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Natale

Guida al marketing per un Natale che si preannuncia diverso da tutti gli altri

  • A seguito degli stravolgimenti causati dalla pandemia da COVID-19, la stagione natalizia si preannuncia diversa rispetto agli altri anni.
  • Ecco 5 insight chiave per capire i comportamenti dei consumatori online e creare campagne di marketing efficaci.

 

Questa stagione natalizia sembrerà diversa rispetto agli altri anni. Alla luce degli eventi del 2020, tutti noi ci sentiremo un po’ più grati per quello che abbiamo e faremo tesoro del tempo trascorso con la nostra famiglia e gli amici. Per questo motivo, il Natale continuerà ad essere il momento giusto per fare shopping, cercare regali e festeggiare.

Mentre pianifichi le tue campagne di marketing e crei i tuoi messaggi, usa gli insight di questa guida per capire come si evolvono i pensieri e i comportamenti dei tuoi clienti.

La ricerca di sicurezza

Il COVID-19 ha sconvolto le nostre vite e mutato il nostro modo fare acquisti e comunicare, spingendo sempre più shopper a fare affidamento sulla tecnologia. Anche se l’adozione del digitale era già in crescita, la pandemia ha accelerato questo trend, incoraggiando soprattutto i meno giovani a provare l’eCommerce.

 

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Questa tendenza continuerà durante il periodo natalizio. La sicurezza sarà al centro dell’attenzione di chi preferisce evitare il contatto fisico e i luoghi affollati.

Le persone faranno sempre più shopping online e cercheranno servizi convenienti e contactless capaci di garantire esperienze di acquisto sicure.

Per adattarsi a queste nuove istanze, i brand dovranno valutare la possibilità di offrire un’esperienza d’acquisto basata sul click-and-collect, un’opzione vitale durante il periodo natalizio poiché amplia le possibilità degli acquisti online e facilita lo shopping last-minute.

I vantaggi della connessione

La messaggistica offre un modo semplice e istantaneo per connettersi con le aziende e con le persone. I brand che favoriscono la connessione con i propri clienti contribuiscono a stimolare la considerazione e l’engagement nei propri confronti.

Infatti,  il 40% degli acquirenti a livello globale dichiara di essere più predisposta ad acquistare da un’azienda che può essere contattata tramite messaggistica.

La ricerca di novità

Il Natale è sempre stato un momento di grande sperimentazione. In media, il 64% degli acquirenti globali ha provato nuovi prodotti durante questo periodo dell’anno.

Per questo, una buona mossa è quella di aiutare le persone a identificare quali prodotti soddisfano le loro preferenze e sono più rilevanti, focalizzando la comunicazione su qualità, utilità o accessibilità.

Guida i tuoi clienti a scoprire quello che amano attraverso un’esperienza online personalizzata. Entra in contatto con quelli più propensi alla scoperta e ispirali lungo il path to purchase, creando contenuti interattivi.

L’importanza del brand activism

Ancora più che in passato, durante la pandemia le persone si aspettano dalle aziende azioni concrete, non di puro marketing.

È questo il periodo giusto per costruire la tua brand identity e raccontare in modo chiaro e semplice come stai contribuendo a supportare la comunità durante la pandemia da COVID-19.

Dialoga con le persone in modo autentico: aiutale a scoprire i tuoi valori e le tue azioni di responsabilità sociale. Considera l’idea di fare campagne benefiche e offrire agli utenti la possibilità di contribuire attraverso raccolte fondi e donazioni su Facebook o Instagram.

La ricerca di empatia

Mostra empatia e sensibilità verso gli stravolgimenti che questo momento storico ha portato nella vita dei tuoi clienti e delle persone in generale.

Monitora regolarmente le tue iniziative di marketing per assicurarti che i tuoi messaggi siano sempre empatici e pertinenti.  E soprattutto, ricorda, le idee che sviluppi devono arricchire la vita del tuo pubblico e della tua comunità.

In che modo il tuo brand può ispirare e migliorare la vita delle persone?

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L’Indie Podcasting e la rinascita dell’audio digitale: si conferma il trend di crescita

  • I numeri, da oltre due anni, vedono una crescita esponenziale ulteriormente rafforzata dal lockdown.
  • Professionisti del mondo radiofonico, influencer digitali, giornalisti, ma anche psicologi, avvocati, dentisti, scrittori dilettanti e addirittura adolescenti veri speaker “in erba”. Ecco chi sono i podcaster di oggi.

 

La crescita del podcasting e le opportunità che si stanno sviluppando attorno a una nuova cultura sembrano ormai conclamate.

I numeri, da oltre due anni, vedono una crescita esponenziale ulteriormente rafforzata dal lockdown che ha visto fiorire una moltitudine di nuovi podcaster (+500% secondo la piattaforma Spreaker) negli ultimi mesi. Questi si aggiungono alla community di content creator del mondo dell’audio che da anni pubblicano contenuti free, di valore e li diffondono sulle più grandi piattaforme, come Spotify e Amazon, che li hanno integrati e fatti crescere esponenzialmente in termini di notorietà. 

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I podcaster come gli Indie

La community di podcaster assomiglia per analogia alla cultura Indie, che ha rappresentato dagli anni ’80 il mondo underground di musica autoprodotta non legata alle major, che affonda le radici nel post-punk. E un po’ come nell’Italian Indie che ha dato esempio negli ultimi anni di grande fulgore popolare, la narrazione dei podcaster nei suoi testi punta su immagini quotidiane e dirette, autentiche, che fanno venir meno anche i tabù, con linguaggi a volte specifici delle community professionali o delle realtà culturali che rappresentano.

Non solo, rappresentano molte spesso delle proprie passioni personali che vengono espresse, con la voce, a volte anche in forma imperfetta ma autentica.

Ci ritrovi infatti doppiatori, professionisti del mondo radiofonico, influencer digitali, giornalisti, ma anche psicologi, avvocati, dentisti, scrittori dilettanti e addirittura adolescenti veri speaker “in erba”, tutti accomunati dalla passione di trasmettere al mondo con la propria voce storie, notizie, riflessioni e contenuti educativi.

La comunità dei podcaster italiani si ritrova da alcuni anni al Festival del Podcasting. L’ultima edizione si è tenuta il 9 e il 10 ottobre del 2020 in versione digitale, con una kermesse dedicata al podcasting libero, a cui partecipano tutti i player che ruotano intorno al mercato del podcast italiano: dagli editori, alle radio, alle startup, alle grandi major del suono.

Tra i tanti contenuti rilevanti emersi nella maratona di webinar e interventi è interessante notare sicuramente la conferma dei trend sugli ascolti. 12,1 milioni di ascoltatori in Italia con un incremento del 16% year-to-year e + 1,8 milioni dal 2018. Con 23 minuti di ascolto medio delle puntate, l’edutainment è la parola chiave dei contenuti che vengono prodotti, tra programmi di intrattenimento e di approfondimento, oltre alle news che costituiscono più del 40% dei topic di podcasting.

LEGGI ANCHE: Podcast, che cosa dice il primo Report Italia 2019 di Voxnest

Il podcast come fenomeno

L’Italia si colloca tra i Paesi in cui la creazione di podcast è in più rapida crescita, dietro a Brasile, Gran Bretagna, Canada e Colombia, e secondo gli ultimi dati che Spotify (luglio 2020) ha rappresentato durante la kermesse, confermano che il 21% dei propri ascoltatori è un fruitore di podcast, confermando le aspettative dichiarate dal CEO Daniel Ek nel febbraio del 2019, con un target di Spotify listener che in Italia è per il 71% di fascia giovanile (dai 18 ai 34 anni).

