Sotto tag Freelance di Personas

Digital 2021, esplodono eCommerce e podcast. Il report sui nuovi trend in Italia

Iperconnessi, con una fruizione sempre più immersiva delle piattaforme social. Esplodono l’eCommerce e l’audio. Mentre la voce sostituisce sempre più il testo nei device digitali per la capacità di creare intimità replicando la conversazione umana, le tecnologie diventano una componente sempre più importante della vita degli italiani, come delinea il report “Digital 2021” pubblicato da We Are Social in collaborazione  con Hootsuite, che mette in luce come i nuovi trend digital, influenzati dal lockdown e dall’emergenza Covid.

Se audio e gaming sono i settori super hot che creano maggior engagement, anche eCommerce, streaming, e social network conquistano l’audience: circa 50milioni di italiani utilizzano i digital device, di cui oltre 1 milione sono le persone che si sono connesse ad internet per la prima volta nel corso del 2020, con un incremento del 2,2% e un notevole aumento anche dell’età anagrafica dell’audience. Più considerevole è la crescita sul fronte delle piattaforme social: oltre 2 milioni di nuovi utenti (quasi +6%), che fa raggiungere quota 41 milioni.

50milioni di italiani iperconnessi- Fonte Digital Report 2021

Il 97% utilizza gli smartphone per connettersi, mentre 3 persone su 4 il computer desktop o laptop. Cresce anche il possesso delle console, pur in un anno in cui sono state rilasciate le prime (poche, per ora) next gen, e quasi raddoppia la penetrazione nelle case degli italiani di device per la smart home, favorita dal maggior tempo a disposizione per esplorare le nuove tecnologie. Italiani connessi per oltre 6 ore al giorno ad internet e quasi 2 ore sui social (il 98% da dispositivi mobili).

I nuovi sbocchi creativi del podcast

Il dato più rilevante riguarda la fruizione dei tools dedicati ai contenuti audio (una persona su 4 ascolta regolarmente podcast), ma il daily time trascorso sui media interessa anche il gaming (oltre 4 persone su 5 giocano, a prescindere dai device preferiti). Il podcast è il reale fenomeno in crescita, con un ascolto medio quotidiano di circa 30 minuti. Migliorano anche le connessione grazie ad avanzamenti infrastrutturali, con incrementi nelle velocità medie che consentono la fruizione di contenuti performanti e streaming di alta qualità, di cui video per il 92%, radio 30,4% e podcast per il 25%: dato in aumento quest’ultimo, corrispondente ad 1 utente su 5, disposti ad investire risorse finanziarie per acquistare prodotti premium.

branded podcast

La classifica dei social network: Telegram per la prima volta nel ranking

41milioni di utenti connessi alle piattaforme social, più 2,2milioni rispetto all’anno precedente. Un pubblico più partecipativo, con un uso del 31% per lavoro. Nel ranking delle piattaforme più utilizzate, domina la leadership degli ecosistemi Facebook e Google: YouTube e WhatsApp ai primi posti (85.3%), con a seguire Facebook (80.4%), Instagram (67%), Messanger (55.9%), Twitter (32.8), e ancora Tik Tok, Twitch, Snapchat. Per la prima volta in classifica anche Telegram, favorita dalla protezione della privacy percepita come valore aggiunto in un uso social divenuto sempre più consapevole (social media oriented) e per la possibilità di canali per la costruzione della community. Evoluzione anche per TikTok, con un’audience più ampia costituita non solo da teen agers, per la caratteristica di dare rilevanza ed ambizione ai creator.

limiti dei social

Lo scenario: i social media strumento di trasformazione della realtà

Cambiano le tendenze di comportamento degli utenti, più inclini al dialogo sulle piattaforme social, con un salto dall’81% del 2020 all’85% di quest’anno. Si evolve il ruolo del social media, che diventa strumento di trasformazione della realtà. Un uso diverso dei social, da strumento di organizzazione per la Primavera Araba del 2010 a veicolo di racconto e narrazione per il movimento del Black Live Matters del 2020. Dopo aver sovvertito le leggi scritte della finanza e dell’economia, la comunicazione branded oggi deve trasferire idee, comunicare un punto di vista concreto e una presa di posizione, trasmettendo i propri valori. Le idee forti hanno bisogno di scendere in profondità: 3 persone su 5, infatti, si dichiarano disposte a pagare per aprirsi a scenari nuovi. I brand dovranno interpretare la realtà, realizzando contenuti esclusivi.

Audio first ed audio only: interazione e contenuti premium

L’interazione digital si rivolge sempre di più ad un’interfaccia audio-first oppure audio only. Il 37% degli utenti utilizza comandi di ricerca vocale, mentre 1 persona su 7 utilizza smart home (Alexa, Siri o altri hub che interagiscono con altri device). Cresce la fruizione audio, non solo associata ai video (92,6%), ma soprattutto ai progetti editoriali creativi che amplificano la funzione immaginativa, non più passiva, su piattaforme che fanno del dialogo un’esperienza, come la recente introduzione in Italia di Clubhouse, con una dinamica di ingresso ad invito, di cui si intravedono già i primi cloni a cura di altre applicazioni.

Interazione sociale e piattaforme voce anche per i gamers, come Twitch, per “giocare parlando”, con spazi misti di chat e forum.

LEGGI ANCHE: Podcast revolution: raddoppia il consumo su Spotify

gaming 5G

Il Gaming

Da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa: 4 persone su 5 giocano attualmente (81,3%), sebbene il gaming sia ancora un elemento polarizzzante che suscita pregiudizio, ma allo stesso tempo amplifica l’immaginazione. Gaming che, per sua natura, è uno strumento espandibile, modulabile, aperto alla serialità ed è proprio nel live streaming del gioco che possono inserirsi i brand per l’advertising, con la creazione di avatar per l’identità digitale o con outfit digitali per il settore fashion ad esempio.

eCommerce, cresce l’età anagrafica degli utenti

Il segmento +55 rappresenta il 20% dell’audience totale, dimostrando il potere di penetrazione di internet anche tra le fasce meno giovani, anche nel settore dell’eCommerce, che cresce in Italia dell’86.5% nel 2020, influenzato dal lockdown. Circa 33milioni di euro spesi in transazioni online, con una percentuale di crescita del 24% in consumer goods. I principali acquirenti sono gli utenti tra i 55 e i 64 anni (78% del totale).

LEGGI ANCHE: Siamo nell’era dei Podcast, ecco come sfruttarli per fare comunicazione

e-commerce

Le piattaforme social nei processi di acquisto e il “social commerce”

Se l’eCommerce è il protagonista del 2020 insieme all’audio, i social dovranno assolvere alla funzione di ispirazione: vere e proprie vetrine online per spingere all’acquisto critico, all’acquisition, sempre più parte di un ecosistema. Come si può essere rilevanti per ispirare le persone? Efficacia dei contenuti, ma anche introdurre nuovi format-vetrina con la previsione di call-to-action, da aggiungere ai rilevanti elementi di socialità derivanti dall’interazione con gli altri, siano siti di consumer reviews, piattaforme social vere e proprie, servizi di Q&A o forum. Il futuro? Completare l’esperienza in piattaforma, immaginando in prospettiva un “social commerce” veloce e sicuro.

bitcoin cripto economia

La più grande sfida del web consumer (e come la cripto economia è pronta a risolverla)

C’è del marcio sul web, parafrasando la celeberrima frase di Amleto del grande William Shakespeare. Per capire quello che non va non bisogna essere degli analisti competenti, ma è sufficiente la comune esperienza di navigatore. Clickbait, pubblicità che appaiono ovunque e limitano la leggibilità di un contenuto sono solo i sintomi di una malattia più grande, l’oligarchia della Rete con pochi player che hanno nelle mani un potere infinito sulle nostre vite.

Eppure, esistono modelli alternativi: la decentralizzazione non è solo un argomento per utopisti che chiacchierano sull’open source, e neanche pane per i nostalgici che ricordano la rete aperta, così come è nata, negli anni Ottanta.

L’economia delle criptovalute ha già dimostrato che un altro futuro per Internet è possibile. E mentre noi continuiamo a essere schiavi di Google, Amazon, Facebook e Apple – le cosiddette GAFA – si sviluppano delle alternative sulle quali sarebbe giusto volgere il nostro sguardo.

LEGGI ANCHE: Cashless e pagamenti: siamo davvero pronti per un futuro senza contanti?

Perché a volte il web ci dà la nausea?

