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Coronavirus e brand

Da McDonald’s a Chiquita, i brand cambiano logo per incoraggiare il distanziamento sociale

  • Mentre i governi di tutto il mondo fanno fatica a convincere i propri cittadini a rimanere a casa, per frenare la diffusione del Coronavirus i brand si stanno mobilitando per influenzare in maniera positiva i propri consumatori;
  • Coca-Cola, Mc Donald’s, Chiquita e altri ancora hanno cambiato il proprio logo per invitare le persone a rispettare le raccomandazioni ufficiali relative alla pandemia COVID-19.

 

Diventato uno dei maggiori topic della storia contemporanea, la pandemia dovuta al Coronavirus è il più grande problema sanitario, economico e sociale di questa epoca.

Le varie azioni che abbiamo visto intorno a questa condizione sono innumerevoli, dai personaggi famosi alle iniziative televisive per informare e intrattenere durante questi giorni di quarantena, fino ai marchi che amiamo di più. Infatti, grazie all’utilizzo dei social, dei team marketing interni e delle agenzie partner, sono diverse le aziende che stanno cambiando la propria linea editoriale attraverso la comunicazione, che senza dubbio rimane la più grande leva strategica per promuovere l’assistenza al consumatore e affrontare questa enorme emergenza globale.

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Coronavirus e brand: Coca-Cola lancia la sua campagna

L’azienda leader nel mercato delle bevande ha modificato il proprio logo per influenzare le persone a stare distanti tra loro.

Una nuova campagna Coca-Cola è comparsa a Times Square e sui canali social di Coca-Cola Mexico. Il marchio ha separato ciascuna delle lettere che compongono il suo logo per veicolare il messaggio: “Essere separati è il modo migliore di stare insieme”.

 

Queste azioni ci ricordano quanto siano importanti i codici grafici per un marchio. Attraverso elementi visivi altamente riconoscibili i brand anche in questa occasione riescono a comunicare valori al consumatore e indurlo ad azioni responsabili per affrontare il contagio Coronavirus.

McDonald’s Brasile separa i suoi archi dorati

In Brasile, McDonald’s ha modificato il suo logo iconico per incoraggiare la sicurezza durante i giorni di pandemia.

I Golden Arches adesso non più ravvicinati, hanno allo stesso modo lo scopo di trasmettere l’idea del distanziamento sociale.

Coronavirus: i brand che hanno cambiato logo per incoraggiare il distanziamento sociale

Questa non è la prima volta che la catena di fast food altera i suoi archi dorati per sostenere una causa sociale. È successo anche recentemente quando McDonald’s ha capovolto la sua M in W, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

Sebbene nei ristoranti gli archi rimarranno gli stessi, la nuova versione “distanziata” appare ora su tutti gli account social brasiliani del marchio, inclusi Instagram e Twitter. McDonald’s ha più di 1000 ristoranti nel paese e continuerà a servire i suoi clienti attraverso la consegna a domicilio e il McDrive.

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Time Out diventa digitale per il periodo della pandemia

La rivista storica di viaggi britannica ha recentemente cambiato il suo logo in Time In, in “supporto di una politica sanitaria responsabile”.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Time Out pubblica i suoi numeri regolarmente dal 1968, con una sola interruzione durante uno sciopero del 1981. La rivista al momento ha deciso di sospendere la sua pubblicazione a Londra per diventare digitale: “Con molti abitanti delle città che attualmente lavorano da casa e meno pendolari, anche la rivista Time Out diventerà temporaneamente Time In e passerà al digitale solo per ora”, si legge in una nota.

Miss Chiquita resta a casa

Questa settimana Chiquita ha pubblicato su Instagram una versione del suo logo senza l’iconica mascotte Miss Chiquita. Il copy della didascalia parla chiaro: “I’m already home. Please do the same and protect yourself. ? #stayhome”

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Mercado Libre aggiorna la sua stretta di mano

Il logo della società tecnologica latinoamericana Mercado Libre presenta l’immagine di una stretta di mano, diciamo non proprio il simbolo ideale ai tempi del contagio.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Il rischio epidemia ha imposto un allontanamento sociale in tutto il mondo. Tra le regole anti-diffusione c’è un vero e proprio stop a baci, abbracci e strette di mano. Per questa ragione è stato rielaborato il marchio dell’azienda che include due braccia separate, nel tentativo di comunicare l’importanza della sicurezza durante la pandemia. Da venerdì, il marchio presenta il nuovo logo in tutti i suoi messaggi, dai social all’eCommerce.

“Un’immagine forte e chiara è necessaria per rendere il mondo consapevole dell’importanza delle azioni individuali per garantire il bene comune”, hanno aggiunto Ramiro Gamallo e Matias Lafalla, executive creative director di GUT, l’agenzia di Buenos Aires che ha rielaborato il marchio dell’azienda.

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Audi separa i suoi cerchi come segno di solidarietà

Il colosso automobilistico tedesco Audi ha fatto un’impressionante condivisione contro il Coronavirus. Il logo utilizzato dalla società per anni è stato separato, in coerenza con le misure previste dalla pandemia COVID-19 e per attirare l’attenzione sulla distanza sociale.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Evimizden çıkmayalım, mesafeyi koruyalım, sağlıklı kalalım, birbirimize destek olalım. #FlattenTheCurve #Audi

Un post condiviso da Audi Türkiye (@auditurkiye) in data:

Su Instagram è comparsa una piccola animazione che vede gli anelli dividersi e una frase ad effetto che titola “Manteniamo la distanza”. Man mano che i cerchi si avvicinano nuovamente, appare un altro messaggio che questa volta comunica “Supportiamoci a vicenda”.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

Volkswagen separa la V dalla W

Sempre per restare nel settore automotive, anche Volkswagen ha aggiornato il suo logo. Un video mostra l’appello della casa automobilistica tedesca, la quale intende ricordare a tutti che per superare la crisi bisogna stare separati.

 

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Per questa ragione con un piccolo escamotage grafico, il marchio separa la “V” e la “W” creando uno spazio considerevole all’interno del logo standard.

Coronavirus i brand che hanno cambiato logo

smartphone pieghevoli

La sfida tecnologica degli smartphone pieghevoli è appena cominciata (e non ci abbandonerà presto)

  • Il futuro della tecnologia nel settore telefonia mobile potrebbe essere legato al design pieghevole dei dispositivi
  • Una piega orizzontale per occupare meno spazio nelle tasche o una piega verticale per favorire più immersione nei contenuti 

 

Parlare di design nel settore degli smartphone non è mai semplice. Oltre alle scelte stilistiche legate al brand (come ad esempio la curvatura degli schermi firmati Samsung) ed altre necessarie per l’usabilità del device, lo sviluppo degli smartphone negli ultimi anni sembra essersi fermato, in favore magari di una maggiore qualità degli obiettivi e delle fotocamere integrate.

La possibilità di offrire uno schermo utilizzabile sempre più ampio, ottenuta mediante l’ingegnerizzazione e miniaturizzazione delle tecnologie presenti sotto il vetro, ha spinto le differenti case produttrici ad optare per scelte stilistiche davvero poco innovative. 

Un allineamento che ha determinato una grande monotonia in tutto il settore della comunicazione mobile. Ma il 2020 sembra essere cominciato con proposte innovative con scelte stilistiche del tutto nuove ed inedite. Stiamo parlando ovviamente dei pieghevoli, il futuro degli smartphone. 

I dubbi e incertezze 

L’arrivo dei pieghevoli sembra abbia portato sul settore delle telefonia mobile una ventata di novità, rivoluzionando il concetto stesso di usabilità di uno smartphone. 

