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Marketing Automation, i vantaggi del workflow

Automazione nei processi aziendali: per cominciare bisogna allenarsi

I processi che le aziende devono affrontare ogni giorno tanto lato marketing quanto lato vendite e supporto clienti, sono spesso dispendiosi in termini di tempo e soggetti a errori. Per questo, per crescere in modo sostenibile, sempre più aziende scelgono di standardizzarli e automatizzarli.

Mentre i flussi di lavoro CRM promettono un servizio efficiente e coerente, la loro implementazione può essere un’operazione davvero scoraggiante. Tuttavia, seguire alcune semplici pratiche aiuta a evitare le insidie e snellire i processi. Il segreto, come in tutte le attività umane, è l’allenamento e l’applicazione pratica, possibilmente in un ambiente di training prima di andare “in produzione”.

Uno strumento molto utile in questo senso può essere, ad esempio, Goldfish, il nuovo prodotto di vtenext: un ambiente in cui imparare, allenarsi e testare l’automazione dei processi aziendali.

Ma prima di partire con qualche utile consiglio, consideriamo un celebre esempio nell’automazione dei processi aziendali.

automazione crm

Flussi di lavoro CRM nella cultura pop

Nel 1954, un venditore porta a porta di nome Ray Kroc ricevette un ordine insolitamente grande di frullatori da uno stand di hamburger a San Bernardino, California. Quando visitò il ristorante, rimase stupito dal volume di pasti che il piccolo ristorante era in grado di servire ai suoi clienti.

Ray notò alcune cose dello stand che spiccavano:

  • gli hamburger potevano essere prodotti più velocemente di qualsiasi altro chiosco;
  • la qualità dei pasti, il tempo di preparazione e l’esperienza del cliente erano molto affidabili e omogenei;
  • i processi erano stati suddivisi in compiti semplici e ben definiti che richiedevano poca formazione specifica.

Quello era il primo ristorante McDonald’s, che Ray poi rilevò per avviare un franchising. Oggi chiameremmo quei processi “flussi di lavoro” e nello specifico “CRM Workflow” nel caso fossero orientati al cliente.

Anche se non tutti possono raggiungere lo stesso successo di McDonald’s, se si seguono alcuni semplici consigli è possibile migliorare i processi aziendali, grazie all’automazione.

McDonald's pubblicità

Suggerimenti per i processi aziendali

Ci sono tre tappe essenziali che sarebbe bene seguire quando si vanno a definire i processi aziendali e la loro automazione:

  1. Pianifica i flussi di lavoro. Dedicare un po’ di tempo alla definizione di ciò che i flussi di lavoro devono consentire di fare, ti permetterà di semplificare tutte le fasi successive.
  2. Scegli il sistema e gli strumenti giusti per te. Per trovare ciò che fa al caso tuo dovresti innanzitutto guardare alle persone e scegliere sulla base di ciò che può funzionare per il team, ma anche non tralasciare il budget: alcune soluzioni come Goldfish ti consentono di testare tutto in modo gratuito; impara allenandoti e guardando video tutorial gratuiti già inseriti all’interno dell’ambiente di lavoro, lasciati guidare da wizard ed esempi concreti e, una volta imparato, esporta i tuoi processi.
  3. Assicura il successo del flusso di lavoro. Monitorare i flussi è essenziale per accertarti che continuino a funzionare e rendere più produttivo il lavoro del team.

Ed ora ecco alcuni consigli utili da tenere accuratamente presenti.

goldfish automazione

1. Misura due volte, taglia una

Prima di automatizzare, trova l’efficienza. L’automazione in sé non rende più efficienti, per diventarlo bisogna trovare la giusta combinazione per il proprio caso specifico e soprattutto misurare tutto sulla base dei risultati. I flussi di lavoro possono ridurre la quantità di risorse utilizzate in un processo, ma solo tu puoi determinare se ne vale la pena.

Stabilisci un benchmark e poi fai un audit di tutti i tuoi processi per vedere quali soddisfano i tuoi standard. Parla con le risorse che eseguono effettivamente ciascuna delle operazioni e scopri dove ci sono inutili sprechi di impegno e denaro.

2. Rendi tutti degli High Performer

Prima che McDonald’s acquistasse qualsiasi macchina o assumesse personale, c’è stato un periodo di prove ed errori in cui ha stabilito le migliori pratiche per il suo ristorante. Molte ricette e processi sono stati tentati prima di trovare quelli ottimali su cui investire.

Allo stesso modo, prima che le aziende crescano in modo esplosivo, c’è un periodo di scoperta per identificare “la formula” da usare per replicare il proprio successo.

Qual è la tua formula?

Nella maggior parte delle aziende, c’è una certa selezione naturale che avviene quando il personale svolge lo stesso compito in parallelo. Il personale più produttivo tende a crescere e diffondere le sue buone abitudini al resto del team. Le aziende più innovative usano A/B test per mettere in competizione tra loro due versioni dello stesso processo e vedere quale vince.

3. Incorporare l’approccio dell’automazione in tutti i processi

Alcuni processi sono più complessi. Potrebbero biforcarsi in percorsi diversi per adattarsi a scenari comuni che il business deve affrontare. Affinché i flussi di lavoro abbiano successo, bisogna identificare i percorsi più comuni e costruire le decisioni che determinano i percorsi nei processi aziendali.

Ci sono diversi vantaggi nel fare questo: uno di questi è che verrà ridotto il numero di persone necessarie per realizzare un determinato processo. La logica, cioè, è integrata nel processo e anche se il suo “architetto” non c’è più, il processo può continuare a dare risultati.

I vantaggi dell’automazione nei processi aziendali

La creazione di flussi di lavoro CRM standardizzati per l’azienda è assolutamente necessaria oggi per espandere il tuo business in modo sostenibile. Può ridurre drasticamente il carico sul personale senza compromessi e, in molti casi, anche migliorare l’esperienza del cliente.

Inoltre, il monitoring puntuale di processi favorisce l’individuazione di colli di bottiglia in un’ottica di miglioramento continuo, garantisce la possibilità di adattare tempestivamente i processi interni ai cambiamenti interni/esterni, migliora la comunicazione interna e abbatte eventuali barriere, conservando uno storico delle informazioni scambiate e scoprendo subito dove il processo si è bloccato.

Il tempo e le risorse che libererai grazie all’automazione dei processi aziendali ti daranno spazio per respirare, sperimentare e, in ultima analisi, far crescere l’azienda.

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Social Media Trend 2021: ecco le 5 tendenze chiave del prossimo anno

  • Nel 2021 i marketer più saggi continueranno a spingere sulla customer acquisition, ma contemporaneamente lavoreranno anche per offrire esperienze innovative che si integrino con i comportamenti d’acquisto
  • Il 2020 è stato un anno particolarmente importante per una generazione da sempre ignorata dai digital marketer, i baby boomer, e questo fattore resterà anche nel nuovo anno. A dirlo è l’ultimo report di Hootsuite

 

“Nessuno di noi può dire che il 2020 fosse in qualche modo prevedibile. Una pandemia globale, il collasso economico, le rivolte per l’uguaglianza razziale e la crisi climatica l’hanno reso un anno difficile e buio.
Ma dove c’è il buio, c’è anche la luce. C’è resilienza, innovazione e creatività. E c’è sempre una strada per tornare a crescere.”

Queste sono le parole di speranza con cui Tom Keiser, CEO di Hootsuite, apre l’ultimo Report annuale sui trend globali dei Social Media.

11.189 addetti al marketing sono stati intervistati per identificare le 5 tendenze chiave dei Social Media per il 2021.

Vediamole insieme.

I Social Media come catalizzatori per la customer experience

Non sorprenderà scoprire che dalla ricerca sia emersa l’acquisizione clienti come obiettivo principale nel 2021. Il 73% dei marketer ha dichiarato che sarà il risultato primario da raggiungere attraverso i social media – un dato che l’anno scorso era solo al 46%. La brand awareness prende il secondo posto sul podio, seguita dalla conversion dei lead già acquisiti.
Del resto, la pandemia globale in corso e il taglio dei budget ha messo un peso non indifferente sulle spalle di chi si occupa di canali digitali.

