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eToro verso la quotazione sul Nasdaq. Valutazione da 10,4 milioni

eToro si preparara a quotarsi in borsa. La piattaforma leader mondiale di social trading e brokeraggio multi asset si predispone all’IPO sull’indice tech Nasdaq con il simbolo FTVC, dopo aver annunciato la firma dell’accordo di aggregazione aziendale con FinTech Acquisition Corp V., il veicolo di acquisizione per scopi speciali (SPAC) di Betsy Cohen.

Alla chiusura della transazione, la società che aggrega i due business opererà con il nome di eToro Group Ltd. L’aggregazione con Spac, approvata all’unanimità dai due consigli di amministrazione, si concluderà entro il terzo trimestre del 2021. Si prevede per la società un valore netto implicito stimato di circa 10,4 miliardi di dollari al closing dell’operazione (con un enterprise value implicito per eToro di circa 9,6 miliardi di dollari).

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Trading semplice e trasparente: la mission eToro

“Sin dalla nostra fondazione, la visione di eToro è stata quella di aprire i mercati globali in modo che tutti avessero la possibilità di fare trading e investire in modo semplice e trasparente. Abbiamo sempre immaginato che, un giorno, gli investitori su eToro sarebbero stati in grado di investire in azioni eToro. Oggi abbiamo fatto un enorme passo avanti verso il raggiungimento di tale obiettivo. Siamo la principale rete di social investing al mondo e dominiamo il mercato. I nostri utenti vengono su eToro per investire, ma anche per comunicare tra loro, per vedere, seguire e copiare automaticamente gli investitori di successo di tutto il mondo”, sottolinea Yoni Assia, Chief Executive Officer di eToro.

eToro, fondata a aTel Aviv nel 2006, con sedi legali a Cipro, Israele, Regno Uniti, Stati Uniti ed Australia, è un social network per investimenti con oltre 20 milioni di utenti registrati da più di 100 Paesi, con una social community in rapida espansione in linea con i trend di crescita delle piattaforme di investimento digitale.

“Diventare una società quotata in borsa sosterrà la nostra continua espansione di entrare in nuovi mercati e la nostra offerta di prodotti innovativi per soddisfare le esigenze dei nostri clienti in continua evoluzione”,

afferma Yoni Assia. “Come società per azioni, continueremo a concentrarci sulla nostra missione di consentire alle persone di tutto il mondo di diventare investitori migliori – aggiunge – fornendo loro i migliori strumenti possibili per prendere decisioni di investimento informate e responsabili”.

E conclude: “La giornata di oggi rappresenta una pietra miliare per noi. Desidero esprimere la mia gratitudine per la passione, il duro lavoro, la spinta e la determinazione di tutti i membri del team eToro negli ultimi 14 anni che hanno contribuito alla crescita di questa realtà”.

Il 91% della proprietà sarà detenuta dagli attuali azionisti, investitori, dipendenti eToro

La nuova società nata dall’aggregazione, a fine terzo trimestre 2021 disporrà di una liquidità di 800 milioni di dollari, per finanziare progetti di crescita e sviluppo. Azionisti e dipendenti dell’azienda al momento rimarranno i maggiori investitori nella società aggregata, conservando circa il 91% della proprietà.

“Come pioniere nell’evoluzione delle Spac, Fintech Masala, la nostra piattaforma sponsor cerca aziende con una crescita fuori misura, controlli efficaci e team di gestione eccellenti ed eToro soddisfa tutti e tre questi criteri – evidenzia Betsy Cohen, presidente del Consiglio di amministrazione FinTech V – Negli ultimi anni, eToro ha consolidato la sua posizione come principale piattaforma di social trading online al di fuori degli Stati Uniti, ha delineato i suoi piani per il mercato statunitense e ha diversificato i suoi flussi di reddito. Ora si trova ad un punto di inflessione della crescita, eccezionalmente posizionata per capitalizzare questa opportunità”.

Il trend in crescita eToro e l’accelerazione della democratizzazione della finanza

Nel 2020, complice la pandemia e nuovi investitori che si affacciano al trading, eToro ha registrato una crescita del 147% rispetto all’anno precedente, con nuovi 5 milioni di nuovi utenti registrati e ricavi lordi per 605 milioni di dollari.

Trend positivo che continua anche nel 2021: solo nello scorso mese di gennaio sono stati più di 1,2 milioni i nuovi utenti registrati e boom di transazioni, con 75 milioni di scambi eseguiti su piattaforma su azioni, ETF, materie prime, forex e criptovalute, contro gli 8 milioni di scambi medi del gennaio 2019.

Tra i diversi asset su cui investire investire, eToro è una delle prime piattaforme regolamentate ad offrire criptovalute, consentendo agli utenti di fare trading in autonomia e in maniera diretta, con un semplice clic e senza costi aggiuntivi.

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come fare stories fantastiche su Facebook

Come creare stories fantastiche per i brand su Facebook

Storie, storie e ancora storie: il primo ad utilizzare le stories sui social è stato il giovane e frizzante Instagram. Potevano gli altri social rimanere indietro? Assolutamente no, specialmente se fanno parte della stessa famiglia. Per questo motivo, oggi vi raccontiamo come creare storie fantastiche su Facebook sulla base dell’esperienza di per Later.

Un numero a caso: 500

Una notizia probabilmente vi sconvolgerà: secondo dati interni, Facebook Stories conta oltre 500 milioni di utenti attivi ogni giorno, un dato che probabilmente continuerà a crescere in questo 2021. Le stories possono dunque essere una preziosa risorsa di marketing per il vostro brand grazie alle loro facili funzionalità e al feed strategico di Facebook.

Le Stories di Facebook potrebbero essere la miglior opportunità per i brand per aumentare l’engagement, creare consapevolezza e rafforzare la relazione con il target. Come ben sappiamo, a differenza dei post di Facebook che appaiono sui feed degli utenti, le storie vengono visualizzate nella parte superiore del social: già questo è un dato importante perché richiamano subito l’attenzione non appena si apre la piattaforma.

Guardate quest’immagine: è lo screenshot fresco fresco del mio Facebook! Subito dopo le stanze, si vedono già le stories. Non si scelgono: capitano. Ancora, per convincervi, diremo che se siete pigri: potete postarle direttamente in condivisione da Instgram. Spettacolare, no?

Come utilizzare le storie di Facebook per il business

Per condividere le storie di Facebook come brand, devi essere anzitutto l’amministratore o l’editor di una pagina Facebook, ma a differenza delle storie di Instagram che possono essere condivise solo dall’app mobile di Instagram, puoi creare e condividere le storie di Facebook anche dal tuo computer, dall’app di Facebook, da Facebook Lite e persino dall’app di Facebook Messenger!

Il consiglio che vi diamo è quello di utilizzare l’app Facebook per creare e condividere le storie: offre più opzioni e strumenti rispetto alla versione desktop di Facebook.

Quando si condividono una foto o un video sulla storia di Facebook, questi possono essere visualizzati nella sezione delle storie nella parte superiore del feed delle notizie e nella parte superiore della posta in arrivo di Messenger. E come Instagram, le storie di Facebook saranno visibili al pubblico selezionato per 24 ore.

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Dopo aver scaricato l’app Facebook e aver effettuato l’accesso, occorre toccare il pulsante dell’ “hamburger” (tre linee orizzontali) nell’angolo in basso a destra dello schermo. Da qui si potrà scegliere la pagina su cui creare le stories!

Per iniziare con le stories di Facebook, serve solo cliccare sul pulsante con i puntini di sospensione nell’angolo in alto a destra dello schermo, che aprirà diverse opzioni tra cui Apri fotocamera.

Creare i contenuti per le storie di Facebook

Iniziamo esaminando la fotocamera delle storie di Facebook e le funzionalità creative a cui si accede: come le storie di Instagram, potete passare dalla fotocamera anteriore a quella posteriore e viceversa toccando il pulsante della fotocamera.

È possibile inoltre cambiare la visuale della telecamera mentre si registra: questa è una piccola caratteristica che può essere d’aiuto ad aggiungere atmosfera alla storia.

Illuminazione: è possibile scegliere tra tre diverse impostazioni di illuminazione quando si crea una storia per Facebook: flash acceso (l’icona del fulmine), flash spento (la luna e l’icona x) e le impostazioni di scarsa illuminazione (l’icona della luna e della nuvola).

