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Arriva Levissima R-PET: la prima bottiglia in plastica riciclata

Un impegno concreto per un mondo più sostenibile è quello che Levissima mette in atto producendo la prima bottiglia realizzata con il 100% di plastica riciclata. Dopo essere stata la prima in Italia ad aver lanciato il BIO based PET nel segmento bevande non alcoliche, l’azienda attua ora una rivoluzione nel ridurre l’utilizzo di materie prime.

Grazie alla nuova normativa entrata in vigore a gennaio 2021, si è reso possibile l’utilizzo di bottiglie e vaschette ad uso alimentare in Pet riciclato fino al 100%, ampliando il limite fissato al 50% della precedente legge.

La prima bottiglia riciclata al 100%

Levissima da sempre impegnata nella tutela dell’ambiente e nella promozione di una economia circolare, si è quindi immediatamente attivata e ha realizzato la prima bottiglia di acqua minerale in Italia composta da Plastica PET riciclata al 100% (RPET 100%).

Siamo orgogliosi di essere i primi realizzare una bottiglia fatta con il 100% di plastica riciclata (R-PET), che rappresenta un grande passo avanti per Levissima e un impegno concreto per un mondo più sostenibile, nei confronti di coloro che hanno a cuore il riciclo e l’utilizzo delle risorse. Un traguardo che si lega al progetto Regeneration, il piano di sostenibilità con cui Levissima coinvolge le persone in un percorso di consumo responsabile e di tutela dell’ambiente, a partire dall’educazione al corretto riciclo.

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Spiega Stefano Marini, CEO Sanpellegrino Group Nestlé:

La plastica, se adeguatamente riciclata, non è un rifiuto, ma una risorsa da cui possono nascere nuove bottiglie o oggetti utili per la comunità: per rendere ancora più visibile questo impegno, l’etichetta delle bottiglie Levissima RPET 100% contiene un forte messaggio: “Ricicliamo Insieme”. Siamo orgogliosi di mettere a disposizione la forza del nostro brand per comunicare un messaggio così importante.

Il termine R-PET (Recycled polietilene tereftalato) indica un polimero ottenuto attraverso processi di recupero e riciclaggio del comune PET post consumo utilizzato per contenere alimenti. Si tratta di un materiale identico per qualità, sicurezza e resistenza al PET tradizionale, che è uno dei materiali migliori in grado di mantenere inalterate le caratteristiche uniche di purezza originaria dell’acqua minerale, garantendo che arrivi sulle tavole dei consumatori così come sgorga alla fonte. Il R-PET, inoltre, come il PET vergine, può essere riciclato un numero di volte quasi infinito.

In questo modo, ogni bottiglia può rientrare nel ciclo produttivo come componente di valore per la tutela e il rispetto dell’ambiente. Il PET riciclato, infatti, permette di abbassare i valori dell’impronta di CO2 legata alla produzione: secondi i dati del The New Plastics Economy Global Commitment 2019 Progress Report, la produzione di 1 tonnellata di R-PET consente di risparmiare cinque barili di petrolio ovvero di 1,6 tonnellate di CO2, l’equivalente di quanta CO2 produce una citycar che percorre quasi 15.000 chilometri in un anno.

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Concetto che sposa Coripet a cui aderisce il Gruppo Sanpellegrino. Coripet, è, infatti, il consorzio volontario, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente – tra imbottigliatori, converter e riciclatori – che si occupa della raccolta e del riciclo delle bottiglie in PET in nuove bottiglie con l’obiettivo di trasformare un potenziale rifiuto in una preziosa risorsa da immettere nuovamente nel ciclo produttivo attraverso un approccio di economia circolare “bottle to bottle”, ovvero tramite l’attivazione di una filiera italiana chiusa per il riciclo del PET.

Levissima, da sempre impegnata nel promuovere un’economia circolare della plastica, è stata la prima azienda in Italia a utilizzare il PET riciclato con il lancio de La Litro con il 25% di R-PET nel 2010. Nel luglio del 2020 Levissima ha presentato una gamma di 5 referenze realizzate con il 30% di R-PET.

Relativamente al packaging, Levissima entro il 2025 si impegna a raggiungere il 50% di PET riciclato all’interno di tutta la gamma dei suoi prodotti.

Le bottiglie di Acqua Minerale Naturale realizzate con il 100% di plastica PET riciclata saranno disponibili nei formati da 0,75 e da 1lt non gasata.

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Panoramica EdTech: numeri, trend e investimenti nel settore

Sono molti gli aspetti della nostra vita ad essere cambiati, per via del coronavirus, nell’ultimo anno. Tuttavia, una delle tendenze più evidenti è rappresentata dall’utilizzo forzato della tecnologia, in quasi ogni aspetto della nostra vita.

Questa “rivoluzione digitale” non è di certo arrivata all’improvviso, anzi, precede la pandemia di molti anni. Ma di fronte ai rigidi blocchi, la nostra dipendenza dai dispositivi digitali per tutto, dal lavoro alla vita sociale, possiamo affermare che è aumentata da un giorno all’altro.

Siamo arrivati a un punto di svolta e ora sembra certo che la tecnologia giocherà un ruolo ancora più importante nelle nostre vite, anche una volta tornati alla cosiddetta “normalità”.

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Il volto mutevole dell’EdTech

Un settore in cui questa tendenza è stata particolarmente evidente è quello dell’educazione.

Questo dettaglio forse può essere sfuggito a chi non ha figli o non è direttamente coinvolto nel sistema educativo, ma come molti possono testimoniare, c’è stato un grande cambiamento al riguardo.

L’ormai diffuso trasferimento della didattica dalla scuola alla casa ha dato il via a un movimento di integrazione digitale, che promette di restare. Basta guardare le previsioni di HolonIQ per la spesa in EdTech nei prossimi anni.

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Prima dell’arrivo del Covid, HolonIQ aveva previsto che l’importo speso in EdTech a livello globale sarebbe aumentato da 183 miliardi di dollari nel 2019 a 341 miliardi di dollari entro il 2025. Questa è già una traiettoria di crescita impressionante. Ma in una stima post-Covid, l’azienda ha rivisto la sua cifra a 404 miliardi di dollari.

Questo è un tasso di crescita annuale composto del 12,2% nei prossimi 5 anni da una base del 2020 di 227 miliardi di dollari. Che si tratti di realtà aumentata, realtà virtuale, AI, robotica o blockchain, è stata aperta la porta alle aziende che offrono tecnologie in grado di cambiare il modo in cui le persone imparano.

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E il cambiamento arriva al momento giusto: si stima che ci saranno circa 2 miliardi di studenti in più in tutto il mondo entro il 2050.

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Con la crescita del PIL e l’emergere di classi medie benestanti nei mercati in via di sviluppo, sempre più persone avranno bisogno di istruzione. L’assenza di un certo livello di istruzione nell’infanzia non è più un’opzione per una parte crescente del mondo.

La tecnologia dovrà intervenire dove le infrastrutture fisiche non possono. Oggi, i dipendenti con competenze specifiche, quelli che vengono chiamati i “lavoratori della conoscenza“, stanno diventando sempre più attraenti per i datori di lavoro. Non solo questo sta costringendo più individui a perseguire una formazione post-secondaria, vale a dire una laurea o qualcosa di equivalente, ma sta anche portando all’aumento dell’apprendimento degli adulti.