Se nel 2019 Samsung ha aperto le danze col Galaxy Fold (con piega verticale) il capostipite dei pieghevoli, considerato un prototipo più che un vero smartphone, ha suscitato da subito un gran interesse e una gran mole di dubbi. Nel 2020 al Fold è seguito il Galaxy Flip (con piega orizzontale) considerato dai più il primo vero esemplare di smartphone pieghevole con feature da top di gamma.

Fresco di presentazione il Huawei Mate X (con piega verticale) che a sua volta ha offerto altri spunti di riflessione sui pieghevoli. 

Senza dimenticare il Razr di Motorola, che purtroppo pecca di numerose mancanze tanto da non renderlo equiparabile a modelli indicati precedentemente. 

I dubbi sorti subito dopo la presentazione di questi dispositivi sono davvero innumerevoli: è meglio una piega verticale o orizzontale? Il prezzo di questi dispositivi frenerà la loro diffusione? Come risponderanno le pieghe all’usura del tempo? 

Stile e personalità: si ritorna alle origini con gli smartphone pieghevoli

Se hai memoria dei cellulari dei primi anni del 2000, ricorderai la vasta gamma di prodotti disponibili. Ciò che si decideva di acquistare era una questione del tutto dettata dai propri gusti. Non c’erano grandi differenze tecnologiche tra l’uno e l’altro prodotto, si trattava di una mera questione di preferenze ed esigenze. 

Oggi i pieghevoli potrebbero offrirci nuovamente questa possibilità di scegliere. 

Una piega orizzontale per occupare meno spazio nelle tasche o una piega verticale per favorire una visualizzazione dei contenuti più immersiva. Insomma la scelta del design, in base alle proprie esigenze, tornerebbe nelle mani del consumatore. Ma i vantaggi non finiscono qui. 

Ad esempio la possibilità di sfruttare uno schermo più ampio solo in alcuni momenti della giornata potrebbe aumentare di non poco la produttività da uno smartphone oltre alla consequenziale introduzione di numerose chicche e funzionalità aggiuntive specifiche per ciascun prodotto. 

Anche il comprato fotografico potrebbe subire non poche migliorie. Altre alla possibilità di sfruttare le fotocamere in angolazioni inedite, potrebbero essere introdotti nuovi sensori, differenti e certamente più performanti sfruttando il design e la progettazione delle pieghe e delle scocche. 

Non ci resterà che attendere per scoprire tutte le novità in arrivo.

Effetto COVID-19: la GDO torna in positivo e punta sull’eGrocery

In Italia, il COVID-19 continua a diffondersi, annullando confini geografici e sociali. Crescono i contagi e, inevitabilmente, aumenta anche il numero delle vittime.

In breve tempo, il virus ha conquistato il monopolio dei media, che lo hanno analizzato sotto ogni punto di vista.

L’impatto sull’economia

Gli effetti dell’emergenza COVID-19, si riflettono anche sull’economia, come abbiamo già avuto modo di analizzare qui su Ninja, che comincia ad accusare i primi forti contraccolpi, facendo registrare un crollo delle principali borse europee, tra cui quella di Milano, che fornisce, numericamente parlando, un ampio spaccato della situazione.

A risentirne maggiormente, sono il settore turistico e quello della ristorazione che, a seguito delle necessarie restrizioni imposte dal Governo, hanno assistito prima ad una forte diminuzione della clientela e poi alla chiusura temporanea dei loro esercizi, che per alcuni risulterà permanente.

Risultato immagini per crollo delle borse

In controtendenza la grande distribuzione

Tuttavia questa crisi non riguarda proprio tutti e c’è chi, come la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), ne sta beneficiando. Se l’anno 2020 era iniziato con una tendenza al ribasso, infatti, le ultime settimane di febbraio hanno visto un’impennata delle vendite, soprattutto di articoli per l’igiene e la cura della persona, ma anche di prodotti alimentari, come farina, pasta e riso.

E così, davanti ai supermercati di tutta Italia, si sono formate lunghe code di persone che, prima incuranti della distanza di sicurezza e poi sempre più rispettose delle restrizioni, hanno assalito gli scaffali, riempendo i propri carrelli, per creare scorte sufficienti ad affrontare una probabile, ora reale, quarantena.

Risultato immagini per file supermercato covid scaffali vuoti

Il fenomeno, stando ai dati elaborati dalla Nielsen, solo nella settimana compresa fra il 17 e il 23 febbraio, avrebbe portato ad un incremento delle vendite pari al +8,34%. In questo senso, il Nord-Ovest traina la crescita, con un trend  del +11,20% rispetto all’anno scorso,  seguito dal Nord-Est con un +9,66%, dal Sud con un +6,06% e quindi dal Centro, che chiude sempre in positivo, ma con un modesto  +4,38%.

In particolare, l’aumento degli acquisti è da ricondursi a due principali cause:

  • effetto “stock”, che ha portato ad un aumento a doppia cifra di alcune categorie della drogheria alimentare a lunga conservazione, quali riso (+33%), conserve animali (+29%), pasta (+25%), derivati del pomodoro (+22%), sughi e salse (+19%);
  • effetto “prevenzione e salute”, che ha prodotto un incremento delle vendite delle categorie del cura persona, soprattutto il comparto parafarmaceutico (+112%) e quello dell’igiene personale (+15%).

Risultato immagini per e-grocery

La GDO punta sull’eGrocery durante la crisi Coronavirus

Il quadro attuale però, potrebbe presto capovolgersi, a seguito di nuove pesanti restrizioni, che impongono giorni di chiusura ed intervalli orari ben precisi.

Ad agitare ulteriormente le acque, le proteste dei lavoratori, che temono per la propria salute, e le difficoltà nel limitare il numero degli ingressi. Il rischio infatti, è quello che i supermercati diventino i “nuovi parchi”, ovvero luoghi  di aggregazione in cui la diffusione del virus è facilitata.

Dunque, si prospetta uno scenario instabile, che ad un boom iniziale degli incassi, potrebbe opporre importanti perdite di fatturato, con un aumento esponenziale degli acquisti online, che già ai primi di marzo hanno segnato un +97,2%.

Tuttavia, la GDO, per sedare le minacce, sta integrando – o potenziando – i servizi di delivery, che rappresentano una soluzione non solo per gli over 65, che sono i soggetti più a rischio, ma anche per il resto della popolazione. Siamo perciò di fronte ad una rivoluzione epocale, che potrebbe decretare le sorti del settore agroalimentare: la GDO si sta convertendo all’eGrocery.  

social media intelligence

Social Media Intelligence: quali sono le applicazioni?

  • Grazie alla Social Media Intelligence si possono scoprire e conoscere i ‘territori’ nei quali conversano le persone che vogliamo raggiungere
  • Le informazioni strategiche raccolte nelle conversazioni online e gli opinion leader diventano dei veri e propri asset del decision making
  • Grazie al Social Listening si possono prevedere e gestire crisi di comunicazione e reputazione
  • Occorrono competenze nuove all’interno del processo decisionale, per far diventare le azioni sempre più data-driven

 

Quanto tempo passiamo online? Sembra che l’utente internet medio nel corso del 2020 spenderà online un tempo pari a oltre 100 giorni (6 ore e 43 minuti al giorno). Collettivamente, dunque, spenderemo online 1,25 miliardi di anni. Oltre un terzo di questo tempo, 2 ore e 24 minuti al giorno, sarà speso sui social.

Per le aziende si tratta di un’occasione incredibile: come già visto, grazie alla Social Media Intelligence si possono scoprire e imparare a conoscere i ‘territori’ nei quali conversano le persone che ci interessa raggiungere e dunque anche individuare quegli attori che riescono a stimolare gli opinion leader prima dell’azione.

