Apple ha annunciato i suoi nuovi prodotti durante il suo evento iPhone 12.
C’era grande attesa e le novità non sono state solo nel formato. Ecco le principali.
Sono stati mesi molto impegnativi per Apple. Dopo il lancio di nuovi iPad e Watch, l’azienda ha presentato oggi la sua linea di iPhone 12, circa un mese più tardi del solito.
Ecco quindi tutto quello che Apple ha annunciato ieri.
HomePod Mini
Apple ha rivelato il tanto atteso HomePod mini che è una versione più piccola dell’HomePod. Davvero piccolo, alto solo 5 centimetri.
Secondo quanto illustrato, l’“audio computazionale” permette all’altoparlante di sintonizzarsi automaticamente su diversi tipi di musica per fornire prestazioni ottimali. Può riprodurre musica in stereo automaticamente (supponendo di acquistarne due) e, naturalmente, supporta anche Siri.
Costerà 99 dollari ed è disponibile nei colori bianco e grigio, con pre-ordini a partire dal 6 novembre e disponibilità a partire dal 16 novembre.
Nuovo iPhone 12
Oltre a cambiare la fotocamera, l’iPhone 12 rinfresca un po’ il design che era lo stesso più o meno dai tempi dell’iPhone X, allontanandosi dai bordi arrotondati e dal vetro che caratterizzavano i vecchi dispositivi per un nuovo design con bordi piatti – più simile all’iPad Pro e al nuovo iPad Air.
Il display fa un grande salto di qualità con un pannello OLED Super Retina XDR rispetto al vecchio LCD, e raddoppia sostanzialmente anche la risoluzione. Forse più interessante è il nuovo vetro “a scudo di ceramica” – sviluppato in collaborazione con Corning – che Apple sostiene essere il più grande salto di durata mai fatto su un iPhone.
I telefoni sono alimentati da un processore A14 Bionic, come nell’iPad Air, che secondo Apple è “il chip più veloce mai presente in uno smartphone”.
L’iPhone 12 è dotato di due fotocamere con lenti larghe e ultra larghe.
L’iPhone 12 partirà da 799 dollari ed è disponibile nei colori blu, verde, nero, bianco e rosso. Sarà pronto per il pre-ordine venerdì 16 ottobre, e diventerà disponibile il 23 ottobre.
L’iPhone 12 Mini
Mini è stata la parola chiave di ieri. Per la prima volta dall’iPhone 5S, Apple ha reso moderno un telefono di punta che può essere giustamente considerato “piccolo” per gli standard odierni.
Nonostante le dimensioni più piccole, mantiene essenzialmente le stesse specifiche dell’iPhone 12 – compreso il Super Retina Display.
L’iPhone 12 Mini partirà da 699 dollari con gli stessi colori dell’iPhone 12. I pre-ordini iniziano venerdì 6 novembre, e sarà disponibile a partire dal 13 dello stesso mese.
L’iPhone 12 Pro e Pro Max
L’iPhone 12 Pro e il Pro Max si basano sulle caratteristiche dei loro fratelli più economici. Sono dotati di un elegante telaio in acciaio inossidabile con una finitura più lucida rispetto al normale iPhone 12, e sono disponibili nei colori grafite, argento, oro e blu pacifico. Il 12 Pro passa da una diagonale di 5,8 pollici a 6,1 pollici, mentre il Pro Max passa da 6,5 a 6,7 pollici.
Saranno disponibili per il pre-ordine venerdì 16 ottobre, e saranno disponibili una settimana dopo, il 23 ottobre. Il prezzo parte da 999 e 1.099 dollari rispettivamente per il Pro e il Pro Max.
Il sistema di telecamere è la vera storia qui. La 12 Pro ha essenzialmente le stesse fotocamere del normale iPhone 12, più un teleobiettivo equivalente a 52 mm per i soggetti lontani. Un nuovo sensore LiDAR su entrambi i telefoni permette inoltre ai dispositivi di avere effetti di profondità e realtà aumentata più realistici grazie a stime accurate della distanza. Permette anche ritratti in modalità notturna e una veloce messa a fuoco automatica in condizioni di scarsa illuminazione.
Apple Pro RAW
Apple permetterà di catturare le foto in RAW mantenendo la piena elaborazione del chip A14.
Questo darà ai fotografi molta più di flessibilità e opportunità creative per la loro fotografia mobile.
Carbonio zero entro il 2030
Apple ha infine annunciato che prevede di avere un impatto netto di carbonio zero entro il 2030, un obiettivo aggressivo considerando la massiccia produzione di hardware dell’azienda. Apple afferma di essere riuscita a farlo utilizzando materiali riciclati di terre rare, materiali di migliore provenienza.
Nessun caricabatterie o EarPods nella scatola
Anche questa mossa punta all’impatto zero. Come preannunciato dall’evento per iPad del mese scorso, Apple non include più un caricabatterie nella scatola – e nemmeno gli EarPods. L’azienda afferma che i suoi cambiamenti cumulativi le consentiranno di risparmiare 2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, con un impatto equivalente a quello di togliere 450.000 auto dalla strada ogni anno.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/iphone-12-batteria-770x391-1.jpg391770Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-14 17:30:452020-10-14 22:50:26Mini è la parola chiave per i nuovi prodotti di Apple
L’iniziativa di Zanichelli porta a casa di chi ha fame di cultura, gratuitamente e a domicilio.
Le cartoline delle etimologie di 21 parole per il lancio del nuovo vocabolario di lingua italiana Zingarelli 2021.
Il 2020 sarà ricordato per tante cose mai accadute prima, ma soprattutto per la capacità dell’essere umano di tirare fuori dal cilindro grandi idee. Forse ne avevamo un gran bisogno.
In un anno in cui le certezze non hanno più la stessa valenza del passato, c’è un’immenso potere strategico e culturale che si fa spazio.
Di conseguenza molti brand hanno dato forma a nuovi progetti per rimanere sulla cresta dell’onda e guadagnare nuove opportunità.
Come realizzare il lancio del nuovo vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2021?
L’idea della casa editrice Zanichelli è stata quella di cavalcare l’ondata di delivery a cui il lockdown ci ha abituati ed utilizzarla per uno scopo culturale, ma anche etico.
Il progetto Cibo per la mente di Zanichelli
Il progetto Cibo per la mente si propone di consegnare cultura a domicilio coinvolgendo sette città italiane, grazie all’ausilio di speciali postini Zanichelli.
Utilizza le dinamiche del food delivery per farne uno strumento di divulgazione della lingua italiana, attraverso le sue etimologie.
I postini Zanichelli consegneranno un milione di cartoline per raccontare 21 etimologie attraverso parole e illustrazioni del venezuelano Fernando Cobelo.
Fernando Cobelo ha curato anche le grafiche del dizionario in uscita il prossimo anno.
Chi desidera ricevere a casa una cartolina potrà scegliere (tramite la piattaforma dedicata) tra diverse tipologie di menu-parole: tradizionale, per bambini, del giorno, d’autore, esotico, dello chef.
Il servizio è totalmente gratuito e le cartoline raccontano le curiosità lessicali, che saranno anche uno dei focus del nuovo Zingarelli 2021, dove trovano spazio 400 parole che vantano etimologie particolarmente significative, indicate dal simbolo grafico di un alberello (alludendo alle radici della lingua). Insieme a queste deliziose etimologie Zanichelli offre 3 mesi di dizionari digitali gratis.
Cibo per la mente stimolerà a giocare con le parole, stuzzicando l’appetito di cultura dei lettori. Quando si conosce l’etimologia di una parola, la si usa nel modo più adeguato e si impara ad amarla.
I postini si muoveranno in bici a Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma e Cagliari, secondo un calendario settimanale già definito per distribuire quante più cartoline possibili. Inoltre i corrieri in bicicletta fanno capo ad agenzie che tutelano e garantiscono il loro lavoro.
Se non vivete in una di queste città, potrete riceverle direttamente per posta, ordinandole online dal menu preferito: l’ordine sarà recapitato in packaging realizzato con materiale riciclato da Comieco, il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi.