Impostazioni fotocamera: toccando l’icona dell’ingranaggio nell’angolo in alto a destra dello schermo, si apriranno le impostazioni della fotocamera, anche se non dovrebbero chiamarle “impostazioni della fotocamera” poiché viene data solo un’opzione di impostazione: la possibilità di salvare automaticamente il contenuto che si crea sul dispositivo.

Filtri: nel corso degli anni Facebook ha investito molto nei filtri AR (“realtà aumentata”) e attualmente offre dozzine di filtri creati dagli utenti per le storie. Tutto quello che dovete fare è toccare l’icona della faccina sorridente e scorrere tutte le opzioni.

Archivio: è possibile caricare contenuti già presenti nella propria memoria o gallery, toccando l’icona della foto nell’angolo in basso a destra o scorrendo verso l’alto sullo schermo.

Opzioni delle stories di Facebook

Facebook attualmente offre quattro diverse opzioni di registrazione: Normale, Video, Boomerang e Live.

Con Normale, potete toccare il pulsante di registrazione per scattare una foto. Oppure potete tenere premuto il pulsante per registrare un video della durata massima di 20 secondi. Se selezioniate la modalità Video, potete toccare una volta il pulsante di registrazione per avviare un video e toccare di nuovo per interromperlo.

L’opzione Boomerang funziona proprio come su Instagram. Tutto quello che dovete fare è toccare il pulsante di registrazione per unire una raffica di foto per creare una breve animazione che viene riprodotta avanti e indietro. Quando selezionate l’opzione Live verrà chiesto di avviare una trasmissione video in diretta su cui i follower possono sintonizzarsi.

Dopo aver registrato una foto o un video, potete utilizzare più strumenti creativi per rendere la storia di Facebook ancora più coinvolgente, come adesivi, testo, tag utente, collegamenti, strumenti di disegno, effetti e sfondi. Potete anche utilizzare l’adesivo “@ TAG” per taggare altri utenti da un elenco a discesa mentre si digita il ​​nome del loro account, proprio come su Instagram Stories! Ancora: potete toccare l’icona della bacchetta magica nell’angolo in basso a sinistra per accedere a dozzine di fantastici effetti e animazioni.

Aggiungendo i link poi, nel momento in cui viene aggiunto un collegamento personalizzato, gli spettatori potranno selezionare “Vedi altro” (See More) per aprire la pagina all’interno del browser di Facebook, in modo simile a come funzionano i collegamenti in Instagram Stories. In alternativa, si possono aggiungere delle CTA , come  “Acquista ora”, “Ottieni indicazioni stradali” o “Ulteriori informazioni”, per indirizzare gli utenti a una pagina specifica già collegata all’account Facebook.

Cliccando poi su condivi nella storia si può vedere il contenuto online!

Monitorare, sempre!

Esistono alcuni modi per monitorare le prestazioni delle stories di Facebook. La prima opzione è passare ad una delle storie attive e toccare l’icona dell’occhio nell’angolo in basso a sinistra. Verrà visualizzato un elenco di persone che hanno visualizzato la storia. Potete anche vedere le statistiche sul rendimento delle storie della pagina facendo clic su Insights.

LEGGI ANCHE: Come utilizzare Instagram Shopping: la guida completa

Strategia, indispensabile!

Benjamin Chacon nel suo articolo su Later chiede inoltre: cosa pubblicare nelle storie di Facebook? È più opportuno creare contenuti originali per le storie di Facebook o semplicemente riutilizzare le storie su Instagram? Per chi utilizza le Instagram Stories, quindi uno strumento di ricondivisione nativo da Instagram a Facebook disponibile, ha senso sfruttare i contenuti creati per Instagram.

Col tempo, si capirà con cosa il pubblico di Facebook interagisce di più per  iniziare a creare contenuti originali. Ad esempio, il vostro pubblico di Facebook potrebbe tendere a guardare le tue storie dall’inizio alla fine, con un basso tasso di uscita. In tal caso, potreste voler sperimentare video di forma più lunga come tutorial, domande e risposte e presentazioni di prodotti. Quindi potete utilizzare le storie di Facebook per indirizzare il traffico sui vostri articoli e post sul blog oppure potrete usarli per condividere importanti aggiornamenti e annunci di contenuti divertenti e interattivi con il tuo pubblico.

In soldoni, l’obiettivo è creare uno spazio su Facebook Stories che sia unico per i contenuti di Instagram Stories.

Ad esempio, se sei un brand di moda, Instagram Stories potrebbe essere il luogo in cui si condividono backstage e dietro le quinte della vostra attività, mentre Facebook Stories è per tutorial più approfonditi su come modellare i vestiti.

stories instagram test

Quanto e quando pubblicare le Facebook storie?

Non esiste una regola rigida quando si tratta di quanto pubblicare su Facebook Stories: dipende da ciò che i vostri follower vorrebbero vedere! Se vedete alti tassi di uscita sulle storie di Facebook, potrebbe essere un segno che state pubblicando troppo o il vostro pubblico è annoiato.

Quando si tratta di post regolari di Facebook, è importante pubblicare quando i  follower sono più attivi poiché la sequenza temporale del feed di notizie è così sensibile. Ma per le storie di Facebook, avete un po’ più di libertà.

A causa della loro natura effimera, le storie di Facebook esistono per un massimo di 24 ore, offrendo una lunga finestra per essere in cima ai feed di notizie dei tuoi follower.

Anche se pubblicate quando il pubblico non è online, esso sarà comunque in grado di vedere la storia di Facebook quando accede. Per questo motivo, potreste vedere un maggiore coinvolgimento con le storie di Facebook rispetto ai  post di Facebook.

Instagram Stories: perchè non devono mancare nella tua Social Media Strategy

In altre parole, non preoccupatevi troppo di pubblicare le storie di Facebook nei momenti ottimali: una volta che inizierete a pubblicare regolarmente su Facebook Stories, noterete quando il coinvolgimento del tuo pubblico aumenta e potrete pianificare il calendario dei contenuti attorno a quella finestra.

Poiché la portata organica dei post di Facebook continua a diminuire, le storie di Facebook potrebbero essere la migliore opportunità per le aziende di aumentare l’engagement, costruire la consapevolezza del marchio e rafforzare la loro relazione con il loro pubblico di Facebook!

I grandi cambiamenti dovuti alla pandemia che sono destinati a rimanere

Questo articolo è stato scritto da Zharmer HardimonEditor, Think with Google.

Nell’ultimo anno, mentre il mondo intero vacillava per gli effetti della pandemia, molte aziende sono state in una continua lotta per capire come – e anche se – dovevano andare avanti con le attività quotidiane. Alcuni settori, come i viaggi, hanno subito sconvolgimenti sbalorditivi. Altri, come la vendita al dettaglio online, hanno visto opportunità di crescita.

In qualunque settore ti trovassi, dovevi considerare il giusto approccio di marketing. Abbiamo passato buona parte dell’anno a ripensare a come abbiamo fatto tutto. E, a tal fine, abbiamo pensato che valesse la pena dare un’occhiata all’anno trascorso per analizzare alcuni dei più grandi cambiamenti e i perni che rimarranno.

Le abitudini dei consumatori hanno subito cambiamenti radicali

Quando le attività hanno cominciato a chiudere in tutto il mondo, le persone si sono affannate a comprare quello che serviva. Ma con i negozi completamente chiusi o con l’esaurimento di generi di prima necessità – ricordi le corse per la carta igienica e il disinfettante per le mani? – tutti si sono dovuti reinventare per trovare risposte. L’interesse di ricerca per la vendita al dettaglio è cresciuto a livello globale nei primi mesi. Le ricerche di “who has” e “in stock” sono aumentate di oltre l’8.000% su base annua negli Stati Uniti. E, poiché le persone limitavano i loro spostamenti ai negozi di alimentari, nel Regno Unito si è registrato un crescente interesse per ricerche come: “cibo da congelare” e “consegna a domicilio”.

