

>> Scarica il sesto report “State of Marketing” di Salesforce <<

marketing trend e insight

Il nodo di Customer Experience e Innovazione

Sono questi i due aspetti che mettono oggi sotto pressione i marketer. Mentre le aziende cercano di connettersi con le persone e di costruire la fiducia in tempi incerti, l’esperienza del cliente è diventata più importante che mai.

L’84% dei clienti afferma che l’esperienza che un’azienda fornisce è importante quanto i suoi prodotti e servizi – in aumento rispetto all’80% del 2018.

Oggi l’88% degli high performer marketer guida iniziative di customer experience nelle organizzazioni, rispetto al 68% degli underperformer. Ma il cambiamento di mentalità e l’esecuzione sul campo sono due cose molto diverse, e molti marketer faticano a far corrispondere le operazioni alle aspirazioni. Meno della metà delle organizzazioni di marketing tiene traccia del customer lifetime value (LTV).

Innovazione significa fondamentalmente adattamento al cambiamento e questo è un punto critico nel momento storico nel quale ci troviamo. Già prima della pandemia COVID-19 , i responsabili del marketing riconoscevano nell’innovazione la loro massima priorità.

L’impegno innovativo in tempo reale non è un’impresa facile, per questo strumenti e tecnologie migliorate completano le principali priorità di marketing del 2020. Tuttavia, i responsabili del marketing riconoscono che raggiungere i loro ambiziosi obiettivi sarà una sfida.

Una rivalutazione dei budget per una nuova era

I budget di marketing erano costituiti da una gamma diversificata di attività che andavano ben oltre la pubblicità. Come tutti i leader aziendali, i CMO stanno ora rivalutando le voci di spesa.

“Ogni leader deve essere adattabile in tempi senza precedenti come questi, quando si pensa alla strategia e al budget. […] Nel breve termine, tattiche come fiere e pubblicità potrebbero essere ridotte o messe in pausa, ma gli investimenti in tattiche come l’ABM, il content marketing e la tecnologia rimangono fondamentali, osserva Phil B. Clement Chief Marketing Officer di Johnson Controls.

“Ora è il momento di riaffermare i fondamenti del brand ai consumatori che si sono fidati di voi prima di COVID-19. Questo è ciò che
dovrebbe guidare qualsiasi strategia di budget e tutte le decisioni di aggiustamento”, spiega Doug Zarkin Chief Marketing Officer di Pearle Vision.

marketing budget

Guardare avanti, ecco i prossimi marketing trend

I marketer – insieme al resto del mondo – si trovano oggi ad affrontare una crisi. Ma con il passare del tempo, il business si riprenderà, la fiducia aumenterà, e un ritrovato apprezzamento per l’innovazione si farà strada. I professionisti del settore si aspettano che i prossimi 10 anni portino grandi impatti di trasformazione dal punto di vista delle nuove tecnologie e ma anche degli sviluppi della società.

“La crisi Covid-19 sta costringendo i marketer italiani a ripensare ogni aspetto della propria attività, dalla definizione delle priorità e delle sfide strategiche, alle competenze tecnologiche e di team di cui avranno sempre più bisogno per migliorare sempre più la customer experience nella nuova normalità”, ha dichiarato Andrea Buffoni, Regional VP di Salesforce Marketing Cloud.

Da un punto di vista tecnologico, i marketer si aspettano che le reti wireless 5G avranno il maggiore impatto sul loro lavoro, ma anche la legislazione e i cambiamenti sociali sono destinati a trasformare ulteriormente il marketing.

Vuoi saperne di più sullo Stato del Marketing e sui trend del settore? Approfondisci con il sesto report “State of Marketing” di Salesforce.

tannico campari

Campari acquisisce il 49% di Tannico per puntare sull’eCommerce

Campari ha siglato un accordo con gli azionisti – inclusi il CEO, Marco Magnocavallo, P101 Sgr e Boox Srl – per acquisire una partecipazione del 49% di Tannico, la piattaforma eCommerce per la vendita online di vini.

L’accordo da 23,4 milioni di euro prevede la possibilità per il Gruppo di incrementare la partecipazione al 100% a partire dal 2025, in base a determinate condizioni.

Il perfezionamento della transazione è previsto entro la fine di luglio.