A sancire la concretezza del fenomeno vi sono anche diverse pubblicazioni che raccontano e spiegano la rinascita di questo canale; tra quelle presentate al Festival già in libreria o di prossima uscita: Chiara Boracchi (a cura di) “Branded Podcast: dal racconto alla promozione. Come dare voce ad aziende e istituzioni culturali” Dario Flaccovio Edizioni; Damiano Crognali “Podcast. Il nuovo Rinascimento dell’audio. Come raccontare, pubblicare, promuovere storie da ascoltare”, Roi Edizioni; Luigi Lupo, Podcasting. La radio di contenuto ritorna sul Web, Meltemi.

Il mondo del marketing è già attento a questo nuovo trend in termini di advertising e branded content, soprattutto in termini di posizionamento della brand awareness e di consideration.

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Ma le peculiarità dello strumento (che non è certo nuovo, ma il movimento culturale si) ne permettono la diffusione anche in altri campi orientati al people management, alla comunicazione interna e a tutto l’universo culturale. La peculiarità dell’ascolto della voce permette infatti di instaurare un rapporto di maggiore fiducia con l’ascoltatore che si integra bene nella quotidianità, oggi troppo spesso fatta di video e distrazioni ricevute dalle notifiche degli smartphone.

Tra le grandi novità emerse durante il Festival c’è anche l’apertura per la prima volta del tema dei diritti dei podcaster, che in quanto creator di contenuti avranno bisogno a breve di essere regolamentati dal sistema dei diritti di riproduzione e della tutela della proprietà intellettuale dei propri contenuti e che verrà sostenuta dalla neonata Assipod – Associazione Italiana Podcaster.

In uno scenario di mercato dalle tinte a tratti preoccupanti, focalizzare l’attenzione e ascoltare i nuovi trend può anche far immaginare nuove professioni e nuove applicazioni dell’audio e dello storytelling di aziende e istituzioni. E l’innovazione abbiamo imparato in questo millennio, passa spesso per la rete e l’universo dei creatori Indipendenti. Quindi buona fortuna a “Il sorprendente album d’esordio de.. I podcaster”.

Eventi, eCommerce, tecnologia: cosa è cambiato e quali sono i trend da tenere d’occhio

Sembra ormai essere chiaro a tutti che aspettare semplicemente che la crisi passi non è possibile. La normalità come la conoscevamo tarderà a ripresentarsi e sempre più spesso sentiamo parlare di New Normal.

Ma come tutte le crisi, anche questo periodo può nascondere grandi opportunità, guardando da prospettive differenti i problemi e comprendendo da vicino quali sono le reali esigenze delle persone.

Questo è ciò che ha fatto Justbit, la Digital Factory che ha sviluppato una nuova app per mettere in connessione le persone in tempo reale, insieme a Tramp, agenzia di eventi e relazioni pubbliche. E l’app ha trovato subito applicazione in un progetto per Nastro Azzurro.

Oggi più che mai riunire le persone, promuovere le community e creare connessioni è essenziale. Anche se è necessario farlo in modo diverso.

Per scoprire come la tecnologia ci aiuta ad affrontare anche questo cambiamento nel modo in cui le persone stanno insieme, abbiamo rivolto alcune domande a Marco Rabacchi (Co-Founder & Art director Tramp), a Carmine Vittorio Esposito (Partner & Business Developer – Justbit), a Mattia Minozzi (Trade Marketing Manager – Birra Peroni) e a Giulio Carucci (Jr Brand Manager Nastro Azzurro presso Birra Peroni).

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Come si sta reinventando il settore degli eventi

Com’è cambiato il mondo degli eventi a seguito della pandemia, e come è nata l’applicazione? 

«Si tratta di uno tra i settori più colpiti, il primo a doversi reinventare per fare tempestivamente di necessità virtù. L’intero sistema eventi ed intrattenimento F&B è diventato improvvisamente non solo obsoleto, ma il veicolo più rischioso, il pericolo numero uno in termini di diffusione del virus. Sicché, come in ogni cambiamento drastico, vale la spietata regola della natura “adattarsi o crepare”.

Partendo da questa ottica – ci spiega Marco Rabacchi – ed imprenditorialmente costretti a navigare a vista, i margini di lavoro futuribile si assottigliano radicalmente.
Una delle strategie attuate per evitare il rischio di estinzione aziendale è stata puntare sulla crescita della fidelizzazione digitale del network, attraverso lo sviluppo di contenuti e servizi innovativi, da affiancare ed in parziale sostituzione del palinsesto delle attivazioni standard».

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Il ruolo della tecnologia

Com’è nata l’app sviluppata da Justbit e quali sono i possibili ambiti di utilizzo? 

«Durante la pandemia abbiamo ricevuto molte richieste da istituzioni e aziende di diversi settori per la progettazione e lo sviluppo di soluzioni digitali – ci racconta Carmine Vittorio Esposito -. In particolare ci siamo occupati di un progetto in ambito sanitario per consentire ai medici il monitoraggio da remoto dei parametri dei pazienti affetti da covid, attraverso un’applicazione dedicata.

Il settore degli eventi è stato un altro ambito nel quale siamo stati chiamati in causa e dove abbiamo avuto la possibilità di reagire prontamente grazie all’esperienza maturata negli ultimi anni, essendo presenti sul mercato con una piattaforma proprietaria, utilizzata da alcune delle principali aziende del paese per la digitalizzazione del flusso organizzativo dei loro eventi.

Durante il lockdown abbiamo sviluppato insieme all’agenzia di eventi Tramp e con la sponsorship di Birra Peroni (con il brand Nastro Azzurro) una piattaforma capace di offrire sia un nuovo format phygital alla propria community, sia uno strumento di fidelizzazione, profilazione e comunicazione con il proprio network. Ogni invitato genera la sua digital card (Qrcode presente in una sezione dell’app), grazie alla quale il personale di accoglienza, potrà gestire la presenza e conoscere le specifiche del cliente per migliorare il servizio.

L’app diventa soprattutto un strumento di socializzazione, consentendo, attraverso chat di gruppo e conversazioni private abilitate da logiche di matching, interazioni digitali in sicurezza durante l’evento fisico . Questa soluzione fornisce un’alternativa alla difficoltà di circolare liberamente all’interno delle location durante gli eventi limitando il networking a causa delle misura di contenimento adottate per contrastare la diffusione del virus».

A quali aspetti avete deciso di dare priorità quando avete immaginato le funzioni dell’applicazione?

«Dovendo nominare due aspetti su tutti – sottolinea Marco Rabacchi-, direi che l’applicazione da una parte valorizza il network, offrendo una gamma di nuovi servizi e contenuti, pensati sul binario della nuova normalità, prima durante e dopo l’evento. In questo senso la “chat dell’evento”, live, è emblematica: nella nuova normalità gli eventi sono fruibili solo “da seduti”, con prenotazione personale; è interdetta la possibilità di accedere per consumare al bar, o alzarsi per ballare in pista; è quindi fortemente ridotta la possibilità di interazione tra ospiti di gruppi diversi.