A incidere è stata anche l’ansia economica. Secondo uno studio Kantar del marzo 2020, nei paesi del G-7 il 71% delle persone ha affermato che il proprio reddito personale è stato influenzato dal Coronavirus. Il dato più alto quello dell’Italia (85%), seguita da Stati Uniti (75%) e Canada (75%). Un rapporto BCG ha rilevato che le persone che hanno anticipato i cambiamenti nelle loro abitudini di spesa si aspettavano di risparmiare di più (29%) e spendere meno (27%) in articoli non essenziali, come moda e lussi.

Uno sguardo alla ricerca per anno ha mostrato che le persone cercavano di ottenere il controllo di ciò che potevano durante i periodi di incertezza. Le ricerche di “apprendimento online” sono aumentate del 400%, poiché i genitori hanno cercato ispirazione, soluzioni e comfort. E, con le palestre chiuse, le ricerche di app per il fitness sono aumentate del 200% su base annua.

Le persone hanno cercato di trovare modi per coltivare connessioni in un mondo in cui erano tagliate fuori dalle loro vecchie vite. Le ricerche che includevano la frase “con gli amici online” sono aumentate del 300% su base annua. E la tendenza continua. Da novembre a gennaio, le ricerche di “watch party” (ad esempio, “youtube watch party” o “private watch party”) sono aumentate del 400% su base annua per lo stesso periodo di tempo.

Cercare di stare al passo con i modelli in continuo mutamento è uno dei motivi per cui abbiamo lanciato il nostro briefing mensile sugli approfondimenti globali.

Gli eventi dal vivo torneranno sicuramente, ma avranno un aspetto diverso. Le persone ci penseranno due volte prima di partire se potranno accedervi facilmente dal proprio soggiorno. Ciò significa che gli eventi dovranno essere personalizzati per offrire un’esperienza che si distingua davvero.

Il lavoro si è spostato a casa

Anche prima del distanziamento sociale e dell’isolamento, la casa stava diventando il punto di riferimento per le persone impegnate che cercavano di utilizzare meglio il proprio tempo. Che si trattasse di saltare il tragitto giornaliero o la fila al supermercato, le ricerche online e le abitudini di acquisto prima della pandemia indicavano il desiderio delle persone di trascorrere più tempo in attività che dessero loro gioia, piacere o conforto (e meno tempo nel traffico). Ma con interi team che lavoravano in remoto per un periodo di tempo indefinito, le aziende si sono trovate a cercare modi per mantenere un senso di comunità e per promuovere l’inclusione.

smartworking-lavoro-remoto

LEGGI ANCHE: Una “workforce a 5G”: le sfide generazionali nel mondo del lavoro

Il modello di lavoro in ufficio è probabilmente cambiato per sempre, modificando le abitudini dei consumatori e le culture del posto di lavoro. Per le aziende, questo significa trovare modi per soddisfare le esigenze più elementari delle persone e adottare misure per promuovere una forza lavoro più resiliente.

Lo shopping online è diventato la norma

L’eCommerce era già in costante crescita, ma il 2020 ha visto lo shopping online, alimentato dalla necessità, decollare. C’è stato un aumento significativo del numero di persone disposte a comprare generi alimentari, vestiti e persino automobili online. Nei primi sei mesi del 2020, ad esempio, quasi il 10% delle auto è stato venduto online, rispetto a solo l’1% delle auto vendute online durante tutto il 2018.

In definitiva, ciò che un acquirente vuole è aiuto. Quando cercano attivamente quell’aiuto nel regno digitale, diventa più facile per le aziende che ne possiedono gli strumenti leggere le intenzioni e prevedere i piani di marketing giusti per fornire quell’aiuto.

In tutto il mondo alcune persone hanno scoperto per la prima volta lo shopping online, mentre altre hanno semplicemente aumentato la loro dipendenza da esso. I programmi di ritiro a bordo strada e di personal shopper sono diventati la norma. E le nuove, più comode, abitudini non verranno certo dimenticate dopo la pandemia.

È tempo di essere pronti

È tempo di concentrarsi sulle basi. Ci sono marchi che hanno raddoppiato le informazioni, sono rimasti agili grazie all’automazione e hanno preso decisioni basate sui dati. Quei marchi sono riusciti non solo a sopravvivere nell’ultimo anno, ma a prosperare.

Le aziende sopravvissute alla pandemia hanno più dati e segnali dei consumatori, sono maggiormente in grado di agire su di essi e possono soddisfare uno standard più elevato per fare tutto questo in modo più responsabile che mai. Tuttavia, le interruzioni e l’incertezza rimangono, rendendo necessario che le aziende ripensino alla prontezza. Mentre guardiamo all’anno a venire, dovremmo tutti lavorare per reinventare il modo di soddisfare al meglio la domanda dei consumatori, anche se fluttua e anche se rimane volatile.

digital tool della settimana - uomo alla scrivania

MyHeritage, Ariyh e Kbee, i digital tool della settimana

L’attenzione per i dettagli è essenziale quando produciamo contenuti e, in generale, ci rivolgiamo al pubblico con la nostra comunicazione. Diventa molto fastidioso, a posteriori, accorgersi di un refuso o di una svista in un documento, specie se non siamo in grado di intervenire per correggerlo.

Questa è solo una delle piccole disavventure che possono capitare durante la giornata lavorativa. Per questo ci affidiamo ad alcuni tool digitali che ci aiutano a centrare l’obiettivo previsto dalle deadine senza intoppi. E magari a regalarci qualche momento di spensieratezza, tra l’invio di una email e una call su Zoom.

Ecco i nostri digital tool per questa settimana.

LEGGI ANCHE: Weet, Zoomoff e Mubi, i digital tool della settimana

Illustrazioni customizzabili

tool digitale - amigos

Per rendere più divertente una presentazione o un contenuto non c’è niente di meglio di una illustrazione personalizzata. Con Amigos potrai crearne quante ne vuoi, scegliendo tra decine di opzioni.

Beta testing

tool brevy

Quando si lancia un nuovo sito, spesso ci si accorge di nuovi e inaspettati errori, typo e problemi di ogni genere. Brevy trasforma il tuo sito web in uno spazio collaborativo, permettendo a chiunque nel team di lasciare un feedback o segnalare problemi direttamente in linea.

Sempre nuovi tips

tool digitale

Nel Marketing non si finisce mai di imparare e per restare sempre aggiornato rispetto ai concorrenti puoi seguire i consigli di Ariyh. Riceverai le ultime ricerche delle migliori business school, riepilogate in appena 3 minuti.

Valorizza le risorse

tool digitale - kbee

Ogni azienda che utilizza Google Drive possiede enormi risorse che spesso non vengono sfruttate appieno dai diversi team. Grazie a Kbee puoi trasformare tutti i tuoi contenuti in un wiki veloce e ricercabile per te, il tuo team o i tuoi clienti. Uno strumento potentissimo anche per il Customer Care.

Animati, almeno in foto

tool digitale per animare le foto

Ci sono diversi modi per affrontare una pausa di lavoro: un caffè tra colleghi, qualche telefonata o uno snack per rifocillarsi. Oppure, puoi impiegare qualche minuto utilizzando MyHeritage, un tool per animare le vecchie foto di famiglia e trasformarle in video. Naturalmente, funziona anche con le foto più recenti.

 

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bug su clubhouse

Attenzione ai club di Clubhouse, potresti ritrovarti admin senza saperlo

Era solo questione di tempo prima che l’app più chiacchierata del momento mostrasse qualche vulnerabilità. Stiamo parlando di Clubhouse.

Testando ripetutamente tutte le sue funzioni come solo un vero Ninja può fare, ci siamo imbattuti in un malfunzionamento particolarmente interessante. Con un piccolo “hack” è possibile aprire un gruppo e inserire praticamente chiunque come admin, anche avendo a disposizione pochi dati.

Come vedremo in seguito, con delle manovre particolari diventa impossibile, per la persona aggiunta, liberarsi di questo ruolo, che rimarrà ben in evidenza nella lista dei suoi club.

Fin qui sembra solo uno scherzo innocente, ma cosa potrebbe capitare a un iscritto che si trovasse a figurare come amministratore di un club con un nome “sconveniente”, magari legato a contenuti pornografici, che inneggia alla violenza o relativo a tendenze politiche estremiste?