“Il progetto è nato in tempo di lockdown, di consegne a domicilio e voglia di nuovi progetti” spiega il sito dell’iniziativa “Il nostro obiettivo è semplice: portare a casa di chi ha fame di cultura, gratuitamente e a domicilio, tantissime etimologie della lingua italiana sotto forma di cartoline illustrate”.
Le etimologie
In attesa del vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2021, ecco alcune etimologie che potreste ricevere a casa.
L’etimologia della parola EGREGIO, per esempio, deriva dal latino ‘egregiu’= fuori dal gregge.
Tra i menù disponibili, troviamo quello dello Chef, ovvero “gli amanti dei sapori unici” con le parole più curiose, come la parola FORSE che a leggerne l’etimologia potremmo pensare di averne perso la vera accezione da decenni. Deriva infatti dal latino forsit, fors sit = “destino sia”.
La parola NOSTALGIA, invece, rimane legata ancora alla sua etimologia, dal greco “dolore per il ritorno”.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/zanichelli-cibo-per-la-mente.jpg373644Claudia Liccardohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngClaudia Liccardo2020-10-14 16:13:292020-10-16 08:33:42Il nuovo delivery della casa editrice Zanichelli consegna a casa perle di cultura italiana
Non c’è fine settimana che tenga senza il recap Ninja delle principali notizie dal mondo dei social.
Ecco quindi tutto quello che non devi assolutamente perderti questa settimana.
Universo Facebook
Facebook ha annunciato un nuovo Centro risorse per la salute emotiva, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale. Il social ha annunciato il lancio di nuovi strumenti per supportare la crescita della consapevolezza su questi temi.
Sul fronte Instagram
Nuove funzionalità audio in arrivo per Reels. Instagram aggiunge un’opzione per salvare i suoni in-app da utilizzare poi nei propri clip, la condivisione delle collezioni via DM e la ricerca per suoni e musica. Il social segue così un trend sempre più evidente che enfatizza tutte le funzioni audio.
Instagram starebbe anche lavorando sulla possibilità di visualizzare le metriche degli ultimi 30 giorni, per agevolare la vita ai social media manager, secondo quanto riportato da alcuni analisti.
Infine, la piattaforma ha annunciato un nuovo update per la sua app separata Threads, che aggiunge una completa integrazione della messaggistica istantanea.
Ultimo aggiornamento, non meno importante dalla settimana: Instagram nasconderà automaticamente i commenti offensivi. Anche in questo caso si tratta di un’opzione sempre più utilizzata dalle tante piattaforme di condivisione online, per arginare attraverso l’automazione e l’intelligenza artificiale il fenomeno degli hate speech. L’azienda ha spiegato che i commenti che saranno nascosti saranno simili a quelli che sono stati segnalati dagli utenti in passato.
YouTube testa un’integrazione con Shopify. Pensata per il merchandising dei creator, la funzione dovrebbe permettere di vendere direttamente tramite video, trasformando la piattaforma in una sorta di enorme catalogo.
In linea con quanto sta accadendo anche sugli altri social, la piattaforma testa nuovi avvisi sui commenti potenzialmente dannosi. Per incoraggiare interazioni più rispettose la piattaforma farà comparire un prompt proponendo di rivedere la risposta prima che venga pubblicata.
Pianeta Twitter
Twitter vuole rendere la funzione ‘Quote Tweet’predefinita. Il social cerca in questo modo di far sì che un numero maggiore di utenti aggiunga i propri pensieri ai retweet.
Twitter is working on making the Retweet button open the composer directly, getting rid of the menu
with this prototype, as of now, it’s still possible to retweet by not entering anything in the text area and press the “Retweet” button pic.twitter.com/71BkDct26C
E per aiutare a migliorare la scoperta di nuovi account, la piattaforma sta sperimentando nuove opzioni per aggiungere istantaneamente tutti gli account con un solo tocco e rimuovere facilmente quelli che non si vogliono più seguire.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/week-in-social.jpg583946Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-11 10:02:352020-10-27 10:46:01Week in Social: dalle novità per Reels all'integrazione tra YouTube e Shopify
Pinterest ha recentemente pubblicato una nuova guida che si concentra sul potere della positività sui social media, soprattutto per quanto riguarda la costruzione del brand online.
Mentre altri social network usano l’engagement come incentivo chiave, la piattaforma di ricerca visuale propone un’altra strada: “Se i social media ci hanno insegnato una cosa, è che i contenuti non filtrati guidano la negatività. Senza moderazione intenzionale, le piattaforme costruite sulla connessione delle persone hanno – alla fine – solo polarizzato le persone. Il fatto è questo: la rabbia e la divisività possono incoraggiare le persone a scorrere il feed. Ma non inducono le persone a comprare. Gli ambienti negativi rendono le persone meno propense a ricordare, meno propense a fidarsi e meno propense ad acquistare dai marchi“.
Quindi, è davvero possibile generare coinvolgimento e interazione essendo stimolando il dibattito e la risposta. Ma questo aiuta davvero a cambiare i risultati della tua azienda?
La guida di Pinterest si concentra su come i marchi possono massimizzare la risposta dei consumatori adottando un approccio positivo.
Per saperne di più e andare più a fondo abbiamo rivolto qualche domanda ad Adrien Boyer, Country Manager di Pinterest Francia, Sud Europa e Benelux.
Se all’inizio si ricercavano online contenuti relativi alla pandemia per informarsi, questa ricerca si è poi trasformata in qualcosa di più morboso. Come è possibile quindi evitare che questo avvenga? E per i business, come è possibile tutelare la propria brand safety in questo contesto?
Questa è una domanda molto importante perché sempre più brand chiedono dove compaiono le loro pubblicità. Pinterest punta ad essere un luogo di ispirazione e per questo si sta impegnando per creare uno spazio sicuro e positivo per utenti e brand. Anche sulla disinformazione esiste una politica a riguardo che si concentra sul divieto di disinformazione sanitaria, inclusi consigli anti-vaccinazione o false cure per malattie croniche o terminali.
Dall’inizio della pandemia, la piattaforma si è impegnata a rimuovere qualsiasi informazione errata sul COVID-19, inclusi i vaccini. Sono vietate inoltre la pubblicità su Pinterest di informazioni false o fuorvianti sul Coronavirus.
Per garantire agli utenti l’accesso a informazioni utili su questa questione importante e affinché i brand siano visibili in un ambiente affidabile, la piattaforma ha anche implementato un’esperienza di ricerca personalizzata COVID-19, che consente all’OMS, al CDC e ad altre organizzazioni sanitarie di aggiungere contenuti alle loro bacheche COVID-19, che diventano automaticamente parte dei risultati di ricerca quando gli utenti cercano termini correlati al COVID-19. In questo modo, i Pinner sono collegati alla realtà dei fatti e vengono sfatati falsi miti con informazioni autorevoli da fonti affidabili.
In quanto piattaforma per trarre ispirazione e pianificare i momenti della vita, Pinterest è sempre stato un luogo di positività, con quasi 9 Pinner settimanali su 10 che affermano che sia “un’oasi online”. Per i consumatori e, di conseguenza, per i brand.
Gli sforzi di social e più in generale delle piattaforme di condivisione, in termini di moderazione dei contenuti sono notevoli oggi. Ma è importante tenere presente soprattutto che Pinterest è diverso dalle piattaforme social, perché è più simile ai “personal media” che ai “social media”.
Le persone non vanno su Pinterest per trasmettere i propripensieri ed opinioni politiche a un social network; qui le persone sono in cerca di idee da scoprire, salvare e mettere in pratica. Il contenuto sulla piattaforma è intrinsecamente diverso dalla maggior parte dei contenuti social.
E questo per l’azienda inizia dall’aiuto ai 400 milioni di utenti mensili globali a scoprire nuove idee e prodotti da acquistare per la loro vita quotidiana.
Ora più che mai, le persone sono alla ricerca di luoghi in cui ispirarsi e trovare risposte alle sfide attuali. In effetti, gli utenti di Pinterest hanno il 20% di probabilità in più rispetto al resto della popolazione di avere il benessere mentale ed emotivo come top of mind durante la pandemia.
Se le persone trovano contenuti che non dovrebbero essere su Pinterest, sono incoraggiare a segnalalo. Il rapporto con gli utenti diventa così una leva fondamentale per evolvere gli standard e utilizzare strumenti proattivi per trovare e rimuovere i contenuti.