Ma, se da un lato è comprensibile l’impiego di risorse per massimizzare il ROI, dall’altro è fondamentale ricordare che la pandemia ha fatto scivolare in basso nelle priorità il fattore customer experience. E solo il 23 % degli intervistati considera il miglioramento di quest’area un risultato auspicabile per il prossimo anno.

Si tratta di un problema diffuso, perché le esperienze online offerte dalla maggior parte delle aziende sono ancora altamente transazionali (in quanto destinate, in origine, a integrare le esperienze degli utenti, non a sostituirle). Ma le transazioni da sole non creano brand memorabili o una crescita a lungo termine. E stare seduti ad aspettare che le cose tornino alla “normalità” invece di costruire per il futuro metterà le aziende in un grave svantaggio competitivo.

Considerando dunque che molte delle esperienze tangibili sono quantomeno messe in pausa, le aziende dovranno adattare la loro presenza online per colmare il gap – e qui entrano in gioco i social media.

I marketer più saggi continueranno a spingere sulla customer acquisition, ma contemporaneamente lavoreranno anche per offrire esperienze innovative che si integrino con i comportamenti d’acquisto e le esigenze dei clienti, immutate e fondamentali.

Volete avere un assaggio di quello che succederà? Guardate al mondo eCommerce, che sta già ridisegnando l’esperienza del cliente online con i social al centro. Del resto, la natura stessa dei social media ruota attorno alla scoperta, alla connessione e al divertimento, elementi che ai clienti mancano fortemente in assenza di esperienze ed eventi di persona.

Un nuovo approccio alle conversazioni

Avete presente quelle campagne di comunicazione dal tono eccessivamente sentimentale che sono circolate in primavera? Alla fine sono risultate tutte talmente simili tra di loro che le persone hanno iniziato a deridere i brand. Inoltre, l’eccessivo protagonismo delle aziende ha trascurato una verità fondamentale che spesso dimentichiamo: il motivo principale per cui usiamo i social media è quello di connetterci con gli altri.

Negli ultimi anni siamo stati tutti abbastanza ossessionati dall’idea di costruire delle relazioni one-to-one con gli utenti, ma come sottolinea Jerry Daykin, EMEA media director di GSK Media, “la realtà è che la maggior parte delle persone non vuole avere rapporti personali con molte aziende”.

Nel 2021 dunque i brand più intelligenti capiranno come inserirsi nella vita delle persone sui social media. E troveranno modi creativi per partecipare alle conversazioni invece di cercare di condurle, creando contenuti che sfondino il muro dell’indifferenza.

Come? In primo luogo ascoltando, prima di “parlare” – integrando altre fonti a quelle social, a seconda del differente comportamento della buyer persona. In secondo luogo, prendendo in considerazione le metriche corrette rispetto agli obiettivi di engagement e conversione.

La rivincita dei baby boomer

Il 2020 è stato un anno particolarmente importante per una generazione da sempre ignorata dai digital marketer: i baby boomer.

Complice la pandemia, questa fascia anagrafica ha iniziato a “frequentare” di più i social network, giocare online, effettuare pagamenti virtuali che prima evitava. Si sono sviluppate nuove forme di alfabetizzazione digitale che si stanno trasformando in nuove abitudini destinate a restare.

Secondo i dati del Report Digital 2020, il 70% degli internauti di età compresa tra i 55 e i 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese e il 37% ha intenzione di continuare a farlo più frequentemente quando sarà finita l’emergenza. Inoltre, sebbene la crisi economica abbia diminuito anche la loro capacità di spesa, nel complesso hanno mostrato una minore fragilità finanziaria rispetto alle giovani.

Nel 2021, le aziende non potranno più ignorare né trascurare le generazioni più anziane sui social media. Segmentando le audience in modo intelligente, i marketer più saggi includeranno questa audience nelle loro strategie digitali capitalizzando questo crescente entusiasmo tecnologico. E superando gli stereotipi che vogliono i Baby Boomer fuori da Facebook, Instagram e YouTube.

Conoscere la propria community per quantificare il ROI

È semplice per le aziende pensare di poter raggiungere facilmente potenziali clienti attraverso i social. Dopotutto, dice l’Annual Report, più di quattro miliardi di persone sono attive sulle varie piattaforme, di cui oltre 450.000 nuovi utenti solo negli ultimi 12 mesi (il che equivale a una crescita annua superiore al 12%) Eppure, in un’indagine di 2.162 marketer e dirigenti che Hootsuite ha condotto con Altimeter per il Social Transformation Report, il 54% ha dichiarato di non essere sicuro che i propri follower siano particolarmente qualificati.

Perché? Semplice: non si sa con chi si interagisce. Non si conosce la propria fanbase.

Per cambiare questa situazione, l’unica via efficace è l’integrazione dei dati. La ricerca ha scoperto che solo il 10% dei marketer ritiene ha avviato processi di integrazione dei dati social nei sistemi aziendali come Adobe, Marketo o Salesforce. Ma senza di essi, è spesso difficile ricostruire comportamenti di acquisto o di conversione in generale – né quantificare in modo davvero accurato il ROI dei social media.

Insomma, i vostri clienti sono là fuori, e potete effettivamente usare i social media per creare relazioni più solide con loro. Dovete solo migliorare nel costruire un sistema integrato – e il 2021 è la finestra perfetta di opportunità per farlo accadere.

Il 2021 è l’anno del Purpose

Tra le ricadute economiche ed emotive del COVID-19, la proteste contro razzismo e brutalità della polizia, e i cambiamenti climatici che hanno causato gli incendi in Australia e in Nord America, le aziende di tutto il mondo sono state invitate a schierarsi. Sono state spinte a prendere posizione su questioni che non avevano mai affrontato o a cui stavano iniziando timidamente ad approcciarsi.

Prendete nota, perché si tratta di un trend in forte crescita: il brand positioning deve cambiare, per adattarsi alla mentalità e alle aspettative del target più giovani.

Nell’indagine annuale di Deloitte su Millennials e Gen Z, il 60% degli intervistati ha dichiarato di avere intenzione di acquistare prodotti e servizi da grandi aziende che si sono prese cura della loro forza lavoro e hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.

Solo le aziende Purpose-driven saranno dalla parte giusta della storia negli anni a venire, ma attenzione: non è qualcosa che si può falsificare o semplicemente imitare. La comunicazione sui social media, da sola, non può compensare la mancanza di un vero scopo di marca profondamente radicato in un’organizzazione.

Ed è qui che molti sono caduti nel 2020.

Il desiderio (comprensibile) di rispondere alle pressioni dell’opinione pubblica e di contribuire positivamente a queste conversazioni ha finito per generare azioni impulsive, molte delle quali sono risultate ipocrite agli occhi della fanbase.

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social media trends

Se quest’anno ha messo alla prova i brand sulla loro capacità di reagire, il 2021 è l’anno in cui dovranno dimostrare di avere a cuore la società e l’impatto che possono portare.

Attenzione però, perché questa direzione deve partire dai vertici: se i CMO non stanno già lavorando attivamente per creare un’organizzazione realmente orientata allo scopo, non potranno aspettarsi che i loro team di marketing riproducano sui social media qualcosa che non c’è.

Lapidario, in questo senso, è Michael MCGoey, Senior Manager Enterprise Partnership di Twitter, che afferma: “La voce del consumatore si sta esprimendo in modo diverso da qualsiasi altro momento della storia; è più forte di quanto non lo sia mai stata. I brand che sono in grado di ascoltare, e di plasmare i loro messaggi in un modo che questa narrazione sia autentica, sopravviveranno e cresceranno. Quelli che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo, semplicemente non manterranno i propri clienti“.