Come? Ecco alcuni degli esempi principali per ottenere il massimo dall’analisi dei dati e dall’ascolto strategico.

social media intelligence 2

Competitive Intelligence

Una delle applicazioni più utili del Social Listening è la Competitive Intelligence, cioè la raccolta e l’analisi di informazioni su prodotti, concorrenti e qualsiasi altro aspetto dell’ambiente competitivo. Non si tratta solo di analizzare la concorrenza, ma di apprendere il più possibile sul settore di riferimento, sugli stakeholder coinvolti e sui loro discorsi – cogliendo in tempo reale le varie opportunità e tarando di conseguenza il piano d’azione.

Fare intelligence sui Social Media significa approcciarsi ai Big Data con un atteggiamento nuovo, o comunque diverso: non più dati lasciati fuori perché troppo particolari ma integrati, coesi, utili e, soprattutto, completi. In questo modo le informazioni strategiche (i dati raccolti nelle conversazioni in rete) e gli opinion leader (utenti autorevoli che parlano del brand, del prodotto o del tema di interesse e che possono influenzare l’acquisto o le scelte e le opinioni di migliaia di altri utenti) diventano dei veri e propri asset del decision making.

La Competitive Intelligence permette di fare delle analisi approfondite particolarmente efficaci, come ad esempio la comparazione dello share of voice analizzando i volumi di conversazioni oppure la comparazione della percezione relativa alle tematiche presidiate tramite la sentiment analysis. Un approccio che consente anche l’identificazione dei trend e criticità su cui impostare le campagne di comunicazione e le azioni di PR, come anche la comparazione del target e delle audience a cui l’organizzazione si rivolge.

Grazie a questa analisi, insomma, è più semplice impostare delle attività di posizionamento o di gestione della reputazione.

social media intelligence

Gestione della reputazione

La reputazione è un valore fondamentale per le organizzazioni, ormai è quasi scontato dirlo: è talmente importante che è stato coniata l’espressione “the Reputation Economy” per definire l’economia del 21° secolo. Già nel 2015 il World Economic Forum aveva annunciato che il 25% del market value di un’azienda è rappresentato dalla reputazione e uno studio più recente di Reputation Institute ritiene che nella scelta d’acquisto, il prodotto vale sempre meno (il 33%), perché ha perso definitivamente la capacità di essere il fattore distintivo.

La Rete è il primo veicolo per costruire la reputazione di un brand (così come di un prodotto o di un servizio) e i social media assumono un ruolo primario: si è sviluppata una forte disintermediazione tra produttore e fruitore di informazioni, con una centralità sempre maggiore dalle community online.

Grazie alla Social MediaIntelligence si possono analizzare gli andamenti dei discorsi intorno alle tematiche di interesse, conoscere meglio tali community in termini di demografia, interessi e bisogni.

Cosa possiamo fare con queste informazioni? Per esempio interagire con i nodi di riferimento all’interno del network, per proporre a nostra volta dei discorsi che potranno modificare la percezione iniziale.

social media listening

Crisis communication

Un’altra applicazione sempre più importante del Social Listening è quella della gestione della comunicazione di crisi.

Nella sfera sociale digitale la crisi è un frenetico accavallarsi e rincorrersi di conversazioni, in cui ogni interlocutore lascia la propria impronta valoriale, aggiungendola a quella di chi l’ha preceduto. Ogni utente poi, tende a portare il proprio contributo, innescando spin-off conversazionali che si aggiungono, in termini di impatto reputazionale, a quelli già in crescita, come ricorda Daniele Chieffi in Online Crisis Management: Strategie ai tempi dei social media.

La previsione della crisi è l’attività cardine del crisis management, possibile grazie ad un ascolto continuo dei social network e delle conversazioni relative ai temi che toccano da vicino l’azienda.

Grazie alla sentiment analysis, ad esempio, si può anche essere immediatamente aggiornati in caso di repentine evoluzioni negative nell’opinione della audience. E anche una volta che la crisi è scoppiata possiamo monitorare l’ambiente di riferimento, comprendere come intervenire e interagire con i nodi più importanti del network: si potrà ad esempio analizzare il sentiment della copertura media, il tenore della reputazione e la capacità di penetrazione e d’influenza della linea di comunicazione e dei messaggi decisi a livello strategico.

Social Media Intelligence e Data-driven strategy

È evidente che occorrono competenze nuove all’interno del processo decisionale, per far diventare le azioni sempre più data-driven. Per le aziende non è solo necessario acquisire nuove competenze professionali, ma anche imparare ad agire all’interno di un ecosistema sociale digitale, dove agiscono dinamiche di tipo psicologico, sociologico, antropologico.

La differenza? La farà chi sarà stato bravo a dotarsi di figure professionali che vadano al di là dell’analisi del dato, ma che sappiano interpretarlo, aggregarlo e comunicarlo.

smart working

Smart Working: 4 consigli per bilanciare vita lavorativa e vita privata (anche a casa)

In un momento in cui lo smart working è una condizione obbligatoria per la maggior parte dei lavoratori, con le tecnologie scopriamo che sappiamo lavorare bene anche a distanza, senza doverci confrontare ogni minuto, trovando spazio per la concentrazione e spazio per la condivisione a seconda del bisogno. Abbiamo visto che questo molto spesso è anche meglio, siamo più produttivi. Ma siamo anche capaci di scoprire questo “nuovo paesaggio del lavoro”, decisamente più domestico e cercare non solo occasioni per essere produttivi ma anche di crescere professionalmente e personalmente, tenendo presente che questo ambiente nel quale ci si muove verrà modificato dalle nostre azioni anche in maniera non prevista.

Del resto – e chi lo pratica da tempo lo sa – alla base della “filosofia” dello smart working c’è proprio l’idea di riuscire ad ottenere un miglior bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata. Come sottolineato nella ricerca Copernico. Il nuovo paesaggio del lavoro condotta dallo Studio Carlo Ratti Associati (in collaborazione con Copernico, BNL e Arper) il lavoratore moderno è “nomade” nello spazio ma anche nell’organizzazione del suo tempo, e come tale, tende a intrecciare momenti di lavoro a momenti privati, a volte sovrapponendoli. Ora la possibilità di muoversi nello spazio è decisamente limitata. Questo ci dà l’occasione di vivere le nostre giornate in modo più consapevole, trasformando il limite spaziale in opportunità di sviluppo.

smart working perché

Come trasformare l’home working in smart working

Chi è abituato a lavorare per obiettivi e in contesti flessibili, chi è parte di una community consolidata come quella dei coworking e degli uffici flessibili, è ormai allenato a distribuire bene il proprio tempo tra lavoro, sviluppo di relazioni e tempo per sé. Ma chi questo esercizio lo fa per la prima volta potrebbe scoprire che mantenere questo intreccio in maniera sana e consapevole non è sempre facile. Certo, i tanti flashmob e gli appuntamenti social promossi nell’ultima settimana ci hanno aiutato a staccare un po’ e a sentirci ancora parte di una comunità, ma per trovare il giusto bilanciamento ci vuole tanta esperienza e molta pratica. Ecco allora la ricetta di Copernico per uno smart working “bilanciato” anche da casa:

  • Rimanere produttivi e connessi con il proprio team
  • Continuare a pensare al futuro
  • Curare il proprio benessere fisico
  • Rinforzare il benessere mentale e la creatività

smart working consigli

1. Rimanere produttivi e connessi al proprio team

Come continuare ad essere produttivi anche in remoto? Come mantenere vive le relazioni tra le persone in questo momento? Gli step fondamentali sono tre:

