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Una rassegna di Customer Experience meravigliose da cui farti ispirare

  • Nella CX, dobbiamo passare dal dire al fare
  • Quattro esempi e cinque take-away di Customer Experience da cui imparare
  • Spoiler: non citiamo Netflix, Amazon, Google e gli altri soliti noti

 

Lo sai? Disney non è solo la società di intrattenimento e magia che conosciamo. In effetti, se dico Disney Institute ti viene in mente nulla? Si tratta della società di consulenza, formazione e leadership di Disney, che opera a livello globale su centinaia di clienti da tutto il mondo.

Ma se Disney ‘di mestiere’ crea prodotti di entertainment, cosa c’entra con il Disney Institute?

C’entra, e tantissimo: perché l’azienda ha saputo sfruttare a meraviglia la sua capacità di dare vita a esperienze magiche e meravigliose. Non solo vendendole ai propri giovani e meno giovani clienti consumer, ma anche a manager, executive e amministratori delegati che desiderano progettare CX vivide e memorabili per il proprio business.

La Customer Experience non è per tutti

Già: perché oggi di customer experience parlano tutti, ma solo pochi passano ‘dal dire al fare’. Come dice Gianluca Rizzi sul Sole 24Ore, spesso la customer centricity rimane solo una questione di linguaggio. Solo in poche aziende e in pochi manager riescono a stimolare emozioni profonde sul pubblico, tali per cui lo stesso se ne ricordi per lungo tempo e si fidelizzi al brand. Anche perché progettare esperienze è complesso, e le stesse si dividono tra le seguenti tipologie:

  1. Entertainment: esperienze di puro intrattenimento, come partecipare a un concerto da spettatore o guardare la televisione.
  2. Educational: esperienze progettate a scopo formativo e didattico.
  3. Escapist: esperienze posizionate a cavallo tra le due tipologie citate sopra, ma che presentano livelli di partecipazione e immersività maggiori come suonare in un’orchestra.
  4. Esthetic: esperienze dove le persone sono completamente immerse in un’attività, senza però incidere sul suo corso in modo alcuno – per esempio, la visita a una galleria d’arte.

A seguire, elencherò quattro diversi case study di aziende leader nella customer experience da cui prendere spunto e ispirazione. Anche perché dobbiamo iniziare a pensare e progettare i prossimi mesi in cui (si spera) torneremo alla normalità, e la sfida è aperta.

Ti prometto che spazierò tra diverse industry, e soprattutto non citerò mai Amazon, Apple e Coca-Cola! ?

Alcuni esempi di Customer Experience ben progettate

Resort di Club Méditerranée

Esperienze e partecipazione sono da sempre fonte di valore, e un primo esempio sarà per molti molti familiare: il Club Méditerranée. Questo colosso è stato per lunghi anni all’avanguardia dell’industria turistica proprio per la capacità di proporre un universo esperienziale che andava molto al di là della normale offerta di beni e servizi per le vacanze.

In cosa consiste l’esperienza di partecipazione proposta dal Club Méditerranée? Tra gli altri, negli aspetti seguenti:

  • Abbandono commerciali tipici: la sostituzione del denaro con le collane di perline colorate è stata un’innovazione geniale per far allontanare i clienti dalle tentazioni e dallo stress delle spese estive.
  • Generosa distribuzione di prodotti e servizi unbranded: con l’eccezione del brand del Club stesso, ai clienti viene risparmiata la presenza delle marche, che nella vita quotidiana assillano la gente con migliaia di messaggi ogni giorno. La disponibilità di cibo pressoché illimitata fa entrare in un mondo dell’abbondanza e innalza il senso di appagamento.
  • Spettacoli e messe in scena: i palcoscenici del Club Méditerranée sono i luoghi di performance musicali, teatrali, d’intrattenimento svariatissime e di qualità, con forti capacità di coinvolgimento. Quello della teatralità è in effetti un tema caro per la progettazione di customer experience memorabili. Per citare un esempio parallelo, nella boutique Gucci Wooster, Gucci sperimenterà nuove modalità di servire la clientela. I visitatori saranno accolti da un gruppo di ambasciatori del marchio: i Gucci Connectors, in funzione di narratori, il cui scopo sarà quello di coinvolgere i clienti nella particolare narrativa della marca.
  • Rituali, giochi ed esperienze collettive: dal canto al ballo allo sport, il pubblico dei clienti è continuamente sollecitato a prendere parte diretta alle esperienze suggerite, contribuendo in modo diretto alla loro costruzione e riuscita.
  • Ritorno alla natura: le scelte geografiche del Club privilegiano luoghi di straordinaria bellezza naturale, invitando i clienti a immergersi in habitat al tempo stesso primitivi e tutelati e a vivere a fondo l’esperienza del relax.
  • Incontro e socializzazione: sia le attività collettive che altri espedienti (come le tavole per mangiare da decine di persone) spingono i clienti a uscire dal loro isolamento e provare nuovi contatti e amicizie.

Infrequent Flyers Club di Tigerair

Nel 2014 la filiale australiana di McCann ha ideato e sviluppato per la compagnia aerea low-cost Tigerair Infrequent Flyers Club. Una campagna di comunicazione creativa e intelligente fatta partendo da un insight: a causa dell’elevato costo del biglietto, il 77% degli australiani vola meno di tre volte all’anno.

In risposta a un dato così deprimente per una compagnia aerea locale, la stessa ha così pensato e promosso un nuovo loyalty program: un club online che si è dimostrato capace di arricchire i database aziendali con più di 500.000 nuovi contatti, presentato in un modo scherzoso e con una serie di servizi (o meglio, disservizi) opposti a quelli proposti dai programmi dedicati ai passeggeri che utilizzano di frequente gli aerei:

  • necessità di scegliere
  • stampare e ritagliare la membership card
  • possibilità di visionare dal sito web il menu dedicato, ma con la necessità però di doverlo cucinare a casa propria

Considerata la sua effettiva, enorme inutilità, la stessa card si è di fatto trasformata in un memorabilia esperienziale capace di suscitare l’ilarità dell’utente e, al contempo, di spingerlo a valutare la compagnia aerea con un occhio differente rispetto al passato per fuggire dalla possibilità di subire davvero una simile esperienza. ?

VR Distillery Experience di Jack Daniel’s

Se da un lato progettare esperienze ha un costo per le aziende, d’altra parte tale sforzo costituisce un investimento ancora maggiore, per via del grande numero di variabili progettuali necessarie e della loro forte taratura sulle specificità del singolo individuo. La sfida diventa allora comprendere in che modo ottimizzare il trade-off. Media e strumenti digitali offrono ancora un’elevata scalabilità da cui trarre vantaggio.

Grazie all’evoluzione esperienziale, un brand e un’icona culturale come Jack Daniel’s ha compiuto un vero miracolo commerciale: mantenere nel tempo il prodotto immutato nella sua ricetta originale, senza però scalfire la propria iconicità e coolness grazie alla continua innovazione nelle esperienze proposte ai pubblici. Esempio eccellente è la VR Distillery Experience: un video immersivo dove l’utente connesso può ascoltare la storia del celebre whiskey e al contempo guardare le immagini proposte durante la narrazione con panoramiche a 360°, immergendosi così di fatto in essa da protagonista. L’interlocutore può dunque “perdersi” all’interno del mondo di marca, ma è posto al contempo in una condizione più attiva, calato come protagonista della narrazione capace di giocare una parte significativa all’interno della storyline.

Supermarket of the Future di Barilla

Uno dei più grandi orgogli italiani, è Barilla. Un’azienda che nei decenni è stata capace di reinventarsi sempre, andando al passo con i tempi e comprendendo in pieno – cavalcandole! – le mutazioni culturali.

E proprio in queste settimane, proprio Barilla sta dando vita a un progetto che non solo guarda il futuro, ma lo accelera: si tratta del Supermarket of the Future aperto a Milano, progettato da Carlo Ratti Associati. Un supermercato con etichette aumentate, monitor che offrono informazioni nutrizionali sugli alimenti e tanto altro ancora.

I take-away di Customer Experience

Quali linee progettuali possiamo trarre da questa carrellata di casi interessanti, digitali e non solo, dedicati alla customer experience?

  1. Effetto WOW: la prima emozione per efficacia del marketing, è la sorpresa. E allora studia il cliente e… sorprendilo!
  2. Stimoli positivi: soprattutto in questo periodo, i clienti non vogliono avere bad vibes. allontana le emozioni negative, avvicina quelle positive.
  3. Memorabilia: lascia sempre un artefatto – possibilmente fisico – che il cliente può posizionare all’interno della propria quotidianità, e conseguentemente ricordarsi della bella esperienza.
  4. Portafoglio di esperienze: progettata la prima esperienza e nel rispetto della brand consistency, prendici gusto. Riuscire a creare un ricco portafoglio di esperienze correlate e integrate tra loro non solo rafforza e rende più vivace la brand promise, ma genera anche risultati di business sorprendenti attraverso nuove forme di ricavi e nuovi modi di interagire con i pubblici. Come integrare al meglio le diverse esperienze, in un’ottica di portafoglio e ottimizzazione? Attraverso l’individuazione di connettori esperienziali capaci di fungere da collante e filo rosso per le esperienze di marca – pensa alla sicilianità per Dolce&Gabbana.
  5. CX totale: se l’esperienza in sé è fondamentale, i memorabilia sottolineano l’importanza della più ampia gestione e ottimizzazione anche delle fasi successive al momento di erogazione della CX. È la stessa esperienza che lo richiede: gli effetti sulle persone non si esauriscono infatti durante la sua fruizione.
design thinking

Il Design Thinking per far crescere il tuo business (e guardare al futuro con meno incertezza)

  • Secondo una survey di McKinsey, il 90% dei dirigenti concorda sul fatto che il COVID-19 avrà un impatto significativo sulle esigenze dei clienti e potrebbe presentare nuove opportunità, ma solo il 21% ritiene di avere ciò che è necessario per innovare il proprio modello di crescita.
  • L’approccio strutturato e creativo del design thinking può aiutare le aziende a riconnettersi con i propri consumatori, innovare e uscire da una fase di stallo.

 

Cambiamento, innovazione, incertezza. Da quando è arrivato il Covid-19, queste tre parole sembrano sfrecciare tra i corridoi delle aziende, sia quelle vuote, con i dipendenti dislocati in smart working, sia quelle piene, che hanno cercato di ripristinare una sorta di “normalità distanziata”.

Il Covid-19 ha accelerato il cambiamento? Ha dato uno sprint all’innovazione? Non per tutti.

innovazione

Nei prossimi paragrafi analizzeremo la situazione di stallo che molte aziende stanno vivendo, in contrasto a un cambiamento veloce di abitudini dei consumatori. Proporremo successivamente l’approccio pratico del design thinking e del Proof of Concept per riconnettersi ai bisogni delle persone e innovare in modo agile e a piccoli passi, riducendo il rischio di fallimento.

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Business Continuity e prudenza

In questi mesi di incertezza alcune aziende hanno visto una grande opportunità di cambiamento, innovazione e guadagno, hanno intrapreso nuovi percorsi e agito sul loro business model. Altre invece, hanno tirato i remi in barca, adottando un approccio prudente, tagliando le spese e rimandando gli investimenti a un futuro meno incerto.

Secondo una survey di McKinsey dello scorso aprile, su più di 200 aziende il 90% dei dirigenti concorda sul fatto che il Covid-19 avrà un impatto significativo sulle esigenze dei clienti e potrebbe presentare nuove opportunità, ma solo il 21% ritiene di avere ciò che è necessario per innovare il proprio modello di crescita.

Negli ultimi mesi, eccetto le aziende del settore pharma e medical, tutte le altre hanno ridotto significativamente gli investimenti in innovazione.

covid-19 business

LEGGI ANCHE: Come cambiano le abitudini di acquisto dei consumatori durante l’emergenza Covid-19

La prudenza emerge anche in ambito startup. Dall’inizio del Covid-19 si è registrat0 un meno 20% di finanziamenti di Venture Capital a livello globale e un atteggiamento più severo degli investitori che esaminano il potenziale delle startup.

Come biasimare del resto un comportamento prudente di un imprenditore, che in pochi mesi si è trovato davanti una situazione fuori controllo, i titoli in borsa crollare e anche le più grandi aziende vacillare.

