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bug su clubhouse

Attenzione ai club di Clubhouse, potresti ritrovarti admin senza saperlo

Era solo questione di tempo prima che l’app più chiacchierata del momento mostrasse qualche vulnerabilità. Stiamo parlando di Clubhouse.

Testando ripetutamente tutte le sue funzioni come solo un vero Ninja può fare, ci siamo imbattuti in un malfunzionamento particolarmente interessante. Con un piccolo “hack” è possibile aprire un gruppo e inserire praticamente chiunque come admin, anche avendo a disposizione pochi dati.

Come vedremo in seguito, con delle manovre particolari diventa impossibile, per la persona aggiunta, liberarsi di questo ruolo, che rimarrà ben in evidenza nella lista dei suoi club.

Fin qui sembra solo uno scherzo innocente, ma cosa potrebbe capitare a un iscritto che si trovasse a figurare come amministratore di un club con un nome “sconveniente”, magari legato a contenuti pornografici, che inneggia alla violenza o relativo a tendenze politiche estremiste?

Naturalmente, vi presentiamo la situazione scoraggiandovi fortemente dal mettere in atto queste procedure: nonostante i tentativi che ci hanno permesso di individuare la vulnerabilità del sistema, non abbiamo al momento idea di quali potrebbero essere le conseguenze e le contromisure adottate dal social media qualora questo comportamento venisse individuato.

Rischiare il ban per uno scherzo non è probabilmente una mossa tanto furba. Meno ancora lo sarebbe provare a “incastrare qualcuno”, con i danni che potremmo creare a noi stessi o ad altri attraverso questo metodo.

Contiamo, invece, che la nostra segnalazione sia utile soprattutto agli sviluppatori di Clubhouse, a cui abbiamo già inoltrato un avviso della nostra scoperta, per correggere in tempi celeri la funzione.

Passo 1. Crea un club su Clubhouse

Non importa con quale nome lo aprirai, quale sarà l’immagine del club o la sua descrizione. Per questo test, noi abbiamo creato un fittizio Bug Club.

Come abbiamo già spiegato in questo articolo, adesso la possibilità di aprire un club è aperta a tutti: è infatti sufficiente cliccare sul simbolo “+”, in basso a sinistra nella nostra scheda profilo per avviare la procedura.

bug - clubhouse

Passo 2. Genera il link per inserire nuovi membri

Cliccando sull’icona in alto a destra, quella con l’omino racchiuso in un cerchietto con il simbolo “+”, è possibile generare un link per invitare i nostri contatti a diventare membri del gruppo. Attenzione: non parliamo di follower che possono seguire le attività del club, ma di veri e propri “collaboratori” a cui si possono attribuire poteri di amministrazione, ad esempio per aprire nuove stanze.

Proprio perché è previsto che i membri del gruppo siano in un numero ristretto, ogni link funziona per un massimo di 10 utenti. Non ci resta quindi che copiare il link che, in teoria, potremo inviare ai nostri contatti per invitarli a far parte del club.

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bug su clubhouse 02

 

Passo 3. Autenticati col numero di un’altra persona

Qui comincia l’hack vero e proprio, in realtà piuttosto banale. Una volta copiato il link per l’invito al gruppo, non dovremo inviarlo a nessuno ma semplicemente aprirlo nel nostro browser, che ci reindirizzerà all’app di Clubhouse in una finestra in cui verrà visualizzata la richiesta di entrare nel club fatta dal nostro account… a noi stessi!

A questo punto il sistema richiede l’inserimento del numero di telefono come autenticazione per confermare l’iscrizione. Invece che inserire il nostro numero di telefono possiamo inserire qualunque contatto (a patto che sia già parte di Clubhouse, naturalmente) e cliccare su Verify membership.

Il gioco è fatto! Adesso la persona di cui abbiamo inserito il numero è un membro attivo del club, come se ne avesse fatto espressa richiesta.

Come ulteriore conferma, riceveremo una notifica che ci avviserà che l’utente che abbiamo coinvolto nel nostro magheggio fa ormai parte del gruppo che abbiamo creato. Nel nostro caso, Bug Club.

bug su clubhouse

Passo 4. Rendi la tua vittima un amministratore del gruppo

Adesso che la persona di cui hai inserito il numero di telefono fa parte del tuo gruppo, non ti resta che renderlo amministratore. Riceverai un messaggio di conferma una volta cliccato sull’opzione “Make an admin”

bug dei club su clubhouse

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Passo 5. Abbandona il tuo gruppo

Questa è la ciliegina sulla torta di un piano ben congeniato: abbandonare la scena del delitto e cancellare le prove cliccando Leave club.

Il malcapitato si troverà da solo nel gruppo da te creato, ne diverrà proprietario e non avrà modo di cancellarlo o abbandonarlo finché sarà l’unico admin presente.

il bug dei club

Una via d’uscita in realtà c’è, anche se eticamente non è proprio il massimo: per sfuggire alla trappola, la persona gabbata dovrà seguire il tuo esempio, ripetere questa procedura e “incastrare” qualcun altro. Almeno finché clubhouse non risolverà il bug.

 

VR\AR: dopo gli smartphone saranno la prossima tech-revolution?

Quarto appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

Per questa puntata lasciati trasportare in un viaggio tra i mondi virtuali di AR e VR, dalla loro evoluzione fino ad oggi: Oculus, smart glasses, smart assistance e tanto altro ancora, passando dal cinema, alla narrativa e al gaming.

Mirko Pallera, founder di Ninja, ha intervistato Mauro Rubin, CEO e Founder Joinpad, azienda che sviluppa e fornisce soluzioni tecnologiche in realtà aumentata per i processi industriali.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Differenza tra AR e VR: min 07,00
  • Cosa Mauro ha scoperto al World Conference of VR di Nanchang in Cina: min 15,40
  • Quali sono i device più utilizzati: min 20,40
  • Come il VR cambia l’entertainment: min 24,50
  • A cosa possono servire gli Smart Glasses: min 31,15
  • Cos’è un Smart Assistant in realtà aumentata: min 33,30
  • Gli scenari futuri e le implicazioni etiche: min 37,50

WORKPLACE

Una “workforce a 5G”: le sfide generazionali nel mondo del lavoro

  • Ripensare la gestione delle generazioni sul posto di lavoro è la nuova sfida per l’HR
  • L’inclusione generazionale come chiave di volta per riavviare il “firmware” delle organizzazioni

Non stiamo parlando della “quinta generazione” di telefonia mobile, ma stiamo parlando di persone: almeno 4 cluster + uno (o due) gruppi di età (giovanissimi o anziani) che rappresentano l’insieme di tutti gli stakeholder generazionali su cui impattano le politiche e le strategie aziendali elaborate dalla gestione HR, dentro e fuori l’azienda.