Naturalmente, vi presentiamo la situazione scoraggiandovi fortemente dal mettere in atto queste procedure: nonostante i tentativi che ci hanno permesso di individuare la vulnerabilità del sistema, non abbiamo al momento idea di quali potrebbero essere le conseguenze e le contromisure adottate dal social media qualora questo comportamento venisse individuato.

Rischiare il ban per uno scherzo non è probabilmente una mossa tanto furba. Meno ancora lo sarebbe provare a “incastrare qualcuno”, con i danni che potremmo creare a noi stessi o ad altri attraverso questo metodo.

Contiamo, invece, che la nostra segnalazione sia utile soprattutto agli sviluppatori di Clubhouse, a cui abbiamo già inoltrato un avviso della nostra scoperta, per correggere in tempi celeri la funzione.

Passo 1. Crea un club su Clubhouse

Non importa con quale nome lo aprirai, quale sarà l’immagine del club o la sua descrizione. Per questo test, noi abbiamo creato un fittizio Bug Club.

Come abbiamo già spiegato in questo articolo, adesso la possibilità di aprire un club è aperta a tutti: è infatti sufficiente cliccare sul simbolo “+”, in basso a sinistra nella nostra scheda profilo per avviare la procedura.

bug - clubhouse

Passo 2. Genera il link per inserire nuovi membri

Cliccando sull’icona in alto a destra, quella con l’omino racchiuso in un cerchietto con il simbolo “+”, è possibile generare un link per invitare i nostri contatti a diventare membri del gruppo. Attenzione: non parliamo di follower che possono seguire le attività del club, ma di veri e propri “collaboratori” a cui si possono attribuire poteri di amministrazione, ad esempio per aprire nuove stanze.

Proprio perché è previsto che i membri del gruppo siano in un numero ristretto, ogni link funziona per un massimo di 10 utenti. Non ci resta quindi che copiare il link che, in teoria, potremo inviare ai nostri contatti per invitarli a far parte del club.

LEGGI ANCHE: Cos’è Clubhouse, il social audio su invito amato da VIP e Venture Capitalist

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Passo 3. Autenticati col numero di un’altra persona

Qui comincia l’hack vero e proprio, in realtà piuttosto banale. Una volta copiato il link per l’invito al gruppo, non dovremo inviarlo a nessuno ma semplicemente aprirlo nel nostro browser, che ci reindirizzerà all’app di Clubhouse in una finestra in cui verrà visualizzata la richiesta di entrare nel club fatta dal nostro account… a noi stessi!

A questo punto il sistema richiede l’inserimento del numero di telefono come autenticazione per confermare l’iscrizione. Invece che inserire il nostro numero di telefono possiamo inserire qualunque contatto (a patto che sia già parte di Clubhouse, naturalmente) e cliccare su Verify membership.

Il gioco è fatto! Adesso la persona di cui abbiamo inserito il numero è un membro attivo del club, come se ne avesse fatto espressa richiesta.

Come ulteriore conferma, riceveremo una notifica che ci avviserà che l’utente che abbiamo coinvolto nel nostro magheggio fa ormai parte del gruppo che abbiamo creato. Nel nostro caso, Bug Club.

bug su clubhouse

Passo 4. Rendi la tua vittima un amministratore del gruppo

Adesso che la persona di cui hai inserito il numero di telefono fa parte del tuo gruppo, non ti resta che renderlo amministratore. Riceverai un messaggio di conferma una volta cliccato sull’opzione “Make an admin”

bug dei club su clubhouse

LEGGI ANCHE: 15+ strumenti utili per usare Clubhouse da vero PRO (e risparmiare tempo)

Passo 5. Abbandona il tuo gruppo

Questa è la ciliegina sulla torta di un piano ben congeniato: abbandonare la scena del delitto e cancellare le prove cliccando Leave club.

Il malcapitato si troverà da solo nel gruppo da te creato, ne diverrà proprietario e non avrà modo di cancellarlo o abbandonarlo finché sarà l’unico admin presente.

il bug dei club

Una via d’uscita in realtà c’è, anche se eticamente non è proprio il massimo: per sfuggire alla trappola, la persona gabbata dovrà seguire il tuo esempio, ripetere questa procedura e “incastrare” qualcun altro. Almeno finché clubhouse non risolverà il bug.

 

Cina, l’Antitrust valuta sanzione record per il gigante del fintech Alibaba

La Cina progetta di domare il gigante tecnologico Alibaba Group Holding Ltd., società fondata dal magnate Jack Ma, versione cinese di Amazon.com Inc.

Secondo alcune fonti, l’Autorità di regolamentazione cinese starebbe ipotizzando anche la cessione di alcuni asset aziendali non legati alla vendita online, oltre alla multa, la più alta nella storia della Cina, che supera i 975 milioni di dollari, cifra che Qualcomm Inc. ha pagato nel 2015 per pratiche anticoncorrenziali.

Alibaba sarà tenuta, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, a porre fine a una pratica che è stata soprannominata “er xuan yi” – letteralmente “scegli uno su due” – in base alla quale, secondo i regolatori, il gigante della tecnologia ha punito alcuni commercianti che vendevano beni su entrambe le piattaforme, Alibaba e le sue rivali come JD.com.

La Cina ridimensione le spinte monopolistiche dei giganti del fintech

Pechino sarebbe determinata, infatti, a combattere le tendenze monopolistiche di gruppi privati, le cui piattaforme di vendita online sono utilizzate da centinaia di milioni di cinesi.

Nel mirino del regime cinese, da oltre un anno insieme alla sua società Ant Group., Jack Ma, l’uomo d’affari più famoso in Cina, con un patrimonio valutato in 58 miliardi di dollari, che nel 1999 ha fondato la società di eCommerce Alibaba in un appartamento di Hangzhou con pochi soldi presi in prestito da amici, dopo un viaggio negli Stati Uniti, intuendo l’opportunità dello scambio di merci online.

alibaba

Jack Ma, founder e ceo di Alibaba

L’ascesa del magnate Jack Ma, oggi nel mirino del regime cinese

Da lì una veloce ascesa per il fondatore Jack Ma, simbolo in Cina del self made man, pioniere del pagamenti elettronici da smartphone, con il servizio Alipay.

L’azienda di e-commerce dovrà affrontare un trattamento più delicato rispetto alla sua affiliata Ant Group Co, a condizione che prenda le distanze da Jack Ma.  I regolatori cinesi si sono già scontrati duramente con Ant, che considerano un rischio per il sistema finanziario, costringendola a fare cambiamenti che ne ostacoleranno gravemente prospettive.

Alibaba, tuttavia, sembra destinata a un trattamento più delicato. Secondo alcuni funzionari, Pechino non vorrebbe schiacciare una centrale tecnologica popolare sia tra le famiglie cinesi che tra gli investitori globali, a patto che si dissoci dal suo fondatore e si allinei più strettamente con il Partito Comunista.

L’Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato, non prevede misure tese a paralizzare l’azienda, le cui attività includono vendita al dettaglio online, intrattenimento, media e cloud computing. A differenza di Ant, che le autorità di regolamentazione individuano come “un disgregatore e una minaccia alla stabilità del sistema finanziario”, Alibaba è considerato l’orgoglio della Cina, una vetrina per l’innovazione tecnologica, vitale per l’economia della nazione. L’anno scorso circa 780 milioni di consumatori cinesi, ovvero metà della popolazione del paese, hanno effettuato acquisti tramite le piattaforme dell’azienda.

Adesione all’agenda politica della Cina e correzione comportamento anticoncorrenziale

Duplice sfida per Alibaba: correggere il comportamento anticoncorrenziale asserito dalle autorità di regolamentazione e aderire all’agenda politica del governo. La pressione riflette la volontà della leadership del presidente cinese Xi Jinping di imporre prerogative stataliste sull’economia.

Un’incertezza normativa che sta destabilizzando Alibaba, le cui azioni, quotate a New York e Hong Kong, hanno perso più di 200 miliardi di dollari, ovvero un quarto del loro valore di mercato, dalla fine dello scorso anno dagli inizi della repressione dei leader cinesi nel riconfigurare il proprio rapporto verso i giganti hi-tech del Paese, sottolineando la “preoccupazione per la sicurezza nazionale” per l’enorme posse dei dati, gli enormi profitti e gli effetti in tutti gli aspetti della vita cinese.