Inoltre, la piattaforma chiede consiglio ad esperti esterni su come migliorare le policy e la loro applicazione.
Ottimismo e positività nelle campagne dei brand
Pinterest si è sempre presentato come un luogo positivo e da quando è iniziata la pandemia, questo è diventato ancora più vero. Le ricerche e l’interesse per la “positività” sono aumentate del 65% da questo periodo dell’anno scorso, ai massimi livelli nella storia della piattaforma.
Ora più che mai, infatti, le piattaforme sono responsabili della creazione e della promozione di esperienze online positive per i consumatori. Non è più solo una questione di contenuto pubblicitario, ma anche di contesto pubblicitario.
La recente ricerca della piattaforma mostra che le campagne pubblicitarie che emergono in un ambiente online più positivo determinano un impatto in ogni fase della canalizzazione di acquisto. Al contrario, gli ambienti negativi rendono le persone meno propense a ricordare, meno propense a fidarsi e meno propense ad acquistare dai brand.
Infatti, 6 adulti su 10 concordano sul fatto che è più probabile che ricordino i brand che incontrano online quando si sentono positivi, esi fidano anche, si sentono positivi e alla fine acquistano dai brand che vedono in ambienti positivi.
Allo stesso modo, 2 adulti su 3 concordano che è responsabilità di un brand fare pubblicità in luoghi sicuri e positivi ed evitare contenuti negativi. (Fonte: usertesting.com, luglio 2020). Pertanto, è fondamentale per i brand assicurarsi che i propri annunci vengano visualizzati in una posizione positiva e in mezzo a una pandemia globale, l’adiacenza degli annunci è più importante che mai.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/pinterest-positività.jpg577821Pinteresthttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngPinterest2020-10-09 17:47:562020-10-12 20:40:49Come le aziende possono parlare il linguaggio dell'ottimismo per coinvolgere le persone (e tutelare il brand)
Nella Giornata Mondiale del Sorriso, celebrata a livello globale il primo venerdì di ottobre, tutto è pensato per strapparcene uno e Coca-Cola ha pensato proprio a tutti. Niente è più immediato di un sorriso per generarne un altro: basta vedere una persona farlo, infatti, per sorridere a nostra volta. Ma c’è chi i sorrisi non riesce a vederli. Se c’è una cosa che quest’anno ci ha insegnato è che c’è sempre un altro modo per far arrivare i sorrisi.
Per dedicare un momento di divertimento a chi il sorriso non lo percepisce con gli occhi, nasce “The Smile Can”, una serie di 5 lattine da 33cl in edizione limitata che riporteranno alcuni messaggi scritti in Braille, co-creati insieme ad UICI, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.
Le lattine della felicità
“Se strofini ancora esce il genio”, “Gratta pure, tanto non vinci nulla” sono solo alcuni dei messaggi che saranno presenti sulla serie di lattine, con l’obiettivo di generare un sorriso per ogni Coca-Cola, come recita il payoff.
Coca-Cola è un brand da sempre legato al concetto di felicità, vissuta come fonte di ispirazione anche attraverso progetti che promuovono l’inclusione e il superamento delle barriere, valorizzando le diversità. Attraverso “The Smile Can” Coca-Cola ha scelto di sostenere il centenario della fondazione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che proprio nel 2020 celebra questo importante traguardo.
“Ottimismo e inclusione fanno da sempre parte del DNA di Coca-Cola” – dichiara Cristina Broch, Direttore Comunicazione e Relazioni Istituzionali per Coca-Cola Italia. “La celebrazione dell’anniversario di UICI è solo il tassello più recente di un percorso che ci vede da tempo impegnati nel promuovere una società più inclusiva dove la valorizzazione della diversità possa essere leva di cambiamenti positivi”.
Coca-Cola e UICI hanno lavorato insieme nel definire i messaggi da leggere in Braille in modo divertente. Condividere i propri sorrisi e sensibilizzare attraverso il linguaggio universale della felicità sull’importanza di questo modo di leggere e scrivere è tra i principali obiettivi dell’Associazione.
“Questa iniziativa esprime qualcosa che noi promuoviamo da tempo, perchè vuole coniugare la sensibilizzazione sui temi della disabilità visiva con la leggerezza di un sorriso” – dichiara il Presidente Nazionale UICI Mario Barbuto.
La campagna integrata di Coca-Cola
Per presentare il progetto, Coca-Cola promuoverà su Linkedin e Youtube un messaggio dedicato a generare sorrisi proprio nella Giornata Mondiale dedicata a questo gesto; le lattine saranno poi presenti durante alcune delle principali iniziative dedicate alla celebrazione del centenario di UICI in tutta Italia. Con il suo messaggio positivo, anche la comunicazione di “The Smile Can” si inserisce perfettamente nella nuova strategia “Come Mai Prima”, la campagna lanciata a fine luglio a livello europeo che invita ad affrontare ogni cosa in modo diverso rispetto al passato, apprezzando da una nuova prospettiva tutto ciò che abbiamo intorno a noi.
In occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che riprenderanno il 19 ottobre con l’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un “villaggio” itinerante toccherà quest’anno diverse città italiane, tra cui Genova, Roma, Milano, Bologna. Si potrà partecipare a esperienze sensoriali e di “donazione della voce”, dimostrazioni con il cane guida per ciechi, sessioni sportive, laboratori educativi e iniziative di sensibilizzazione in cui toccare con mano anche l’edizione limitata di “The Smile Can” di Coca-Cola, e scoprire il mondo della disabilità visiva in una luce di inclusione, indipendenza e creatività.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/the-smile-can-coca-cola.jpg7671520Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-08 16:50:352020-10-12 20:41:10The Smile Can, l’edizione limitata di Coca-Cola per la Giornata Mondiale del Sorriso
I piccoli borghi, essenza d’Italia, si spopolano: sono le grandi città ad offrire maggiori opportunità.
Il marketing territoriale, tramite lo storytelling, aiuta a raccontare la storia e le tradizioni dei cosiddetti Italian Villages e ad attrarre cittadini e turisti.
Arte, design e street art utilizzati come strumenti di valorizzazione delle tradizioni e per la ripartenza.
No, non siamo a Silent Hill, anche se c’è chi li definisce (da tempo) “paesi fantasma”. Non perché siano infestati, ma perché (sempre da tempo) c’è un costante movimento in atto.
Svuotamento dei piccoli comuni, dei cosiddetti borghi d’Italia, che rappresentano l’immagine di chi è partito per cercare fortuna altrove, soprattutto nei grandi centri urbani.
Le scuole chiudono per mancanza di bambini, le banche spostano gli sportelli, il trasporto pubblico è problematico se non addirittura inesistente.
Sì, c’è un’Italia che lotta per non sparire. E, se dovesse davvero dissolversi del tutto, sparirebbe il senso della nazione, composta anche da piccoli mondi antichi, dove c’è ancora il sapore delle vecchie tradizioni e dell’artigianato di un tempo.
Case ad un euro per richiamare gli abitanti, incentivi fiscali per aziende e nuovi residenti. La parola d’ordine è trasformare i limiti, come l’isolamento, in opportunità per turisti e nuovi abitanti. E sono sempre più i piccoli comuni che avviano proprie iniziative per attirarli.
Già, cosa c’entra il marketing contro lo spopolamento dei borghi italiani? Si tratta di una trovata pubblicitaria, magari in stile piano Marshall?
No, o almeno non solo.
Con l’espressione marketing territoriale si indica l’insieme delle strategie finalizzate alla comunicazione turistica, tramite la valorizzazione di un determinato territorio e delle sue caratteristiche naturali e architettoniche.
Uno dei mezzi fondamentali è lo storytelling, poiché di una città viene raccontata la storia: una storia che non può prescindere dalle peculiarità, dal folclore e dalle attrazioni della zona interessata.
Tutta teoria?
No, se si pensa che non molto tempo fa, Airbnb (colosso dell’home sharing) ha lanciato un piano nazionale, Borghi Italiani (Italian Villages), per contribuire alla valorizzazione di questi luoghi e delle loro comunità.
