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Città del futuro: dalle case alla mobilità, come potrebbe cambiare la nostra vita

Meno parcheggi perché ci saranno meno auto in circolazione. Sensori ovunque, anche nelle fogne (sì hai letto bene). Garage che diventano case e proprietari che costruiscono nuovi appartamenti nei loro cortili per abbassare il costo degli affitti. E ancora una pittura speciale che evita l’eccessivo riscaldamento delle case.

Le città del futuro si costruiscono, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi. La loro evoluzione è così rapida che lo stesso termine smart cities non sembra più adatto a definirle, come ci racconta Carlo Ratti, architetto e ingegnere che ha fondato lo studio CRA, a Torino e New York, e dirige il Senseable City Lab presso il MIT di Boston:

«Negli ultimi anni Internet è entrato nello spazio fisico – lo spazio delle nostre città, in primo luogo – e si sta trasformando nel cosiddetto “Internet of Things”, l’Internet delle cose, portando con sé nuovi modi in cui interpretare, progettare e abitare l’ambiente urbano. Alcuni definiscono questo processo con il nome ‘smart city’, la città intelligente. Ma temo che questa definizione rischi di relegare la città a un mero accidente tecnologico e per questo preferisco parlare di Senseable City», spiega Ratti.

Per l’architetto, una città “senseable” è al tempo sensibile e capace di sentire. E favorisce la creazione e diffusione di modelli partecipativi, dalla mobilità al consumo energetico, dall’inquinamento allo smaltimento dei rifiuti, dalla pianificazione urbana alla partecipazione civica. 

Un futuro tra dati,  partecipazione, spazi green e mobilità facile

città del futuro

Il futuro delle città si scrive attorno a quattro parole chiave. La prima è dati, l’infinita quantità di informazioni che come cittadini produciamo ogni giorno con i nostri telefoni.

I dati saranno usati dalle amministrazioni pubbliche per formulare nuovi paradigmi per il disegno delle città che vedranno la partecipazione di tutti: dai semplici cittadini, alle startup, imprese, centri di ricerca. Il coinvolgimento di più soggetti è la base della Senseable City, un modello che è incentrato non più esclusivamente sull’aspetto tecnologico, ma soprattutto sui modelli partecipativi. 

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Partecipazione è non a caso un’altra parola chiave della città del futuro. Nella capitale islandese, Reykjavik, per esempio, i cittadini hanno a disposizione un forum di consultazione, e “Better Reykjavík”, nel quale possono comunicare direttamente con la pubblica amministrazione per presentare idee sui servizi e attività cittadine.

Poi c’è l’efficientamento energetico, con le città che si sono date l’obiettivo di ridurre il loro impatto sull’ambiente, per portare a zero le emissioni di CO2 entro pochi anni. “Energia” si accompagna a “green”, con sempre più natura in città: coltivazioni idroponiche, orti verticali, spazi di urban farming sono alcune delle soluzioni per aumentare la presenza del verde nelle città.

Il futuro delle città infine si scrive intorno alla parola mobilità: auto elettriche e a guida autonoma, scooter e bici  elettriche, posti per la ricarica, saranno i cardini intorno ai quali si costruiscono le strade del futuro:

«Siamo in una fase di grande sperimentazione. Ogni città sta esplorando l’innovazione da punti di vista diversi. Per esempio, Singapore ha intrapreso progetti molto interessanti sulla mobilità del futuro, Copenhagen sulla sostenibilità, Boston sulla partecipazione dei cittadini, Milano sull’integrazione tra natura e architettura e così via», prosegue Ratti.

carlo ratti

Di liftconferencephotos from Geneva, Switzerland – Carlo Ratti, CC BY 2.0

I trasporti pubblici a guida autonoma e la rivoluzione dei parcheggi

Immagina di essere a casa tua e di dover raggiungere il tuo lavoro nell’unica settimana in un mese in cui è prevista la tua presenza in ufficio. Cosa fai oggi lo sai, invece pensiamo a come ti comporterai in futuro.

Avrai la tua app a portata di telefono. Lì digiterai il veicolo a trasporto autonomo che preferisci (sia esso pubblico o privato, un SUV, come un veicolo elettrico) che verrà a prenderti e ti accompagnerà in ufficio, per poi riaccompagnarti comodamente a casa.

Sembra fantascienza, ma stando a un’inchiesta di The Wall Street Journal, alcune sperimentazioni di questo tipo già esistono e funzionano. Ad Arlington in Texas, il servizio di “self driving shuttles” è già attivo e ha una tariffa abbordabile di 3 dollari a corsa.

In un mondo dove sempre meno persone avranno un’auto di proprietà (che non è più una priorità dei Millennials e della generazione Z), a congestionare il traffico saranno gli spedizionieri del delivery. Con le persone in smart working e l’abitudine a comprare online, è molto probabile che il numero di spedizionieri sulle strade sia destinato a crescere nel prossimo futuro, paralizzando le strade. 

smart working nelle città del futuro

Ad Aspen nel Colorado, la cittadina ha lanciato, a tal proposito, un programma davvero originale. La sosta degli spedizionieri in città diventa smart grazie a un’app che l’autista utilizza per avvertire della sua presenza e prenotare la sosta in una zona dedicata, “una smart delivery zone”. In questo modo il comune può collezionare dati e comprendere statisticamente quando c’è un picco della domanda in città, oltre a mettere anche soldi nelle casse comunali, dato che le soste, come i parcheggi, sono a pagamento.

Secondo un dato di The Wall Street Journal, la domanda dei parcheggi nelle grandi città potrebbe diminuire del 30% rispetto al livello pre-pandemico. A contribuire a questa drastica riduzione, l’abitudine delle persone a spostarsi con bici elettriche e e-scooter, al posto dell’auto. I parcheggi pubblici e privati esistenti sono destinati a cambiare la loro natura, trasformandosi in hub multiuso.

 A Las Vegas, per esempio, per bilanciare la sperequazione tra una domanda più bassa di parcheggi e un’offerta sempre alta, alcuni spazi in eccesso sono stati trasformati in aree di ristoro per alcune categorie specifiche di autisti, come i lavoratori Uber che si recano in alcune aree, che trovano in un’app apposita, per ascoltare musica, rilassarsi in un bar, servirsi di bagni pubblici o ancora fare shopping.

Per chi invece non vuole rinunciare all’auto e vive l’incubo del parcheggio, un’app a Philadelphia ti guida in tutto il processo. Attraverso un comando vocale, l’autista dialoga con l’app che, prima di trovare il parcheggio più adatto nelle vicinanze, fa alcune domande, del tipo, “Vuoi parcheggiare nei pressi della tua destinazione? Oppure preferisci fare qualche passo a piedi?”.

Case più piccole, costruite nei cortili per abbassare gli affitti

Le case del futuro saranno più piccole di quelle a cui siamo abituati. La crescita della domanda di abitazioni e un’offerta di spazi per costruirle sempre più bassa sul mercato, porterà le case a ridurre la loro volumetria.

A Pasadena, in California, il problema è stato affrontato con una soluzione ingegnosa. La città offre prestiti fino a 150mila dollari per i proprietari che vogliono trasformare i loro garage oppure lo spazio in più nei loro giardini, in abitazioni da mettere poi in affitto. Nello stesso tempo, la città offre un prestito di 75mila dollari per le persone che hanno salari più bassi e sono alla ricerca di case in affitto.

Sempre di case piccole si parla ma questa volta con uno scopo sociale. Sono le mini case costruite dal comune a Salt Lake, dei veri e propri rifugi per togliere i senzatetto dalle strade e dare dignità alla loro vita.

smart city

Le fogne 4.0 e una pittura speciale

Le città del futuro saranno piene di sensori (dai semafori fino alle fogne). A South Bend, una città dello Stato dell’Indiana i sensori invadono ogni cosa, perfino le fogne, per risolvere un problema molto sentito: lo straripamento dei fiumi in caso di piogge forti o dello scioglimento della neve. Un sistema hitech fatto di sensori e di valvole rileva quando il sistema è in pericolo e direziona le acque di scarico in modo da diminuire la quantità di queste che finisce fuori dalle fogne. Risultati: da 7,5 miliardi di litri che finivano mediamente nei fiumi ogni anno in media, a 1,28 miliardi lo scorso anno, grazie all’installazione dei sensori.

Altra soluzione di ingegno, questa volta per ridurre il caldo in alcune città e risparmiare sul costo dei condizionatori, riducendone al contempo l’impatto sull’ambiente, è quella realizzata da un’università americana nel Purdue Project. In pratica si tratta di una pittura che ha la capacità di non assorbire il calore dalla luce del sole e di portare a un risparmio fino al 70% dei costi dei condizionatori.

Anche se, la soluzione migliore per abbassare le temperature infernali estive in molte città, resta il caro vecchio albero. Non è un caso che molti città del mondo, si stiano dando da fare per piantarne tanti lungo le loro strade. La forestazione urbana è il nuovo obiettivo ambientale di molti comuni, anche italiani. 

Alla ricerca di un’integrazione tra artificio e natura

lavorare all'aperto, smart cities

La città del futuro che si staglia davanti ai nostri occhi si distinguerà dalla sua capacità di trovare una maggiore integrazione, una convergenza tra naturale e artificiale. Come sul nostro corpo sono aumentate le appendici tecnologiche, con cellulare, tablet, dispositivi da polso ecc., qualcosa di simile sta avvenendo alla scala urbana:

«Da un lato il mondo digitale – con le sue reti, i suoi sensori/attuatori e i suoi sistemi di intelligenza artificiale – ci permette di far sì che il mondo dell’artificiale – quello delle nostre città e dei nostri edifici, per intenderci – si comporti sempre più come un organismo vivente. I nostri spazi diventano responsivi, capaci di adattarsi in tempo reale alle condizioni circostanti. Dall’altro lato, le nuove tecnologie ci consentono di incorporare la natura nei nostri edifici e nelle nostre città».

Un processo di convergenza tra naturale e artificiale che è per Ratti al centro del concetto di sostenibilità oggi, “probabilmente la nostra unica via d’uscita dalla crisi ambientale dell’antropocene”.