La chat generale durante l’evento è uno degli strumenti che sopperisce a questo vuoto: riservata alle figure di spicco dello staff come dj, hostess, e direttori, insieme agli affiliati al network Tramp per la durata dell’evento, che si conoscano o meno e senza lasciare il numero di telefono.

Dall’altra l’applicazione diventa uno strumento indispensabile per la sicurezza e la certificazione degli ospiti, giacché nella nuova normalità tutto deve essere impostato a monte, con un’organizzazione “militare” degli ingressi e delle prenotazioni. Ed anche la selezione degli inviti diventa fondamentale, poiché ogni venue ha capienza ridotta, ed ogni ingresso deve avere il suo perché».

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Come cambiano le abitudini delle persone

Le abitudini dei consumatori si sono completamente modificate oggi, ma quali sono i trend per il futuro? Questi cambiamenti possiamo supporre che siano qui per restare? 

«A seguito della pandemia, alcuni comportamenti d’acquisto dei consumatori sono cambiati. Abbiamo registrato un grande aumento dei consumi nella distribuzione organizzata a discapito di quelli nel canale Horeca».

A fare il punto è Mattia Minozzi di Birra Peroni, che ricorda anche che in questo periodo «abbiamo assistito alla grande esplosione del canale eCommerce, già in forte crescita nel periodo pre-covid.

Concentrandoci in particolare sull’eCommerce, ci dobbiamo dunque aspettare una “new normality” per il canale con una penetrazione in grande aumento su tutto il territorio italiano ed un maggior focus da parte delle aziende».

Giulio Carucci infine aggiunge: «Anche lato marketing, abbiamo potuto assistere, d’altronde, ad una necessità sempre maggiore da parte di tutti quei brand che vivono di occasioni di consumo “offline”, di doversi reinventare per adattarsi al cambiamento repentino nelle abitudini dei consumatori, dettato dalla situazione di questi ultimi mesi.

Nastro Azzurro è un esempio lampante di questa esigenza: fin dall’inizio della crisi ha infatti convertito tempestivamente la propria strategia comunicativa, realizzando numerose iniziative volte, da un lato, a supportare la comunità in cui opera, come nel caso della campagna “#UNABIRRAPERDOMANI” con la quale sono stati raccolti 500.000€ a supporto della ristorazione italiana e, da un altro, a far vivere esperienze rilevanti per il consumer, anche da casa propria.

Proprio per questo motivo, abbiamo deciso di lavorare insieme in questa partnership per sperimentare nuove forme di interazione tra utenti».

Dal badge all’ufficio infinito di Facebook: ecco come sarà la nostra prossima vita professionale

  • Call, video call, ritardi, riunioni, email, la vita lavorativa on site ha una routine demanding, contorniata da ritardi e magari traffico.
  • Lo smart working sarà il futuro della vita professionale. I trend in crescita segnalano che non sarà più un’eccezione o una componente residuale della vita lavorativa.
  • More smart and less phisical: l’ufficio si smaterializza e diventa completamente virtuale con FB Infinite Office.

 

CTRL+C, CTRL+V, ho una call, sposto il meeting e il business travel.

E ancora: sveglia alle 7.30, prendi il bus, corri perché sei in ritardo, accompagna bimbi a scuola, entra in ufficio per iniziare la giornata.

Riunioni fiume, email su email, call e video call.

Quante volte l’abbiamo fatto? E quante volte siamo arrivati in ritardo? Abbiamo perso bus, tram, metro? E, ancora, abbiamo annullato call e posticipato cene in famiglia?

Insomma, alzi la mano chi è uscito indenne da tutto ciò durante la propria professional life.

Probabilmente non ci sarà nessuna standing ovation, in effetti è capitato un po’ a tutti.

Sì, certo, lo smart working, soprattutto in questi ultimi mesi, ha cambiato tantissimo le nostre abitudini lavorative, ma si può fare ancora di più: siamo solo all’inizio di una vera e propria rivoluzione.

Less physical, more smart

Gli scettici dello smart working sono ancora tanti. C’è chi ancora concepisce il lavoro come un qualcosa dalla presenza necessaria, seduti alla scrivania dalle 9.00 alle 18.00.

E non importa se obiettivi e task non sono stati fissati, l’importante è che tu ci sia.

Visione obsoleta, scandita dal cosiddetto timbro del cartellino.

Il futuro dovrebbe essere il management by objective, ovvero gestire le risorse per obiettivi e non in base alla presenza in ufficio.

smart working infinite office

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Si, soprattutto oggi con i DPCM che lo “raccomandano fortemente”, lo smart working e le relative policy sono un tema caldo.

E se provassimo ad andare uno step forward? Se l’ufficio non avesse più confini, se non ci fossero più il desk, il PC e il telefono? Se non fosse più richiesta la nostra presenza e se lo smart working non fosse più un qualcosa di straordinario?

In poche parole, se l’ufficio si dematerializzasse e fosse virtuale?

Infinite Office

Sì, se l’ufficio fosse infinito?

Durante il lockdown abbiamo appurato che il digitale ha ridotto ogni distanza. Abbiamo potuto lavorare, senza essere necessariamente in ufficio.

Abbiamo fatto meeting virtuali, partecipato a sessioni formative da remoto. Dunque, in parte, abbiamo già sperimentato il lavoro agile, con tanto di interview svolte metà in camicia e metà in pigiama (ormai sono un clichè).

E allora qual è lo step forward?

In occasione dell’evento Oculus Connect, Facebook, ora proprietaria di Oculus, ha presentato il nuovo modello Quest2. Si tratta di un sistema di realtà virtuale all- in -one, più piccolo e leggero rispetto alla versione precedente. La novità è che, nonostante i visori VR siano stati ideati ed utilizzati soprattutto per l’intrattenimento con lo sviluppo di appositi videogiochi, questi dispositivi possono essere d’aiuto anche per la produttività.

smart working infinite office

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Proprio per quest’ambito, Facebook ha annunciato Oculus Infinite Office, che ricrea un ambiente virtuale con il quale interagire tramite gesture, consentendo così di lavorare ai propri progetti ovunque e un qualunque momento.

Cioè, per dirla in maniera semplificata: indossi il device e sei in ufficio. Tramite gesture puoi inviare email, partecipare a meeting, fare call, portare avanti progetti.

smart working infinite office

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Super interessante anche la possibilità offerta dal visore di vedere ugualmente quello che ci circonda e regolare la trasparenza degli oggetti a schermo.

Una tastiera Logitech, abbinata ad Oculus, permette di digitare nella vita reale e di vedere poi il risultato negli schermi virtuali.

Cosi, il badge sarà presto un ricordo.

Trend

In Europa il 17% dei lavoratori è oggi in smart working. I danesi in testa con il 37% del totale, Italia ultima con il 7% (siamo ancora fan del badge).

Fuori dal Vecchio Continente, USA e Giappone sono intorno al 40% e il trend è in crescita, a prescindere dalla pandemia.

Visti i trend in crescita, si presume che lo smart working nei prossimi anni non rappresenterà più un’eccezione né sarà una componente residuale del lavoro d’ufficio. E le persone che lavorano da casa potrebbero non disporre di uno spazio di lavoro ampio per disporre i diversi monitor (pratica utilizzata spesso per migliorare la produttività).

Infinite Office consente di posizionare i monitor in uno spazio virtuale, in modo da rendere più efficace la giornata lavorativa.

Una rivoluzione non solo tech, ma anche umana se si considera quanto possa cambiare (e magari essere più equilibrato) il cosiddetto work life balance.