In effetti, far conoscere i piccoli centri dell’Italia rurale (e non solo) ai viaggiatori di tutto il mondo significa accendere i riflettori su paesaggi, tradizioni e saperi unici, oltre che espandere le economie locali, promuovendo un turismo sostenibile, fuori dalle rotte maggiormente battute.
In quest’ambito rientra il recupero di quattro edifici storici attraverso progetti di valorizzazione, nati dalla collaborazione fra Airbnb, le istituzioni e la comunità locale.
È il caso, ad esempio, del progetto pilota di Civita di Bagnoregio, Casa d’Artista, avviato nel 2017.
Casa Greco, edificio storico di Civita parzialmente distrutto a causa di una frana negli anni ’80, è stata convertita in una residenza di artista e servirà come “inspirational place” per comunità di artisti e viaggiatori.
E gli interni sono tutti di design: Le Corbusier, Cassina, Bitossi home, Eligo e Servomuto.
Una boccata d’arte
E se a Casa Greco gli interni sono di design, ci sono altri borghi che hanno utilizzato l’arte come strumento di marketing territoriale.
Venti borghi italiani (uno per ogni regione) ospitano installazioni di arte contemporanea per incentivare il turismo di prossimità e sostenere gli artisti italiani.
Una boccata d’arte, è questo il nome del progetto realizzato da Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua.
Complici il turismo di prossimità di questa strana estate 2020 e la necessità di riattivare i circuiti culturali del Paese, una boccata d’arte porta installazioni di venti artisti italiani nei venti borghi selezionati.
Le installazioni, la maggior parte delle quali realizzate esternamente (giusto per essere COVID-19 free), viaggiano da nord a sud, coinvolgendo un artista per ogni borgo: Elena Mazzi a Cervo (Liguria), Clarissa Baldassarri a Castellaro Lagusello (Lombardia), Antonello Ghezzi a Santo Stefano di Sessanio (Abruzzo), Marta Spagnoli a Ronciglione (Lazio), fino ad arrivare al sud con Claudia Losi a Presicce (Puglia).
Mar(T)keting
E poi c’è la street art. In bilico tra arte contemporanea e vandalismo, tra ammirazione e contestazione, contribuisce anch’essa ad accendere i riflettori sui borghi.
Dozza, borgo dell’Emilia Romagna, è il fiore all’occhiello della street art nei borghi.
In effetti, i suoi murales sono famosi in tutta Italia, anche perché l’evento Biennale del Muro dipinto si svolge lì dagli anni ’60.
Conoscete poi Satriano di Lucania? In Basilicata. Borgo di 2000 abitanti, che conta più di 150 murales, rappresentanti leggende e tradizioni locali.
E il Borgo Marinaro di Schiavonea (Corigliano Rossano)? In Calabria. Lì il protagonista della riqualificazione è il gabbiano di Jonathan Livingstone.
L’ideatore dell’iniziativa denominata “Vivi il Borgo”, Mario Martilotti, punta a far rivivere uno dei più grandi borghi marinari della Calabria, sede, ancora oggi, della cosiddetta pesca artigianale. Si tratta di un paesino di diecimila abitanti, che non molla e riprende vita, grazie soprattutto alla determinazione dei cittadini che tengono alla propria terra.
Insomma, non resta che andare e scoprire. Dopotutto, non è necessario il coraggio di Rose e Sharon, le due protagoniste, pioniere del viaggio verso Silent Hill nella famosa pellicola.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/Immagine-del-05-10-20-alle-09.55.jpg442681Guenda Espositohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGuenda Esposito2020-10-08 15:00:132023-05-15 14:14:54Marketing territoriale: lo storytelling aiuta i borghi d'Italia a riprendere vita
Analisi dell’impatto del COVID19: la nuova ricerca realizzata da Extreme ha analizzato l’attività su Instagram di un panel di 600 influencer italiani.
300 specializzati nel settore travel e 300 nel food, confrontando il periodo compreso tra i mesi di maggio/agosto del 2019 e del 2020.
Cambiano i tempi, le situazioni e le condizioni ma c’è sempre un elemento che, ormai, diventa sempre più presente e, diciamolo, a volte invadente. Parliamo, ovviamente, del social media marketing, nello specifico di Instagram che non accenna a calare in termini di popolarità. Non ha bisogno di presentazioni il social delle foto per eccellenza, sappiamo bene che ormai è nel cuore e nella mente di tutti. Diteci la verità, quante volte al giorno siete connessi?
Instagram, il social dei social
“Passano gli anni, cambiano i trend, Mark Zuckerberg rilascia nuove feature per le sue piattaforme, ma il problema principale dei marketer rimane sempre uno: come faccio ad aumentare la follower base del profilo Instagram del mio brand?“ introduce così Daniela Chiorboli il suo articolo dedicato al social. Altro non conferma che il pensiero della maggior parte degli utenti è sempre lì a Instagram, neanche fosse il principe azzurro. Che poi, esiste? Certo, basta cercarlo tra gli utenti giusti!
Instagram, come dicevamo, è il social che comunica per immagini ed è per questo motivo che alcuni settori sono chiaramente più forti rispetto ad altri. Il mondo dei viaggi è quello che spopola, d’altronde come fare a rimanere impassibili vedendo una foto di un tramonto pugliese? Non abbiamo bisogno di fare il giro del mondo per stupirci!
Allo stesso modo, il settore fashion è d’ispirazione per molti: look, consigli, tendenze sono comunicati tramite Instagram e, che piaccia o meno, contano grandi numeri. Ancora, alzi la mano chi tra voi ha tra gli elementi salvati l’immagine di un particolare tipo di pasta o di una torta da leccarsi i baffi? Ebbene sì, il mondo food conquista tutti.
Sì, ma il Covid?
Nei mesi precedenti il dibattito si è spostato sull’impatto che il Covid-19 ha avuto sulle attività social dei travel e food influencer italiani e dei loro follower. Com’è andata, ve lo diciamo subito: tra stories, foto e dirette, su Instagram i due settori hanno vissuto sulle montagne russe, con picchi e crolli vertiginosi. Infatti, se i foodinfluencer tra maggio e agosto 2020 hanno visto un’impennata del proprio engagement con 17,7 milioni di interazioni, quindi il +32% rispetto allo stesso periodo del 2019, i travel influencer hanno registrato un andamento completamente inverso, con interazioni ridotte del 15,7%, passando in termini assoluti da 23,5 milioni nel 2019 a poco meno di 20 milioni nel 2020.
A rivelarlo è Influencer Italia TRAVEL & FOOD, Analisi dell’impatto del COVID19, una ricerca realizzata da Extreme, azienda italiana specializzata nella web e social media data intelligence. Attraverso il suo osservatorio permanente e ai dati aggiornati della piattaforma di influencer assessment Extreme Social Index, Extreme ha analizzato l’attività su Instagram di un panel di 600 influencer italiani, 300 specializzati nel settore travel e 300 nel food, confrontando il periodo compreso tra i mesi di maggio/agosto del 2019 e del 2020.
Travel vs food
La ricerca ha evidenziato che il numero degli influencer attivi ad agosto 2019 e 2020 ha registrato un calo del 14% nel settore travel e solo del 5,4% nel settore food.
Nonostante la normale decrescita fisiologica di soggetti che abbandonano un’attività così competitiva, il calo nel settore travel sembra essere una conseguenza diretta della pandemia.
I follower, croce e delizia di Instagram
Un andamento confermato anche dall’attività dei follower.
Il tasso di crescita medio dei follower per influencer nell’anno del Covid19 si è fermato all’ 1,76%, contro il 2,38% del 2019. A sottolineare la sofferenza del mondo travel è anche la crescita contenuta dei follower da parte degli account analizzati: da 5,5 milioni a 5,7 milioni di follower (+3,6%).
Viva il food…
La ricerca segnala una riduzione in entrambi i settori sul numero dei post pubblicati: quella dei food influencer appare più contenuta con 14.080 post del 2020, contro i 16.114 del 2019, una percentuale dunque pari al -12,6%. Per i viaggiatori il decremento è stato ancora più significativo, pari al 24% (da 11.600 post a 8.800). Di fatto, un danno per i travel influencer e per tutti i creativi del comparto.