Dall’altra parte tuttavia i bisogni dei consumatori sono cambiati e stanno nascendo nuove esigenze. Per quanto possiamo tirare i remi in barca è impossibile chiudere gli occhi e non assecondare un processo di cambiamento in atto.

Riconnettersi ai consumatori

Ciò di cui le startup e le imprese hanno bisogno per innovare sono: adattamento al mercato del prodotto/servizio (product-market fit) e buy-in (sia che provenga da Venture Capital esterne o stakeholder interni).

Con product-market fit intendiamo un prodotto che incontra i bisogni dei consumatori e del mercato. Potreste pensare che non sia una novità, è vero, ma sarete stupiti nel sapere che ben il 70% delle startup fallisce, tra i motivi principali, proprio per la mancanza di product-market-fit. Succede anche nelle grandi aziende, pensiamo ai Google Glass, un’innovazione che non ha incontrato il favore del mercato.

design thinking

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Il Covid-19 ha amplificato la disconnessione tra prodotti/servizi e mercato. Oggi anche se disponiamo di dati storici sui nostri clienti, potrebbero non essere più validi, perché la pandemia ha modificato i loro comportamenti ed è necessario quindi indagare su nuovi problemi e bisogni che incontrano. Per esempio sono aumentati di importanza nel processo decisionale fattori come la sicurezza, la convenienza, il prezzo. Questa situazione tradotta in un caso pratico, ha portato per esempio nelle strutture turistiche una maggiore flessibilità sui termini di cancellazione delle prenotazioni.

Un altro punto da considerare è la corsa al digitale, con aziende, soprattutto retail, che trasferiscono il loro business in portali online, puntando tutto sulle esperienze digitali modello Amazon. Sicuramente è un aspetto importante, ma non è detto che sia la soluzione e l’innovazione migliore per tutti. Percorrerla senza indagare potrebbe portare a investimenti sbagliati. Proprio in questo contesto di incertezza il design thinking rivela il suo grande potenziale.

Cos’è il Design Thinking

Il design thinking è un approccio e una filosofia, un processo creativo, strutturato, human-centric focalizzato sulla soluzione di problemi complessi in modo veloce, collaborativo, innovativo. Si può applicare ad ogni progetto, che sia la logistica del magazzino, la creazione di un nuovo prodotto, ma anche un progetto di vita (Life Design).

La persona nel design thinking è al centro del processo e si sviluppano soluzioni per risolvere suoi problemi e bisogni. Secondo il design thinking nel problema si nasconde l’opportunità.

L’approccio è usato da moltissime grandi e piccole aziende, come Google, Apple, General Electric, Airbnb, IBM. Alcune delle quali hanno creato anche processi personalizzati di Design Thinking, come il Design Sprint di Google.

Il modello e processo più conosciuto è quello della Stanford University (guida completa), che prevede cinque fasi: empathize, define, ideate, prototype, test.

Il processo nel design thinking non è rigido e da intendersi a ciclo continuo e non lineare. I risultati ottenuti nella fase di test, per esempio potrebbero non essere quelli sperati e in questo caso si inizia di nuovo con la fase uno di ricerca con gli utenti, oppure si può tornare indietro nella fase prototipo e aggiungere nuove funzionalità al prodotto da testare e così via.

Vediamo ora in modo dettagliato ogni fase.

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Empathize

Lo scopo di questa prima fase di ricerca è comprendere i bisogni e i problemi degli utenti, mettersi nei loro panni, ascoltarli attivamente, osservarli e immedesimarsi nel problema senza giudicare.

Esistono diverse tecniche e strumenti per empatizzare con i propri clienti e utenti:

  • Interviste
  • focus group
  • survey
  • user test
  • ricerca etnografica
  • osservazione sul campo

Define

In questa fase del design thinking si fa chiarezza. Si uniscono le informazioni raccolte nella fase uno, si analizzano e sintetizzano per la definizione del problema o problemi (problem statements). Si definiscono inoltre gli elementi e obietti SMART (specific, measurable, attainable, relevant, time-bound) per giungere alla soluzione.

I metodi e strumenti che possono essere utilizzati sono: user stories, personas, diagramma di affinità.

Ideate

Nella fase di ideazione si generano idee creative, fuori dagli schemi, con lo scopo di esplorare più soluzioni diverse ai problemi definiti in precedenza. In questa fase si coinvolgono più persone anche appartenenti a team esterni e diversi proprio per favorire la contaminazione di idee. Possono nascere in questa fase idee per creare il product-market fit, oppure qualcosa di totalmente nuovo.

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design thinking: brainstorming

Metodi e strumenti che possono essere utilizzati in questa fase: brainstorming, storyboard, mindmap.

Prototype

Infine dalla raccolta, analisi e sintesi di idee si estraggono quelle che si ritengono più fattibili e con un impatto maggiore. Si costruiscono quindi dei prototipi.

Il prototipo è da intendersi come una bozza economica, flessibile, semplice e veloce della soluzione. Serve per testarne le funzionalità insieme all’utente, senza rischiare grandi investimenti o perdite di tempo.

design thinking: prototype

Può essere realizzato in qualsiasi modo, anche i più creativi a seconda del prodotto o servizio: su carta, con il DAS, con una simulazione del servizio attraverso role-playing, con oggetti stampati a basso costo in stampa 3-D. L’ideale è che l’utente possa interagire con il prototipo.

Per esempio nel caso di un software, possono essere riprodotti su carta diversi prototipi su cui l’utente può lavorare, per far capire ai designer come esegue delle attività.

Test

Con il prototipo in mano testiamo la soluzione con il gruppo e la nicchia di utenti con cui abbiamo empatizzato nella fase uno. Concretamente in questa fase, mentre l’utente testa la soluzione raccogliamo feedback che ci porteranno in diverse direzioni, o a realizzare il prodotto finale su quel prototipo oppure tornare alla fase di ideazione con nuove idee da prototipare e testare, o ancora a modificare il prototipo aggiungendo altre caratteristiche.

Il vero valore aggiunto del design thinking è la riduzione del rischio, lavorando a fasi iterative e coinvolgendo direttamente l’utente finale nel progetto. Quest’ultimo ci fornisce risposte prima di fare un grande investimento e ci permette di realizzare un servizio o un prodotto di cui ha veramente bisogno.

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Il design thinking di Uber Eats

Uber Eats è una startup e piattaforma di food delivery lanciata da Uber nel 2014 a San Francisco. Il servizio è presente in oltre 650 città del mondo con la mission di fornire cibo buono, senza sforzo e ovunque.

Uber eats utilizza l’approccio design thinking. Per entrare in empatia (Empathize) con gli utenti, i designer di Uber Eats visitano regolarmente i lavoratori dei ristoranti, i corrieri e si siedono a casa dei loro clienti mentre ordinano il cibo. Nel momento in cui devono lanciare un nuovo prodotto, intervistano i futuri clienti e li osservano mentre utilizzano prodotti concorrenti. Si mettono insomma nei loro panni, guardando al servizio con il loro punto di vista e individuando così problemi ed esigenze che possono risolvere.

design thinking uber
Successivamente nella fase di definizione (Define), i designer raccolgono le osservazioni e definiscono il problema, non semplicemente da un punto di vista logistico, ma con le informazioni raccolte sul campo osservando direttamente gli utenti e i partner con le difficoltà anche emozionali che incontrano.

Nello step ideate si coinvolgono persone provenienti da team diversi (es. marketing e sviluppo) per incoraggiare l’ideazione e la creatività da prospettive e esperienze differenti. Le sessioni di ideazione hanno per esempio portato alla creazione dei ristoranti virtuali Uber Eats.

Si passa poi al prototipo (Prototype) e alla fase di test. Funzionalità sulla piattaforma come “Più richiesti” sono state originariamente proposte come esperimento dal team operativo di Toronto di Uber Eats. Dopo aver sviluppato, rilasciato e convalidato rapidamente i vantaggi di questa funzionalità, designer e sviluppatori hanno collaborato per creare la versione finale con i feedback ricevuti e lanciarla nei mercati globali.

Proof of Concept

Per ridurre ulteriormente il rischio di investimento oppure per presentare la propria idea con lo scopo di convincere internamente o esternamente a proseguire e investire negli step successivi, si può unire il processo di design thinking a quello del proof of concept.

Una prova di concetto (POC) è un piccolo esercizio per testare l’idea o l’ipotesi di design. Lo scopo principale dello sviluppo di una POC è dimostrare la funzionalità e verificare un determinato concetto o teoria, che può essere raggiunto nello sviluppo. La prova di concetto è diversa dalla prototipazione, in quanto quest’ultima è già una bozza del prodotto e servizio, ne testa le funzionalità, l’interazione. Mentre una POC mostra che un prodotto o una funzionalità può essere sviluppata, un prototipo mostra come verrà sviluppato.

prototype
Il grande vantaggio nella prova di concetto è arrivare a un risultato in una fase ancora precedente del prototipo e concretizzare velocemente l’idea senza concentrarsi già sul prodotto o servizio da realizzare. La POC può essere nell’aspetto anche totalmente diversa dal prototipo, perché come abbiamo detto lo scopo è testare il concetto.

Babbly

Un esempio di prova di concetto è quella realizzata dalla startup Babbly. Maryam Nabavi, un ingegnere aerospaziale il cui figlio ha mostrato difficoltà con lo sviluppo del linguaggio, ha avuto l’idea di sviluppare Babbly, un’app basata sull’intelligenza artificiale che consente ai genitori di monitorare lo sviluppo del loro bambini e analizzare le loro abilità linguistiche e sociali. I wireframe realizzati come prototipo non erano sufficienti per convincere le VC a investire. Volevano la prova che potesse effettivamente sviluppare un algoritmo in grado di identificare la vocalizzazione di bambini e adulti. Nabavi ha quindi realizzato una Proof of Concept in poche settimane, grazie a cui, Babbly è stata in grado di chiudere $ 250.000 di finanziamenti e vincere diversi premi, prima ancora che il prodotto fosse sul mercato.

Per le startup testare le idee con una Proof of Concept permette di attirare investimenti dimostrando la validità dell’idea. Per le aziende affermate con un prodotto già sul mercato, lo sviluppo di una Proof of Concept può essere utile per testare nuove idee di funzionalità, senza dover bruciare i soldi e il tempo necessari per costruirle completamente.

Uscire dalla fase di Stallo

Lavorare in modo agile e veloce non è facile per molte aziende. La prospettiva di allinearsi attorno a un’idea e capire che prima di arrivare alla risposta giusta si potrebbe fallire fa paura e molte aziende vogliono solo le risposte giuste. Questo porta all’inerzia e allo stallo verso l’innovazione, aggravata dall’incertezza di un periodo, che non ha risposte giuste.

Rischiare ora con investimenti avventati è una follia, rimanere fermi lo è allo stesso tempo. Gli approcci di Design Thinking e Proof of Concepts forniscono in modo molto concreto, veloce e flessibile una strada per cambiare senza stravolgere l’azienda e andare oltre le reticenze di manager e imprenditori che cavalcano il detto “abbiamo sempre fatto così”.

ecommerce post covid

Alla ricerca dell’eCommerce perfetto: cosa vogliono le persone oggi?

  • Nel settore eCommerce, a maggio 2020 sono stati registrati 2 milioni di utenti in più rispetto all’anno precedente, mentre per fine 2020 ci si aspetta una crescita del 26%.
  • Quando pensiamo all’eCommerce, il nostro Top of Mind è Amazon.
  • Scopriamo i fattori chiave di un buon eCommerce dal punto di vista dei consumatori in era post-covid.

 

Che in Italia le imprese dovessero digitalizzarsi non l’avrebbe dovuto far capire il Covid, ma tant’è. Ci è voluta una pandemia, ma sono tantissime le aziende che ora stanno correndo una maratona – senza alcun riscaldamento – per arrivare all’obiettivo “digitale”.

L’eCommerce, lo scrivono da Il Sole 24 Ore ad Agi, è cresciuto. Assurdo scrivere “grazie al” Covid, ma le cifre parlano chiaro: a maggio 2020 sono stati registrati 2 milioni di utenti in più rispetto all’anno precedente, mentre per fine 2020 ci si aspetta una crescita del 26% yoy (Netcomm). E allora, cosa stiamo aspettando? Prendiamo tutti quanti la rincorsa e buttiamoci su Amazon… O no?

