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  • Cookieless: possibili soluzioni per evitare la catastrofe

    L’evoluzione delle tematiche legate al GDPR ci ha dato maggior consapevolezza dell'importanza della privacy online

    7 Giugno 2021

    Per anni, il marketing digitale si è sviluppato prepotentemente attorno alla possibilità e all’abilità di tracciare il comportamento degli utenti attraverso le loro azioni online. Gusti, preferenze ed abitudini di acquisto, sono diventate il pane quotidiano di un mondo fortemente basato sui dati. E da tutto ciò le aziende hanno tratto importanti vantaggi, presentando offerte e comunicazioni sempre più mirate e cucite sull’utente. Cosa succederebbe se in futuro tutto questo non fosse più possibile? C’è una buona e una cattiva notizia, ma iniziamo da quest’ultima: quel futuro è già oggi. La bella notizia? Al contrario di quanto si possa pensare, non tutto è perduto.

    Cosa sono i cookie?

    Dovremmo già conoscerli approfonditamente, ma un ripasso ci sta. Come definito da PCMag, un cookie è una leggerissima stringa di testo, dal peso inferiore ai 4kb, che può essere conservata temporaneamente o permanentemente nel pc dell’utente. La sua utilità? “Riconoscere l’utente” e ricordare le sue abitudini più ricorrenti o le ultime attività durante le sessioni di navigazione o fruizione dei siti. Per esempio, durante una sessione di acquisto su un eCommerce, nel caso in cui l’utente dovesse switchare verso un altro sito e poi ritornare sul carrello, la piattaforma lo riconoscerebbe mostrandogli i prodotti visualizzati in precedenza. Esistono due tipi predominanti di cookie installati su un sito web: i cookie di prima parte, creati direttamente dal sito o dalla piattaforma che si sta visitando per migliorare la user experience, e i cookie di terze parti, appartenenti cioè ad altri siti o piattaforme (Facebook e Google, ad esempio), usati per individuare le abitudini e le caratteristiche dell’utente e aiutare il sito web o la piattaforma in attività di analisi e di marketing. È semplice comprendere come i dati tracciati da quest’ultima tipologia di cookie non rimangano isolati alla semplice fruizione del sito visitato, ma entrino a far parte di un complesso ecosistema in grado di intrecciare sempre più dati per delineare le caratteristiche dell’utente allo scopo di facilitare il suo targeting nelle strategie legate alle sponsorizzazioni online. L’evoluzione delle tematiche legate al GDPR ha permesso di prendere sempre maggior consapevolezza rispetto ad una variabile importantissima nell’equilibrio di questo ecosistema: la privacy delle persone. Infatti, soprattutto nell’ultimo periodo, stiamo assistendo ad una serie di novità da parte dei principali attori del mondo digital, sempre più indirizzati a mantenere saldi i principi della privacy. È il caso di Mozilla e Apple che hanno deciso di bloccare per primi i cookie di terze parti sui propri browser (Firefox e Safari). Proprio riguardo Apple, la bomba per tutta la categoria di marketer legati al mondo digitale è scoppiata poco più di un mese fa con l’arrivo dell’aggiornamento iOS 14.5.

    Un mondo senza cookie

    L’uscita del nuovo update per iPhone ha segnato un momento fondamentale nel business dell’advertising e del tracciamento online. Fra le funzioni di questa release, una delle più importanti è l’App Tracking Transparency che introduce il consenso esplicito da parte degli utenti per permettere alle app di poter effettuare azioni di tracciamento con finalità pubblicitarie. Cosa significa questo? Che di default un’app non può più tracciare il comportamento e le azioni svolte dall’utente al suo interno per fini pubblicitari, a meno che non sia l’utente stesso ad autorizzarlo. Tutto ciò diminuisce, quindi, sensibilmente la mole di dati che permette di caratterizzare le abitudini di ogni utente per proporre ads sempre più performanti verso il target di riferimento, rendendo le campagne più instabili. Ma non è tutto. Google ha annunciato che, a partire dal 2022, anche il suo browser Chrome non supporterà più cookie di terze parti, mettendo al centro una filosofia “Privacy first”. È lo stesso colosso di Mountain View a stimare la perdita in revenue derivante dal blocco dei cookie di terze parti. Attraverso un esperimento condotto disabilitando i cookie di terze parti su alcuni utenti, ha riscontrato che la revenue media per i top 500 publisher di Google Ad Manager si abbasserà del 52%, con punte anche del 75% per alcuni di loro.     Un risultato che desta più di qualche preoccupazione.

    Quali sono le soluzioni a questa catastrofe? Ecco la bella notizia

    Già nei giorni precedenti l’arrivo di queste novità, sono emerse soluzioni più o meno “eleganti”. Un esempio è quello del CAID: la soluzione della China Advertising Association, resa nota da AdExchanger, per aggirare l’App Tracking Transparency attraverso lo sfruttamento delle impronte digitali. Allo stesso modo Google ha annunciato che utilizzerà il metodo FLoC (Federated Learning of Cohorts), spostando l’attenzione dal singolo utente ad un cluster formato da un largo gruppo di persone con simili interessi. Sebbene questa soluzione non sia analitica quanto quello a cui siamo stati abituati fino ad oggi, può segnare una preliminare soluzione al problema. Ma non è tutto qui. Anche la Marketing Automation, se ben utilizzata, può essere sfruttata in tal senso. Certo, il punto di partenza resta sempre quello di veicolare il messaggio giusto all’utente giusto ma, attraverso l’analisi delle attività degli stessi sul proprio sito internet e portale, è possibile delineare il comportamento di ogni utente, assegnargli un punteggio e comunicare in maniera mirata e con alti risultati. E qui nasce un’evoluzione dalla semplice piattaforma CRM (Customer Relationship Management) verso i più moderni CDP (Customer Data Platform) in grado di incrociare tutte i dati forniti e di sessione. In questo caso, in un mondo senza cookie di terze parti, saranno altre due tipologie di dati al centro dell’interesse dei marketers del futuro: i First-party data e i Zero-party data. I primi altro non sono che i cookie di prima parte attraverso i quali i proprietari dei siti possono tirar fuori tutte le analisi relative alle pagine visitate, quelle di maggiore interesse, i pulsanti premuti, i download ed altri dati di questo tipo. Il report MarketingCharts ha messo in luce come il 52% delle aziende intervistate sia interessata a far fronte a questi cambiamenti proprio attraverso l’utilizzo di First-party data.     I Zero-party data, invece, sono i dati esplicitamente forniti dagli utenti per usufruire dei servizi messi a disposizione dall’azienda. Sono i classici dati forniti attraverso un form di iscrizione oppure richiesti al momento della sottoscrizione di una fidelity card o di un acquisto. Perché quindi la Marketing Automation può rivelarsi un valido aiuto? Come riportato dall’indagine di SalesManago, utilizzando una tecnologia basata sui dati come la Customer Data Platform, i professionisti del marketing possono sfruttare i dati di parte zero per estrarre informazioni che possono aiutarli a fornire una personalizzazione 1 a 1 (con l’aiuto dei dati di prima parte) e quindi ad arricchire l’esperienza del cliente. I dati vengono raccolti da numerose fonti, puliti e combinati per creare un unico profilo utente. Questi dati strutturati vengono poi condivisi con altri sistemi di marketing oltre a poter generare azioni automatiche verso gli utenti. In generale, però, l’epilogo sulla coesistenza di tecnologia e trattamento dei dati è ben lontano da un punto finale.