Anche il numero di sponsorizzazioni, con hashtag quali #ad #adv #sponsoredby #supplied sono stati ridimensionati: -33% sul volume dei contenuti pubblicati e -25% sulla media dei post promozionali per travel influencer, così come l’engagement che registra una contrazione del 18,3%. Situazione simile per il comparto food: in negativo le variazioni rispetto al 2019 circa il volume complessivo dei post con sponsorizzazioni (- 18,4%) e i post medi per influencer (-14%).
In questo caso però cresce l’engagement del 22,7%: non è difficile da immaginarlo con tutto quello che è stato impastato e sfornato!
…e viva l’Italia
Fino a febbraio 2020 l’attenzione era alta verso l’estero, poi con la chiusura dei Paesi e l’impossibilità o la paura di programmare partenze, qualcosa è cambiato. I travel influencer, per necessità o virtù, hanno riscoperto il proprio Paese. Secondo i dati elaborati, rispetto al panel degli influencer analizzato, durante l’estate del 2020 la Toscana è stata la regione più instagrammata, con 958 post, seguono il Lazio (795 post), il Trentino Alto Adige ( 773), le Marche (769) e il Veneto (713).
Prendendo in considerazione invece l’engagement, la classifica delle preferenze subisce alcune modifiche: se la Toscana rimane ai vertici in con 599.600 like e commenti, la Sicilia ottiene il secondo posto con 589.400, la Lombardia il terzo con 583.000; seguono la Campania con 572.400 e la Puglia con 530.300
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/influencer-marketing-02.jpg9211646Eleonora Tricaricohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEleonora Tricarico2020-10-07 16:58:412021-04-07 20:58:3717,7 milioni di interazioni: i numeri di food e travel influencer su Instagram
Sin dalle sue origini Instagram ha dato libero sfogo alla creatività degli utenti.
A fare la sua fortuna sono state le Stories, ma oggi la piattaforma continua ad esplorare nuove strade.
Oggi Instagram compie 10 anni, segnando un decennio da quando, con la sua nascita, ha contribuito a un cambiamento della cultura globale, digital e non solo.
Sin dai suoi primi giorni di vita, la creatività della community di Instagram è stata fonte di grande ispirazione. Grazie a questa piattaforma le persone sono entrate in contatto tra loro e si sono espresse in modi nuovi e creativi, condividendo i propri interessi, o unendosi in favore delle cause che gli stavano a cuore.
Un po’ di storia
Instagram è un social network che permette agli utenti di scattare foto, applicarvi filtri, e condividerle online. Nel 2012 Facebook Inc ha acquistato la società e la sua tecnologia per un miliardo di dollari. L’applicazione web, sviluppata da Kevin Systrom e Mike Krieger, è stata lanciata il 6 ottobre 2010, inizialmente disponibile solo su iOS poi divenuta compatibile con qualsiasi iPhone, iPad o iPod touch avente iOS 3.1.2 o superiore. Dal 3 aprile 2012 è disponibile anche per i dispositivi che supportano Android.
Te lo ricordi? Instagram era originariamente destinato esclusivamente al caricamento di immagini in formato 1:1 per la larghezza di visualizzazione dell’iPhone al momento (quindi quadrate). Queste restrizioni sono state allentate nel 2015, con un aumento a 1080 pixel. Il servizio ha anche aggiunto funzionalità di messaggistica, la possibilità di includere più immagini o video in un singolo post, nonché “Storie”, simili ai contenuti effimeri del suo principale concorrente Snapchat, e che consentono agli utenti di pubblicare foto e video su un feed sequenziale, con ogni post accessibile da altri per 24 ore. Al gennaio 2019, la funzione Storie veniva utilizzata quotidianamente da 500 milioni di utenti.
A settembre 2020, la persona più seguita è il calciatore Cristiano Ronaldo con oltre 237 milioni di follower e la donna più seguita è la cantante Ariana Grande con 203 milioni di follower. Al 14 gennaio 2019, la foto con più “mi piace” su Instagram è una foto di un uovo, pubblicata dall’utente @world_record_egg, creata con l’unico scopo di superare il precedente record di 18 milioni su un post di Kylie Jenner. L’immagine ha superato i 54 milioni di “mi piace”.
In un giorno così significativo come il suo decimo compleanno, Instagram presenta nuovi prodotti e funzioni e sottolinea l’importanza della futura generazione di creator che sta contribuendo al rivoluzionario cambiamento della piattaforma.
Mappa delle storie: una mappa e un calendario privati delle storie condivise negli ultimi tre anni, che ti permetteranno di rivivere e ricordare i tuoi momenti migliori. La funzione consente di condividere, scaricare e salvare le storie nei tuoi highlight.
Timeline di prodotto: una timeline che ripercorre i momenti chiave della storia di Instagram
Aggiornamenti su shopping: nei prossimi giorni lo shopping sarà disponibile anche su IGTV, mentre un test della stessa funzione sarà avviato nei prossimi mesi su Reels. L’obiettivo è semplificare l’esperienza di acquisto anche nei video, oltre che supportare i creator nel far crescere la propria attività tramite la piattaforma.
Inoltre, a partire da oggi, in Italia apparirà un’icona “Reels” direttamente sulla schermata principale di Instagram.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/instagram-compie-10-anni.jpg7301035Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-06 12:47:132020-10-07 18:07:06Instagram celebra il suo decimo compleanno (e annuncia qualche novità)
“The Social Dilemma” è il documentario più chiacchierato del momento. Ma di cosa parla?
La parola a chi ha reso possibile la nascita e la diffusione dei social media, ma si è pentito di averlo fatto.
Avete mai letto “Frankenstein” di Mary Shelley?
La storia la conosciamo tutti. Il romanzo è uno dei capolavori della letteratura gotica e considerato come uno dei testi pionieri del genere fantascientifico. Era il 1816, un anno in cui si verificarono anormalità climatiche e fu ricordato come l’anno senza estate. In una villetta nelle campagne svizzere, si riunì un gruppo d’intellettuali inglesi, tra cui la Shelley, che aveva appena 19 anni, suo marito Percy Shelley, uno dei poeti più importanti del periodo romantico, Claire Clairmon, la sorellastra della scrittrice, Lord Byron e John William Polidori.
In un pomeriggio freddo e piovoso, costretti in casa a causa del mal tempo, si sfidarono in una gara letteraria per scrivere una storia sul soprannaturale. Qui nacque il nostro capolavoro, “Frankenstein”, colui che sfidò le leggi divine per oltrepassare i confini di ciò che è lecito per compiere qualcosa di grande: donare la vita a chi non ne ha più.
In questa gara d’inchiostro, inoltre, Polidori scrisse “Il vampiro”, un’opera che, in futuro, avrebbe ispirato Bram Stoker con il suo “Dracula”.
Siamo noi il prodotto?
Quanti di noi, leggendo quest’incredibile storia, hanno provato pena per il “mostro” nato dal genio, o follia, punti di vista, del dottor Victor Frankenstein? Una creatura spaventosa, dagli occhi umidi e dal colore giallastro ma bramosi di sapere, di domande che non hanno avuto risposte da colui che lo ha messo al mondo. Un essere spaventato, bombardato da stimoli che non aveva mai provato, che non sapeva nemmeno che esistessero, che non aveva chiesto. Una condizione d’infelicità perenne che si trasforma in paura, e chi non proverebbe pietà per una simile situazione?
In “The Social Dilemma” si parla di questo. Siamo il prodotto di moderni Frankenstein bombardati da impulsi, scosse e desideri di cui ignoravamo l’esistenza, ma che adesso non riusciamo a farne a meno.
Sono settimane che “The Social Dilemma” impazza sui nostri profili social. Chi consiglia di vederlo, chi lo ama, chi lo odia, chi lo trova orrendo e chi una genialata, insomma come sempre l’opinione della rete si divide, ma se non lo avete ancora visto, ritagliatevi un’ora e mezza per capire davvero di cosa tratta.
Un successo tale, da diventare un pericolo? Chissà, fatto sta che Facebook (per ora l’unico tra i big del web) si è sentita in dovere di rispondere alla accuse con un comunicato ufficiale, che potete leggere qui.
Per il resto, giudicate da soli, senza farvi influenzare dal chiacchiericcio generale. Noi intanto proviamo ad analizzare più a fondo “The Social Dilemma”.