Sono due i motivi principali che a volte ci fanno “odiare” Internet, che sono ben individuati da Justin Mart nel blog di Coinbase. Il primo fastidio, quello del quale abbiamo accennato all’inizio, è quello che avvertiamo di fronte alle ads che ci seguono ovunque, ai titoli fake degli articoli solo per un pugno di click in più, fino ai cookie che catturano i nostri dati personali, e nasce da una radice: il modello di business che domina oggi la Rete, basato appunto sul Far West dell’advertising.

L’altro fastidio, invece, è più soffocante e prende alla gola soprattutto gli amanti della libertà: le piattaforme centralizzate che hanno schiacciato con le loro logiche monopolistiche il modello di comunità aperte con cui è nata la Rete. Piattaforme sulle quali aziende e persone sono ormai obbligate a starci per vendere, conoscere gente, trovare un lavoro, innamorarsi e perfino per sperare di fare sesso. Queste aziende hanno le loro logiche e , quel che è peggio, possono cambiarle in corso d’opera come e quando vogliono, senza chiederti il permesso.

Qual è il risultato di tutto questo? Nausea appunto. Un rapporto di odio-amore con la Rete, che è la nostra più grande opportunità, ma allo stesso tempo la nostra più grande gabbia. E se cercassimo delle vie di fuga?

Due foto per capire la storia di Internet

Non è stato sempre così. Ci siamo così assuefatti alle piattaforme centralizzate che abbiamo dimenticato che c’è un’alternativa, c’è sempre stata. E anzi, è proprio questa alternativa ad aver dato vita alla Rete. Ripercorrendo, velocemente, la storia del web possiamo scattare due fotografie.

La prima è dagli anni Ottanta al 2000 quando i servizi internet erano progettati e poi realizzati su protocolli aperti, da community di sviluppatori, spesso senza scopo di lucro. Da protocolli aperti sono nate poi quelle realtà, come Yahoo prima, Google, Amazon, Facebook, Linkedin e Youtube poi, che hanno inaugurato la seconda epoca di Internet.

mark zuckerberg - cripto economia

Queste aziende hanno costruito dei modelli che hanno superato i protocolli aperti e sono diventate predominanti. Hanno centralizzato alcuni servizi, dall’accesso a Internet alle app, al mondo del commercio elettronico, imbrigliando gli utenti all’interno dei loro sistemi.

Come ogni fenomeno storico, anche questo va valutato nei suoi pro e contro. Come pro, di sicuro c’è che hanno realizzato delle tecnologie che ci hanno cambiato la vita (alcune anche in meglio). Mentre di contro, hanno reso la strada impossibile per quei gruppi di sviluppatori o imprenditori indipendenti che sognano di costruire un’alternativa. Questi ultimi possono ancora farlo oggi, ma sudando molto, e devono, in ogni caso, attenersi alle regole stabilite dalle piattaforme centralizzate.

LEGGI ANCHE: Elon Musk inserisce #bitcoin nel profilo Twitter e il titolo vola

Fuga per la vittoria (con la cripto economia)

Ora che anche tu senti addosso tutti “i fastidi” che il web centralizzato comporta, hai bisogno di una nota di speranza, quella che è racchiusa nella frase “decentralizzazione della Rete” (senti come suona bene). Un web decentralizzato sarebbe la panacea a questi due fastidi poiché:

  1. Scongiurerebbe il rischio della creazione di oligarchie di potere sulla Rete
  2. Riporterebbe i tuoi dati nelle uniche mani in cui dovrebbero stare: le tue!

Decentralizzare è tipico dell’economia delle criptovalute. Il modello alla base di Bitcoin e affini, è quello con cui sono nati i primi protocolli della Rete. Semplificando al massimo, gli sviluppatori che creano nuove tecnologie, come anche i manutentori o gli utenti che le utilizzano, ottengono degli incentivi che sono comunemente chiamati token.

Le loro reti sono decentralizzate nella misura in cui tutti possono partecipare al miglioramento, il codice di Bitcoin è open source, non esiste un ente centrale di controllo che decide vita, morte e miracoli degli altri utenti. E i partecipanti, gli utenti, possono abbandonare, vendendo i loro token, oppure modificare il codice, proponendo nuove versioni.

Il meccanismo degli incentivi, i token alla base del modello, spinge tutti i partecipanti a lavorare insieme poiché l’obiettivo comune è la crescita del token, che può aumentare la ricchezza di tutti gli attori.

Immagina per un attimo di trasferire questo meccanismo ad altri campi: ai servizi di storage, come il cloud, alla messaggistica, al payment fino alle assicurazioni.

Utopia? No, già esistono. Nello storage con servizi decentralizzati come IPFS Filecoin, Sia, Storj, Swarm, Textile, nel mondo della messaggistica (Whisper o Orchid), dei social network (Steemit, Relevant), per non parlare della finanza, dalla già citata Coinbase ai vari wallet, come il Blockchain Wallet, Ledger, Trezor ecc.

bitcoin cripto moneta

 La sfida: entrare nel cuore di imprenditori e sviluppatori

I servizi decentralizzati hanno tuttavia i loro limiti: attualmente sono poco scalabili e hanno ancora troppi pochi utenti dalla loro parte. Eppure possono vincere la sfida e per farlo devono riuscire a entrare, come è successo agli albori nella Rete, nei cuori di sviluppatori e imprenditori.

Poiché la battaglia tra decentralizzazione e centralizzazione della Rete alla fin fine si sintetizza in chi costruirà i servizi più sorprendenti per gli utenti.

E questo succede solo se hai i migliori sviluppatori e imprenditori che corrono sul tuo terreno di gioco.

Come utenti della Rete dobbiamo schierarci. Da una parte grandi piattaforme che decidono come ci informiamo, cosa compriamo, con chi usciamo, con chi lavoriamo, e dall’altra la democrazia con sistemi più aperti e trasparenti. Certo, la democrazia, come ci insegna la storia non è un sistema perfetto, ma citando Leibniz, “resta il migliore dei mondi possibili”.

Hootsuite - Social Trends 2021 -_EN

5 trend che domineranno i Social Media nel 2021 secondo Hootsuite

  • Il 73% dei marketers dichiara di avere come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 l’aumento nell’acquisizione di nuovi clienti attraverso i Social Media
  • Il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e che continuerá a farlo anche dopo la fine della pandemia
  • Il 60% dei Millennials e Generazione Z afferma di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia

 

“[…] Quando c’è l’oscurità, c’è anche la luce. C’è resilienza, innovazione e creatività e c’è sempre un percorso da seguire per tornare a crescere. Nel rapporto di quest’anno trovate nuove soluzioni a vecchi problemi. Storie vere di marchi leader in tutto il mondo. Il tutto supportato dalle intuizioni delle menti più brillanti del Marketing e dai dati del nostro più grande sondaggio finora. Spero che vi aiuti a trovare la strada da seguire.”

Inizia con queste parole – volutamente di speranza dopo l’anno appena concluso – scritte dal CEO Tom Keiser, il report Social Trend 2021 pubblicato recentemente da Hootsuite. 

Basato su un sondaggio condotto nel terzo trimestre del 2020 su 11.189 marketers, combinato con dozzine di interviste a esperti del settore e rapporti pubblicati da aziende come Deloitte, Edelman, eMarketer, GlobalWebIndex, etc, lo studio identifica cinque tendenze chiave nel mondo dei Social Media per il 2021.

Prima di tutto vediamo come, tra le piattaforme social più utilizzate, più della metà dei brand coinvolti nello studio (61%) conferma l’intenzione di aumentare il budget pubblicitario destinato a Instagram.

Quasi la metà pensa di fare lo stesso per Facebook, YouTube e LinkedIn, mentre possiamo notare come, nonostante il successo incredibile raggiunto da TikTok nel 2020, i brand non sono ancora convinti a puntare sulla piattaforma a livello di investimento pubblicitario.

Di fatto già nell’ultimo trimestre del 2020 la copertura pubblicitaria di Instagram è cresciuta del 7,1%. Non sorprende che i marketers preferiscano seguire il “percorso più sicuro” per investire i loro budget e raggiungere quindi risultati garantiti, piuttosto che sperimentare nuove strategie e piattaforme.

Dopo questa breve premessa, vediamo nel dettaglio quali sono i cinque social trend del 2021 identificati nel report di Hootsuite.

#1 La corsa al ROI

Il 2020 è stato un anno che ha scosso l’economia di tutti i Paesi a livello mondiale, e ovviamente ha avuto un impatto importante anche nel settore della pubblicità. 