Per rimanere competitivi in un mondo di robotica, automazione e di rapidi progressi tecnologici, sarà necessaria una costante riqualificazione e aggiornamento delle competenze. L’apprendimento permanente diventerà la norma, che include l’apprendimento sul lavoro ma anche inteso come processo di evoluzione personale.

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Stretched at the seams

La realtà è che i sistemi educativi di oggi non sono stati costruiti per una crescita enorme. Infatti, stanno già cedendo sotto la pressione delle richieste attuali.

Come abbiamo visto in innumerevoli altri settori, la tecnologia rappresenta una soluzione potente. Che si tratti di banche, vendita al dettaglio o sanità, la digitalizzazione può ridurre i costi, aumentare l’efficienza e, infine, estendere la capacità.

Tuttavia, fino ad ora, l’istruzione è stato un settore che ha tardato ad evolversi dal punto di vista digitale. Se torniamo indietro di soli due anni fino al 2019, la spesa digitale rappresenta appena il 3,1% della spesa totale per l’istruzione a livello globale.

Il potenziale di crescita colossale è stato notato anche dai venture capitalist. Gli investimenti in EdTech sono aumentati di molto tra il 2010 e il 2020, con il 2020 che è stato l’anno del blockbuster.

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Ma sta anche diventando un’opportunità sempre più valida per gli investitori regolari grazie ad un marcato aumento delle IPO nel settore dell’istruzione negli ultimi cinque
anni.

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Tuttavia, questa rimane un’opportunità ancora difficile da cogliere. Nonostante la forte crescita del settore EdTech, anni di sottoutilizzo rappresentano una base molto bassa.

Il market cap per le aziende educative a livello globale è attualmente di circa 300 miliardi di dollari contro un mercato totale di 5 trilioni di dollari. Confrontando questo dato con un market cap globale di 5 trilioni di dollari per le aziende sanitarie, contro un mercato totale di 8 trilioni di dollari, si noterà come la scala dei potenziali rendimenti a lungo termine inizi a diventare più evidente.

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Infatti, anche se la spesa EdTech soddisfa la nuova previsione di HolonIQ di 404 miliardi di dollari entro il 2025, rappresenterà solo il 5,2% della spesa totale per l’istruzione in tutto il mondo.

Possiamo affermare come l’evoluzione del settore Ed tech sia tuttora in atto e come il Covid sia stato un acceleratore. E grazie a una combinazione tra i sottoinvestimenti e quella che sarà la futura dipendenza digitale degli studenti in tutto il mondo, le prospettive sembrano estremamente positive.

Saranno i primi investitori ad essere ricompensati di più.

LifeGate Wall: Opel inaugura il muro dedicato alla sostenibilità tra i palazzi di Milano

Nasce a Milano LifeGate Wall, il progetto promosso da LifeGate che inaugura con Opel, in via Canonica 25, il primo murale dedicato alla sostenibilità ambientale e sociale. Attraverso la street art, una parete di 200 metri quadrati tra i palazzi cittadini, vuole rivolgere alla cittadinanza messaggi legati alla salvaguardia degli ecosistemi e alla riduzione degli squilibri sociali.

Opel è promotrice della rinascita dei centri urbani attraverso la scelta di una mobilità sostenibile e presenta “Simply Electric”, il murale che ha come soggetto un grande fiore a rappresentare la rinascita della natura, frutto di abitudini e comportamenti che ognuno di noi deve portare avanti con responsabilità nei confronti dell’ambiente.

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Le dichiarazioni di Enea Roveda, CEO Di LifeGate:

Da oltre vent’anni ci occupiamo di sostenibilità e siamo convinti che il coinvolgimento dei singoli individui sia fondamentale per diventare parte del cambiamento, attraverso scelte e abitudini quotidiane. Siamo felici di dedicare alla nostra città uno spazio che parla di ambiente, di rispetto e di futuro, per i cittadini milanesi e per le prossime generazioni.

Il commento del Direttore di Brand Opel Italia, Fabio Mazzeo:

L’impegno di Opel verso la mobilità sostenibile è tangibile. La nostra gamma di veicoli elettrificati si amplia sempre più e durante quest’anno raggiungerà 9 vetture e 3 veicoli commerciali elettrificati, un impegno concreto. Una mobilità accessibile ad un vasto pubblico, come nella migliore tradizione di Opel da oltre 120 anni.

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I murales sono ideati e realizzati dal collettivo Orticanoodles, lo pseudonimo di due street artisti italiani, Walter “Wally” Contipelli e Alessandra “Alita” Montanari, che dal 2004, dalla base operativa nel quartiere Ortica di Milano, ha riempito oltre 15 mila metri quadrati di muri della città e ha fatto la sua comparsa tra le strade delle principali città europee.

Abbiamo deciso di rappresentare un fiore in quanto simboleggia perfettamente il momento delicato che stiamo attraversando, in cui la Natura indica la via per mantenere una corretta condotta nel rapporto infinito tra Uomo e Ambiente. L’opera è realizzata con una speciale pittura che rimuove dall’aria sostanze nocive andandola a purificare: così come un vero fiore compie la sua quotidiana azione di bilanciare l’equilibrio naturale, così la nuova opera permetterà al quartiere di respirare un’aria più pulita.

spiega Wally degli Orticanoodles.

trend mondo del lavoro

I trend che avranno un impatto sul mondo del lavoro nel prossimo futuro secondo Visier

Il 2020 è stato l’anno più lungo e più veloce di sempre. Una cosa che ricorderemo tutti di questo periodo è come il lavoro e la vita si siano scontrati, rendendo meno netto il confine tra professione ed esperienze umane. E mentre riflettiamo su tutto ciò che abbiamo superato (lockdown, remote working, uno stile di vita socialmente distante e livelli aumentati di stress e ansia) ci chiediamo cosa ci aspetterà nei mesi a venire.

Sicuramente, nel 2021, i professionisti delle risorse umane di tutto il mondo continueranno ad affrontare sfide importanti, mentre cercheranno di adattarsi ulteriormente alle norme alimentate dalla pandemia. Ma che ne sarà dei lavoratori nel 2021 ormai inoltrato?

Proviamo a scoprirlo attraverso il report di Visier che, attraverso interviste con i leader di pensiero delle risorse umane, dati di benchmarking e ricerche di terze parti, ha fatto emergere le tre aree critiche in cui i leader dovranno ripensare i loro approcci al talento.

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Come possiamo rispondere alle esigenze mutevoli dei talenti?

Secondo Visier, l’imprevedibilità della pandemia ha imposto alle organizzazioni di passare dalla pianificazione strategica a lungo termine, alla pianificazione operativa settimanale o mensile, anziché annuale. Le assunzioni sono diminuite e la pianificazione della forza lavoro molto spesso è stata interrotta, a causa delle assenze, dei cambiamenti comportamentali dei dipendenti, della resistenza a determinate condizioni e dal turnover.

Quando torneremo alla normalità, ci saranno più remote worker part-time o full-time. Perciò abbiamo bisogno di analisi più avanzate per gestire questo tipo di lavoratori in modo efficace” afferma Russell Klosk, Strategy Principal Director di Accenture. Infatti, anche se il remote working ha favorito le assunzioni di talenti che in precedenza erano considerate geograficamente impossibili, trova resistenza su determinate condizioni del lavoratore. Ad esempio, favorisce le persone senza figli, che hanno ampi spazi per poter lavorare da casa.