Sicuramente c’è ancora tanta strada da fare: FB ha affermato che Infinite Office verrà rilasciato come funzionalità sperimentale per Quest 2 durante quest’inverno. Nessuna parola per l’uscita definitiva.

smart working infinite office

E noi? Saremo capaci di gestire il cambiamento o continueremo ad essere legati al ragionier Ugo (Fantozzi alias Paolo Villaggio), personaggio in cui si si è riconosciuta non solo una classe di lavoratori (gli impiegati), ma una generazione intera, che vedeva nel posto fisso l’unica situazione lavorativa ed esistenziale possibile?

Allora, siete ancora fan del badge?

Rebranding di ottobre: Gmail, Catawiki e Bing

  • Una breve analisi sulle nuove icone di G Suite.
  • Anche LinkedIn lancia una riprogettazione importante e rende le storie disponibili a tutti.
  • Continua la fase di rebranding di Bing che diventa Microsoft Bing
  • I word checker, Thesarus.com e Dictionary.com, aggiornano i loro portali insieme ai loghi.
  • Il rebranding di Catawiki e la nuova piattaforma digitale,

 

Quando un’azienda attiva un processo di rebranding non vuole solo migliorare il proprio appeal. Molto spesso intende cambiare obiettivi, messaggi, tono di voce, stile e qualsiasi altra cosa contribuisca all’immagine. Se fatto bene, questo passaggio consente a un’azienda di adattarsi al cambiamento e di migliorare la visibilità e la differenziazione del prodotto. Ecco le principali riprogettazioni del mese appena trascorso.

Le nuove icone di Google Workspace

Google si è davvero divertito con i nuovi loghi di G Suite. Il colosso di Mountain View ha recentemente rivelato la nuova icona di Gmail insieme alle altre di Google Workspace: Calendar, Drive, Docs e Meet.

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Ma andiamo con ordine e proviamo a ripercorrere questo progetto di design attraverso tre aspetti fondamentali: la forma, il colore e il valore del marchio.

È sicuramente apprezzato l’intento di unificare il linguaggio visivo delle varie app della suite, ma il risultato non si può proprio considerare un successo.

L’aggiornamento è arrivato a metà ottobre. Molti utenti hanno subito espresso le loro frustrazioni sul nuovo design, sostenendo fosse troppo simile alle altre icone di Google Workspace.

  • L’iconico design della busta rossa di Gmail (che risale a più di dieci anni fa) lascia il posto a un’icona più minimalista, la quale presenta gli ormai colori distintivi di Google: rosso, verde, giallo e blu. Un allontanamento eccessivo dal logo classico a “M” e quindi dalla forma a busta, indicatore chiave per identificare quale fosse la scheda della posta elettronica aperta su Chrome. Il tentativo di migliorare l’usabilità è sicuramente fallito, in quanto lo sforzo cognitivo per riconoscere e distinguere le icone è maggiore del precedente.
  • I servizi sembrano perdere i colori caratterizzanti, come il rosso di Gmail o il blu di Calendar. I colori sovrapposti creano inoltre confusione: aggiungono una complessità difficile da percepire su piccola scala. Per esempio, il logo originale di Drive aveva tre colori e un po’ di ombreggiatura, una soluzione sicuramente più safe rispetto a quella attuale che lo fa apparire come un simbolo di biorischio.
  • Il problema fondamentale è che ora Gmail, che opera come un marchio autonomo da più di un decennio, viene messo al pari di altri servizi che non hanno la stessa portata, soprattutto in termini di utilizzo. Così Gmail diventa solo un’altra forma arcobaleno in un mare di forme arcobaleno, molto simili tra loro.

Nonostante il ronzio negativo attorno a questo restyling, è improbabile che la società decida di tornare ai loghi precedenti o di prendere in considerazione un’altra riprogettazione tra qualche mese.

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Il redesign di Linkedin

LinkedIn lancia una riprogettazione importante e rende le storie disponibili a tutti. Si tratta del più grosso rinnovamento della piattaforma degli ultimi cinque anni.

Rebranding di Ottobre: Gmail, Catawiki, Bing e il redesign di LinkedIn

Il social network, dal 2016 controllato da Microsoft, è cresciuto fino a diventare una community impegnata di oltre 700 milioni di professionisti in tutto il mondo che condividono contenuti, inviano messaggi e seguono corsi di LinkedIn Learning per migliorare le proprie competenze.

Le modifiche rendono la piattaforma calda, inclusiva, moderna e intuitiva. Offre un’esperienza di ricerca più snella per incoraggiare una migliore esplorazione di persone, eventi, gruppi e contenuti. L’inclusione e l’accessibilità sono i principi fondamentali del design, rumors annunciano che arriverà molto presto anche una modalità dark.

LinkedIn ha semplificato l’avvio di riunioni online, si potrà avviare una videochiamata su Teams, BlueJeans o Zoom, direttamente da un thread di messaggi LinkedIn.

Le LinkedIn Stories, hanno lo stesso formato di quelle delle altre piattaforme, solo che adesso risultano inserite in un contesto più professionale.

Rebranding di Ottobre: Gmail, Catawiki, Bing e il redesign di LinkedIn

Sebbene abbia perfettamente senso, poiché aumenta in modo significativo il coinvolgimento, molti utenti hanno criticato la decisione di implementare le stories anche su questo canale.

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Durante i test, milioni di membri LinkedIn hanno utilizzato le stories “per connettersi in modo più personale e meno formale con i loro colleghi e amici, soprattutto durante il periodo COVID.

LinkedIn vuole stare al passo con i tempi e le stories sembrano essere il futuro della condivisione dei contenuti, con la maggior parte delle piattaforme social che stanno investendo pesantemente nell’implementazione di questo formato.

Continua la fase di rebranding di Bing che diventa Microsoft Bing

Microsoft ha rinominato il suo motore di ricerca Bing in Microsoft Bing, come parte di un progetto di rebranding più ampio. Microsoft non è entrata nei dettagli sul motivo per cui ha aggiunto il nome dell’azienda al marchio Bing.

Rebranding di Ottobre: Gmail, Catawiki, Bing e il redesign di LinkedIn

Di recente la società di Bill Gates ha sperimentato i loghi di Bing, alcuni di questi lavori sono apparsi temporaneamente nel motore di ricerca.

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Il gigante della ricerca ha scelto di aggiungere la firma Microsoft a molti dei suoi prodotti negli ultimi anni, basti pensare ai recenti piani Microsoft 365 di Office 365.

Rebranding

In questa fase di passaggio Bing sta utilizzando sia il logo aggiornato e sia un logo Microsoft Bing, come si vede sulla home page del motore di ricerca. Non è chiaro se alla fine ritirerà il logo Bing in favore di questo logo più Microsoft o semplicemente utilizzerà entrambi in futuro.

Brand-refresh per Thesaurus e Dictionary

I noti word checker di Internet, Thesarus.com e Dictionary.com, hanno recentemente aggiornato i loro siti Web insieme ai loro loghi. Se ti sei trovato a cercare una parola per convincere qualcuno del contrario durante una discussione, è probabile che ti sei imbattuto in uno di questi portali.

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Due marchi, parte del nostro quotidiano, che rappresentano delle risorse utili, in termini di editing e correzioni grammaticali. Con oltre 15.000 voci aggiornate su argomenti che vanno dalla razza all’orientamento sessuale, passando per clima e cultura digitale.