Il Mercato Centrale apre a Milano: un nuovo modo di vivere il food

Tutto nasce a Firenze, nel 2014, con la riapertura del “Primo Piano” dello storico Mercato di San Lorenzo. L’obiettivo era chiaro dal principio. Creare attorno al cibo uno spazio aperto, sentito, vissuto. Dare anima a un contenitore di conoscenza e di arte, di saperi e di emozioni. Di proporre relazioni durature con le città e chi le vive e offrire un’esperienza culturale e sensoriale sempre nuova, buona, elementare.

Un obiettivo realizzato non solo a Firenze, ma anche a Roma, Torino e finalmente anche a Milano. La comunicazione al Mercato Centrale gioca un ruolo importantissimo. Ogni Mercato è diverso dall’altro. Sono simili per forza e diversi per scelta. Hanno tutti una voce, un colore, uno stile e un linguaggio unici sviluppati negli anni, in azione sinergica dal genio creativo di almagreal e dall’esperienza nella comunicazione digitale di Viralbeat.

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Un concept alla ricerca del gusto

Questo perché ogni progetto di comunicazione – interna ed esterna – è progettato e realizzato ad hoc e site specific, per dialogare con la città: dal marchio alle insegne del Mercato e dei singoli artigiani, dalle infografiche degli spazi comuni alle personalizzazioni delle botteghe, dal wayfinding alle illustrazioni, dall’ADV ai progetti digital. 

Per questo quarto progetto di comunicazione, il concept, la strategia e la direzione creativa di almagreal trovano forma e sostanza in artwork unici in un ideale viaggio che rintraccia il vissuto, le memorie, i segni che un frammento di muratura ha raccolto e raccoglierà nel corso degli anni, passati e a venire. Il cliente viene invitato e sollecitato a guardare e riguardare gli spazi, in un continuum senza tempo, nella distanza, nella ripetizione, nel ritorno.

Per uscire dalla molteplicità dei messaggi presenti oggi e omaggiare la città in coerenza con lo spirito di Mercato Centrale, almagreal si è lasciata ispirare da grafica e arte degli anni ’50 interpretandola con diversi sistemi di rappresentazione dell’immagine: illustrazioni, pittura, segni, fotografia mescolati a colore, concetti, materiali, con spunti dal collage, dall’arte concreta, dalla Art Brut. 

Anche per il Mercato Centrale Milano Viralbeat interviene a gestire con talento propositivo tutte le properties digitali, con l’obiettivo di comunicare il concept in modo chiaro e coerente alla vocazione di marca, e di coinvolgere così i milanesi – come prima i fiorentini, i romani, e i torinesi – e i visitatori accomunati dalla ricerca del gusto, del convivio e di stimoli estetici e culturali tanto cari al Mercato Centrale. 

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Viralbeat ha lavorato e lavora per portare Mercato Centrale a distinguersi nel mondo digitale, reso ancora più fluido e affollato dalle vicende pandemiche. È il caso della realizzazione del sito dedicato mercatocentrale.it/milano che coniuga il concept e la creatività di almagreal all’identità di brand, dei suoi canali social e delle sue iniziative digitali, di campagna ed editoriali. 

Con il medesimo spirito, Viralbeat lavora in termini strategici per sostenere il lancio del nuovo punto vendita, per promuovere awareness e lead, e per comunicare progetti non ordinari e complessi da veicolare, attraverso campagne di influencer marketing e iniziative speciali. Per contribuire, infine, in modo misurato e verificabile al successo di eventi che fanno e faranno la storia del marchio Mercato Centrale, che già oggi possiede una identità forte, riconoscibile e preminente nel settore dei food hall. 

La campagna opening del Mercato Centrale Milano ha visto una pianificazione che va dal digital advertising all’outdoor, dalla stampa alla dinamica, dalla metro fino agli spot su circuito Grandi Stazioni. Dal 2014 ad oggi la partnership tra almagreal e Viralbeat ha contribuito e continua a contribuire all’affermazione del brand Mercato Centrale. Una sinergia di intenti e visioni che lascia il segno.

Just Eat svela i food trend a domicilio che hanno caratterizzato l’estate italiana 2021

Da sempre l’estate rappresenta la stagione in cui più si può godere delle meraviglie del territorio e delle eccellenze gastronomiche che il Belpaese offre, potendo viaggiare e approfittare delle tanto desiderate ferie estive. Il meritato relax concesso dalle vacanze permette di abbandonare anche le rinunce e le rigide diete e coccolarsi dal punto di vista culinario.

Il food delivery rimane sempre il miglior alleato per soddisfare qualsiasi voglia anche durante la bella stagione, sia in vacanza che in città. Lo dimostrano anche i dati di Just Eat, app leader per ordinare online cibo a domicilio in tutta Italia e nel mondo, e parte di Just Eat Takeaway.com, leader mondiale nel mercato della consegna di cibo a domicilio e top player assoluto fuori dalla Cina, che ha analizzato gli ordini degli italiani per scoprire trend e differenze che hanno caratterizzato le abitudini di consumo a domicilio degli italiani nei mesi più caldi. 

Ferragosto, cos’hanno mangiato gli italiani?

Nella giornata preferita dell’estate italiana, Ferragosto, quest’anno non ci sono state solo tradizionali grigliate e picnic, ma anche ordini a domicilio, cresciuti del 40% rispetto allo scorso anno. Sono stati ordinati oltre 11.000 kg di pizze (+18%), oltre 4.000 kg di pietanze cinesi (+31%), oltre 1.200 kg di hamburger (+18%), 400 kg di gelato (+51%) e 322 kg di insalate (+39%). L’ordine più grande è stato registrato da un ristorante giapponese a Messina e composto da 35 piatti, mentre nel 2020 era stato registrato a Torino con 24 pietanze di cucina cinese.

Classifica delle città dove si è ordinato di più a Ferragosto:

  1. Roma;
  2. Bologna;
  3. Genova;
  4. Milano;
  5. Torino;
  6. Trieste;
  7. Napoli;
  8. Palermo;
  9. Firenze;
  10. Rimini.

La regina indiscussa del Ferragosto rimane la pizza margherita, che si conferma in piatto più ordinato nelle principali città italiane. A Milano sono stati molto apprezzati anche i piatti internazionali come ravioli al vapore, involtini primavera, cheeseburger e kebab, mentre a Roma hanno vinto specialità regionali come olive ascolane, fiori di zucca e supplì. A Bologna si è preferita la pizza in varie declinazioni con golose aggiunte come la salsiccia, alla diavola o con wurstel. A Torino, oltre a pizze e patatine fritte, prediletti anche piatti della cucina cinese come gli involtini primavera, ma anche gelato e poke bowl, che non sono mancate neanche a Napoli, seguite da piatti tipici regionali come crocchè e frittatina. A Palermo invece si è optato per la classica parmigiana.

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Tra cucine regionali e internazionali: le preferenze degli italiani lungo la penisola

Gli italiani amano le cucine regionali, in particolare quando sono in vacanza. Le città di mare, infatti, mostrano molta più varietà tra i piatti regionali più ordinati che rappresentano le pietanze tipiche del posto. Tra le specialità spiccano: crocchè e frittatine a Napoli, brioche con gelato e anelletti al forno a Palermo, piatti a base di prosciutto San Daniele e salame Viennese a Trieste. Roma rimane comunque la città in cui si sono ordinati più piatti tipici, con ben 2.211 kg di supplì ordinati durante l’estate e consumati principalmente a cena (96%), una preferenza che si ritrova anche nelle città di mare che ordinano le specialità regionali soprattutto durante questo pasto della giornata (89%).

Mentre le città di mare si sono orientate di più verso la cucina regionale della tradizione italiana, le città metropolitane sono invece risultate essere più aperte alle cucine internazionali con il 64% in più di piatti internazionali ordinati. Infatti, oltre la metà dei piatti più popolari ordinati nelle città sono piatti della cucina cinese (riso alla cantonese, ravioli al vapore o alla griglia), giapponese (sushi), mediorientale (kebab) oppure hamburger. La cucina italiana rimane la scelta migliore per la cena, mentre le cucine internazionali sono preferite principalmente a pranzo sia in città (61%) che al mare (73%). 

Oltre a scelte più golose, gli italiani d’estate preferiscono anche pietanze più leggere e salutari: infatti, la cucina vegetariana e vegana hanno visto un aumento del 130% durante i mesi caldi. Tra i nuovi piatti di tendenza troviamo non solo hamburger in versione vegana, ma anche piatti della tradizione rivisitati in chiave vegetale come le lasagne, il pesto e zucchine ripiene di lenticchie. In crescita anche piatti mediorientali come falafel, hummus e pita.

annunci stampa di Agosto

Diamonds Factory, Bisco e McDonald’s: i migliori annunci stampa di agosto

Settembre è un po’ il “capodanno del lavoro”. Si torna dalle vacanze e ci si riprepara alla ripartenza con nuove idee, buoni propositi e tanta, tanta carica.

Come ogni nuovo inizio, però, si può fare un po’ fatica a riprendere il ritmo pre-tintarella. Lasciamoci quindi ispirare dalle creatività del mese di agosto negli annunci stampa pubblicati dalle agenzie di tutto il mondo, per alleggerire i primi giorni del rientro.

Se con McDonald’s siamo ancora, con la testa, al nostro ultimo viaggio, con le altre campagne di questa selezione mettiamo subito i piedi per terra e torniamo a occuparci di rispetto per gli animali e diritti.

Ecco i Best Ad di questo mese.

Big Cat Rescue – Tiger Cub Petting Truth

Accarezzare un cucciolo di tigre può sembrare un’esperienza fantastica e irripetibile. Tuttavia, è un gesto meno innocente di quanto si possa pensare, perché fa parte di una vita di crudeltà e abusi, durante la quale questi animali sono sfruttati per profitto.