Lo stato sostiene l’innovazione e lo sviluppo delle società di piattaforme”,

ha affermato lo scorso 5 marzo il premier cinese all’apertura del Congresso Nazionale del Popolo, evidenziando tuttavia che i giganti dell’innovazione dovranno, allinearsi con lo stato sostenendo cause come l’alleviamento della povertà.

Obiettivo, quindi, impedire alle grandi aziende tecnologiche di monopolizzare il credito e le altre risorse, rafforzando gli sforzi antimonopolio e prevenire l’espansione disordinata del capitale”.

Alibaba in valore finanziari: transazioni per 1 trilione di yuan

Il valore totale delle transazione della merce venduta tramite le piattaforme online cinesi di Alibaba, secondo l’azienda, consiste in 1 trilione di yuan (circa 153,7 miliardi di dollari) secondo le proiezioni al 31 marzo, chiusura dell’anno fiscale.

Con oltre 110.000 dipendenti, Alibaba vanta un’attività di intelligenza artificiale in rapida espansione ed è uno dei principali fornitori cinesi di cloud storage, settori considerati fondamentali per il futuro della Cina (core commerce 62 miliardi; cloud computing 5,7 miliardi; media digitali e divertimento 3,8 miliardi di dollari; tot 949 milioni per l’anno fiscale che termina il 31 marzo 2020).

Secondo le persone vicine all’azienda, l’ufficio personale di Jack Ma avrebbe sospeso la maggior parte delle interazioni con il Comitato centrale del partito con cui era in contatto regolare. Il dipartimento di pubbliche relazioni di Alibaba avrebbe istituito un ufficio per definire un’immagine pubblica che molti regolatori hanno considerato arrogante.

Nel 2015, pochi mesi dopo che Alibaba è stata quotata in borsa alla Borsa di New York in quella che all’epoca è stata considerata la più grande vendita di azioni al mondo, il principale regolatore di mercato cinese ha criticato i suoi sforzi per eliminare le merci contraffatte dalle sue piattaforme.

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Presidente cinese Xi Jinping

Il conflitto tra Jack Ma e il Partito

Un primo accenno che Jack Ma stesse perdendo il favore di Pechino è arrivato alla fine del 2018, quando il presidente cinese Xi Jinping ha invitato circa 50 imprenditori (tranne Jack Ma) a confutare le critiche secondo cui le sue politiche stessero danneggiando il settore privato. Il gruppo includeva Pony Ma, fondatore di Tencent Holdings Ltd., rivale di Alibaba e proprietario della popolare app WeChat; Robin Li, capo del motore di ricerca Baidu Inc.; Lei Jun, co-fondatore del produttore di smartphone Xiaomi Corp, sottolineando successivamente la missione dell’autorità cinese di trasformare la Cina in una “potenza di Internet“.

Un rapporto divenuto più conflittuale nel maggio del 2020 quando l’Amministrazione cinese per il cyberspazio ha sottolineato in un report, indirizzato alla leadership cinese, quanto Alibaba avesse usato “il capitale per manipolare l’opinione pubblica“.

Autorità e i rivali convinti, quindi, che Alibaba stia usando le sue partecipazioni nei social media, nelle società media e nel suo dipartimento di pubbliche relazioni, per fare pressione contro le politiche governative.

Intanto Jack Ma, scomparso dalle scene dopo il forum economico di Shanghai del 24 ottobre scorso, in cui aveva pesantemente criticato  il sistema bancario cinese, ha già gradualmente ridotto la sua partecipazione in Alibaba, detenendo meno del 5% a luglio. Si è ritirato da presidente di Alibaba nel 2019, sebbene abbia mantenuto un’influenza significativa sull’azienda. Rimane l’azionista di controllo di Ant.

Alla fine gennaio, è riemerso in un video pubblicato online da Tianmu News, in dialogo con gli insegnanti rurali in un evento filantropico. Alibaba ha venduto con successo le sue obbligazioni all’inizio di febbraio. Una parte dei proventi, ha detto la società, sarà utilizzata per progetti che coinvolgono “edifici verdi, in risposta alle crisi Covid-19, energie rinnovabili“, tutte priorità del governo.

Le sfide future per Alibaba

Alibaba dovrà ancora affrontare delle sfide. Una legge sulla sicurezza dei dati potrebbe costringerla a fornire i dati dei consumatori al governo centrale. La società ha ricevuto di recente un certificato governativo che lo riconosce come un “modello” per sradicare la povertà. Nel frattempo, Jack Ma è stato escluso da un elenco di dirigenti d’azienda compilato dallo Shanghai Securities News controllato dal governo. Il messaggio che la Cina vuole trasmettere è di seguire non l’uomo, ma il Partito.

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Royal Family, la gestione della crisi analizzata dagli esperti italiani

Come si gestisce una comunicazione di crisi, soprattutto quando la protagonista è Sua Maestà Queen Elizabeth, in risposta all’accusa di razzismo emersa nel corso dell’intervista di Harry e Meghan ospiti di Oprah Winfrey e rimbalzata alle cronache mondiali?

Qual è la strategia di “brand” di Buckingham Palace per ridimensionare l’insinuazione di razzismo? Soprattutto, cosa significa veramente il discorso della Regina che, lontano da ogni tradizione, sorprende e rilascia una delle sue dichiarazioni più personali e intense, sottolineando la sua più “profonda tristezza”?

Dal testo dello “statement”, dal ripetersi costante del termine “family” all’interno del comunicato ufficiale della casa reale, al pathos emozionale della regina che sveste il suo ruolo ufficiale per assumere quello di nonna: noi di Ninja abbiamo deciso di decifrare la comunicazione e di allargare l’analisi al contributo delle più influenti esperte di relazioni pubbliche in Italia, per comprendere come sia possibile gestire una comunicazione di emergenza travolgente.

Comprendere, inoltre, i retroscena e i sottintesi nascosti, come il rivolgersi ad Harry e Meghan chiamandoli per nome: scelta, questa, che secondo i più validi commentatori britannici potrebbe insinuare il dubbio della perdita per la giovane coppia, dei titoli reali come Duca e Duchessa di Sussex, pur restando “sempre membri della famiglia molto amati“.

Lo Statement

Se gli esperti concordano sul messaggio di amore e sostegno di una nonna devota che si rivolge al suo amato nipote, come evidenzia tanta stampa britannica, molti in realtà credono che offra più domande che risposte.

Una comunicazione ufficiale che non lascia irrisolta l’accusa di razzismo, espressa in quella “preoccupazione su quanto sarebbe stato scuro il colore della pelle di Archie” di un componente della royal family, evidenziata da Meghan durante lintervista con Oprah Winfrey, andata in onda domenica negli Stati Uniti, con record di ascolti (17,1 milioni, in base ai dati preliminari Nielsen) e seguita da circa 11,1 milioni di britannici sintonizzati in diretta.

“Le questioni sollevate, in particolare quella della razza, sono preoccupanti – afferma la Regina – Sebbene alcuni ricordi possano variare, vengono presi molto sul serio e saranno affrontati dalla famiglia in privato”.

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Il “comunicato Windsor capolavoro” e la demolizione dell’operazione Markle-Winfrey

“La capacità della Regina Elisabetta di crisis management sono note e possono poggiare su oltre mezzo secolo di esperienza. Dalla vittoria nella seconda guerra mondiale, dalla Thatcher a Diana, tante volte la Corona è stata al centro delle polemiche, ma l’inossidabile Regina è sempre riuscita ad uscirne fuori con rinnovato vigore”, evidenzia Valentina Fontana, partner Visverbi.

Un “comunicato Windsor capolavoro”, per come ha accolto e, quindi, placato sul nascere le polemiche nate dall’intervista di Meghan Markle con Oprah Winfrey.

“Sì c’era anche Harry, ma come attore non protagonista. Per l’ennesima volta sono state le donne a mettere in crisi la Casa Reale. Stavolta con l’accusa più difficile da gestire, quella di razzismo, che colpisce al cuore una Casa reale storicamente non esente da colpe su un tema tanto doloroso e divisivo – continua Valentina Fontana -Così, aver accolto le critiche e garantito che sul razzismo non vi è discussione nemmeno a Corte, la Regina Elisabetta è riuscita a parare l’accusa da un punto di vista personale. Il resto è stato lasciato nelle mani della stampa britannica e non solo, molto solerte nella demolizione dell’operazione Markle-Winfrey e nella ridicolizzazione di Harry. Un doppio binario di comunicazione che se non può in alcun modo attutire lo scandalo, potrà nel tempo riassorbirlo. In fin dei conti già il padre di Elisabetta ebbe un problema con un’americana, per giunta divorziata e per la quale il fratello di Re Giorgio, padre di Elisabetta, abdicò al trono. La storia si ripete. E a volte come farsa. Vedremo se questa volta Karl Marx ci prende”.