I due siti sono sono stati avviati nel 1995 e acquisiti nel 2008 da IAC, che possiede anche Match.com, Vimeo e il servizio di dating Tinder. La Gilbert’s Rock Holdings lo scorso mese ha dichiarato di aver acquistato i due siti dalla società di comunicazione con sede a New York IAC. I termini dell’accordo non sono stati divulgati.

In questo rebranding sparisce la simbologia simile al sole davanti alle lettere principali dei due loghi. La nuova versione vede una porta aperta, sia per Thesaurus.com che per Dictionary.com, simbolo che può significare l’inclusività ma anche l’apertura e la predisposizione ad accogliere nuovi termini che verranno.

Il rebranding di Catawiki e la nuova piattaforma digitale

Catawiki lancia una nuova visual identity tutta da scoprire. La piattaforma di aste online per l’acquisto e la vendita di oggetti speciali e da collezione cambia il proprio brandmark insieme all’immagine coordinata.

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Fondata nel 2008 come community online per collezionisti, dal 2011, Catawiki ospita aste online settimanali, in varie categorie come fumetti vintage, modellini di treni, monete, orologi, arte, gioielli e auto d’epoca.

Al progetto di rebranding ha lavorato l’agenzia internazionale dentsuACHTUNG che ha saputo cogliere i tratti distintivi della società olandese che nel giro di pochi anni è cresciuta sino a diventare un punto di riferimento per collector di ogni genere.

Il rebranding passa attraverso il rifacimento dell’intera immagine coordinata. Cambiano sia la font family che la color palette, che adesso accende di blu elettrico i diversi punti di contatto.

Anche il portale è stato ridisegnato in coerenza con la nuova identità. La call to action in Home Page “Find your next…” con la search bar servita cattura immediatamente l’attenzione degli utenti, fornendo le informazioni in maniera semplice ed efficace.

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Interessante anche l’utilizzo della C come finestra sul mondo Catawiki, anche se ampiamente utilizzata da tantissimi altri brand.

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Election Day 2020: le migliori campagne dei brand

  • Le elezioni presidenziali 2020 negli Stati Uniti sono state accompagnate da una serie di campagne dei brand per incentivare l’affluenza alle urne.
  • L’obiettivo è stato quello di rendere più consapevoli le persone e agevolarle nella procedura di registrazione al voto.
  • In un paese in cui l’affluenza è notoriamente bassa, il brand activism mira a creare partecipazione tra le fasce meno rappresentate.

 

Con la pandemia da Covid-19 ancora in corso, l’economia in recessione e le questioni legate all’ambiente e ai diritti della comunità afroamericana che restano al centro dei dibattiti, l’attesa del prossimo Election Day 2020 continua a tenere gli Stati Uniti (e non solo) con il fiato sospeso.

E se da un lato non è inedita nella storia americana la partecipazione alle campagne elettorali anche di organi normalmente estranei alla politica, d’altra parte l’impegno dei grandi marchi è un fenomeno abbastanza recente.

La tendenza sembra essere una logica conseguenza della crescita del brand activism che quest’anno ha raggiunto il culmine: le questioni sociali e la necessità di cambiamento sembrerebbero non poter essere trascurate nella comunicazione con il pubblico.

Dopo l’assassinio di George Floyd, per tutta l’estate i brand hanno soppesato sul razzismo e sugli abusi della polizia, ogni parola delle loro campagne.

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Diverse fonti evidenziano una crescita negli ultimi anni della percentuale di consumatori che dichiarano di essere attenti alle scelte di responsabilità sociale dei marchi che acquistano, in particolar modo nella fascia di età 18-34.

Un articolo pubblicato da Harward Business Review mette, però, in evidenza una grande criticità del brand activism in tema di politica.

Adottare un approccio di parte all’impegno civico può alienare dipendenti o clienti nell’ambiente iperpartitico di oggi. Il nostro studio trova un punto debole per le aziende: essere a favore della democrazia e dell’elettorato, senza essere di parte.

Ma non vi è nessuna presa di posizione nel sostenere apertamente la democrazia, se non ci si schiera a favore di nessuno dei due candidati. Oltre a stimolare la partecipazione degli elettori, le aziende affermano di aver tratto benefici dai programmi di impegno civico, come aumentare la consapevolezza del marchio tra i consumatori o rafforzare i rapporti con dipendenti e azionisti.

VOTE!

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Il focus resta quindi stimolare l’affluenza alle urne, che negli Stati Uniti è notoriamente molto bassa, rispetto agli standard internazionali.

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Innanzitutto, diversamente dall’Italia, per votare bisogna iscriversi volontariamente nelle liste elettorali, e questo scoraggia una vasta fetta dell’elettorato, generalmente più povera e meno istruita.

La percentuale di non votanti aumenta in modo significativo anche se ci si sposta nella fascia under 25.

Meno del 56% della popolazione in età di voto ha votato alle elezioni presidenziali del 2016, con un leggero aumento rispetto al 2012 ma inferiore rispetto al 2008.

Ma, come confermato dalla maggior parte degli americani, ciò che s’intende con “alta affluenza” varia molto da paese a paese e secondo quale metro di valutazione si utilizza.

When we all vote

When we all vote è l’organizzazione no-profit fondata da Michelle Obama con lo scopo di colmare i gap di età e razza tra gli elettori, cambiando la cultura del voto e stringendo partnership strategiche per raggiungere tutti gli americani.

 

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Obiettivo dell’associazione è quello di guidare le aziende e le organizzazioni partner, fornendo gli strumenti e la formazione necessaria affinché i loro clienti, dipendenti e membri comprendano come votare e partecipino in maniera più attiva e informata.

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Oltre a tutte le iniziative finalizzate al coinvolgimento e all’informazione, When we all vote ha svolto un ruolo fondamentale nella divulgazione della campagna VOTE, che ha coinvolto molti brand del fashion, tra cui Levi’s, Gap, Patagonia, Michael Kors.

Tutti i capi d’abbigliamento e gli accessori delle edizioni limitate “VOTE” sono disponibili anche sul sito dell’associazione, nella sezione Vote 4ever Merch.

La scelta non è ricaduta casualmente sullo streetwear: la campagna si rivolge principalmente alla fascia più giovane della popolazione, tradizionalmente la più sottorappresentata nella registrazione degli elettori.

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Snipes x Puma – #USEYOURVOICE

La collaborazione di Snipes con Puma per la campagna #USEYOURVOICE, nasce con lo scopo non solo di rendere più accessibile agli elettori la procedura di registrazione, ma anche di informare e sensibilizzare.

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In tutti i 95 punti vendita Snipes, sono stati allestiti degli speciali chioschi  con schermo touch screen, in cui tramite registrazione o scansione del QR code si viene rimandati al sito di registrazione al voto o ai siti d’informazione del proprio stato.

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Quattro negozi tecnologicamente più avanzati, tre a Filadelfia e il primo shop 2.0 presso il Barclays Center di Brooklyn, dispongono di chioschi Vengo interattivi che inviano collegamenti di registrazione degli elettori e dispensano mascherine riutilizzabili SNIPES USA x Puma #USEYOURVOICE. Tutti gli altri punti vendita utilizzeranno la segnaletica personalizzata in negozio con codici QR.

La campagna #USEYOURVOICE è durata fino alla scadenza per la registrazione degli elettori, il 19 ottobre.

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Time to vote

Oltre che parlare ai consumatori, le aziende sostengono anche programmi rivolti ai dipendenti.