La campagna si pone l’obiettivo di comunicare la realtà: le tigri sono sottratte all’ambiente al quale appartengono, la natura, e costrette a vivere una vita infelice.

big cat adv

Advertising Agency: PPK, Tampa, United States of America
Agency President/CEO: Tom Kenney
Executive Creative Director: Paul Prato
Creative Director/Writer: Michael Schillig
Associate Creative Director: Javier Quintana
Senior Art Director: Pat Floyd

Diamonds Factory – Insta-Queens

Ti sei mai chiesto che aspetto avrebbe il profilo Instagram della regina Elisabetta I o di Maria Antonietta?

Diamonds Factory ha re-immaginato i ritratti di alcuni dei personaggi più controversi e affascinanti della storia e riassunto le loro fantastiche storie in alcuni scatti.

Queste magiche ricostruzioni mostrano Maria Antonietta, la regina Elisabetta I, Cleopatra, Boudica, Wu Zeitan, Caterina la Grande e Maria Regina di Scozia sotto una nuova luce.

Credits: In-house

The Voice Newspaper – Tick it to change it

The Voice Newspaper ha diffuso una nuova campagna per promuovere il completamento del progetto Black British Voices, la prima indagine nazionale completa sull’esperienza britannica “nera”, sviluppata in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Cambridge e il gruppo di consulenza I-Cubed.

L’iniziativa “Tick it to change it” è stata creata in collaborazione con M&C Saatchi.

the voice

the voice

the voice

Advertising Agency: M&C Saatchi, London, United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland

Bisco – Heart to Heart, let nothing keep us apart

Diciamoci la verità: tutti amano i dolci! Anziani, giovani e meno giovani sono i protagonisti di questo visual pensato per risvegliare le papille gustative.

Gustiamoci insieme anche i dettagli di queste elaboratissime illustrazioni.

bisco

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Advertising Agency: Icon Advertising, Dubai, United Arab Emirates
Creative Director: Firas O.Tirhi
Associate Creative Director: Hossam Anwar
Copywriter: Rajeevan Vickneswaran
Art Director: Ahmed Shaker
Concept Artist: Ahmed Ali
Creative Retoucher: Hesham Adel
3D Artist: Momen Elwan

McDonald’s – Enjoy Your Holiday!

Basta girare un po’ per il mondo per rendersi conto che McDonald’s è dovunque. Il brand, riconoscibilissimo dal logo ad archi e dall’inconfondibile gusto dei suoi prodotti può essere una buona alternativa anche in vacanza, come suggerisce l’eloquente campagna di DDB Wien.

Guardandosi intorno, infatti, il logo storico è visibile dappertutto.

mc donald's advertising

mc donald's advertising

mc donald's advertising

mc donald's advertising

Advertising Agency: DDB Wien, Vienna, Austria
Executive Creative Director: Andreas Spielvogel
Executive Creative Director: Thomas Tatzl
Art Director: Marina Mrvka
Concept: Marina Mrvka

customer journey

Perché è fondamentale creare una customer journey map

Un progetto digitale e fisico vincente mette al centro del processo le persone e l’esperienza che vivono a contatto con il prodotto e il servizio.

Integrare marketing e User Experience Design è oggi fondamentale per affrontare le sfide del mercato e i cambiamenti sociali con diverse prospettive, una mentalità aperta, proattiva e non perdendo mai di vista le persone. 

La Customer Journey Map è uno strumento grafico proveniente dal mondo UxD, particolarmente potente e trasversale. Aiuta a mappare i percorsi che le persone compiono verso un determinato obiettivo, a collaborare, elaborare strategie e nuovi modelli di business, fornire esperienze e contenuti di valore

Human-centered, Omnichannel, Customer Journey Map

Vagare o essere guidati in un percorso?

Customer Journey Map

Quando incontriamo un brand iniziamo un percorso che può portarci o meno al raggiungimento di un obiettivo, come l’acquisto. 

Durante il percorso, quasi mai lineare, entriamo in contatto con il brand attraverso diversi punti (touchpoint) e canali, per esempio un volantino, una ricerca google, un articolo di blog, il passaparola, pagine social.

In un contesto, fisico e digitale i punti di contatto possibili sono innumerevoli ed è importante per le aziende, mettersi nei panni delle persone, comprendere il bisogno e creare esperienze fluide e coerenti, in una strategia omnichannel. Guidare insomma le persone in un percorso e un’esperienza di valore, senza lasciare nulla al caso.

LEGGI ANCHE: Omnichannel Marketing, una guida per principianti

Le customer journey map consentono di progettare sistemi integrati e coerenti con al centro le persone. Permettono infatti di mappare le azioni, le scelte, le emozioni e le conseguenze che le persone attuano per soddisfare un bisogno: dall’acquisto di un prodotto alla compilazione di un form.

Perché è fondamentale creare una Customer Journey Map

Sono almeno 5 i motivi per cui dovresti utilizzarle

1. Visualizzi e comunichi le motivazioni, i fattori trainanti e i punti deboli delle persone

Attraverso le Customer journey map puoi visualizzare con l’aiuto di un supporto grafico la complessità delle azioni, motivazioni e emozioni umane rispetto un prodotto e servizio. Ciò ti garantisce una visione di insieme e facilita l’allineamento e la condivisione con il resto dell’azienda. 

Pensate a presentare al team sales, o al customer service, report pieni di dati su tendenze, analytics, tassi di apertura, pensate invece a comunicare con una mappa, evidenziando ciò che i clienti pensano, vogliono e fanno in ogni fase specifica del loro viaggio. Come questa qui in basso, che descrive l’esperienza di un utente dalla ricerca, all’acquisto, viaggio e post-viaggio di una azienda ferroviaria.

customer journey map

2. Aiuta a collaborare, strutturare processi trasversali e eliminare i silos in azienda

Le Customer Journey Map migliori sono progettate e utilizzate non solo dal team UX o dal team Marketing, anche se spesso partono da lì, ma sono collaborative e arricchite con il punto di vista di più reparti a diretto contatto con il cliente.

Inoltre aiutano a intervenire su logiche e processi, delineando responsabilità, obiettivi comuni e punti di contatto tra i vari reparti. che spesso nelle aziende sono poco chiari e causano non solo attriti nell’esperienza dell’utente, che magari viene rimbalzato come una pallina da ping pong nei reparti Marketing, Vendite, Customer Service, ma anche inefficienza e perdite di tempo.

3. Conosci meglio i tuoi clienti

Le customer journey Map, partono da un approccio human-centered. Le persone sono al centro del processo, con la loro sfera di azione ed emotiva. Per costruire una mappa, dobbiamo fare ricerca, conoscere chi sono i nostri clienti, quali azioni compiono sui nostri canali, quali contenuti stanno scaricando e quali percorsi compiono per soddisfare il proprio bisogno. 

Questa conoscenza e ricerca vale anche nel monitoraggio del percorso verso l’obiettivo, in un processo di continua acquisizione di informazioni.

Tutto questo condiviso con i reparti coinvolti nel processo di acquisto e produzione, crea una conoscenza e un consenso condiviso per ridurre eventuali attriti e rendere più fluida l’esperienza.

4. Elimini i gap e converti più visitatori in clienti

Le Customer Journey Map evidenziano delle criticità con un approccio problem-solving. Mappando le esperienze delle persone, si individuano eventuali gap che condivisi con il resto dell’azienda, possono essere non solo colmati ma anche valorizzati.

La riduzione degli attriti, aiuta a creare esperienze più fluide e maggiori conversioni, perché facilitiamo il raggiungimento dell’obiettivo, ascoltando i bisogni delle persone.

5. Migliori i tuoi prodotti e servizi

Mappare i percorsi delle persone ti aiuta a comprendere perché compiono determinate scelte e quale aspetto del tuo prodotto o servizio è più prezioso per loro.

Allo stesso modo, le customer journey map possono aiutarti a capire come e quando aggiornare il tuo prodotto/servizio o aggiungere nuove funzionalità. Da un customer journey possono venir fuori anche nuovi modelli di business.

6. Migliori il tuo Content Marketing

Quante volte capita di non sapere quale contenuto creare, non si hanno idee e se ne crea magari uno di tendenza “sperando” che faccia colpo sul pubblico. Un approccio che a volte può andare bene, ma tutte le altre rischia di disperdere risorse ed energie preziose per una manciata di visite. 

Quando creiamo contenuti, produciamo materiale che i nostri prospect possono esaminare durante le loro ricerche. Li stiamo aiutando a prendere le loro decisioni di acquisto.

scelte d'acquisto

Con un processo di inbound Marketing, dove lo scopo è attirare il cliente sui nostri canali attraverso i contenuti organici è fondamentale conoscere il bisogno dell’utente, le azioni e le emozioni per creare contenuti e risorse di valore pertinenti al punto di contatto e al canale.

LEGGI ANCHE: Cosa si aspettano i più giovani dal tuo Content Marketing

Mappare il percorso del cliente aiuta a migliorare la tua strategia di content marketing, perché il contenuto creato non è prezioso solo per te, ma soprattutto per i tuoi potenziali clienti. Pensiamo a un ebook gratuito nel momento giusto del percorso, una newsletter ben fatta, post social sulla tua pagina ufficiale.

Risorse per creare la tua Customer Journey map

In questo articolo non ci siamo soffermati a spiegare come realizzare una Customer Journey Map. Ti lasciamo delle risorse gratuite per iniziare a lavorarci su.

Google Analytics 4

Google Analytics 4: configurazione passo passo ed esplorazione demo account

Google Analytics 4 (GA4) è l’ultima versione di Google Analytics, già disponibile, che andrà gradualmente a soppiantare l’attuale Universal Analytics (UA). Anche se la libreria “gtag.js” è la stessa usata per la versione precedente, i dati vengono misurati con un nuovo sistema basato unicamente sugli eventi.

Si tratta di una piccola rivoluzione, come è facile notare già dalla nuova interfaccia e dall’organizzazione dei dati. I report di Analytics cambiano quindi radicalmente, promettendo una maggiore flessibilità nel modo in cui vengono tracciate le azioni svolte su “sito Web” e “App”. Peraltro, non è più necessario scegliere tra questi due tipi di proprietà, perché ora lo standard è unico.