In quest’ultimo periodo sembra connotarsi sempre di più un’idea di futuro che apparterrà a quelle realtà che riusciranno infatti a prendersi cura anche della collettività, oltre che dei risultati di business.

Questa è l’epoca in cui le imprese dovranno mettere le persone al centro dei sistemi, e le aziende possono essere un’eccellente punto di mediazione tra la società civile e il mondo istituzionale, rivelandosi un potente acceleratore nel riuscire a guidare il cambiamento.

L’emergenza sanitaria e del mercato del lavoro non hanno fatto altro che risaltare ancora di più le criticità dei brand che non si dimostrano sostenibili e responsabili sia all’interno, sia all’esterno, in un’ottica di cittadinanza reale.

giovane al lavoro

LEGGI ANCHE: I consumatori chiedono un nuovo brand activism fatto di azioni concrete

Il progresso tecnologico ha già evidenziato, negli ultimi decenni, quanto il “personale” abbia rappresentato sempre più una difficoltà all’innovazione e al cambiamento per tutta l’organizzazione; con la “svolta” pandemica, si è evidenziato ancora di più quanto l’efficienza sia strettamente correlata all’efficacia, ma anche al benessere psico-fisico e alla capacità di trasformazione che gli individui riescono a praticare sul lavoro.

Stando all’ultima rilevazione Gartner 2021 HR Priorities Survey , l’orientamento degli HR leaders e di chi si occupa della gestione delle persone in azienda si focalizzerà infatti, nei prossimi mesi, principalmente sulla costruzione (e ri-costruzione) di critical skills per il 68% degli intervistati, accompagnata dall’esigenza complementare di effettuare azioni di change management e design organizzativo con priorità superiore al 40% del campione.

Sullo sfondo, ma non troppo, l’esercizio di re-immaginare il futuro del lavoro e l’“employee experience”, vista la rivoluzione epocale che si sta consumando a partire dall’emergenza sanitaria e che continuerà il suo percorso nella trasformabilità.

Il suono delle priorità per il mondo HR nell’articolato cammino verso il “new normal” è così composto da buzzwords che si sentono risuonare ormai continuamente nei corridoi (virtuali e non) delle aziende: smartworking, digital awareness, reskilling, inclusion e ripensamenti della leadership.

Ovviamente smartworking per ripensare la vita professionale in maniera più “intelligente”, digitalizzazione delle competenze per potenziare l’apporto umano che le nuove tecnologie possono dare al lavoro, employability o re.skilling per riformulare le competenze e i ruoli in azienda. Tutte azioni che hanno come denominatore comune la reattività al cambiamento continuo, l’“antifragilità” e la reazione iterata e proattiva all’ambiguità.

Che ruolo gioca la differenza generazionale in questo scenario

Secondo l’ultimo rapporto Deloitte Human Capital Trends 2020, il 70% delle organizzazioni afferma che guidare la forza lavoro multigenerazionale è importante o molto importante per il loro successo nel prossimo anno e mezzo, ma solo il 10% afferma di essere pronto ad affrontare questo trend.

report deloitte

In che modo l’inclusione generazionale può contribuire all’azienda? Ci sono molti modi in cui le imprese possono trarre vantaggio nell’abbracciare la diversità di culture di età differenti sul posto di lavoro. Sarà però necessario, come in tutte le battaglie di Diversity & Inclusion, passare dal mero “multiculturalismo” alla vera e propria “inclusione” che, se realmente perseguita, può apportare reali e significativi vantaggi all’organizzazione.

L’antropologa Margaret Mead, nel suo “Generazioni in conflitto” del 1972, spiegava che “Fino a poco tempo fa gli anziani potevano dire: “Vedi, io sono stato giovane, ma tu non sei mai stato vecchio”. Oggi però i giovani possono rispondere: “tu non sei mai stato giovane nel mondo in cui io sono giovane e non lo sarai mai”

Oggi, quanto mai si è allargata questa faglia che divide i mindset culturali delle persone, soprattutto laddove convivono abitualmente, ad esempio, sul luogo (fisico o virtuale) di lavoro.

In prima battuta, appaiono evidenti alcuni ritorni positivi immediati di questo approccio. Sicuramente per ciò che concerne la capacità di problem solving, (ogni generazione ha un approccio diverso nella risoluzione dei problemi e avere una forza-lavoro intergenerazionale può diventare  utile nel momento in cui si devono identificare potenziali soluzioni e nuovi modi di affrontare i problemi), di ascolto e comprensione dei target di comunicazione (ogni generazione è davvero unica, il che è avvantaggia l’organizzazione che può comprendere meglio i diversi destinatari che sta cercando di raggiungere), di opportunità di apprendimento (attraverso l’incontro generazionale, i dipendenti possono insegnare e imparare a vicenda nuovi modi di affrontare le cose e sistemi più efficienti di fare business) e di mentoring (che aiuta i dipendenti ad acquisire nuove competenze e informazioni, ma migliora anche il metodo di lavoro fianco a fianco).

Proviamo ad approfondire alcune keywords che sono annotate nell’agenda di chi si occupa di persone nell’organizzazione in questo momento storico:

RESKILLING

La forza lavoro attuale nelle aziende comprende le consuete 4 categorie generazionali (Baby Boomers, Generazione X, Millennial e Z Gen), è si può intuire facilmente quanto siano differenti le competenze che l’organizzazione, e gli employee stessi, vogliano accrescere nel corso della vita professionale. Contrariamente a quanto può sembrare, le nuove generazioni non sono interessate a sviluppare skills verticali e tech-driven, quanto abilità comunicative, relazionali, di creatività e gestione del tempo e delle proprie performance.

Contemporaneamente, molti employee stanno diventando molto più consapevoli e diretti rispetto alla formulazione dei reali fabbisogni formativi ed è facile scoprire quanto queste necessità formative inizino a convergere, indipendentemente dall’appartenenza ad una generazione o ad un’altra.

Lindsay Pollak, nel suo ultimo volume “The Remix: How to Lead and Succeed in the Multigenerational Workplace” (2019) segnala che più osserviamo le generazioni sul posto di lavoro, più somiglianze troviamo in ciò che le persone vogliono dal lavoro: purpose, scope, leadership comprensiva [“gentile”, nda], crescita e sviluppo professionale; tutti pilastri che non mutano. Ciò che cambia è il modo in cui ogni generazione esprime questi bisogni e le aspettative che vi sono riguardo al soddisfacimento da parte delle organizzazioni.