  • Usufruire di app e sistemi per stabilire obiettivi condivisi o fissare appuntamenti in modo tale da aiutare tutti nella gestione e nel rispetto delle scadenze. Microsoft Planner, Trello, Asana sono le app più utilizzate;
  • Installare e utilizzare i sistemi di videoconferenza da usare tra colleghi, collaboratori, clienti e fornitori. Microsoft Teams, Google Hangouts Meet, Slack, Zoom e Skype sono solo alcune delle alternative possibili;
  • Non dimenticare la socialità tra colleghi: in questo periodo in cui alcuni di loro potrebbero essere completamente isolati (perché single, lontani dalla famiglia, etc.) si può comunque fare leva sulla tecnologia anche per mantenere vivi quegli importanti momenti di socialità che vanno dalla pausa caffè al festeggiamento delle ricorrenze, come il compleanno di un collega o un anniversario di lavoro.

smart working lavoro famiglia

2. Continuare a pensare al futuro

Prima o poi questa crisi finirà. È bene quindi usare il proprio tempo libero in casa non tanto per pensare alle occasioni che stiamo perdendo in queste settimane, bensì a quelle che potremo cogliere quando si tornerà alla normalità. Come fare?

  • Organizzare call di networking in mezzo alla giornata lavorativa con quella persona incontrata durante un convegno e che tante volte abbiamo pensato di contattare (è l’occasione giusta!);
  • Seguire webinar e gruppi di Facebook per aggiornarsi e per imparare cose nuove. Qui qualche consiglio sugli appuntamenti di Copernico;
  • Rifare i siti web, sistemare gli archivi online, pensare a tutte le cose che si possono portare avanti senza la presenza fisica;
  • Cercare nuovi potenziali clienti.

3. Curare il proprio benessere fisico

Lavorare da casa rischia di farci diventare tutti un po’ più pigri, perché non dobbiamo fare spostamenti e tutto è a portata di mano. Ma le idee per rimanere in forma e per prendersi cura della persona sono tantissime. E si possono fare insieme (anche con i figli, se sono a casa con noi!), come occasione di team building, perché insieme, c’è più motivazione.

  • Yoga, stretching, attività cardio: a metà o fine giornata, per distendere i muscoli, allentare la tensione. Molte palestre e personal coach stanno lanciando sessioni gratuite di attività motorie in streaming. Ecco allora che si possono organizzare lezioni di gruppo, anche con i colleghi;
  • Cercare di non lasciarsi andare: lavorare da casa in pigiama è bello e da una certa soddisfazione per i primi giorni, ma dopo un po’ rischia di diventare motivo di inerzia e perdita di concentrazione. Mantenere la distinzione tra abito da casa e da lavoro (anche se molto più casual del solito) resta un ottimo modo per non dimenticarci della cura della nostra persona. E ci permetterà di essere pronti per le videochiamate!

smart working benessere fisico

4. Sostenere il benessere mentale e la creatività

Come abbiamo anticipato all’inizio, lavorare in smart working dalla propria abitazione può portare ad un overburn. Ma è possibile evitare questo rischio attraverso alcuni piccoli accorgimenti e soprattutto ricordandoci che anche da casa possiamo mantenere una vita sociale attiva e sana! Ecco qualche piccolo consiglio:

  • Stabilire degli orari. È possibile rivedere quelli normali: si può attaccare prima visto che potenzialmente tutti possono iniziare a lavorare mezz’ora dopo il suono della sveglia. O magari anche dopo perché si preferisce dormire un po’ di più e rimanere al PC fino a più tardi tanto… non c’è traffico a tornare! L’importante è che ci sia una routine. Fissate l’ora del caffè, quella del meeting quotidiano per aggiornarvi e quella delle risposte ai clienti. Interrompersi continuamente è controproducente: a ogni ora, la sua attività;
  • Vi manca il venerdì sera al cinema insieme? Basta decidere quale film e stabilire un orario. Durante la visione sarà divertente scambiarsi commenti e impressioni nella chat di lavoro o in una creata per l’occasione;
  • Oppure manca il classico aperitivo settimanale tra colleghi? Anche questo è facilmente organizzabile da casa attraverso gli strumenti di videocall;
  • Volete darvi alla lettura collettiva? Ci si può dare appuntamento, per finire la giornata, con Fiesta immobile, l’idea lanciata da Alessandro Baricco e dalla scuola Holden di Torino. Alle 18.30 su Radio Casa Bertallot uno scrittore o una scrittrice leggono per mezz’ora le pagine che più amano. Si andrà avanti fino alla fine dell’emergenza, finché ce ne sarà bisogno. Come per l’appuntamento “in sala” anche in questo caso ci si può dare appuntamento per un ascolto di gruppo, a distanza;
  • Preferite una visita virtuale a un museo? Sono davvero tanti i musei che in questi giorni stanno offrendo visite gratuite alle loro mostre o alle loro collezioni. C’è chi fa dirette su FB o IG e chi carica dei video, chi ancora pubblica foto. Perché non scegliere di visitare un museo alla settimana?
  • Volete trovare una bella idea per coinvolgere le persone? Si può creare una playlist condivisa su Spotify: a turno ogni persona dell’azienda o dell’ufficio suggerisce un brano che viene inserito nell’elenco;
  • Infine, non dimentichiamoci che non siamo soli. Non dobbiamo aver paura di chiedere aiuto. Ci sono molte persone che in questo periodo non intravedono una via d’uscita o che si sentono in trappola. In questi giorni ci sono molti professionisti che forniscono consulenze individuali e coaching psicologico a distanza per manager e professionisti in crisi. E in questo periodo potremmo essere in molti ad averne bisogno.

Tutte le crisi insegnano qualcosa. E se nelle prime settimane di smart working obbligatorio abbiamo imparato ad apprezzare e a gestire il lavoro da remoto, ora, dopo più di 15 giorni di quarantena obbligata, abbiamo capito che il bilanciamento tra vita e lavoro è fondamentale, per i singoli lavoratori così come per le aziende nel loro insieme. Per poter ripartire con uno spirito diverso, e forse anche con un asso in più nella manica.

marketing crosscanale

Il Marketing Crosscanale nell’era del Retail 5.0 generata dall’emergenza Coronavirus

  • L’emergenza Coronavirus ha portato alla chiusura della maggior parte dei negozi fisici tradizionali in Italia
  • L’eCommerce ha conosciuto un’impennata in termini di ricerche e di vendite nelle ultime settimane
  • Un approccio di marketing crosscanale può aiutare le aziende a dare una risposta efficace alla crisi del retail dovuta all’epidemia

 

La crisi dovuta al Coronavirus è, molto prima di qualunque altra cosa, una tragedia umana globale che coinvolge centinaia di migliaia di persone. Talvolta, purtroppo, in maniera fatale.

Ma ci sono anche delle conseguenze per il marketing e per la sua capacità di servire la causa degli individui in quanto consumatori; per migliorare le loro vite, anche e soprattutto in un momento di sfide e cambiamenti. E così in questi giorni anche la professione del marketer assume i contorni di una missione.

Cosa sta succedendo in Italia per l’emergenza Coronavirus

Il 10 marzo in Italia è infatti successo l’impensabile: tutti i negozi fisici tradizionali hanno dovuto chiudere. Una cosa inaudita che, per metterla in prospettiva, nemmeno durante le due guerre mondiali era accaduta. Chiusi tutti i punti vendita tranne quelli di pubblica utilità, s’intende. In primis gli alimentari. Eppure, proprio il grocery in questi giorni sta trainando la crescita dell’eCommerce. Perché? Perché il mutamento che stiamo vivendo in diretta ha due caratteristiche importanti che stanno prendendo forma di ora in ora:

  • non è un mutamento di breve-medio periodo
  • non è (o meglio, non soltanto) un mutamento nel mix dei canali distributivi

Da questo possiamo trarre la conclusione che quello che stiamo vivendo non è né un cambiamento che riguarda le marche né un cambiamento che riguarda le insegne.