Mai come ora, con i reparti finance dalla parte del marketing, è importante valutare bene tutte le possibilità ma soprattutto inquadrare cosa desiderano realmente gli utenti.

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Crescita e-commerce durante il periodo del lockdown

Partiamo dalle basi: lo standard irraggiungibile di Amazon

Quando pensiamo all’eCommerce, il nostro Top of Mind – ciò che nel marketing è il primo ricordo del consumatore – è Amazon.

Il gigante delle vendite online negli anni ha stabilito un benchmark da inseguire. I suoi pilastri sono tre: prezzo, disponibilità e comodità per l’acquirente. Non poco, direte voi. Attraverso grandissime quantità, Amazon è riuscito a settare degli standard irraggiungibili per i competitor eCommerce: consegna in 24 ore (o addirittura in giornata), prezzo più basso che ovunque e un servizio post vendita incredibile.

E allora cosa può fare un rivenditore per mettere sul tavolo un valore aggiunto rispetto ad Amazon? E come può farlo online?

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eCommerce post Covid, round 1: consegna in 24 ore versus risparmio al consumatore

Partiamo analizzando il servizio top di Amazon: la consegna in 24 ore. Durante il lockdown anche il tycoon ha dovuto rinunciare a questo pilastro, venendo meno al patto di consegna giornaliera ma anche al catalogo pressoché illimitato di merci.

Pensiamoci bene, come ci siamo sentiti? Dopo un breve sbuffo infantile, personalmente ho cliccato su Acquista e pensato “vabbè, arriverà tra una settimana. Intanto io sono a casa sana e salva”. La pandemia insomma ha portato a rivalutare un po’ questo servizio negli eCommerce post Covid. Senza contare che la consegna 24 ore in Amazon avviene praticamente solo sui prodotti aventi il servizio Prime (sì, ho fatto i compiti) e che per il consumatore ha un valore aggiunto solo su una serie di prodotti.

Porto un esempio sul banco: l’altro giorno ho comprato su Depop una borsa di un marchio Made in Italy iper costoso. L’ho pagata 500€, invece di 1.700€, perché era stata usata una volta o due e la venditrice non sapeva più che farsene. Aspetterò 10 giorni e ho pagato anche 20€ per la consegna. Ma credete che mi interessi qualcosa? No, perché si tratta di un bene di lusso, per cui risparmio tantissimi soldi, perciò i tempi brevi di consegna assumono un peso infinitesimale. Risparmio 1, consegna breve 0.

E-commerce e offline

Alla ricerca dell’eCommerce post Covid perfetto: nei panni dell’utente online

Consegna gratuita e risparmio al consumatore sono solo la punta dell’iceberg. Posto che su questi fattori non tutti possano essere competitivi, quali potrebbero essere i servizi differenzianti?

Ovviamente dipende dal settore. Ci sono alcune industry più mature di altre: prendiamo il fashion e l’arredamento. È ovvio che dal fashion mi aspetti determinati tool, che nell’arredamento (ma anche nell’automotive, per dire) non possono essere replicati. Per questo motivo, mi perdonino gli altri settori, prenderò il fashion come esempio di partenza, dal momento della ricerca a quello del servizio di customer care.

La ricerca della borsa perfetta

First things first, essere trovati online. Da consumatrice, mi aspetto che i primi risultati se digito “borsa in pelle nera” siano sensati. Ad oggi, se su Google uso questa keyword i primi risultati sono ADV di vari e-commerce. Ne apro uno dei primi, scartando Wish (non sapevo vendesse oggetti in vera pelle: parola d’ordine “posizionamento“).

La prima cosa che vedo è un banner che mi dice che ho il 10% di sconto. La mia reazione istantanea è di trovarlo vagamente aggressivo, ma poi la metto da parte pensando che mi piaccia l’idea di avere uno sconto per il mio primo acquisto. Quindi, take note, anche se i best in class lo fanno già da tanto: un discount da mostrare al primo click è un ottimo biglietto da visita.

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Filtri di ricerca, foto prodotto, sostenibilità e tracciabilità

Ora mi trovo nella pagina su cui mi ha dirottata l’ADV e ho davanti una ventina di borse di pelle. Non nere, però. Fortunatamente, a sinistra ho un filtro che mi permette di selezionare il colore desiderato, e clicco su Nero, Borse a mano.

Di quelle presentate me ne colpisce solo una, è un secchiello. Non cercavo quello, ma lo valuto lo stesso (finisce sempre così…). Mi piace che sul sito ci siano foto da diverse angolazioni, misure, composizioni… Se devo spendere, voglio conoscere pure cosa mangiava il vitello da cui è stata fatta la pelle. Anzi, non solo. Oltre alla tracciabilità, voglio sapere se è un prodotto sostenibile.

Con la pandemia ho sviluppato un briciolo di coscienza sui consumi e ora penso che il minimo che un’azienda possa fare sia essere più sostenibile nei confronti di questo povero pianeta.

I dettagli fanno la differenza: un personal shopper e la body inclusivity

Oltre a questo, cerco l’immagine della borsa indossata. Ce n’è una su un modellino disegnato, ma non rende bene l’indossabilità. Questo è molto importante: se fosse un abito una condizione sine qua non sarebbero almeno un 3-4 foto sulla modella, con dei consigli sulla vestibilità.

In merito a quest’ultimo, voglio citare come best in class Shein, che, nonostante il basso costo dei capi permetterebbe di pensare “vabbe’, se non mi sta pazienza”, ha una sezione in cui inserendo le proprie misure si può avere il consiglio di taglia.

Aggiungo che per una vera body inclusivity (che è un trend topic di questi tempi) sarebbe bello vedere il capo su diverse conformazioni. La butto lì, come starebbe quel maglioncino a una ragazza magra, una normopeso, e una leggermente in sovrappeso? Ma mi rendo conto che sto sognando ad occhi aperti: mi è capitato di vedere preventivi per gli shooting e so che è un’attività incredibilmente costosa.

Però, mi viene da dire che si potrebbe ovviare il problema inserendo una sezione di consigli di vestibilità, del tipo: consigliato per un fisico a “pera”, sta bene ai “rettangoli”. Forse oggi è fantascienza e sarebbe anche a rischio di critiche sul body shaming, ma come offline si trovano le commesse a consigliarti un modello, sarebbe bello avere un personal shopper anche online, come servizio differenziante.

E-commerce_Shein_Vestibilità

Recensioni, pagamento online, politiche di ritorno, Click & Collect

Torniamo alla borsa. L’ho vista: mi piace. Ora la prima cosa che cerco è una sezione dedicata alle recensioni. Voglio sapere cosa pensano del marchio e del prodotto le ragazze che hanno comprato prima di me. Le trovo! Le leggo, tutte positive. La metto nel carrello, applico il mio sconto.

Ma prima mi viene in mente un ultimo dettaglio: la politica di ritorno! Com’è? Zalando offre il reso gratuito, impareggiabile, chissà se anche questo negozio lo fa.

Ecco, lo fa. Ho 30 giorni per ripensarci, clicco anche sulla pagina dei dettagli per apprendere che se il prodotto fosse fallato avrei 48 ore da avvenuta consegna per notificarlo, e ok. Torno al mio carrello, le opzioni di pagamento sono innumerevoli: carta di credito, alla consegna, bonifico, PayPal… Se non fosse una simulazione la comprerei per davvero!

L’ultima opzione che guardo per dare il mio voto all’eCommerce di borse è se è possibile effettuare in qualche modo il Click & Collect: un trend in voga da diverso tempo ma che col Covid ha assunto un valore ancora maggiore. Poter scegliere online, risparmiare le spese di spedizione e eventualmente anche i tempi di attesa, se avesse anche questo (non lo ha) sarebbe promosso a pieni voti come perfetto e-commerce post Covid.

Fattori differenzianti di un eCommerce post Covid: Limited Edition e customizzazione

Facendo un brainstorming per questo articolo un altro paio di features che mi erano venute in mente erano le Limited Edition e la customizzazione. In Cina è una tendenza che va da parecchio: ad esempio, solo tramite Mini Program WeChat Longchamp rende disponibile la customizzazione della sua celeberrima Pliage. Oppure, sempre Longchamp (la ricerca della borsa perfetta è stata lunga e tortuosa) ogni anno per il Capodanno Cinese rende disponibili delle Limited Edition in collaborazione con Mr Bags che sono ispirate all’oroscopo cinese. Sono acquistabili online, e guess what, vanno a ruba.

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E tu? Sei veramente pronto a vendere online?

Escape room team building

Il fenomeno Escape Room: dal Team Building ai giochi da tavola

  • Le Escape Room sono arrivate in Italia solo nel 2015 diventando subito un fenomeno di successo.
  • Non solo intrattenimento ma anche un valido strumento di Team Building.
  • Un’idea intermediale che si è sviluppata anche nel mondo dei libri e dei giochi in scatola.

 

Sei in una Escape Room, a un metro da te trovi un lucchetto che chiude una cassa. Per trovare la combinazione hai solo un foglio di carta con scritto: “Trova l’ultima cifra della serie numerica e utilizza il codice per aprire il lucchetto – 4 7 5 6 ?

Quella appena descritta è una classica situazione da Escape Room, fenomeno che sta crescendo sempre di più ampliando i propri orizzonti nelle applicazioni più varie: dagli strumenti di team building ai libri passando anche per i giochi in scatola. Ma andiamo con ordine.

Cosa sono le Escape Room?

Per Escape Room si intende un gioco in cui i partecipanti devo sfruttare le loro abilità logiche, deduttive e fisiche per riuscire a risolvere una serie di enigmi che li porteranno alla vittoria: uscire dalla stanza prima dello scadere del tempo.

Stranger Things escape room

Si tratta, quindi, di un “gioco evento” in cui i giocatori si trovano fisicamente all’interno di una stanza (a volte possono essere anche più di una o, addirittura, un intero edificio o area). Le stanze sono sempre a tema, si va dall’horror all’avventura passando anche per stanze ispirate alle serie tv più famose come Stranger Things o La Casa di Carta.

Come fenomeno, quello delle Escape Room, prende spunto da diversi format televisivi degli anni ’80 / ’90 in cui i concorrenti erano messi alla prova con giochi di abilità e logica. Un esempio tutto italiano è il programma di Rai 1 Luna Park (andato in onda dal 1994 al 1997).

Altro elemento di ispirazione sono stati i numerosi videogame “punta e clicca” dove si dovevano risolvere indovinelli utilizzando gli oggetti. Un esempio il famosissimo The Secret of Monkey Island del 1990.

Monkey Island

La prima Escape Room nacque nel 2008 dalla mente di Takao Katoe, si svolgevano all’interno di bar e locali dove venivano inseriti oggetti e indizi. In Europa arrivarono nel 2011, prima in Ungheria. In Italia arrivarono nel 2015, prima a Torino e poi in tutte le principali città.

Escape Room in Italia: alcuni dati

Escape Room in Italia, i dati

Fonte: www.nonoia.it

Team Building in una Escape Room

Oltre ad essere un ottimo passatempo con gli amici, le Escape Room sono anche ideali per attività di team building. Grazie alla loro struttura, sono perfette per rafforzare il team e vi spieghiamo perché: 

Stimolano il pensiero laterale

Le Escape Room ci proiettano in un mondo straordinario rompendo la routine lavorativa. Il team viene catapultato fuori dalla comfort zone dell’ufficio in una situazione fantastica, misteriosa o horror.

Inoltre gli enigmi proposti sono spesso risolvibili solo se si ribaltano i normali schemi logici: mettere i giusti cappelli sulla cappelliera seguendo le foto poste sul muro di fronte, trovare il codice di un lucchetto sfogliano un libro o ancora ruotare delle manopole per aprire una porta segreta. 

Questo approccio stimola il pensiero “fuori dagli schemi” e la creatività mettendo in luce aspetti nascosti dei membri del nostro team. Possiamo scoprire che il nostro vicino di tavolo è bravissimo con gli anagrammi e la nostra collega è abilissima a trovare gli oggetti nascosti.

Obiettivo comune, collaborazione necessaria

Nell’ambiente lavorativo, solitamente, si hanno obiettivi specifici: ognuno di noi ha delle mansioni da svolgere e delle responsabilità individuali. In una Escape Room no. O tutti vincono o tutti perdono, non ci sono mezze misure.

Tutto il team deve necessariamente fare gioco di squadra per poter vincere, sabotare gli altri vuol dire perdere e anche non impegnarsi attivamente. 