Leggere le necessità di re-skilling o di up-skilling con la lente generazionale inclusiva può permettere alle organizzazioni di trovare “in casa” diverse opportunità di mutuo scambio e apprendimento bi-direzionale tra giovani e adulti sul lavoro, o nella costruzione di percorsi di learning&development condivisi, senza barriere di età.

in ufficio

DIGITAL AWARENESS

Negli ultimi anni la consapevolezza che la Quarta Rivoluzione Industriale avrebbe riformulato completamente il concetto di lavoro nelle organizzazioni è stata lampante. Il mercato del lavoro del futuro dipinto dal World Economic Forum rappresenta da tempo la mutazione di settori e ruoli a partire dall’ingresso dell’automazione, della robotica e delle intelligenze artificiali nei processi produttivi. Ma, per le politiche di formazione delle persone in azienda, non si tratta di potenziare unicamente conoscenze e abilità.

La “terapia d’urto” della pandemia ha permesso a molti “laggards”, reticenti al cambiamento tecnologico, di fruire con maggiore destrezza di molti strumenti di comunicazione virtuale, soprattutto tra i più adulti.

La maturità digitale, però, non deve prevedere solo consapevolezze, ma anche un vero e proprio cambio di mindset, che può essere differente a livello generazionale. Per un giovane nativo digitale serve un maggiore critical thinking sugli strumenti che conosce e utilizza con una certa spontaneità, mentre per un adulto significa rendere ibrido il senso critico cresciuto nell’ambiente analogico con una maggiore consapevolezza sulle modalità di fruizione e utilizzo del digitale.

La Web Literacy (come viene declinata da Mozilla) ovvero saper leggere, scrivere e partecipare online è un’abilità fondamentale, ma lo è altrettanto la Mentalità Digitale, fatta del conoscere e valutare i contesti informativi, capire le implicazioni che la “digitalità” apporta per le persone e per il business, comprendere le dinamiche di interazione e relazione virtuale, assumere uno stile di lavoro aperto, collaborativo e delocalizzato, nonché conoscere gli aspetti di cybersecurity e del rispetto del proprio benessere psico-fisico collegato agli strumenti tecnologici (digital wellbeing).

Il livello di potenziamento della padronanza digitale può quindi accelerare vistosamente se si introduce l’inclusione generazionale come mezzo per fondere insieme i due mindset.

SMART WORKING

Come sappiamo, non si tratta di riformulare solo i luoghi e i tempi di lavoro, ma di ri-disegnare processi e obiettivi che convergano verso un nuovo mindset e una cultura del lavoro “smart”.

Anche qui le richieste da parte di employee di diverse generazioni iniziano a convergere rispetto alla ricerca di flessibilità degli orari e al contempo l’applicazione di un “remote working” che non sia proprio “duro e puro”: fino allo scorso anno sembrava essere una prerogativa dei più giovani, oggi questi principi valgono per una popolazione aziendale più ampia.

Perché coinvolgere giovani e adulti insieme nella definizione dello smart working? Perché sono loro che fruiranno dei luoghi e degli stili di lavoro nel futuro anche meno prossimo, veicolando l’intenzione di rinnovare il concetto di workplace attraverso nuovi modi di concepire gli ambienti di lavoro (da Head-Quarter ad Hub-Quarter, ad esempio), l’importanza che rivolgono alla mentorship dei colleghi senior e all’interazione efficace con i team di lavoro.

Come rilevato dall’Osservatorio One Day 2020 “Smart Working: il punto di vista di GenZ e Millennials” il 50% dei giovani intervistati si dichiara entusiasta dello smart working, mentre un 40% possiede un’opinione più articolata credendo sia un’opportunità se affiancata comunque al lavoro e alla formazione in ufficio.

Il 72% degli intervistati non vuole rinunciare all’ufficio, a patto che la sua funzione e i processi di lavoro vengano rivisti. Gli uffici del prossimo futuro dovranno essere luoghi in grado di promuovere la creatività, un approccio informale, la convivialità e il confronto: tutti principi di inclusione culturale su cui vale la pena insistere per proseguire nella trasformazione organizzativa.

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LEADERSHIP

Per anni c’è stato un visibile pregiudizio generazionale, soprattutto nei confronti dei Millennial, dipinti come generazione pigra, in cerca di attenzione, narcisista, che richiede un coaching costante, un feedback continuo e tante rassicurazioni sul lavoro.

La lettura è che probabilmente le nuove generazioni vorrebbero dei mentor più che dei manager. Semmai, questo bisogno di appagamento, questo desiderio di un purpose “alto”, ha a che fare molto con l’incertezza: i giovani desiderano fisiologicamente una guida e un senso dell’orientamento, soprattutto in un momento storico dove l’incertezza economica, sociale, sanitaria, è l’unica costante.

Una revisione della leadership e della managerialità verso i principi “agili” può diventare in questa ottica un importante passo di avvicinamento tra generazioni. Uno dei punti cardine dell’Agile è la realizzazione delle persone sul lavoro a partire anche dal singolo individuo.

manager

Far prendere consapevolezza alla persona di ciò che può fare e diventare all’interno dell’organizzazione è difatti uno dei pilastri dell’approccio. Esistono responsabilità condivise da gestire e per questo motivo le persone devono sapere con precisione di cosa si devono occupare e per quale motivo, con un aumento significativo della responsabilità, della trasparenza e della sicurezza psicologica da parte degli employee di tutte le età.

Tornando alla metafora iniziale, una caratteristica del sistema tecnologico di telefonia mobile 5G è il network slicing: si tratta di un’architettura di rete che consente di definire sulla stessa infrastruttura fisica un insieme di reti virtuali tra di loro indipendenti in grado di funzionare contemporaneamente, con grande efficienza e senza disturbi, come se avessero ognuna una propria rete fisica.

E in questa immagine ci sono diverse analogie con le pratiche Agile che, interpretate per il contesto delle Risorse Umane, possono instillare nuove visioni di funzionamento dei gruppi di lavoro e delle funzioni aziendali che, interrelate fra loro, mantengono un alto grado di responsabilizzazione e autonomia.

EMPLOYEE BRANDING, EXPERIENCE & INCLUSION

Parlare di attrattività di persone competenti per l’azienda significa inevitabilmente considerare l’employee experience e l’influenza che il contesto esercita sul singolo individuo. Kurt Lewin diceva che B = f(PE), ovvero il comportamento (e la cultura di un’azienda) degli individui è frutto della dinamica che si instaura tra la persona e l’ambiente.

Rendere il workplace aziendale un luogo di inclusione generazionale permette di trasmettere e veicolare valori e cultura aziendale attrattiva per le nuove generazioni.

Come riporta il “Linkedin Global Talent Trends 2020”, i fattori più importanti che sono percepiti quasi in egual misura da generazioni junior e senior sono proprio gli aspetti culturali e di ispirazione, molto più di un purpose sostenibile e “alto”.