Valentina Fontana

Lo storytelling esemplare di Oprah

Si muove da un altro punto di vista l’analisi di Elettra Zadra, Founder & Ceo di Elettra Pr, analizzando lo scontro tra codici di comunicazione molto diversi tra loro che rispondono ad esigenze differenti e lo storytelling esemplare come solo una maestra della narrazione come Oprah poteva fare.

“Lo scontro tra codici vede da un lato il complesso protocollo comunicativo della Monarchia il cui “never complain never explain” è da anni in contrasto con un mondo dell’informazione fortemente mutato che riempie i vuoti con speculazioni incontrollate e talvolta incontrollabili; dall’altro due membri della Casa Reale che hanno scelto il mondo delle celebrity hollywoodiane come palcoscenico della propria vita”, esordisce Elettra.

Mondi, al netto di pregi e di difetti, con esigenze comunicative inconciliabili tra loro. Per le celebrity l’immagine è tutto. La crescita e il mantenimento della notorietà è parte del proprio lavoro e non può prescindere da una strategia di comunicazione che tenga conto degli obiettivi e della fase in cui si trova la propria carriera.

Meghan e Harry hanno firmato contratti milionari con Netflix e Spotify che avranno bisogno di fare grandi numeri, la qual cosa necessita che, nel bene o nel male, di loro si parli molto. Meghan questo lo sa bene e Oprah è la migliore maestra che si possa desiderare. Per la Monarchia, invece, la comunicazione è una questione estremamente complessa così come lo è l’istituzione nella sua interezza. L’esigenza di mantenere alto il posizionamento impone codici molto rigidi che saranno sempre inconciliabili con i tempi della comunicazione contemporanea, ma la ricerca di un nuovo e adeguato equilibrio è oggi la sfida più grande che devono affrontare e vincere i comunicatori della Corona”.

La breve e concisa risposta della Regina Elisabetta imposta dalla forza mediatica dell’intervista e dalla gravità delle accuse ha già qualcosa di innovativo: “La rapidità, la risposta è stata veloce rispetto agli standard – spiega Elettra – l’empatia che rivolta in primis verso Meghan e Harry per la sofferenza vissuta ha lo scopo di raggiungere anche tutti coloro che sono vittime di razzismo che si aspettano dallo Stato interventi forti in loro difesa e, infine, la rassicurante  fermezza di riportare la cosa sotto un apparente controllo, dentro le mura di Buckingham Palace. Gli inglesi si sono già schierati con la Regina, il mondo con Meghan e Harry, i codici di comunicazione hanno già ottenuto parte del risultato atteso, Oprah lo sapeva e ancora una volta ha fatto la differenza”.

Elettra Zadra

Così un brand come la monarchia inglese gestisce le sue crisi

“L’intervista di Harry e Meghan Markle rilasciata a Oprah, la regina indiscussa dei talk a stelle e strisce, è una delle controversie comunicative più affascinanti degli ultimi anni, forse decenni”, commenta Francesca Caon, autrice del libro “I dieci comandamenti delle PR”.

Controversa per un gran numero di motivi. Innanzitutto per il seguito stratosferico della conduttrice americana che garantisce, per sua stessa natura, il fuoco della discordia tanto caro al pubblico. In secondo luogo perché ad essere al centro della bufera mediatica non è una famiglia qualunque, ma la dinastia britannica che produce re e regine da centinaia di anni.

“Un vero e proprio brand, quello della monarchia, che siamo stati abituati a conoscere attraverso apparizioni ufficiali, merchandising, serie televisive fortemente orientate alla celebrazione e un rebranding in chiave pop particolarmente riuscito – spiega Francesca Caon – Con l’intervista ad Oprah si è aperto uno spiraglio più intimo, che al di là della veridicità delle dichiarazioni ci porta nel dietro le quinte di un mondo antichissimo e altrimenti chiuso in modo ermetico, perfettamente sigillato dietro la facciata delle sue ritualità”.

Ad aumentare la pressione su Buckingham Palace è senza dubbio il filone narrativo del razzismo ai danni di Meghan e Archie, condito dai timori circa la pelle scura di quest’ultimo, e vero leitmotiv di tutta l’intervista a CBS.

“La risposta della regina Elisabetta si è fatta attendere, quanto basta per generare attesa, ed è di grande interesse la scelta comunicativa di non firmare il primo comunicato stampa ufficiale redatto dallo staff. Una grave crisi reputazionale come questa (non la prima affrontata dai Reali inglesi, a dire il vero) richiede una strategia netta ma misurata, protettiva ma anche accomodante e in un qualche modo calda, cioè non macchiata da toni impersonali”.

Le difficoltà vissute dalla coppia, quelle che hanno costretto Harry e Meghan a ritirarsi in California, diventano così fonte di tristezza “nell’apprendere fino in fondo quanto siano stati difficili gli ultimi anni per loro”.

“Con grande genialità le accuse di razzismo vengono al tempo stesso ridimensionate, se non negate in toto, eppure prese tremendamente sul serio, ma affrontate in privato”.

La regina getta quindi una luce opaca sulla concretezza delle accuse, puntando il dito contro le versioni discordanti circa l’accaduto, ma mostra al contempo una profonda coscienza sociale nei riguardi di una tematica che lei stessa definisce “preoccupante” perché tuttora attualissima e molto sentita dalla popolazione.

“E poi la formula di chiusura che, sebbene intrisa di cortesia formale, rende la Royal Family difficilmente attaccabile: ‘Harry, Meghan e Archie saranno sempre membri della famiglia e molto amati’. Scacco matto al re, anzi, al duca di Sussex“.

Francesca Caon

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Milano Digital Week 2021. Il digitale da bene essenziale a bene comune

Sostenibilità, uguaglianza, diritti ed inclusione: sono i quattro asset intorno a cui si sviluppa la quarta edizione di Milano Digital Week, in programma dal 17 al 21 marzo in modalità esclusivamente online.

Un format rinnovato, ispirato al tema della “Città Equa e Sostenibile”, in riferimento a Milano che si propone come “laboratorio di transizione sostenibile”.

“Milano Digital Week vuole raccontare, far vivere e testimoniare sui temi della digitalizzazione”,

esordisce Roberta Cocco, Assessora alla Trasformazione digitale e Servizi civici del Comune di Milano, nel corso della conferenza stampa streaming di presentazione.

Ripartire, quindi, dalla riflessione sulla trasformazione digitale in atto nel nostro Paese e nel mondo, determinata dalla crisi pandemica e dal conseguente lockdown, che ha rivoluzionato il modo di vivere, di lavorare, di relazionarsi.

In programma 650 eventi gratuiti

Cinque giorni di confronto sul digitale, che diventa elemento di connessione sociale, economica, ambientale, ma anche veicolo di cambiamento epocale e acceleratore di processo (con focus su educazione, lavoro, diritti e uguaglianza digitale, arte, musica, cultura tech, sviluppo sostenibile e ambiente).

Oltre 650 eventi online, di cui 400 proposti da aziende e privati che hanno risposto alla call pubblica lanciata a dicembre (divisi per i quattro cluster tematici), più di 200 speaker, più di 150 tra conferenze, webinar, talk e lectio magistralis per la manifestazione promossa dal Comune di Milano – Assessorato alla Trasformazione digitale e Servizi civici – e realizzata da IAB Italia, Cariplo Factory e Hublab, con il sostegno del main partner Intesa Sanpaolo.

“Un numero di eventi oltre ogni aspettativa – insiste l’assessore Roberta Cocco –  La modalità streaming ci permette di raggiungere una platea più ampia superando eventi fisici. Eventi ed iniziative saranno presenti on demand, per cui ogni spettatore potrà costruire e personalizzare il proprio palinsesto e creare una propria digital week. Leitmotiv sarà dimostrare che il digitale è strumento di inclusione”.