I tagli al budget pubblicitario sono stati inevitabili e hanno messo i brand in grande difficoltà al momento di ripensare – quasi stravolgere – le loro strategie di marketing.

Secondo il sondaggio il 73% dei marketers vede come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 aumentare l’acquisizione di nuovi clienti, rispetto al 46% dello scorso anno, segnando un aumento del 58% su base annua.

Solo il 23% dei marketer ha parlato di “migliorare l’esperienza del cliente”, mentre l’utilizzo dei social per “acquisire informazioni sui clienti” è sceso al 15%, un errore preoccupante soprattutto in dopo un anno in cui il comportamento del consumatore è cambiato in modo radicale.

La corsa al ROI che segnerà le strategie di molti brand nel 2021 non sarà sufficiente. I marketers devono imparare a trarre vantaggio dagli strumenti a disposizione a livello social, per migliorare le esperienze online dei clienti.

Seguire questa strategia aiuta a differenziare i prodotti e servizi offerti dal brand da un numero infiniti di inserzionisti che cercano, disperatamente, di acquisire nuovi clienti in un momento di grande difficoltà economica dei consumatori.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Investire nelle campagne multicanale che tendono ad avere un ROI maggiore rispetto alle campagne single media. Infatti, secondo Analytic Partners, per ogni nuovo canale il ROI può migliorare fino a un 35%;
  • Puntare sullo shopping online migliorando il processo di acquisto per i clienti, rendendolo divertente ed interattivo, utilizzando Instagram Live o Pinterest come showroom virtuali;
  • Fidelizzare i clienti attraverso i canali social (Forrester prevede che la spesa per il loyalty marketing aumenterà del 30% nel 2021).

#2 Il silenzio è oro

Un’altra lezione che ci ha insegnato il 2020 è che gli utenti vogliono utilizzare i canali social per connettersi e parlare tra di loro, non con i Brand, soprattutto in tempi di distanziamento sociale.

Nei primi giorni di pandemia molti marchi hanno adottato un tono eccessivamente sentimentale nei loro contenuti, provocando un’ondata di campagne quasi indistinguibili che le persone hanno iniziato a deridere sui Social Media.

La verità è che per troppo tempo la maggior parte dei Brand ha condiviso contenuti che gli utenti non ritengono interessante, come affermato dal 68% delle persone intervistate.

Nel 2021 quindi la strategia vincente per i marketers sarà capire dove e quando inserirsi nelle conversazioni – e quindi nella vita – degli utenti sui Social Media, creando contenuti capaci di sfondare il muro dell’indifferenza.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Non ignorare le metriche sul consumo passivo di contenuti, perché i dati confermano che solo una piccola minoranza di utenti online commenta o condivide effettivamente i contenuti: la stragrande maggioranza di tutti i media online viene consumata passivamente;
  • Rafforzare i dati del Social Listening con dati da altre fonti, in quanto è molto difficile monitorare le conversazioni che avvengono per esempio tramite Instagram Stories, LinkedIn, TikTok o messaggi privati in generale, e questo può distorcere le informazioni che si ottengono;
  • Continuare a credere nel potere degli UGC per affiancare la produzione di contenuti di Brand, in quanto gli UGC sono economici e hanno il vantaggio di essere contenuti di cui le persone si fidano.

#3 La rivincita dei Baby Boomers

Il 2020 ha ribaltato lo scenario generazionale dei Social Media: l’aumento del tempo trascorso con online, la diffusione dei Live Streaming, dei giochi online e dei pagamenti mobile hanno prodotto nuove forme di alfabetizzazione digitale che si stanno trasformando in abitudini destinate a sopravvivere alla pandemia.

Vediamo come il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e il 37% prevede di continuare a farlo con più frequenza quando sarà finita la pandemia.

Storicamente, i marketer sono abituati a raggiungere i Baby Boomer attraverso la pubblicità televisiva tradizionale – che continua ad essere uno dei modi più efficaci per raggiungerli.

Ma vale la pena notare che negli ultimi 4 anni c’è stato un aumento del 66% di Baby Boomer che hanno scoperto nuovi marchi e prodotti tramite i Social Media – in particolare su Facebook – secondo i dati forniti da GlobalWebIndex.

I Brand non possono permettersi di trascurare le generazioni più anziane sui canali social nel 2021: utilizzando la segmentazione intelligente i marketers che includono i Baby Boomer nelle loro strategie digitali possono sfruttare questo crescente entusiasmo tecnologico.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Segmentare i Baby Boomer in base alle loro passioni o hobby, non semplicemente per età: costruire il target di riferimento su dati sociali che riflettono gli interessi porta a un aumento del 40% del ricordo dell’annuncio;
  • Lasciare da parte gli stereotipi generazionali in quanto l’ultima cosa che i Baby Boomer vogliono vedere sono le campagne pubblicitarie in cui sono raffigurati come “vecchi” che hanno difficoltà ad interagire con la tecnologia;
  • Usare le recensioni online per aumentare la fiducia e influenzare le decisioni di acquisto dei Boomers.

#4 Conosciamoci di più

I Brand sono convinti che raggiungere i consumatori digitalmente sia un gioco da ragazzi, visto che oltre 4 miliardi di persone sono presenti sui Social Media, e la crescita del 2020 ammonta a un 12%. Ma non è così facile.

Secondo un sondaggio condotto tra 2.162 marketers condotto in collaborazione con Altimeter, il 54% ha affermato di non essere sicuro che i propri follower sui Social Media siano clienti effettivamente più attivi rispetto a quelli con cui non interagiscono digitalmente.

Questo accade principalmente perché la maggior parte dei Community Managers non ha sempre ben chiaro se sta interagendo con un cliente acquisito, un nuovo lead, un ex dipendente o un troll.

Qual è il motivo che molte volte rende difficile ai marketers capire se stanno interagendo con il target corretto? La mancanza di integrazione dei dati derivati dai canali social. Secondo Hootsuite infatti solo il 10% degli addetti ai lavori conferma di possedere sistemi aziendali dedicati all’integrazione dei dati in sistemi aziendali come Adobe, Marketo o Salesforce.

Le previsioni per il 2021 dicono che l’85% delle organizzazioni che integreranno i dati dei Social Media riusciranno a quantificare con maggiore precisione il ROI dei canali social appunto. Questo discorso vale sia per i dati organici che per i dati che derivano dall’advertising. 

Le opportunità di targeting e le metriche dettagliate fornite dall’ADV sono infatti fondamentali per riuscire a creare contenuti pertinenti e raggiungere le persone giuste sui Social Media. Eppure quasi un terzo (28%) degli intervistati non pubblica contenuti social a pagamento, anche se è risaputo che la copertura organica ha iniziato a restringersi a partire dal 2010. 

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Utilizzare i Social Media non solo come canale per coinvolgere gli utenti, ma una ulteriore fonte di dati che può aiutare a rafforzare la strategia di comunicazione;
  • Tenere traccia di tutti i dati raccolti sia dalle campagne organiche e da quelle a pagamento, per capire quali canali e quali contenuti stanno performando meglio;
  • Impostare flussi di lavoro manuali in assenza di soluzioni tecnologiche ad hoc, configurando manualmente un flusso di lavoro che può aiutare a misurare i risultati raggiunti sui Social Media.

#5 Tra cambiamento sociale e cambiamento Social

Le ricadute economiche ed emotive causate dalla pandemia di Covid-19, la nascita di movimenti come Black Lives Matter, il cambiamento climatico che ha alimentato gli incendi storici in Australia e Nord America e molto altro: questi fatti accaduti nel 2020 hanno spinto il capitalismo verso un cambiamento socialmente responsabile.

Questo cambiamento ha messo sotto pressione anche i Brand, che si sono trovati a dover affrontare pubblicamente questioni su cui le loro organizzazioni non si erano mai concentrate, o stavano solo iniziando a tenere in considerazione.

Di conseguenza le aziende si sono dovute adattare in fretta alla mentalità e alle aspettative socialmente consapevoli di generazioni più giovani e diversificate, come la Generazione Z. Nel sondaggio annuale di Deloitte sui Millennial e la Gen Z, il 60% degli intervistati ha affermato di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.

I consumatori stanno sviluppando aspettative più alte in relazione a come le aziende possano contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo, e utilizzare i Social Media come megafono per promuovere le iniziative sociali è cruciale nel 2021. 

