Sotto-tag TOFU (top) di Funnel

Le più belle campagne di sempre dedicate all’amore

L’amore al tempo della pandemia è un argomento complicato, soprattutto per i marketer. Non c’è mai stata, però, un’opportunità migliore per stravolgere le regole di San Valentino, e lasciare il segno in una festa che è un potente motore per spingere le entrate di tante aziende e brand.

Quest’anno marchi e agenzie hanno ripensato al significato di questa data, puntando a un coinvolgimento il più possibile globale: dalle coppie ai single, dai fashion addicted agli amanti della natura! L’amore, insomma si è slegato dal concetto tradizionale (e forse un po’ stantio) del romanticismo, per celebrare questa giornata in modo creativo ed emozionante.

Noi Ninja, ad esempio, abbiamo voluto celebrare il nostro più grande amore: quello per il marketing e per l’advertising. E lo abbiamo fatto sul social del momento, ClubHouse, in una special edition della nostra Room quotidiana, stavolta powered by Birra Peroni.

In perfetto orario aperitivo abbiamo commentato e analizzato le migliori campagne di San Valentino degli ultimi anni insieme a Marina Manfredi, Camilla Cicerchia, Eleonora Letizia (rispettivamente Marketing Manager e Brand Manager di Birra Peroni) e Andrea Fusco (Head of Social di Wavemaker).

Se ti sei perso questo appuntamento, non disperare! Ecco le campagne protagoniste della nostra chiacchierata.

L’amore può essere crudele

Non per celebrare “l’amore che è” ma per esorcizzare “un amore che è stato”. Nel 2019, in Texas, lo zoo di El Paso ha proposto di dare il nome dell’ex a uno scarafaggio che poi sarebbe diventato il pasto del giorno di San Valentino di un suricato.

Una campagna Facebook in cui gli utenti potevano scrivere il nome dell’ex in un messaggio diretto allo Zoo, per poi assistere allo “show” grazie a una diretta Live sulla pagina.

UPDATE: We had a tremendous response in 2019! Keep in mind that this post applies to our promotion in 2019. Stay posted…

Pubblicato da El Paso Zoo su Lunedì 4 febbraio 2019

L’apostrofo rosa tra le parole “ti amo”

Una campagna con al centro un bacio eterno nel tempo. Nello spot di Vodafone, due ragazzini si scambiano il primo bacio che poi, con una lunga sequenza video e una rotazione continua della scena, passa attraverso  l’adolescenza, l’età adulta e giunge a mostrarci i protagonisti da anziani.

Il claim è Good things last forever, le cose belle durano per sempre. Questa campagna ha lanciato Vodafone Red, un piano di minuti e messaggi senza limiti.

L’amore, quello vero, dura per sempre

Ben 10 milioni di Italiani si incontrano, si cercano e si trovano su Tinder, la popolare app di dating online. E nel giorno dedicato all’amore Peroni non poteva mancare. Tutti gli italiani che hanno un profilo su Tinder, dal 14 febbraio potranno imbattersi in un partner frizzante e seducente di nome Peroni.

Una volta che appariranno le magiche paroline “it’s a match”, la birra italiana per eccellenza chiederà ai suoi lovers di testimoniare l’incontro “spumeggiante” con un’immagine o un video che andranno a popolare le stanze social e web di PeroniXSempre.

La landing page di Peronixsempre raccoglierà, dunque, tutte le dimostrazioni d’amore degli amanti di Peroni, i ricordi che hanno come sfondo la nostra bionda preferita, i cimeli, le foto e i video che gli utenti vorranno condividere. Tutti questi attestati d’amore verranno messi in evidenza sul canale Instagram. Un modo per il brand di essere vicino ai propri lover e stabilire con loro una relazione ancora più forte, che dura da 175 anni.

peroni x sempre

Il primo capitolo di un originale programma di comunicazione che accompagnerà il marchio Peroni in un percorso di rigenerazione.

“Un progetto di cui noi siamo follemente innamorati, attraverso un social nuovissimo che tutti noi stiamo imparando ad usare. Tinder rientra in un’idea progettuale molto più ampia che è volta a coinvolgere la nostra community, i nostri brand lovers. In un anno in cui ricorre il nostro 175esimo anniversario. Nel 2021 ci saranno tantissime novità e sorprese”, ha raccontato Marina Manfredi, Marketing Manager Peroni.

Perché Tinder? Perché se Peroni è un brand che unisce gli italiani oltre le differenze e gli stereotipi, non si poteva non includere questo social, che aiuta a parlare in modo originale ed innovativo agli amanti del marchio che non sono solo su Facebook e Instagram.

“Abbiamo scelto questo piattaforma, in questo anno così differente, con utenti che si sono riversati su social network di incontri. Tinder in Italia è cresciuto del 58% negli ultimi due anni. Lo abbiamo ritenuto molto affine al nostro brand perché il 36% della piattaforma dichiara di usare semi regolarmente alcolici. Una piattaforma, quindi, molto utile e tattica non solo per la nostra comunicazione digital, perché nessun marchio alcolico italiano ha ancora esplorato Tinder e perché ci permette di intercettare una fascia più giovane di target con un concept creativo coerente”.