Per saperne di più sull’operazione abbiamo parlato direttamente con Marco Magnocavallo.

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tannico campari

La crescita di Tannico

Fondata nel 2013, Tannico ha una quota di mercato superiore al 30%. Con oltre 7 milioni di visitatori unici negli ultimi 12 mesi, il portale offre una scelta di oltre 14.000 vini provenienti da ben 2.500 cantine italiane ed estere. Oltre ai vini, l’offerta comprende spirit di fascia alta.

Lo scorso anno Tannico ha realizzato vendite nette pari a 20,6 milioni e il cagr delle vendite nette negli ultimi tre anni (2016-2019) è stato pari al 50% circa. Complice il lockdown, il trend è cresciuto in modo significativo nel primo trimestre 2020, raggiungendo un sostanziale break even gestionale.

Il deal tuttavia non è frutto della crescita di quest’ultimo periodo: «I primi contatti sono avvenuti prima del lockdown, che non ha avuto impatto rispetto a questo accordo», spiega il CEO.

Dal 2017 la società ha ampliato la propria presenza a oltre 20 mercati, tra cui Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia. «Nei prossimi anni seguiremo un progetto di internazionalizzazione ed espansione all’estero ancora più rapido», sottolinea Magnocavallo. «Il canale B2B è già dall’anno scorso una delle nostre priorità per il futuro e con maggiori energie e capitali potremo sicuramente spingere l’acceleratore in modo più pesante», aggiunge. L’interesse del Gruppo Campari sembra infatti essere motivato anche da questa doppia possibilità: rivolgersi sia al b2c che al b2b attraverso un’unica acquisizione.

«Il modello di Tannico si è formato mano a mano che scoprivamo e capivamo il mercato. Intelligence, WinePlatform, B2B, Tannico Flying School e wine bar non erano previsti all’inizio».

tannico campari

Cosa succederà dopo a Tannico

In base all’accordo al Gruppo Campari è garantita anche la possibilità incrementare la partecipazione al 100% a partire dal 2025. Abbiamo chiesto al CEO cosa accadrà dopo questa data: «Tannico sarà un brand sempre più affermato e conosciuto e le persone saranno ancora più felici di essere servite e guidate dalla nostra azienda», conclude.

incertezza improduttiva

Come non farsi paralizzare dall’incertezza improduttiva (e cogliere le opportunità anche in tempo di crisi)

  • Nathan Furr, docente di strategie all’INSEAD ha condotto uno studio sulla reazione delle persone di fronte ad un periodo di incertezza improduttiva.
  • Lo studio fornisce un grado generale sulla situazione e viene arricchito da consigli utili per superare anche in momenti di ansia.

 

Di fronte a una situazione carica di ansia e ambiguità – che si tratti di una pandemia come quella in cui ci troviamo attualmente, una recessione, la perdita di lavoro, un cambiamento familiare indesiderato – la maggior parte di noi non è in grado di immaginare una possibilità, un vantaggio. La prima sensazione è la paralisi, cadiamo cioè vittima di uno stato di incertezza produttiva. Tuttavia queste situazioni possono – se pensate attraverso un pensiero positivo – aiutarci ad eccellere. Come?

Nathan Furr, professore di strategia all’INSEAD – The Business School for the World, ha condotto negli ultimi cinque anni uno studio sulle persone che sono in grado di eccellere di fronte all’incertezza.

I soggetti dello studio, apparso anche su HBR (Harvard Business Review), includevano innovatori, imprenditori, amministratori delegati e premi Nobel, insieme a giocatori d’azzardo, paramedici e surfisti. Ciò che veniva fatto durante lo studio era identificare gli approcci che usavano questi soggetti per resistere alle situazioni di incertezza e scoprire il potenziale nascosto al loro interno.

Tre peculiari abitudini sono state identificate come migliori per il nostro scopo. Vediamole insieme.

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Incertezza improduttiva

Incertezza improduttiva? Apri gli occhi su tutte le opzioni, presenti e future

Se siamo minacciati da incertezza improduttiva cerchiamo di concentrarci su ciò che è immediato, tralasciando le possibilità che – diversamente – saremmo in grado di cogliere facilmente.