La crescita esponenziale di Amazon nell’ultimo anno: dalle assunzioni alle vendite

  • La pandemia per Amazon ha segnato una crescita imprevedibile delle vendite e a queste è seguita la creazione di nuove opportunità di lavoro
  • Durante l’ultimo anno l’azienda sembra aver aggiunto una media di circa 1.400 nuovi membri del personale al giorno, spingendo la sua forza lavoro a più di 1,2 milioni di persone a livello globale

 

La crisi occupazionale data dalla pandemia non ha colpito Amazon, che durante l’ultimo anno sembra aver aggiunto una media di circa 1.400 nuovi membri del personale al giorno, spingendo la sua forza lavoro a più di 1,2 milioni di persone a livello globale (oltre il 50% rispetto all’anno precedente). 

Queste nuove opportunità di lavoro sono state destinate a persone con ogni tipo di esperienza, istruzione, livelli di competenza e non hanno riguardato solo magazzinieri, addetti a prelievo, imballaggio e spedizione della merce, autisti, ma anche responsabili dello sviluppo di software, della logistica, delle risorse umane, del customer care e dell’IT.

Ci sono state opportunità di impiego anche per il personale senza esperienza, che è stato adeguatamente formato ed inserito in azienda. Amazon, infatti, offre l’opportunità di beneficiare di percorsi formativi per accedere a diverse professioni. I numeri, invece, non includono i 100.000 lavoratori temporanei che sono stati reclutati per la stagione degli acquisti natalizi e i 500.000 corrieri (non sono dipendenti diretti di Amazon).

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Cosa offre Amazon ai propri dipendenti?

I nuovi posti di lavoro offrono una retribuzione competitiva, opportunità di crescita professionale, e un pacchetto completo di benefit, tra cui l’assicurazione sanitaria privata contro gli infortuni e sconti per acquisti sul sito. 

Amazon offre ai propri dipendenti anche sedi all’avanguardia ed un ambiente di lavoro sicuro: tra aprile e giugno sono stati investiti circa $4 miliardi per iniziative legate al COVID. Per tutelare i dipendenti, sono stati introdotti oltre 150 cambiamenti di processo tra cui una maggiore frequenza delle pulizie e della sanificazione, il mantenimento della distanza di sicurezza, il controllo della temperatura e la distribuzione di sistemi di protezione individuale. Sono state sospese tutte le riunioni, tutta la formazione viene effettuata in modalità webinar ed è stata rivista l’organizzazione delle pause e dei processi di ingresso e uscita dagli edifici.

Offrire posti di lavoro con una retribuzione leader del settore e un’ottima assistenza sanitaria è ancora più significativo in un momento come questo.

ha sottolineato Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon.

 

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Inoltre, Amazon ha stanziato anche 500 milioni di dollari come bonus natalizio per tutti dipendenti della logistica, per il lavoro straordinario dovuto all’emergenza. Ad esempio, in Italia, i dipendenti del settore logistico e dei fornitori, avranno diritto a un bonus di 300 euro. Che gli “affari” di Amazon stessero andando particolarmente bene non era certo un mistero. Ma come sono andate esattamente le vendite di quest’anno?

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La crescita delle vendite grazie alla pandemia

Secondo le statistiche, tra aprile a giugno, Amazon avrebbe venduto il 57% in più di articoli, rispetto all’anno precedente e nel terzo trimestre sarebbe stato registrato il triplo dell’utile netto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. 

Come se non bastasse, per le festività natalizie il colosso dell’eCommerce ha visto un’ulteriore incremento delle vendite. D’altro canto l’edizione del Black Friday e del Cyber Monday di quest’anno sono state le migliori di sempre: le piccole e medie imprese che vendono su Amazon, nonostante le limitazioni della pandemia, hanno ottenuto una crescita delle vendite del 60% rispetto all’anno precedente. 

Per non parlare dell’Amazon Prime Day, che si è svolto ad ottobre. Tra i prodotti più acquistati, a livello mondiale, sono stati segnalati Echo Dot, Fire Tv Stick 4K Ultra HD con telecomando vocale Alexa, iRobot Roomba, il filtro personale per l’acqua LifeStraw,  le cuffie wireless Bose QuietComfort 35 (serie II), lo smartwatch Fitbit Versa 2 e il casco di Stormtrooper di Star Wars.

Echo dot Amazon

In Italia, i prodotti più gettonati sono stati il videogioco “Fifa 21”, la PlayStation 4, con incluso upgrade per PS5, le capsule di caffè Borbone e le mascherine FFP2.

In Francia hanno spopolato i pannolini Pampers Premium Protection, lo Spazzolino Elettrico Ricaricabile Braun Oral-B Pro 2 2500, ed il Gufo Lego di Harry Potter.

In Spagna, tra i prodotti più acquistati c’è stato il detersivo per lavastoviglie Finish Powerball All in 1 Max, la crema giorno L’Oréal Paris Men Expert – 24H Hydra Energetic e la cartuccia universale per caraffa filtrante Brita Maxtra.

Nel Regno Unito tra i prodotti più venduti ci sono lo Shark, la Scopa elettrica Celebrations, lo spazzolino elettrico Oral-B Smart 6 6000N Crossaction.

Infine, negli USA, invece, non sono mancati l’iRobot Roomba Robot Vacuum, il Myq Apriporta Smart Wireless & Wifi per Garage, il filtro personale per acqua Lifestraw ed il gioco in scatola Kids against Maturity.

Anche le vendite di alcolici, di prodotti di bellezza e gli articoli per i bambini sono più che raddoppiati quest’anno, grazie all’aggressiva strategia di prezzo del gigante dell’eCommerce. L’analisi dei dati riguardante la vendita di alcool su amazon.com tra luglio e ottobre 2020, ad esempio, ha mostrato un aumento del 121% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente

Incremento eCommerce nel 2020: analisi e bilanci di fine anno

  • Per un brand o per un esercizio commerciale dovrebbe essere importante considerare il mondo digitale come un grande alleato
  • I potenziali clienti passano molto più tempo in compagnia dei propri device: sulle piattaforme social, su siti web di informazione e sulle proprie app
  • La grande sfida per il nuovo anno non è rappresentata solo dalla presenza digitale per le aziende, ma anche dall’ottimizzazione dell’esperienza dei potenziali clienti durante la navigazione (in modo particolare quella mobile)

 

È quasi terminato il 2020, un anno che ha costretto le persone a modificare profondamente le proprie abitudini, un anno che ha visto gli italiani passare molto più tempo fra le mura domestiche.
Oltre a fattori dovuti all’emergenza sanitaria come lockdown, restrizioni e divieti di assembramenti, il 2020 è stato anche caratterizzato da un notevole incremento del know-how digitale degli italiani: in particolare le persone si sono approcciate all’eCommerce come mai in passato, facendo registrare in generale una crescita del commercio elettronico.

Qualche numero sull’eCommerce in Italia

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Guardando i dati pubblicati da ISTAT nel report sul “Commercio al dettaglio Ottobre 2020”, salta all’occhio come l’utilizzo del commercio elettronico sia in forte aumento (+54,6%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (Ottobre 2019) e facendo registrare un valore pari a +32,3% durante i primi dieci mesi del 2020, rispetto al medesimo periodo del 2019.

L’eCommerce ha raggiunto un elevata diffusione ed è diventato oramai un canale di vendita primario: d’altra parte, nell’ultimo anno sia in Italia che in ogni altra parte del mondo, gli store fisici della maggior parte dei settori merceologici, non hanno potuto accogliere regolarmente i propri clienti. Molte persone si sono riversate quindi sui canali digitali per effettuare le proprie spese ordinarie e anche quelle extra.

È probabile che i brand o i negozi che non hanno adottato in tempo utile delle efficaci strategie di marketing digitale o che non si siano attrezzati adeguatamente per le vendite online, abbiano creato un distacco con i propri clienti abituali o con i potenziali acquirenti.