Time to vote è un’organizzazione no-profit nata nel 2018 proprio con questo scopo: garantire ai dipendenti delle aziende partner un programma di lavoro che permettesse loro di votare alle elezioni di medio termine. Sempre nel 2018 è stata registrata la più alta affluenza alle elezioni di medio termine degli ultimi decenni, e Time To Vote ha avuto menzioni da The New York Times, The Washington Post e The Boston Globe.

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Time to vote si pone come movimento apartitico che mira a creare una comunità imprenditoriale attivamente impegnata nell’affrontare le questioni più significative del nostro tempo.

Tra le aziende partner ci sono Abercrombie & Fitch, Backcountry, Dick’s Sporting Goods, Eileen Fisher, Gap, Harbor Freight Tools, J. Crew, Levi Strauss & Co., Macy’s, Madewell, Nike, Obey Clothing, Patagonia, Steve Madden, Stitch Fix, Target, The North Face, Timberland, Walmart e Warby Parker.

Molte di queste aziende offrono ferie retribuite oppure orari flessibili per i dipendenti che si offrono volontari nei seggi elettorali.

Levi’s si è impegnata a fornire 15.000 mascherine per i lavoratori del sondaggio “per garantire che nessuno debba scegliere tra il proprio voto e la propria salute”, ha affermato il presidente e CEO Chip Bergh in una dichiarazione.

Patagonia: make a plan to vote

Patagonia ha sempre fatto della sostenibilità ambientale una pietra angolare della filosofia del brand. L’incoscienza delle azioni intraprese dall’amministrazione Trump ha dato una spinta per intraprendere ulteriori azioni e a lanciare un messaggio non più così sottile

A cominciare proprio dal messaggio cucito nell’etichetta dei suoi pantaloni “Vote the assholes out” che, come dichiarato dall’azienda, non si rivolge solo a Trump ma qualsiasi politico che neghi la realtà del cambiamento climatico.

Make a plan to vote è la call to action con cui Patagonia lancia la sua iniziativa di per i diritti di voto incentrata sul sostegno ai propri clienti e dipendenti nella registrazione degli elettori, in particolare tra le comunità di colore che incontrano maggiori difficoltà anche solo per la registrazione.

Email Marketing, influencer e merchandising

Le aziende hanno adottato approcci molto diversi tra loro per affrontare questioni politiche.

Ben&Jerry’s ha dedicato un podcast Who We Are: A Chronicle Of Racism In America, alle questioni razziste per lanciare il suo appello a smantellare la supremazia bianca.

 

La Gap Inc. ha lanciato la campagna, Stand United per creare una community “unità per l’umanità e l’uguaglianza”. Definita dalla stessa azienda una spinta di marketing a 360 gradi, lo sforzo di Gap include una pagina dedicata alla registrazione degli elettori, $ 25.000 in donazioni sia a When We All Vote che a Rock the Vote, musica, discorsi di attivisti ed esperti, e una linea di abbigliamento in edizione limitata.
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LEGGI ANCHE: Le aziende che si impegnano per l’ambiente esistono (e ci guadagnano anche)

Alla Old Navy è stato predisposto un piano di incentivi per i dipendenti che lavorano alle urne il giorno delle elezioni. Levi’s, con il merchandising, ha ingaggiato influencer e celebrità nella sua campagna che incoraggia la registrazione e l’affluenza alle urne. Gli elettori possono anche registrarsi presso il flagship store di Saks Fifth Avenue a Manhattan.

American Eagle Outfitters con due release speciali ha destinato il 100% del ricavato a beneficio dell’organizzazione elettorale giovanile HeadCount, che gestisce un centro di azione per il voto 2020 per registrarsi, iscriversi alle newsletter “e conoscere ancora più modi per fare la differenza”.

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Cosa è successo a Quibi, la piattaforma di streaming che non ce l’ha fatta

  • Quibi, la startup dei grandi nomi, ha chiuso i battenti: dopo sei mesi di attività ne è stato annunciato il fallimento.
  • La piattaforma di video in streaming non è riuscita a tenere il passo con la concorrenza.

 

Quibi sta per Quick Bites (bocconi veloci), è un servizio di streaming, lanciato 6 mesi fa, che permette all’utente abbonato di guardare video brevi della durata massima di 10 minuti.

Abbiamo iniziato questa cosa con l’idea di reinventare lo storytelling (…). O l’idea non era abbastanza forte per fare stare in piedi un nuovo servizio di streaming, oppure abbiamo sbagliato il momento.

Hanno dichiarato Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman annunciando il fallimento della piattaforma.

Dopo i primi tre mesi di attività, dei 900mila utenti registrati ad aprile alla versione di prova, solo 70mila hanno rinnovato l’abbonamento.

Quibi, le ragioni del flop

L’app è stata creata, come appena ricordato, da Jeffrey Katzenberg e Meg Whitman. Il primo nome conosciuto nell’ambiente di Hollywood e il secondo noto nel panorama delle grandi compagnie. Il fondatore di Quibi, vanta nel curriculum lavori alla Disney e alla DreamWorks; mentre il suo CEO,  ha lavorato per DreamWorks, Procter & Gamble, Hasbro, Ebay.

Nella fase di startup la coppia è riuscita a reperire fondi per oltre 1miliardo e mezzo di euro coinvolgendo investitori quali Disney, Sony Pictures, Alibaba, AT&T’s WarnerMedia, Goldman Sachs e JPMorgan.

Ma ciò non è bastato a gettare le basi per un progetto veramente innovativo.

LEGGI ANCHE: L’affascinante storia di Netflix che dovresti conoscere

Secondo alcune analisi, Quibi non è stata in grado di cogliere le esigenze del mercato e di rispondere in maniera innovativa alla concorrenza. L’idea di base era quella di permettere all’utente di guardare video brevi da mobile accompagnandolo nei viaggi in metropolitana piuttosto che in altre situazioni di mobilità. I video dell’app sono stati studiati per essere visualizzati sia in orizzontale che in verticale in momenti diversi della giornata e in maniera disordinata.

Complici la pandemia (i relativi lockdown) e la concorrenza delle altre app di video gratuiti, tra cui TikTok e Instagram, la piattaforma di streaming non ce l’ha fatta ad uscire dalla sua fase di startup. Eppure il management di Quibi aveva investito in collaborazione con grandi nomi tra cui Guillermo del Toro e Steven Spielberg.

Neppure il prezzo, inferiore a quello di Netflix e di Amazon Prime, ha lasciato l’app immune dal virus della concorrenza.

LEGGI ANCHE: Nuovi modelli aziendali nel commercio per superare la crisi

Quibi, vittima della Pandemia?

Lavorare da casa è stata la campana a morte per Quibi, è il titolo che Rebecca Nicholson scriveva sul The Guardian lo scorso 24 ottobre. Katzenberg e Whitman infatti hanno fatto le loro più profonde scuse a tutti, attribuendo gran parte del fallimento aziendale alla Pandemia in corso.

Ma già in tanti avevano il sentore che questo tipo di app non ce l’avrebbe fatta ad emergere nel mare della concorrenza. Secondo alcuni analisti, il problema principale è stato la mancanza di focus e di conoscenza dell’utente, secondo altri una fase di test inesistente, secondo altri il ritardo di accordi per allargare la fruizione, come ad esempio l’accordo con Apple Tv, mentre altri ancora lamentano un’esosa campagna pubblicitaria televisiva.