Questo tipo di comportamento, afferma Furr, non solo crea inquietudine, ma può anche portarci a prendere decisioni avventate o a rinunciare alle opportunità che ci si presentano perché non le riconosciamo nemmeno: un po’ come la storia del pesce che per diventare “grande” abbandona l’oceano per andare a nuotare in uno stagno.

Questo tipo di comportamento – secondo Furr – avviene molto frequentemente nella fase di scelta dei futuri studenti universitari. Molti di questi infatti scelgono di non intraprendere percorsi di studi scientifici a causa dei loro punteggi SAT (il famoso test attitudinale necessario per l’accesso alle università americane).

Secondo lo studio – in cui si mettono a paragone gli studenti di scuole superiore e universitari di Harvard – gli studenti i cui punteggi SAT li collocano tra i primi tre della loro scuola hanno il 50% di possibilità di perseguire un titolo scientifico, mentre quelli con un punteggio inferiore hanno solo il 15% di probabilità di farlo. Queste statistiche creano nella mente di chi ha avuto un punteggio inferiore una sensazione di inappropriatezza che li mette nella condizione di pensare di non essere abbastanza intelligenti come i loro coetanei, e quindi di scegliere università più facili.

Lo stesso comportamento avviene per gli studenti di Harvard, perché la natura umana ci porta a prendere decisioni sulla base della nostra esperienza vissuta piuttosto che con un occhio al quadro più ampio. Gli studenti di Harvard con il punteggio più basso sono sicuramente abbastanza intelligenti da riuscire nelle discipline scientifiche, ma non riescono a vedere quel quadro più ampio e quindi non si danno una possibilità.

Se riusciamo a ricordare che esiste un contesto più vasto di quanto avremmo potuto pensare, pieno di possibilità più di quanto avremmo potuto immaginare, avremo molte più probabilità di raggiungere un risultato ottimale.

Ancora più importante, saremo in grado di resistere al disagio dell’incertezza improduttiva con maggiore ottimismo e calma.

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marketing b2b

Pensa in termini di probabilità, non di risultati

Durante periodi di incertezza improduttiva, spesso ci blocchiamo ad immaginare quali saranno i risultati dei nostri dubbi. Gli innovatori esperti nella gestione di questo stato d’animo pensano in termini di probabilità.

L’emergenza COVID-19 ci viene in soccorso in questo caso per presentare un esempio calzante. Nel momento in cui la pandemia stava iniziando a diffondersi, ciascuno di noi ha iniziato a preoccuparsi della chiusura dei confini territoriali per fare in modo che la pandemia non si espandesse velocemente. Tuttavia pensare in termini binari – chiusura dei confini o non – crea inevitabilmente ansia.

Tutti volevamo che avvenisse in fretta per frenare questo fenomeno, considerata la mancanza di informazioni utili a capire come reagire.

In casi come questi valutare l’intera gamma dei possibili risultati ed assegnare loro delle probabilità, dà sollievo e ci permette di spalmare determinate percentuali di “liberazione” anche in un momento di terribile indecisione.

incertezza improduttiva

Ricorda che esistono sempre possibilità

Esistono sempre delle possibilità, anche tra l’incertezza improduttiva più dolorosa? O la capacità di trovarle è un privilegio per pochi? E ancora: la teoria regge in tempi di grave difficoltà? 

Siamo in un periodo molto particolare, dove l’esitazione è una sensazione comune. L’Italia ha risposto bene: eppure, se ci dovessimo descrivere attraverso uno dei cinque organi di senso, questo sarebbe certamente il tatto. Gli italiani sono per loro natura accoglienti, gioiosi, necessitano di contatto, di stringersi la mano ma sono storicamente anche in grado resistere, di fare di necessità virtù e trasformando le loro incertezze produttive in possibilità.

Basti pensare alle tante aziende di moda (e non solo) che hanno convertito, temporaneamente, la loro produzione di indumenti in dispositivi di protezione individuale per ricordarci che siamo tra gli stati del mondo più adattivi e fantasiosi.

Una dimostrazione che anche dalle peggiori crisi possono nascere nuove strade e che l’incertezza si vince percorrendole.

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giornata dell'ambiente

Giornata mondiale dell’Ambiente: il post-Covid aiuterà l’ecologia?