Attualmente, l’ansia dei dipendenti è alle stelle e i sondaggi di PwC rivelano che il rischio li scoraggia dal tornare sul posto di lavoro:

  • il 51% dei dipendenti teme di ammalarsi al ritorno sul posto di lavoro
  • il 50% vorrebbe che fossero stabilite misure di sicurezza sul lavoro, per sentirsi a proprio agio nel tornare
  • il 45% vorrebbe che i requisiti di sicurezza e igiene fossero implementati anche per i clienti che entrano in ufficio
  • il 35% vorrebbe utilizzare la tracciabilità dei contatti, con notifiche in tempo reale se a un collega viene diagnosticato il COVID-19

Le risorse umane, perciò, dovranno adattarsi ad una nuova forma di lavoro ibrida, dove salute e sicurezza saranno la priorità assoluta. Gli HR dovranno premurarsi di implementare linee guida più rigorose, inclusi regolari test sanitari, controlli del benessere psico-fisico dei dipendenti, pulizia degli uffici e nuova formazione sulla sicurezza.

sicurezza lavoro covid-19

Queste priorità in materia di salute e sicurezza dovranno tradursi anche in una maggiore attenzione sui tipi di benefici offerti dalle organizzazioni. I lavoratori, infatti, non saranno più interessati agli stessi vantaggi: prima prediligevano buoni pasti, convenzioni con bar, ristoranti e palestre nei pressi dell’ufficio, aree relax e sale gioco, mentre ora cercheranno risorse per migliorare il loro benessere personale e familiare. Ad esempio benefits che promuovono la forma fisica, che supportano la salute mentale, che alleggeriscono gli oneri del lavoro a distanza e che affrontano le maggiori difficoltà di trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata.

Sempre PwC ha rilevato che:

  • il 36% dei dipendenti vorrebbe vedere più umiltà, compassione e comportamenti empatici da parte dei leader;
  • il 33% vorrebbe vedere un investimento aziendale in attività che garantiscano il benessere psico-fisico;
  • il 72% vorrebbe continuare a lavorare a distanza anche dopo la pandemia.

In secondo luogo, sarà necessario pianificare la forza lavoro in modo più agile, concentrandosi sulle competenze, piuttosto che sui ruoli già esistenti, e garantire formazione ed avanzamento di carriera in modo equo, tra dipendenti che lavorano in ufficio e persone che decidono di restare in remote working.

Visto che molte aziende stanno iniziando ad utilizzare nuove tecnologie per ottenere maggiore efficienza nella produttività, sarà necessario un miglioramento delle competenze e una riqualificazione dei dipendenti a livello più ampio. E strumenti come l’intelligenza artificiale adattiva che sviluppa, deduce e normalizza le definizioni delle competenze e le qualifiche professionali, potranno aiutare gli HR a identificare e far crescere queste nuove opportunità, in linea con le mutevoli esigenze dell’organizzazione.

L’agilità dovrà diventare una competenza aziendale fondamentale e mettendo in pratica strategie ponderate di assunzione del rischio sarà possibile uscire da questa crisi più forti dei propri concorrenti.

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Il rischio può essere gestito, ma deve essere fatto in modo mirato per aiutare i dipendenti a rimanere produttivi” Matt Stevenson, Workforce Strategy & Analytics Practice di Mercer

Come dobbiamo mobilitarci in termini di Diversità & Inclusione?

Negli ultimi anni, è stato fatto pochissimo in termini di “diversità e inclusione”. Un sondaggio di Gartner ha rilevato che “solo il 36% dei leader di D&I ha segnalato che la propria organizzazione è stata efficace in costruire una forza lavoro diversificata”.

Ad esempio, Visier mostra che, le donne continuano ad avere meno probabilità di carriera nei ruoli dirigenziali rispetto agli uomini. Ma, ora è arrivato il momento di agire. Le aziende devono capire che la diversità non è solo un bene per le persone, ma anche per loro stesse, ed i rischi che corrono a non adeguarsi includono multe e azioni legali.

Sapere dove si trova l’organizzazione nel complesso termini di diversità è un buon punto di partenza. E man mano che vengono adottate nuove innovazioni, gli HR dovranno assicurarsi che gruppi specifici di persone non vengano lasciati indietro.

Perciò Kelly Reed, amministratrice delegata della Lockton Companies consiglia di raccogliere dei dati per comprendere e far progredire il D&I nelle aziende, ad esempio assunzioni, promozioni e analisi di equità retributiva (a livello operativo), sondaggi sui dipendenti (a livello esperienziale) e delle analisi della rete organizzativa (a livello comportamentale).

I leader delle risorse umane possono aiutare, bloccando le loro funzioni di gestione dei talenti, tra cui la pianificazione della forza lavoro, il reclutamento, la riqualificazione, il passaggio al lavoro remoto e l’adattamento alle nuove esigenze o richieste di personale. Ma non possono farlo da soli. Devono essere collegati e lavorare in sincronia con gli altri reparti, inclusi finanza, supply chain e marketing. Tutti i reparti devono essere sulla stessa pagina lavorando su una piattaforma unificata che condivide i dati in modo che tutti possano prendere decisioni con le stesse informazioni. 

D&I diversità e inclusione

Quali sono le nuove aspettative sull’esperienza dei dipendenti?

Se il 2020 ci ha insegnato qualcosa, è essere preparati agli imprevisti. Le aziende sono cambiate molto nell’ultimo anno e mentre ci prepariamo per il 2021, dobbiamo prendere quelle lezioni apprese e prepararci a tutto. In altre parole, dobbiamo essere agili.

In questo nuovo anno, tutte le aziende saranno sotto pressione per crescere e ottimizzare i profitti, riprendendosi dall’anno in cui siamo appena sopravvissuti, ma allo stesso tempo affrontando nuove sfide post-pandemiche. I leader delle risorse umane devono assumere un ruolo proattivo nell’aiutare le aziende a superare questi cambiamenti.

E mentre con il vaccino ci stiamo dirigendo verso il ritorno alla “normalità”, vediamo emergere una forza lavoro ibrida: alcune aziende torneranno alle operazioni pre-pandemia, ma molte vedranno aumentare le richieste di flessibilità, dato che il lavoro a distanza ha dimostrato di funzionare. Se i dipendenti continueranno a lavorare in remoto sarà necessario acquisire le migliori tecnologie e le risorse necessarie per renderli più produttivi e collaborativi.

Tuttavia, sebbene dare la priorità alla personalizzazione, alla flessibilità, all’accesso su richiesta e alle opportunità di crescita sia un buon inizio per un’esperienza positiva per i dipendenti, non è una soluzione valida per tutti. Ogni paese, settore, organizzazione e team avrà nuove aspettative e richieste dei dipendenti e spetterà alle risorse umane re-inventarle.

Conclusioni

In un ambiente caratterizzato da estrema incertezza, tracciare un percorso in avanti non è facile. Ma molti leader hanno accettato la sfida e l’hanno focalizzata sulla connessione tra persone e sull’agilità aziendale.

Ora più che mai ci sono opportunità per:

  • garantire la sicurezza del posto di lavoro
  • spostare l’ago sul benessere psico-fisico del dipendente
  • esplorare le opzioni di riqualificazione per la forza lavoro
  • identificare leader informali che possono guidare l’azienda nei momenti di incertezza
  • dipingere un quadro di interventi da mettere in atto per raggiungere l’uguaglianza

Maggiori dettagli nell’infografica di PwC e nell’infografica di Deloitte.