Le differenze di approccio tra GA3 a GA4

La terza versione di Analytics (GA3), denominata Universal Analytics, è basata sulle sessioni di navigazione e alle visualizzazioni di pagina (pageview), con la possibilità di configurare e monitorare altri tipi di interazioni (hit), secondo i modelli predefiniti. Questa categorizzazione rappresenta un limite per i tracciamenti, che spesso necessitano di interventi manuali per recuperare i dati e creare report significativi.

Google Analytics 4 è invece costruito attorno a una struttura molto flessibile per cui tutti i tipi di interazione degli utenti sono considerati eventi, e posti tutti sullo stesso piano.

HIT UA EVENTO GA4
Visualizzazione di pagina Evento
Evento Evento
eCommerce Evento
Interazioni social Evento
Tempo utente Evento
Eccezioni Evento
Visualizzazione schermata (app) Evento

Questa nuova modalità di raccogliere i dati si riflette in una reportistica più incentrata su una prospettiva di marketing. GA4 fa della personalizzazione dei report una delle sue caratteristiche più rilevanti, anche se questo significa che al momento è disponibile una selezione ridotta di rapporti preconfigurati, rispetto a UA.

Inoltre, molte interazioni ora non richiedono più modifiche al codice di monitoraggio per essere tracciate, come ad esempio i clic sui collegamenti in uscita, il download di file e altro ancora come il monitoraggio interdominio.

Questa semplificazione è una conseguenza di un approccio basato sugli eventi da una tecnologia di machine learning in grado di integrare i dati raccolti, colmare eventuali lacune e creare modelli predittivi.

A rendere questo cambiamento una necessità ha contribuito la rinnovata attenzione delle autorità in tema di privacy, e le conseguenti limitazioni. Per questo, al centro del nuovo modello non ci sono più gli utenti, ma i comportamenti (aggregati di eventi), che è possibile tracciare in modo più completo.

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Tuttavia, GA4 è in fase di crescita e presenta ancora alcune limitazioni rispetto al predecessore, come per esempio nel filtraggio del traffico o nel collegamento con gli altri tool di Google.

GA4 è destinato a diventare il nuovo standard di Google Analytics, ma è ancora incompleto: per questo è consigliabile affiancare UA e GA4, beneficiando dei pregi di entrambe le versioni.

Come creare da zero una proprietà GA4 affiancandola a una UA

GA4-come-creare-due-proprietà-GA4-UA

Per chi vuole iniziare a tracciare i dati di un sito/app da zero con Google Analytics 4, senza partire da una proprietà Universal Analytics Esistente, è sufficiente entrare nell’amministrazione dell’account Analytics e selezionare “crea proprietà” in centro allo schermo.

La procedura guidata porterà automaticamente alla creazione di una proprietà GA4. Dopo aver inserito il nome della proprietà e selezionato “fuso orario” e “valuta” cliccare “mostra opzioni avanzate” e attivare lo switch “Crea una proprietà Universal Analytics”. Inserire poi l’URL del sito Web e cliccare “avanti”, senza modificare le scelte preimpostate.

Nella schermata successiva, apparirà un sondaggio facoltativo: è possibile cliccare direttamente su “crea” per creare una proprietà GA4 collegata a una UA. Per verificarlo, nella schermata successiva, andare alle “impostazioni aggiuntive” e selezionare “tag del sito collegati”, visualizzando così l’ID dell’account UA collegato.

Per implementare il codice sul sito, scegliere una delle “istruzioni di codifica”, fornendo al proprio webmaster il “Tag globale del sito (gtag.js)”, oppure chiedendogli di inserire nel contenitore Google Tag Manager legato al sito, un nuovo tag “Google Analytics: configurazione di GA4” legato all’ID di misurazione visualizzato in alto a destra.

Ora è possibile uscire dalla schermata. Nel si desideri accedere nuovamente a questa scheda, è possibile farlo selezionando la proprietà GA4 per poi accedere ad “amministrazione”, posizionarsi sulla seconda colonna, cliccare su “stream di dati” e infine sullo stream di dati che appare a centro schermo.

È possibile considerare l’ID dello stream di dati come l’equivalente dell’ID di tracciamento usato da Universal Analytics.

Come creare una proprietà GA4 affiancandola a una UA già esistente

GA4-nuova proprietà

Per creare una proprietà Google Analytics 4 collegata a una Universal Analytics già esistente c’è una procedura guidata.

Una premessa: se dovessero esserci dei dubbi sulla versione di Analytics presente nell’account, sarebbe sufficiente accedere all’ “amministrazione” e selezionare la proprietà interessata. Se vengono visualizzate tre colonne, allora si tratta di una Universal Analytics: infatti, Google Analytics 4 non usa le viste, per cui vengono visualizzate solo due colonne.

La procedura guidata sopra citata si avvia cliccando sulla prima voce della colonna relativa alla proprietà UA selezionata: “Assistente alla configurazione GA4”. Si aprirà quindi una schermata che evidenzia alcuni aspetti importanti della nuova proprietà GA4:

  • non conterrà dati storici
  • copierà solo le impostazioni di base escludendo, per esempio: conversioni, segmenti di pubblico, eventi e link ai prodotti
  • attiverà automaticamente la misurazione avanzata, che terrà traccia, tra gli altri, dei clic sui collegamenti in uscita, della visione di video incorporati, del download di file e dello scorrimento.

Infine, per chi ha implementato il tag globale gtag.js, c’è la possibilità di “attivare la raccolta dati utilizzando i tag esistenti”. Va sottolineato che questa integrazione funziona solo se il tag globale è implementato direttamente sul sito Web, e non, per esempio, tramite Google Tag Manager.

Cliccando “crea proprietà” verrà creata la proprietà GA4. Nella schermata successiva verrà indicata la proprietà collegata e sarà possibile cliccare su “visualizza la proprietà GA4” per visualizzare la schermata di configurazione dell’assistente.

Il passaggio fondamentale per chiudere la procedura è cliccare su “installazione tag” per accedere ai dettagli dello stream di dati e avviare la raccolta.

Come descritto nella sezione precedente, il dato fondamentale da passare al proprio webmaster è l’ID di misurazione presente in alto a destra. Sarà poi lui a decidere come implementarlo nel sito. C’è però un’alternativa: selezionando “utilizza il tag esistente sulla pagina” e seguendo le istruzioni, è possibile utilizzare il tag UA già presente sul sito per avviare la raccolta dati anche nella proprietà GA4.

È possibile ora passare all’esplorazione dell’interfaccia di Google Analytics 4.

GA4: una interfaccia focalizzata sul costumer lifecycle

Per esplorare l’interfaccia di Google Analytics 4, suddivisa in “report”, “esplora”, “pubblicità” e “configura”, è possibile accedere a un account di prova di Google, che presenta i dati relativi a un e-commerce:

GOOGLE DEMO ACCOUNT

Report

La reportistica di Google Analytics 4 cambia il focus, dai dati grezzi al marketing. Le informazioni vengono presentate proponendo un ciclo di vita dell’utente/cliente, con quattro sotto-sezioni che ne ricalcano le tappe: acquisizione, coinvolgimento, monetizzazione, fidelizzazione.

L’ “istantanea rapporti” fornisce una panoramica dello store con vari approfondimenti. In alto a sinistra sono presenti le classiche metriche con i relativi andamenti: numero complessivo di utenti, nuovi utenti, tempo medio di coinvolgimento e entrate totali.

Scendendo, sono presenti approfondimenti automatizzati basati sull’apprendimento automatico di Google, che identifica i diversi punti di interesse da esaminare.

In alto a destra è possibile regolare il lasso temporale in esame, confrontare diverse tipologie di pubblici (in base a dimensioni, che spaziano dai dati anagrafici alle azioni compiute), condividere il report e approfondire i dati con Analytics Intelligence.

Il rapporto “in tempo reale“, invece, mostra i dettagli delle persone che più recentemente hanno compiuto azioni sul sito Web. La mappa domina la prima parte della schermata, suddividendo territorialmente gli utenti connessisi negli ultimi 30 minuti. Tra i dati presenti nei vari box, poi, spiccano i dispositivi utilizzati, le fonti di traffico, le pagine visualizzate e gli eventi.

È possibile visualizzare i comportamenti di un singolo utente casuale selezionando “Visualizza l’istantanea utente” nell’angolo in alto a destra e cliccando sulle frecce nella parte superiore del rapporto per visualizzare un altro set di dati.

La sezioni “ciclo di vita” presenta i rapporti “acquisizione“, che fornisce dettagli su come le persone sono giunte al sito Web, con la possibilità di vedere conversioni ed entrare relative alla dimensione selezionata nella prima colonna (di default: “mezzo della prima interazione dell’utente”).

I rapporti sul “coinvolgimento” forniscono dettagli su ciò che le persone stanno facendo sul sito Web. In “pagine e schermate”, in particolare, è possibile visualizzare il titolo (title) delle pagine più visitate. Anche qui è possibile variare la dimensione (es. percorso pagina”), sebbene quella di default aiuti anche a organizzare i contenuti e correggere qualche svista di SEO onpage.

L’account demo di Google è un eCommerce, quindi visualizza i rapporti relativi alla “monetizzazione“, che includono i rapporti per gli acquisti in-app e gli annunci dei publisher.

La scheda “fidelizzazione” include invece i rapporti sulle coorti, gruppi di utenti con caratteristiche comuni che identificati da una dimensione di Analytics.

La sezione “utenti”, infine, presenta i “dati demografici” e la “tecnologia”, ossia i dettagli sui diversi dispositivi utilizzati dalle persone per visualizzare il sito Web.

Questi sono i rapporti standard che della sezione “rapporti” di Google Analytics 4, ma chi dispone dei permessi di modifica per la proprietà, può modificarli, inclusa la personalizzazione del menu.