Opening. Data Language | Il Linguaggio dei dati

Ad inaugurare l’intenso programma della Milano Digital Week l’opening conference sul linguaggio dei dati, in cartellone mercoledì 17 marzo alle 18, per presentare la strategia Data-driven di Milano, che culminerà nell’anteprima della Dashboard della Città, con l’intervento del  sindaco Giuseppe Sala e di Vittorio Colao, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale.

Non solo sfida dell’innovazione, ma anche dei diritti digitali. “Si parla di integrazione di dati, ma è essenziale garantire protezione e sicurezza informatica ai cittadini. Negli ultimi 12 mesi abbiamo imparato che il digitale è essenziale come strumento di inclusione e sostenibilità. Deve essere un diritto, una delle condizioni indispensabili della ripartenza”, conclude l’assessore.

Digitale per unire, come evidenzia Carlo Noseda, presidente IAB italia: “L’evoluzione tecnologica ha consentito la business continuity, ha reso possibile il reinventarsi di molte realtà imprenditoriali, ma anche ai bambini di imparare a distanza. Se in parte   ha unito, è stato però anche motivo di divisione. Nel 2021 dobbiamo colmare il divario digitale, non cittadini di serie A e di serie B, ma occorre un digitale al passo con la tecnologia, eccellente per tutti”. E aggiunge: “In futuro sogniamo un’Italia Digita Week”.

eventi digitali di design

Educazione digitale e re-skilling

Nuove competenze, skilling e re-skilling, ma anche favorire un passaggio di conoscenza tra le generazioni: sono alcuni degli obiettivi dell’iniziativa che coinvolge istituzioni, università, centri di produzione del sapere, luoghi di informazione e di ricerca, associazioni e aziende, start up, realtà piccole e grandi.

Insieme tutti gli attori della trasformazione digitale, uniti per far conoscere ai cittadini (e non solo agli esperti del settore ) il proprio know-how e i vari volti di una città che, anche attraverso il digitale, sta cercando con determinazione di raggiungere un nuovo punto di equilibrio.

Si sofferma sul concetto di creazione di valore a favore di un sistema più sostenibile, oltre il tradizionale paradigma dell’economia lineare, Carlo Mango Consigliere Delegato Cariplo Factory: “Durante la crisi economica e sociale degli ultimi mesi, cittadini e imprese hanno toccato con mano quanto il digitale sia uno strumento di inclusione e partecipazione. Milano Digital Week punta a inquadrare la trasformazione digitale in una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile, per privilegiare la condivisione, il riuso e il riciclo. Se è vero che le crisi rappresentano anche un’opportunità, sono l’occasione per sfruttare il potenziale della trasformazione digitale per creare un modello di crescita orientato all’interesse collettivo”.

Oltre all’hackathon in programma per l’opening innovation, MDW sarà anche l’occasione per il lancio del progetto “Digitarsi” organizzato dalla fondazione Cariplo Factory, con un budget di 800mila euro destinato a percorsi educativi degli studenti delle scuole superiori.

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Le 4 lectio magistralis

E se la cultura ha visto chiudere i propri spazi fisici ed emozionale, la Milano Digital Week prevederà 4 lectio magistralis con autori di fama internazionale in una chiave globale su temi trasversali della sostenibilità e dei diritti legati all’evoluzione tecnologica:  dal mondo del digitale con Cass Sunstein, professore alla Harvard Law School e autore di “Come avviene il cambiamento” (Einaudi) che offre uno spaccato sulla società, sul ruolo cruciale delle norme sociali e sul loro frequente collasso (17 marzo ore 19.00). A seguire Alec Ross, consigliere dell’amministrazione Obama per l’innovazione e docente alla Columbia University, con la lectio “Il nostro futuro. Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni” (Feltrinelli) tratteggia le prospettive dei prossimi anni per aiutarci a trovare il proprio posto nel nuovo mondo (18 marzo ore 19.00). Ece Temelkuran, giornalista attivista politica turca e autrice di “Come sfasciare un paese in sette mosse” (Bollati Boringhieri) che delineerà nel suo incontro come, in sette mosse, una nazione possa trasformarsi in una dittatura e come la digitalizzazione dell’informazione e i social media abbiamo giocato un ruolo fondamentale in questo processo (19 marzo ore 19.00). A chiudere Benjamin Labatut, saggista e scrittore cileno con una riflessione profonda sulla nascita della scienza moderna ispirata dal suo ultimo libro “Quando abbiamo smesso di capire il mondo” (Adelphi), 20 marzo ore 19.00.

Sostenibilità e digitale da bene essenziale a bene comune

“Fin dalla sua prima edizione, nel 2018, Milano Digital Week ha cercato di unire tutti i puntini della città. Ha messo insieme tante esperienze e tanti attori, grandi e piccoli, aziende e individui, associazioni e Accademia, con caratteristiche differenti ma sempre orientati alla collaborazione e al confronto – commenta Nicola Zanardi, Presidente Hublab e curatore di Milano Digital Week – Il passaggio obbligato a un’edizione completamente digitale ha addirittura aumentato la sua biodiversità di competenze e anche di utopie – arrivando a quasi 700 eventi. Dobbiamo dire grazie a milanesi e non, che hanno continuato a dare il loro contributo di visione e intelligenza. A mettersi in rete, a guardare a uno sviluppo che è, prima di tutto, un passaggio di conoscenza alle generazioni successive, presupposto essenziale per mitigare ogni tipo di disuguaglianza. L’obiettivo rimane lo stesso: da bene essenziale, il digitale deve diventare sempre di più “bene comune”.

Il digitale, quindi, sempre più a servizio delle comunità. “Lo spirito che accompagna le numerose iniziative previste per questa edizione è proprio quello di rendere il digitale il più inclusivo possibile, perché diventi come l’acqua e l’elettricità: alla portata di tutti – spiega Carlo Noseda, Presidente di IAB Italia – Una ripresa sostenibile non potrà infatti, che passare da una condivisione di conoscenze e dalla riduzione del divario digitale esistente sia tra Paesi sia all’interno dei confini nazionali, come all’interno delle città garantendo un più equo accesso a tutte le persone”.

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Arriva Levissima R-PET: la prima bottiglia in plastica riciclata

Un impegno concreto per un mondo più sostenibile è quello che Levissima mette in atto producendo la prima bottiglia realizzata con il 100% di plastica riciclata. Dopo essere stata la prima in Italia ad aver lanciato il BIO based PET nel segmento bevande non alcoliche, l’azienda attua ora una rivoluzione nel ridurre l’utilizzo di materie prime.

Grazie alla nuova normativa entrata in vigore a gennaio 2021, si è reso possibile l’utilizzo di bottiglie e vaschette ad uso alimentare in Pet riciclato fino al 100%, ampliando il limite fissato al 50% della precedente legge.

La prima bottiglia riciclata al 100%

Levissima da sempre impegnata nella tutela dell’ambiente e nella promozione di una economia circolare, si è quindi immediatamente attivata e ha realizzato la prima bottiglia di acqua minerale in Italia composta da Plastica PET riciclata al 100% (RPET 100%).

Siamo orgogliosi di essere i primi realizzare una bottiglia fatta con il 100% di plastica riciclata (R-PET), che rappresenta un grande passo avanti per Levissima e un impegno concreto per un mondo più sostenibile, nei confronti di coloro che hanno a cuore il riciclo e l’utilizzo delle risorse. Un traguardo che si lega al progetto Regeneration, il piano di sostenibilità con cui Levissima coinvolge le persone in un percorso di consumo responsabile e di tutela dell’ambiente, a partire dall’educazione al corretto riciclo.

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Spiega Stefano Marini, CEO Sanpellegrino Group Nestlé:

La plastica, se adeguatamente riciclata, non è un rifiuto, ma una risorsa da cui possono nascere nuove bottiglie o oggetti utili per la comunità: per rendere ancora più visibile questo impegno, l’etichetta delle bottiglie Levissima RPET 100% contiene un forte messaggio: “Ricicliamo Insieme”. Siamo orgogliosi di mettere a disposizione la forza del nostro brand per comunicare un messaggio così importante.