Secondo Michael McGoey – Senior Manager di Twitter – “[…] I Brand che sono in grado di ascoltare la voce dei consumatori e plasmare i propri messaggi in base ad essa, saranno più propensi a sopravvivere e crescere. Quelli che perseguono solo narrazioni guidate dal marchio e che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo, semplicemente non manterranno i propri clienti”.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Creare una Social Media Policy che possa fornire linee guida all’intera organizzazione per dare a tutti la possibilità di agire rapidamente e con sicurezza;
  • Impostare un flusso preciso per le comunicazioni di crisi sui canali social, ovvero un piano interfunzionale che aiuta a risparmiare tempo prezioso e mantenere tutti concentrati in caso di crisi sui Social Media;
  • Usare il Social Listening come strumento di Intelligence che possa aiutare le imprese a prendere decisioni più intelligenti sulla base delle mutevoli esigenze dei clienti.
email marketing ecommerce covid

La pandemia guida la crescita dell’eCommerce anche a San Valentino

Teads, The Global Media Platform, presenta i trend sul comportamento d’acquisto dei consumatori per San Valentino: il digitale è il canale di vendita primario e lo smartphone si configura come il device per eccellenza nel 51% dei casi. Nel 2020 la digitalizzazione accelerata di tutti i mercati causa Covid-19, ha guidato una crescita dell’eCommerce senza precedenti. Trend che si conferma anche per questo San Valentino 2021.

festa di san valentino

La festa dell’amore è stata sempre molto a cuore agli italiani che nel 2020 hanno speso circa 474 milioni di euro in regali di San Valentino. Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio annuale Love Index di Mastercard emerge una differenza tra le donne, che si interessano al regalo per San Valentino già da metà gennaio pianificando l’acquisto, e gli uomini che invece sono più propensi ad acquistare sotto data. Una costante accomuna i due comportamenti: la ricerca è condotta quasi nella totalità dei casi online. Quest’anno si prevede che la curva di acquisti online segua il trend di crescita esponenziale che ha avuto l’eCommerce nel 2020: a Ottobre, il +54,6% rispetto all’Ottobre 2019 con un 51% di acquisti effettuati da mobile.

Per garantire la massima visibilità e la migliore esposizione online in un periodo così affollato, Teads ha sviluppato un pacchetto di più di 430 categorie di contenuto come Health & Wellness, Entertainment, Technology, Business, Home & Garden, Family, Auto, Environmental disponibili per le pianificazioni media di brand e advertiser e attivabili con il Teads Contextual Reachcast.  L’offerta, che permette di riservare in esclusiva per 24 ore una o più categorie di contenuto verticali, garantisce il massimo impatto sulla brand awareness e sull’engagement oltre ad un posizionamento esclusivo come top brand del contenuto verticale. 

single's day cina ecommerce

In momenti dell’anno come quello di San Valentino è fondamentale costruire una continuità comunicativa e assicurarsi di rendere scalabili gli asset di campagna in una strategia multichannel. Il formato inRead Stories Video di Teads permette di riutilizzare gli asset creativi verticali delle campagne social sulle inventory di qualità dei più prestigiosi publisher a livello mondiale. Una soluzione tecnologica che garantisce attenzione e user experience di qualità, con un dato di view time di 7,6 secondi in media (MOAT), e la migliore esperienza full screen con l’interazione tipica del mobile.

Angelo Lo Ponte, Head of Data di Teads italia ha dichiarato:

Le nostre tecnologie di analisi semantica sono in grado di analizzare il contenuto editoriale attribuendo differenti livelli e sfumature connotative ad un articolo e garantendo la massima granularità. Non si tratta di un semplice targeting attraverso keyword ma di un vero e proprio sistema di algoritmi che scansionano il contenuto dell’articolo in maniera precisa e sempre più sofisticata. Siamo fieri di poter garantire ai nostri partner la perfetta combinazione tra precisione e reach per supportare le loro strategie di contextual targeting.

La multicanalità arriva in banca: il self banking e la sfida di Selfy, la nuova proposta di Banca Mediolanum

Dal mobile banking al self (banking). La storia dell’online banking è fatta di questi improvvisi salti di paradigma, causati dagli scossoni provocati dalle nuove tecnologie e da eventi esterni che impattano il mondo dei servizi finanziari.

Dal 1981, la data in cui possiamo affermare che nasce l’online banking a New York, con City Bank e altre banche americane che offrono i primi servizi da remoto, la finanza digitale è totalmente cambiata e oggi è lontana anni luce da quella dei primi pionieri.

«Ci sono state tre fasi nell’evoluzione dell’online banking. La prima è stata segnata dalla volontà di trasferire “semplicemente” online dei servizi che le banche offrivano già in analogico. Ma oggi quel modello è ampiamente superato», racconta Edoardo Fontana Rava, direttore sviluppo prodotti e modello business di Banca Mediolanum. Il manager ne ha parlato durante la conferenza stampa di presentazione dell’ultimo prodotto nato nella banca fondata da Ennio Doris, Selfy, che mira a inserirsi nel nuovo paradigima dell’online banking, dove sono i clienti a costruire la propria banca su misura.

3 sviluppi dell’online banking

Se New York è stato il laboratorio dei primi esperimenti di banca da remoto, è in Europa, e in particolar modo in UK, che l’internet banking prende avvio, soprattutto nella sua veste di “home banking”. Tutto nasce dall’esperimento di Bank of Scotland, che offre un servizio chiamato Homelink: in sostanza, i clienti della banca possono connettersi online attraverso le loro tv e i telefoni, per trasferire denaro da un conto a un altro. Questo è un articolo del New York Times d’annata che parla di questa rivoluzione

L’Internet banking domina almeno fino all’ingresso sul mercato dei primi telefoni cellulari, quando avviene il secondo scossone all’interno del mondo bancario, nelle relazioni con i clienti. Nel 1999 viene introdotto il WAP, acronimo di Wireless Application Protocol, è il sistema che permette ai telefoni di connettersi alla Rete. Le banche intuiscono la portata di questa rivoluzione e capiscono che la comunicazione via SMS, che finora avevano adottato, non sarebbe più bastata.

Nel decennio che va dal 2000 al 2010, si prepara il terreno per la rivoluzione mobile con un evento su tutti: il 9 gennaio 2007, un keynote che passa alla storia. In quel giorno, Steve Jobs presenta a Cupertino il primo modello di smartphone destinato a un pubblico di massa. Le banche allora si spostano sul mobile: tra i pionieri c’è ancora una banca Uk, la Royal Bank of Scotland, RBS, che lancia la sua prima app sull’Apple Store.

Dal mobile banking nascono poi tutta una serie di nuovi competitor, le banche tutte digitali, che aprono la strada a un nuovo paradigma: «Le banche online come Revolut o Illimity sono state brave a cogliere i cambiamenti e a innovare completamente la customer journey dei clienti: hanno saputo cogliere un’esigenza. Tuttavia, non sono riuscite a raggiungere l’omnicanalità o meglio il self banking», spiega Fontana Rava.

Self banking

La banca giusta per il cliente è quella che riesce a utilizzare, o meglio ancora quella in cui si riconosce. Se le nuove banche digitali hanno imposto una diversa esperienza utente ai clienti, ovvero quella di entrare nella banca quando vogliono e come vogliono, con un semplice accesso a Internet e un’app o più app mobile dedicate, il self banking fa un passo ulteriore in avanti, con il cliente stesso che partecipa attivamente alla costruzione del suo “ecosistema bancario”.

Il self banking è un po’ l’evoluzione dei criteri di scelta che il cliente adotta per decidere verso quale banca dirigersi. Apparentemente, questi criteri sembrano non essere cambiati nel tempo. Un cliente sceglie un banca sulla base del prezzo, della qualità del servizio e della prossimità/comodità. Eppure, oggi queste tre motivazioni assumono nuovi significati:

«Per prossimità non si intende più la vicinanza fisica a una filiale, ma la possibilità di accedere via app a tutte le offerte. Per la qualità di servizio si valuta non più il tempo di attesa in filiale o le disponibilità orarie degli sportelli, ma la possibilità di accedere alla banca quando voglio. Mentre il prezzo non è più solo sinonimo di convenienza: i clienti oggi sono disposti a spendere anche di più, se il servizio li soddisfa. L’emergenza Covid in questo ha aiutato, portando più consapevolezza», continua Fontana Rava.