Esplora

La sezione “Esplora” consente di creare rapporti e visualizzazioni personalizzati in GA4. Tra i modelli predefiniti sono presenti:

  • “forma libera”, che permette di comporre tabelle con dati a scelta
  • “esplorazione della canalizzazione”, che consente di creare un rapporto incentrato sulla canalizzazione
  • “esplorazione del percorso”, per vedere come le persone si muovono attraverso i contenuti
  • “sovrapposizione dei segmenti” per vedere se gli utenti sono inclusi in più segmenti di comportamento
  • “esplorazione della coorte” per visualizzare le informazioni ricavate dal comportamento delle coorti di utenti”
  • lifetime dell’utente” per cosultare le metriche più interessanti nel lungo periodo

Pubblicità

I rapporti sulla “pubblicità” si concentrano sull’attribuzione per i canali di marketing. Il rapporto “confronto modelli” consente di confrontare due diversi modelli di attribuzione per vedere in che modo il loro utilizzo avrebbe un impatto sulle conversioni e sulle entrate. “Percorsi di conversione”, invece mostra i punti di contatto che portano alle conversioni, evidenziando se le persone interagiscono più volte e con più canali di marketing prima di convertire.

Configura

In ultimo, la sezione “configura” raggruppa diverse opzioni di configurazione dei rapporti. “Eventi” mostra tutti gli eventi che sono stati raccolti nella proprietà GA4, ed è possibile contrassegnare singoli eventi come conversioni, in modo che vengano conteggiati come tali nei rapporti. “Conversioni” include per l’appunto solo gli eventi abilitati come tali. “Pubblico” permette la creazione di segmenti personalizzati da utilizzare nei rapporti: ciascuno di essi può essere utilizzato anche per il remarketing, purché Analytics sia collegato a Google Ads. “Definizioni personalizzate” consente di registrare e visualizzare le informazioni personalizzate raccolte in GA4, e “DebugView” lavora in sincronia con Google Tag Assistant.

cookie garante della privacy

Le nuove linee guida sui cookie del Garante Privacy

Il 10 luglio il Garante Privacy ha pubblicato le nuove Linee Guida sui cookie: un importante documento che spiega come siti web ed eCommerce devono gestire il tema dei cookie.

Il Garante, anche a seguito di una “consultazione pubblica” della prima bozza delle ormai approvate linee guida, non si è limitato a stabilire come non deve essere strutturato un banner cookie ma ne ha delineato in maniera precisa la struttura.

In questo modo sono stati chiariti molti dubbi degli operatori del settore.

Questo non è il primo provvedimento normativo emanato dal Garante Privacy in tema di cookie, ma già nel 2014 erano state pubblicate Linee guida sull’uso dei cookie.

Molte delle indicazioni previste dalle precedenti Linee guida sono ancora valide, ma necessitavano di essere riviste e aggiornate in base sia al recente progresso tecnologico, sia alle novità del GDPR.

Di seguito analizzeremo le principali novità introdotte dalle nuove Linee guida sui cookie.

LEGGI ANCHE: Fermi tutti! Google posticipa il blocco dei cookie di terze parti

Premessa: Cosa sono i cookie e quando serve il consenso

Prima di entrare nel vivo dell’argomento è doveroso soffermarsi sulla definizione di cookie e sulla loro classificazione.

Cosa sono i cookie?

I cookie sono piccoli file che vengono installati sul terminale dell’utente da parte del sito o da terze parti (per il tramite del sito stesso). Questi file vengono installati quando l’utente visita un determinato sito.

I cookie possono quindi essere di prima parte (quelli rilasciati direttamente dal sito) oppure di terza parte (se rilasciati da società terze).

I terminali nei quali i cookie possono essere installati sono i computer, ma anche tablet e smartphone. In sostanza possono essere installati in ogni dispositivo che utilizziamo per visionare un sito web o un eCommerce.

Che funzioni hanno i cookie?

I cookie possono avere molteplici scopi.

Le nuove Linee guida sui cookie, confermando quanto già indicato dalle Autorità nelle precedenti Linee guida del 2014, suddividono i cookie in base alla loro finalità, ovvero:

  • Cookie tecnici.

Cookie che permettono al sito di funzionare correttamente. Come, ad esempio, quelli che mantengono le scelte effettuate dall’utente (es. lingua scelta e prodotto nel carrello)

  • Cookie di profilazione.

Tali cookie hanno la funzione di ricondurre a soggetti determinati, identificati o identificabili, specifiche azioni o schemi comportamentali al fine di raggrupparli in diversi profili.

I profili degli utenti possono essere utilizzati per finalità statistiche, elaborando i dati sulla navigazione del sito utili per il titolare dello stesso, oppure pubblicitarie, inviando messaggi pubblicitari mirati, in linea con le preferenze manifestate dall’utente nell’ambito della navigazione.

Quando serve il consenso?

Nelle Linee guida il Garante conferma che il rilascio dei cookie tecnici può avvenire senza il consenso dell’utente.

Questi cookie, infatti, sono necessari al sito per funzionare e quindi non ha senso richiedere il consenso dell’utente per prestare un servizio (la navigazione sul sito) richiesto dall’utente stesso.

Invece, i cookie di profilazione possono essere installati solo previo consenso dell’utente.

Il consenso al rilascio dei cookie di profilazione deve essere richiesto tramite il banner cookie.

Diversamente, se il sito web non rilascia cookie di profilazione non dovrà essere presentato all’utente alcun banner cookie.

LEGGI ANCHE: Cookieless: possibili soluzioni per evitare la catastrofe

Come non può essere richiesto il consenso dell’utente

Il Garante Privacy nelle nuove Linee Guida ha individuato alcune modalità che non possono essere utilizzate per ottenere un valido consenso al rilascio dei cookie di profilazione.

In questo modo il Garante Privacy ha confermato interpretazioni normative e giurisprudenziali che gli operatori del settore più esperti seguivano già da tempo.

Scroll della pagina

In primo luogo, è stato stabilito che il consenso non può essere rilasciato mediante “scrolling”.

Alcuni siti consentivano il rilascio dei cookie quando l’utente, una volta arrivato sul sito, scorreva la pagina muovendo la rotellina del mouse.

Il Garante Privacy è stato molto chiaro a riguardo, affermando che lo scrolling non è mai idoneo ad esprimere la manifestazione di volontà dell’interessato volta ad accettare il rilascio dei cookie.

Lo scroll non permette il rilascio di un consenso “espresso”. Infatti, tale azione costituisce un’abitudine che l’utente mette in atto quando accede ad un sito web o ad un eCommerce.

Cookie wall

Il cookie wall è una tecnica utilizzata in alcuni siti web ed eCommerce per negare l’accesso agli utenti che non acconsentano i cookie di profilazione.

Pertanto, con questo sistema, l’utente che voglia accedere al sito si vede obbligato ad accettare i cookie di profilazione.

Pare evidente che in questo caso il consenso dell’utente al rilascio dei cookie non è libero ma deriva dal fatto che senza tale consenso l’utente non può visionare il sito o l’eCommerce.

Proprio per tale ragione le nuove Linee guida sui cookie vietano l’uso dei cookie wall.

Legittimo interesse

Le Linee guida sui cookie confermano che i cookie non possono essere rilasciati sulla base del legittimo interesse.

Il legittimo interesse è una base giuridica che permette al titolare del sito di effettuare un bilanciamento tra il proprio interesse legittimo e quello degli utenti che navigano sul sito.

L’interesse legittimo può giustificare il trattamento dei dati dell’utente per rispondere alle richieste fatte da quest’ultimo tramite il form contatti presente sul sito. In questo caso, infatti, il titolare del sito ha interesse a rispondere alle richieste a lui effettuate e rispettivamente l’utente ha legittimo interesse ad ottenere risposta alle domande la lui stesso formulate.

Il Garante Privacy conferma che non può essere usato il “legittimo interesse” per rilasciare cookie di profilazione sui terminali degli utenti. L’unica base giuridica che permette il rilascio dei cookie di profilazione è il consenso.

LEGGI ANCHE: L’era cookieless è vicina: regole di base per non farsi prendere dal panico

Come deve essere strutturato il banner cookie

Il Garante Privacy nelle nuove Linee Guida non si è limitato a precisare come non deve essere richiesto il consenso al rilascio dei cookie ma si è soffermato molto nel definire come questo consenso deve essere richiesto, analizzando nel dettaglio gli elementi che devono costituire il banner cookie.

È stabilito infatti che i siti web e gli eCommerce dovranno presentare un banner con le seguenti caratteristiche:

  1. Una “X” in alto a destra, che se cliccata impedisce il rilascio di cookie di profilazione
  2. Tasto di accettazione
  3. Una “informativa breve” redatta in base alle indicazioni del Garante Privacy
  4. Link alla cookie policy
  5. Link ad “area dedicata” dove l’utente può selezionare/deselezionare i cookie di profilazione

Analizziamo ora nel dettaglio tali elementi che il banner deve contenere.

“X” in alto a destra

Il banner deve presentare una “X” in alto a destra che se selezionata non consenta il rilascio dei cookie.

Infatti, se l’utente clicca su quella “X”, che univocamente online (e non solo) ha il significato di chiusura, il banner deve chiudersi ed i cookie di profilazioni non potranno essere rilasciati dal sito.

Pertanto, con la chiusura del banner, l’utente esprime il suo rifiuto al rilascio dei cookie di profilazione.

Il banner, in maniera chiara e comprensibile, dovrà informare l’utente di tale funzionalità del tasto “X”.

Tasto di accettazione

Oltre al tasto di chiusura il banner dovrà contenere anche un tasto che permetta il rilascio dei cookie di profilazione.

Anche in questo caso il banner dovrà illustrare che, la selezione dell’apposito tasto, costituirà consenso al rilascio di tutti i cookie di profilazione presenti sul sito web o l’eCommerce.

Il tasto dovrà contenere una formulazione atta a far comprendere all’utente quanto sopra enunciato, come ad esempio “acconsento al rilascio dei cookie di profilazione”.

Informare l’utente utilizzando le giuste formulazioni è molto importante per evitare fraintendimenti con l’utente del sito.

Informativa minima da inserire nel banner

Il banner deve contenere una “mini” informativa atta ad informare l’utente che il sito web o l’eCommerce utilizza cookie tecnici e potrà, previo il consenso dell’utente, rilasciare cookie di profilazione.