Un progetto non solo per comunicare la marca, ma per interagire. L’inizio di un racconto per unire amore e community in combinazioni nuove e digital.

Come nasce una storia d’amore al tempo del digital?

Google Parisian Love è uno spot andato in onda al Super Bowl di ben undici anni fa, ma che a guardarlo ancora oggi, pur con quel logo così datato ormai, strappa ancora un dolce sorriso.

Una storia d’amore raccontata e vista attraverso le ricerche di Google. Una big idea fortissima, dall’execution semplice, una colonna sonora che accompagna il tutto con effetti audio ad hoc.

È la storia di un ragazzo che si trasferisce a Parigi per studiare, cerca su Google le frasi per far colpo su una ragazza francese, come gestire una relazione a distanza, e poi annunci di lavoro nella capitale francese così da trasferirsi.

Dal numero di volo alla ricerca di una chiesa per sposarsi, ben presto si arriva all’ultima ricerca su Google: “come assemblare una culla”. Un video che oggi ha raggiunto oltre 8 milioni di visualizzazioni su YouTube e che dopo tanti anni è ancora da guardare e riguardare.

Amore = Passione, ovvero il Kamasutra di IKEA

L’obiettivo di IKEA è certamente quello di far associare il brand all’idea di piacere e appagamento. E il marchio di arredamento svedese ci è riuscito in maniera piuttosto esplicita ed efficace in questo annuncio fuori dalle classiche regole della retorica su questa festa.

Non volgare e dall’humor nordeuropeo il San Valentino di IKEA si ispira al tradizionale kamasutra raffigurandolo con uno dei suoi più famosi prodotti: una coppia di sedie BORJE in una posizione piuttosto “compromettente”.

ikea san valentino

Anche chi è attento al portafogli ha un cuore

Una campagna di qualche anno fa che però resta sempre divertente e creativa.

Il rivenditore britannico di telefonia mobile è orgoglioso di aiutare i consumatori a risparmiare denaro, confrontando le proprie offerte con quelle dei competitor. Un esempio di Guerilla Marketing, pubblicato nel 2014, perfettamente in linea con i punti di forza del marchio: la convenienza.

Qual è il messaggio dell’annuncio su carta stampata? Perché spendere tanto a San Valentino quando si può fare bella figura con un budget ridotto? Ed ecco comparire un bouquet di fiori arrotolando il solito quotidiano.

san valentino

Qual è la vostra campagna preferita che parla d’Amore?

Comincia l’epoca del Connected Customer: come prepararsi alla sfida

Il prolungato stato di crisi, con l’adozione di modelli sociali fortemente connotati dal principio di distanziamento sociale, ha condotto le persone a ricercare nuove modalità di contatto, modelli organizzativi sul lavoro e anche abitudini diverse per soddisfare i propri bisogni.

Non è una novità affermare come il digitale, in questo, abbia svolto il ruolo del padrone: l’immaterialità del mezzo ha permesso a ogni consumatore di accedere a mercati e player differenti, realtà molto grandi e imprese molto piccole che hanno potuto accelerare il proprio business grazie al web.

Ora che la campagna vaccinale è partita, non c’è però da attendersi un “ritorno alle origini”: anzi, è molto probabile che i cambiamenti cui abbiamo assistito in questi mesi diventeranno strutturali, in particolare per ciò che concerne i comportamenti dei consumatori.

A tal proposito, per evidenziare come tali mutazioni siano già ben percepibili nel tessuto sociale, Salesforce ha condotto una ricerca dal titolo State of Connected Customer, che si propone di mappare a livello worldwide che cosa attenderci per i prossimi mesi (o forse anni) per ciò che concerne le aspettative dei consumatori.

<<Accedi alla nuova edizione del report “State of Connected Customer” e approfondisci l’evoluzione del customer engagement>>

customer experience

Il Connected customer, fra fiducia, comportamenti e valori dei brand

Ora, è chiaro che al centro di tutto ci sia proprio lui, il Connected Customer, che come recita il titolo della ricerca è oggetto di un’analisi che va oltre la semplice osservazione: ma cosa significa, esattamente, “consumatore connesso”?

La traduzione letterale dall’inglese all’italiano non basta a spiegarlo, anche perché il concetto va al di là del semplice essere “digitale”.

Al di là infatti dalla capacità di sfruttare la Rete a proprio uso e consumo, il Connected Customer è prima di tutto un attore attivo e partecipe delle meccaniche che gli si sottopongono: attenziona in modo puntuale il mercato, interagisce con le marche che tentano di attirarne l’attenzione in maniera critica e -soprattutto- ricerca una forma relazionale il più possibile basata sull’empatia. E lo fa online, come offline, sia per ciò che riguarda i punti di contatto con la marca che -espandendo il concetto- alla brand narrative propriamente detta.

Ad esempio, proprio nella ricerca emerge come il 68% del campione dichiari di aspettarsi dai brand un approccio empatico (ma solo il 37% riconosce che questo effettivamente avvenga).