Comincia con una frase dell’artista Pablo Picasso, così giusto per rompere il ghiaccio, una premessa che suona un po’ come minaccia, o avvertimento:
«Ogni atto di creazione inizia con un atto di distruzione».
La prima reazione che abbiamo è quella di sentirci un po’ a disagio e chiederci cosa accadrà in questa ora e mezza, ma poi tutto diventa chiaro. L’intento è uno, dare una spiegazione a un dilemma che ci stiamo ponendo da un po’ di tempo su come la tecnologia, la sua evoluzione e le potenzialità dell’intelligenza artificiale impatteranno sulle nostre vite.
Ci hanno sempre raccontato dei miracoli del progresso e del potere della connessione. Sono anni che le grandi aziende hi-tech ci narrano la favola d’Internet, di quanto stia a cuore a Facebook e agli altri social media creare relazioni tra le persone e poi, all’improvviso, crolla tutto.
Alla fatidica domanda se tutto questo ha una falla, se questo flusso di bit e byte è andato troppo oltre, gli occhi dei geni della Silicon Valley si incupiscono, velandosi di rimorso, e noi siamo lì, basiti, distratti dallo smartphone che vibra per l’ennesima notifica, fissiamo lo schermo del PC ed emettiamo un impercettibile e laconico “Ah”.
The Social Dilemma: la parola agli esperti, quelli veri
“The Social Dilemma” è un documentario di Jeff Orlowski, un regista statunitense di 36 anni, già noto per aver diretto “Chasing Coral “, un documentario sulla progressiva sparizione delle barriere coralline, e “Chasing Ice”, altro documentario del 2012 che mostra i disastrosi effetti del riscaldamento globale sui ghiacciai del Polo Nord. Trovate tutti i suoi lavori su Netflix, compreso l’ultimo, “The Scocial Dilemma”.
Qual è lo scopo del regista? Vuole far luce, vuole darci risposte, sbatterci in faccia la verità su cosa c’è dietro la macchina, all’apparenza perfetta, dei social media.
E voi direte, ma lo sappiamo come funziona, non è nulla di nuovo, siamo consapevoli della massiccia presenza della tecnologia nelle nostre vite. Va bene, ma se a raccontarvi di come funzionano gli algoritmi, la magia della persuasione, i risvolti negativi psicologici sulle persone e la monetizzazione che c’è dietro ai like e ai cuoricini svolazzanti, siano proprio coloro che sono stati i dirigenti di Facebook, Google, Pinterest, Instagram e Twitter?
Connessi in rete ma disconnessi nella realtà
Come un racconto, dove fabula e intreccio si fondono in un ibrido tra documentario e dramma, la storia comincia accompagnati dalla voce di Tristan Harris, informatico che ha lavorato come esperto di design in Google, ora presidente e co-fondatore del Center for Humane Technology.
Tristan si occupa di etica applicata alla tecnologia e ci confida apertamente i pericoli della dipendenza che i social e i sistemi di navigazione come Google possono creare in noi, riportandoci la sua esperienza. La sua voce, insieme a quella di tanti altri protagonisti che hanno fatto parte di quel sistema, ci sconcerta, ma allo stesso tempo ci mette l’ennesima pulce nell’orecchio.
Vogliamo capire il motivo di tutto questo. Il mondo sta davvero impazzendo?
Il testimone passa a Tim Kendall, ex presidente di Pinterest, che ha lavorato come responsabile della monetizzazione in Facebook per alcuni anni e ci spiega il modello pubblicitario dei social media. Ci svela come fanno i social a monetizzare e la dipendenza che creano, da cui è sempre più difficile uscire.
I social targettizzano i nostri interessi, ci vendono, e siamo noi a dar loro il consenso, con i nostri like e le nostre preferenze.
“Se non stai pagando per il prodotto, il prodotto sei tu”
Ci stanno dicendo, senza giri di parole, che siamo un bersaglio vivente da bombardare con immagini e parole, siamo da stimolare in continuazione per tener viva la nostra attenzione e concentrala tutta sullo smartphone.
Smetto quando voglio, forse
In “The Social Dilemma” è illuminante l’intervento di alcuni specialisti tra cui la dottoressa Anna Lembke, psichiatra specializzata in dipendenze. È lei a spiegarci cosa avviene chimicamente nel nostro cervello, ed è tutto riconducibile al rilascio di dopamina.
Ogni volta che pubblichiamo qualcosa sui nostri profili social, viviamo nella trepidante attesa di ricevere approvazione, una reazione, un like dai nostri amici. Quando cominciano a fioccare cuoricini, il nostro cervello produce una scarica di dopamina, che ci fa provare una piccolissima sensazione di piacere e ci porta a ricontrollare ciò che abbiamo pubblicato e a scrollare la bacheca, nella speranza di riprovare quel brivido.
I social sfruttano la vulnerabilità della psiche umana attraverso la manipolazione. Restando connessi, veniamo stimolati continuamente, un po’ come funziona con le slot machine. Tiriamo la leva e veniamo risucchiati in un vortice infinito.
Solo due settori chiamano i loro clienti utilizzatori: le droghe illegali e i software.
The Social Dilemma e l’appello ai più giovani
Inutile dire che i più colpiti da questo sistema d’incessante ricerca dell’approvazione sono proprio i più giovani. Stiamo parlando della Generation Z, ossia tutti quei ragazzi nati tra la metà o la fine degli anni ’90, fino al 2010.
Sono i più ansiosi, quelli che corrono meno rischi di tutti, che socializzano meno e preferiscono vivere in una sorta di bolla che li protegge da tutto ciò che li circonda. Una generazione senza confini fisici e mentali, ma che tende a crearsi continuamente dei limiti.
A partire dal 2011, anno in cui abbiamo raggiunto l’apice per la diffusione dei social media, c’è stato un aumento della depressione, di fenomeni di autolesionismo e dei suicidi, soprattutto tra gli adolescenti. Un clima d’insicurezza, di non accettazione, dovuto a canoni di bellezza irreali, ottenuti soltanto attraverso dei filtri finti creati su queste piattaforme.
Negli ultimi mesi, soprattutto a causa del COVID-19, abbiamo toccato con mano sempre di più quanto le fake news siano pericolose e fuorvianti. Le teorie che gridano al complotto, alla ribellione contro il sistema, tutto ciò che è cospirazionista si diffonde sui social sei volte più velocemente rispetto alle notizie reali. Il motivo? La verità è noiosa.
Nel mondo dei social media, dove tutti siamo diventati la caricatura di noi stessi, non c’è spazio per la realtà, ma si preferisce l’apparenza. Credere a teorie cospirazioniste per mostrarsi più furbi, perché se pochi ci credono significa che nessuno ha davvero capito come va il mondo. Si cerca continuamente di emergere, si ha costantemente bisogno di sentirsi speciali, ma nel modo sbagliato.
Più andiamo avanti nella visione del documentario e più riusciamo a collegare i fili tra loro e la trama prende sempre più forma. Le informazioni non sono uguali per tutti, ci spiegano. Con il sistema di geolocalizzazione e in base alla conoscenza delle nostre preferenze, Google decide cosa mostrarci. Sono in nostri feedback che scelgono. Gli algoritmi sono predittivi, si basano su previsioni grazie ai nostri dati.
Crediamo di vedere ciò che vogliamo, ma sono solo gli algoritmi che ci manovrano, e ne è un esempio Youtube con i video “consigliati per te”. Siamo spinti, tramite il rilascio dei nostri dati, a essere guidati, manovrati e manipolati nel vedere e ascoltare determinati contenuti.
Stiamo perdendo il diritto al confronto, al dialogo, crediamo di essere connessi tra noi ma ci stiamo allontanando sempre di più. Non parliamo con chi la pensa diversamente da noi perché siamo ingabbiati nella nostra bacheca popolata da persone che la vedono esattamente come noi, perché è quello che i social ci mostrano. I nostri stessi interessi, le nostre preferenze che noi abbiamo stabilito. L’oggettività è annullata.
Gli utenti sui social tendono a leggere solo le informazioni che sono allineate al loro sistema di credenze. Ciò comporta la diffusione del populismo che punta alla polarizzazione.