Il Garante Privacy richiede quindi un’informativa snella e di facile comprensione per l’utente.

Indi per cui in un’informativa troppo lunga e scritta in un linguaggio pseudo “legalese” non sarebbe conforme a quanto indicato nelle Linee Guida.

Link alla cookie policy

Il banner dovrà contenere anche un link alla cookie policy.

Ovvero al documento che illustra all’utente la politica sull’uso dei cookie del sito web o l’eCommerce di rifermento.

Accedendo alla cookie policy l’utente potrà reperire maggiori informazioni relative ai cookie.

Link ad area dedicata ed il suo contenuto

Infine, il banner deve contenere anche un link ad una sezione dedicata dove l’utente potrà scegliere i cookie di profilazione che consente siano rilasciati.

In quest’area dedicata l’utente deve poter:

  • Selezionare/deselezionare i cookie di profilazione suddivisi per categoria. Dovranno essere indicate come categorie, quella di profilazione per fini pubblicitarie e quella per finalità statistiche.
  • Visionare i cookie di profilazione rilasciati dal sito. Dovranno inoltre essere indicati i link alla pagina del sito del fornitore del cookie di profilazione. In questa pagina l’utente potrà disabilitare tale cookie. Nel caso in cui tale link non fosse disponibile, l’utente dovrà essere informato che potrà disabilitare i cookie di profilazione usando le impostazioni del proprio browser.

Altri adempimenti

Di seguito analizzeremo altri adempimenti ai quali i titolari dei siti web ed eCommerce dovranno conformarsi.

Infatti, oltre alle indicazioni su cosa deve contenere il banner cookie le Linee guida prevedono che:

  1. L’utente del sito dovrà avere la possibilità di modificare le scelte sui cookie

Successivamente all’accettazione (totale o parziale) o al diniego del rilascio di cookie all’utente dovrà essere data la possibilità di modificare le proprie scelte.

Pertanto, nel footer del sito web dovrà essere indicato un link che indirizzi l’utente ad un’area dove potrà modificare le sue scelte.

  1. È vietata un’eccessiva reiterazione della richiesta del consenso al rilascio ai cookie

Il Garante Privacy ha notato che alcuni titolari di siti ripropongono il banner cookie ad ogni nuovo accesso dell’utente al medesimo sito, anche quando lo stesso utente abbia già effettuato una scelta acconsentendo o non acconsentendo al rilascio dei cookie.

Le Linee Guida condannano questa condotta, stabilendo che il banner cookie può essere riproposto solamente quando:

  • vi siano sostanziali modifiche sulla gestione dei cookie
  • siano trascorsi comunque almeno 6 mesi dall’ultima presentazione del banner.

Quanto entreranno in vigore le nuove Linee guida sui cookie?

Il Garante Privacy è consapevole che quanto richiesto nelle Linee Guida richiede importanti interventi ai titolari dei siti e degli eCommerce e alle società che gestiscono generatori di documenti e cookie plugin.

Proprio per questo motivo ha lasciato un lasso di tempo abbastanza lungo per conformarsi a quanto indicato nelle nuove Linee Guida.

Infatti, i siti hanno tempo 6 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle Linee guida sui cookie per mettersi a norma, ovvero fino al 10 gennaio 2022.

Conclusioni sulle Linee guida sull’uso dei cookie

Attualmente nessun generatore di documenti legali e cookie plugin è conforme alle nuove disposizioni normative.

LegalBlink insieme a Polimeni.Legal, il 9 luglio, ha partecipato ad una Tavola rotonda con il Garante Privacy organizzata da 4eCom.

In questo evento LegalBlink ha avuto modo, tra le altre cose, di confrontarsi sulle nuove Linee Guida (che sono state poi pubblicate il giorno successivo).

Da questo incontro sono emersi importanti spunti su come le società che permettono la generazione dei cookie banner e delle informative cookie (tra cui figurano i tool di LegalBlink) devono implementare le nuove disposizioni.

Maggiori informazioni sulle nuove Linee Guida sono disponibili in questo webinar organizzato LegalBlink.

PINTEREST

Focus inclusività: a tu per tu con Jeremy King, SVP of Tech at Pinterest

Pinterest crede fermamente che il web possa essere un luogo più positivo ed inclusivo, motivo per cui lavora costantemente alla progettazione e al miglioramento della piattaforma.

Un ambiente più positivo per i consumatori si traduce anche in un ambiente migliore per i brand che intendono raggiungere il proprio target di pubblico.

Secondo uno studio di Pinterest, quando i brand appaiono in un contesto online più positivo, possono influire maggiormente su tutte le fasi del percorso d’acquisto. Negli ambienti in cui si respira negatività, le persone sono meno inclini a ricordare i brand, a fidarsi e ad acquistarne i prodotti.

Ninja Marketing ha intervistato Jeremy King, SVP of Technology at Pinterest, a proposito delle iniziative di Pinterest per aiutare le persone a rispecchiarsi di più nelle idee e nei prodotti che cercano e trovano sulla piattaforma.

pinterest interview

Quali impatti avete riscontrato come risultato degli sforzi di inclusività della piattaforma?

Siamo fermamente convinti che il web possa e debba essere uno spazio più ispirato. Ma per renderlo tale, è necessario progettarlo in modo adeguato.

Come piattaforma di contenuti visivi, è nostro preciso dovere considerare cosa significhi rispecchiarsi davvero in un prodotto, a prescindere dalla persona. L’obiettivo del nostro team è aiutare le persone a identificarsi in ciò che trovano sulla piattaforma, espandendo il nostro lavoro sull’IA inclusiva ed estendendolo a qualsiasi ambito della nostra attività.

Uno dei maggiori traguardi che abbiamo raggiunto negli ultimi anni è stata la diversificazione dei dati e l’allenamento dei modelli attraverso vari tipi di contenuti. Oggi siamo quindi in grado di offrire suggerimenti più vari, con un conseguente aumento del coinvolgimento e delle ricerche.

Abbiamo anche combinato Skin Tone Ranges con la nostra funzione Prova (Try On), integrando la realtà aumentata nella nostra piattaforma.

Ed è proprio il binomio di prodotti Prova (Try On) e Skin Tone Ranges che ci ha permesso di osservare come gli utenti siano 5 volte più inclini ad acquistare i Pin che integrano la realtà aumentata rispetto ai Pin standard.

pinterest function

Inoltre, oggi la realtà aumentata ha raggiunto livelli molto avanzati perché supporta diverse tipologie di filtri e modalità di ricerca. Per noi è prioritario continuare a lavorare su questi prodotti chiave per renderli ancora più inclusivi.

Garantire la diversità e la rappresentanza non è solo la cosa giusta da fare, ma è la cosa migliore per una realtà globale come la nostra.

Pinterest è sempre stata una piattaforma incentrata su positività, ispirazione e personalizzazione. Per aiutare le persone a sentirsi ispirate, dobbiamo fare in modo che la nostra tecnologia consolidi ulteriormente quell’atmosfera di positività che si respira sulla piattaforma.

Di recente, per esempio, abbiamo vietato la pubblicazione di annunci sulla perdita di peso e siamo orgogliosi di essere stati i primi a farlo nel nostro settore.

Quante persone usano la funzione di ricerca Skin Tone Ranges di Pinterest?

La funzione Skin Tone Ranges è stata lanciata a livello globale ed è ora disponibile in 14 paesi, tra cui l’Italia. Con il lancio globale, vogliamo essere sicuri che gli utenti di tutto il mondo che fanno ricerche e affinano i risultati nel campo della bellezza vedano apparire solo contenuti pertinenti.

Con oltre 80 milioni di persone che ogni mese cercano idee di bellezza, Pinterest è una delle piattaforme di riferimento a livello mondiale per il settore beauty. Nell’ultimo anno gli utenti che hanno usato Skin Tone Ranges per trovare idee di bellezza su Pinterest sono addirittura quintuplicati.

Come luogo per trarre ispirazione e pianificare i momenti della vita, su Pinterest si respira un’atmosfera di ottimismo e positività. Secondo 9 utenti settimanali su 10, infatti, è uno dei pochi angoli felici del web.

Con miliardi di Pin di bellezza salvati su Pinterest, vogliamo che sia ancora più facile trovare le idee più pertinenti in base alla propria tonalità di pelle, al proprio look e al proprio stile di vita. Questa funzione contribuisce a fare di Pinterest una piattaforma positiva non solo per gli utenti, ma anche per i brand.

In quali aree di Pinterest avete riscontrato la presenza dei cosiddetti bias o pregiudizi?

Lavoriamo alla creazione di feature inclusive fin dal 2018, anno in cui abbiamo lanciato la prima versione di Skin Tone Ranges. Da allora abbiamo continuato a investire nella tecnologia inclusiva su moltissimi fronti, tra cui quello della realtà aumentata.

Abbiamo ideato Skin Tone Ranges proprio perché ci siamo resi conto che i nostri risultati di ricerca erano contaminati da pregiudizi e quindi non erano sufficientemente personalizzati per le singole persone.

Analizzando i feedback dei nostri utenti, ci siamo resi conto che era difficile trovare risultati di ricerca adatti alle tonalità di pelle specifiche, dato che spesso era necessario digitare altre parole chiave per trovare idee più pertinenti. Essendo una piattaforma di contenuti visivi, la nostra soluzione è stata quella di filtrare le ricerche in base a una palette di colori che rispecchiasse una precisa gamma di tonalità di pelle. Continuando a perfezionare la tecnologia, i modelli e a diversificare i dati, siamo riusciti a mitigare i pregiudizi nei risultati.

Quali altre azioni sta intraprendendo Pinterest per eliminare i pregiudizi dall’esperienza di shopping?

Quando vogliamo fare qualcosa di innovativo, osserviamo il modo in cui le persone usano Pinterest e cerchiamo di ottimizzare la loro esperienza in termini di inclusività, ispirazione e fruibilità. Come? Per esempio rendendo più facile la scoperta di idee che rispondano meglio alle esigenze di una persona, offrendo consigli su come potrebbero funzionare e, semplificando l’esperienza d’acquisto.