Il giusto mix di grinta, empatia e tattiche di assunzione di rischi ponderati possono aiutare le organizzazioni resistere alle esigenze di oggi e prosperare domani.

Reddit nomina Drew Vollero CFO e si prepara a quotarsi in borsa

Reddit nomina Drew Vollero, ex dirigente di Snap Inc, primo Chief Financial Officer (CFO). L’incarico del nuovo direttore finanziario coincide con la prospettiva di quotazione in borsa del sito di social news, intrattenimento e forum, fondato sul concetto di networking tra community.

“Ci stiamo pensando. Stiamo lavorando per quel momento”:

sottolinea l’amministratore delegato di Reddit, Steve Huffman in risposta alle sollecitazioni della stampa sull’ipotesi di un’eventuale istanza di offerta pubblica iniziale (IPO) dei titoli della società sul mercato finanziario. Ancora nessuna tempistica ufficiale per il deposito, però: “Diventare pubblico è qualcosa a cui pensiamo, ma non abbiamo piani specifici e un calendario”, dichiara il portavoce.

Drew Vollero entrerà ufficialmente in carica come direttore finanziario a fine mese e si occuperà di fiscalità, audit, pianificazione finanziaria, pubblicità, finanziamento delle vendite, approvvigionamento e relazioni con gli investitori.

Il compito di Vollero – 55 anni e più di 30 anni di esperienza in ruoli finanziari in Mattel Inc, Yum Brands, Taco Bell, PepsiCo, Snap e Allied Universal – consisterà nel condurre Reddit verso il processo di creazione della società per azioni, come accaduto nel 2017 con Snap, accompagnando l’azienda verso la sua IPO da 33 miliardi di dollari.

La crescita registrata da Reddit nel 2020 e il piano recruiting: raddoppiare i dipendenti nel 2021

“Il 2020 è stato un anno fondamentale”, afferma Huffman, che delinea anche il piano di recruiting. Infatti, in relazione a quanto dichiarato a The Wall Street Journal, a Vollero seguirà l’assunzione di molti nuovi dirigenti, con la previsione di raddoppiare il numero di dipendenti a 1.400 nel 2021.

Gli introiti pubblicitari sono aumentati del 90% nel quarto trimestre in confronto all’annualità precedente. Più di 52 milioni di utenti attivi visitano Reddit ogni giorno, oltre 100.000 le comunità tematiche o forum secondari ospitati in piattaforma. A dicembre la società ha acquisito Dubsmash, un’App social incentrata sui video per competer con TikTok.

Nel mese scorso, l’azienda ha raccolto 250 milioni di dollari di nuovo capitale (il più grande round di venture capital), con una valutazione stimata in 6 miliardi di dollari, ovvero il doppio rispetto ai due anni precedenti.

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Super Bowl

Reddit, il caso GameStop e lo spot durante il Super Bowl

Una crescita esponenziale favorita dal balzare di Reddit all’attenzione della cronaca nelle scorse settimane per il caso GameStop dopo che i day trader si sono uniti sul popolare forum “Wallstreetbets” del sito web, innescando il rally di molti titoli allo scoperto, con effetto una fortissima oscillazione al rialzo di titoli come GameStop e AMC a Wall Street.

Interesse fortissimo suscitato da Reddit anche in occasione del Super Bowl, quando ha acquistato uno spot pubblicitario di appena 5 secondi con il lancio del claim, in riferimento al caso GameStop:

“Quando le persone si uniscono davanti a qualcosa a cui tengono, succedono cose potenti”.

Huffman, tra i co-fondatori di Reddit, è tornato a gestire il sito nel 2015, lavorando per frenare l’incitamento all’odio e all’abuso digitale, rinnovando i termini di servizio per mettere fuori legge i contenuti nocivi di alcuni forum.

Obiettivo, espresso da Huffman, è di utilizzare i finanziamenti per espandere l’attività, incluso il team finanziario, ma soprattutto rendere Reddit più mainstream, migliorando il prodotto, in linea con competitor come Facebook e Twitter.

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Le performance dei creator su YouTube del settore Entertainment analizzate da Buzzoole

Oltre 2 miliardi di utenti ogni mese accedono a YouTube e ogni giorno i visitatori guardano oltre un miliardo di ore di video, generando miliardi di visualizzazioni. Challenge, miniserie e sketch comici sono i trend che registrano un maggiore seguito e coinvolgimento, in particolare per il target più giovane come la Generazione Z.

Star e Rising Star

A tal proposito, nell’ambito degli appuntamenti mensili con i “Buzzoole Rankings”, torna l’Osservatorio istituito da Buzzoole, martech company specializzata in tecnologie e servizi per l’Influencer Marketing, per analizzare le performance dei creator su YouTube del settore Entertainment. Grazie al tool Buzzoole Discovery, infatti, sono state stilate due differenti classifiche: “Star” per gli influencer con più di 500.000 subscriber e “Rising Star” per i profili con meno di 500.000 subscriber, nel periodo gennaio 2020-gennaio2021.

Sul podio della classifica “Star”, per il terzo anno consecutivo, la medaglia d’oro va a Ipantellas, il duo comico formato da Jacopo Malnati e Daniel Marangiolo, i quali hanno registrato circa 3,5 milioni di visualizzazioni in media rispetto ai video pubblicati (1 milione di views/post in meno, ma con 11 video pubblicati in più, rispetto alla precedente classifica). Anche per il secondo posto si riconfermano Sofì e Luì in arte i Me contro Te, gli youtuber più amati dai bambini, per i quali hanno realizzato quasi un video al giorno da cui hanno ottenuto in media oltre 3,2 milioni di visualizzazioni nel periodo analizzato.
 Il bronzo va al trio comico Gli Autogol, formato da Michele Negroni, Alessandro Iraci e Alessandro Trolli. I tre amici, tra imitazioni e parodie sportive, hanno ottenuto in media oltre 1,1 milione di visualizzazioni per video.

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In quarta posizione ritroviamo anche quest’anno La Coppia che Scoppia, il primo canale YouTube dei due fidanzati Alice e Mirko, che con siparietti comici sulla vita di coppia ha fatto registrare oltre 1 milione di visualizzazioni in media rispetto ai video pubblicati nel periodo analizzato. Quinta posizione per i The Jackal. Il gruppo comico di Napoli composto da Ciro Priello, Claudia Napolitano, Gianluca Fru, Simone Ruzzo, Aurora Leone e Fabio Balsamo ha ottenuto in media 866.000 visualizzazioni rispetto ai video pubblicati nel periodo considerato.

Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole dichiara:

I creator del mondo entertainment sono diventati un elemento attorno al quale le generazioni di giovani più sfuggenti come la GenZ costruiscono delle vere e proprie community che condividono visioni collettive dei canali. Merito sia della capacità di questi creator di aver individuato la chiave di comunicazione più adatta a queste generazioni, sia l’abilità che hanno nel saper essere presenti su tutte le piattaforme social di video e streaming (YouTube, TikTok e Twitch) sfruttando al meglio i diversi strumenti e linguaggi che queste mettono a disposizione. Quest’ultima abilità permette anche ai creator più attenti di spostarsi da una piattaforma all’altra portandosi dietro la propria claque.

La classifica “Rising Star”, invece, vede al primo posto il gruppo comico Elites formato da Mirko, Enrico, Andrea, Omar, Salvatore e Antonio. I video di questi sei amici scanzonati che raccontando le loro avventure insieme, tra scherzi e challenge, hanno ottenuto in media 833.000 visualizzazioni. Al secondo posto c’è Alessandro Scarpa alias Er Gennaro (tra i migliori influencer italiani su TikTok nel 2019) con una media di 744.000 visualizzazioni. In terza posizione Patrizia e Micol, aka Quello che le donne non dicono.