Non bisogna comunque dimenticare che, unitamente alla costruzione di una learning organization intergenerazionale, sarà sempre utile fare riferimento a modelli autentici e trasparenti di narrazione della vita di azienda e al caring nei confronti di tutti gli stakeholder che si trovano al di fuori dei confini aziendali in termini di sostenibilità, cittadinanza e territorialità, per trasmettere cultura e valori aziendali che rappresentino una cultura inclusiva tout-court.

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Tutto questo per dire che la strada per il dialogo e l’ibridazione tra esperienza e innovazione, nel mondo People&Culture, è appena iniziata, basterà seguire attentamente le indicazioni dell’inclusione tra generazioni.

LEGO - svolta sostenibile dei brand

La svolta sostenibile dei brand verso un’economia sempre più circolare

  • Le idee green di LEGO per il riutilizzo dei mattoncini e la sua plastica vegetale
  • IKEA lancia le istruzioni per smontare i mobili
  • Júlia Roca Vera trasforma i rifiuti alimentari in prodotti per la cura della pelle

 

I marchi che non aderiranno all’economia circolare saranno presto fuori dal giro. Il consumismo è ormai diventato una parolaccia e in quest’ottica i brand diventano fautori di un nuovo modello che intende proteggere la terra dagli sprechi e dall’inquinamento.

Il raggiungimento di una soglia carbon neutrality, riferita al raggiungimento di zero emissioni nette di anidride carbonica, non è sufficiente per compensare il disordine ambientale in cui ci troviamo attualmente, ma siamo consapevoli che il concetto di economia circolare sia in grado di diventare rigenerativo, in tutti i sensi.

Accade nel campo del design ma anche in quello della cosmesi, come vedremo. Gli esempi di IKEA e LEGO dimostrano che anche i grandi marchi possono puntare sulla sostenibilità, rivoluzionando la propria value proposition.

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Il decennio della responsabilità sociale (CSR), che mirava a difendere il valore generato dalle aziende, è ormai superato e quella che oggi sembra assumere i caratteri di una moda passeggera, in realtà diventa una seria dichiarazione di intenti, in grado di fare “all in” sulla filosofia impatto zero.

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Largo a brand e progetti sempre più green che dedicano tempo e risorse nel perfezionare il proprio approccio alla sostenibilità.

Le sperimentazioni di LEGO

In qualità di produttore di giocattoli in plastica, negli ultimi anni LEGO ha sperimentato diversi modi per affrontare le sfide di un prodotto che non ha fine. La maggior parte delle persone conserva i mattoncini come reliquie, da tramandare ai propri figli o ai nipoti. Altre necessitano di un modo sicuro per smaltirli o per donarli.

Per questa ragione, l’azienda danese ha investito in iniziative sostenibili e filantropiche come “LEGO Replay”, il programma che raccoglie mattoncini LEGO non più in uso, per donarli a organizzazioni no profit che assicurano l’accesso al gioco dei bambini. Il progetto pare funzionare.

Negli ultimi 12 mesi, l’azienda ha ricevuto 100 tonnellate di mattoncini Lego usati, che sono stati ridistribuiti ad oltre 22.000 bambini attraverso i partner di beneficenza.

Inoltre, da anni LEGO è impegnata nello studio di un modo alternativo per produrre i suoi mattoncini con la plastica di origine vegetale.

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Botanical, la nuova linea LEGO in plastica vegetale

IKEA rilascia le Istruzioni per lo smontaggio dei mobili

A proposito di sostenibilità, IKEA ce la sta mettendo tutta con le sue sperimentazioni a favore dell’ambiente.

sostenibile

Logo presente sulle confezioni dei prodotti riacquistati IKEA

A partire dalle matitine, adesso sempre meno presenti negli store, fino all’eliminazione del catalogo cartaceo. Negli ultimi anni l’azienda svedese ha avviato diversi test per provare a eliminare gli sprechi attraverso la digitalizzazione.

A dicembre, ha scelto di riallocare la spesa pubblicitaria natalizia negli sforzi in sostenibilità, con una campagna incentrata sull’ambiente, che enuncia il suo impegno per l’economia circolare:

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L’ultimo passo a favore dell’ambiente, del colosso dell’arredamento, è di qualche giorno fa. Le iconiche linee guida “facili da seguire” ora mostrano come si smonta un mobile.

“La sostenibilità è al centro di tutto ciò che facciamo in IKEA e rimaniamo impegnati a introdurre nuovi modi per promuovere il consumo circolare, al fine di contribuire a raggiungere il nostro obiettivo di diventare un’azienda completamente circolare e positiva per il clima entro il 2030”, spiega Hege Sæbjørnsen, Country Sustainability Manager di IKEA UK & Ireland.

Le “istruzioni per lo smontaggio” hanno lo scopo di incoraggiare i clienti a prolungare la vita dei prodotti.

Per riuscire nell’intento, l’azienda dovrà garantire che il 100% dei materiali utilizzati per realizzare il suo catalogo di 12.000 prodotti saranno realizzati con materiali riciclati e riciclabili.

Trasformare prodotti ortofrutticoli in skincare

La designer spagnola Júlia Roca Vera recentemente ha creato una linea di cosmetici a base di scarti di frutta per motivi puramente estetici, ma soprattutto per incoraggiare le persone a fare uso di prodotti di scarto.

Per procurarsi i rifiuti alimentari ha collaborato con un’impresa sociale spangola chiamata Espigoladors, che salva la frutta e la verdura prima di essere buttata.

Chiamata Lleig, dalla parola catalana che significa brutto, la gamma comprende quattro prodotti realizzati utilizzando un unico frutto, scartato dal produttore perché non conforme agli standard qualitativi dei cosmetici presenti nei supermercati.

Si stima infatti che più di un terzo della produzione orticola totale dell’Unione europea vada perduto proprio per questo motivo. I prodotti che non soddisfano questi standard potrebbero perdersi nella catena di approvvigionamento alimentare, non arrivando mai allo scaffale di un supermercato.

La giovane designer ha preso un’arancia per vedere quanti prodotti riusciva a realizzare da un solo frutto, per capire come sfruttarlo al meglio e ridurre la quantità di rifiuti. Da quest’arancia, ha estratto la polpa e gli oli essenziali per creare una crema idratante e un sapone, ha grattato la buccia per formarla in una composizione speciale, ha poi spremuto il succo da bere.

La gamma è progettata per essere utilizzata come parte di un rituale che attinge a tradizioni olistiche da bagno molto antiche.

Come parte del rituale, le persone possono riempire il barattolo di argilla (fornito nella confezione) con acqua e versarlo nella ciotola. L’acqua è l’elemento cardine, perché se mescolata con la buccia d’arancia essiccata e usata per lavare il viso, è in grado di richiamare gesti antichi come quelli della cultura greca.