Oggi in Italia stiamo vivendo un mutamento epocale che riguarda i consumatori.

Per questo l’impatto sarà molto più strategico di quello che oggi si può anche soltanto immaginare. Sarà strutturale, rivoluzionario, di lungo periodo – ma anche innovativo e per il meglio. Stiamo entrando nell’era del Retail 5.0.

Un esempio: nella seconda e nella terza settimana di marzo la crescita a valore dell’eCommerce rispetto al pari periodo del 2019 è stata rispettivamente del +81% e del +82% [Dati: Nielsen]. Con un incremento del 30% rispetto alla settimana precedente. È poco. E dire che è poco non è una provocazione. Lo dimostra tra gli altri indicatori il grafico dei volumi di ricerca Google indicizzati per la query “spesa online”: qui la crescita ha picchi del +1250%.

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Marketing Cross Channel dati spesa online

Cosa significa lo spostamento dei consumi sul digitale?

Significa che lo spostamento dei consumi verso i nuovi canali digitali (dagli eCommerce proprietari ai marketplace, come Amazon e AliExpress) è appena cominciato. Infatti, su Amazon, la query “spesa online” è cresciuta di un inequivocabile +2814% negli ultimi 30 giorni, dandoci il senso di un processo ampio che un’analisi comparata restituisce in tutta la sua potenza.

marketing crosscanale coronavirus volumi ricerca

Che poi l’eCommerce fosse un canale in ascesa non è certo una novità per nessuno. Negli ultimi dieci anni anche in un’Italia per certi versi digitalmente-arcaica è cresciuto anno dopo anno di una cifra variabile tra il 17 e il 22% [Dati: Politecnico di Milano]. Con picchi al +40% per le categorie in ascesa, tra le quali proprio il grocery.

Quindi, ricapitolando, in queste settimane stiamo viaggiando a 4 o 5 volte tanto la velocità degli ultimi dieci anni. Un mutamento strutturale che, appunto, è solo al suo inizio. Perché una nuova predisposizione all’acquisto digitale si va sedimentando.

In definitiva, quindi, anche se siamo tutti bloccati in casa, quello che dicono di noi le query di Google è che il fenomeno dell’infocommerce è sempre più la guida, la pancia dello shopping behaviour.

Il fenomeno dell’infocommerce che a sua volta è il primo, per importanza, tra i fenomeni crosscanale (nel senso che di solito ci si informa online per acquistare sia online che offline). Per questo forse è proprio l’impostazione strategica dei nostri piani di marketing in un’ottica crosscanale che può rappresentare la vera uscita da questo tunnel del COVID-19.

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Cosa significa crosscanale e cos’è questo approccio al marketing?

Crosscanale è una strategia che usa un mix di canali per produrre risultati incrementali misurabili, tipicamente in vendite.

marketing crosscanale significato

Le strategie crosscanale permettono cioè a consumatori sempre più connessi di iniziare, condurre e completare un’esperienza di acquisto su qualsiasi mezzo che sia per loro più comodo, nel momento in cui gli è più comodo: motore di ricerca, social media, email, mobile app, eShop e, infine, il negozio fisico, che manterrà sempre e comunque un ruolo chiave nella fase di transazione, con buona pace del Coronavirus.

Avere una strategia crosscanale non significa però riprodurre un contenuto identico su più canali: questo è l’approccio omnicanale al marketing.

L’obiettivo di una campagna crosscanale efficace è invece raccontare la stessa storia in modo diverso a seconda del media utilizzato. Ogni canale è utilizzato dai consumatori in modo differente e unico; allo stesso modo la comunicazione di un brand deve seguire lo shopping path, utilizzando i media più adatti e ROI-effective passo dopo passo.

marketing crosscanale coronavirus funnel

Queste ibridazioni mediatiche sono un’opportunità unica per cogliere il massimo dallo status quo fortemente multicanale di oggi e tremendamente volatile di questi giorni. Un’opportunità da cui si può ottenere il massimo costruendo piani media crosscanale vincenti ma flessibili (a CPC) con obiettivi quantitativi, in vendite.

Il Marketing Crosscanale ci permetterà di uscire indenni da questa crisi?

Mi piacerebbe tanto, ma in queste prime settimane stiamo solo vivendo l’inizio di un lungo periodo di incertezza. Che un approccio crosscanale al marketing e alla comunicazione possa essere più utile di altri lo dimostra un’analisi di buon senso di quello che sta accadendo in questi giorni a tante aziende con cui parliamo tutti:

  • chi non aveva un eCommerce (o Amazon) sta correndo ai ripari
  • chi aveva una strategia media/retail monolitica la sta abbandonando

Chi già aveva pianificato in senso crosscanale, invece, mi sembra che ne esca meglio degli altri. Chi assieme alla TV ha guardato a YouTube continua a fare media, come prima, cambiando il mix verso il secondo mezzo e spendendo a CPV, quindi a consumo: mantiene un problema sui volumi, certo, ma non sulle performance %. Lo stesso esempio si può fare per Google.

Chi a un piano di store-visibility ha affiancato un piano media sui social può contare più che mai sul real-time-marketing e sullo user-generated-content. TikTok, che è il social del momento anche in Italia, è un approdo perfetto per entrambe queste esigenze. Ma siamo tutti sempre più instagramer, oltre che tiktoker, in questi giorni: la produzione dei contenuti è un’ancora di salvezza – e può certo esserlo anche per aziende che hanno il coraggio di guardare a queste soluzioni create delle loro stesse audience target in chiave di branding.

Questi comportamenti “misti” o meglio “cross” costituiscono il background a partire dal quale il marketing crosscanale, che in questi anni ha acquisito una centralità crescente, si configura come (a) soluzione flessibile dal punto di vista dello spending ma anche (b) strategica nel suo andare incontro di corsa a quello che sta cambiando, oggi, nei sentimenti e nelle azioni dei consumatori italiani – di oggi e di domani.

marketing crosscanale kpi

D’altronde l’impatto delle soluzioni crosscanale adottate dai brand era già visibile su più livelli prima della crisi. Il primo è quello del costo per contatto rispetto alle soluzioni di marketing che mettono al centro un piano univoco che coinvolga solo media tradizionali: il costo è mediamente 1/10 in un piano crosscanale. Il secondo è quello dell’impatto sulle vendite in termini di uplift: fino a due volte meglio di un piano tradizionale [Dati: XChannel].

week in social

Week in Social: dai messaggi che spariscono su Instagram alla nuova interfaccia di Facebook

Il mondo oggi è diviso su due binari paralleli: chi resta a casa e chi corre più veloce che mai. In questo periodo così fluido, le piattaforme social provano a rimanere al passo con i tempi e ad aggiornarsi o a proporre piccoli, importanti cambiamenti. È tempo di Week in Social.

Facebook e la nuova interfaccia

Solo solo trascorsi dieci anni ed ecco che la prima novità arriva fresca fresca da Facebook.

Dopo tanti aggiornamenti e annunci, arriva la nuova interfaccia di Facebook: più pulita, più immediata e anche nella modalità dark, sempre per quella famosa e annosa questione del risparmio energetico.  Chi l’ha già testata racconta di qualche bug, ma i caratteri più grandi, a quanto pare, rendono tutti più felici.