Cosa possiamo fare?
La minaccia esistenziale non è però la tecnologia, ma la sua abilità nel tirar fuori il peggio della società. Le piattaforme sono le uniche responsabili? No, le abbiamo create noi e possiamo fare meglio di così.
Gli esseri umani possono cambiare i sistemi della tecnologia. La nascita di internet segnò un punto di svolta, era un luogo nato per sperimentare, era un posto creativo, non è stato realizzato per permettere alla società di scivolare nel caos.
La paura più grande di tutti gli intervistati è la stessa: la destabilizzazione e la corrosione del sistema sociale.
Può l’intelligenza artificiale risolvere questi problemi? No, dobbiamo farlo noi, e dobbiamo farlo ora.
Ma…
“The Social Dilemma” non sta puntando il dito contro la tecnologia, ma sul suo utilizzo errato. Ci sono stati mostrati in 90 minuti, con dati alla mano, le problematiche dei social media, ciò che causano e la mancanza di regolamentazione dei modelli imprenditoriali.
Non ci sono leggi al passo coi tempi che garantiscano la tutela della privacy digitale. Ci sono in ballo interessi monetari che minano la libertà delle persone. Siamo noi contro uno schermo, siamo noi che cediamo noi stessi per cosa?
Jaron Lanier, considerato un pioniere dell’ambito della realtà virtuale, ha scritto diversi libri, tra cui “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”. In “The Social Dilemma”, alla fine del documentario, ci ricorda una cosa importante:
sono le persone critiche i veri ottimisti
Esponiamoci, e non perché lo dice qualche influencer, o l’invasato di turno in qualche video contro l’uso delle mascherine. Informiamoci da fonti attendibili, leggiamo libri, guardiamo film, documentari. Cerchiamo di avere la nostra opinione, ma soprattutto ascoltiamo anche quella altrui.
Cosa possiamo imparare (o meglio non dimenticare) da The Social Dilemma?
Ogni prodotto artistico ha la sua forma, il suo tono, la sua voce. Può piacere o essere disprezzato, dipende da noi. Forse amerete “The Social Dilemma”, o lo odierete. Molti non avranno apprezzato le interviste intervallate dal “dramma” familiare creato appositamente per mostrare cosa avviene in una famiglia media a contatto coi social. Altri troveranno ipocrita la scelta di Netflix di mandar in onda un documentario che denuncia gli algoritmi predittivi quando è essa stessa a utilizzarli.
Ci sono difetti e pregi, come in ogni cosa. Ma “The Social Dilemma” ci mostra una cosa reale, sviscerata da chi ha creato, sviluppato e alla fine, rinnegato quei sistemi. Quello che possiamo imparare, la cosa più importante da far nostra è che siamo persone, non dati, non algoritmi e che siamo noi a decidere chi essere, cosa guardare, fare e ascoltare.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/netflix-cover.jpg506779Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2020-10-06 11:02:552020-10-07 18:08:09The Social Dilemma: cosa possiamo imparare dall’ultimo successo di Netflix
Questo mese partiamo dal rebranding di Richard Ginori: arte e ospitalità italiana dal 1735.
Per la terza volta nella storia, anche Intel cambia il suo logo e presenta i nuovi processori di 11a generazione.
Dal logo a un nuovo font proprietario, Scarpa evolve la sua immagine visiva per rilanciare il proprio sviluppo internazionale.
Diventiamo sempre un po’ nostalgici quando un marchio che amiamo cambia look. Rappresenta un segno del tempo passa ma anche un modo per attirare la nostra attenzione e farci appassionare a nuovi racconti aziendali.
Un nuovo marchio non prende vita cambiando semplicemente colori, suoni e logo. La strategia di rebranding deve essere un processo che unisce, oltre a dover essere allineata allo scopo aziendale. Per evitare insidie che possono far deragliare l’intero progetto, occorre pianificare in anticipo. Il tempo garantisce che la strategia sia implementata nella maniera più fluida ed efficiente possibile.
Ecco la selezione dei rebranding più importanti dell’ultimo mese, tra nuovi percorsi narrativi e contesti sempre più innovativi e moderni.
Il rebranding totale di Intel
Per la terza volta nella sua storia, Intel rinnova la sua identità con un logo minimalista. Il nuovo design sostituisce il precedente utilizzato dall’azienda dal 2006 in varie forme.
La prima caratteristica evidente è l’abbandono dell’ellisse che da sempre accompagna il gigante di Santa Clara. Il brand, che di recente è stato nominato da Forbes tra quelli con maggiore valore al mondo, rompe col passato e compie un salto nel futuro.
Il logo originale di Intel, introdotto nel 1968 (a sinistra). Il logo più recente dell’azienda, introdotto nel 2006 (a destra)
Il nuovo logo dal design minimal, con font più sobri e il quadrato come tema dominante accompagna l’aggiornamento di tutto l’ecosistema prodotti, dai server Xeon ai chip di memoria Optane.
L’aspetto più minimalista è parte di un’importante revisione del marchio, che secondo Karen Walker, Chief Marketing Officer di Intel, aiuta il gigante della tecnologia a fare meno affidamento alla sua eredità o al suo vortice iconico:
“L’aspetto del brand di Intel è significativo e ispirato alla celebre frase di Robert Noyce: “Non sentirti gravato dal peso della storia. Vai fuori e realizza qualcosa di speciale”. Questa frase è stata a lungo una fonte di ispirazione e invocazione in tutta l’azienda; è nel DNA di Intel. Il mantra che è stato la stella polare di generazioni di lavoratori verso la realizzazione di qualcosa che avesse un impatto significativo nel mondo”.
Il nuovo logo mostra un aspetto fresco e sintetizza molti elementi dei design precedenti, inclusa la “i” con il cappuccio quadrato.
Oltre al blu, utilizzato da decenni e ancora parte integrante dell’identità, il marchio si sposta verso una tavolozza di colori più ampia, aggiungendo un blu chiaro che verrà utilizzato insieme all’arancione, al nero e al giallo nelle pubblicità e in altre attività di marketing. La tavolozza colori consente inoltre a Intel di localizzare il marketing in base ai colori che risultano efficaci nei diversi mercati. Ad esempio, il rosso è importante in Giappone, quindi il marketing di Intel nel paese includerà più rosso.
L’azienda ha revisionato anche l’iconico “bong” a cinque note, il piacevole sound logo in coda a tutte le sue pubblicità.
Tuttavia, la nuova campagna è pensata per essere di natura più olistica, il nuovo look sarà infatti integrato all’intero sistema di Intel, dal packaging alle campagne digitali.
Il rebranding di Intel riflette l’impegno del marchio a rispondere alle sfide più importanti a livello globale:
“Il nostro mondo sta affrontando sfide diverse da tutte quelle che abbiamo incontrato finora. Il bisogno urgente di un’azione per risolvere il cambiamento climatico; il profondo digital divide; la mancanza di categorie sottorappresentate, di inclusione e di uguaglianza nel settore tecnologico; la pandemia e la richiesta di una nuova era di responsabilità sociale condivisa. Per affrontare tutto questo, abbiamo alzato l’asticella per noi stessi e fatto evolvere la nostra strategia di responsabilità d’impresa per aumentare la portata del nostro lavoro con gli altri per creare un mondo più responsabile, inclusivo e sostenibile, attivato grazie alla tecnologia e alle nostre azioni collettive”
Bob Swan, CEO di Intel.
Brand identity rinnovata per Richard Ginori che diventa Ginori 1735
Dal 1735 Richard Ginori rappresenta la massima espressione dell’eccellenza italiana nella creazione artistica di alta qualità in porcellana pura. L’azienda storica di Sesto Fiorentino ha annunciato che a partire da settembre opererà con un nuovo nome: Ginori 1735.
Parte del Gruppo Kering, la leggenda della porcellana fiorentina opera ininterrottamente da 285 anni producendo stoviglie in porcellana e altri elementi per la casa. Ginori vuole portare l’arte nella vita di tutti i giorni e la vita di tutti i giorni nell’arte per creare nuovi mondi affascinanti.
L’azienda nasce nel 1735 come atelier artigianale che apre la strada all’arte e all’artigianato della porcellana sotto l’egida del marchese Carlo Ginori, appena fuori Firenze.