Linkedin Stories

5 modi per promuovere il tuo business attraverso le LinkedIn Stories

  • Dopo esser diventate un format chiave su Instagram e Facebook, le Stories approdano su LinkedIn che punta su questa feature per massimizzare l’engagement degli utenti.
  • Le storie sono un’importantissima risorsa a disposizione delle aziende per interagire in maniera veloce e intuitiva con la loro audience.
  • Tutto il potere delle Stories a servizio del tuo business: come integrare questa nuova opzione nella tua marketing strategy.

 

In principio era Snapchat, poi Instagram e Facebook. Ora anche LinkedIn scommette sulle Stories per dare agli utenti e alle organizzazioni un modo semplice per condividere quello che accade in azienda, interagendo in tempo reale con il proprio network.

Linkedin Stories

Questo significa che puoi fare domande alla tua rete, condividere approfondimenti, notizie e scorci di vita aziendale, oppure offrire una demo dei tuoi prodotti e servizi.

Ma come integrare le LinkedIn Stories nella tua strategia di marketing?

Scopriamolo insieme.

Più di ogni altro format, le Stories ti consentono di dar vita alla tua azienda, di raccontarla attraverso le voci dei tuoi collaboratori, le sfide e le attività che stai portando avanti.

1. Aggiornamenti e insight

Sei impegnato in un progetto significativo per il tuo core business? Condividi gli aggiornamenti delle tue iniziative in tempo reale, dando spazio ai metodi e agli strumenti che aiutano il tuo team a rimanere motivato e produttivo.

Puoi anche consigliare alcuni approfondimenti: i libri che stai leggendo, i podcast che ti hanno suggerito idee interessanti, oppure delle risorse che hai scoperto online.

2. Dietro le quinte

Stai per lanciare un prodotto, un servizio o un evento? Incuriosisci e stuzzica il tuo pubblico attraverso contenuti dietro le quinte. Gli utenti adorano ricevere notizie in anteprima. Saranno coinvolti dalla dal tuo business ancor prima di conoscere in maniera approfondita quello che offri.

3. Novità e annunci dal brand

Come dimostra l’esperienza delle Stories su altre piattaforme, si tratta di una feature estremamente efficace per generare interesse intorno al lancio di un prodotto o di un evento. Questo perché chiunque può fruire facilmente di questo contenuto e condividerlo con il proprio network LinkedIn.

4. Le testimonianze dei clienti

Le persone tendono a fidarsi molto di più dei consigli forniti da altre persone che di qualsiasi pubblicità.

Ecco perché raccontare le testimonianze dei tuoi clienti attraverso le LinkedIn Stories è un’ottima strategia per far conoscere i tuoi prodotti e servizi. Incoraggia i tuoi clienti a condividere l’esperienza che hanno avuto con la tua azienda, pubblica queste esperienze nelle tue storie per attirare nuovi prospect.

5. Le voci dei collaboratori

Cos’è che dà vita al tuo business se non le persone che ci lavorano?  Mostra le persone dietro il tuo brand, le loro esperienze e competenze. Condividi i momenti salienti in cui questi sono protagonisti della tua narrazione aziendale.

Ciò contribuirà a creare una migliore connessione con il tuo pubblico, proprio perché le persone si fidano e si lasciano influenzare più facilmente da altre persone che da un’entità astratta come un’organizzazione.

Le 5 persone da includere nel tuo digital marketing dream team

Alcuni degli aggiornamenti in tempo reale che puoi creare attraverso le Stories includono clip di cerimonie di premiazione, frammenti di workshop, eventi e scorci di vita aziendale.

La narrazione del brand

Quanto detto dimostra che le Stories sono uno dei modi più efficaci per entrare in contatto con il tuo pubblico LinkedIn. Ti consentono di costruire l’identità aziendale, promuovere e posizionare la tua offerta commerciale.

Ricorda che le Stories non cambiano la natura di LinkedIn – un network di professionisti e aziende. Qualunque sia il contenuto che deciderai di integrare nella tua strategia di marketing, fai in modo che sia pertinente con il tuo business e che rifletta la mission e i valori del tuo brand.

Concorsi a premi online: scopriamo chi sono i partecipanti

  • Non basta fare contest online, bisogna anche misurarne i risultati.
  • Ecco come andrebbero definite le “participant personas”, seguendo le regole del MiSE.

 

Per un marketing manager che opera nel mondo online ciò che è fondamentale è misurare le performance delle strategie intraprese, anche se si tratta di contest.

Giveaway, Instant Win, Foto Contest sono solo alcune delle iniziative intraprese da aziende e brand per raggiungere degli obiettivi che sono fondamentali per un business: l’acquisizione di nuovi contatti di potenziali clienti e fidelizzare i già acquisiti.

Negli anni sono diventati degli strumenti chiave anche per i social network: Instagram Contest e Facebook Contest sono popolari tra gli utenti che si avvicinano al brand.

Le domande fondamentali che dovrebbe porsi chiunque abbia a che fare con l’organizzazione di un concorso a premi sono quelle che seguono e che analizzeremo anche con l’aiuto di una ricerca:

  • chi sono i partecipanti? 
  • quali sono i loro comportamenti online? 
  • quali sono i canali migliori per sponsorizzare l’iniziativa? 
  • come possono diventare virali?

Dietro ogni iniziativa si cela un’azienda iscritta alla Camera di Commercio, come da normativa italiana definita dal Ministero dello Sviluppo economico, che utilizzando software certificato ha realizzato un contest in modo legale. Di conseguenza la ricerca che analizzeremo non prende in analisi tutti i concorsi nati sui social ma non dichiarati al MiSE.

La ricerca ha analizzato più di 500 concorsi a premio pubblicati tra il 2019 e il 2020. Ha coinvolto aziende di moltissimi settori tra cui quelli travel, beauty, pets, retail, fashion, educational, kids, food e molti altri.

Perché è importante il benchmark

I benchmark mirano a costituire uno standard di riferimento con cui confrontare l’andamento delle campagne e conoscere anticipatamente alcuni dati per non commettere errori in fase di ideazione. Qui è analizzato l’audience dei partecipanti partendo dai dati demografici e successivamente dal loro comportamento con i device online.

La definizione della “buyer persona”

Anche se in questo caso è meglio riferirsi a “participant persona”, in quanto non è un vero e proprio cliente finale, la ricerca ha definito dei tratti comuni ai partecipanti dei concorsi a premi. Dallo studio notiamo come gli utenti più coinvolti hanno un’età compresa tra i 22 ai 44 anni, per lo più donne ed è da notare come il nord Italia sembri più partecipe.

benchmark sui concorsi a premio in italia

Anche se sono i dati a riferirlo, spieghiamo perché proprio questo target è più coinvolto nei concorsi a premio. Per quanto riguarda l’età dobbiamo tenere in considerazione che questa fascia è quella che usa quotidianamente gli smartphone non solo per sentire i propri cari o per le chiamate ma per navigare su Internet, cercare offerte e iscriversi ad app e portali.

Anche la distribuzione territoriale non è un caso, infatti spesso i programmi fedeltà e i contest sono legati a una rete di negozi e il nord Italia ha il numero più alto di store per franchising.