Facendo un focus su tale sfaccettatura e come questo si configuri, comincia a delinearsi come basilare un valore nuovo per il contesto, quello della fiducia. Si calcola che per 9 persone su 10 la fiducia è la discriminante fondamentale nella scelta di un bene e un servizio: il consumatore quindi non limita solo la propria relazione all’esperienza di consumo, ma si fonde con la valutazione che viene data anche a come questa si declina nella propria vita.

Le evidenze che emergono da questo punto di vista sono molto interessanti: dalla generazione dei Baby Boomers agli Zoomers (i facenti parte della GenZ) emerge con forza un senso di sfiducia crescente verso le aziende, cui si imputa una scarsa trasparenza (il 42% arriva ad affermare che non crede che dicano la verità) fino a dire che non agiscano nell’interesse del consumatore (ben il 36%).

customer journey strategy

Anche per questa ragione, l’aspettativa che le aziende dimostrino concretamente cosa intendono per valori e come intendono impattare nel mondo con azioni fedeli ad essi cresce ogni anno di più: ambiente, iniquità economica e ingiustizie sociali sono alcuni dei macroinsiemi dove il consumatore si aspetta che le aziende agiscano concretamente.

Per una relazione che si fa tanto totalizzante, il Connected Customer non può esimersi dall’aspettarsi una capillarità della presenza della marca nella sua vita, sempre più attraverso touchpoint solo digitali e meno “fisicamente”. Questo aspetto, che già nel periodo “pre COVID-19” veniva osservato come aspettativa crescente, ha acquisito ancor più valore considerato che proprio durante la pandemia una larga fetta di consumatori ha dovuto necessariamente avvicinarsi al digitale, non solo per attività legate all’entertainment (fruizione dei social, utilizzo delle piattaforme di video streaming) quanto anche per ordinare e pagare beni e servizi, lavorare, studiare.

La contrazione delle interazioni offline ha quindi indirizzato il bisogno di avere marche sempre più digitalmente preparate, in grado di dotarsi degli strumenti più nuovi e delle tecnologie più all’avanguardia (come l’Intelligenza Artificiale) e che accompagnino non solo verso l’acquisto, ma anche nella fase del post-vendita (dove diventa più acuta la necessità di sentirsi parte di una relazione).

Il coronavirus ha quindi accentuato i comportamenti trasformando il Connected Customer in una figura decisamente più pretenziosa ma anche più vera, fedele al vissuto quotidiano di tutti noi.

Momenti di verità e scelte consapevoli

Quando Jim Lecinsky definisce cosa sia il Momento di Verità “Zero”, senza volerlo, circoscrive questa capacità di osservare e assorbire le informazioni relative all’esistente che contraddistingue il profilo che Salesforce mappa nella sua ricerca.

La “connessione” che entra anche nella definizione di questo profilo di consumatore va oltre l’interazione con la sfera digitale, ma entra in meccanismi che sono cognitivi e di valutazione indipendenti anche dalla qualità dell’offerta di brand.

In altri termini: il Connected Customer vive nella consapevolezza di essere al centro di meccaniche in cui lui è comunque arbitro, e per questo pretende che al centro di ogni momento di verità (la ricerca, l’osservazione, la conversione e la valutazione) vi sia un contributo autentico e veritiero.

Questa sua capacità di assorbire continuamente informazioni (che lo rendono, scherzosamente, una specie di hardware sempre in funzione) e di giudicarle obbliga le marche a sfruttare la sua “connessione”, costruendone di nuove.

Customer Journey

Il “come” questo possa avvenire dipende da una buona applicazione delle tecniche di Marketing Intelligence e di una sapiente elaborazione di un marketing mix che conti su media sempre performanti e tailor made. Sembrano banalità, ma oggi anche un chatbot che risponde in maniera spersonalizzata e poco curata rischia di generare un corto circuito nel percepito dell’interlocutore umano.

Questo vale a prescindere dalle fasce d’età, che pur rimanendo distanti fra loro hanno dal punto di vista anagrafico presentano dei tratti comuni inconfondibili, che riconducono comunque al profilo del Connected Customer.

Una trasformazione che, dicevamo poco su, era già cominciata prima della pandemia, e che nonostante il Coronavirus non si potrà fermare.

<<Accedi all’ebook gratuito “State of Connected Customer” per approfondire questi temi e valutare come applicarli alle tue strategie>>

app di dating

Sesso, amore e pandemia, la crescita delle app di dating durante il lockdown

  • Definiamo il trend 2020 delle dating app: scialuppe di salvataggio sentimentale o “Love Boat” per relazioni virtuali idilliache?
  • Diffusione di piattaforme per appuntamenti e Virtual Dating, abbiamo chiesto a Marvi Santamaria se è tutto dovuto all’evoluzione pandemica
  • Quali prospettive ci riserva il futuro delle dating app

L’incertezza che la pandemia diffonde nel mondo da circa un anno si riversa su tutti gli aspetti della nostra vita. Sentimenti, bisogno d’amore e appuntamenti romantici non fanno eccezione.