Il manager spiega che le banche devono abbracciare ogni giorno la sfida dell’innovazione. Dall’analisi dei comportamenti, devono imparare a leggere le abitudini dei clienti e aggregare in unico posto tutta una serie di servizi, specie oggi che il conto corrente viene usato tutti i giorni.

La sfida di Selfy

Si è parlato di questo e di tanti altri temi sul presente e futuro dell’online banking durante la conferenza stampa di presentazione di Selfy, che ha visto tra gli ospiti la partecipazione, oltre al già citato Fontana Rava, di Simone Friggi, responsabile Sales Finance & Gaming Nord Ovest per Tim, di Gianni Rovelli, responsabile comunicazione e marketing commerciale per Banca Mediolanum, e Nicola Belli, consigliere delegato di Armando Testa, moderati dal giornalista Dario Donato

Con Selfy, Banca Mediolanum fa sua la sfida della multicanalità. Si tratta di un servizio dedicato ai nuovi clienti della Banca, al quale gli utenti possono iscriversi direttamente da pc o smartphone, per accedere a tantissimi servizi finanziari. Dall’app si possono pagare F24 e bollettini, controllare i movimenti delle carte, ricevere e inviare denaro in tempo reale, pagare da smartphone in abbinamento ai servizi Samsung Pay, Apple Pay, Garmin Pay e Google Pay. Ma anche fare trading online, chiedere prestiti e rateizzare i pagamenti:

«Uno dei valori in più di Selfy risiede nella possibilità offerta all’utente di personalizzare al massimo la sua esperienza. Dalla scelta della fotografia, dei colori e perfino dei servizi. Con Selfy vogliamo mostrare il nostro volto dell’open banking, che non risiede nel fare le cose, ma nel capire quelle che funzionano meglio per il cliente, per poi aggregare in una soluzione servizi finanziari e non solo, in modo tale da facilitargli la vita».

Scendendo ancora più nei dettagli, l’app è gratis per i clienti minori di 30 anni, mentre per tutti gli altri è gratuita il primo anno, mentre dal secondo anno in poi il costo è di 45 euro l’anno. Altri benefit dell’app nascono dalla partnership che Banca Mediolanum ha stretto con altri player, come Tim.

Accreditando lo stipendio a Selfy, l’utente avrà per esempio la possibilità di navigare con Tim a 100 GB al mese per 12 mesi, con in più il router in regalo:

«Con Selfy abbiamo voluto creare un vero e proprio universo dove è il cliente a scegliere cosa usare e quando. Dove è in cliente, in altre parole, a costruire la sua banca», conclude Fontana Rava

digital tools

Loomy, DriveandListen e TypeStudio, i digital tool della settimana

In questo periodo di restrizioni e lockdown, sono molte le esperienze che abbiamo smesso di vivere: aperitivi, serate in compagnia di amici e parenti e gite fuori porta. Tra queste, anche la possibilità di spostarsi con assoluta libertà, distraendosi guidando per la città.

Insieme agli strumenti utili per migliorare la produttività in ufficio e semplificare alcuni task in ufficio, stimolare la creatività nella creazione dei contenuti e pianificare al meglio le pubblicazioni sui social, la rete ci viene in soccorso con  un tool che ci permette di percorrere in auto alcune delle più grandi città del mondo, simulando l’esperienza di guida.

Questi sono i digital tool Ninja di questa settimana.

Scoprire il mondo in auto, restando a casa

drive and listen

Se ultimamente hai sognato di tornare a viaggiare, il fine settimana potrebbe essere l’occasione giusta per fare un giro in macchina ad Amsterdam o a New York. Come farlo senza violare nessun decreto? Con DriveandListen, un simpatico tool di simulazione di guida ambientato in tante grandi città nel mondo.

A proposito di calendari

loomy

Se per pianificare le tue strategie cerchi qualcosa di più di semplici date di pubblicazione, puoi provare una piattaforma tutto-in-uno come Loomly. Tra le sue integrazioni, anche strumenti per trovare l’ispirazione nella creazione dei contenuti.

Formati per ogni social

typestudio

Il video può essere una parte davvero potente del tuo arsenale di social media marketing, ma può essere difficile da adattare ad ogni piattaforma. Type Studio ti permette di tagliare diversi pezzi di contenuto dai tuoi filmati e modificarli in modo che lo stesso video sia perfettamente adatto ad ogni formato.

Grande Fratello

exposing

Se hai caricato delle foto sul web negli ultimi anni, c’è una buona probabilità che siano state usate per costruire sistemi di riconoscimento facciale. Exposing.AI ti aiuta a scoprire se le tue foto su Flickr sono tra gli scatti utilizzati per “allenare” gli algoritmi.

 

___

Se hai trovato utili questi tool, attiva la prova gratuita di Ninja PRO Information. Riceverai ogni giorno le news sempre aggiornate (anche in versione audio), insight, analisi degli esperti e i nostri consigli sui migliori strumenti.

 

cina clubhouse

Clubhouse esplode anche in Cina e si scatena il mercato degli inviti

I cinesi hanno scoperto Clubhouse e si stanno riversando in massa sull’app di chat audio in gruppo.

Chi c’è su Clubhouse in Cina? Soprattutto le élite cinesi: più precisamente, persone che lavorano in ambito tecnologico, opinion leader e influencer dei social media ma anche dissidenti e giornalisti.

L’esplosione della notorietà del nuovo social network in Cina è abbastanza recente: il giorno dopo che Elon Musk ha fatto il suo ingresso su Clubhouse, l’hashtag “Clubhouse Invite Code” era in cima ai trending topic su Weibo, il più grande portale di informazione cinese, di proprietà di Sina. L’apparizione del fondatore di Tesla, in particolare, ha acceso la curiosità per l’applicazione in Cina, dove gode di un grande seguito di fan.

Le persone si stanno confrontando prevalentemente su argomenti legati alla politica. Mentre la censura diventa sempre più invasiva nei confronti dei social media cinesi, i frequentatori di Clubhouse stanno utilizzando le stanze come una nuova piazza per confrontarsi su temi scottanti, come democrazia, identità cinese e la gestione della pandemia da parte del governo.

LEGGI ANCHE: Cos’è Clubhouse, il social audio su invito amato da VIP e Venture Capitalist

La vendita degli inviti

Clubhouse è diventato tanto popolare che chi ha a disposizione inviti per consentire l’ingresso ai propri contatti li ha messi in vendita su Xianyu, un’app cinese per la vendita di oggetti usati, anche se attualmente i venditori sembrano superare i compratori ed è necessario un’account Apple extra cinese per accedere.

Gli addetti ai lavori hanno subito fiutato l’affare e già ci si chiede chi sarà il primo a copiare la nuova app per realizzare la propria versione Made in China. Wu Yunfei di Dizhua, un’app simile a Clubhouse, ha scritto che ha testato l’applicazione e ha provato “sentimenti contrastanti” sentendo già la gente discutere su come copiarla. Justin Sun, un imprenditore cinese che ha fondato la piattaforma di criptovalute TRON, ha immediatamente annunciato su Twitter che stava costruendo un’app simile, chiamata “Two”, per replicare il successo di Clubhouse in Cina.

clubhouse

Sebbene Clubhouse abbia riscosso enorme successo negli ultimi giorni, sono molte le applicazioni di chat vocali già presenti sul mercato cinese. Nessuna di loro, però, è riuscita a diventare mainstream.

Clubhouse è stato lanciato lo scorso aprile dall’imprenditore della Silicon Valley Paul Davison e dall’ex-Googler Rohan Seth. Grazie anche alle restrizioni e ai lockdown in tutto il mondo, molte persone hanno scaricato l’app, ancora in modalità beta, per discutere o ascoltare argomenti che vanno dalla politica alla tecnologia in una serie di chatroom. Insieme al fascino della sua esclusività, l’attrazione principale dell’app è la possibilità per gli utenti di partecipare a conversazioni ospitate da celebrità come Elon Musk e motli altri VIP che hanno sposato il nuovo sistema fin da subito.

world nutella day

World Nutella Day, come un brand può arrivare al cuore delle persone

Gli italiani sono conosciuti nel mondo per molti motivi. Sono tante le bellezze storiche e archeologiche che gli altri Paesi ci invidiano e molta dell’ammirazione che persone vicine e lontane provano per l’Italia arriva grazie alle nostre specialità alimentari.

Sono pochi, però, quei prodotti in grado di diventare brand planetari, tanto amati (e consumati) e tanto famosi da raggiungere, per notorietà e apprezzamento, icone mitologiche come la pizza e la pasta.