Abbiamo voluto partire dal settore della bellezza con Skin Tone Ranges e successivamente con Prova (Try On) perché è una delle categorie più popolari su Pinterest, ma il nostro lavoro non finisce qui.

I creator e lo shopping continuano a essere al centro della nostra strategia. Vogliamo facilitare la scoperta di prodotti e idee di creator appartenenti a gruppi poco rappresentati. Vogliamo inoltre trarre vantaggio dalle intenzioni di acquisto dei nostri utenti per introdurre feature di acquisto che si integrino con la massima naturalezza all’interno della piattaforma.

Tutto questo senza mai perdere di vista l’inclusività e l’autenticità. Per esempio, nella funzione di realtà aumentata Prova (Try On), non ci sono filtri o effetti per rendere la pelle perfetta, il che rende i risultati molto più realistici.

pinterest image

Che consigli darebbe ai brand che vogliono adottare un approccio più inclusivo?

Per le piattaforme e per chiunque si occupi di gestire grandi quantità di dati è fondamentale diversificare tali dati. Per esempio, un dataset potrebbe essere compromesso da pregiudizi a causa della composizione della customer base e potrebbe essere necessario reperire nuovi dati.

Tale procedura può rivelarsi piuttosto costosa, quindi si arriva a un punto in cui bisogna valutare i costi e i benefici. Tuttavia, iniziando ora a diversificare i dati e mitigare i pregiudizi dell’intelligenza artificiale, si osserveranno ottimi risultati nel tempo. Questo consiglio vale per chiunque lavori nel settore dell’intelligenza artificiale.

Tutte le aziende, con i propri tecnici e ricercatori, devono adottare misure per promuovere la diversità e fare in modo che tutti, in futuro, possano trarre vantaggio dalla tecnologia. Sarebbe un disservizio enorme creare soluzioni tecnologiche innovative che giovino solo a una parte della popolazione.

Le tech company sono ancora lontane dal risolvere il problema dei pregiudizi nell’intelligenza artificiale ma, giorno dopo giorno, è possibile costruire una tecnologia fondata sulla comprensione e sull’inclusività.

Oltre ai dati, è importante diversificare anche i contenuti per garantire che i creator che rappresentano i brand siano equamente rappresentati. E poi collaborare con i focus group e i team di ricerca formati da community di persone di colore, bilanciandoli in modo adeguato, così che i prodotti e i servizi commercializzati siano realmente rappresentativi. Agevolare la scoperta delle attività gestite da persone appartenenti a gruppi poco rappresentati o minoranze etniche e semplificare le modalità per sostenerle.

Stabilire degli obiettivi e assumersene la responsabilità. Ad esempio, Pinterest si impegna a fare in modo che il 50% dei suoi contenuti provenga da creator che si identificano in gruppi poco rappresentati o minoranze etniche.

Comporre un team variegato di persone specializzate in inclusività, sia a livello aziendale che di prodotto. E come leader, è nostro dovere assicurare che i dipendenti trovino sostegno e ascolto.

Diciamo spesso che è difficile trovare l’ispirazione giusta se non ci si sente adeguatamente rappresentati.

I brand devono garantire che la propria community e la community che vogliono in futuro possa rispecchiarsi nella loro offerta.

gamification

Gamification trend: perché alle aziende piace farci giocare

Le app e i servizi di gamification sono in circolazione da diversi anni, ma hanno iniziato a suscitare un forte interesse nel mondo degli affari solo verso il 2010.

Molte aziende hanno implementato la ludicizzazione nel business come soluzione per aumentare l’efficacia della formazione dei dipendenti, dell’abilitazione alle vendite, dell’onboarding e della gestione dell’apprendimento. 

Secondo uno studio realizzato da Newzoo, si prevede che entro la fine di quest’anno il mercato della gamification genererà oltre 180 miliardi di euro con una crescita del 100%. Qual è il motivo di questa rapida crescita?

Perché le aziende sono così interessate alla gamification

La gamification è un insieme di attività e processi che viene impiegata per risolvere problemi applicando le caratteristiche degli elementi di gioco in un contesto non ludico. Il suo obiettivo è quello di coinvolgere consumatori o i dipendenti della propria azienda per ispirare la collaborazione, la condivisione e l’interazione raggiungendo degli obiettivi.

Prende elementi dal game design, principi e teorie generali che guidano il gameplay applicandoli ad altri contesti. Quando i dipendenti o i clienti interagiscono con un programma di gamification, ricevono un feedback immediato sulle prestazioni che guidano i passi successivi verso nuovi traguardi.

gamification

Lo scoppio della pandemia ha portato molte aziende a gestire a distanza sia i propri affari che in generale il rapporto con le persone. Stessa cosa per quanto riguarda il contatto con i propri dipendenti che per mesi sono stati costretti a lavorare da casa. Ogni azienda difatti ha dovuto procurarsi gli strumenti necessari per raggiungere online sia i dipendenti che i clienti.

E che ci piaccia o no, abbiamo fatto e ancora facciamo in gran parte, quasi tutto online, dagli incontri a certi tipi d’eventi, ma anche l’apprendimento si è spostato di più sul web. Ed ecco perché introducendo elementi di gioco in un lavoro, si può aiutare i dipendenti a monitorare le proprie prestazioni, fissare obiettivi e impegnarsi in una competizione amichevole che può migliorare l’ambiente di lavoro e le prestazioni aziendali.

La gamification può meglio coinvolgere e motivare digitalmente un pubblico target per raggiungere i propri obiettivi che si tratti del personale, dei clienti o dei dipendenti.

Uno sguardo ai dati

Le aziende che si servono della ludicizzazione nell’apprendimento per i propri dipendenti stanno riscontrando risultati incoraggianti.

È stato dimostrato che l’uso di applicazioni mobile giocate individualmente o come complemento a un LMS o a una piattaforma di eLearning migliora la produttività dei dipendenti del 50% e l’impegno del 60%.

Ciò che stupisce è che la gamification non è stata accettata solo dai membri più giovani. Uno studio di FinancesOnline rivela che il 97% dei dipendenti di età superiore ai 45 anni ritiene che la gamification aiuterebbe a migliorare il proprio lavoro. Inoltre l’85% dei dipendenti è ben disposto a dedicare più tempo a programmi di formazione ma con dinamiche ludiche.

LEGGI ANCHE: Learning trends e riqualificazione del lavoro: cosa è cambiato durante la pandemia

Trend e vantaggi della gamification per i brand

La gamification in ambito lavorativo può aumentare il coinvolgimento dei dipendenti per guidare le prestazioni dell’azienda.

Le meccaniche di gioco rendono il lavoro più trasparente mostrando obiettivi chiari e facili da seguire. Un dipendente è in grado di vedere i progressi sulle prestazioni, ricevere feedback immediati sui risultati e connettersi con i colleghi attraverso la collaborazione e la competizione.

Quali sono i trend e i vantaggi che ci aspettiamo nei prossimi mesi?

Gamification ed eventi digitali

Lo scorso anno ha sicuramente portato cambiamenti radicali in tutto il mondo. Una in particolare è stata la trasformazione improvvisa e globale di eventi e incontri, non più dal vivo ma online. Gli incontri faccia a faccia sono diventati schermo a schermo e il focus delle conversazioni è cambiato. Tutti hanno dovuto adattarsi alla “nuova normalità” e questo ha rappresentato una vera sfida, soprattutto per i settori in cui le vendite e gli eventi sono fondamentali.

A causa della diffusa cancellazione di conferenze ed eventi, molte aziende hanno deciso di passare al digitale e le tendenze del mercato suggeriscono che questo cambiamento è qualcosa che è desinato a restare. Con l’aumento di questi eventi online gli organizzatori hanno dovuto imbattersi in nuove sfide tra cui il ricreare l’atmosfera e le sensazioni che derivano da una conferenza di persona. Per distinguersi, le aziende si sono rivolte proprio alla gamification.

Qui, la gamification può aiutare ad affrontare il passaggio dal fisico al digitale, mantenendo il personale motivato. Un gioco per cellulare è un modo molto efficace per mantenere i partecipanti coinvolti, e aiutarli a imparare. È qualcosa di divertente oltre che facile.

Un aspetto da non sottovalutare è che possiamo misurare le conoscenze acquisite, consultare il ROI e quindi rafforzare eventuali messaggi chiave. Molte aziende che hanno partecipato e organizzato eventi hanno incorporato una soluzione ludica e questo è qualcosa che diventerà necessario nei prossimi mesi. 

Gamification per Millennials e gen-Z

Negli ultimi anni il progressivo e accentuato ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è cresciuto di pari passo con le nuove tecnologie. Diventa quindi necessario implementare i sistemi digitali e le applicazioni mobile all’interno delle imprese per coinvolgere i neoassunti. Ed è per questo che molte aziende stanno integrando la ludicizzazione tramite app mobili. Intranet, LMS e piattaforme di e-learning sono spesso obsolete o non aggiornate regolarmente come dovrebbero. Le applicazioni mobile offrono comodità e semplificano l’accesso alle informazioni.

È importante avere un’idea chiara di quali sono gli obiettivi aziendali e come determinarli. La gamification fornisce dati e report per aiutar a vedere cosa funziona bene e dove bisogna intervenire per migliorare le prestazioni.

Il potere della realtà virtuale e della realtà aumentata

Riuscite a immaginare di utilizzare la realtà virtuale e quella aumentata per la formazione aziendale? Sembra un futuro molto lontano, ma non è così. Non si tratta solo di applicazioni mobile innovative. In base a classificazioni o sfide, queste funzioni spingono i dipendenti a partecipare e a competere in modo sano, ma allo stesso tempo li portano ad acquisire le conoscenze necessarie per sviluppare la propria professione.

In questi mesi e nei prossimi anni la realtà virtuale la realtà aumentata saranno forze trainanti per migliorare l’esperienza dell’utente e portare la ludicizzazione a un livello superiore.