Una cosa è certa. Da circa un anno, la maggior parte di noi ha ridimensionato gli spostamenti al di fuori delle quattro mura di casa. Per contenere la diffusione del virus abbiamo affrontato (e affronteremo ancora) disposizioni di lockdown, smart working, quarantena preventiva o fiduciaria, distanziamento sociale.

Con la progressiva diffusione delle dating app, è difficile credere che i nostri “approcci sentimentali” sarebbero rimasti gli stessi, anche senza l’avvento della pandemia. Matcha. Chatta. Incontra. Tutti noi ci stavamo piacevolmente abituando al gioco dello swipe tra profili Tinder e ricerche su Badoo o Meetic. Finché tutto non è diventato più complicato con il diffondersi del Covid-19.

Non potendosi incontrare, le persone hanno approfondito la conoscenza in chat e nei luoghi virtuali come Fortnite e Animal Crossing (videogames di vita simulata). In quale direzione stiamo andando? New Normality? Terza ondata? Cerchiamo di ricostruire.

Dating app, prima ondata

A dire il vero non era iniziata benissimo. In Italia, Tinder ha conosciuto un notevole incremento di download tra gennaio e febbraio 2020. Ma la diffusione del Covid-19 a partire da marzo, ha decisamente raffreddato i bollenti spiriti.

Dating app confronto trend applicazioni in Italia

Come spiega Craig Chapple, mobile insights strategist Emea di Sensor Tower, “Per numero di download, gennaio (2020 ndr) è stato il secondo miglior mese nella storia di Tinder in Italia. Contando anche febbraio, l’app è stata scaricata 229 mila volte, con un incremento anno su anno del 46% nel primo bimestre. Anche il fatturato è cresciuto, ma non in modo altrettanto massiccio”.

Poi il lockdown. “I download di marzo sono stati circa 46.000. In proiezione, sembra quindi esserci stato un rallentamento, che riporta il dato sui livelli medi del secondo semestre 2019 – specifica Chapple.

Dal 9 marzo, allo scoccare di quarantena e chiusura obbligatoria, Tinder (così come la maggior parte delle dating app) ha subito un consistente calo delle ricerche. Non una vera e propria picchiata, ma un leggero trend al ribasso. Andamento simile anche per le ricerche legate ad altre dating app come Meetic, Badoo, OkCupid, Grind.

Se dovessimo provare a dare una spiegazione a questo intento di ricerca altalenante, gli italiani si sono fatti incuriosire da una nuova modalità per entrare in contatto con persone e potenziali partner approfondendo la conoscenza delle piattaforme di incontri online.

Con lo stretto giro di vite sugli spostamenti, le etichette “affetti stabili” e “congiunti”  hanno fatto storcere il naso a tanti. L’utente di dating app ha così perso interesse nel realizzare un possibile incontro nella vita reale.

Tuttavia, a livello globale, Tinder ha registrato un aumento medio del numero di conversazioni sull’app del +39% proprio durante la quarantena. Segno che gli utenti già iscritti, hanno deciso di investire un po’ più del loro tempo per conoscere meglio potenziali partner.

Nonostante le previsioni in pieno lockdown dessero per spacciati gli incontri scaturiti da un primo appuntamento online – proprio perché le persone preferivano non rischiare il contagio incontrando estranei – il numero di utenti attivi sulle dating app solo negli Stati Uniti ha raggiunto i 26,6 milioni nel 2020.

Un aumento del 18,4% rispetto all’anno precedente. Secondo la società di dati Apptopia, le prime 20 app di appuntamenti negli Stati Uniti hanno guadagnato in media 1,5 milioni di utenti attivi al giorno nel 2020.

Dating app utenti globali complessivi

Così, nonostante lockdown e pandemia, Badoo e Tinder si confermano le piattaforme più grandi al mondo. Se da una parte Tinder continua a crescere per numero di download, Badoo ha perso una fetta di utenti attivi negli ultimi cinque anni. Bumble gioca invece il ruolo di “terzo incomodo” nella corsa alla concorrenza tra dating app, soprattutto nel mercato nordamericano ed europeo.

La tregua estiva ha riportato un minimo d’entusiasmo tra single e cercatori di nuove esperienze sentimentali. Con un progressivo aumento di utenti attivi nei mesi più caldi (e per chi ha potuto, incontri nella vita reale).

LEGGI ANCHE: L’amore ai tempi delle app di dating non è più lo stesso (ma non c’è da aver paura)

Dating app, seconda ondata

I numeri ci dicono che la prima ondata pandemica non ha sostanzialmente modificato il desiderio di conoscere nuove persone per trovare l’anima gemella. E durante la seconda ondata? Come ci siamo comportati?

A causa del distanziamento sociale, molti si sono adattati nel cercare il partner online. E, in alcuni casi, frequentarlo virtualmente. Chi ha interiorizzato la necessità di ridimensionare spazi e luoghi d’incontro in un momento decisivo per il miglioramento della nostra salute pubblica, ha preferito portare online, non solo la fase di prima conoscenza, ma anche di incontro, scoperta e relazione.

Tutte le dating app offrono l’opportunità di connettersi virtualmente tra utenti. C’è chi, come Tinder, ha modificato il proprio business model per consentire uno strappo alla regola (la funzione “Passport” permette di conoscersi in qualsiasi luogo del mondo) e chi ha installato sistemi di video chiamata.