Le due amiche nei loro sketch si divertono a raccontare in maniera ironica la vita delle donne nel quotidiano, con i ragazzi, con le amiche, talvolta toccando anche temi sociali. Nel periodo analizzato hanno ottenuto in media 528.000 visualizzazioni per video.
 Al quarto posto il noto canale Il Milanese Imbruttito i cui video sketch/commedy dell’Imbruttito, del Giargiana, del Nano e dell’Imbruttita hanno ottenuto in media 476.000 visualizzazioni. Quinta ed ultima posizione per Daniele Montani. Tra challenge e vicende amorose sotto il tetto della Stardust House, i suoi video hanno ottenuto in media 464.000 visualizzazioni durante il periodo di analisi.

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In generale, dall’analisi dell’Osservatorio di Buzzoole è emerso che gli influencer del settore entertainment hanno grande inventiva nel proporre sempre nuovi format creativi come challenge, miniserie, sketch comici di breve, media o lunga durata, incentrati prevalentemente su scene di vita quotidiana, lavoro di coppia o di gruppo. Uno dei principali trend emersi è sicuramente quello delle challenge, ovvero sfide di abilità tra creator, che è una delle principali caratteristiche riconosciute, e da subito intercettate dai brand, anche sul social dei video brevi TikTok. Tra i format più ricorrenti si possono anche annoverare i video in cui il protagonista si filma mentre commenta programmi televisivi o eventi sportivi, oppure dei progetti speciali, gestiti da più creator già popolari grazie ai propri profili personali, come Muschio Selvaggio, di Fedez e Luis, e Pecore Nere, di Gabriele Vagnato e Alessio Russo (entrambi tra i più visti).

Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole dichiara:

Gli entertainment influencer possono essere molto interessanti per le aziende nell’ottica di raggiungere i giovani, utilizzando stili di comunicazione nuovi e meno formali. Il contenuto, infatti, per essere credibile deve mantenere il più possibile lo stile nativo dell’influencer, già noto agli occhi del suo pubblico. Infine, la sfida per le aziende – prosegue Cosenza – sta proprio nell’individuare gli stili di comunicazione in linea con la brand equity perché la scelta implica un grado di conoscenza dei linguaggi e dei valori che difficilmente emerge soltanto da un video.

mass market brand

Perché oggi è impossibile creare un mass market brand

I meccanismi principali dei media maggiormente fruiti dalle generazioni più giovani funzionano tramite retargeting e le persone vedono in continuazione quello che hanno già visto o che gli piace vedere. Questo stato di cose porta a produrre dei “miti settoriali”.

Creare un mass market brand risulta davvero complicato per diverse motivazioni: intanto, per semplificare, perché “non esiste più Pippo Baudo“, cioè un elemento universalmente riconosciuto indipendentemente dal gruppo di età a cui si appartiene.

Quando chiediamo alla gente se conosce Rosalba, Ghali e Ryan, sarà molto difficile ottenere una risposta affermativa per tutti e tre, perché sono tre miti di tre generazioni differenti. Rosalba è una famosa youtuber, Ghali è un rapper e Ryan di Ryan’s World è uno youtuber bambino, il più ricco del mondo.

Una volta, se avessi chiesto “chi è Pippo Baudo“, mi avrebbero risposto tutti trasversalmente, dalla nonna al nipotino di sei anni. Cosa è cambiato?

La differenza è che adesso, come direbbe McLuhan, è il media che crea il messaggio e la fruizione del messaggio. Nel momento in cui i media funzionano per retargeting e sono assolutamente settoriali e legati a una fruizione precedente, proponendo solo quello che la gente si aspetta di vedere, in maniera sempre crescente si formeranno micro-communities di persone che non conoscono assolutamente le preferenze delle persone accanto a loro.

Partendo da queste premesse, non è possibile far arrivare un unico messaggio a tutti e creare un mass market brand che vada bene per tutti.

Un’altra motivazione che rende impossibile la creazione di un prodotto di massa fruibile da qualunque generazione è che, all’interno di questo sistema di “disintermassmedializzazione” che stiamo vivendo si presenta un altro effetto sociologico: grazie alle migliori condizioni di vita generali a livello globale, perché il mondo è migliore di quello di 30 anni fa, per la prima volta ci sono sette generazioni sullo stesso pianeta.
Queste generazioni non hanno nulla da condividere l’una con l’altra, perché le tecnologie creano degli isolamenti, in termini di media, di fruizioni e quindi in termini di messaggi e linguaggi.

Sarà quindi sempre più difficile creare qualcosa come il Babbo Natale con il vestito rosso che sponsorizza Coca-Cola e va bene per tutti, o creare un programma televisivo visto da 15 milioni di persone. Esistono ancora, perché noi stiamo parlando di trend ma, in prospettiva, sarà sempre più complesso.

Una generazione diversa: le micro-community

La principale differenza della Generazione Z rispetto alle altre è il concetto di bellezza. Per esempio, gli adolescenti di oggi amano Sfera Ebbasta che, indipendentemente dai gusti e dall’orientamento sessuale, fino a qualche tempo fa non sarebbe mai stato visto come un esempio di bellezza. La stessa Billie Eilish non sarebbe mai stata vista come un sex symbol.

La nuova modella di Gucci ci insegna che questa generazione ha completamente un altro concetto di bellezza e tutti gli esperti di comunicazione dovrebbero interrogarsi su questo, e non soltanto per quanto riguarda la scelta del testimonial più adatto, ma proprio nell’obiettivo di creare qualcosa che abbia contatto con il cliente, che sia bello per lui.

Un altro punto importante di differenziazione è l‘accesso per micro-community. Con la Generazione Z è nato il fenomeno “finsta”, cioè l’ammissione che esista un “io reale” e un “io costruito”. I Millennials cercavano di utilizzare i social per mostrare la parte migliore di se stessi, la Generazione Z, invece, accetta che esista una parte “finta” di se stessi.

Dallo storytelling allo storydoing

La terza differenza rilevante, una indicazione davvero utile per tutti i marketers, è che lo storytelling sta lasciando spazio allo storydoing.

Tutti i nuovi strumenti di fruizione, tutti i nuovi media sono in realtà programmi di montaggio. Tiktok, ad esempio, è un mezzo di comunicazione che ha due caratteristiche principali: il riconoscimento sonoro e il riconoscimento per immagine, però, di base, la cosa che lo accomuna a Instagram, a Facebook e a tutti gli altri social network è che il contenuto all’interno è lasciato in mano al cliente, che è anche il consumatore finale.

A che cambiamento globale ha portato questa caratteristica? Fino a ieri, ad esempio, Samsung o Sony spendevano milioni di euro per produrre uno spot pubblicitario, nell’ottica di diffonderlo in televisione con un tempo stabilito di fruizione e per un periodo programmato, ipotizziamo per tre mesi di campagna stagionale.

Oggi, se un brand spende milioni di euro per uno spot, quali sono i canali migliori per diffonderlo? Di certo, mostrarlo per pochi secondi su Tiktok non garantisce un ritorno dell’investimento. Infatti, se fino a ieri le risorse erano destinate a costruire lo storytelling, oggi quelle stesse risorse devono essere destinate a costruire frame, format, framework di linguaggio, degli spazi dove la gente possa esprimersi, e dargli delle regole.