Va considerato che in questi dati non sono stati conteggiati i numeri delle vendite riguardanti i mesi di novembre e dicembre 2020, e quindi ricorrenze come il Black Friday, il Cyber Monday e tutto il Christmas Time: momenti storicamente favorevoli per il commercio.

Quest’anno, inoltre, nel lasso di tempo tra il Black Friday e il Cyber Monday, secondo alcuni report, vi è stato un notevole incremento del commercio elettronico e del numero di consumatori che hanno approfittato delle numerose promozioni a livello mondiale.

Presumibilmente in Italia, molte persone dopo aver utilizzato lo strumento eCommerce per quasi un anno, anche per i regali e le spese natalizie ricorreranno ancora una volta ad esso, andando a far crescere i dati menzionati.

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eCommerce: opportunità o minaccia?

Per un brand o per un esercizio commerciale dovrebbe essere importante considerare il digitale come un grande alleato, soprattutto in un periodo come quello che si sta vivendo, durante il quale i potenziali clienti passano molto più tempo in compagnia dei propri devices (notebook, smartphone e tablet) sulle piattaforme social, su siti web di informazione e sulle proprie app.

Infatti considerando il know-how acquisito, è importantissimo dare la possibilità di acquistare un prodotto anche su uno store online, di poterlo pagare o prenotare tramite un link inviato via sms o tramite un servizio di messaggistica istantanea o addirittura avere a disposizione una vetrina dei propri prodotti sui principali social network.

Un altro aspetto fondamentale, per attivare un’efficace strategia di eCommerce, è supportare questo canale di vendita con un piano marketing digitale strutturato oltre che informare chiaramente il cliente su tutto quello che può interessargli prima di un acquisto, assicurandogli un’esperienza positiva e completa: prezzo e caratteristiche del prodotto, modalità, tempi di spedizione, possibilità di reso, free shipping (solo per citare alcune delle informazioni che non devono mancare).

Cosa ci si aspetta dal 2021?

burattino shopping online

La grande sfida per il nuovo anno non è rappresentata solo dalla presenza digitale per le aziende: ma anche dall’ottimizzare l’esperienza dei potenziali clienti durante la navigazione (in modo particolare quella mobile).

Come emerge da un articolo sul tema di Think with Google, molti utenti che si approcciano all’utilizzo di una piattaforma di eCommerce (tramite un dispositivo mobile) non concludono l’acquisto per molteplici cause: ad esempio scarsa velocità del sito web, difficoltà nella compilazione dei campi web (es. indirizzo di spedizione), bassa qualità delle foto del prodotto oppure la mancanza di trasparenza nella comunicazione dei costi.

Questo vuol dire: opportunità di vendita mancate, in quanto l’utente presumibilmente troverà un altro canale per finalizzare l’acquisto.

La sfida è davvero ingente per un brand o un esercizio commerciale che non ha mai utilizzato gli strumenti digitali: consolidare in pochi mesi la propria presenza online e allo stesso tempo garantire un’esperienza valida e appagante ai potenziali clienti.

Tuttavia ottimizzare il commercio elettronico potrebbe aiutare ad affrontare al meglio le sfide online ed offline del 2021.

Creative Trends 2021: la vision di Vicky Gitto, presidente Art Directors Club Italia

Per questo 2020 insolito e turbolento, non potevamo proprio lasciarti senza regalo di Natale. Non lo troverai sotto l’albero, ma direttamente qui su Ninja. Abbiamo inaugurato il ciclo dei Webinar PRO: approfondimenti ed insight con i veri guru del digital, interviste esclusive e dedicate ai PRO member.

A tagliare il nastro con Mirko Pallera, founder di Ninja, è stato Vicky GittoPresidente dell’Art Directors Club e founder dell’agenzia creativa GittoBattaglia22.

In questa piacevole intervista ci ha mostrato, da una posizione privilegiata, la sua visione sulle tendenze creative, sociali e tecnologiche che riserverà il 2021. Degli insight davvero utili su come sta cambiando la comunicazione dei Brand.

Non ti resta che scoprirlo e assaporare l’ultima novità targata Ninja!


Social Media Manager del Presidente Conte a 34 anni: l’intervista a Dario Adamo

Chi si nasconde dietro l’ideazione delle campagne istituzionali di Palazzo Chigi? Ninja Marketing ha intervistato in esclusiva Dario Adamo, responsabile editoriale Web e Social Media della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Premier Giuseppe Conte.

“Autenticità” è la parola chiave per una strategia digital di successo. A sostenerlo è Dario Adamo, responsabile editoriale Web e Social Media della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Premier Giuseppe Conte.

Coordinatore di tutte le pubblicazioni sul sito del Governo, segue direttamente le campagne istituzionali digitali, realizzate in collaborazione con il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria. Campagne che, in questi mesi, si sono focalizzate sulle misure di contrasto al Covid-19: dall’utilizzo delle mascherine, al distanziamento sociale, per arrivare in queste ultime settimane alla comunicazione della suddivisione del territorio in aree di criticità.

Una comunicazione, quella di Palazzo Chigi, che in questi mesi è stata caratterizzata anche da un dialogo diretto con i cittadini italiani attraverso i canali social, divenuti uno dei veicoli principali della comunicazione politico-istituzionale e che ha prodotto, come effetto, anche un incremento esponenziale di followers sui profili social ufficiali del Presidente del Consiglio (ad oggi più 3,5 milioni di fan su Facebook, 1,8 milioni di followers su Instagram, quasi un milione su Twitter).

“Chiarezza e semplicità sono stati i principi metodologici a cui ci siamo ispirati nel delineare la comunicazione di Palazzo Chigi durante la pandemia, con messaggi molto comprensibili e fruibili a tutti, in particolare nella fase 1, per sensibilizzare tutti i cittadini all’osservanza delle norme di comportamento come il distanziamento interpersonale e il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale”, sottolinea Adamo, impegnato in questi giorni nel lancio della campagna #G20Italy, con l’inizio ufficiale della presidenza italiana del G20, il summit internazionale che quest’anno avrà luogo a Roma.

Sempre in questi giorni l’ufficio comunicazione di Palazzo Chigi è impegnato nel lancio della campagna su “Italia Cashless”, il piano messo a punto per incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici.

Dario Adamo, responsabile editoriale Web e Social Media di Palazzo Chigi, della Presidenza del Consiglio e del Premier Giuseppe Conte

Dagli studi all’università di Bologna in “Cinema, Tv e produzione multimediale” ai primi lavori all’interno di redazioni digitali subito dopo la laurea, fino all’ingresso alla Casaleggio Associati. Inizia così per Dario Adamo l’intensa attività di comunicazione istituzionale, prima per il Movimento 5 Stelle e a seguire per la campagna “Luigi Di Maio Presidente”, le elezioni politiche del 2018. Oggi, a soli 34 anni, è social media manager del Presidente Conte.

Dario come si è orientata la comunicazione ufficiale di Palazzo Chigi per fronteggiare la pandemia?

“Il diffondersi della pandemia è stato un fenomeno assolutamente imprevedibile e inaspettato. Abbiamo dunque dovuto trovare subito una modalità efficace per comunicare tempestivamente ciò che stava accadendo nel Paese. Da qui la scelta delle conferenze stampa del Presidente Conte in occasione dell’emanazione degli ormai noti DPCM. Conferenze utili a far comprendere, in maniera chiara a trasparente, le motivazioni dell’adozione di disposizioni legislative di particolare durezza. Ovviamente oltre alle conferenze e alle informazioni veicolate attraverso i media tradizionali, si è accompagnata una comunicazione digital che facilitasse i cittadini nel conoscere le nuove regole. Nella prima fase dell’epidemia bisognava inoltre diffondere e declinare un messaggio tanto semplice quanto nuovo: proteggere se stessi e proteggere gli altri, restando a casa. Da qui l’hashtag #IoRestoaCasa, con cui è stato ribattezzato anche il decreto di quei giorni”

Come si evoluto il messaggio nel tempo, fino ad arrivare allo scenario attuale?