I giochi sono attraenti e spesso alimentano il desiderio del giocatore di completare un traguardo. Mantengono i giocatori concentrati e motivati ​​per ottenere successo.

Il gaming prende in prestito queste caratteristiche dai giochi e le sovrappone alle attività della vita reale. Questo tipo di tecnologia è ancora in fase di sviluppo, certo, ma il suo utilizzo si rafforzerà nel tempo per offrire all’utente un modo ancora più attrattivo di portare a termine le proprie sfide.

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L’onboarding remoto diventa la normalità

Abbiamo visto aumentare notevolmente l’uso della gamification nel processo di onboarding nel corso di quest’anno con l’assunzione di manager e nuovi dipendenti che non hanno potuto iniziare il processo di apprendimento di persona.

Le aziende di diversi settori possono utilizzare un’app di onboarding mobile per aiutare i nuovi dipendenti ad apprendere subito e a visualizzare i contenuti della formazione a loro riservati. Rispondere a quesiti, sfidare i colleghi e avere una classifica del team favorisce quel forte senso di appartenenza sin dal primo giorno in cui un nuovo dipendente inizia il suo percorso lavorativo.

Tutte le informazioni chiave necessarie per ogni nuova assunzione sono disponibili in qualsiasi momento, basta un semplice clic. Anche lo screening del nuovo personale è semplificato. 

La gamification in campo medico

Il settore sanitario sta svolgendo un ruolo chiave in risposta alla pandemia. Allo stesso tempo il suo modello di business è messo a dura prova dall’impatto del COVID-19, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con le persone in generale e il personale.

La gamification è stata un sostegno importante per molti operatori sanitari ed è opinione diffusa che l’accesso dei pazienti agli ospedali e alle strutture sanitarie sarà limitato anche dopo il COVID-19. Ciò comporta la necessità di puntare e migliorare le relazioni virtuali ridisegnando i canali di contatto.

Alcuni pazienti possono essere gestiti in remoto tramite un’app nel tentativo di ridurre le visite ospedaliere e risparmiare tempo. Come soluzione gamificata c’è la possibilità di aiutare le persone tramite delle informazioni che sono sempre disponibili e consultabili in qualsiasi momento.

Bisogna portare l’industria sanitaria un passo avanti nella lotta contro la pandemia attraverso una nuova esperienza digitale, identificando la conoscenza e potenziando la comunicazione.

Personalizzazione dei contenuti

Il continuo progresso delle applicazioni mobile rende oggi possibile creare contenuti specifici per dipendenti o team, indipendentemente dal Paese o dalla regione in cui si trovano. In precedenza, lo stesso contenuto veniva offerto a tutti i dipendenti, senza distinzione. Grazie ai miglioramenti nei campi dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico, è possibile per i lavoratori rivedere le domande o gli argomenti che non sono stati compresi per rafforzare e migliorare l’apprendimento.

I giocatori hanno la possibilità di creare i propri repository di contenuti che trovano più utili e necessari o di memorizzarli nella sezione “preferiti”.

Metriche di valutazione della conoscenza

Grazie ai big data acquista sempre più importanza la capacità di quantificare le azioni intraprese da un’azienda. Questo perché le aziende hanno bisogno di quantificare i risultati ottenuti in relazione all’investimento di capitale, oltre al tempo e alla fatica fatti. Per questo nel corso dei prossimi mesi si accentuerà la necessità di quantificare i risultati ottenuti attraverso la gamification in relazione agli obiettivi strategici di un’azienda o un brand al fine di confermare il ROI dei progetti realizzati.

La gamification come tattica aziendale “must-have”

L’anno in corso sarà caratterizzato dalla continua incertezza causata dalla pandemia ancora resistente. Le grandi aziende devono motivare e coinvolgere sia i dipendenti che i canali di distribuzione per aumentare le vendite e raggiungere gli obiettivi aziendali.

La gamification mobile offre l’opportunità di raggiungere sia i dipendenti che i distributori con contenuti di formazione specializzati. Questa è una delle tendenze di vendita più potenti da tenere in considerazione.

Gamification e previsioni per il prossimo futuro

Nell’ultimo anno abbiamo visto numerose organizzazioni aziendali passare a team di vendita completamente remoti. La gamification si sta rivelando una tattica necessaria anche per mantenere motivati ​​e coinvolti i dipendenti da remoto e in ufficio, ma non solo. Serve a sollevare il morale e la cultura aziendale e, naturalmente, a poter misurare tutti gli sforzi formativi.

La gamification è in aumento e si sta adattando alle esigenze di molti settori diversi. Assisteremo al suo utilizzo per migliorare la qualità delle esperienze di formazione e per raggiungere obiettivi aziendali strategici. Mantenere i dipendenti connessi e motivati ​​soprattutto durante i periodi di assenza dal posto di lavoro sarà un fattore chiave per il successo aziendale.

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I migliori annunci stampa della prima metà del 2021

Selezionare cinque tra le migliori creatività della prima parte di questo anno così strano è un’impresa non da poco: tantissimi brand, grandi e piccoli, hanno investito in annunci stampa nel corso di questo periodo segnato dalle ondate pandemiche di Coronavirus, mentre i budget di tanti settori subivano variazioni importanti a causa di restrizioni e lockdown generalizzati.

Ci sono però temi che ricorrono continuamente nelle pubblicità dei brand: dal rispetto per una natura in pericolo all’attenzione necessaria alla guida, fino alla cura dei più deboli.

Ecco una selezione non esaustiva delle più belle campagne su carta stampata pubblicate in questo primo semestre del 2021.

E se non ti basta: qui puoi recuperarle tutte:

Renault, Croma e SEAI, i migliori annunci stampa di gennaio

BMW, The Guardian e Nissan: i migliori annunci stampa di febbraio

Playstation, NHS e PETA: i migliori annunci stampa di marzo

Greenpeace, Colgate e McDonald’s: i migliori annunci stampa di aprile

Greenpeace, KLO e Burger King: i migliori annunci stampa di maggio

KFC, De Standaard e Lion Heart: i migliori annunci stampa di giugno

Gennaio

Eureka! – Travel while reading

Si dice che il modo migliore di viaggiare sia con la fantasia. In effetti, in questo particolare momento storico condizionato dall’emergenza sanitaria, è probabilmente l’unico modo per farlo. D’altra parte, è anche il più economico: mete lontane, esotiche e suggestive diventano facilmente raggiungibili, grazie ai libri.

Advertising Agency: NEW!, Lithuania
Creative Director: Aistė Jūrė
Copywriter: Aistė Jūrė
Copywriter: Vytautė Petkevičiūtė
Illustrator: Justine Shirin
Designer: Ieva Paliukaitytė
Project Manager: Kęstutis Kuskys

Febbraio

The Guardian – FakeHits

L’aumento persistente delle Fake News nel paese sta diventando incontrollabile a causa delle piattaforme su cui prospera di più, i social media, che potrebbero essere fuorvianti e manipolatori.
Per frenare questa minaccia, l’agenzia ha creato per The Guardian una serie di annunci stampa per descrivere in modo pratico quanto possa essere dannosa la diffusione di notizie false o manipolatorie.

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Advertising Agency: Adeptus Advertising, Lagos, Nigeria
Creative Director: Bamidele Ariyo
Art Director: Richard Mgbeokwii, Bamidele Ariyo
Copy Writer: Olushola Oladimeji, Naomi Oni, Tolulope Alawode, Babatunde Alaran

Marzo

Federation of Quebec Alzheimer Societies – Loved ones forget themselves too

L’Alzheimer è una malattia sempre più frequente tra la popolazione anziana e, purtroppo, si stima che le persone affette da questo disordine cognitivo aumenteranno del 70% entro il 2031.

La campagna mette in evidenza quanto i caregiver, spesso parenti e famigliari degli ammalati, siano sovraccaricati dal compito di assistenza.

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Advertising Agency: Cossette, Montréal, Canada
Photographer: Christian Tremblay

Aprile

Colgate – Smiles Always Find a Way

A causa della pandemia di COVID19, le mascherine sono diventate parte della nostra vita quotidiana. All’improvviso, ci siamo abituati a vivere con i nostri sorrisi nascosti daun pezzo di stoffa. Non c’è, però, bisogno di vedere un sorriso per sentirlo. Un sorriso è più di un’espressione facciale, è un modo di alzarsi e di affrontare le avversità della vita.

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Advertising Agency: VMLY&R / Red Fuse, Paris, France
Managing Director: Peter Harrison
Global Chief Creative Officer: Fred Saldanha
Chief Creative Officer: Dimitri Guerassimov
Creative Director: Vitor Menezes
Creative Director: Ricardo Dolla
Art Director: Vitor Menezes
Art Director: Melanie Forster
Copywriter: David Dominguez
Business Director: Bruno Toporovschi
Account Director: Sindy Ng
Head Of Strategy: Elizabeth Foord
Producer: Barbara Safarova
Photographer: Mathieu Membré
Retoucher: Julien Paris

Maggio

KLO – Pump up the horses

Visual molto accattivante per la campagna di KLO, gestore di oltre 60 stazioni di servizio per il rifornimento in Ucraina. La campagna strizza l’occhio agli amanti della forma fisica: come noi amiamo un corpo atletico e muscoloso, così possiamo “pompare i cavalli” del nostro veicolo con il carburante adeguato.

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Advertising Agency: Michurin creative agency, Kyiv, Ukraine
Creative Production Agency: Looma

Giugno

Lovespace – It’s okay

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“It’s okay” è la nuova campagna sulla consapevolezza sessuale di Lovespace, che illustra in modo abbastanza esplicito il tema delle fantasie sessuali. Queste sono spesso percepite come qualcosa di volgare e sporco, qualcosa di cui vergognarsi.

Patsany ha selezionato una rosa delle migliori foto e ha sviluppato un messaggio chiave per ognuna. “Desiderare è ok” “Condividere ciò che si vuole è ok” “Sperimentare insieme è ok” “Provare insieme è ok”.

Advertising Agency: Patsany Agency, Kyiv, Ukraine
Creative Director: Dmytro Iatsyna