Il progetto Lleig incoraggia un approccio olistico alla bellezza che privilegia la salute e il benessere, rispetto all’aspetto esteriore.

Arriva Levissima R-PET: la prima bottiglia in plastica riciclata

Un impegno concreto per un mondo più sostenibile è quello che Levissima mette in atto producendo la prima bottiglia realizzata con il 100% di plastica riciclata. Dopo essere stata la prima in Italia ad aver lanciato il BIO based PET nel segmento bevande non alcoliche, l’azienda attua ora una rivoluzione nel ridurre l’utilizzo di materie prime.

Grazie alla nuova normativa entrata in vigore a gennaio 2021, si è reso possibile l’utilizzo di bottiglie e vaschette ad uso alimentare in Pet riciclato fino al 100%, ampliando il limite fissato al 50% della precedente legge.

La prima bottiglia riciclata al 100%

Levissima da sempre impegnata nella tutela dell’ambiente e nella promozione di una economia circolare, si è quindi immediatamente attivata e ha realizzato la prima bottiglia di acqua minerale in Italia composta da Plastica PET riciclata al 100% (RPET 100%).

Siamo orgogliosi di essere i primi realizzare una bottiglia fatta con il 100% di plastica riciclata (R-PET), che rappresenta un grande passo avanti per Levissima e un impegno concreto per un mondo più sostenibile, nei confronti di coloro che hanno a cuore il riciclo e l’utilizzo delle risorse. Un traguardo che si lega al progetto Regeneration, il piano di sostenibilità con cui Levissima coinvolge le persone in un percorso di consumo responsabile e di tutela dell’ambiente, a partire dall’educazione al corretto riciclo.

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Spiega Stefano Marini, CEO Sanpellegrino Group Nestlé:

La plastica, se adeguatamente riciclata, non è un rifiuto, ma una risorsa da cui possono nascere nuove bottiglie o oggetti utili per la comunità: per rendere ancora più visibile questo impegno, l’etichetta delle bottiglie Levissima RPET 100% contiene un forte messaggio: “Ricicliamo Insieme”. Siamo orgogliosi di mettere a disposizione la forza del nostro brand per comunicare un messaggio così importante.

Il termine R-PET (Recycled polietilene tereftalato) indica un polimero ottenuto attraverso processi di recupero e riciclaggio del comune PET post consumo utilizzato per contenere alimenti. Si tratta di un materiale identico per qualità, sicurezza e resistenza al PET tradizionale, che è uno dei materiali migliori in grado di mantenere inalterate le caratteristiche uniche di purezza originaria dell’acqua minerale, garantendo che arrivi sulle tavole dei consumatori così come sgorga alla fonte. Il R-PET, inoltre, come il PET vergine, può essere riciclato un numero di volte quasi infinito.

In questo modo, ogni bottiglia può rientrare nel ciclo produttivo come componente di valore per la tutela e il rispetto dell’ambiente. Il PET riciclato, infatti, permette di abbassare i valori dell’impronta di CO2 legata alla produzione: secondi i dati del The New Plastics Economy Global Commitment 2019 Progress Report, la produzione di 1 tonnellata di R-PET consente di risparmiare cinque barili di petrolio ovvero di 1,6 tonnellate di CO2, l’equivalente di quanta CO2 produce una citycar che percorre quasi 15.000 chilometri in un anno.

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Concetto che sposa Coripet a cui aderisce il Gruppo Sanpellegrino. Coripet, è, infatti, il consorzio volontario, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente – tra imbottigliatori, converter e riciclatori – che si occupa della raccolta e del riciclo delle bottiglie in PET in nuove bottiglie con l’obiettivo di trasformare un potenziale rifiuto in una preziosa risorsa da immettere nuovamente nel ciclo produttivo attraverso un approccio di economia circolare “bottle to bottle”, ovvero tramite l’attivazione di una filiera italiana chiusa per il riciclo del PET.

Levissima, da sempre impegnata nel promuovere un’economia circolare della plastica, è stata la prima azienda in Italia a utilizzare il PET riciclato con il lancio de La Litro con il 25% di R-PET nel 2010. Nel luglio del 2020 Levissima ha presentato una gamma di 5 referenze realizzate con il 30% di R-PET.

Relativamente al packaging, Levissima entro il 2025 si impegna a raggiungere il 50% di PET riciclato all’interno di tutta la gamma dei suoi prodotti.

Le bottiglie di Acqua Minerale Naturale realizzate con il 100% di plastica PET riciclata saranno disponibili nei formati da 0,75 e da 1lt non gasata.

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Panoramica EdTech: numeri, trend e investimenti nel settore

Sono molti gli aspetti della nostra vita ad essere cambiati, per via del coronavirus, nell’ultimo anno. Tuttavia, una delle tendenze più evidenti è rappresentata dall’utilizzo forzato della tecnologia, in quasi ogni aspetto della nostra vita.

Questa “rivoluzione digitale” non è di certo arrivata all’improvviso, anzi, precede la pandemia di molti anni. Ma di fronte ai rigidi blocchi, la nostra dipendenza dai dispositivi digitali per tutto, dal lavoro alla vita sociale, possiamo affermare che è aumentata da un giorno all’altro.

Siamo arrivati a un punto di svolta e ora sembra certo che la tecnologia giocherà un ruolo ancora più importante nelle nostre vite, anche una volta tornati alla cosiddetta “normalità”.

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Il volto mutevole dell’EdTech

Un settore in cui questa tendenza è stata particolarmente evidente è quello dell’educazione.

Questo dettaglio forse può essere sfuggito a chi non ha figli o non è direttamente coinvolto nel sistema educativo, ma come molti possono testimoniare, c’è stato un grande cambiamento al riguardo.

L’ormai diffuso trasferimento della didattica dalla scuola alla casa ha dato il via a un movimento di integrazione digitale, che promette di restare. Basta guardare le previsioni di HolonIQ per la spesa in EdTech nei prossimi anni.

edtech

Prima dell’arrivo del Covid, HolonIQ aveva previsto che l’importo speso in EdTech a livello globale sarebbe aumentato da 183 miliardi di dollari nel 2019 a 341 miliardi di dollari entro il 2025. Questa è già una traiettoria di crescita impressionante. Ma in una stima post-Covid, l’azienda ha rivisto la sua cifra a 404 miliardi di dollari.

Questo è un tasso di crescita annuale composto del 12,2% nei prossimi 5 anni da una base del 2020 di 227 miliardi di dollari. Che si tratti di realtà aumentata, realtà virtuale, AI, robotica o blockchain, è stata aperta la porta alle aziende che offrono tecnologie in grado di cambiare il modo in cui le persone imparano.