È raro, ma succede, proprio come è capitato a Nutella, uno dei marchi italiani più conosciuti e apprezzati. Un Love Brand riconosciuto che oggi può contare su una giornata mondiale creata dai suoi stessi consumatori, oltre a 100 milioni di famiglie che la consumano, in tutto il mondo.

Per cercare di capire un successo così grande, abbiamo fatto qualche domanda a Matteo Conti, Head of Marketing nutella Europe.

Matteo Conti - CMO di Ferrero

Matteo Conti – Head of Marketing nutella Europe

LEGGI ANCHE: Come la percezione che abbiamo dei brand condiziona le nostre scelte d’acquisto

Come si crea un Love Brand amato come Nutella?

Questa è la domanda del secolo: bisognerebbe chiederlo al papà di Nutella, il signor Ferrero. Quindi a Pietro Ferrero e poi al figlio Michele, che ha trasformato il prodotto in un brand.

Partiamo dal fatto che Nutella nasce come Giandujot e poi diventa SuperCrema. Prima di tutti i competitor, il signor Michele Ferrero comprese l’importanza del naming giusto per l’esportazione del prodotto negli altri Paesi: SuperCrema presentava degli ovvi limiti di overpromising e il nome “nut-ella” rispose alla necessità di questo cambiamento creando un brand name unico e comprensibile soprattutto in termini fonetici, identitari e visivi a livello planetario.

Naming e identità visiva, cioè il nome Nutella e la scelta del vasetto, hanno grandemente contribuito al suo successo. Parliamo quindi di una vera e propria Marketing Strategy già nel 1964: il nome Nutella venne infatti testato sia in Italia che all’estero prima del lancio sui mercati.

nutella giandujot

Source: nutella.it

Il secondo punto che può aiutarci a comprendere questo successo è il fatto di essere sempre stato un prodotto oggettivamente semplice, un prodotto per tutti,  partire dal dopoguerra. La prima Nutella infatti era solida, era una merenda più accessibile per i bambini in un momento in cui il cacao era introvabile.

Da lì, questa origine si è confermata nel tempo: la sua ricetta è estremamente semplice e questo determina un costo e un prezzo al consumo e accessibile in quasi tutte le geografie, sebbene le materie prime che la compongono, come cacao e nocciole, siano spesso soggette a fluttuazione dei costi. È un prodotto poco soggetto alla stagionalità: a differenza di altri prodotti al cioccolato, Nutella soffre meno questo fenomeno nel periodo estivo e riesce ad avere una diffusione anche nelle latitudini più calde.

Il terzo fattore di successo planetario è sicuramente la comunicazione gli investimenti di marketing, che, fin dal 1964, hanno accompagnato Nutella con una storia di comunicazione tipicamente pubblicitaria. Nata in Italia ma poi perseguita molto bene in tutti i Paesi, ha permesso la penetrazione a livello mondiale e l’esplosione dell’awareness del brand: oggi, più di 100 milioni di famiglie nel mondo acquistano Nutella.

Dal tuo punto di vista, il successo del brand dipende anche dal rapporto dell’azienda con i suoi dipendenti?

Assolutamente sì. Nutella, ma tutta Ferrero si distingue per il senso di appartenenza unico delle sue persone, è un valore inestimabile. L’amore e l’autenticità che Nutella ha attorno a sé, il tributo e il sostegno da parte dei suoi dipendenti che sono i primi fan del brand, costituiscono certamente una componente fondamentale della ricetta del successo.

Che mondo sarebbe senza Nutella? Cosa sarebbe Ferrero senza questo prodotto?

Difficile dirlo, ma certamente Nutella ha avuto un ruolo determinante nell’espansione dell’azienda a livello geografico.

I Nutella Biscuits sono diventati in breve oggetto di culto. C’era una strategia ben precisa o è stato semplicemente amore a prima vista?

nutella biscuits

Source: nutella.it

È la domanda che tutti hanno posto, qualcuno anche con tono polemico. In verità, non c’è stata alcuna strategia di scarsità: noi conoscevamo la capacità produttiva dello stabilimento e quello che abbiamo messo sul mercato è quello che riuscivamo effettivamente a produrre e distribuire. Grazie alla forza del brand, la domanda di prodotto ha superato ogni previsione. Avevamo previsto di avere successo, ma certamente le modalità e i tempi hanno sorpreso anche noi.

Nel 2008 come spuntino al G8, su un francobollo nel 2014 e ora Nutella sarà anche su una moneta. Quali sono i prossimi ambiziosi traguardi da raggiungere?

Nutella è una marca delle persone prima che dell’azienda. Dal punto di vista del radicamento culturale nei singoli territori, noi non pianifichiamo elementi di portata istituzionale e sociale come questi o come il World Nutella Day. Sono infatti delle opportunità e delle occasioni che si vengono a creare quasi naturalmente.

La moneta è l’ultima degli attestati di stima che rendono Nutella strepitosa e unica nel suo paese d’origine e uno stimolo per noi a renderla tale ovunque.

Il World Nutella day è una occasione importante, soprattutto per i fan: è davvero sentito dalle persone che hanno deciso spontaneamente di dare vita a questo evento, nato negli Statu Uniti grazie alla blogger italo-americana Sara Rosso.

world nutella day

Source: nutella.it

Lo sviluppo organico è stato straordinario e, dal 2015 a oggi, abbiamo sostituito Sara nell’organizzazione e pianificazione dell’evento ma continuiamo a ispirarci a lei. Apriamo i nostri canali ricordando il World Nutella Day e dando alle persone la possibilità di celebrare il loro legame e il loro amore per il prodotto nelle modalità che preferiscono.

Questa attitudine all’apertura ha generato un interesse spontaneo da parte di influencer e altri brand, che hanno iniziato ad augurare un “buon World Nutella Day” sui nostri social e sui loro canali, diventando una sorta di movimento social autogenerato, in qualche modo in grado di portare in modo spontaneo un po’ di positività, per altro davvero necessaria di questi tempi.

Senza la necessità di una pubblicità tabellare, si mette in moto un sistema di autentica passione positiva che corrisponde proprio alla mission del brand: portare un po’ di positività in più alla vita di tutti i giorni.

Come utilizzare Instagram Shopping: la guida completa

Dati alla mano, Instagram conta più di un miliardo di utenti attivi al mese ed è sempre di più in crescita: hai mai pensato che il social dei cuoricini potrebbe già essere uno dei tuoi migliori alleati per promuovere il tuo eCommerce? Ti spieghiamo qualcosa in più, caro Ninja.

Cos’è Instagram Shopping

Un insieme di veri e propri “negozi su Instagram”, un’opzione molto interessante  per chi ha un eCommerce e vuole vendere direttamente dalla piattaforma social. È un modo per interagire ma anche fare acquisti: immagina un grande shop, ma all’interno di Instagram, in grado di creare un’esperienza di acquisto più interattiva.

Come funziona lo shopping su Instagram

Instagram Shopping è molto più semplice di quanto tu possa immaginare. Ciò che devi proporti di fare è rendere i contenuti più allettanti, in modo che le persone trascorrano più tempo sull’app, controllando i negozi che amano e scoprendo nuovi marchi, quindi anche il tuo.

Pronto a iniziare? Per trovare i negozi che desideri esplorare o da cui acquistare, vai nell’app e clicca sulla piccola icona dello shopping simile a una borsa della spesa.

Da lì, vedrai negozi dei brand che già segui, oltre ad alcuni che sono consigliati in base alle tue interazioni su Instagram. Puoi anche cliccare su “Scelte degli editori” per scorrere le diverse categorie  (come le guide ai regali), e per esplorare le raccolte e altri consigli; se invece clicci su “Esplora gli shop”, vedrai inoltre un elenco di brand che già segui e che sono presenti tra gli i negozi.

Dopo aver cliccato su un negozio, vedrai i prodotti e le collezioni che hanno a disposizione e potrai saperne di più o scegliere di acquistare, proprio come faresti su un eCommerce.

LEGGI ANCHE: Come la percezione che abbiamo dei brand condiziona le nostre scelte d’acquisto

Come configurare un negozio Instagram

Per creare un negozio su Instagram per il tuo brand, devi avere un  account Instagram Business e devi essere idoneo a crearlo: secondo Instagram, devi operare in un mercato supportato  (a seconda della tua posizione) e avere un sito di eCommerce da cui vendere i prodotti. Ricorda sempre che Instagram Shopping è un’estensione del tuo negozio di eCommerce, non necessariamente un sostituto.