“Dopo i mesi più duri del lockdown totale, l’Italia ha dovuto sperimentare una nuova fase, quella di una vera e propria convivenza con il virus. A ottobre il Governo ha introdotto l’utilizzo obbligatorio della mascherina anche all’aperto ed è stato dunque necessario avviare una comunicazione specifica per la nuova misura: è stata la volta della campagna #IoIndossoLaMascherina, diffusa in maniera capillare, grazie al coordinamento e alla condivisione del messaggio con tutte le forze politiche di maggioranza. In questi mesi abbiamo lavorato molto a livello comunicativo per arrivare soprattutto ai più giovani e per tutelare i soggetti più fragili e vulnerabili. Per questo motivo abbiamo pianificato una strategia che ha visto il coinvolgimento in prima persona di alcuni noti influencer, estremamente seguiti dai ragazzi, e abbiamo dedicato particolare attenzione ai contenuti pubblicati sulle piattaforme social più utilizzate dai millenials”.

Quale è stata la maggiore difficoltà nell’adeguare la strategia comunicativa alle differenti zone in cui è stata suddivisa l’Italia?

“Quella che stiamo vivendo oggi è una fase in cui esistono regole diverse a seconda del territorio in cui si vive. Il DPCM 3 novembre, come tutti sanno, ha suddiviso l’Italia in “tre colori”, a seconda della gravità della situazione: zone gialle, arancioni e rosse. Comunicativamente abbiamo cercato di rendere più facile la comprensione di questa nuova situazione diffondendo infografiche ad hoc e predisponendo una sezione specifica sul sito del Governo che contiene una mappa interattiva del nostro Paese, che naturalmente viene aggiornata in concomitanza con le ordinanze del Ministero della Salute.”

Dal punto di vista comunicativo uno degli elementi più discussi è stato quello delle conferenze stampa del Presidente Conte in diretta streaming. Come mai questa scelta?

Come dicevo prima, essere piombati in una situazione radicalmente nuova ha imposto, subito, la scelta di una modalità efficace, immediata, trasparente. La conferenza stampa, trasmessa anche in diretta sui profili social, ha permesso proprio di raggiungere subito il numero più alto di persone possibili e di informare tempestivamente i cittadini italiani su ciò che stava accadendo.

Come avete affrontato l’incredibile numero di richieste da parte dei cittadini che nei giorni più difficili si chiedevano cosa potessero o non potessero fare?

Sul sito del Governo abbiamo subito predisposto una sezione per le cosiddette “FAQ” ovvero le risposte alle domande più frequenti. Una lunga lista di quesiti e relative risposte realizzate grazie a un costante lavoro di coordinamento con gli uffici legislativi dei vari ministeri coinvolti. Adesso questa sezione contiene una mappa interattiva con le domande frequenti suddivise per aree di criticità.

Dario Adamo con il Premier Conte

Come descriveresti il tuo rapporto con il Presidente Conte? E quello del Premier con i social media?

La parola chiave che caratterizza il nostro rapporto è “confronto”. Un confronto quotidiano, schietto e costante sui molteplici aspetti che riguardano la comunicazione. Fin dai primi giorni, ovvero dal primo incarico come Presidente del Consiglio nel 2018, c’è sempre stata una grande attenzione da parte sua nei confronti della comunicazione sui social. Un mondo inizialmente a lui poco conosciuto, ma di cui ha presto compreso potenzialità e rischi, vantaggi e criticità. Facebook, Twitter, Instagram sono diventati presto un mezzo molto efficace per aggiornare una community via via sempre più folta sulle attività istituzionali, sugli esiti delle missioni internazionali, sui nuovi provvedimenti del Governo. E, purtroppo, anche sugli sviluppi di questa tragica pandemia.

Quanto è importante e quanto incide il tone of voice nella comunicazione istituzionale?

“Credo che sia uno degli aspetti più importanti e al contempo più delicati che esista nell’ambito della comunicazione, in particolar modo in fasi come quella che stiamo vivendo, ovvero di emergenza. Essere efficaci dal punto di vista comunicativo significa senz’altro anche adottare il giusto tone of voice. E, parlando più nello specifico di comunicazione sui social media, questo si traduce nella corretta declinazione del messaggio sulle varie piattaforme, utilizzando di volta in volta il contenuto multimediale più consono al messaggio e più adeguato al contesto specifico”.

Da esperto del settore, quali scenari futuri intravedi per la comunicazione digitale?

“Dal mio punto di vista saranno tre le tendenze da cui non si potrà prescindere: short video, gaming e interazione. Basta guardare a quello che già sotto gli occhi di tutti: il grande successo di Instagram Stories e di Tik Tok, la diffusione di Twitch e, parlando dei social “più anziani” come Facebook, l’incremento del tasso di interazione per ciò che riguarda i “gruppi”. Ovviamente non dimentichiamoci anche dell’importanza dei live streaming”.

Quali sono le caratteristiche che deve possedere chi aspira a svolgere un lavoro come il tuo e qual è l’errore in cui un social media manager non dovrebbe mai incorrere?

“Al di là delle competenze specifiche e della conoscenza dei linguaggi delle varie piattaforme, che sono elementi imprescindibili, quello che non deve mai mancare ad un social media manager sono, secondo me, sensibilità e precisione. La sensibilità per comprendere al meglio momento e contesto, per intercettare le giuste tendenze e utilizzare quindi il linguaggio più consono. La precisione, l’attenzione al limite della pignoleria, per evitare di incorrere in gaffe, errori, “fail” di ogni ordine e grado. Quindi, sebbene i ritmi di lavoro in alcune occasioni possono essere davvero sostenuti, mai dimenticare di controllare, verificare e rileggere. Meglio non dover tornare su un post già pubblicato o su un tweet già andato online. La toppa potrebbe rivelarsi peggio del buco”.

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SEO Trend 2021: le 10 tendenze da tenere d’occhio il prossimo anno

  • Nel 2021 Google attribuirà ancora più rilevanza ai siti web che offrono una user experience ottimale
  • Tra i SEO trend 2021, la ricerca vocale e l’indicizzazione mobile-first giocheranno un ruolo di primo piano
  • Gli algoritmi di Google saranno in grado di interpretare il linguaggio naturale in modo sempre più avanzato

 

Chi si occupa di SEO lo sa bene: si tratta di una materia in continua evoluzione, in cui è fondamentale essere sempre al passo con gli aggiornamenti degli algoritmi di Google.

Avere un sito ben posizionato e facilmente navigabile dagli utenti è fondamentale in ogni strategia di marketing: di tutti gli utenti che navigano il web, il 70-80% si concentrano sui risultati organici ignorando quelli a pagamento. Di questi, solo una piccolissima percentuale arriva a visualizzare i risultati dalla terza pagina in poi.

Negli anni, i motori di ricerca hanno affinato sempre di più i loro strumenti di crawling e ranking, e ciò implica che in una strategia SEO son sempre di più gli elementi che acquistano rilevanza a livello di indicizzazione.

Nel 2021 assisteremo all’impennata di alcune tendenza già in corso da alcuni anni, a cominciare dalle implementazioni degli strumenti di AI e gli assistenti vocali, che avvicinano sempre i di più i criteri di ricerca su Google al linguaggio naturale.

Andiamo a vedere tutti i trend SEO 2021 sui quali dovrai costruire la tua strategia il prossimo anno.

1. AI: RankBrain

Alla fine del 2015, Google ha lanciato RankBrain, l’algoritmo che ha preso il posto di Pagerank, con lo scopo di migliorare la qualità dei risultati di ricerca che il motore associa ad una determinata query.

Da allora, quest’intelligenza artificiale ha cambiato il modo in cui gli utenti interagiscono con il web, andando anche a modificare i fattori di ranking che rendono rilevanti dei risultati di ricerca nella SERP, piuttosto che altri.