Abbiamo parlato di questo con Marvi Santamaria, esperta di dating app, fondatrice della community online Match and the City e autrice del libro “Tinder and the City“.

Cosa sta succedendo nel mondo delle dating app? È una evoluzione legata necessariamente alla pandemia o il diffondersi di dating app e incontri virtuali era comunque già scritto?

«Credo che nell’ultimo anno la pandemia abbia giocato un ruolo decisivo. Sia nel dividere coppie già esistenti che per via dei vari DPCM non potevano ricongiungersi, sia coppie che magari si erano nel frattempo formate tramite le dating app.

Se parliamo invece di incontri virtuali intesi come “rapporti a distanza”, allora sì, le dating app hanno dato una accelerata, creando un fenomeno a cui poi è stato dato anche un nome, ovvero “Virtual Dating”: gli appuntamenti al buio in tempo di pandemia hanno cominciato a tenersi anche in videochiamata, sia tramite piattaforme esterne che con funzionalità che alcune dating app hanno implementato velocemente per stare al passo con l’evoluzione del contesto sociale.

Gli utenti apprezzano gli appuntamenti virtuali per diversi vantaggi: mettono meno “ansia da prestazione” come invece accade spesso dal vivo, banalmente non bisogna pensare troppo a come vestirsi e a quanto pare danno l’impressione di poter conoscere più a fondo l’altra persona perchè ci si prende più tempo per frequentarsi prima di incontrarsi.»

Se conoscersi e frequentarsi diventa una “pratica virtuale”, credi sia possibile stilare una “mappa generazionale” per districarsi tra le varie dating app?

«Senza dubbio esistono dating app o piattaforme che attirano target diversi di età, ma di fatto le dating app sono trasversalmente usate dai 18 ai 60+ anni. I target d’età più attivi sono Generazione Z e Millennials.

Tra l’altro la possibilità di filtrare a monte in base all’età – una funzione che è tra le prime a essere impostata nell’app, assieme alla distanza chilometrica – aiuta a profilare la ricerca sulla base delle fasce d’età che più interessano.

Di fatto accade anche che le app, a seconda di come sono disegnate, creino un po’ anche il loro pubblico, quindi ad esempio piattaforme più “old style” a livello di grafica e funzionalità attirano persone meno digitalizzate, che solitamente sono anche persone meno giovani (ovviamente questa è una generalizzazione), mentre app che funzionano diversamente, più complesse, ad esempio OkCupid che contiene un test di profilazione lungo e approfondito tutto in inglese, attira utenti di un certo tipo e viene scartata da altri.»

Insomma, le dating app hanno fortemente favorito il “virtual dating”: se gli incontri sociali nel mondo reale sono attualmente ridotti al minimo, becchiamoci online!

App per incontri: siamo diventati più esigenti

La pandemia cova dinamiche sociali ben più complesse di un semplice appuntamento virtuale. La crescita degli utenti che frequentano le dating app è anche diretta conseguenza di relazioni concluse proprio a causa della convivenza forzata di questi mesi. O, viceversa, di una lontananza obbligata insostenibile.

La crescita del tempo medio di permanenza su Tinder, Badoo, Bumble & Co. può essere associata al fatto che gli utenti a casa hanno più tempo per scorrere il feed. Si accontentano di meno di un primo potenziale match e preferiscono esaminare a fondo ciò che offre la piattaforma.

Quindi è diventato difficile anche concretizzare l’appuntamento nel mondo reale? Durex ci ha fatto una vera e propria indagine demoscopica.

Gli italiani in quarantena hanno fatto meno sesso: è questo il primo, importante dato emerso dalla ricerca di marzo. Infatti, l’83% degli intervistati ha confessato un calo del desiderio e della pratica sessuale durante il periodo di lockdown. Solo il 23% che ha invece sostenuto di aver mantenuto un livello di attività sessuale quasi uguale al periodo pre-quarantena.

Dating-app-ricerca-Durex-lockdown

Anche una ricerca di Inner Circle, dating app mondiale, conferma lo stop agli incontri vis-à-vis, se non in contesti virtuali.

Tra le principali motivazioni espresse dagli intervistati, sono emerse: ansia, paura del contagio, generale stato di tristezza e/o presenza di situazioni di difficoltà emotive. Insieme a presenza di bambini in casa (nel caso di coppie consolidate), interruzione dei movimenti e obbligo di distanziamento sociale (nel caso invece di coppie appena nate, di persone che da poco avevano iniziato a frequentarsi, o di single alla ricerca di relazioni).

Dating-app-ricerca-Inner Circle

 

Scenario sicuramente molto diverso per quanto riguarda i partner conviventi. Solamente nel 65% dei casi hanno visto ridurre la propria attività sessuale. In questo caso, però, il calo si è verificato in seguito ad una progressiva diminuzione del desiderio sessuale, come dichiarato dal 62% degli intervistati.

LEGGI ANCHE: Le dating app sono davvero libere come pensiamo?