Power rangers team building

Addio agli schemi gerarchici

Come abbiamo detto prima, le Escape Room ci portano all’interno di realtà particolari: una casa infestata da spiriti maligni, un laboratorio del 1800, il sottosopra di Stranger Things. In un contesto come questo anche le dinamiche di ufficio crollano.

In una Escape Room cambiano le dinamiche tra persone, il modo di parlarsi e anche quello di “dare gli ordini”. Non ci troviamo più a lavoro ma in un ambiente totalmente differente dove, in pochissimo tempo, dobbiamo risolvere intricati puzzle. 

Ecco allora che la stagista diventa leader, il capo un abilissimo esecutore e il nostro vicino Nerd il motivatore del gruppo.

L’importante è riflettere

Che si vinca o no, le Escape Room sono un importantissimo strumento di analisi e riflessione. Una volta finita l’attività è importante riunirsi e riflettere su quello che è successo: come sono state risolte le difficoltà? In cosa abbiamo perso tempo? Quale aspetto devo migliorare? Quali skill pensavo di non avere e invece mi hanno sorpreso?

Non solo, questa esperienza può essere anche molto utile per chi si trova a capo del team: quali sono state le “crepe” del mio team? Su quali abilità il mio team è carente e va rafforzato? Ci sono elementi di disturbo? Quali sono le abilità che non avevo notato nei membri del mio team?

Escape Room 2.0: dai libri ai giochi da tavola

Le Escape Room sono diventate, in poco tempo, un vero e proprio fenomeno mondiale, tanto da attirare l’attenzione anche di case editrici di libri e di giochi da tavolo.

La casa editrice Il battello a vapore ha da poco distribuito una collana di libri dal titolo Escape Book. Si tratta di una coraggiosa e ben riuscita trasposizione su libro dell’esperienza Escape Room. Le regole, ovviamente, sono state adattate ma il succo resta lo stesso: riuscire a raccogliere indizi per risolvere gli indovinelli e saltare di pagina in pagina verso l’happy ending.

Escape room book

Abbiamo provato uno dei volumi della collezione, l’esperienza non è niente male: divertente, veloce e immersiva. La difficoltà è ben calibrata e il libro risulta godibile fino alla fine. Paragonarlo ad una Escape Room è impossibile perché si tratta di due esperienze totalmente differenti: da un lato un’attività collettiva e immersiva, dall’altro un’attività più personale.

Cambiamo genere con il gioco da tavola Mystery House distribuito in Italia da Cranio Creations. Questo interessante gioco da tavola vuole riportare nel salotto di casa l’esperienza delle Escape Room attraverso la riproduzione tridimensionale della casa da cui dovrete fuggire.

Mystery House

Il gioco ha appena vinto il Premio Toy Award 2020 alla fiera Spielwarenmesse di Norimberga, il più importante evento del settore dei giocattoli rivolto ad appassionati, startupper e grandi distribuzioni.

Mystery House non è il solo gioco a tema, per citarne alcuni della serie Escape Room (sempre di Cranio Creation), che vede diverse ambientazioni come quella Jumanji o parco giochi dell’orrore. 

Exit, di Giochi Uniti, è un gioco da tavolo che emula l’esperienza Escape Room con una modalità particolare: il gioco, una volta completato, può essere buttato. Questo perché giocando si vanno a modificare dei componenti del gioco (si aprono delle buste, si strappano delle carte, ecc.). In questo modo il gioco è un’esperienza che può essere vissuta una volta sola (buona la prima!).

Il gioco Unlock – Escape adventures, di Asmodee Italia, si sviluppa sia attraverso le carte che con un’app che oltre a fare da timer, svolge la funzione di sblocco degli enigmi. Inoltre, grazie alle musiche coinvolgenti, l’atmosfera è assicurata.

Con mani ferme e decise ti avvicini al lucchetto e inserisci la corretta serie numerica: 4 7 5 6 e per ultimo il 3. La soluzione è facilissima, ogni numero è la somma delle lettere del numero precedente. Quattro ha 7 lettere, sette ne ha 5, cinque ne ha 6 e per finire sei ne ha 3. Il lucchetto scatta, apri la cassa e…

scrivere un blog post perfetto

Blog noioso? 5 tecniche per creare contenuti originali e coinvolgenti

  • Oggi possiamo davvero essere una voce in un mondo di rumori? 
  • Ecco 5 tecniche per trasformare il proprio blog e renderlo meno noioso agli occhi dei nostri lettori.

 

Viviamo in un mondo d’immagini e parole, dove è impossibile non sentirsi parte di un infinito viaggio narrativo. Ci basta sfogliare una rivista, fare una passeggiata e imbatterci in cartelloni pubblicitari, o essere sfiorati dal brusio delle persone che ci sfrecciano accanto.

Dalle chiacchierare con un amico, ai pomeriggi passati a lavorare al PC, o il semplice scroll nella home dei nostri profili social. Tutto è un continuo divenire di lettere.

Siamo circondati da storie, i nostri cervelli sono perfettamente adatti a rispondere alla narrazione. Secondo Quick Sprout, trascorriamo circa il 65% della giornata raccontandoci storie l’uno con l’altro. Ma non tutto quello che leggiamo è importante o ci interessa davvero.

Quante volte siamo stati vittime inconsapevoli delle fake news? Siamo ormai abituati alla presenza di articoli e post non veri, o scritti male, senza etica e velocemente, solo per ottenere consensi, per arrivare primi alle vette di una classifica illusoria. In questo mondo di rumori, possiamo essere una voce? Possiamo provarci, possiamo affidarci ai blog.

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La rinascita dei blog

Stiamo assistendo a una trasformazione dei contenuti. Fino a poco tempo fa si preferiva scrivere testi non troppo lunghi per non annoiare i lettori. Siamo stati spettatori di gare di scrittura, tutti si sono precipitati al proprio laptop in una battaglia all’ultimo click fino a surriscaldare la testiera per la velocità con cui i poveri tasti venivano schiacciati. Ma questo ha comportato la creazione di testi spesso sterili, e simili tra loro, perché la cosa importante era quella di arrivare primi su un argomento specifico. Inutile dire che i social network sono state le piattaforme perfette per alimentare e incoraggiare questo tipo di scrittura fulminea.

Con la rinascita dei blog però qualcosa sta cambiando a favore di una scrittura più lenta, riflessiva e approfondita. I blog ci permettono di fare ricerche e scrivere post più lunghi, articolati, accompagnati da immagini, infografiche e tabelle. Un tipo di contenuto più dettagliato, piacevole da leggere e che, alla fine della lettura, ci lascia davvero qualcosa e ci permette di riflettere su quello che abbiamo appena letto. 

Se avete un blog o volete cimentarvi in questa avventura ma avete paura di non essere abbastanza bravi, non temete, tutti hanno il timore di fallire.

LEGGI ANCHE: Il lato oscuro del blogging: tutto quello che i blogger non dicono

Intanto date uno sguardo a queste 5 tecniche per creare contenuti coinvolgenti e rendere il vostro blog un posto unico in cui leggere senza annoiarsi mai.

5 tecniche per un blog di successo

Aprire un blog può essere divertente, ma non è per tutti. C’è un duro lavoro dietro, bisogna dedicarci tempo, tutti i giorni a partire dalla scelta dei contenuti. Non possiamo parlare di qualsiasi cosa, altrimenti non otterremo mai credibilità. Dobbiamo scegliere un argomento principale, una tematica che ci appassioni, di cui conosciamo tutto, o quasi, e che abbiamo intenzione di approfondire giorno dopo giorno.

Un blog può essere personale, certo, deve far emergere il nostro pensiero, quello che vogliamo comunicare fin dall’inizio. Possiamo servirci di un blog per raccontare il nostro brand, parlare ai nostri utenti, avvicinarci a loro. Ci sono tanti modi per dedicarsi alla propria community, ma lo storytelling è sicuramente uno dei modi più efficaci.

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Riuscire a comunicare con il blog per stabilire un legame con chi ci segue è un ottimo punto di partenza. Vediamo come.

1. Ascoltare e rendere partecipe la community

Possiamo parlare e scrivere quanto vogliamo, ma senza un pubblico che ci ascolta e ci legge è inutile. Non si instaura un dialogo, ma un monologo. La community è fondamentale, ma soprattutto non è un’entità passiva. Le persone hanno voglia di scambiare idee e opinioni, non siamo isole, e gli ultimi mesi lo hanno dimostrato. Per avvicinarci al nostro pubblico e renderlo parte del nostro brand, dobbiamo farlo partecipare attivamente con delle iniziative ad hoc.

Qualche esempio? Etsy, è un sito web di eCommerce dove tutti possono vendere prodotti artigianali oppure oggetti vintage. Un vero e proprio punto d’incontro per tutti gli artigiani del mondo. Questa piattaforma ha un proprio blog, Etsy Journal, che aiuta gli utenti a scoprire gli artisti emergenti, quelli più talentuosi, con interviste, storie dietro le quinte e soprattutto le loro opere. Un ottimo metodo per incrementare le visite e la partecipazione ai propri contenuti, coinvolgendo in modo creativo il pubblico. 

OPI è un noto brand californiano di prodotti per la cura delle unghie e sul suo blog The Dropc vengono lanciate delle divertenti sfide di nail art a cui partecipa attivamente la sua community ma anche influencer e professionisti del settore. Ogni settimana, il marchio chiede ai suoi follower di creare un look per manicure utilizzando un colore prescelto o un tema di design specifico e pubblicare le loro creazioni sul proprio profilo Instagram con il tag #ColorIsTheAnswer. Il team OPI evidenzia le foto preferite sul blog con un tutorial apposito per permettere a tutti di ricreare a casa i look più votati.

LEGGI ANCHE: Le aziende hanno capito che devono puntare sulle persone (e renderle felici) per far crescere il business

2. Comunicare i valori del proprio brand

Un blog non deve comunicare solo quello che fa e di cosa si occupa. Le storie e le curiosità sulla nascita di un marchio, sulle idee di chi c’è dietro, su come prendono vita i progetti, sono tutte cose interessanti che invogliano gli utenti a leggere i post. Ma un brand non è solo ciò che fa. Le aziende devono parlare dei propri ideali, devono farsi avanti e prendere posizione nelle piccole e grandi lotte a favore dell’inclusività, della sostenibilità e del benessere della community.

Comunicare gli ideali del proprio marchio, i valori in cui crede e le cause a cui contribuisce è un ottimo modo per elevare il contenuto del blog. In questo modo andiamo oltre alla funzione di semplice veicolo di marketing, ma facciamo qualcosa di più significativo. Diamo più spessore ai nostri contenuti e, di conseguenza, al nostro brand.Usare il blog per dimostrare come la nostra azienda sta agendo su determinati problemi può attirare ancora più l’attenzione del nostro pubblico, e incuriosire chi ancora non ci conosce per poi portarlo a seguirci.

REI, il marchio di outdoor lifestyle eccelle in questo campo. Sul suo blog Co-Op Journal troviamo non solo recensioni sugli attrezzi, guide pratiche e altri consigli per gli avventurieri, ma queste storie spesso passano in secondo piano per dar spazio alle priorità civiche. Esemplare è l’impegno contro l’ingiustizia razziale, i tanti contributi per migliorare l’inclusività della comunità outdoor, e i suoi sforzi per sostenere una legislazione rispettosa per l’ambiente.

REI blog

Credits: Blog REI, Co-Op Journal

3. Un blog deve essere social-friendly

Un blog non è un contenitore di parole. Mai sottovalutare il potere delle immagini. È fondamentale inserire all’interno dei propri articoli immagini, grafici, infografiche, per rendere i contenuti più armoniosi e social-friendly. In questo modo la lettura del nostro articolo sarà più scorrevole, completa e approfondita.

Utilizzare diversi elementi narrativi migliora la percezione dei nostri testi, del brand in generale e anche la permanenza dei visitatori sul nostro sito. Inoltre ci permette di essere più competitivi anche sui social, perché le immagini rendono i contenuti del nostro blog più accattivanti. Possiamo servirci anche di altri formati multimediali, molto gettonati negli ultimi anni, come i podcast.

Il rivenditore Sole Bicycles sfrutta questi espedienti sul suo blog attraverso immagini ispirazionali, perfette anche su Instagram. Troveremo avventure su due ruote, focus sull’arte locale e tutto ciò che riguarda la cultura della bicicletta.