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E il cambiamento arriva al momento giusto: si stima che ci saranno circa 2 miliardi di studenti in più in tutto il mondo entro il 2050.

2 billion

Con la crescita del PIL e l’emergere di classi medie benestanti nei mercati in via di sviluppo, sempre più persone avranno bisogno di istruzione. L’assenza di un certo livello di istruzione nell’infanzia non è più un’opzione per una parte crescente del mondo.

La tecnologia dovrà intervenire dove le infrastrutture fisiche non possono. Oggi, i dipendenti con competenze specifiche, quelli che vengono chiamati i “lavoratori della conoscenza“, stanno diventando sempre più attraenti per i datori di lavoro. Non solo questo sta costringendo più individui a perseguire una formazione post-secondaria, vale a dire una laurea o qualcosa di equivalente, ma sta anche portando all’aumento dell’apprendimento degli adulti.

Per rimanere competitivi in un mondo di robotica, automazione e di rapidi progressi tecnologici, sarà necessaria una costante riqualificazione e aggiornamento delle competenze. L’apprendimento permanente diventerà la norma, che include l’apprendimento sul lavoro ma anche inteso come processo di evoluzione personale.

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Stretched at the seams

La realtà è che i sistemi educativi di oggi non sono stati costruiti per una crescita enorme. Infatti, stanno già cedendo sotto la pressione delle richieste attuali.

Come abbiamo visto in innumerevoli altri settori, la tecnologia rappresenta una soluzione potente. Che si tratti di banche, vendita al dettaglio o sanità, la digitalizzazione può ridurre i costi, aumentare l’efficienza e, infine, estendere la capacità.

Tuttavia, fino ad ora, l’istruzione è stato un settore che ha tardato ad evolversi dal punto di vista digitale. Se torniamo indietro di soli due anni fino al 2019, la spesa digitale rappresenta appena il 3,1% della spesa totale per l’istruzione a livello globale.

Il potenziale di crescita colossale è stato notato anche dai venture capitalist. Gli investimenti in EdTech sono aumentati di molto tra il 2010 e il 2020, con il 2020 che è stato l’anno del blockbuster.

holon iq

Ma sta anche diventando un’opportunità sempre più valida per gli investitori regolari grazie ad un marcato aumento delle IPO nel settore dell’istruzione negli ultimi cinque
anni.

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Tuttavia, questa rimane un’opportunità ancora difficile da cogliere. Nonostante la forte crescita del settore EdTech, anni di sottoutilizzo rappresentano una base molto bassa.

Il market cap per le aziende educative a livello globale è attualmente di circa 300 miliardi di dollari contro un mercato totale di 5 trilioni di dollari. Confrontando questo dato con un market cap globale di 5 trilioni di dollari per le aziende sanitarie, contro un mercato totale di 8 trilioni di dollari, si noterà come la scala dei potenziali rendimenti a lungo termine inizi a diventare più evidente.

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Infatti, anche se la spesa EdTech soddisfa la nuova previsione di HolonIQ di 404 miliardi di dollari entro il 2025, rappresenterà solo il 5,2% della spesa totale per l’istruzione in tutto il mondo.

Possiamo affermare come l’evoluzione del settore Ed tech sia tuttora in atto e come il Covid sia stato un acceleratore. E grazie a una combinazione tra i sottoinvestimenti e quella che sarà la futura dipendenza digitale degli studenti in tutto il mondo, le prospettive sembrano estremamente positive.

Saranno i primi investitori ad essere ricompensati di più.

LifeGate Wall: Opel inaugura il muro dedicato alla sostenibilità tra i palazzi di Milano

Nasce a Milano LifeGate Wall, il progetto promosso da LifeGate che inaugura con Opel, in via Canonica 25, il primo murale dedicato alla sostenibilità ambientale e sociale. Attraverso la street art, una parete di 200 metri quadrati tra i palazzi cittadini, vuole rivolgere alla cittadinanza messaggi legati alla salvaguardia degli ecosistemi e alla riduzione degli squilibri sociali.

Opel è promotrice della rinascita dei centri urbani attraverso la scelta di una mobilità sostenibile e presenta “Simply Electric”, il murale che ha come soggetto un grande fiore a rappresentare la rinascita della natura, frutto di abitudini e comportamenti che ognuno di noi deve portare avanti con responsabilità nei confronti dell’ambiente.

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Le dichiarazioni di Enea Roveda, CEO Di LifeGate:

Da oltre vent’anni ci occupiamo di sostenibilità e siamo convinti che il coinvolgimento dei singoli individui sia fondamentale per diventare parte del cambiamento, attraverso scelte e abitudini quotidiane. Siamo felici di dedicare alla nostra città uno spazio che parla di ambiente, di rispetto e di futuro, per i cittadini milanesi e per le prossime generazioni.

Il commento del Direttore di Brand Opel Italia, Fabio Mazzeo:

L’impegno di Opel verso la mobilità sostenibile è tangibile. La nostra gamma di veicoli elettrificati si amplia sempre più e durante quest’anno raggiungerà 9 vetture e 3 veicoli commerciali elettrificati, un impegno concreto. Una mobilità accessibile ad un vasto pubblico, come nella migliore tradizione di Opel da oltre 120 anni.

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I murales sono ideati e realizzati dal collettivo Orticanoodles, lo pseudonimo di due street artisti italiani, Walter “Wally” Contipelli e Alessandra “Alita” Montanari, che dal 2004, dalla base operativa nel quartiere Ortica di Milano, ha riempito oltre 15 mila metri quadrati di muri della città e ha fatto la sua comparsa tra le strade delle principali città europee.

Abbiamo deciso di rappresentare un fiore in quanto simboleggia perfettamente il momento delicato che stiamo attraversando, in cui la Natura indica la via per mantenere una corretta condotta nel rapporto infinito tra Uomo e Ambiente. L’opera è realizzata con una speciale pittura che rimuove dall’aria sostanze nocive andandola a purificare: così come un vero fiore compie la sua quotidiana azione di bilanciare l’equilibrio naturale, così la nuova opera permetterà al quartiere di respirare un’aria più pulita.

spiega Wally degli Orticanoodles.

pubblicità inclusive

Le pubblicità più inclusive per la Giornata Internazionale della Donna

” Women in leadership: Achieving an equal future in a COVID-19 world “: questo è il tema della Giornata Internazionale della Donna 2021. Si celebrano gli impegni delle donne di tutto il mondo nel costruire una ripresa dalla pandemia, nel mondo del lavoro e nella società, in maniera più equa.

Ad oggi, infatti, la copertura femminile nelle posizioni di leadership è ancora minima. Come lo è del resto anche la loro partecipazione nei processi decisionali, come esposto dal rapporto del Segretario generale delle Nazioni Unite: “Solo in 22 Paesi i capi di Stato sono donne e solo il 24,9% dei parlamentari nazionali sono donne. Al ritmo di progresso attuale, l’uguaglianza di genere tra i capi di governo richiederà altri 130 anni”.