Giovani e donne molto più intraprendenti dei maschi

Secondo il servizio di incontri Match Group – il cui portafoglio include più di 45 tra app, siti web e piattaforme come Tinder, Match.com, OkCupid e Hinge – la crescita nell’utilizzo delle dating app a livello globale si è registrata in tutti i gruppi demografici. Sia per gli utenti più giovani che per le donne, i livelli di utilizzo sono rimasti sopra quelli stabiliti in fase pre-Covid.

Maschi più fifoni? Per quanto riguarda gli uomini adulti, la diffusione delle app per appuntamenti aveva addirittura subito una regressione nei primi mesi pandemici. Salvo poi recuperare nei mesi successivi e attestarsi ben oltre i livelli pre-pandemici.

Il numero medio di abbonati a Match.com è cresciuto dell’11% raggiungendo 10,1 milioni, rispetto ai 9,1 milioni dell’anno scorso, secondo i risultati del secondo trimestre 2020 dell’azienda.

Qual è la direzione?

Non si può dire con certezza. In un momento così complesso dal punto di vista sociale, sulle dating app non è possibile fare previsioni certe e a lungo termine. Il mito delle applicazioni digitali come fonte di sesso occasionale continua a rimanere tale. La diffusione del Covid-19 ha amplificato le responsabilità del singolo individuo sui rischi legati a incontri e appuntamenti al buio.

Tuttavia, il distanziamento sociale ci ha dunque trasformati in daters digitali con tanta voglia di creare favole d’amore fantastiche e virtuali. Ciò potrebbe dare vita a un nuovo modo di vivere le relazioni sentimentali . E la Z Gen si è già attrezzata: oggi gli under 25 oggi si danno appuntamento su Animal Crossing!

LEGGI ANCHE: Scoprendo Animal Crossing, il gioco più gettonato della quarantena

Otter, RescueTime e Hashtagify, i digital tool della settimana

Possedere competenze trasversali è un’arma vincente nella vita d’ufficio ma anche in smart working. Semplificare le attività può farti risparmiare molto tempo da dedicare ai task assegnati, permettendoti di vivere la giornata lavorativa con più tranquillità.

Nella selezione di digital tool di questa settimana, troviamo strumenti utili per l’analisi SEO, per la ricerca degli hashtag e per la trascrizione testuale delle call audio.

Non perdere tempo!

RescueTime ti permette di monitorare le tue attività online. In questo modo, potrai facilmente capire perché, anche questa vota, non sei riuscito a rispettare la deadline del tuo capo. Attraverso report molto dettagliati ti fornirà gli strumenti e i dati che ti servono per diventare più produttivo.

Tutta questione di hashtag

Per promuovere un contenuto sui social le parole chiave sono fondamentali. Con Hashtagify puoi trovare gli hashtag più rilevanti per il tuo marchio e gli argomenti di tendenza su Twitter e Instagram, seguendo in modo più efficiente gli hype e costruendo relazioni gratificanti con il pubblico.

SEO tuning

keyword tool

Creare contenuti rilevanti per gli utenti non è solo questione di ispirazione o di strategia, ma anche di parole chiave. Utilizzando il completamento automatico di Google, KeywordTool ti permette di vedere in un clic i trend delle parole che utilizzi (o vuoi utilizzare) per la tua SEO, suggerendoti long-tail interessanti su qualsiasi argomento. Anche in italiano.

Non perdere neanche una virgola

otter

Prendere appunti durante le call in lingua inglese può essere davvero complicato. Ora però puoi far riposare il polso. Otter.ai è un’estensione di Chrome che trascrive al tuo posto le chiamate di Google Meet in tempo reale, per tutti i partecipanti. Un modo semplice per rivedere ciò che si è detto e fare il punto sui contenuti senza dover prendere furiosamente appunti per tutto il tempo.

A portata di codice

Generare i tuoi codici QR è un’operazione molto semplice grazie a Kaiwa. Con questo semplicissimo tool, sarà sufficiente inserire il link o il contatto a cui si intende indirizzare l’utente che inquadra il codice per ricevere e scaricare l’immagine in formato .jpeg o .png.

___

Se hai trovato utili questi tool, attiva la prova gratuita di Ninja PRO Information. Riceverai ogni giorno le news sempre aggiornate (anche in versione audio), insight, analisi degli esperti e i nostri consigli sui migliori strumenti.

San Valentino su Clubhouse? Commenta con noi le campagne più romantiche di sempre

Siamo approdati già da un po’ sul social più chiacchierato del momento: Clubhouse, basato interamente sulla voce, non ha più bisogno di presentazioni. Domani sarà il giorno più romantico dell’anno, San Valentino: un tripudio di fiori, cioccolatini e romanticismo.

Mettendo insieme queste due cose, abbiamo deciso di fare una special edition della nostra ClubHouse Room per analizzare insieme a voi le più belle campagne di marketing dedicate alla festa degli innamorati. Il 14 febbraio infatti è un momento atteso non solo dagli innamorati ma anche dai brand di tutto il mondo che celebrano l’amore e provano a conquistare il pubblico con campagne speciali a tema.