Zoomin Software incorpora elementi social-friendly nel suo blog con uno scopo diverso, ossia una navigazione più semplice. Il marchio include tag pertinenti, hashtag unici per segmentare gli argomenti trattati in categorie e consentire così ai lettori di scegliere cosa leggere in base ai propri interessi.

4. La qualità premia più della quantità (e della velocità)

Ci hanno insegnato che per scrivere nel mondo digitale dovevamo essere veloci come il vento perché la prima cosa era arrivare prima di tutti. Ci hanno intimorito dicendo che contenuti troppo lunghi spaventavano i lettori, che siamo tutti di corsa e non abbiamo tempo per leggere, per informarci. Tutte queste pressioni bloccherebbero chiunque e scrivere contenuti stimolanti, originali e di qualità era una vera e propria sfida.

LEGGI ANCHE: Blocco dello scrittore: 30 idee per superare la paura del foglio bianco

Finalmente possiamo tirare un sospiro di sollievo e dedicarci al nostro blog senza farci ossessionare da queste inutili congetture perché la cosa che invece non tutti ci diranno è che se una persona è davvero interessata a noi, alla nostra opinione e a ciò di cui trattiamo, ci leggerà sempre. Le ultime ricerche sui blog effettuate da Orbit Media Studios mostrano che storie più lunghe, più approfondite e più coinvolgenti risultano più efficaci anche se ci vuole più tempo per creare il contenuto. Dei blogger intervistati che hanno riportato ottimi risultati, il 38% trascorre in media sei ore o più per editare un post e il 55% realizza articoli di 2.000 parole e anche di più.

4.1 Quali guadagni possiamo ottenere impegnandoci a scrivere?

Wait But Why è un blog di lunga durata scritto e illustrato da Tim Urban e nonostante la lunghezza dei suoi post, è seguitissimo. Pensate che uno degli ultimi articoli pubblicati contava più di 17.000 parole. L’esperienza dei contenuti di WBW è accessibile a tutti i tipi di pubblico e ciò è dovuto a diversi elementi come la grafica semplice, simile a una figura stilizzata di Tim, o le visualizzazioni dei dati che utilizza per scomporre concetti difficili in idee comprensibili. La natura episodica delle sue storie più coinvolgenti, come la sua esplorazione analitica della natura umana, spinge i lettori appassionati a ritornare sempre sul suo sito in attesa di nuovi post.

Tutto questo sforzo è supportato dal suo pubblico tramite l’adesione alla sua comunità Patreon, a pagamento, e l’acquisto di merchandising in esclusivi eventi di incontro dei fan come Wait But Hi.

blog e social media per ripartire

5. Raccontare la propria storia con le immagini

Ogni blog ha un proprio stile e ogni storia può essere supportata dalle giuste immagini, a seconda di ciò che tratta. Oltre al testo, possiamo arricchire il nostro contenuto con immagini accattivanti, postare dei meme, utilizzare delle foto emozionali, grafici stilizzati o inserire tabelle con dati. Il tutto può trasformare un post di un blog in una storia ricca e sfaccettata. In alcuni casi, le immagini strategicamente create e curate possono fare un lavoro migliore della narrazione stessa.

Il blog di Airstream eccelle in questo approccio incentrato sulla visualizzazione. Ogni post sulla pagina del blog è evidenziato da un’immagine emotivamente riconoscibile che potrebbe raccontare una storia da sola, senza bisogno di troppe parole.

gaming 5G

Gaming a velocità 5G: a San Pietroburgo lo potranno testare per un mese

Beeline, Nokia e Qualcomm Technologies Inc. hanno annunciato il lancio della rete 5G pilota presso l’area portuale SevKabel di San Pietroburgo.

I cittadini presenti avranno l’opportunità di testare le capacità della rete 5G attraverso un’esperienza di realtà virtuale o un gioco online realizzato dal cloud service Beeline Gaming.

Le capacità della rete 5G

Questa sarà la prima rete 5G pilota di lunga durata di Beeline a San Pietroburgo disponibile per i consumatori.

La rete è realizzata utilizzando le apparecchiature commerciali di Nokia, compreso il modulo di sistema, i sistemi di antenna 5G AirScale e un router 5G/WiFi (CPE) supportato dal sistema Modem-RF Qualcomm® Snapdragon™ X55 5G.

Per la dimostrazione delle capacità delle reti 5G a San Pietroburgo Beeline ha inoltre ricevuto una deroga temporanea per l’utilizzo della banda mmWave (26-28 GHz).

“La tecnologia 5G mmWave offrirà significativi vantaggi ai consumatori e rappresenta una rivoluzione nella connettività mobile: non solo apporta enormi miglioramenti alle velocità di download, ma riduce anche in modo significativo la latenza, abilitando esperienze di gioco online, multiplayer e interattive finora impossibili sui dispositivi mobili. La piattaforma mobile Snapdragon 5G di Qualcomm ha tutto ciò di cui gli utenti hanno bisogno per poter ottenere esperienze di gaming dai livelli qualitativi inediti, inclusi video HDR, rendering veloce e sistema Modem-RF Snapdragon X55 5G”, commenta Yulia Klebanova, Vice President of Business Development, Qualcomm Europe, Inc.

LEGGI ANCHE: Cosa possono imparare i professionisti del marketing dalle strategie efficaci per l’online gaming

facebook gaming

La nuova rete è un gioco

Più di 500 giochi sono disponibili nel servizio – alcuni di essi anche gratuitamente. Ma perché partire proprio dal gaming?

Il gioco online è una delle aree di intrattenimento più esigenti in termini di tecnologia. La bassa latenza e l’elevata velocità di trasferimento dei dati sono tra le più importanti sfide e tra i  fattori di successo per molti giochi.

Il servizio di cloud gaming Beeline Gaming basato su GeForce NOW di NVIDIA consente di eseguire i moderni giochi più impegnativi con modalità ultra, su qualsiasi dispositivo (anche obsoleto) grazie all’utilizzo di potenti server remoti.

Le reti 5G forniscono la stabilità e la velocità che consente tali prestazioni, prima raggiungibili solo attraverso l’uso di reti cablate.

Nell’area 5G VR Gaming, i giocatori potranno combattere tra loro nello spazio virtuale. Il gioco sparatutto creato da un team di District Zero Studios si svolgerà in modalità multigiocatore PvP (giocatore contro giocatore) per i giocatori in movimento libero. Occhiali virtuali Oculus Quest di ultima generazione per scenari multigiocatore, combinati con le più recenti tecnologie di rete wireless Beeline, integrate dal Distretto Zero

Questa combinazione tecnologica dà ai giocatori un’esperienza profondamente immersiva che permette la libera circolazione senza cavi scomodi e attrezzature ingombranti.

L’apparecchiatura sarà collegata a reti 5G e aiuterà i giocatori a ottenere un nuova esperienza mostrando i vantaggi delle nuove tecnologie evitando totalmente la sgradevole sensazione di divario tra ciò che viene compiuto attivamente e ciò che viene visualizzato, sincronizzando completamente le azioni dei giocatori con le immagini e le risposte del gioco.

south working

South Working: una moda o l’inizio della fine del lavoro in ufficio?

  • Il South Working è una modalità di lavoro che ha preso piede post lockdown e prevede di lavorare per aziende “del Nord” vivendo al Sud, con tanti vantaggi.
  • Ci sono tanti vantaggi ma anche rischi, specialmente per le grandi città che si vedono spopolate: è una moda o un cambiamento destinato a cambiare le nostre vite?
  • I pro e i contro sono difficili da bilanciare: la crisi delle città aiuta la rinascita dei borghi, le difficoltà del lavoro da remoto si equilibrano con una maggiore qualità della vita, l’outsourcing si contrasta con la specializzazione.

 

Dì la verità: quest’anno, controllare le mail la mattina e fare qualche telefonata di lavoro prima di andare al mare, o a goderti in altro modo il mese di agosto, ha un altro sapore.

Non ti fa sentire uno stacanovista pentito, anzi ha un che di nuovo, esotico, ti fa sentire un “south worker“.

Piccoli assaggi e prove tecniche di lavoro da remoto che, complici il Coronavirus e l’estate, hanno portato alla ribalta un concetto noto da tempo a chi si considerava o aspirava ad essere un nomade digitale: la qualità della vita ha un valore economico tutto suo.

Il lavoro da remoto potrebbe liberare dalla schiavitù del pendolarismo, delle città affollate, dei prezzi gonfiati, permettendo di vivere in luoghi in cui la vita costi meno e sia più piacevole. In Italia, questo è ovviamente stato identificato con il tanto bistrattato “Sud“.

Una zona geografica che da secoli vede un’emigrazione selvaggia verso il “Nord”, con le sue grandi città e i centri dell’economia, di giovani e meno giovani in cerca di università quotate e possibilità di lavoro. Un flusso che è stato quasi inarrestabile, nonostante timidi tentativi di incentivare la crescita del Meridione da parte di diversi governi, fino a che…

Fino a che il Coronavirus non ha colpito l’Italia. E allora le stazioni e gli aeroporti delle grandi città del Nord si sono riempiti di esuli in fuga, alcuni prima della quarantena, altri, tantissimi, dopo, quando la mobilità tra regioni è stata ripristinata ma le restrizioni hanno continuato a incentivare il lavoro da remoto.

E ora? Adesso che l’estate è quasi finita? Tantissimi non hanno avuto ferie o ne hanno avute poche, ma hanno ugualmente scoperto la possibilità di lavorare dalla “casa giù e di godersi pausa pranzo e aperitivo in riva al mare. E la maggior parte di loro, come ci si poteva aspettare, non vorrebbe tornare.

Ma questa cosa del South Working è sostenibile? È una moda, qualcosa che ci dimenticheremo nuovamente con i primi freddi? O è piuttosto il sintomo di un cambiamento epocale nel mondo del lavoro? I primi fiocchi di neve che scateneranno quella che sarà una valanga, che cambierà per sempre il volto delle nostre città, il modo in cui cresciamo i figli, l’aspetto degli uffici, l’economia del Paese e l’ecosistema di equilibri del mondo intero?

 

Il movimento del South Working

Il termine South Working, come abbiamo visto, è solo la più recente evoluzione di altri concetti preesistenti, primo tra tutti quello di Nomadismo Digitale. Solo che di solito chi si riferiva a questo termine intendeva un flusso di lavoro fatto principalmente di freelance o di dipendenti di aziende remote che si spostavano in altri Paesi, nonostante non fosse certo l’unica modalità. Il concetto su cui invece il termine South Working si concentra è che quell'”altrove” in cui la vita costa meno ed è più piacevole può essere estremamente vicino, in Italia – al Sud o nei tanti piccoli borghi, laghi, montagne e colline di cui il nostro Paese è pieno.

Avevamo parlato in un precedente articolo di come l’Italia non fosse abbastanza attraente per i nomadi digitali stranieri, rendendo ad esempio impossibile per noi fare una campagna come quella delle Barbados per attirare questo target. Ma il concetto di South Working inverte la rotta e va a pescare proprio tra gli italiani, promettendo loro uno stile di vita più rilassato, più piacevole e meno costoso.

Ne è autrice Elena Militello, che insieme ad altri ragazzi che aderiscono all’associazione Global Shapers del World Economic Forum ha deciso di impegnarsi per rendere la sua visione realtà. Come ha riportato in un’intervista a Repubblica, “un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al sud dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali”.

Un sogno bellissimo, condiviso da molti, inclusa me – milanese di origine ma marchigiana di adozione, per pura scelta di qualità della vita.

Un sogno appoggiato dai tanti lavoratori che quest’estate, appunto, non vivranno l’assenza di vacanze in maniera così negativa grazie alle possibilità concesse dallo smart working imposto dal Covid.

Un sogno osservato con interesse dalle varie località del Sud (o dei piccoli borghi, che ci vedono una possibilità di destagionalizzazione e di “rivincita” nell’attirare i talenti dal Nord.

 

Il lavoro da remoto tra utopia, innovazione e crisi

Ma anche una pericolosa possibilità da evitare o da contenere, secondo altri. Come il sindaco di Milano, che vede questa “fuga” dalla sua città come un pericoloso precedente, e incita a “tornare al lavoro” gli smart workers. Attirando una comprensibile valanga di critiche sui social.