Sono passati quasi 50 anni da quando le Nazioni Unite hanno indetto la prima Giornata Mondiale dell’Ambiente, celebrata per la prima volta il 5 giugno del 1974 con lo slogan “Only One Earth”.

In quegli anni, l’umanità cominciava giusto a rendersi conto del proprio impatto sul mondo. Gli studi ecologisti erano appena all’inizio, ma già si delineava uno scenario drammatico, con una curva che, gli esperti annunciavano, ci avrebbe portato al collasso entro pochi decenni. Bisognava invertire subito la rotta, dicevano.

E invece, così non è stato. All’epoca il mondo era popolato da meno di 4 miliardi di persone, e oggi siamo arrivati a più di 7. Il numero di automobili non ha fatto che crescere, così come il consumo di carne, lo sfruttamento selvaggio delle risorse, l’inquinamento di fiumi e mari.

Addirittura, molti hanno continuato ad additare figure che combattevano per l’ambiente come Greta Thunberg come “uccelli del malaugurio” e a considerare la crisi climatica una specie di esagerata leggenda. Gli sforzi per contrastare la crisi sono stati pochi e poco decisi, specialmente da parte dei governi, e la situazione ha continuato a peggiorare senza che nessuno ci facesse particolarmente caso (l’aria a Milano era irrespirabile a inizio anno, ma nessuno si preoccupava delle morti e malattie dovute anche a questo).

Tutto è andato avanti come se nulla fosse. Almeno fino a quando un’altra crisi ci ha colpito: il Coronavirus.

cambiamento climatico negativo

Tutti ambientalisti ai tempi del Covid

Un virus è riuscito in poche settimane a fare ciò che in quasi 50 anni privati, aziende e governi avevano solo immaginato: a ripulire i cieli, a far tornare trasparenti i mari, a bloccare i fumi che escono dalle fabbriche e i liquami che vengono gettati nei fiumi.

Un virus ci ha bloccati in casa e costretti al silenzio, mentre la Natura si prendeva una meritata vacanza. Tanto è stato esplicito il sospiro di sollievo che la terra ha tirato, che alcuni hanno anche voluto vederci quasi una sua “vendetta” per il modo in cui la trattiamo.

Chiaramente questa è una teoria un po’ troppo animista per essere riconosciuta, ma effettivamente ci sono fonti autorevoli che suggeriscono una correlazione tra l’insorgenza del Coronavirus e crisi climatica: abbiamo già parlato in un altro articolo di come la riduzione degli ecosistemi e della biodiversità abbia aumentato drasticamente le zoonosi, cioè malattie trasmesse all’uomo dagli animali, tra cui probabilmente c’è anche il Covid-19. E ancora, l’Università di Harvard ha stabilito una forte correlazione tra polveri sottili e tasso di mortalità del Coronavirus.

Insomma, tra queste notizie uscite sui giornali, le foto di coniglietti nei parchi e di delfini nei porti che hanno invaso i social, e l’aria incredibilmente pulita e fresca che potevamo respirare dalle finestre quando eravamo chiusi nelle nostre case, finalmente una consapevolezza ecologista ha colpito i più.

E forse, dico forse, questa potrebbe essere la miglior cosa che potesse succedere per la lotta al cambiamento climatico. Se ci impegniamo abbastanza, quantomeno.

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aziende inquinanti

Nelle mani di chi?

Come abbiamo visto in questo articolo, uno studio Ipsos condotto dal 21 febbraio al 6 marzo 2020 in 29 nazioni, tra cui l’Italia, ha indagato come il mondo vede il cambiamento climatico e il Covid-19. Per il 71% delle persone il cambiamento climatico deve considerarsi una crisi quanto la pandemia.

Il consumo sostenibile, già in crescita in tempi non sospetti prima della pandemia, diventerà probabilmente una priorità maggiore per i consumatori (specialmente se gli Stati riusciranno a renderlo economicamente sostenibile).

Un sondaggio effettuato nel Regno Unito ha evidenziato come il 45% dei cittadini, colpiti dalla qualità dell’aria durante il blocco, si sia dichiarato interessato a comprare un’auto elettrica; erano solo il 17% coloro che avevano già pensato di acquistarne una prima.