Dopo di ciò, dovrai connettere il tuo account Facebook (e più avanti ti spieghiamo perché!); segui i passaggi che Instagram suggerisce per configurare il tuo account, caricare le immagini dei prodotti e “attivare gli acquisti”.

Ecco alcuni suggerimenti da tenere a mente mentre esegui questi passaggi tecnici:

  • Usa immagini di alta qualità per i tuoi prodotti e le tue collezioni: pensa al tuo negozio Instagram come a una sorta di catalogo interattivo. Sii selettivo riguardo alle immagini che stai utilizzando per i tuoi prodotti. Assicurati che si distinguano e mostrino molti dettagli.
  • Inserisci tutte le informazioni sui prodotti: immagina sempre di comporre un catalogo, perciò dovrai inserire tutte le informazioni su ciascun prodotto, inclusi prezzi, colori, dimensioni, gusti, tipi, ecc. spedizione e altri dettagli.
  • Preparati a taggare: dopo aver configurato il tuo negozio, l’ultimo passaggio consigliato da Instagram è iniziare a taggare. Quando carichi un’immagine, seleziona “Tagga prodotti” e digita il nome del prodotto che desideri taggare in quel post. Potrai farlo anche su Instagram Stories.

Vantaggi di avere un negozio Instagram

Torniamo ai numeri. Secondo Instagram, il 60% delle persone intervistate ha dichiarato di scoprire nuovi prodotti grazie all’app in questione.

Facebook afferma invece che il 70% delle persone indicate come appassionati di shopping si rivolgono a Instagram per fare acquisti e il 36% di tutti gli utenti di Instagram considera lo shopping un appassionante hobby. Un buon inizio, non è vero?

Ecco alcuni altri vantaggi per investire su Instagram Shopping:

  • È gratuito: ci sono solo le commissioni sulle vendite effettive.
  • È un altro negozio online: un ulteriore punto di contatto con i tuoi clienti.
  • È un catalogo mobile: Instagram ha progettato queste funzionalità in modo semplice e pratico, per mettere a disposizione tutte le info in un colpo solo.
  • È un modo per costruire il tuo seguito: non solo hai la possibilità di vendere quindi di guadagnare, ma anche di far crescere la tua community.

Instagram Shopping vs. Facebook Shops

Seppure siano piattaforme diverse, sono entrambe sotto l’ombrello di Facebook.

Ricorda che Facebook possiede Instagram il che significa che Facebook alimenta Instagram Shopping: per questo motivo, per configurare il tuo negozio Instagram, dovrai collegarti al tuo account Facebook il cui pagamento sarà elaborato tramite Facebook Pay.

Sappiamo cosa ti stai chiedendo in questo momento: occorre aprire sia un negozio Instagram sia un negozio Facebook? Considerando che hai necessariamente bisogno di Facebook per avviare Instagram Shopping, potrebbe valere la pena avere prodotti su entrambe le piattaforme; è infatti possibile utilizzare gli stessi prodotti e le stesse collezioni. Inoltre, la tua target audience potrebbe trascorrere più tempo su Instagram che su Facebook, quindi vale la pena investire su entrambi.

LEGGI ANCHE: 5 tips per creare Reels epici su Instagram

Facebook Pay, al tuo servizio

Come si fa a comprare e vendere effettivamente con Instagram Shopping?

L’opzione più semplice è quella dell’acquisto diretto dal tuo sito di eCommerce. Gli acquirenti verranno quindi indirizzati al tuo sito web, in un browser all’interno dell’app Instagram, anziché elaborare l’acquisto tramite la piattaforma Instagram.

Tuttavia, se desideri “bloccare” gli acquirenti in questo passaggio, puoi impostare le opzioni di pagamento per consentire la transazione tramite Instagram. Quando configuri il tuo negozio, dovrai perciò collegarti a Facebook Pay. Quando una persona acquista dai negozi su Instagram, dovrà inviare le informazioni sulla carta di credito, carta di debito o PayPal per utilizzare Facebook Pay  e finalizzare la transazione.

Come promuovere il tuo negozio Instagram

Una volta che lo shop è attivo, non ti resta che iniziare a promuoverlo.

  • Punta sulle collezioni: Instagram consiglia di  puntare su stagioni, vacanze o momenti pop per creare collezioni che si colleghino e attirino gli acquirenti.
  • Semplifica gli acquisti: quando crei post e storie, assicurati di scegliere l’opzione “Tagga prodotto” per collegarti direttamente ai prodotti del tuo negozio. Inoltre, Facebook consiglia di  aggiungere call to action nei sottotitoli per ricordare agli acquirenti cosa fare. Un altro tip è aggiornare la tua biografia con le informazioni sugli acquisti.
  • Investi in pubblicità: vuoi raggiungere ancora più persone con il tuo negozio Instagram? Potresti considerare di lanciare un annuncio su Instagram  con tag cliccabili che attirano le persone nel tuo negozio.

Alternative allo shopping su Instagram

Mettiamo le cose in chiaro: Instagram Shopping non è universale e potrebbe non rappresentare la piattaforma giusta per il tuo brand. I motivi potrebbero essere vari:

  • Non ho l’età. È vero che Instagram è molto popolare, ma non tutti sono presenti sul social. Se il mercato di riferimento del tuo brand non è particolarmente social o non ha “l’età giusta” allora puoi evitare Instagram Shopping.
  • No catalogo, no party. Instagram Shopping funziona bene con le collezioni, consentendo ai brand di lanciare o promuovere gruppi di prodotti. Se vendi solo un articolo, potrebbe non valere la pena dedicare il tuo tempo ad aprire un canale shop. Tuttavia, anche un prodotto, se fotografato e promosso bene, potrebbe essere popolare lì.
  • L’anima non conta. I prodotti o servizi digitali non sono vendibili con l’app, è sempre necessario vendere un prodotto fisico.

Ricordati che il web è bello perché è vario: puoi sempre scegliere un’alternativa a Instagram Shopping. Gli esempi possono includere:

  • Like2Buy : Con Like2Buy, puoi creare soluzioni acquistabili, oltre a creare altri inviti all’azione, come la richiesta di indirizzi e-mail di potenziali clienti.
  • Yotpo : oltre a diversi strumenti di marketing per l’e-commerce, Yotpo offre uno strumento di integrazione di Instagram.
  • FourSixty : pubblicizzando un’estetica incentrata sul design, FourSixty fornisce strumenti di marketing per Instagram, comprese le gallerie acquistabili e la pianificazione.
mobile-first-indexing

Mobile first indexing: cosa cambia con l’aggiornamento di Google

  • A marzo sarà effettivo il rilascio del nuovo aggiornamento mobile first annunciato da Google
  • Se prima la versione mobile di un sito era solo primaria, ora sarà l’unica considerata dal crawler
  • Tutti i contenuti ottimizzati solo per desktop non appariranno in SERP

 

Il numero di persone che possiede uno smartphone o più di uno ha superato nettamente il numero di persone che possiede un PC. Non solo la maggior parte delle ricerche viene effettuata da mobile, ma il dato più interessante è che il 77% delle ricerche effettuate da mobile avviene tramite una rete domestica o aziendale, dunque luoghi in cui è quasi certo che vi sia la possibilità di connettersi da desktop.

Attualmente nel mondo del web tutto sembra suggerire per il futuro una svolta dal mobile first al mobile-only. Per chi si occupa di SEO è fondamentale capire precisamente tutto ciò che questa transizione comporta ed essere coscienti che qualsiasi contenuto online sarà fruito prevalentemente (o esclusivamente?) da iPhone o smartphone.

Verso il mobile-only

La transizione di Google verso il mobile-first è iniziata già da alcuni anni, precisamente dal 2015, anno in cui i dai relativi al traffico mobile su Google ha superato per la prima volta quello da desktop. L’anno seguente, Google ha annunciato in via ufficiale la sua intenzione di rendere primaria l’indicizzazione mobile.

mobile-first-indexing

Se dal 2018 la versione desktop è passata in secondo piano agli occhi del crawler, a partire da marzo 2021 verrà ignorata del tutto e il nuovo aggiornamento di Google sancirà il passaggio all’indicizzazione 100% mobile.

Tutti i contenuti (immagini, video, pdf, ecc.) che sono presenti solo nella versione desktop e non in quella mobile,  non costituiranno fattore di ranking per il motore di ricerca, sparendo quindi dalla SERP.