Ma in verità la faccenda è seria: effettivamente questo cambiamento, se permanente, può portare a svolte epocali al modo di vivere che conosciamo. Le città potrebbero dover cambiare volto, vedendo sfumare milioni e milioni di euro di indotto portati dai lavoratori residenti, dai pendolari, da chi pranza al bar sotto l’ufficio, chi prende metropolitana e treno ogni giorno, etc.

Ma gli effetti positivi? La riduzione dell’inquinamento? Del traffico? Il calo dei prezzi eccessivamente gonfiati da anni? La redistribuzione della ricchezza nel resto del Paese? Il miglioramento nella qualità della vita dei cittadini, se anche solo il 10% di loro lavorasse da remoto?

Dire che il lavoro da remoto sia un male perché rischia di portare un cambiamento difficile per alcuni aspetti, promettendo però in cambio grandi miglioramenti su altri, è come dire che avremmo dovuto fermare l’avanzata del Personal Computer perché rischiava di cannibalizzare posti di lavoro umani.

Bisogna decidere che prezzo si è disposti a pagare per il progresso, quanto la nostra sia solo paura del cambiamento, cosa si possa fare per garantire il benessere anche di quelle fasce di popolazione che saranno impattate negativamente, a fronte di quelle che invece vivranno un ritorno positivo.

È una valutazione difficile, perché mettere sul piatto della bilancia i pro e contro di quella che rischia di essere una rivoluzione culturale prima di tutto non è semplice. Ma vogliamo provarci, cercando di portare argomentazioni da entrambe le parti.

 

Lavoro da remoto per tutti: i vantaggi e i limiti del nuovo mondo che potremmo creare

Come lo ha definito l’Economist, questo potrebbe essere un momento tipo “Avanti Coronavirus”/”Dopo Coronavirus“. Che il lavoro stesse cambiando era noto a tutti, ma che i tempi della transizione sarebbero stati così rapidi era impensabile tanto quanto lo era l’idea di un virus che ci richiudesse tutti in casa.

Ora invece, in pochi mesi, è cambiato tutto. Le aziende si sono dovute dotare per forza delle infrastrutture tecnologiche base per rendere possibile lo smart working, pena il blocco completo delle attività se non lo avessero fatto. Anche culturalmente il passaggio è stato rapido: dall’essere considerato una scelta per lavativi e “femminucce”, ora è stato sdoganato.

L’ufficio non come gabbia ma come scelta

I contro sono molti per il lavoro in sé, come la maggior parte delle persone si è resa conto in questi mesi: lavorare da remoto non è una cosa facile (qui la nostra guida interattiva) , specialmente farlo in pianta stabile. Le videochiamate non hanno la spontaneità degli incontri di persona, il cameratismo tra colleghi è più difficile da alimentare, la creatività anche. Molte aziende hanno fatto grandi investimenti in immobili che rischiano di veder svuotati.

Eppure, dall’altra parte, i vantaggi sono innegabili: le ricerche dimostrano un generale incremento della produttività, contro ogni pronostico, maggiore soddisfazione e più responsabilità individuale. Servono nuove normative e capacità gestionali per evitare il rischio di burnout o l’aumento esponenziale delle ore lavorate, ma questi sono aspetti legati all’abitudine e all’evoluzione delle modalità, prevedibili e necessari in ogni grande cambiamento.

Secondo Fiorella Crespi, a capo dell’Osservatorio sullo Smart Working del Polimi, che ha registrato un passaggio da 2 milioni di lavoratori agili prima del Covid ad 8 nella fase successiva: “Deve esserci una cultura aziendale che sappia creare dei momenti di aggregazione, compresi quelli virtuali. Bisogna avere dei manager capaci. Ci sono compagnie che lo fanno da anni con successo, ad altri servirà tempo per trovare la quadra e non è detto che ci si riesca sempre”.

 

La crisi delle città, la rinascita dei borghi

I costi per le aziende di abbassano insomma, ma anche per gli impiegati, che a parità di stipendio possono ridurre le spese di viaggio, per il cibo, etc. Le città quindi tornano vivibili, meno affollate, meno costose, con ridotte emissioni di CO2 e tutto ciò che accompagna.

È innegabile che per città come Milano, che hanno basato tutta la propria crescita sull’attrazione dei talenti per il lavoro, rischia di essere uno shock, ma forse vedere la crisi di alcuni centri di potere come effetto negativo è non guardare il quadro completo. Questa supremazia ha avuto effetti devastanti per anni su altre città e regioni, con uno spopolamento progressivo e inarrestabile, una stagionalità estremamente aggressiva e dannosa dei flussi turistici, la concentrazione di tutte le attività intorno a un solo settore (il turismo, l’agricoltura, etc).

L’espansione del lavoro da remoto potrebbe rappresentare la possibilità di riequilibrare la disparità tra Nord e Sud, tra grande e piccolo, tra forte e debole, in un circolo virtuoso che toglie in alcuni punti per restituire in altri.

 

I rischi dell’outsourcing al Sud come dall’India

Da molti è stato indicato come grosso rischio del “south working” il fatto che le aziende possano decidere, a parità di assenza dall’ufficio, di assumere i propri talenti non al sud Italia ma a questo punto direttamente in Paesi dal costo della manodopera basso, come l’India o la Romania.

Di nuovo, un’argomentazione valida ma un po’ miope, perché questo processo è già in corso in maniera massiccia: intere linee produttive vengono delocalizzate in questi Paesi, con manodopera a basso costo acquisita in blocco.

È certamente una minaccia del futuro del lavoro, che però l’aspetto remoto non enfatizza in modo particolare, spingendo anzi verso una specializzazione delle competenze utile in ambito lavorativo, e allargando il bacino delle possibilità lavorative al di fuori di quelle rinchiuse in una data area geografica.

Come risponde la stessa Militello in un’intervista, “il target principale di un progetto come South Working è rappresentato dai lavoratori altamente qualificati, che apportano un elevato valore aggiunto alle aziende per cui lavorano. E che, perciò, dovrebbero resistere meglio alle trasformazioni dirompenti del mercato del lavoro che si prospettano”.

Trasformazioni che tra l’altro rischiano di essere impattate molto di più dall’intelligenza artificiale, dal machine learning e dalla robotica su cui potrebbe puntare l’Unione Europea, che non dal lavoro da remoto al Sud.

Insomma, per argomentazione negativa se ne può trovare una positiva, uguale e contraria.

Quale strada prenderemo? Sarà veramente questo il futuro del lavoro? Riusciremo a superare tutte le difficoltà e i preconcetti e a vedere un mondo dove il lavoro non è svolto “dove” o “quando”, ma “come”?

Oppure questa moda del South Working si spegnerà con la fine dell’estate, al cadere delle prime foglie dagli alberi? O all’arrivo del vaccino contro questo virus, che ci ha forzati a guardare ciò che pensavamo impossibile e a realizzarlo?

Sono domande che non hanno risposta, ma è difficile pensare sia un estremo che l’altro: sia che ci sarà un’adozione di massa dello smart working (a meno di non introdurre una decisa azione di incentivi verso i datori di lavoro), sia che si tornerà a lavorare come prima.

Il più probabile decorso è che, dopo questa impennata iniziale, la curva torni ad abbassarsi… ma una volta scoperta la possibilità di fare una cosa in modo diverso, è difficile far finta che non sia così.

E probabilmente questo cambiamento epocale, in cui risultato finale è ignoto a tutti, ha avuto un’impennata imprevista che non potrà durare di pari intensità, ma è ormai ben avviato e non si può fermare.

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Il ritorno in classe si fa anche con la didattica integrata: WeSchool accelera e aiuta le scuole

WeSchool, la startup che dal 2016 aiuta i docenti con una piattaforma di classe digitale e con corsi sulle metodologie didattiche innovative, chiude un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro sottoscritto da P101, lead investor con i fondi P102 e Italia 500 – Gruppo Azimut, TIM Ventures, CDP Venture Capital Sgr, Club Digitale e Club Italia Investimenti 2.

“TIM Ventures ha creduto fin dalla sua nascita in WeSchool, investendo dall’inizio nella nuova didattica innovativa che sta diventando sempre più importante”, dichiara Carlo Nardello, Presidente di TIM Ventures e Chief Strategy, Customer Experience and Transformation Officer di TIM. “La partecipazione alla crescita di una piattaforma che è oramai diventata una delle infrastrutture digitali della scuola italiana conferma ancora una volta il ruolo centrale di TIM nella digitalizzazione del Paese”.

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La startup, il lockdown e la DAD

WeSchool ha 1,7 milioni di utenti registrati e permette ai docenti di condividere materiali e video, fare esercizi, discutere con gli studenti e innovare la didattica in aula con lavori di gruppo, test istantanei e con metodologie come la classe capovolta o il teach-to-learn, in cui sono gli studenti – supportati dai docenti – ad essere al centro del processo di apprendimento.

Durante il lockdown la piattaforma – unica italiana tra le tre indicate sul sito del Ministero dell’Istruzione – è stata utilizzata per la didattica a distanza, permettendo a più di 1 milione di utenti attivi ogni giorno da smartphone o da computer di non interrompere la continuità didattica.

“La didattica a distanza del lockdown, talvolta inefficace per mancanza di strumenti adeguati o perché ripeteva la dinamica frontale delle aule, ha avuto lo straordinario effetto di aumentare le competenze digitali di tutta la scuola italiana” – racconta Marco De Rossi, fondatore e AD di WeSchool – “Questo ci permetterà con il back to school di diffondere sempre di più il modello di didattica integrata in cui crediamo, in cui la tecnologia è usata sia in aula sia a casa ed è al servizio del docente per fare una didattica sempre più coinvolgente e cooperativa”.

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Si ritorna sui banchi in presenza, ma la didattica digitale resta

“Il settore dell’educazione e della formazione in generale sono in profonda trasformazione: la vita sempre più digitale richiede che le competenze si formino in un ambiente coerente e flessibile. WeSchool rappresenta oggi la piattaforma all’interno della quale la didattica ed i suoi attori possono trovare quello che serve alla scuola nel suo complesso per questa evoluzione che il lockdown non ha fatto altro che accelerare” – commenta Andrea Di Camillo, Managing Partner di P101.

Se infatti con sempre maggiore premura ci si prepara oggi al rientro in classe, la didattica a distanza non tornerà ad essere una chimera, ma entrerà in modo sistematico nel mondo dell’istruzione italiano, tra classi alternate e necessità di mantenere il distanziamento sociale.

La formazione digitale resterà quindi una realtà e con gli strumenti corretti può trasformarsi in un modo per potenziare l’offerta scolastica.

“L’istruzione, la formazione digitale e la didattica integrata sono priorità per un’Italia che riparte” – ha commentato Francesca Bria, Presidente di CDP Venture Capital Sgr – “Ripensare la scuola, alla luce delle trasformazioni in corso, è fondamentale per il futuro del nostro Paese, per supportare il talento di docenti e studenti occorre rafforzare le nuove metodologie di apprendimento digitale. WeSchool si è messa al servizio della scuola con visione ed efficacia durante l’emergenza Covid-19 e siamo lieti di supportare una piattaforma italiana con forti capacità di crescita in un settore così strategico nella convinzione che l’istruzione e la conoscenza siano il cuore della democrazia”.

contenuti ingaggianti

Sei sicuro che i tuoi contenuti siano ingaggianti?

  • Creare contenuti ingaggianti significa generare una reazione nel proprio pubblico.
  • 10 consigli utili per capire se i tuoi contenuti sono davvero così coinvolgenti. Mettiti alla prova!

 

Ti sei mai chiesto cosa significa creare contenuti che coinvolgano davvero chi ti segue o che attirino potenziali clienti?

Innanzitutto è meglio spiegare cosa significa davvero ‘coinvolgere’: in inglese si usa la parola ‘engagement’ ossia coinvolgimento, termine caro a tutti i marketer che lavorano online.

Difficile da definire realmente. Significa che il contenuto deve essere d’impatto verso il pubblico, talmente d’impatto da generare una reazione, che sia un commento, un like, una condivisione sui social; oppure visitare una pagina, cliccare su un link, inserire a carrello un prodotto su un sito web. Qualsiasi cosa che faccia sì che si crei interazione e l’utente passi all’azione.

È proprio qui che entra in gioco l’importanza delle metriche per misurare il nostro obiettivo. Se il nostro scopo è creare contenuti ingaggianti per i social media, allora dovremo andare a misurare quante reazioni riceviamo: like, commenti, condivisioni. Saranno questi indicatori che ci diranno se il nostro contenuto ha avuto successo o meno.