Il tema di quest’anno ci ricorda che donne e uomini sono meritevoli allo stesso modo di poter plasmare il mondo. Le donne hanno il diritto di pensare ad un futuro lontano dagli stereotipi, dalla violenza e da qualsiasi tipo di discriminazione. Una battaglia per l’uguaglianza che continua il suo percorso, per ritrovarsi in un futuro giustamente equo. Una battaglia che vediamo su più fronti, dove aziende e brand danno il loro contributo attraverso iniziative, campagne di sensibilizzazione, divulgando messaggi chiari, forti e a volte di denuncia contro la disparità di genere.

Lego – What it is beautiful (2021)

Il Gruppo Lego celebra la festa della donna reinterpretando la sua iconica pubblicità del 1981. A quarant’anni dalla nascita di “What it is beautiful” Lego chiede alle famiglie di mostrare le potenzialità e gli interessi delle proprie figlie attraverso le loro creative costruzioni e immaginandole già come future donne leader.

La ricerca di Lego Play Well ha rivelato infatti che la maggior parte dei genitori ritiene che le differenze di genere derivino dai modelli sociali e non dall’indole dei bambini.

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La campagna mira a sostenere le bambine che attraverso le loro passioni e la loro indole saranno le responsabili del cambiamento sociale e dei modelli lavorativi della prossima generazione. Insieme a loro, Lego si impegna a creare posizioni lavorative più inclusive e all’altezza delle loro aspirazioni.

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Scotiabank – #SaidBefore (2021)

Le donne chiedono uguali diritti da più di cent’anni. Nel 1915  Nellie McClung, attivista politica che si battè affinchè le donne fossero considerate dalla legge come persone, affermò: “Sappiamo che non esiste l’uguaglianza dei risultati, ma ciò che chiediamo è l’uguaglianza di possibilità, l’uguaglianza di opportunità“.

Le donne hanno urlato uguaglianza, hanno manifestato per questo diritto: qualche passo avanti è stato fatto. Ma non è ancora abbastanza. Non basta ripeterlo, bisogna agire. Scotiabank festeggia il giorno internazionale delle donne offrendo il suo impegno nelle pari opportunità nel mondo del lavoro, contribuendo ad abbattere tutte le barriere che le donne sono costrette ad affrontate.

Dove – #StopTheBeautyTest (2021)

Dove famosa per divulgare con costanza il concetto di bellezza intesa come autenticità, lancia una nuova campagna per la giornata internazionale della donna che affronta il delicato tema dei matrimoni combinati in India. Lo spot racconta storie reali di donne rifiutate perché diverse dallo stereotipo di bellezza.

A dimostrazione di come l’aspetto fisico sia ancora una grave discriminante. Dove ancora una volta si vota alla sensibilizzazione e alla promozione di un messaggio inclusivo: la bellezza si trova nelle particolarità e non nei difetti. La vera bellezza è essere autentiche.

Nike – Lose Count | Stronger Than One (2021)

Il brand celebre per essere vicino a molte nobili cause, questa volta è intenzionato ad invogliare ed ispirare ogni donna verso gli sport che da sempre hanno visto i ragazzi come gli unici atleti possibili. Nike ha infatti investito insieme alla NFL 5 milioni di dollari per promuovere il Girl Flag Football ( in cui l’azione non è bloccata dal placcaggio fisico ma dallo scalpo di una piccola bandiera attaccata ad una cintura) in tutte le scuole degli USA.

Le ragazze dovrebbero crescere in un mondo in cui giocare a football è normale, come lo è per i ragazzi. Le ragazze oggi si battono per l’equità nello sport, in modo che in futuro qualsiasi tipo di corpo potrà essere quello di un’atleta.

Prega News – #SheIsCompleteInHerself (2021)

La società legata ancora ai pregiudizi di genere e ruolo è da sempre più dura con le donne, soprattutto quando si parla di maternità. In India, l’infertilità colpisce una coppia su sei e ciò che rende tutto più insofferente sono i giudizi e a volte i consigli rivolti in queste circostanze. L’impressione generale sembra dire che solo la maternità può veramente completare una donna. Il modo irrispettoso con cui si parla di infertilità in tv si riflette con un isolamento delle donne a livello sociale ed emotivo.

Per questo Prega News, brand del più famoso test di gravidanza indiano, celebra la donna semplicemente per quello che è, lanciando l’hashtag #SheIsCompleteInHerself. La maternità non completa la donna, non la realizza e non la rende umanamente migliore: ogni donna nasce già completa, come l’uomo. C’è invece bisogno di un radicale cambiamento, di un’evoluzione culturale, sociale e famigliare.

Netflix- International Women’s day (2021)

Netflix celebra la giornata internazionale della donna con un omaggio al suo coraggio nell’affrontare nuove situazioni, proporre nuovi modelli e scrivere nuove storie. Come ci mostra nel suo video, le donne hanno da sempre rappresentato (o interpretato) il punto di rottura con i pregiudizi sociali, di ruolo o di orientamento sessuale. Essere le prime è già di per sé un atto rivoluzionario e di cambiamento: “quando si racconta una storia mai raccontata, questa avrà un effetto esponenziale su chi la ascolta…”

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Levi’s – I shape my word (2020)

Senza eccezioni, senza qualificazioni di genere. Tutto quello per cui le donne hanno studiato ed affrontato il mondo del lavoro deve essere riconosciuto con i titoli giusti. Non di certo con storpiature e nomignoli che dequalificano il loro livello professionale. Le donne stanno facendo cose straordinarie, stanno ricodificando la società ed il mondo del lavoro. Non chiamiamole “giornalista donna”, “lady boss” o “producer donna”.

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McDonald’s – International Women’s Day (2020)

Il celebre fast food stravolge di nuovo gli archi del suo logo, questa volta per celebrare le donne e per rendere onore agli straordinari risultati ottenuti dalle donne, soprattutto nei suoi ristoranti. McDonald’s ci tiene a far presente che nella maggior parte dei suoi fast food i ruoli manageriali sono svolti da donne.

Nel suo video per la giornata internazionale della donna 2020 McDonald’s racconta orgogliosamente la storia di Patricia Williams, entrata come operatrice nel 1984 e divenuta nel corso degli anni imprenditrice e proprietaria di 18 ristoranti, insieme alle sue figlie. Patricia ha affrontato diverse difficoltà senza mai perdere tenacia ed ambizione. Ed è a lei, come a tutte le donne che non si arrendono che McDonald’s dedica il suo omaggio.