Che siate da soli o con la vostra dolce metà, vi aspettiamo per un aperitivo digitale di mezz’ora dalle 18 in poi in nostra compagnia. Saranno con noi degli ospiti d’eccezione dal marketing team di Birra Peroni: Marina Manfredi (marketing manager Peroni), Camilla Cicerchia (brand manager Peroni), Eleonora Letizia (brand manager Peroni) e Andrea Fusco Head of Social Wavemaker.

L’appuntamento per la room “Ninja Marketing: San Valentino Edition ❤️  by Birra Peroni ?  ” è per domenica 14 febbraio dalle ore 18.00 alle 18.30. 

<<Partecipa alla room “Ninja Marketing: San Valentino Edition ❤️  by Birra Peroni ?”  e commenta con noi le campagne di marketing più romantiche di sempre >>

Ecco qualche anticipazione per gli utenti Android che, ahimé, non potranno partecipare (speriamo tra poco potrete essere dei nostri!) e per arrivare preparati alle campagne che commenteremo durante la diretta:

Google, Parisian Love

Iniziamo con una bellissima campagna del 2010: una storia d’amore raccontata attraverso le ricerche su Google. Parisian Love è stata presentata al Super Bowl ben undici anni fa. La storia emozionante è stata vista oltre 8.2 milioni di volte su YouTube.

LEGGI ANCHE: La pandemia guida la crescita dell’eCommerce anche a San Valentino

Una birra su Tinder

Secondo il Love Index di Mastercard, il 19% degli italiani si è iscritto a siti di app e incontri nel corso del 2020. Oltre 10 milioni di Italiani si incontrano, si cercano e si trovano su Tinder la popolare app di dating online. E Peroni per il suo 175° anniversario approda su Tinder per… non vi sveliamo altro, ve lo racconteremo in diretta insieme al marketing team dell’azienda.

Peroni x sempre

Il kamasutra montabile di Ikea

Umorismo nordeuropeo, semplice e d’effetto, IKEA raffigura il kamasutra con uno dei suoi più famosi prodotti: una coppia di sedie BORJE in una posizione piuttosto esplicita. 

San valentino ikea

E il resto? Scopritelo insieme a noi

Pronti ad un bellissimo viaggio nell’Amore?

<<TI ASPETTIAMO SU CLUBHOUSE, SALVA L’EVENTO SUL TUO CALENDARIO!>>

TikTok prima app di intrattenimento digitale di UEFA EURO 2020

TikTok, la piattaforma leader per i video brevi da dispositivi mobile, è Global Sponsor di UEFA EURO 2020. Per la prima volta, una piattaforma di intrattenimento digitale sponsorizza un importante torneo internazionale UEFA. TikTok rappresenta una nuova tipologia di partner per UEFA e questo rende questa partnership unica e senza  precedenti per entrambe le parti. 

La partnership con UEFA segna una tappa importante per TikTok, che si conferma come la casa per tutti i tifosi di calcio. Ogni giorno, sono tantissimi gli appassionati che scelgono la piattaforma per condividere la loro passione per questo sport. Come partner ufficiale, TikTok diventerà il luogo perfetto dove seguire i creator preferiti, condividere i migliori contenuti di  calcio, creare i propri momenti speciali, festeggiare e commentare il Torneo con la community. 

In qualità di Global Sponsor, TikTok collaborerà con UEFA per lanciare una serie di funzioni e attività entusiasmanti tra cui effetti AR, Hashtag Challenges, TikTok LIVE e Suoni, per sorprendere e coinvolgere la Community. UEFA, inoltre, darà accesso a TikTok alla sua enorme libreria di video storici per sviluppare contenuti altamente coinvolgenti e innovativi.  

LEGGI ANCHE: Microsoft valuta l’acquisizione di Pinterest per 51 miliardi di dollari

Insieme alla partnership, UEFA EURO 2020 aprirà, prima del torneo, il suo profilo TikTok per ispirare e intrattenere milioni di appassionati di calcio in tutto il mondo con contenuti esclusivi dietro le quinte e filmati attuali e d’archivio. La partnership  include anche i diritti di sponsorizzazione durante la trasmissione, il logo TikTok sarà, dunque, visibile durante le partite in  diretta di UEFA EURO 2020 su tutti i canali di trasmissione europei. È intervenuto Guy-Laurent Epstein, Direttore marketing UEFA:

Siamo lieti di dare il benvenuto a TikTok come partner di UEFA EURO. TikTok è diventata una delle piattaforme di  intrattenimento digitale più amate nell’ultimo anno e non vediamo l’ora, nei prossimi mesi, di lavorare a stretto contatto per offrire ai tifosi di tutto il mondo un’esperienza UEFA EURO unica e innovativa, che darà loro l’opportunità di connettersi e  condividere la loro passione per uno dei principali eventi sportivi del mondo.