Allo stesso modo se stiamo parlando di contenuti su un sito web, andremo a definire indicatori di performance diversi. Sulla base del canale a cui ci riferiamo, potrebbero essere: il numero di visitatori della pagina, il tempo medio che passano su quella pagina, il numero di click generati su un link, o il tasso di conversione se abbiamo un eCommerce.

L’importante è sempre sapere cosa stiamo facendo e perché, per arrivare ad essere in grado di misurare i risultati ottenuti.

Ma veniamo al nocciolo della questione e capiamo come creare questi contenuti tanto preziosi.

contenuti ingaggianti

I nostri consigli su come creare contenuti bomba

Crea una scaletta

È  facile perdersi nel flusso di idee e non andare dritti al punto con il nostro contenuto. Il primo consiglio infatti riguarda la pianificazione del lavoro. Crea la cosiddetta scaletta di punti da trattare, organizzare le idee aiuta tantissimo.

Chiediti cosa si aspetta il tuo pubblico e cerca di idare un contenuto che possa andare incontro alle sue esigenze, rispondere alle sue domande, avere un valore aggiunto.

Se prendiamo ad esempio la scaletta di questo articolo che tratta dei consigli per creare contenuti ingaggianti, il primo punto è un paragrafo introduttivo che spiega il focus, in modo che l’utente trovi subito quello che cerca, dopodiché arrivano i punti di approfondimento e l’articolo si compone di seguito.

Rispondi a una domanda

Un altro buon consiglio per attivare subito l’interesse del nostro interlocutore è cercare con i nostri contenuti di rispondere a domande frequenti degli utenti, dargli le risposte che cercano, risolvere i loro dubbi, perplessità o problemi. Avremo fatto bingo, perché troveranno esattamente quello che stanno cercando e riterranno il nostro contenuto di valore e molto utile.

Introduci domande

Viceversa anche fare domande è un buon modo per ingaggiare gli utenti. Anche in questo articolo, se notate, abbiamo iniziato con una domanda. Non è detto che l’utente sappia rispondere, ma sarà incuriosito nel continuare la lettura per trovare la risposta che cerca.

Usa la creatività con l’intento giusto

Innanzitutto devi sapere perché stai creando un certo contenuto e a chi è indirizzato. Come sempre è importante chiedersi quale scopo vogliamo raggiungere e conoscere l’audience di riferimento. Dobbiamo sempre creare qualcosa con un motivo e per qualcuno.

Per questa ragione, spazio alla creatività, ma mirata. Alcune idee possono essere brillanti, ma non adatte al nostro pubblico di riferimento perciò non risulteranno efficaci al raggiungimento del nostro obiettivo.

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digital marketer skill

Tratta di qualcosa che ti appassiona davvero

Una cosa che ti aiuterà nel creare un contenuto di valore e che può fare la differenza è cimentarsi con qualcosa che davvero ti appassiona. Sarai quindi portato ad approfondire, a metterti in prima linea nel capire cosa può funzionare e cosa no, sicuramente avrai un occhio di riguardo e anche chi si imbatterà nei tuoi contenuti lo percepirà.

L’autenticità del racconto, la passione e la dedizione trapeleranno, e in questi casi il risultato è sempre assicurato. Quando c’è entusiasmo si capisce ed è difficile sbagliare.

Includi i cosiddetti ‘Acchiappareach’

Un altro metodo è quello di utilizzare citazioni che possano essere condivise. Spesso utilizzato da blogger che inseriscono dei blocchi con frasi che attirano l’attenzione. La nostra audience si riconosce nelle parole scritte e quindi condivide.

Potresti anche inserire  direttamente dei bottoni per la condivisione e con un semplice click, il gioco è fatto!

Inserisci un invito all’azione

Importante è sempre inserire la cosiddetta call to action ossia l’invito all’azione per utente.

Che sia un post o un articolo di blog, dobbiamo inserire un rimando a quello che vogliamo il nostro pubblico faccia. Se si tratta di un prodotto, il link alla pagina prodotto, un format per la raccolta contatti o per l’iscrizione alla newsletter. I nostri contenuti devono sì informare e dare valore, ma in cambio dobbiamo arrivare a chiedere qualcosa anche all’utente.

Includi link interni

Per rendere più interessanti i tuoi articoli puoi includere link interni che rimandino ad approfondimenti o a pagine di vendita. Questo sarà un modo per far rimanere più a lungo il tuo utente sul sito web e aiuterà anche lato SEO: la credibilità della tua pagina acquisterà un punteggio maggiore. Indirizza le persone verso pagine cruciali sul tuo sito e punta sempre ad ottenere il risultato sperato.

LEGGI ANCHE: Video marketing ed eCommerce per coinvolgere le persone (e convertire)

contenuti ingaggianti

Usa testimonianze

Anche inserire recensioni e testimonianze del tuo prodotto o servizio può aiutare. Il tuo pubblico si potrà riconoscere nell’autenticità di queste e sarà portato ad essere maggiormente coinvolto.

Questo genere di contenuti aumentano la tua credibilità e instaurano un dialogo diretto con chi li vede.

Usa i video

Ultimo ma non per importanza: anche il formato del contenuto fa la sua parte.

L’esigenza dei consumatori è quella di essere sempre più coinvolti: i dati dimostrano che un video è una tipologia più coinvolgente e preferita dagli utenti.

Circa l’80% di chi naviga su un sito eCommerce predilige contenuti video, rispetto a immagini di elevata qualità o descrizioni di prodotto; si stima che 1 minuto di video equivalga a 1,8 milioni di parole comunicate.

Sono più diretti, immediati e facili da fruire. Puoi creare video tutorial, test e recensioni di prodotto, ma anche Q&A video o altri contenuti per generare brand awarness, facendo trapelare i valori del tuo marchio, raccontando chi sei.

esempi di landing page

15 esempi di landing page da cui trarre ispirazione

  • La creazione di una landing di successo richiede una pianificazione attenta e precisa: esistono alcune best practice per rendere una pagina di destinazione maggiormente efficace.
  • Per creare la landing page perfetta è bene studiare gli esempi meglio riusciti del proprio settore.

 

La landing page è, come dice il nome stesso, una pagina di atterraggio, un elemento strategico, costruito con uno scopo ben preciso: convincere l’utente a convertire, spingendolo ad acquistare, a fissare un appuntamento o a lasciare un contatto. La creazione di una landing di successo richiede una pianificazione intelligente, dettagliata e creativa.

Come si crea una landing page di successo?

Esistono alcune best practice per rendere una landing page più efficace:

  • creare un design privo di ingombri: le landing page hanno un solo obiettivo, cioè guidare l’utente verso la conversione. Pertanto, è bene mantenere solo gli elementi che possono a servire questo scopo, lasciando il resto  libero. Ad esempio, menù di navigazione, footer, etc., che sono elementi tipici di una pagina di un sito web, devono essere evitati, poiché potrebbero essere fonte di distrazione per l’utente.
  • concentrare l’intera pagina su un’unica offerta: ridurre le distrazioni significa anche mantenere il minor numero di inviti all’azione (CTA). Il pulsante della call to action dovrà essere messo above the fold, ben in evidenza, in modo che l’utente non si senta in obbligo di scrollare la pagina.
  • seguire la gerarchia dei contenuti: qualsiasi landing page sarà caratterizzata principalmente da un titolo, un sottotitolo, una copia del corpo, un modulo e un rich media. Tutti questi elementi dovranno essere organizzati in una gerarchia appropriata che aiuterà l’utente a navigare nella pagina di destinazione.
  • usare una dichiarazione di valore chiara e concisa: il contenuto della landing page è molto diverso rispetto a quello di un post di blog, poiché cerca di convincere il lettore a compiere un’azione. Per ispirare le persone si consiglia di enfatizzare i verbi d’azione, esplicitare i vantaggi e utilizzare volti di persone che creano empatia nelle immagini. Inoltre è bene inserire prove sociali come recensioni e certificati, per infondere fiducia nel brand.
  • mantenere i form di contatto semplici e chiari: è bene raccogliere solo le informazioni essenziali, necessarie per qualificare l’utente per la fase successiva della canalizzazione, in quanto la richiesta di troppi dati potrebbe far desistere l’utente dalla compilazione.
  • adottare un approccio mobile-first: è fondamentale che le pagine siano consultabili da qualsiasi tipologia di dispositivo, inclusi tablet, smartphone, etc.
  • testare le landing page: è sempre meglio sperimentare versioni diverse delle pagine di destinazione, per vedere quale di esse abbia il tasso di conversione più elevato. Qual’è un buon tasso di conversione per una landing page? Il tasso di conversione medio è di circa il 2,4%, ma le migliori in assoluto raggiungono anche una percentuale del 10%.

Quali sono le migliori landing page in circolazione?

Secondo Unbounce, per creare la pagina di destinazione perfetta è bene studiare gli esempi meglio riusciti del proprio settore. All’interno di questo articolo abbiamo selezionato 15 landing page da cui trarre ispirazione. Vediamole insieme.

1. Landing Page di Netflix

Landing Page Netflix
La landing page di Netflix non menziona da nessuna parte in cosa consiste il servizio o il prezzo dell’abbonamento premium. Questo non sorprende affatto: Netflix è un brand conosciuto e quasi tutte le persone sono già a conoscenza di queste informazioni. Tuttavia questa pagina ha tutte le caratteristiche di una landing page perfetta: ha un design minimale ed elegante, una call-to-action chiara ed accattivante, un form di contatto semplice da compilare.

Perché è d’ispirazione?

  • Messaggio breve e conciso: il testo sulla pagina è breve ed ha una funzione molto precisa, ovvero rispondere a ogni possibile obiezione di un cliente Netflix.
  • Va contro le regole: Netflix usa il colore rosso per mettere in evidenza i pulsanti e le CTA, andando contro tutte le regole UX. Il rosso, infatti, psicologicamente rappresenta il pericolo. Ma per Netflix funziona chiaramente, ed anzi, è un modo intelligente per farsi notare, perché indica l’urgenza di compilazione del form (oltre ad essere il colore del brand, naturalmente).
  • Modulo semplice da compilare: inizialmente, Netflix chiede solo un’email. Se hai seguito l’evoluzione delle landing page di Netflix, ti sarai accorto che i moduli sono stati snelliti sempre di più nel tempo, arrivando a chiedere solo le informazioni necessarie.

2. Landing Page di Airbnb

Landing Page Airbnb

Airbnb utilizza numerose landing page, ognuna appositamente studiata per un determinato target e scopo.
L’esempio rappresentato nell’immagine, mira a far diventare il visitatore un host Airbnb. Persuadere i proprietari di case ad aprire i loro spazi personali agli estranei non è un compito semplice, ma sai cosa aiuta? Mettere in evidenza il guadagno potenziale!

Perché è d’ispirazione?

  • Copy accattivante: “Diventa host Airbnb e inizia a guadagnare” leggiamo in alto alla pagina… e chi non vorrebbe poter guadagnare qualche soldo in più? Addirittura è stato inserito un calcolatore che mostra il potenziale guadagno in base all’area in cui vive l’utente, il tipo di camera che offre ed il numero di viaggiatori che è disposto ad ospitare.
  • Affronta le preoccupazioni dei potenziali host: con il contenuto garantisce che l’host avrà strumenti di fiducia e sicurezza che gli permetteranno di accettare una prenotazione solo se si sentirà a proprio agio, che ogni prenotazione sarà coperta da una protezione in caso di danni fino a 1.000.000 di dollari e che il sistema di pagamento sarà sicuro e flessibile.

3. Landing Page di Shopify

Landing Page Shopify

Shopify è una piattaforma di vendita che serve ad avviare, gestire e far crescere un’attività commerciale. Questo esempio di landing page di Shopify punta tutto sulla semplicità, sia in termini di layout, che di contenuti.

Perché è d’ispirazione?

  • Contenuto essenziale, ma conciso: la landing page contiene solo un titolo orientato all’utente “Vendi online con Shopify“ e tre paragrafi che trattano i vantaggi dell’utilizzo di questa piattaforma, ovvero facilità d’uso e prezzi esigui.
  • Form di contatto in evidenza: il modulo è messo in primo piano, subito in alto alla pagina e richiede una sola informazione, l’email. In questo modo non assilla l’utente con mille informazioni, che potrebbero farlo desistere dalla conversione.
  • Prove sociali: la landing page è arricchita con call to action (“Fidati di oltre 150.000 aziende in tutto il mondo“) e recensioni sul prodotto, che servono come eccellente prova sociale per ridurre i dubbi e migliorare la credibilità.