Rankbrain è basato su un sistema di apprendimento automatico, creato con lo scopo di “insegnare a se stesso”, senza bisogno di qualcuno che lo programmi, e capace di creare collegamenti tra le parole e le frasi.

Affinché la tua strategia SEO risulti efficace, assicurati che il sito sia ben ottimizzato per Rankbrain. Come far sì che ciò avvenga? Rendendo impeccabile l’esperienza di navigazione dell’utente. In altre parole, devi rendere il sito leggibile dal crawler, i contenuti ben organizzati, fare attenzione alle dimensioni dei file e ridurre al minimo i tempi di caricamento delle pagine.

2. La ricerca vocale

Secondo le previsioni, entro il 2022 più del 55% delle famiglie possederanno uno smart speaker. Negli ultimi anni, è stata registrata una crescita esponenziale dell’utilizzo degli assistenti vocali, come Siri, Alexa, Google Assistant.

La tecnologia di ricerca vocale non sta cambiando solo il modo in cui gli utenti trovano le informazioni nel web, ma diventa sempre più rilevante anche per i marchi che vendono online i loro prodotti e servizi.

Ottimizzare i propri contenuti per la ricerca vocale garantisce una migliore rintracciabilità del sito, sia che la query venga digitata sia che venga pronunciata ad alta voce. Ma quali sono le dritte da seguire per ottimizzare il sito per gli assistenti vocali? La prima è sicuramente quella di prediligere le frasi lunghe alle keyword. Questo perché quando l’utente digita la query nella barra del motore di ricerca utilizza keyword come “Ricetta risotto alla milanese”; ma se si rivolge all’assistente vocale, utilizzerà frasi più lunga e dal suono più naturale, come: “Come si prepara il risotto alla milanese?”

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LEGGI ANCHE: Cosa sapere per prepararsi all’indicizzazione Mobile First di Google 

3. Mobile first indexing

Ad oggi, si stima che entro il 2025 oltre il 70% degli utenti navigherà sul web accedendo esclusivamente da dispositivi mobili. Per questo, Google continua a implementare l’indicizzazione mobile-first, che significa essenzialmente che il motore di ricerca attribuisce sempre maggior rilevanza alla versione mobile del sito.

Se le pagine del tuo sito non sono ottimizzate correttamente per i dispositivi mobile, questo potrà rivelarsi estremamente penalizzante, perché il tuo sito potrebbe non comparire proprio tra i risultati in SERP.

Come verificare che il tuo sito venga scantinato correttamente dallo smartphone agent? La Search Console di Google è sicuramente il primo strumento che può esserti d’aiuto, tramite lo strumento di ispezione degli URL.

È molto importante fare attenzione ai contenuti in lazy-loading, vale a dire tutti quei contenuti che non vengono caricati al lancio della pagina, ma presuppongono un’interazione da parte dell’utente (click o scrolling): se non vengono ottimizzati correttamente, Googlebot non riuscirà a riprodurre questi contenuti e pagina del tuo sito sarà caricata solo a metà.

4. Google EAT

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LEGGI ANCHE: Cos’è Google E-A-T e cosa significa per i tuoi contenuti di qualità

L’acronimo denota i tre criteri fondamentali affinché Google attribuisca rilevanza ad un contenuto: Expertise (Esperienza), Authoritativeness (Autorevolezza), Trustworthiness (Affidabilità).

In parole povere, il tuo sito deve essere riconosciuto da Google come fonte autorevole su un determinato argomento, ed è un principio che acquista ancora più importanza per tutte quelle aziende che appartengono alla categoria YMYL, “Your money, your life”, ovvero che operano in settori quali finanza, sanità, sicurezza ecc.

Per garantire una qualità alta dei contenuti, la prima cosa da fare è creare delle buyer personas, che ti aiutino a capire quale tipologia di clienti consulterà il tuo sito. Una volta delineato chiaramente il target a cui stai parlando sarà più facile capire quali contenuti possono essere più d’appeal e quali meno. È molto importante effettuare anche una ricerca approfondita del search intent, per mappare il viaggio dell’utente e capire com’è arrivato sul tuo sito e perché.

5. Long content

Secondo il report State of Content Marketing, pubblicato da Semrush, i contenuti testuali dalle 3000 parole in su ottengono il triplo delle visualizzazioni e condivisioni e circa 3,5 volte più backlink.

Affinché vi sia un aumento del traffico sul sito, è necessario non solo rendere il sito autorevole su un argomento, ma anche creare contenuti che coinvolgano e che siano facili da condividere, e mantenere gli utenti coinvolti nel tempo.

Per facilitare la scansione dei contenuti da parte del motore di ricerca, è buona norma suddividere l’articolo in sezioni e utilizzare H2 e H3, molto importanti sopratutto per la scansione mobile, e assicurarsi che i backlink rimandino a fonti autorevoli e pertinenti.

6. Featured Snippets

I Featured Snippet, o snippet in primo piano, sono quelli che appaiono nella parte superiore dei risultati di ricerca di Google, sopra gli altri risultati organici e sotto gli annunci a pagamento. A differenza degli altri snippet, sono più grandi e includono spesso anche un’immagine.

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Lo scopo dei featured snippet è fornire rapidamente una risposta alla query di ricerca, in modo che l’utente non debba cliccare su uno dei risultati, ma possa apprendere direttamente dalla SERP l’informazione che sta cercando.

Se Google mostra la pagina del tuo sito web in uno snippet in primo piano per una o più query, ci sarà un aumento significativo di traffico che il tuo sito genera. Inoltre, un altro dei vantaggi dello snippet in primo piano da non sottovalutare, è quello di sottrarre traffico ai competitor.

Dal 2021, Google attribuirà ancora più rilevanza agli snippet in primo piano: dunque, nella creazione dello snippet, cerca sempre parole chiave pertinenti, senza tralasciare anche le ricerche correlate, importanti per capire cosa cercano le persone che arrivano sulla tua pagina.

7. Video

Secondo Cisco, i contenuti in formato video supereranno tutti gli altri in termini di fruizione e, di recente, sono stati inclusi da Google anche nei featured snippet.

Ad oggi, Youtube è il sito più visitato al mondo, con 33 miliardi di visite al mese. Dunque, se la tua strategia SEO non include contenuti video, il 2021 sarà l’anno giusto per cominciare.

Per ottimizzare i tuoi video, organizzali in sezioni e ottimizza il contenuto mediante titles, description e tags. Molto utile ai fini dell’indicizzazione, inserire anche una trascrizione del parlato.

Le keyword che usi nell’indicizzazione dei tuoi video sono fondamentali: se stai ottimizzando un video per YouTube, ad esempio, può esserti di grande aiuto digitare l’argomento dei tuoi video nella barra di ricerca e guardare i risultati restituiti dalla piattaforma. In questo modo sarà molto più semplice comprendere l’intento di ricerca delle persone che guarderanno i tuoi contenuti.

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8. Immagini

La ricerca dei contenuti visivi su Google continua ad evolversi sempre di più: se le immagini sul tuo sito non sono ottimizzate correttamente, dovresti rimediare quanto prima.

Una corretta indicizzazione, non solo ti permetterà di posizionarti in alto nei risultati di ricerca su Google Immagini, ma ti consentirà anche di implementare la visibilità e l’ottimizzazione complessiva del tuo sito.

Oltre ad utilizzare immagini pertinenti con il contenuto della pagina, è molto importante l’uso degli alt tag, mediante i quali il crawler del motore di ricerca andrà a catalogare le immagini e ad associarle ad una determinata categoria.

9. Keyword Correlate

A differenza di ciò che molti pensano, non sono solo le keyword principali ad essere importanti, ma anche le correlate.

Questo perché la SEO semantica e l’ottimizzazione del Search Intent diventano sempre più importanti.