Non sottovalutare mai una landing mobile friendly

Lo studio prosegue con un’analisi dei device utilizzati e dei browser. In quanto attività di svago, i contest contano molte partecipazioni da smartphone. In particolare per i foto contest capiamo bene il motivo, infatti le foto spesso sono generate già attraverso il cellulare e quindi una landing page deve essere ottimizzata per far procedere il caricamento del contenuto dalla galleria del telefono al contest senza intoppi.

LEGGI ANCHE: KPI e benchmark per comprendere le performance degli influencer

La media dei lead raccolti e il CR: le North Star dei concorsi a premi

Dopo aver conosciuto la nostra audience è il momento di capire cosa possiamo aspettarci da un contest che sia un successo. Il CR, ovvero il conversion rate (il rapporto tra le visualizzazioni e i lead raccolti) , oscilla tra il 12% e il 25% in base al prodotto preso in esame. Ognuno di esso corrisponde a una meccanica di gioco ben precisa che coinvolge in modo diverso l’utente, specialmente richiede un effort da parte del partecipante totalmente diverso.

Un esempio pratico è quello di un Instant Win contro un Foto Contest, nel primo caso l’utente deve solo compilare un form e scoprire subito se ha vinto.

Nel secondo caso invece deve produrre un contenuto (foto, illustrazione, immagini) e caricarlo sulla piattaforma di gioco.

Meno azioni sono richieste e più si alza il CR ma dobbiamo fare attenzione a non farci ammaliare dall’ottenere numeri alti. Infatti ogni meccanica di gioco viene scelta soprattutto per l’obiettivo che si vuol raggiungere e se tra questi c’è l’UGC non possiamo creare un Instant Win.

Come prepararsi al Black Friday grazie al Cloud Server

Ancora oggi quando realizzano una campagna di marketing molto aggressiva o fanno una promozione importante in momenti specifici dell’anno come il Black Friday, le aziende sottovalutano l’importanza delle soluzioni web utilizzate. In queste occasioni, infatti, il portale web/eCommerce potrebbe subire in pochi minuti dei picchi di traffico, impossibili da quantificare prima dell’evento stesso.

Per molte persone la stagione delle festività natalizie è il periodo più bello dell’anno, ma per i retailer è certamente quello più intenso. Orde di desiderosi acquirenti di regali affollano negozi e siti web durante i mesi di novembre e dicembre, con una mole di vendite che può arrivare a rappresentare fino al 30% delle vendite annuali di un’azienda. E in particolare nei giorni di punta dello shopping, come il Black Friday (il prossimo 27 novembre!), i merchant online vedono un traffico tre volte superiore al solito.

Un dato destinato a crescere ulteriormente quest’anno, visto il boom dell’eCommerce legato alla pandemia.

Per trarre vantaggio da questo incremento di attività sul web (ma non solo), i rivenditori devono espandere rapidamente le loro infrastrutture e le loro operazioni per far fronte alle impennate della domanda. Non è un compito facile, ma preparandosi per tempo è possibile mettere al sicuro i propri affari, anche grazie al cloud.

Scopri i vantaggi e le potenzialità delle soluzioni Cloud Server di Seeweb!

Il cloud per non perdere neanche una vendita

Si sente sempre più spesso parlare di esperienze di acquisto frictionless, per aiutare gli utenti a sentirsi a proprio agio nel completare il proprio shopping online. Immagina, quindi, la frustrazione che potrebbe provare un potenziale cliente, magari già pronto a cliccare su “Acquista ora”, nel vedere che il sito crolla e non è più raggiungibile. No, no, no. Brutto segno! E spesso questo lo porterà a desistere e a rivolgersi a un competitor.

Qual è la soluzione? I retailer più lungimiranti stanno già utilizzando il cloud server per gestire la corsa allo shopping natalizio. In realtà questi strumenti possono portare un vantaggio in qualsiasi momento dell’anno, dato che tutte le aziende che possono subire improvvisi ed estremi picchi di attività.

I vantaggi di un cloud server

Per evitare di perdere clienti e di danneggiare l’immagine del brand a causa di un blocco del sito web non pianificato, i più esperti leader tecnologici testano le le loro infrastrutture con largo anticipo. Molti si affidano alle soluzioni cloud per aggiungere dinamicamente più risorse di calcolo e di archiviazione man mano che il traffico del sito sale, per poi ridimensionarsi automaticamente quando la domanda diminuisce.

Oltre a prevenire le interruzioni, il trasferimento di traffico consente spesso di ridurre i costi di hosting dell’infrastruttura.

Un altro aspetto da non sottovalutare, inoltre, è legato al mobile. Se gli acquisti da smartphone stanno già superando quelli da desktop, tuttavia oltre il 50% dei siti viene abbandonato quando richiede più di tre secondi per essere caricato.

Per ridurre la latenza sui loro siti mobili e sulle app durante le festività, i rivenditori utilizzeranno soluzioni cloud che forniscono contenuti in tutti i punti di presenza distribuiti a livello globale.

Ma non si tratta solo delle vendite online. La tecnologia cloud, infatti, può contribuire ad abbreviare i tempi di attesa – e le lunghe code – anche per gli acquirenti in-store, ora che molti retailer hanno adottato soluzioni cloud-based che consentono agli addetti alle vendite di effettuare pagamenti con carta di credito in qualsiasi punto del negozio. Poiché le informazioni sono memorizzate nel cloud piuttosto che in locale, questi sistemi hanno l’ulteriore vantaggio di integrarsi perfettamente con altre fonti di dati, come i record del programma fedeltà e i motori di recommendation.

E questi sono solo alcuni degli aspetti da considerare e dei vantaggi da tenere in considerazione parlando di eCommerce, Retail e cloud.

Quali sono le caratteristiche del cloud server ideale

Pur avendo adeguato la potenza di calcolo del tuo cloud server o più in
generale della tua architettura per tempo, è da considerare l’importanza di un monitoraggio attento e continuo, cioè una sorta di presidio operativo.

Se la campagna che hai in mente per il Black Friday, ad esempio, dovesse riscuotere tantissimo successo, a fronte di particolari picchi di traffico, un rallentamento dei tempi di caricamento delle pagine di destinazione o addirittura una loro irraggiungibilità provocherebbe seri danni al tuo
business, con un abbandono degli utenti praticamente immediato, per non parlare della reputazione del tuo brand.

Di qui il fattore tecnico, ossia l’adeguatezza dell’infrastruttura cloud, ma anche quello umano, vale a dire l’adeguatezza del tipo di assistenza offerta dal provider. Un elemento di primaria importanza e da non sottovalutare in termini di prontezza nella risposta a qualsiasi imprevisto tecnico.

Volendole riassumere in pochi punti, le caratteristiche del cloud ideale per le campagne di marketing e la reazione ottimale ai picchi di traffico, quindi, dovrebbero essere:

  • avere una scalabilità immediata che non comporta variazioni di nessun genere: in cui basti, insomma, adeguare le risorse con upgrade verticali (dove non devo
    aggiungere altre virtual machine ma posso scalare quelle delle macchine che già compongono l’architettura web).
  • Una buona ottimizzazione /tuning dell’infrastruttura.
  • Un supporto tecnico disponibile in modo immediato (il fattore umano non va mai sottostimato, anzi!).
  • La possibilità di fruire di un servizio di presidio operativo per cui al momento della campagna, una persona dello staff del provider si occuperà di monitorare la coerenza delle prestazioni e del TTFB /tempo di caricamento delle pagine e interverrà con upgrade immediati o soluzioni laddove si noti una riduzione dei tempi di risposta dei server durante il click time.

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