Budweiser & #SeeHer (2019)

Budweiser, da sempre legato al mondo maschile, ridisegna la donna come protagonista della sua identità. Nella sua campagna del 2019, per celebrare la giornata internazionale della donna, il brand ha reinventato alcuni dei suoi annunci stampa degli anni ’50 e ’60. In linea con il modello dell’uomo “sovrano” di quegli anni, oggi sarebbero dichiaratamente sessisti.

In partnership con il movimento #SeeHer, Budweiser ha riproposto ruoli femminili più equi e dignitosi. Ogni annuncio affronta alcuni dei diritti delle donne, come uguaglianza, indipendenza e realizzazione.

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In partnership con il movimento #SeeHer (e con le illustratrici Heather Landis, Nicole Evans e Dena Cooper) Budweiser ha riproposto ruoli femminili più equi e dignitosi. Ogni annuncio affronta alcuni dei diritti delle donne, come uguaglianza, indipendenza e realizzazione.

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digital tool della settimana

Weet, Zoomoff e Mubi, i digital tool della settimana

I tool di questa settimana ci aiutano a comunicare più facilmente, ad esempio attraverso un servizio di messaggistica video istantanea, oppure “a non farlo”, disconnettendoci al momento giusto quando ne abbiamo la necessità.

Mentre alcuni strumenti sono quindi utili a migliorare la nostra produttività e concludere i task perdendo meno tempo possibile, altri ci regalano quei cinque minuti di spensieratezza davvero necessari quando lo stress da lavoro inizia a farsi sentire.

Per il primo e per il secondo scopo, ecco a voi i digital tool selezionati per questa settimana.

Dimentica Giphy

tool moobi

Una nuova app del servizio di streaming di film d’autore Mubi permette ai cinefili di portare i film direttamente nei loro messaggi. Con Mubi puoi digitare semplicemente il tuo testo nell’app e verrà fuori un remix di clip personalizzato, pronto da inviare.

Scappa da Zoom

tool zoom off

Scusa, ho una chiamata importante!” Quale migliore motivazione per fuggire dall’ennesima noiosissima call su Zoom? Con Zoomoff puoi far squillare il telefono o far suonare il campanello e procurarti così l’alibi perfetto.

Comunicare da remoto

tool weet

Non sempre le chat e la messaggistica istantanea sono sufficienti a spiegare un progetto o ad annunciare novità al team in smart working. Weet è uno strumento di messaggistica video che ti permette di avere conversazioni asincrone con il tuo team, ma anche con partner e clienti. Include registrazione istantanea, condivisione dello schermo, sfondo virtuale, filtri video, emoji e ricche opzioni di commento.

Solo l’essenziale

tool uptime

Vorresti leggere di più o seguire corsi utili per la tua carriera, ma non hai tempo? Uptime è l’app che fa per te: potrai scoprire nuove idee da più di 1500 libri, corsi e documentari e studiarli in appena 5 minuti. Un tool progettato per rendere l’apprendimento divertente e memorabile.

Un profilo perfetto per Clubhouse

tool photo changer

Se stai cercando di perfezionare la tua presenza sul social vocale, puoi provare anche Photo BG Changer. Modifica la tua immagine profilo aggiungendo uno sfondo colorato come elemento distintivo.

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Se hai trovato utili questi tool, attiva la prova gratuita di Ninja PRO Information. Riceverai ogni giorno le news sempre aggiornate (anche in versione audio), insight, analisi degli esperti e i nostri consigli sui migliori strumenti.

club su Clubhouse

Ora tutti possono aprire un club su Clubhouse. Ecco come si fa

Aprire un club su Clubhouse è ora una funzione disponibile per tutti gli account.

Da oggi, infatti, puoi seguire il club di Ninja Marketing sul social più in voga del momento e rimanere aggiornato sulle più importanti notizie del tech e del digital con il consueto appuntamento della Room Ninja Morning, in diretta tutte le mattine dalle 9.00 alle 9.30.

Oltre alla redazione Ninja, nella room incontrerai anche tanti ospiti, esperti e professionisti del marketing che ogni giorno commentano insieme le news.

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Aprire un club su Clubhouse, ecco come fare

La creazione del club è velocissima: sarà infatti sufficiente aprire il tuo profilo per visualizzare, in basso a sinistra, un “segno più” da cliccare per avviare l’apertura.

clubhouse clubs club su clubhouse

Non riesci a vederlo? Prova ad aggiornare l’app (oppure a disinstallarla e re installarla) per risolvere il problema.

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Il passo successivo sarà impostare i dati del club che vuoi creare, quindi nome, immagine del club e altre informazioni utili per le persone a cui potrebbero interessare le tue attività. in più, potrai selezionare caratteristiche aggiuntive per rendere pubblica o privata la lista dei membri, ad esempio e consentire ai potenziali follower di seguire il gruppo.

Successivamente, verrai indirizzato alla scelta dei topic in modo che le persone che seguono gli argomenti attinenti al club che hai creato su Clubhouse possano individuarti facilmente.

aprire club su clubhouse

Trovare un club

Come avrai visto nell’immagine precedente, cercare (e trovare) un club su Clubhouse è semplicissimo. Ti basterà cliccare sulla solita lente di ingrandimento per visualizzare il box della ricerca. A questo punto, potrai selezionare “people” o “clubs” per cercare nel database corretto. Iniziando a digitare il nome che ti interessa trovare, apparirà nella lista, se disponibile.

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Una nuova opportunità anche per i brand

Prima di questo nuovo aggiornamento, l’apertura di un club su Clubhouse richiedeva una procedura più lunga e complicata, sottoposta poi ad approvazione da parte dello staff dell’applicazione. Ora invece l’operazione può essere conclusa con pochi passaggi e poco sforzo e c’è da aspettarsi una proliferazione di club con i temi più vari. Ci sono però alcune limitazioni, legate al numero di club che è possibile aprire in un determinato periodo di tempo, oppure in relazione a quanto si è attivi sul social network.

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Cos’è Clubhouse

Per chi ancora non lo sapesse, Clubhouse è una piattaforma di social media basata sui contenuti audio, una sorta di podcast interattivo in tempo reale. Le conversazioni sono organizzate in chat tematiche tra le quali si può navigare e si può scegliere di partecipare alla conversazione o limitarsi ad ascoltare. Le chat possono anche essere create dagli iscritti al servizio.

Una caratteristica importante è che “quello che viene detto su Clubhouse, rimane su Clubhouse”. Non è infatti possibile scaricare o condividere le conversazioni e i file audio ed è una pratica vietata dalle policy della piattaforma.

Al momento, infatti, puoi accedere alla piattaforma esclusivamente su invito, anche se è possibile iniziare a registrarsi con l’account che si vorrà utilizzare una volta invitati.

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