Dunque, è bene aver chiaro il contesto della query, in modo da fornire informazioni sempre più pertinenti ai motori di ricerca, tramite parole chiave principali e secondarie, semanticamente correlate tra loro. In altre parole: non concentrarti sulle singole keyword, ma ottimizza il tuo contenuto per gruppi di argomenti.

10. Local SEO

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La stragrande maggioranza delle ricerche su Google, sono effettuate dagli utenti con lo scopo di trovare prodotti o servizi nella propria zona. La SEO locale, sta acquistando sempre maggiore importanza, in parte dovuta all’aumento delle ricerche a zero click (cioè quelle in cui gli utenti ricevono risposta dalla SERP), che secondo gli esperti diverranno la nuova normalità.

Molte delle ricerche a zero click sono ricerche locali, in cui viene mostrato in SERP il cosiddetto local pack, vale a dire il blocco si informazioni su un’attività geolocalizzata, visibile sulla SERP.

Il primo passo per costruire il local pack della tua attività è creare una pagina su Google My Business. Assicurati di curare anche la tua strategia di backlink e, se non sai da dove iniziare, prendi del tempo per studiare quella dei tuoi competitor.

Digital-first e consumatore totale: ecco cosa considerare per fare Marketing Intelligence

Esperienze, esperienze e ancora esperienze: quando si parla di marketing tutto ruota attorno alla capacità di deliziare il consumatore calandolo in una Customer Experience che non si esaurisca con il consumo del prodotto, ma sappia essere duratura nel tempo. Una CX che cominci durante il processo decisionale e assuma una forma circolare.

Una sfida sempre più complicata che non può prescindere dalla capacità di analizzare e comprendere i dati che – anche e soprattutto attraverso le interazioni digitali – ognuno di noi produce.

La centralità dell’approccio data-driven è di fatto un fattore imprescindibile per chi voglia evitare di perdere competitività: oggi, questo riconduce a un insieme di best practice organizzative che, se adeguatamente adottate e fatte proprie, consentono di fare un salto di qualità nella progettazione di esperienze memorabili, che sono parte integrante del concetto di Marketing Intelligence.

Salesforce ne ha tratteggiato i caratteri fondamentali in un whitepaper intitolato appunto “Manuale di Marketing Intelligence”, pensato per capire come organizzare al meglio la fase di misurazione.

Prima di entrare però nel dettaglio di come si possano fare proprie le tecniche di Marketing Intelligence è necessario fare un passo indietro e capire meglio l’oggetto della nostra analisi, identificando quale sia il motivo per cui non si può più evitare di adottarle.

Il “consumatore totale”

Come dicevamo in apertura, oggi i consumatori non sono figure che si accontentano, anzi: pretendono di interagire con le proprie marche preferite in maniera efficiente e memorabile, anche attraverso quei touchpoint che sembrano poco preziosi e ininfluenti al fine di sviluppare la propria preferenza d’acquisto.

Questa pretesa è diventata evidente nel 2020, quando con la pandemia da COVID-19 e le tante restrizioni imposte dai governi, molti si sono rivolti al digitale per soddisfare i propri bisogni: si pensi che rispetto al 2019, secondo la quarta edizione del report State of the Connected Customer in media il 58% delle interazioni con i brand quest’anno è avvenuto online, registrando un aumento di 17 punti anno su anno.

Questo passaggio massivo a un approccio digital-first si è portato dietro una variante nel percepito dell’utente, che ha cominciato a vivere il consumo come un viaggio dove tutto è connesso, e in cui ogni passaggio dev’essere fluido e piacevole. Nel digitale questo avviene naturalmente, perché il medium è in grado di mappare totalmente l’azione di chi lo usa: le persone, insomma, usando di più il web si sono abituate ad avere tutto su misura, in tempi relativamente brevi.

Così come avviene mentre si naviga online, nell’esperienza (anche offline!) del consumatore la percezione è evoluta: non esistono più processi composti da silos a compartimenti stagni in cui si svolgono azioni sconnesse fra loro, ma passaggi di stato che si portano dietro un altissimo tasso di personalizzazione

Un cambio di paradigma che obbliga a concepire il consumatore come una figura tridimensionale da comprendere – letteralmente – da tutti i punti di vista e con cui  interfacciarsi: una definizione che gli calza a pennello è “totale”, cioè che vive ogni aspetto della propria esperienza giudicandone gli esiti e lasciandosi influenzare da essi.

Questo porta a concepire la Customer Experience come un flusso da monitorare costantemente, anche in maniera dinamica: un risultato che solo l’integrazione dei sistemi di CRM nell’attività di tutte le funzioni aziendali può garantire

Dal Sales al Customer Care, al Marketing all’IT, tutti gli attori coinvolti nella costruzione dell’esperienza devono poter contare su sistemi snelli di analisi e controllo, che permettano insomma di mappare e agire tempestivamente in funzione dei comportamenti e delle reazioni che vengono osservati.

Non è un caso che le parole chiave su cui si deve concepire il proprio sistema di Customer Relationship Management siano Innovazione, Integrazione e Intelligenza Artificiale: tre concetti interconnessi per un’evoluzione dell’azienda reale e proficua.  

Ognuna di queste keyword non può esistere senza l’altra: se interiorizzate da tutte le anime aziendali e scaricate a terra in processi nuovi, il risultato sarà un mapping dei dati in grado di condurre all’elaborazione di azioni puntuali ed efficaci, possibilmente con poco impatto in termini operativi.

Fra mindset digitale e monitoring a 360°

A un consumatore che diventa totale non si può che rispondere con un’azienda che sa muoversi a 360°, certamente non escludendo la necessità di automatizzare tutti i processi allo scopo di ottimizzare il lavoro umano e minimizzare l’effort in termini di tempi: basti pensare che nel 2019, secondo la sesta edizione dello State of Marketing, l’84% dei marketer riferisce di aver usato l’AI nell’ultimo anno, rispetto al 29% del 2018. Un trend che presenta un incremento del 186%, e che ci attendiamo nel 2020 si confermi.

Su queste basi, è chiaro che lo scopo arrivi a essere non solo l’agire in maniera puntuale e customizzata con azioni mirate sul profilo e – direbbe Brian Solis – sul momento di verità più idoneo, ma addirittura a predire i suoi comportamenti per deliziarlo da subito efficacemente.

Un processo tipicamente digitale, in cui la tecnologia assume un ruolo rilevante, e questo non è affatto un elemento secondario: secondo il report sullo stato dell’IT, il 58% dei consumatori sottolinea come proprio la tecnologia abbia radicalmente cambiato il modo in cui si aspettano che le aziende interagiscano con loro.

Questo dato è particolare, perché non sottintende solo un ruolo dei device, ma anche un cambio nelle abitudini e nelle relazioni.

La maggior parte delle persone ormai è abituata a vivere esperienze che potrebbero essere definitive come frutto di un approccio digitale, in cui i brand devono comportarsi come riescono a fare ad esempio su un sito di eCommerce, dove attraverso i comportamenti di navigazione dell’utente si è in grado di suggerire contenuti e suggerire azioni più adatte al suo profilo.

Questo deve avvenire non solo quando si naviga sul web, ma anche altrove, secondo quella logica omnichannel che negli anni abbiamo imparato a conoscere, ma che ancora non tutte le aziende hanno effettivamente calato a terra in azioni concrete.  

Detto in altre parole, se le persone cominciano a ragionare in termini digitali trasferendo le stesse possibilità anche offline, allora in maniera totalizzante l’azienda deve saper sviluppare processi di relazione che siano fortemente connotati secondo le modalità digital. 

Ecco perché è utile attrezzarsi per affrontare il marketing in maniera più “intelligente”: e qui torniamo al punto di partenza.

Le tre fasi dell’attività di Marketing Intelligence

Definire un comportamento prima che accada non è immediato: per arrivare a capire cosa accade, prima che accada, si deve costruire una struttura in grado di osservare e mappare il consumatore in tempo reale, costruendo uno storico da cui partire per profilarlo adeguatamente.