Facebook dà 100 milioni alle PMI

Non è sicuramente un aggiornamento della piattaforma ma riguarda uno dei social più discussi e famosi di sempre, quindi abbiamo il diritto di riportare qui la notizia.

Mark Zuckerberg ha deciso di mettere a disposizione 100 milioni di dollari destinati alle piccole imprese in tutti e 30 i paesi in cui la compagnia opera.

facebook 100 milioni pmi coronavirusFacebook offre 100 milioni di dollari in sovvenzioni in contanti e crediti pubblicitariper un massimo di 30.000 piccole imprese ammissibili, mai dettagli ancora non sono notizie saranno diffusi sulla landing dedicata non appena disponibili.

LEGGI ANCHE: Emergenza Coronavirus: Facebook mette a disposizione 100 milioni per le PMI

+ 1.00o dollari ad ogni dipendente

Lo ha deciso Mark: mille dollari ad ogni dipendente. Un “piccolo” aiuto per far fronte a questa spiacevole situazione che, chiaramente, interessa tutti. Nessun settore è immune e quindi questo bonus arriva così.

Solo i dipendenti avranno il plus, per tutte quelle spese non previste: babysitter, dogsitter e chi più ne ha più ne metta.

Twitter e il COVID-19

Anche Twitter risente della pandemia ed è per questo che a  livello mondiale ci sono stati milioni di tweet e retweet sul tema COVID-19. Nello specifico, ogni 45 millisecondi c’è un tweet sul coronavirus e ad oggi #Coronavirus è il secondo hashtag più utilizzato del 2020. 

Trovandoci davanti ad una situazione di emergenza, siamo consapevoli che Twitter è una piattaforma che svolge un ruolo importante a livello di comunicazione e che può essere uno strumento significativo per entrare a contatto con un ecosistema sempre più ampio.

Sarà vero o no che arriverà la nuova emoji con le manine che si lavano? Attendiamo!

In breve

Lo avevamo già anticipato, ma continua l’impegno in tal senso e dunque lo riportiamo: Facebook mette su (virtualmente) un vero e proprio centro per sostenere una corretta informazione sulla tematica del COVID-19. Basta fake, siamo tutti molto d’accordo.

Una nuova news da Instagram: il social sta testando una nuova modalità di messaggi diretti che scompaiono. Sì, come le storie e sì, proprio come Snapchat. Ancora non si sa quando tutto questo sarà realtà.

10 errori social media advertising

10 errori di Social Media Advertising da non commettere in una campagna

  • Sui social non è sufficiente applicare le strategie nel modo corretto e saper utilizzare gli strumenti, bisogna anche sapere quali sono gli errori di Social Media Marketing da non commettere
  • Dal targeting corretto all’uso del pixel di Facebook, fino agli A/B test, ecco cosa non dovresti sbagliare nelle tue campagne

 

I consigli sul Social Media Marketing ormai si sprecano. Troviamo facilmente esperti e professionisti pronti a darci dritte e spiegazioni su cosa fare per migliorare la presenza social di un brand o di un’azienda, su come organizzare una campagna di influencer marketing e sulle metriche da monitorare. Quello che manca, invece, è una guida al contrario.

Quali sono gli errori più comuni commessi nel Social Media Advertising?

Abbiamo realizzato una lista con i 10 errori di social media marketing più comuni che uccidono le prestazioni delle tue campagne sui social media, vediamoli insieme.

errori da non commettere nel social media advertising

1. Non comprendere gli obiettivi degli annunci

La prima domanda a cui si dovrebbe rispondere quando si realizza una campagna per i social è: “Perché vuoi pubblicare questa campagna / set di annunci?”.

Hai bisogno di aumentare l’awareness? Speri di aumentare le vendite su un prodotto specifico? Stai costruendo una mailing list? Vuoi contatti qualificati? Comprendere a fondo il motivo per cui desideri pubblicare un annuncio e le opzioni disponibili sulle piattaforme di gestione degli annunci è fondamentale.

2. Il rischio spam

Molti inserzionisti tendono a creare un targeting davvero troppo ampio: età compresa tra i 18 e i 65 anni, in tutto il mondo, con interessi diversissimi. Ecco uno degli errori di social media advertising più comuni.

Anche questo può essere controproducente: la potenza dei social e degli strumenti offerti dalle piattaforme, sta anche nella capacità con cui siamo in grado di utilizzarli per una comunicazione rilevante per gli utenti.

Il targeting degli annunci in base a interessi, area geografica e, in alcuni casi, titolo professionale è fondamentale per campagne che performino. Inoltre utilizzare il pixel di Facebook permetterà di eseguire il remarketing per i visitatori di un prodotto specifico o per l’abbandono del carrello.

errori campagna social media advertising

3. Mettere il brand prima dell’utente

Le persone non sono sui social per guardare la pubblicità, dunque creare un annuncio con l’illusione che sarà automaticamente guardato dagli utenti è quanto di più sbagliato si possa pensare. La pubblicità sui social media riguarda un processo di scoperta. Considera la capacità del tuo annuncio di incuriosire o di offrire un suggerimento, un consiglio o un’informazione utile.

Il tuo advertising dovrebbe innanzitutto stimolare l’interazione con il pubblico. In questo senso un copy che inviti a partecipare è un’ottima tattica per aumentare l’engagement: “Commenta se…”; “Se ti piace…”; “Qual è il tuo preferito…?”. Sono tutte formule con cui catturare l’attenzione e invitare al dialogo.

4. Non utilizzare correttamente (o non usare affatto) il remarketing

Se hai installato il pixel di Facebook sul tuo sito web, dovresti anche avere una strategia per usare le informazioni che questo ti fornisce: stai offrendo annunci di Facebook generici a ogni singolo visitatore del tuo sito web, sperando che tornino e trovino un modo per acquistare da soli? Ecco un consiglio utile: crea due set di annunci, il primo orientato a coinvolgere le persone su un determinato prodotto o linea di prodotti. Assicurati di utilizzare il pixel di Facebook nel monitoraggio per ampliare un pubblico in linea con la tua attività. Il secondo per creare il vero e proprio remarketing rivolto solo alle persone che hanno fatto clic sul primo set di annunci e non hanno acquistato.

Sai già che non hanno acquistato, se il tuo pixel è installato correttamente, quindi puoi interrompere la pubblicazione del primo set per chiunque non abbia visitato la pagina di ringraziamento dopo l’acquisto. A loro puoi proporre, ad esempio, la spedizione gratuita, sconti o altri premi per tornare indietro e acquistare subito.

Tieni traccia delle conversioni su questi set e confrontale con le tue vendite.

10 errori social media advertising

5. Sottostimare gli annunci

Facebook ci dà già un’indicazione del pubblico potenziale che è possibile raggiungere con un determinato budget. Ma è bene settare il giusto investimento anche in base al target. Le persone hanno infatti di vedere più volte lo stesso annuncio prima di interessarsene e la ripetizione è essenziale.

Ogni giorno vediamo fino a 5.000-20.000 messaggi pubblicitari e il tempo trascorso su Facebook è di più di due ore al giorno, con una sessione media di 20 minuti. Ci sono 300 milioni di foto caricate ogni giorno su Facebook e queste arrivano proprio al tuo pubblico di destinazione. Pianifica quindi di mostrare il tuo annuncio dalle 8 alle 12 volte prima di ingaggiare un utente. Tieni duro e continua a bussare alla porta del tuo pubblico fino a quando non avrai un appuntamento.