4. Landing Page dell’Athabasca University

Landing Page Athabasca UniversityLEGGI ANCHE: Regole da tenere a mente per una landing page efficace

La Athabasca University ha aperto la strada alla formazione a distanza in Canada negli anni ’70. Oggi utilizza le landing page per potenziare le sue iniziative di iscrizione online, incluso questo esempio che rappresenta i suoi 14 programmi di certificazione. È una scelta intelligente poiché le landing page consentono all’università di focalizzare l’attenzione dell’utente su porzione delle sue offerte.

Perché è d’ispirazione?

  • Obiettivo chiaro: questa landing page è dedicata a tutte le persone che vorrebbero migliorare il grado della propria istruzione, ma sentono di non avere tempo per perseguirla. Questo messaggio è messo in evidenza grazie ad una chiara call to action “Tempo per la mia vita. Tempo per la mia certificazione” e con del contenuto creato ad hoc, che fa appello al desiderio di auto-realizzazione.
  • È un classico esempio di Z-pattern: sfrutta la gerarchia visiva per muovere lo sguardo dell’utente. In questo modo, l’occhio è incoraggiato a spostarsi dal logo dell’Università di Athabasca fino allo slogan, quindi in diagonale in direzione del copy della pagina, e infine alla sua destra verso la call to action.

5. Landing Page di Deliveroo

Landing Page Deliveroo

Deliveroo è una società di consegne alimentari fondata nel Regno Unito, che ora opera in molte città del mondo. Mentre il loro sito web si rivolge ai clienti che richiedono consegne di cibo, questa landing page è rivolta ai ristoranti che vogliono collaborare con Deliveroo.

Perché è d’ispirazione?

  • Design complessivo orientato al business: invece di foto di poke deliziosi e pizze appena sfornate, questa landing page si concentra su un video che racconta la preparazione dei piatti e le consegne. Inoltre è stata inserita una frase esplicativa per evidenziare istantaneamente ciò che i ristoranti possono guadagnare dalla collaborazione con Deliveroo.
  • Moduli online molto semplici: i moduli online possono aiutare le aziende a raccogliere informazioni importanti sui clienti. Tuttavia, se sono troppo lunghi o complicati, è probabile che vengano rimbalzati. In questo caso, Deliveroo ha incluso solo i dettagli più importanti e semplificando la compilazione del modulo, con elenchi a discesa ed etichette chiare.
  • Include una politica sulla privacy: se il modulo richiede informazioni sensibili, è necessario rassicurare i visitatori, mettendo in evidenza la politica sulla privacy. Deliveroo ha aggiunto un link alla sua politica direttamente sotto il pulsante “Invia”, rendendolo maggiormente visibile.

6. Landing Page di Branch Furniture

Landing Page Branch Furniture

Non è affatto semplice arredare il proprio ufficio, e questo Branch Furniture lo sa perfettamente! La loro landing page rassicura immediatamente l’utente mettendo in evidenza i vantaggi nella scelta del servizio: qualità del prodotto, velocità della progettazione e dell’installazione e risparmio.

Perché è d’ispirazione?

  • Titolo fortemente esplicativo: “Mobili per ufficio installati con semplicità“, in poche parole rende evidente la sua unique selling proposition (USP) e il target a cui si rivolge. La landing page evidenzia che si tratta di un’esperienza di collaborazione, con progettazione gratuita e spese di installazione incluse.
  • Usa CTA intelligenti: sebbene la pagina abbia più di una call to action, finiscono tutte per portare l’utente nello stesso posto. Usare una call to action differente aiuta i visitatori a capire le fasi successive del processo.

7. Landing Page di Blue Forest Farms

Landing Page Blue Forest Farm

I produttori di canapa hanno difficoltà a dissociarsi dalla cultura della cannabis, mentre la
landing page di Blue Forest Farms ha un approccio più moderno. Dal design pulito, al copy persuasivo, dimostra chiaramente che si tratta di un settore che richiede di essere preso sul serio.

Perché è d’ispirazione?

  • Approccio “raffinato”: Blue Forest Farms commercializza olio di canapa in forme diverse, dallo stato grezzo, al prodotto white label pronto per il mercato. Oltre a elencare queste tipologie di prodotto, questa landing page illustra il processo attraverso il quale viene perfezionata la loro canapa, sottolineando la cura e il mestiere che le riguardano.
  • Design semplice: invece di riempire la pagina con troppe informazioni, Blue Forest Farms lo mantiene semplice, per incoraggiare la compilazione del form di contatto il più presto possibile.

8. Landing Page di Bouquet Bar

Landing Page Bouquet Bar

Regali di lusso… solo perché“. Bouquet bar afferma che non c’è bisogno di una scusa per impressionare qualcuno che ami, con un mazzo di fiori.

Perché è d’ispirazione?

  • Offre la possibilità di scelta: per coloro che vogliono creare qualcosa di personalizzato, la prima call to action invita a creare il proprio bouquet, mentre per chi ha poco tempo o immaginazione, esistono dei bouquet già pronti all’uso.
  • Uso di immagini suggestive: le fotografie mettono in mostra i soggetti che ricevono il dono, con lo scopo di generare empatia e suscitare emozioni. 

9. Landing Page di Campaign Monitor

Landing Page Campaign Monitor

La landing page della piattaforma di email marketing Campaign Monitor riunisce molte delle best practice per le pagine di destinazione citate in precedenza nell’articolo: include un copy chiaro e persuasivo, prove sociali ed un unico obiettivo perseguibile: “Progetta la tua prima email HTML ora“.

Perché è d’ispirazione?

  • Coerenza del messaggio: hai notato quante volte la keyword “email HTML” compare all’interno della pagina? Rimanere concentrato su questo unico obiettivo potrebbe favorire la conversione.
  • CTA attraente: l’abbiamo già menzionata sopra, la call to action “Progetta la tua prima email HTML ora” non è la classica frase scontata, come potrebbe essere “Ulteriori informazioni“.
  • Usa immagini di persone reali: come già detto per la landing page precedente, utilizzare fotografie realistiche di persone potrebbe aiutare a suscitare emozioni nei visitatori e potrebbe renderli più propensi a convertire.

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10. Landing Page di Fast Mask

Landing Page Face Mask

Fast Mask crea e vende maschere e coperture per il viso
progettate per essere utilizzate da ciclisti, motociclisti, ed altri amanti degli sport estremi. Questa landing page si rivolge agli amanti del brivido e mostra alcune fantasie che possono essere scelte, oltre alle diverse modalità per poterle indossare

Perché è d’ispirazione?

  • Mette in evidenza i prodotti più venduti: Fast Masks produce oltre 100 fantasie di maschere diverse, ma questa landing page mostra solo cinque delle loro opzioni più popolari. Questo è sufficiente per far capire all’utente che tipologia di prodotti potrà trovare nel sito, evitando di trasformare la pagina in un grande elenco di prodotti.
  • Si concentra sui vantaggi: molti visitatori potrebbero pensare di acquistare una maschera per la prima volta, quindi la pagina di destinazione richiede tempo per spiegare alcuni dei vantaggi principali di indossarne una, ad esempio il grado di protezione, la qualità del prodotto, la varietà del catalogo, e molto altro.
  • Include prove sociali: la landing page contiene recensioni sul prodotto, che servono come eccellente prova sociale per ridurre i dubbi e migliorare la credibilità dell’azienda.

11. Landing Page di Goby

Landing Page Goby

Spazzolatura perfetta“, questo è ciò che la landing page di Goby promette, offrendo ai visitatori la sicurezza e la curiosità di fare clic. Non solo il loro pluri-premiato spazzolino elettrico ha alcuni riconoscimenti impressionanti, ma è anche conveniente e supportato da una garanzia di rimborso.

Perché è d’ispirazione?

  • Caratteristiche dello spazzolino da denti: mette in evidenza tutti gli elementi dello spazzolino Goby attraverso un’immagine, in questo modo i visitatori possono vedere da soli come sono le “setole morbide e premium” e la “testina oscillante“.
  • Messaggio ad alto impatto sociale: gli acquirenti amano supportare marchi che sono mossi da forti valori. In fondo alla pagina si evidenzia che Goby desidera rendere l’igiene orale accessibile a tutti ed è partner del programma Global Student Outreach della NYU College of Dentistry.
  • Foto di Instagram: il carosello delle foto di Instagram, in fondo alla pagina, è una grande riprova sociale. Queste immagini di influencer che usano lo spazzolino, lo rendono un prodotto alla moda e ne stimolano l’acquisto.

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12. Landing Page di Panda7

Landing Page Panda7

Qualcuno ama davvero il processo di selezione dell’assicurazione auto? La risposta probabilmente è no. Bisogna contattare assicuratori diversi, confrontare le loro tariffe e scrutare attentamente i contratti. Ma questa
landing page di Panda7 promette di rendere le cose molto più semplici.

Perché è d’ispirazione?

  • Vantaggi chiari: la landing page chiarisce che ci sono due principali vantaggi nell’uso del servizio. Innanzitutto, consente di risparmiare tempo, permettendo di confrontare le migliori tariffe online. In secondo luogo, consente di risparmiare denaro (fino al 30%, in alcuni casi). Questi due punti vengono ripetuti più e più volte in diversi modi.
  • Intestazione intelligente: la call to action in alto alla pagina cambia in modo intelligente, trasformandosi da numero di telefono a “Confronta le quotazioni” durante lo scorrimento della pagina.

13. Landing Page di Twinwoods Adventure

Landing Page Twinwoods Adventure
La landing page di Twinwoods Adventure è dedicata agli amanti dello sky-diving. Bluespark Digital ha creato una pagina che pullula di energia ed eccitazione rimanendo concentrata sulla conversione.

Perché è d’ispirazione?

  • Contatti in evidenza: come per altre landing page viste finora, il design incoraggia lo scorrimento verso il basso. Facendo clic sulla freccia sotto la CTA si effettua uno scrolling, tuttavia il numero di telefono resta in evidenza nella pagina.
  • Fornisce prove dell’esperienza: Twinwoods Adventure vende un’esperienza, perciò la prova sociale è fondamentale. La pagina contiene sia testimonianze, che recensioni, da Google, Facebook e TripAdvisor.
  • Ulteriori informazioni: in fondo alla pagina l’utente può trovare tutte le informazioni utili di cui potrebbe aver bisogno. Probabilmente, questa sezione potrebbe essere messa maggiormente in evidenza, ma Twinwoods Adventure la inserisce in maniera intelligente, senza allungare la pagina.

14. Landing Page di Smalls – Food for Cats

Landing Page Smalls

La landing page di Smalls – Food for Cats offre un servizio di abbonamento di cibo per gatti di alta qualità, nella varietà umida o secca. Questo prodotto offre numerosi benefici: offre un alito più fresco, un pelo più lucido e maggiore energia.

Perché è d’ispirazione?

  • Coupon: in alto alla landing page, una call to action mette in evidenza la possibilità di ottenere uno sconto del 25% sul primo acquisto.
  • Uso dei colori: a pagina suddivide ogni sezione con un colore di sfondo diverso, dando al tutto un aspetto divertente e giocoso.
  • Recensioni: questa pagina di destinazione contiene oltre 11 divertenti e tenere fotografie di gatti che si godono il prodotto.

15. Landing Page di Zumba

Landing Page Zumba

Sì, questa forse non te l’aspettavi, ma la landing page di  Zumba non serve a reclutare studenti, bensì nuovi istruttori per questa disciplina.

Perché è d’ispirazione?

  • Uso delle parole e della fotografia: Zumba è uno sport incentrato sul movimento e questa landing page cattura l’energia cinetica con fotografie ad alta risoluzione di persone che saltano, ballano e ridono. Anche il copy è molto seducente.
  • Video di supporto: con i programmi di fitness, è sempre meglio mostrare alcuni contenuti video, in modo da dare ai visitatori un assaggio di come sarà effettivamente provarli da soli. La pagina utilizza una combinazione di video professionali e contenuti creati dagli istruttori per offrire uno sguardo nel mondo di Zumba.