Nel corso dei secoli, l’atelier ha evoluto il suo processo e la sua produzione unendo tecniche antiche e visione del mondo contemporaneo per produrre articoli per la casa innovativi e sorprendenti sotto la direzione di visionari come Giovanni Gariboldi, Gio Ponti e, più recentemente, Alessandro Michele.
L’iconica corona Ginori che segna il retro delle stoviglie rappresenta la più sofisticata fusione di artigianato e arte. Questa sfacciata combinazione di gusto è sempre stata al centro del marchio. La modifica del nome è supportata da una presentazione visiva e una brand identity rinnovata:
La nuova firma incarna l’audace combinazione di eredità e innovazione, presentando Ginori 1735 in lettere eleganti, sinuose e sicure. La corona rimane, come segno distintivo e scintillante che autentica e garantisce ogni pezzo di porcellana. Il restyling supporta l’evoluzione di Ginori come marchio di lifestyle e design globale, specializzato in stoviglie e articoli per la casa, rigorosamente in porcellana artigianale di altissima qualità.
“Oggi stiamo tornando alle nostre radici, cambiando nome e investendo nella nostra eredità di portare un profondo senso del luogo, un modo aggraziato e uno spirito effervescente a tutti coloro che abbracciano la nostra missione. Richard Ginori è ora, e ancora una volta, Ginori 1735”
ha dichiarato il presidente e CEO Alain Prost.
Ginori 1735 è progettato sia per celebrare il profondo patrimonio dell’azienda sia per significare una rinnovata attenzione ai gusti e allo stile di vita in evoluzione della prossima generazione di consumatori di lusso.
Nuovo posizionamento e brand identity per il 135° compleanno di Avon
Avon rafforza la sua brand image con un importante cambiamento. L’azienda mondiale, leader nel settore beauty nel canale della vendita diretta di cosmetici, dal 2019 parte del Gruppo Natura &Co, lancia la nuova campagna “Watch Me Now”.
Avon evolve il suo posizionamento per rispecchiare al meglio il brand di oggi: un marchio di bellezza innovativo, audace e inclusivo.
“Watch Me Now segna l’inizio di un nuovo capitolo per Avon. Avon si occupa di bellezza da 135 anni e siamo solo all’inizio. Continuiamo e continueremo ad innovarci ed evolvere, investendo nella ricerca, nello sviluppo di prodotti e nelle persone, per garantire che la bellezza sia democratica e accessibile a tutti” ha dichiarato Angela Cretu, CEO di Avon.
Lanciata a settembre, in occasione del 135° compleanno di Avon, “Watch Me Know” è un chiaro riferimento all’heritage di Avon come un’azienda orientata e guidata da un obiettivo comune e preciso: utilizzare il potere della bellezza per creare opportunità di business e sostenere importanti cause sociali al femminile tra cui la violenza sulle donne, la violenza di genere e il cancro al seno. La nuova campagna celebra il successo delle persone che nella vita hanno dovuto lottare per emergere.
“Watch Me Now” include una nuova identità visiva e un rinnovamento del logo, oltre ad un “tone of voice” più audace e sicuro di sé, che risulta essere più stimolante per i milioni di consulenti di bellezza e clienti del marchio.
Il nuovo logo è già apparso su prodotti e brochure e include alcuni riferimenti alle curve del logo originale Avon degli anni ‘30, con una nuova sfumatura di colore che ricorda i lineamenti del viso di una donna.
Piccolo refresh per il tridente Maserati
Il 2020 sembra essere l’anno dei rebranding dell’auto. Da BMW a Nissan passando per Rolls Royce, le case automobilistiche ci hanno incantato con i loro restyling di tendenza. Adesso tocca al marchio di auto di lusso Maserati che a settembre ha rivelato un logo aggiornato, che abbellirà la nuova auto sportiva MC20.
Il primo aggiornamento riguarda il “tridente” di Maserati, in attività dal 2005. È sparito il fulmine che colpisce la parte inferiore dell’originale, insieme al bordo ovale. Sebbene il rebranding non sia rivoluzionario, anche un piccolo cambiamento è destinato a non passare inosservato dai fan più sfegatati.
In generale il design è più moderno, equilibrato ed elegante. In effetti, eliminando elementi decorativi come il bordo e il fulmine, sembra aderire alla tendenza di semplificare il suo logo esistente, proprio come Rolls Royce.
Insieme al logo aggiornato, l’MC20 presenta una nuova versione del wordmark Maserati. Anche in questo caso, le modifiche sono impercettibili: il testo è stato leggermente affinato con elementi decorativi ridotti, riducendo l’effetto “scritto a mano” dell’originale e creando un aspetto più aerodinamico e contemporaneo.
La banca dell’oggi: Widiba rinnova la sua immagine
Banca Widibapresenta la nuova brand identity, il nuovo sito e lancia nuovi servizi open che completano l’offerta per i clienti e per la consulenza finanziaria. A sei anni dalla nascita e a un anno dalla ridefinizione del concetto di banca come ecosistema finanziario, la società del Gruppo MPS, continua a investire nel cambiamento e nell’innovazione.
La sua forma e la sua immagine evolvono nel segno della continuità innovativa che la caratterizza da sempre. Da oggi Banca Widiba si presenta al mercato con una brand identity completamente rinnovata in tutti i suoi elementi: un nuovo logo, una nuova immagine coordinata, un nuovo sito e un piano di restyling degli uffici della consulenza finanziaria in tutta Italia.
Il concept è frutto della combinazione di due elementi che hanno contribuito alla definizione del design: un profondo studio di posizionamento e una ricerca di mercato sulle abitudini e caratteristiche del moderno consumatore di servizi bancari e finanziari; l’utilizzo delle tecniche più avanzate di grafica ed experience digitale.
Il nuovo posizionamento ha l’obiettivo di rispecchiare in modo coerente la crescita e l’evoluzione di Banca Widiba. Il processo di realizzazione si è svolto, come di consueto, in modalità partecipativa con gli stakeholders, con il coinvolgimento di dipendenti e consulenti.
Il rebranding passa anche dal sito che, rinnovato nella grafica e nella instant-usability, presenta un nuovo look & feel pulito ed essenziale. La piattaforma è stata ridisegnata nel suo concept e nelle sue immagini seguendo i principi dello Z-layout, che asseconda il movimento oculare sugli schermi, permettendo di ridurre lo scroll del 30%, mantenendo il focus sui contenuti più importanti e rendendone più semplice la comprensione.
Scarpa completa il rebranding con Landor
Nuova immagine coordinata per Scarpa: dal logo a un nuovo font proprietario, l’azienda di Asolo evolve la sua immagine visiva per rilanciare il suo sviluppo internazionale. Un’operazione volta a modernizzare tutti gli elementi visivi associati al brand.
Le immagini a supporto della comunicazione alternano uno stile entusiasmante per le fotografie e un disegno dal carattere più tecnico per illustrare le caratteristiche uniche dei prodotti.
La società rimane ancorata alla lunga tradizione di eccellenza, coraggio e innovazione, simboleggiata dal pay-off “No Place Too Far”, che rimane l’unico elemento immutato del precedente sistema di identità.
Il logotipo è stato ottimizzato e reso più moderno ed espressivo senza perdere i suoi tratti distintivi. Il simbolo si è trasformato da una semplice rappresentazione del prodotto (originariamente due scarponi contrapposti) ad un segno che rimanda all’arrampicata e alla crescita personale.
Il look & feel generale risulta fresco e sfidante grazie a una color palette più estesa. La tipografia proprietaria, disegnata ad hoc e declinata in una serie flessibile di pesi e varianti, rappresenta simbolicamente i valori principali del brand: immaginazione, sperimentazione e adattabilità. Attraverso a particolari caratteri alternativi, che trasmettono tecnicità e modernità, il font diventa un vero e proprio strumento di auto generazione dell’intera gamma degli oltre 120 brand di prodotto, raggiungendo un perfetto bilanciamento tra unicità e family feeling.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/rebranding-intel-ginori-avon-maserati-widiba-scarpa-10.jpg6531160Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2020-10-05 14:22:552021-07-21 14:57:50Rebranding di settembre: Intel, Ginori e Maserati
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