Il termine R-PET (Recycled polietilene tereftalato) indica un polimero ottenuto attraverso processi di recupero e riciclaggio del comune PET post consumo utilizzato per contenere alimenti. Si tratta di un materiale identico per qualità, sicurezza e resistenza al PET tradizionale, che è uno dei materiali migliori in grado di mantenere inalterate le caratteristiche uniche di purezza originaria dell’acqua minerale, garantendo che arrivi sulle tavole dei consumatori così come sgorga alla fonte. Il R-PET, inoltre, come il PET vergine, può essere riciclato un numero di volte quasi infinito.

In questo modo, ogni bottiglia può rientrare nel ciclo produttivo come componente di valore per la tutela e il rispetto dell’ambiente. Il PET riciclato, infatti, permette di abbassare i valori dell’impronta di CO2 legata alla produzione: secondi i dati del The New Plastics Economy Global Commitment 2019 Progress Report, la produzione di 1 tonnellata di R-PET consente di risparmiare cinque barili di petrolio ovvero di 1,6 tonnellate di CO2, l’equivalente di quanta CO2 produce una citycar che percorre quasi 15.000 chilometri in un anno.

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Concetto che sposa Coripet a cui aderisce il Gruppo Sanpellegrino. Coripet, è, infatti, il consorzio volontario, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente – tra imbottigliatori, converter e riciclatori – che si occupa della raccolta e del riciclo delle bottiglie in PET in nuove bottiglie con l’obiettivo di trasformare un potenziale rifiuto in una preziosa risorsa da immettere nuovamente nel ciclo produttivo attraverso un approccio di economia circolare “bottle to bottle”, ovvero tramite l’attivazione di una filiera italiana chiusa per il riciclo del PET.

Levissima, da sempre impegnata nel promuovere un’economia circolare della plastica, è stata la prima azienda in Italia a utilizzare il PET riciclato con il lancio de La Litro con il 25% di R-PET nel 2010. Nel luglio del 2020 Levissima ha presentato una gamma di 5 referenze realizzate con il 30% di R-PET.

Relativamente al packaging, Levissima entro il 2025 si impegna a raggiungere il 50% di PET riciclato all’interno di tutta la gamma dei suoi prodotti.

Le bottiglie di Acqua Minerale Naturale realizzate con il 100% di plastica PET riciclata saranno disponibili nei formati da 0,75 e da 1lt non gasata.

Deliveroo, quotazione in borsa e fondo premio da 18milioni per i rider

Deliveroo, la piattaforma inglese leader dell’online food delivery, annuncia la propria quotazione alla Borsa di Londra, dopo l’aumento del giro d’affari provocato dalla pandemia, con una valutazione iniziale di oltre 7 miliardi di dollari, di cui una piccola quota riservata ai clienti. Nello stesso giorno dell’offerta pubblica iniziale (IPO) sarà lanciato, in contemporanea, il Fondo “Thank You Fund” da 18 milioni di euro (22,2 milioni di dollari) per ricompensare i rider che hanno realizzato un numero di consegne record.

La startup della consegna di cibo a domicilio, di cui Amazon detiene il 16%, rivela l’intenzione di premiare i riders con dei bonus che oscillano da 210 a 11.500 euro.

Il boom del delivery provocato dal lockdown sul bilancio finanziario

In occasione della comunicazione dell’imminente Ipo, la società divulga anche la performance finanziaria e operativa realizzata nel 2020 con il boom del delivery. Complice il lockdown e l’emergenza pandemica, Deliveroo ha registrato un aumento del 64% del valore lordo delle transazioni elaborate su piattaforma (GTV), con un salto da 2,5 miliardi nel 2019 a 4,1 miliardi di sterline (5,7 miliardi di dollari nel 2020). Il tasso di esecuzione (run-rate) del solo quarto trimestre 2020 ammonta ad oltre 5 miliardi di sterline. La forte crescita è stata stimolata da un aumento dei clienti attivi per mese e da un maggiore coinvolgimento della base di utenti, corrispondente a circa 6 milioni di consumatori attivi mensili, con un flusso in crescita costante.

«Oggi Deliveroo è molto più grande di quanto avrei mai pensato possibile – sottolinea il CEO Will Shu, fondatore della società – Stiamo costruendo cucine delivery-only (solo per le consegne), consegniamo prodotti alimentari, costruiamo strumenti per i ristoranti per portarli nell’era digitale. Nonostante tutto ciò che abbiamo realizzato, crediamo davvero di essere ancora all’inizio”.

E aggiunge: “Molte cose sono cambiate da quando abbiamo intrapreso la nostra attività otto anni fa, nel 2013, ma due cose restano costanti: l’essere focalizzati sempre sul cliente e su tutto ciò che riguarda il cibo”.

Will Shu

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I conti in rosso e la valutazione ‘eccessiva’ da 7miliardi

Nel corso dell’anno, Deliveroo ha ridotto le perdite a 223,7 milioni di sterline, rispetto ai 317 milioni del 2019, sollevando tuttavia dubbi rispetto alla sua valutazione da 7 miliardi di dollari, “eccessiva per un’azienda che è ancora a molti anni dal profitto”, come  evidenzia la Warwick Business School. E, soprattutto, con i conti in rosso.

I settori della ristorazione e dell’alimentare rappresentano un mercato potenziale di 1.200 miliardi di sterline nei 12 mercati in cui Deliveroo è presente, di cui secondo le stime solo il 3% delle vendite sarebbe online.

Le prospettive di crescita potenziale del mercato del delivery

L’online food delivery presenta un enorme potenziale di crescita, secondo l’azienda, che insiste: «Quando nei mercati è stato possibile tornare a consumare pasti nei ristoranti in seguito al lockdown, abbiamo continuato a registrare un coinvolgimento dei consumatori e una frequenza degli ordini molto forti».

Deliveroo conta circa 100.000 riders e 115.000 commercianti di prodotti alimentari in 12 mercati in tutto il mondo.

Il “Thank You Fund” sarà attivato a livello globale nel giorno della quotazione in borsa e coprirà circa 36mila rider, individuati sulla base del numero di ordini consegnati e premiati secondo una fascia progressiva compresa tra i 550 e gli 11.500 euro. Tutti i rider che abbiano lavorato con Deliveroo per almeno un anno e completato 2mila ordini riceveranno, riceveranno 210 euro, mentre il bonus medio oscillerà intorno ai 550 euro.

“I rider sono il cuore del nostro business e noi vogliamo premiare il loro impegno, che ha aiutato Deliveroo a diventare quella che è oggi – afferma Will Shu – La loro dedizione ci ha permesso di crescere e di offrire la migliore esperienza di food delivery al mondo, oltre a permettere alle persone di stare al sicuro a casa nel corso della pandemia globale”.

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L’intervento della magistratura a tutela dei lavoratori impegnati nella consegna a domicilio

Se Deliveroo, Glovo, Uber Eats e Foodora sono finiti nel mirino della Procura di Milano, che ha condotto una maxi indagine sul trattamento dei fattorini, prevedendo sanzioni per 733 milioni di euro per le principali aziende di delivery che operano in Italia e l’assunzione di 60mila rider con contratto di lavoro coordinato e continuativo, anche nel Regno Unito la Corte Suprema ha emesso una sentenza secondo cui i conducenti di Uber dovranno essere classificati come ‘lavoratori’ e non come appaltatori indipendenti, con diritto alle ferie e alle pensioni pagate. Questo potrebbe avere effetti, quindi, anche sulle consegne da asporto a domicilio, provocando un aumento dei costi del servizio sia per i ristoratori che per i clienti.

La quotazione in borsa sul modello della doppia classe

L’offerta iniziale in borsa prevederà una struttura di azioni a doppia classe per i primi tre anni dalla quotazione, replicando il modello delle big tech che hanno consentito ad esempio a Mark Zuckerberg di mantenere il controllo per Facebook. Shu riceverà 20 voti per azione, mentre gli investitori ordinari avranno un solo voto per azione. L’accordo scadrà dopo tre anni. Successivamente, Deliveroo passerà ad una struttura a classe unica. L’azienda precisa, inoltre, di voler rimanere concentrata sugli investimenti per generare crescita nel nascente mercato dell’online food market e di voler continuare a investire nel suo marketplace principale migliorando l’esperienza di consumo.

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