6. Non avere una strategia

C’è una vera e propria scienza dietro l’ottimizzazione di ogni singola opzione pubblicitaria su Facebook e Instagram. Il segreto come in ogni disciplina matematica è sperimentare: modifica il target se necessario, prima di lanciare la tua campagna crea A/B test su pubblici più piccoli e solo dopo aver individuato l’annuncio che performa meglio, dai un boost alla spesa pubblicitaria.

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7. Usare gli user generated content senza autorizzazione

È così allettante la possibilità di utilizzare i contenuti dei fan nella tua pubblicità. I tuo follower infatti stanno scattando foto, creando contenuti e promuovendo il tuo brand in modo del tutto spontaneo con la loro rete di amici. Gli UGC sono considerati uno dei messaggi di vendita più affidabili dagli utenti, ma per usarli nella tua strategia devi innanzitutto ottenere l’autorizzazione a farlo. Cerca modi originali per integrare questi contenuti nella tua strategia paid, in modo da avere un ulteriore ritorno di visibilità da parte degli utenti stessi.

8. Non sfruttare al massimo la creatività

Non puoi essere pigro quando si tratta di social media e creatività: anche se richiede più lavoro, creare caroselli o annunci multi-foto può portare a performance decisamente migliori. Questi formati infatti ti consentono di non lanciare solo un messaggio, ma di raccontare una vera e propria storia e coinvolgere più facilmente il pubblico.

Se non ne sei proprio capace, allora punta sulla CTA: scegli un copy allettante e super breve, per acchiappare subito i clic del tuo pubblico. Ad esempio potresti puntare su una promo o uno sconto particolare per un breve periodo di tempo.

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9. Non puntare sulla brand awareness

Spesso si leggono testimonianze su quanto sia semplice vendere grazie a Facebook. Ma è un errore pensare che basti fare pubblicità sui social media faccia automaticamente vendere di più. La pubblicità sui social andrebbe considerata in termini più olistici. E in questo senso anche la brand awareness dovrebbe rientrare tra gli obiettivi primari.

Se tutti i tuoi annunci punteranno su “compra”, “acquista” e “clicca” senza proporre alcun contenuto rischierai di perdere terreno in termini di reputazione e di conseguenza ti giocherai le possibilità di conversione anche delle campagne successive.

10. Puntare tutto sui “Mi piace”

Certo è bello veder crescere i like sulla propria pagina, contare il numero sempre maggiore di reaction e di condivisioni, ma anche in questo caso, non si può puntare tutto sul “Mi piace”. Tra gli errori di social media marketing più comuni è quello di dimenticare che l’obiettivo finale resta sempre quello di vendere.

Le statistiche mostrano che potrebbero essere necessari da 8 a 10 mesi per passare da un like a una vendita, dunque intrattenere il pubblico offrendo contenuti apprezzabili e rilevanti è giusto, ma è solo un passaggio che ti consentirà di ottenere più dati sul tuo pubblico per creare i tuoi successivi annunci di conversione.

Behind the Source: volti in codice per una nuova vita

Cosa nascondono le immagini della campagna di HackYourFuture sui rifugiati

  • Behind the Source è la nuova campagna sui rifugiati della no profit HackYourFuture
  • La campagna mostra i volti degli studenti all’interno del codice sorgente dei siti web

 

Non sarà certo la prima cosa che ti viene in mente, ma siamo circondati da stringhe di codice che alimentano tutti i dispositivi che usiamo quotidianamente.

Nonostante questo, i codici di programmazione sembrano una lingua straniera, incomprensibile ai più. Ed è vero.

HackYourFuture è un’organizzazione no profit, il cui scopo è insegnare la programmazione a persone che sono già costrette a confrontarsi con una nuova lingua da imparare: i rifugiati.

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HackYourFuture, una campagna sui rifugiati per ripartire dal codice

Ricostruire una vita lontano dal tuo Paese, confrontarsi con una nuova realtà, persino interpretare un cartello stradale è quanto di più difficile si possa immaginare per queste persone.

HackYourFuture non solo aiuta i rifugiati a trovare un nuovo lavoro, li forma e costruisce una carriera in un settore florido e d’importanza cruciale per la loro nuova patria.

Behind the Source: volti in codice campagna HackYourFuture

E questa è una storia importante da raccontare: l’agenzia 72andSunny Amsterdam ha creato “Behind the Source”, una campagna che ha l’obiettivo di ispirare un numero sempre maggiore di rifugiati ad imparare il coding, facendo luce sulle persone che stanno ricoprendo un ruolo cruciale nello sviluppo di alcuni dei più grandi siti web al mondo.

Questa volta utilizzando però il linguaggio in cui sono specializzati.

L’idea è stata quella di “nascondere” le immagini degli studenti di HackYourFuture protagonisti nei codici sorgente dei siti delle grandi compagnie per le quali lavorano: e parliamo di nomi come Accenture, eBay e Zivver.

LEGGI ANCHE: L’importanza della filosofia morale e dell’etica nello sviluppo delle Intelligenze Artificiali.

Volti nascosti, in Home page

Behind the Source: how to

Per accedere ai volti di Behind the Source, vai sulla home page di una delle aziende coinvolte, fai un click con il pulsante destro e poi seleziona visualizza sorgente pagina.

Zivver presenta Sarea Al Kebaky, rifugiato siriano .
Quando ancora viveva in Siria, studiava informatica, ma allo scoppio della guerra, ha dovuto andarsene.

Behind the Source: campagna dei volti dei rifugiati

“Ho lasciato la Siria perché l’esercito mi ha costretto a portare una pistola e non volevo farlo”, dice Sarea. “Però volevo imparare a programmare, perché al codice non importa chi lo scrive; avvicina le persone.

L’agenzia ha inoltre fornito alle aziende tecnologiche un gruppo di potenziali dipendenti.

“È stato bello collaborare con HackYourFuture e contribuire a riformulare la conversazione sui rifugiati nei Paesi Bassi”, ha dichiarato Laura Visco, vice responsabile di 72andSunny Amsterdam.

Behind the Source: volti in codice per una nuova vita_HackYourFuture

“Le interviste condotte con gli studenti ci hanno emozionato. Eravamo curiosi di ascoltare la loro storia e di vedere cosa riservi loro il futuro”.

Storie di successo per persone di valore

Un obiettivo ancora più importante raggiunto dalla campagna “Behind the Source” è cambiare il modo in cui vengono visti i rifugiati.

La campagna non abbraccia nessuna posizione politica ma si concentra sulle persone, mostrando cosa accade quando vengono aiutate a crescere.

campagna di HackYourFuture sui rifugiati

Wouter Kleijn, amministratore delegato di HackYourFuture, ha spiegato:“Queste sono persone vere, con storie vere. Ma come comunicarli? Come evitare la vittimizzazione e la stigmatizzazione quando i soggetti sono rifugiati, e spesso già penalizzati da stereotipi? Con ‘Behind the Source’ abbiamo mostrato che la pubblicità (quella fatta bene n.d.r) può creare un mondo con più di equità e giustizia”.

5G per media e intrattenimento

5G per media e intrattenimento, ecco come cambierà il settore

  • Entro il 2028, 765 miliardi di dollari saranno guadagnati grazie all’ausilio della rete 5G per media e intrattenimento
  • Dalla pubblicità al gaming abbiamo dato uno sguardo a come cambieranno i contenuti online e i modi di fruirli

 

Giornate lente, scandite da ritmi quasi impercettibili. Uno dei nostri desideri più grandi, imbottigliati in una vita frenetica e senza pause, è stato quello di avere tempo. Nel momento in cui ci è piombata addosso l’incertezza e la paura, anche il tempo libero è sembrato una condanna. In periodi come questi, tuttavia, cambiare le nostre abitudini è importante e doveroso. Molti di noi hanno la possibilità di affidarsi allo smart working, ma non tutti possono farlo.