I singoli quindi, anche alcuni di quelli che fino a pochi mesi fa additavano Greta come il male del mondo, potrebbero quindi finalmente iniziare a fare attenzione alla propria impronta ambientale, a comprare meno plastica, consumare meno carne, risparmiare energia in casa. Una grande vittoria, certo, ma abbastanza per invertire la tendenza?

No purtroppo, ormai lo sappiamo bene.

Non basta lo sforzo dei privati: servono azioni drastiche e congiunte da parte dei governi, dei potenti, di chi detiene i capitali. Serve che l’economia green diventi non solo “cool” ma anche conveniente.

E questo dramma che abbiamo appena vissuto come popolazione del mondo, sarà probabilmente l’ago della bilancia: la direzione che i potenti faranno prendere alla “ricostruzione” post-Covid sarà determinante.

Perché se da una parte ci sono Stati come la Polonia e la Repubblica Ceca, che proprio in questi giorni propongono di mettere da parte gli investimenti Green per concentrarsi sulla risoluzione della crisi attuale, dall’altra fortunatamente molti Paesi ritengono vero quello che ha detto Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea:  Prima o poi i nostri scienziati e ricercatori troveranno un vaccino contro il CoronavirusMa non c’è vaccino contro i cambiamenti climatici. Per questo motivo l’Europa deve ora investire in un futuro pulito“.

E l’intreccio politico ed economico che il Covid ha causato sta finalmente creando le condizioni perché questo possa avvenire abbastanza velocemente da essere efficace.

Giornata mondiale dell'ambiente 2020

Il mondo post-Coronavirus può essere più green

Dopo la crisi finanziaria del 2008, gli economisti hanno rilevato che i progetti verdi creano più posti di lavoro, offrono maggiori rendimenti a breve termine per ogni dollaro speso e portano ad un aumento dei risparmi sui costi a lungo termine, rispetto ai tradizionali stimoli fiscali.

In quest’ottica, la nuova crisi che ci troviamo ad affrontare ci offre l’opportunità unica, dovendo risolvere adesso problemi legati ai trasporti, al lavoro, alla socialità etc., di accelerare cambiamenti che altrimenti rischiavano di andare per le lunghe e diluire la propria utilità.

Trasporti post-Covid

Il primo ambito in cui vedremo sicuramente conseguenze notevoli sarà quello dei trasporti, che è destinato a cambiare velocemente in quantità e qualità.

Con il passaggio allo smart working che (si spera) verrà mantenuto quanto più possibile da molte aziende, la riduzione dei posti disponibili sui mezzi pubblici e la chiamata dell’OMS a “utilizzare la bicicletta quanto più possibile”, molti governi si stanno attivando con piani ingenti per migliorare la mobilità delle città.

Parigi, Londra e Milano sono tra le avanguardie europee, con piani da svariati milioni di investimento. A questo si aggiungono gli incentivi del governo italiano per la mobilità post Covid, che per caso o per fortuna vanno tutti nella stessa direzione green.

Giornata mondiale dell'ambiente 2020

Lo smart working è qui per restare?

Poi c’è il lavoro: finalmente lo smart working è sulla bocca di tutti, e tra alti e bassi ha dimostrato di sapersi difendere come modalità lavorativa alternativa, soprattutto nella Fase 2 in cui si è potuto coniugare con regole un po’ meno rigide di clausura.

Uno studio appena pubblicato da Enea ha analizzato il suo impatto in 29 amministrazioni pubbliche, evidenziando come la mobilità quotidiana del campione esaminato si sia ridotta di un’ora e mezza in media a persona. Durante l’emergenza Covid, il numero dei lavoratori agili in Italia è raddoppiato superando il milione, ed è auspicabile che lo smart working rimanga a questo punto una modalità lavorativa da implementare stabilmente per molte realtà.

“Basterebbe anche un solo giorno a settimana di smart working per i tre quarti dei lavoratori pubblici e privati che utilizzano l’automobile per ridurre del 20% il numero di km percorsi in un anno. In questo modo si otterrebbe un risparmio di circa 950 tonnellate di combustibile, oltre a una riduzione di oltre 2,8 milioni di tonnellate di CO2, di 550 tonnellate di polveri sottili e di 8mila tonnellate di ossidi di azoto, con un significativo impatto positivo sulla salute della popolazione”, spiega Marina Penna dell’Unità Studi, Valutazioni e Analisi di ENEA.