LEGGI ANCHE: La banca mobile-first, che vive unicamente nello smartphone

Come SEO Specialist, è bene prepararsi per tempo e fare in modo che questo aggiornamento non vada in qualche modo a penalizzare le pagine del tuo sito.

Costruire un sito mobile-friendly: cosa vuol dire?

Affinché i contenuti siano restituiti dal motore di ricerca in risposta alle query mobile è necessario che il sito sia ottimizzato per la user experience da dispositivi mobile. Quali sono le caratteristiche imprescindibili per un sito mobile friendly?

  • Veloce. Il tempo di caricamento di una pagina non deve superare i 3 secondi
  • Funzionale. Tutti i contenuti della pagina devono poter essere visualizzati e fruiti correttamente
  • Finger-friendly. Tutti i punti di contatto, siano link, pulsanti, form da compilare, devono essere “a prova di dito” ed essere posizionati nello spazio della pagina nell’ottica di un’interazione da un schermo touchscreen di piccole dimensioni
  • Libero da redirect ed errori. Le richieste URL devono restituire codici di stato 200, che notificano l’avvenuta ricezione e accettazione della richiesta da parte del server.

Per implementare la versione mobile di un sito, sono tre le strade consentite da Google, riconducibili a due approcci differenti, la prima che prevede l’utilizzo delle stesse URL per la versione mobile e quella desktop, il secondo che invece associa le due versioni a URL diversi.

  1. Responsive Web Design. Le pagine web conservano lo stesso URL per la versione mobile e quella desktop e il server restituisce sempre lo stesso HTML: l’output è lo stesso per tutti i dispositivi.
  2. Dynamic Serving o adapting design. Anche in questo caso gli URL rimangono invariati, ma il server risponde con output differenti, restituendo HTML e CSS diversi a seconda del dispositivo da cui avviene la richiesta.
  3. URL separate. A URL diverse corrispondono output diversi, con due versioni del sito distinte e ottimizzate per entrambi i dispositivi.

Il vantaggio principale di mantenere le stesse URL è che il sito mobile ha la possibilità di ereditare in modo più efficace le caratteristiche SEO della versione desktop.

Benché l’implementazione di una versione mobile distinta può risultare efficace per i tempi di caricamento della pagina, l’ottimizzazione dei contenuti e la user experience in generale, il primo dei 3 approcci è considerato il più sostenibile in termini di budget, sviluppo e manutenzione.

mobile-first-indexing

Cosa c’è da sapere per prepararsi entro marzo 2021

A questo punto la domanda è: tutto questo come influenzerà l’indicizzazione di un sito web? Per rispondere in maniera esaustiva a questa domanda è bene enumerare alcuni punti chiave, importanti per comprendere in cosa si tradurrà in termini di risultati di ricerca.

1. L’indicizzazione mobile first non può essere disattivata

Una volta che il tuo sito viene spostato all’indicizzazione mobile-first non puoi tornare indietro. L’attivazione non viene effettuata manualmente, ma in modo automatico e irreversibile. Di conseguenza, dovrai assicurarti per tempo che il tuo sito sia correttamente indicizzato per i dispositivi mobile.

La buona notizia è che la maggior parte dei siti non richiederà modifiche significative, in particolar modo se si tratta di un sito responsive o dynamic serving, come confermato dagli sviluppatori di Google:

If you have a responsive site or a dynamic serving site where the primary content and markup is equivalent across mobile and desktop, you shouldn’t have to change anything.

Controllare se il tuo sito è già stato spostato su mobile-first è un modo molto semplice, mediante lo strumento di controllo degli URL della Search Console di Google (URL inspection).

priorità alla navigazione da mobile

2. L’indice di Google è uno e uno solo 

Si tratta di uno dei malintesi più frequenti, ovvero quello di credere che Google detenga due indici, riservati rispettivamente a desktop e mobile. In realtà, l’indice di Google è uno solo e quando si parla di “indicizzazione mobile-first” ci si riferisce alla scansione del Googlebot che considera la versione mobile come primaria, non all’indice di Google per i contenuti mobile.

Se le versioni del tuo sito per desktop e mobile sono equivalenti, il passaggio all’indicizzazione mobile-first non avrà nessun impatto sul posizionamento; al contrario se sono presenti due versioni distinte, gli utenti visualizzeranno in SERP soltanto gli URL mobile.

3. L’indicizzazione mobile first del sito può essere testata

Sempre all’interno della Search Console di Google puoi avere la possibilità di verificare che il tuo sito e sia indicizzato correttamente per i dispositivi mobile, servendoti del Mobile-friendly tool test.

aggiornamento di google

Mediante questo strumento puoi individuare facilmente eventuali problemi di usabilità mobile, come errori o risorse bloccate, che potrebbero ostacolare la comprensione della pagina da parte del motore di ricerca.

Mobile-first-indexing

È bene ricordare che usabilità mobile e indicizzazione mobile sono due cose ben diverse, ma se l’esperienza di navigazione è scadente, questo comporterà delle ripercussioni anche sulla capacità di posizionamento della pagina.

Allo stesso tempo, come ci ricorda John Mueller, Webmaster Trends Analyst di Google: “Un sito può essere o non essere indicizzabile dal punto di vista mobile, ma contenere comunque tutti i contenuti necessari per l’indicizzazione mobile-first.

L’esempio riportato per rendere meglio questo concetto è quello di un file PDF, la cui lettura e navigazione da dispositivi mobili può risultare molto ostica, ma di cui il testo può comunque essere perfettamente indicizzato per i dispositivi mobili.

4. Stessa esperienza di navigazione su mobile e desktop

Uno dei problemi più comuni deriva dal fatto che molto spesso, per offrire una user experience ottimale, sviluppatori e designer tendono a nascondere numerosi elementi presenti nella versione desktop, quando il sito viene visualizzato su dispositivi mobile.

Ma, dal momento che la versione mobile è primaria agli occhi del motore di ricerca, è importante restituire la stessa esperienza di navigazione su desktop e mobile e mantenere una coerenza tra le due versioni.

È necessario studiare le modalità di visualizzazione di determinati elementi, come immagini e video, piuttosto che rimuoverli, come raccomandano gli stessi sviluppatori di Google nella guida dedicata alle best practice per l’indicizzazione mobile:

Sebbene i progettisti potrebbero essere tentati di migliorare l’usabilità mobile rimuovendo i contenuti, ciò può comportare perdite di traffico.

La nostra raccomandazione è di dedicare del tempo alla formazione di tutte le parti interessate coinvolte in un sito e giustificare il motivo per cui è importante lavorare sulla visualizzazione dei contenuti in modo intuitivo per gli utenti mobili, piuttosto che nasconderli o rimuoverli.

Indicizzazione da mobile

5.  Assicurati che il tuo sito carichi velocemente sui dispositivi mobile

Quando si parla di indicizzazione mobile first, la velocità è sempre un vantaggio competitivo.

Per essere più precisi, non è la velocità del sito a costituire un fattore di ranking, ma sono piuttosto i tempi di caricamento troppo lunghi a giocare a sfavore dell’indicizzazione, costituendo un motivo di declassamento.

Assicurati di indicizzare correttamente per gli utenti oltre che per i motori di ricerca: pagine con tempi di caricamento troppo lunghi farebbero di certo aumentare la frequenza di rimbalzo, e di conseguenza sul traffico e sul tasso di conversione.

LEGGI ANCHE: La regola dei 15 secondi: ecco perché gli utenti lasciano il tuo sito

6. Gestire versioni desktop e mobile distinte

Quest’ultimo punto può interessarti se per il tuo sito sono state implementate due versioni separate per desktop e mobile, con URL differenti.

Normalmente, Google sconsiglia questa modalità, in quanto più onerosa in termini di sviluppo e manutenzione, ma se hai scelto questo approccio, ecco una serie di passaggi da seguire per assicurarti che il tuo sito non abbia problemi:

  • Implementa correttamente gli elementi rel = canonical e rel = alternate tra le versioni per dispositivi mobili e desktop del tuo sito
  • Verifica il set-up del file robots.txt per entrambe le versioni affinché non impedisca la scansione di contenuti chiave e, in generale, che non ostacoli il crawler
  • Configura e verifica entrambe le versioni del tuo sito nella Search Console per consentire l’accesso a tutti i tuoi dati, avvisi e messaggi
  • Assicurati che per ogni paginA desktop ce ne sia una corrispondente per dispositivi mobili. Se alcune pagine vengono escluse dalla versione mobile, non saranno incluse nell’indice di Google.