Gli studenti non si fermano grazie all’eLearning, e tutti ci stiamo abituando a utilizzare ogni mezzo possibile per continuare la nostra vita, restando a casa. Abbiamo la fortuna di avere i modi per farlo, tramite internet e tutti i device, dagli smartphone ai laptop. Un mondo iperconnesso accorcia le distanze, ci siamo sentiti spesso schiavi dell’essere perennemente online, ma situazioni di vita diverse ci fanno vedere le cose da punti di vista nuovi.

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Un mondo iperconnesso

Tutti siamo connessi, appena ci abituiamo a qualche aggiornamento, ecco che spunta una novità. Siamo pochi inclini al cambiamento, un po’ per paura, un po’ per diffidenza, ma ci si mette anche la pigrizia. Quando sappiamo fare qualcosa, mal volentieri adottiamo metodi differenti per farla. Il mondo digitale cambia in fretta e specialmente i modi di usare internet e device.

LEGGI ANCHEEntro il 2025 ci saranno 2,6 miliardi di abbonamenti al 5G

È da un po’ di tempo che sentiamo parlare di 5G, la rete di nuova generazione che andrà a superare l’attuale 4G. Non è solo una questione di velocità di connessione, ma è una rivoluzione dei servizi. A giovarne saranno soprattutto i media e l’intrattenimento.

Potremo giocare online senza problemi, anche in cloud gaming, senza la necessità di possedere una consolle. Lo stesso vale per il cloud computing. Potenziati anche i servizi di streaming, in particolare i video. Contenuti ad altissima risoluzione, fluidi e subito disponibili. I nostri device saranno sempre connessi e disponibili ovunque, ciò significa che non dovremmo più passare dal Wi-Fi alla rete mobile. Parliamo di servizi sempre attivi in città per esempio, come videosorveglianza, auto a guida autonoma per una maggiore sicurezza sulle strade.

L’industria globale dei media guadagnerà, entro il 2028, 765 miliardi di dollari dai nuovi servizi e applicazioni resi possibili dal 5G. Ma come succederà tutto questo?

Ne parleremo anche durante N-Conference con la Vertical Technology powered by TIM.

La nuova era del 5G

Secondo uno studio condotto da Ovum, società di consulenza specializzata nella copertura globale di telecomunicazioni, media e tecnologia, il 5G scuoterà il panorama dei contenuti multimediali e dell’intrattenimento, rappresentando un’importante vantaggio competitivo per le aziende.

La rivoluzione del 5G aumenterà i risultati in termini di velocità, copertura globale, media interattivi basati sui gesti, fonti crescenti di entrate ed esperienze gamificate, fornendoci un futuro migliore.

L’impatto trasformativo della tecnologia 5G non solo migliorerà l’esperienza degli utenti di telefonia mobile, ma muterà il modo di concepire e utilizzare i media e l’intrattenimento su molti livelli, con nuovi modelli di business e nuove esperienze interattive.

Video, giochi, musica, pubblicità, AR e VR saranno i veri protagonisti di questi cambiamenti, con contenuti sempre più immersivi e un rapporto col pubblico sempre più stretto.

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Come cambiano i contenuti col 5G per media e intrattenimento

Ovum suggerisce che le aziende sperimenteranno vari vantaggi tecnici del 5G, la velocità dei dati sarà 100 volte maggiore, con latenza dieci volte inferiore e connessioni significativamente più affidabili.

Per esempio, un film in HD impiegava diversi minuti per scaricare a velocità 4G, ma con l’avvento delle reti 5G, gli utenti potranno potenzialmente scaricare lo stesso film in pochi secondi. Questo comporterà una fruizione maggiore dei contenuti, essendo ancora più accessibili, e una domanda maggiore dei prodotti sul mercato. I creatori e fruitori dei contenuti tradizionali, dovranno preparasi a una vera e propria corsa contro il tempo, creando più materiali per soddisfare la crescente domanda.

Si prevede, infatti, che i prodotti video rappresenteranno il ​​90% del traffico dati 5G. Passeremo da un consumo mensile di circa 10 GB agli oltre 80 GB nel 2028.

Ma non solo, la rete wireless di prossima generazione consentirà svariate innovazioni digitali, dall’informatizzazione degli oggetti fisici all’intelligenza artificiale, inaugurando un nuovo mondo per facilitare l’ingresso di nuovi media e di concepire l’intrattenimento.

Come cambierà il mondo dell’intrattenimento

La realtà aumentata creerà un nuovo modo di connettersi ai contenuti multimediali, attraverso oggetti e personaggi virtuali, e la creazione di elementi tridimensionali. A beneficiare del 5G saranno soprattutto le applicazioni di realtà aumentata e virtuale.

Per quanto riguarda il settore televisivo, il mercato offre diverse modalità di consumo. Oltre ai soliti video on demand, streaming, download, pay per view che fanno già parte, da anni, della tv tradizionale, si aggiungeranno altre tipologie di offerta a pagamento: la bassa latenza permetterà download rapidissimi e un’eccellente qualità di live streaming.

Sempre dallo studio condotto si evince che negli Stati Uniti quasi il 9% delle famiglie che utilizzano la banda larga passerà al 5G entro il 2028, generando ricavi per 9 miliardi di dollari.

Il 5G rafforzerà il mercato della pubblicità digitale

Il 5G avrà un ruolo fondamentale anche nel passaggio dalla pubblicità tradizionale alle esperienze immersive sui social e sui media. Video, banner, posizionamento in-game su 5G e altri formati di pubblicità visiva appariranno in ambienti VR e AR. Per non parlare della possibilità di nuove applicazioni che oggi non esistono ancora, ma che potranno svilupparsi con il consolidarsi della nuova rete.

Esperienze ultra sensoriali

Le interfacce aptiche collegate al 5G saranno in grado di fornire una nuova dimensione sensoriale alle esperienze dei media. Ad esempio, il calore e la pressione potrebbero essere raggruppate in un potenziamento delle armi in un gioco d’azione, e i film potrebbero essere ripubblicati con un nuovo livello di sensazioni.

I giochi AR, VR e cloud combinati cresceranno del 2.400% nei prossimi anni per raggiungere un fatturato annuo di 47,7 miliardi di dollari nel 2028.

Si prevede che l’uso del 5G avrà un’impennata tra il 2023/2025, quando le capacità hardware e di rete aiuteranno a realizzare esperienze VR vicine alla realtà: campo visivo orizzontale a 210° su scala umana, risoluzione di visualizzazione/proiezione ad alta densità di pixel, dimensioni minime della batteria e interazione altamente reattiva.

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La rivoluzione del gaming

Un altro settore in grande espansione è quello dei videogiochi, a cui il 5G darà ulteriore slancio. Il numero di videogiocatori nel mondo, secondo le stime più recenti, ammonta a 2,3 miliardi di persone. Oggi la tendenza di mercato è orientata verso lo sviluppo di piattaforme digitali con nuove modalità per la fruizione dei contenuti videoludici, tra cui streaming e cloud gaming.

Ciò permette ai giocatori di avere accesso ai videogiochi in qualsiasi momento e ovunque, garantendo la possibilità di effettuare aggiornamenti senza dover per forza acquistare o possedere hardware costosi.

Il game streaming può essere offerto tramite un servizio in abbonamento oppure tramite l’acquisto di giochi on demand. In Italia sono circa 16,3 milioni i videogiocatori, mentre gli appassionati di eSport che seguono eventi più volte a settimana sono più di 1,2 milioni. Basti pensare che il traffico dati per il gaming nell’ultimo anno è aumentato del 125%.