Per riuscirci l’azienda, oltre a dotarsi delle infrastrutture idonee, deve essenzialmente seguire tre step.

Fase 1: Integrazione e gestione dei dati

Per prima cosa, è necessario fare in modo che si riducano le fonti di approvvigionamento e gestione di tutti i dati: mediamente, un professionista chiamato a svolgere analisi di marketing arriva a usarne più di dieci, con un notevole dispendio in termini di energia.

Efficientare questa fase diventa essenziale, perché non solo permette di ridurre i tempi, ma anche perché si può avere una visione d’insieme più completa, che può portare anche a conclusioni diverse e più precise. E molto spesso questo si traduce, anche, in risultati ottenuti.

Fase 2: Analisi e ottimizzazione dei dati

Chiaro che con una struttura totalmente integrata, in grado di rilasciare report più completi e in tempi decisamente minori, è più semplice poi ottimizzare lo spending delle campagne attivate, in particolare (è ovvio) quelle che riconducono a piattaforme digitali. Non solo: anche tutte quelle azioni che si rientrano sotto il cappello di marketing automation, come ad esempio notifiche push via email che si attivano in funzione di una determinata azione, possono essere ottimizzate e messe a sistema in maniera più puntuale. Al centro di tutto c’è l’efficacia: perché il consumatore totale non si accontenta!
Per mettere in piedi questo processo è indispensabile partire da una reportistica che sia facile da analizzare e che venga originata da un’osservazione del dato il più possibile agile: senza, è difficile poi poter agire con precisione.

 

Fase 3: Allineamento e collaborazione

Marketing Aautomation non è solo azionabilità del consumatore, ma anche generazione di materiali utili a tutte le funzioni in tempi molto più stretti. Insomma, c’è un fronte esterno ma anche un fronte interno, ed entrambi sono importanti per riuscire ad essere più efficienti e produttivi: questa elasticità, come dicevamo nei paragrafi precedenti, deve essere propria di tutte le funzioni aziendali. Se tutte accedono alla stessa base dati ottenendo report riconducibili alle stesse matrici di senso, possono collaborare poi meglio costruendo azioni più sinergiche. Anche qui, l’obiettivo centrale non è solo costruire esperienze di valore per il consumatore, ma farlo con il massimo dell’efficienza.

Alla luce di tutto questo, la Marketing Intelligence si può riassumere come quel quid in più che può veramente permettere alle aziende di fare un balzo avanti nella propria operatività di tutti i giorni: il consumatore evolve continuamente, e non si può non tenerne conto. Per questo non si può rischiare di rimanere indietro perdendo terreno decisivo per reggere il confronto!

Epica Awards: stravince il panino ammuffito Burger King, 9 premi in Italia

  • Quattro gran premi per Ingo Stockholm/David Miami/Publicis  e soprattutto il premio più ambito di migliore agenzia creativa per la campagna di Burger King
  • Tra gli altri premiati anche Tinder, Sony e Heinz

 

È Moldy Whopper, la campagna realizzata da Ingo Stockholm/David Miami/Publicis per Burger King, a fare incetta di premi speciali (ben tre) alla cerimonia Epica Awards, la competizione che premia la creatività nel modo pubblicitario. Quest’anno la competizione si è tenuta online in collegamento da Parigi, con la giuria, di 200 giornalisti di settore da tutto il mondo, che ha decretato vincitori e premi speciali valutando per i poco meno di 2mila progetti di agenzie e brand, in ben 59 Paesi.

Quattro gran premi per Ingo Stockholm/David Miami/Publicis  (Grand Prix Film, PR and Alternative Golds, Print Grand Prix) e soprattutto il premio più ambito di migliore agenzia creativa, per la campagna che ritrae un panino Whopper in 34 giorni della sua vita, dalla freschezza, fino al formarsi della muffa, con un sottofondo musicale della canzone What A Difference A Day Makes di Dinah Washington. Il messaggio coraggioso è dimostrare la scelta del colosso del food di eliminare conservanti e sapori artificiali dal suo panino più venduto.

Per l’Italia l’esperienza “Epica” si conclude con 9 metalli assegnati  (un oro, tre argenti e cinque bronzi, alle agenzie, Armando Testa, We Are Social, VMLY&R e Mercurio

Brillano le campagne di Tinder, Sony e Heinz

Tra i premiati speciali, ci sono altre campagne che hanno saputo emozionare e colpire l’attenzione della giuria di giornalisti. 

Il premio Digital Grand Prix è stato assegnato alla campagna Swipe Night  realizzata dall’agenzia americana, 72andSunny per Tinder. Per chi l’avesse perso, Swipe Night è un evento che si è tenuto lo scorso settembre nel quale gli utenti del popolare social del dating venivano invitati a interagire scrivendo insieme la trama di un film catastrofico, partendo dalle vicende di un gruppo di amici che si trovano insieme a poche ore prima che un asteroide colpisce la Terra. 

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Premiata con il Design Grand Prix, la campagna Heinz Ketchup Puzzle, ideata dall’agenzia canadese, Rethink. L’iniziativa ha visto il brand offrire un puzzle con ben 570 pezzi molto complesso da realizzare (i tasselli sono tutti rosso ketchup) allo scopo di mettere a dura prova gli appassionati dei giochi da tavolo, per sfidare il proprio ingegno in tempi di clausura per l’emergenza Covid-19. 

Due premi speciali infine sono stati assegnati alla britannica Wunderman Thompson. A quello di Network of the Year (con 12 progetti premiati),  si accompagna il Responsibility Grand Prix per la campagna Through your eyes realizzata per Sony Music/Incucai. Lo scopo della campagna è di sensibilizzare sul tema del trapianto di cornea, unendo musica, tecnologia e divertimento: la clip musicale può essere vista dall’utente in modo interattivo,  solo puntando la camera dello smartphone agli occhi di una persona vicina.

I 9 premi alla creatività italiana

L’unico oro lo conquista DDB nella categoria dei Financial Services. Ha convinto i giurati la campagna The Women’s Protection per Zurich Connect. L’idea nobile dell’iniziativa è stata di schierare 1000 dipendenti dell’azienda che hanno ricercato sulla Rete commenti offensivi alle donne, li hanno segnalati, fino a farli rimuovere.

Molto apprezzata anche un’altra campagna di DDB, The Drawing per IKEA. Anche qui il fine è molto nobile: denunciare la violenza sui bambini. Nel video sono inseriti all’interno degli spazi espositivi IKEA i disegni dei bambini vittima di violenza. La campagna, realizzata in collaborazione con Save the Children, ha conquistato due argenti (Media Innovation – Alternative Media e in Public Relations) e un bronzo nella categoria Homes Furnishing & Appliances..

IKEA CHILDREN RIGHTS from Gruppo DDB Italia on Vimeo.

Due i premi (un argento in Branded Content – Film & Series e un bronzo in Luxury & Premium Brands) per Armando Testa, conquistati per Riva in The Movie realizzato per Ferretti Group. Un corto girato a Venezia, con protagonista Pierfrancesco Favino che celebra il rapporto tra il cinema e il brand.

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Infine, altri tre premi assegnati alla creatività italiana. Un bronzo nella categoria Food per We Are Social grazie alla campagna The Rooftop Match per Barilla che vede il campione del tennis, Roger Federer, sfidare due sue fan a colpi di racchetta da due tetti di un palazzo.

Altro Bronzo per Mercurio Cinematografica per Averna con la sua Open Sicily (nella categoria Direction & Cinematography) che racconta la ricchezza culturale e la vitalità della Sicilia.

Bronzo nella categoria Animation, anche per VMLY&R per la sua OMGut by Activa per Danone che vede 9 clip in 3D e influencer insieme in un viaggio alla scoperta delle caratteristiche sorprendenti del nostro intestino.

Tutti i video possono essere visti su un sito creato ad hoc per la campagna.