Il secondo step, che in realtà è primordiale, è che se un brand vuole dire alla gente come comportarsi, deve farsi riconoscere come autorevole. Il lavoro di identità è quindi proprio sul brand: tone of voice, comunicazione coerente, una chiara purpose. Come Patagonia, per esempio, che ha chiuso i negozi per supportare l’Earth Day.

Il supporto dei dati e lo spazio per l’innovazione

Pur in questo contesto di differenziazione e isolamenti delle community, l’analisi dei dati rimane essenziale. A prescindere dal canale di distribuzione del brand, che sia digitale o fisico è necessario continuare ad analizzare sempre i KPI fondamentali:

  • Vendite
  • Consumo medio
  • Numero di ticket
  • Conversion rate
  • Traffico

Alla base di questi KPI fondamentali ci sono tutti i dati che portano a questi cinque: la grossa fortuna del mondo digitale è che ti dà la possibilità di tracciare tutta la consumer journey ed è un’opportunità da non lasciarsi sfuggire.

Detto questo, però, se fai sempre le stesse cose ottieni sempre gli stessi risultati. La vera innovazione è quindi sapere che puoi misurare ma lasciare spazio all’opportunità di fare cose nuove, senza legarsi troppo al dato.

Non proporre mai nulla di nuovo è la miglior strada possibile per accartocciarsi, è un circolo vizioso che rischia di condurci in una spirale del silenzio. Bisogna sempre imporsi di lasciare almeno un 20% del proprio Product Mix alle nuove opportunità e alla sperimentazione.

L’introduzione dell’innovazione nel Product Mix, mettendo in relazione tempo e quantità di prodotto, dovrebbe seguire infatti questo percorso:

  1. consumatore Innovator – poco prodotto e poco tempo di immissione nel mercato
  2. consumatore Early Adopter – leggermente più prodotto e leggermente più tempo di immissione sul mercato
  3. consumatore Early Majiority
  4. consumatore Late Majiority
  5. Laggard

Questa curva indica precisamente quello che accade nel mercato e quello che dovrebbe accadere in tutti i Product Mix delle aziende, ma anche nel Time Mix di noi stessi: lasciare dello spazio per fare qualcosa di folle.

Le informazioni restano quindi importantissime: va bene ottenere la certezza del business attraverso i dati, monitorarli, seguirli, conoscerli, ma occorre lasciare un po’ di spazio, almeno il 10/15%, a seconda della propria situazione, per fare cose nuove.

Millennials e Gen Z: sì al contactless e ai metodi di pagamento innovativi

È un tipico sabato sera e siamo pronti per uscire con i nostri amici. Timidamente ci affacciamo dalla porta della nostra cameretta in attesa dei nostri genitori. Le solite raccomandazioni, un bacio sulla guancia, e alla fine la bramata paghetta. Vi abbiamo sbloccato un dolce ricordo, vero? In questo ultimo anno tante cose sono cambiate, anche il nostro rapporto con i soldi. Se gli adulti hanno vissuto tanti stravolgimenti, anche i più giovani hanno dovuto imparare, molto presto, una gestione diversa dei soldi, evitando il più possibile il contante, per una questione di sicurezza, e destreggiandosi con pagamenti innovativi, sempre più digitali e contactless

Millennials e Gen Z utilizzano sempre meno i contanti per gli acquisti

I Millennial sono spesso visti come la generazione più esperta del mondo digitale, ma in realtà sono stati cresciuti in un periodo in cui Internet era ancora una tecnologia nascente ed emergente. Al contrario, la Generation Z, coloro che sono nati tra il 1995 e il 2015, sono cresciuti con smartphone utilizzati come veri e propri giocattoli. Ecco perché sono stati soprannominati anche iGeneration

Quando si tratta di pagamenti, sono soprattutto loro, i giovani nativi digitali, che necessitano di opzioni nuove e tecnologicamente avanzate.

Durante il COVID-19, i pagamenti sono cambiati. Secondo lo studio Future of Money, c’è stata una significativa diminuzione nell’uso del contante, con carte prepagate, carte di credito, P2P e opzioni di pagamento rateale tutte in aumento.

Sebbene questi cambiamenti siano iniziati prima della pandemia, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un vero e proprio incremento senza precedenti. C’è una tendenza, una vera e propria apertura verso nuovi metodi di pagamento, l’utilizzo di PayPal, per esempio, è ai massimi storici.

Inoltre sono proprio i Millennial e la Gen Z, ad adottare metodi di pagamento sempre più innovativi

Sempre secondo lo studio, nella scorsa ondata primaverile il 15% della Gen Z sfruttava già diversi metodi di pagamento, e in estate, questo trend era aumentato al 25%, restando costante per questo inverno.

Perché migliorare l’esperienza d’acquisto della Gen Z

Era prevedibile che questa generazione avrebbe avuto un peso finanziario significativo. Sebbene il loro potere di spesa possa cambiare molto a causa delle scarse opportunità di lavoro e della crisi economica, questa generazione ha definitivamente chiarito una cosa: vuole usare solo la nuova tecnologia quando si tratta delle loro finanze. 

Coloro che sono coinvolti nel settore finanziario dovranno offrire soluzioni nuove e semplificate per la Gen Z. Dai pagamenti con un clic alle app sviluppate appositamente per loro, coinvolgere questo pubblico è importante per le aziende a prova di futuro.

I più giovani, quindi, sono inclini non solo a pagamenti senza contanti, ma prediligono opzioni sempre più diverse, smart e sicure.

Perché le nuove generazioni preferiscono metodi di pagamento innovativi

I motivi sono diversi e non solo perché la Gen Z è naturalmente più a suo agio con la tecnologia, ma è stata anche più esposta a una serie di cambiamenti della società in cui vive e sta maturando. 

Oltre alla familiarità con Internet, questa generazione è cresciuta anche in mezzo alle turbolenze economiche, e vedere i propri genitori penare durante la crisi finanziaria del 2008 ha reso la Generazione Z più pragmatica e coscienziosa riguardo le spese.

È questo contesto che ha portato la Gen Z ad avere sempre meno fiducia nelle banche, nelle istituzioni finanziarie e nei sistemi tradizionali di pagamento. Andando invece a prediligere soluzioni fintech più semplici da utilizzare e più economiche.

Gli strumenti di pagamento innovativi preferiti dai più giovani

I pagamenti tramite app e quelli digitali, in generale, sono i preferiti, perché veloci, sicuri e non richiedono troppi passaggi da fare, offrendo maggiore trasparenza e flessibilità a chi li utilizza.

Le carte prepagate sono anch’esse ottime soluzioni per acquistare prodotti non solo online, ma anche fisicamente nei negozi, evitando il passaggio, da mano a mano, di monete e banconote.

Ecco perché molte aziende stanno adottando soluzioni simili per agevolare gli acquisti in modo semplice, diverso dal solito e soprattutto sicuro, e tra queste c’è anche l’offerta di Enel X Pay, il conto online agile e sicuro con cui effettuare pagamenti senza contante, scambiare denaro con gli amici e gestire in tempo reale le spese, tutto da un’unica App.

Le funzionalità incluse da questo servizio sono davvero tante, tra cui l’Opzione Family, il piano pensato per le famiglie e i più giovani. Questa consiste infatti nella possibilità per i genitori di aprire e attivare il primo conto ai figli, in età compresa dagli 11 ai 17 anni, con carta Mastercard e App dedicati a loro.