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L’impatto di Internet sull’ambiente

Il digital sembra aver modificato le nostre vite in meglio in pochi attimi, pensando ad esempio allo smart working: tutto è più semplice, immediato, non richiede spostamenti. Eppure anche Internet ha il suo peso ambientale.

Questo mondo virtuale non si trova collocato da qualche parte nel cloud, ma per utilizzare rapidamente il nostro motore di ricerca preferito o per fare shopping online, abbiamo bisogno di qualcosa di tangibile, così come per lo streaming video o per il gaming online.

Oltre a influenzare e cambiare il comportamento dei consumatori, il digitale ha un’infrastruttura molto materiale, che non è priva di impatto energetico e ambientale.

Secondo i dati di Google, la ricerca sul browser utilizza in media circa 0,0003 kWh di energia, pari a circa 0,2 grammi di CO2, vale a dire l’equivalente di accendere una lampadina da 60W per 18 secondi. Ma poi – secondo Google ogni anno vengono effettuate più di 2 trilioni di ricerche (1.000.000.000.000.000). Quindi questa lampadina potrebbe rimanere accesa per più di un milione di anni! Ciò che all’inizio sembra incredibilmente piccolo si trasforma in qualcosa di notevole impatto, visti i trilioni di volte in cui viene eseguita.

Secondo un report di Greenpeace, “Si stima che l’impronta energetica del settore IT consumi già circa il 7% dell’elettricità globale. Con un previsto triplice aumento del traffico globale di internet entro il 2020, l’impronta energetica di internet aumenterà ulteriormente, alimentata sia dal nostro consumo individuale di dati che dalla diffusione dell’era digitale a un numero maggiore di persone nel mondo, da 3 miliardi a oltre 4 miliardi a livello globale”.

Se tutto questo non fosse abbastanza, anche cryptocurrency e blockchain hanno aggiunto ulteriore impatto energetico del mondo virtuale su quello fisico.

E il carbone?

Una delle opportunità più “golose” per gli ecologisti è ciò che sta succedendo in ambito petrolifero.

Il comparto petrolifero non sarai mai più lo stesso. Penso che questa crisi cambierà le strategie della società, come è successo dopo l’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Ben van Beurden, amministratore delegato della Shell.

Il consumo mondiale di petrolio è calato del 30%, cioè 70 milioni di barili al giorno invece che 100, e il prezzo è crollato. Si è rafforzata la consapevolezza che il picco della domanda di petrolio sia prossimo o addirittura già passato, e che il futuro preveda una strutturale riduzione dei consumi.

Questo scossone potrebbe avere anche un effetto positivo sulle multinazionali petrolifere, obbligandole ad accelerare i timidi tentativi in corso di diversificazione verso le rinnovabili.

Se a tutto ciò aggiungiamo la riduzione dei consumi prevista per il post-Covid per l’impatto sul trasporto legato al probabile mutamento degli stili di vita e di lavoro visto sopra, lo scenario che si prospetta è molto più verde.

giornata mondiale dell'ambiente 2020

Giornata Mondiale dell’Ambiente 2020: gli effetti di una rivoluzione green

Tutto questo vuole essere una visione positiva (ma ragionata) di alcuni degli effetti che la ripresa post Coronavirus potrebbe avere sull’ambiente.

Certo, è una visione rosea (anzi, verde). Potrebbe succedere anche l’opposto. Potremmo tutti rinchiuderci nelle nostre vecchie auto inquinanti per paura del contatto con gli altri, essere così presi dai nostri problemi contingenti da dimenticarci le buone abitudini ecologiche che avevamo preso durante la pandemia, etc etc.

Sicuramente è uno sforzo che dobbiamo fare tutti, collettivamente, soprattutto i nostri governanti (adeguatamente pungolati dall’opinione pubblica).

Al momento, come sempre dopo ogni grande crisi, siamo sulla cresta dell’onda del cambiamento: è possibile tutto e il contrario di tutto. Questa crisi può essere distruzione o opportunità, come abbiamo visto in altre occasioni.

Più che mai sta a noi, dal singolo cittadino al capo di governo, prendere le giuste decisioni perché tutto ciò avvenga. La Natura ci ha dato una grande opportunità, anche se non la vediamo. Cerchiamo di coglierla.