Con l’Opzione Family la gestione economica della famiglia è ancora più semplice. È possibile visualizzare il saldo e le spese dei figli, accreditare loro la paghetta digitale, inviargli denaro in qualsiasi momento ed educarli al valore delle cose. Non un semplice conto, ma l’occasione per mostrare loro cosa vale davvero.

Perché è importante per i più giovani avere un conto

In una società in continua evoluzione, dove anche il panorama economico e commerciale cambia di giorno in giorno e velocemente, non è solo necessario offrire pagamenti innovativi, sicuri e facili da usare. Diventa importante anche educare le generazioni più giovani al valore finanziario, insegnando loro a essere consumatori e non prodotti, fin da piccoli.

Se educati già da giovanissimi, prima impareranno il valore dei soldi e il potenziale economico che, un giorno, avranno nelle proprie tasche, anzi carte, e prima capiranno che non è così semplice acquistare ciò che si desidera, come un grazioso pony!

New Space Economy, un’opportunità di business per le imprese

Non più fantascienza o utopia. La New Economy Space è una rivoluzione in atto. Lo spazio, da fonte inesauribile di ispirazione nella storia dell’umanità per poeti e viaggiatori, per sognatori e visionari, diventa oggi realtà concreta di business per le aziende. Non solo dimensione dell’immaginario, ma una nuova frontiera del marketing per ridisegnare i brand del futuro, per definire storytelling e narrazioni.

La Space Exploration diventa trend topic ed apre scenari dirompenti, trasformandosi in un’opportunità da cogliere per primi.

Se Elon Musk punta a portare il primo uomo su Marte nel 2026 con la sua SpaceX mentre, in contemporanea, apre in tutto il mondo il pre-order per la sua rete internet satellitare Starlink, c’è invece chi invece guarda alle stelle, immaginando nuovi modelli economici, proiettati verso nuove avventure nell’immediato futuro.

Non solo Scienza e ricerca scientifica, ma un’occasione per privati ed aziende che sognano di ri-disegnare il futuro dei propri brand. Dalla collaborazione tra Ogilvy Consulting e Wired nasce così Ogilvy Orbiter, la prima unit di supporto per quelle marche sufficientemente visionarie da voler trasformare lo Spazio in una opportunità concreta. Il primo player nel suo campo, con l’obiettivo di aprire la strada alle aziende disposte a lanciarsi in questo settore.

viaggio-spazio

Un mercato in esplosione

Alle missioni spaziali, oppure alla possibilità di connessione internet ultraveloce e a bassa latenza, il mercato si arricchisce di un’offerta capace di rispondere a need tra i più diversi: dal venture capital alla sostenibilità, dall’inclusione al benessere, al turismo, sino ad arrivare all’innovazione di prodotto.

“La New Space Economy è in esplosione, siamo contentissimi di essere stati i primi a coglierne i segnali. È un’opportunità per tutti, basta solo avere il coraggio di superare i propri preconcetti”,

sottolineano Roberta La Selva, CEO di Ogilvy Italia, e Claudio Grandi, Client Service Director di Ogilvy Italia a capo di Ogilvy Orbiter.

Ispirati alla tecnologia CubeSat, Ogilvy insieme a Wired e diversi partner hi-tech operanti nel settore aerospaziale mettono insieme il proprio know-how sin dall’inizio, allo scopo di offrire l’infrastruttura più ampia possibile per rispondere ai sogni del cliente qualunque sia la sua space opportunity.

 

Il ruolo cardine dell’Italia nell’esplorazione spaziale

Un ruolo per nulla marginale, quello dell’Italia, che investirà 485 milioni di euro nell’esplorazione dello spazio, come rivela il White Paper di lancio di Ogilvy Orbiter, attraverso il Distretto Spaziale Piemontese (300 aziende, di cui 2 di loro in prima linea nella recente missione Perseverance 2020 Mars Rover; 7.900 dipendenti e un indotto di 15mila, per un business di 4 milioni di euro). Primo Paese europeo ad adottare un regolamento per costruire e gestire il primo spazioporto sul territorio nazionale a Grottaglie, gate dell’universo, spinto verso l’infinito ed oltre, per il segmento strategico dell’aviazione civile che permetterà voli suborbitali turistici.

A ciò si aggiunge la liberalizzazione per l’esplorazione dello spazio e l’intenso cronoprogramma di missioni. La Nasa, infatti, ha scelto tre società spaziali private per costruire nuovi lander lunari per gli imminenti sbarchi sulla luna previsti dal progetto Moon: Blue Origin di Bezos, SpaceX di Musk e la compagnia dell’Alabama Dynetics.

Le missioni spaziali

Con la recente scoperta di un possibile segno di vita su Venere, si prevede una nuova ondata di missioni dirette al pianeta nel 2022, con Giove a seguire nel 2023. Telescopi puntati a rivelare i misteri delle galassie fino alle ultime luci del Big Bang, mentre la luna diventerà il prossimo avamposto umano con la missione Artemis nel 2024.

“È un progetto molto sfidante, che ci riempie di orgoglio – sottolinea il CEO di Ogilvy Italia, Roberta La Selva – L’Italia segue una leadership storica. È sempre stata presente nella dimensione dell’esplorazione spaziale, attore importante e riconosciuto.  Ogilvy oggi è la prima ed unica agenzia ad avere aperto le proprie porte alla New Space Economy e alla space exploration, raccontando ed offrendo vantaggi ed opportunità ad i propri clienti e prospect. Così facendo ci siamo riappropriati della vera mission di chi fa comunicazione per le marche, quella di anticipare i territori fertili che sono davanti a noi.

. A sostegno del principio dell’importanza di dare visioni ed ispirazione alle marche e ai nostri clienti, Orbiter nasce con una grandissima spinta e voglia di raccontare e raccontarsi”.

“Lo spazio è diventato, al pari di altri temi, un contesto intorno al quale sperimentare nuove idee, comunicazione, innovazione di prodotto, pensiero laterale, cambio delle proprie abitudini di business, aprendo a partnership che prima sembravano lontani anni luce”, spiega Claudio Grandi.

Potenzialità infinite per le marche e i partner commerciali, dalla semplice campagna di comunicazione al prototyping, alla revisione di prodotti e di brand. Dai contenuti multimediali editoriali ai podcast.

Un “mondo di comunicazione parallelo” talmente ampio da determinare la necessità di una Unit di lavoro dedicata, con un laboratorio interno di raccolta dati.

Roberta La Selva

Determinante sarà la creazione della relazione con il cliente

“Occorre capire che tipologia di cliente di marca abbiamo di fronte. Ci sono i super coraggiosi ed altri che hanno meno possibilità di rischiare o investimenti disponibili. Essenziale è scavare per trovare il punto di aggancio corretto per iniziare un percorso per la marca – insiste Roberta –Il nostro compito è affiancare, attraverso ore di confronto, di dialogo. Un momento di scambio all’origine del lavoro delle agenzie di comunicazione. Il futuro è un po’ tornare sui nostri passi. Il tema è sensibile, delicato e merita tempo. Proviamo a riappropriarci di una parte di noi non solo gratificante, ma edificante”.

Importanti le prospettive, non solo per i brand aerospaziali, ma anche per i servizi finanziari, bancari, assicurativi e per il settore food. Ben 500mila dollari messi in palio da un contest della Nasa destinato all’innovazione per la produzione di cibo nello spazio. Si pensi, inoltre, ai brand di abbigliamento, scarpe, running. Un territorio vergine, da osservare con attenzione per non lasciarsi trovare impreparati.

invenzioni NASA

Un cambio radicale di paradigma e di prospettiva

“L’esplorazione spaziale non è più sinonimo di potenza governativa. È un anno cruciale questo, perchè ci sono missioni che impattano sui sogni dell’umanità. Entro la fine dell’anno, oltre l’orbita lunare rilasceremo un telescopio spaziale che permetterà di vedere così lontano da individuare le ultime luci del big bang. Che tipo di shifting può creare sulla nostra cultura? Non lo sappiamo, ma lo possiamo governare. Orbiter è lì per intercettarlo”.

Un’attenzione altissima rivelata dai numeri: quasi 65milioni di follower per il canale Instagram della Nasa. Video di lanci di satelliti con milioni di visualizzazioni. Equipaggi misti, composti da cinesi, americani, russi italiani, simbolo di inclusione. E ancora ricerca scientifica, sostenibilità.

Claudio Grandi

“Tantissimo fermento. Elon Musk è l’emblema del potere mediatico dei grandi visionari. Punta a Marte, ma nel frattempo ricopre l’intera orbita terrestre con satelliti per colmare il digital device – continua Claudio Grandi –  Nessuna nuova piattaforma per i razzi, ma il riuso di quelle petrolifere abbandonate nell’oceano in segno di sostenibilità. È maestria di gestione in un contesto ricchissimo. Tecnologia e landscape di comunicazione”.

Il CubeSat diventa simbolo del modello operativo, in cui l’interconnessione diventa parola d’ordine. “Il ruolo dell’Italia dal punto di vista scientifico è primario. Sesto Paese al mondo, con 500 milioni di euro all’anno investiti in ricerca spaziale. Tantissime ragazze sono nel team di addestramento per comporre le crews che viaggeranno nello spazio – evidenzia Roberta – L’Economy Space inizia a diventare una delle grandi dorsali della nostra economia”.

 

 

20 milioni di Italiani si sentono condizionati dagli influencer per gli acquisti

Sono circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e i 54 anni che hanno scelto di seguire almeno un influencer. Di questi, il 48% segue un macro influencer. Una categoria che  include non solo persone, ma anche brand editoriali con profili social di spicco nelle community di riferimento, riconosciuti come autorevoli in nove campi specifici: salute e benessere, famiglia e figli, intrattenimento, tecnologia e scienza, bellezza e personal care, fashion, food e beverage, viaggi e turismo, auto e moto.

Sono proprio i macro influencer al centro della ricerca “Italiani & Influencer” realizzata da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media, con l’obiettivo di indagare a fondo le opinioni degli italiani nei confronti di una categoria sempre più importante nei consumi.

LEGGI ANCHE: Come TikTok e le Stories di Instagram stanno facendo crescere il valore degli Influencer

L’indagine approfondisce in particolare il rapporto degli italiani con gli influencer e i brand editoriali, in relazione alla loro presenza sui social, e il tipo di ruolo che questi ultimi assumono nell’intrattenimento e nei processi d’acquisto degli utenti.

Il primo elemento interessante è la frequenza di consultazione dei loro profili. Il 37% dichiara di seguirli ogni giorno, mentre un altro 37% ogni 2/3 giorni.

Perché si segue un influencer?

Per i consigli che può dare (54%, soprattutto per ciò che concerne il food) oppure in quanto esperto di singoli argomenti (51%, tecnologia e motori)oppure perché si prende come modello di riferimento con cui identificarsi (19%, fashion e famiglia).

Nel corso dello studio, viene poi messo in risalto il ruolo dei macro influencer nel processo d’acquisto, con accentuazioni diverse in base ai settori di interesse per l’utente. Può essere il “tutor” che spiega un prodotto (per il 54% degli intervistati), specialmente in ambito food e nel beauty, lo scopritore in grado di far conoscere nuovi beni (per il 47%) nel tech e beauty, l’amico che sa indicare dove e quando fare un acquisto (41%), soprattutto per quanti sono appassionati di auto e moto, oppure, ancora, il trend setter per eccellenza (27%).

Si assiste quindi al riconoscimento della sua funzione commerciale: ci si aspetta che l’influencer e il brand editoriale forniscano informazioni su diverse tipologie merceologiche, diventando un “consulente” che in ogni situazione può giocare un ruolo determinante.

In testa all’indice di notorietà sui social c’è Chiara Ferragni (citata dal 85% del campione)seguita da GialloZafferano (72%) e da Benedetta Rossi (71%).

Una volta affrontato il tema del ruolo giocato dai macro influencer all’interno del percorso d’acquisto, la ricerca ha inoltre indagato anche quanto sia incidente la loro figura nella propensione alle spese: l’85% degli italiani ha dichiarato di tenere in considerazione la loro opinione sui social quando si tratta di acquistare un prodotto.

Influenza d’acquisto

Si è inoltre esaminato in profondità anche quanti acquisti vengano “davvero” effettuati sulla base dei consigli. Nell’ultimo anno circa la metà degli intervistati ha comprato una media di 2 prodotti o servizi consigliati da influencer o brand editoriali sui social: beauty, food, fashion e tecnologia sono le categorie in cui lo shopping viene condizionato maggiormente.

Esaminando le intenzioni di acquisto nei singoli ambiti, al primo posto delle preferenze degli italiani si collocano i profili di GialloZafferano (89%) in ambito food & beverage e Mypersonaltrainer per i prodotti relativi alla salute e al wellness.

Lo studio svolto in sinergia con Mondadori Media e InfoValue ha avuto il merito di far emergere la complessità di un fenomeno ormai consolidato che coinvolge le vite di milioni di persone. Inoltre ha messo in luce i molteplici ruoli che possono avere i Creator per gli italiani, non più semplici ripetitori di messaggi, ma punto di snodo fondamentale nel processo di acquisto.

ha dichiarato Gianluca Perrelli, CEO di Buzzoole.

In merito alle piattaforme utilizzate, Instagram risulta il social di eccellenza (67%), seguito da Facebook (59%) e YouTube (53%). Il target giovane li segue su TikTok (9%) e il 4% su Twitch.

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L’indagine quantitativa ha coinvolto oltre 1.500 intervistati, rappresentativi degli italiani di età compresa tra i 18 e i 54 anni, utenti della rete, esaminando 9 tematiche di maggior interesse declinate per profili socio-demografici, con un focus anche sul target femminile.

I brand sono da sempre fra i principali influenzatori delle scelte di consumo, centrali nella scoperta di nuovi trend e tendenze. La ricerca evidenzia, in maniera chiara, come alcuni di essi, quelli più verticali e con linguaggi e approcci più vicini alle persone, abbiano mantenuto o addirittura rafforzato questo ruolo, anche nel sempre più importante ambito dei social media. Credo che la chiave per un brand nei social sia quella di soddisfare bisogni specifici, nell’ottica di offrire supporto e aiuto alle persone.

ha dichiarato Andrea SantagataDirettore Generale di Mondadori Media.

“Italiani & Influencer” è stata realizzata nell’ambito del progetto WeTalks: il laboratorio di osservazione permanente attraverso cui Mondadori Media si rivolge alle aziende interessate a conoscere le dinamiche di comportamento e di consumo delle famiglie. La ricerca completa è disponibile su Buzzoole e Wetalks.