Rich Waterworth, General Manager Europa TikTok ha dichiarato:

TikTok sta rapidamente diventando il luogo dove vivere  il calcio in maniera completamente nuova, godendo di un’esperienza senza precedenti. Sempre più organizzazioni calcistiche, squadre e giocatori arrivano sulla nostra piattaforma per interagire direttamente con i fan. Siamo lieti di essere partner di UEFA EURO 2020, uno dei più grandi eventi sportivi al mondo e poter, quindi, offrire a tutti gli appassionati su TikTok l’essenza  e la passione di questo torneo. La nostra community ama celebrare lo sport in modi creativi, e non vediamo l’ora di vederla interagire con tutti i contenuti imperdibili di UEFA EURO 2020. 

TikTok è una delle app più scaricate al mondo. Disponibile in più di 150 paesi e in 75 lingue, si impegna a sostenere una  community divertente, positiva e accogliente, incoraggiando gli utenti a condividere la loro passione e creatività attraverso  i video brevi.

Microsoft valuta l’acquisizione di Pinterest per 51 miliardi di dollari

Microsoft starebbe valutando l’acquisizione di Pinterest per 51miliardi di dollari, secondo alcuni rumors e fonti internazionali accreditate. Se confermata l’indiscrezione, si tratterebbe di uno dei più importanti accordi per l’azienda leader del settore tech.

Ci sarebbe stato un avvicinamento negli ultimi mesi, ma le trattative non sarebbero al momento attive, secondo il Financial Times, anche perché Pinterest avrebbe più volte sottolineato, in passato, di voler conservare la propria indipendenza.

LEGGI ANCHE: Da dove cominciare per portare la tua azienda su Pinterest

ninja

Satya Nadella CEO Microsoft

La strategia di rafforzamento social di Microsoft

La strategia di acquisizione intrapresa da Microsoft si concentra sulla raccolta di un portafoglio di comunità online attive, per rafforzare la propria piattaforma di cloud computing.

Il social media Pinterest, fondato nel 2009, in cui gli utenti “appuntano” immagini e cercano ispirazione, durante la pandemia ha accresciuto il suo valore di mercato di oltre il 600%, attestandosi a 51 miliardi di dollari. Nell’ultimo anno, ha guadagnato più di 100 milioni di utenti attivi mensilmente e registra più di 450 milioni di utenti in tutto il mondo. La scorsa settimana, Pinterest ha riferito di aver realizzato ricavi per 706 milioni di dollari nel quarto trimestre del 2020, battendo le stime degli analisti di 58 milioni di dollari.

L’acquisizione record da parte di Microsoft per 51 miliardi, costerebbe il doppio dell’acquisto di LinkedIn nel 2016 per 26,2 miliardi di dollari.

L’ultima volta che Microsoft ha tentato di acquisire una popolare società di social media risale al 2020, quando era in corsa per impossessarsi dell’app cinese TikTok. La sua offerta, però, è stata rifiutata dal proprietario di TikTok, ByteDance.

Le sfide legali a cui le aziende devono prepararsi nel 2021

L’ambito digitale è caratterizzato da continui aggiornamenti normativi. Il 2021 confermerà l’esigenza delle imprese che operano online di adeguarsi a un contesto legislativo in continuo fermento.

Questo articolo vuole illustrare i principali contesti nei quali per il 2021 l’ambito legale impatterà maggiormente sulle aziende.

Tutela dei dati personali

sfide legali 2021

Nel 2018 è entrato in vigore il Regolamento Europeo 679/2018 in materia di protezione dei dati personali delle persone fisiche (il c.d. “GDPR”). Da allora, gli utenti hanno preso sempre più coscienza dell’importanza di tutelare la propria privacy.

Infatti, la maggior parte delle esperienze di acquisto online coinvolge il trattamento di dati personali. In tal senso, si considerino i dati che vengono conferiti a un sito e-commerce in occasione di un acquisto (es.: generalità, e-mail, indirizzo di residenza, dati di pagamento, etc.).

Per questo motivo, anche per il 2021 sarà molto importante strutturare il business digitale in modo da rassicurare gli utenti sul rispetto degli obblighi di legge in tema privacy. Il requisito imprescindibile da rispettare è quello di redigere e aggiornare una privacy policy a norma.

Infatti, è proprio questo il documento che informa gli utenti in merito al trattamento dei loro dati personali.

Una privacy policy a norma migliora il rapporto con gli utenti perché aumenta il loro grado di fiducia. Inoltre, evita le pesanti sanzioni del Garante Privacy (le quali, dopo l’entrata in vigore del GDPR, possono arrivare anche a 20 milioni di euro).

LEGGI ANCHE: La più grande sfida del web consumer (e come la cripto economia è pronta a risolverla)

Regolamento ePrivacy

Il GDPR, sebbene abbia rappresentato una importante novità in ambito privacy, non disciplina in modo specifico la tutela dei dati personali in ambito digitale.

Questa funzione sarà assolta da un altro Regolamento europeo, il c.d. “Regolamento ePrivacy”.

La pubblicazione di questo Regolamento è prevista proprio per il 2021 e toccherà temi importanti su:

  • obblighi anti-spam. Nuove regole nelle attività di direct marketing;
  • cookie e altre tecnologie di tracciamento. Obbligo del consenso per installare cookie di profilazione, con limitate eccezioni (es.: cookie di profilazione ad uso puramente statistico);
  • segretezza delle comunicazioni. Il principio base sarà di prevedere limitazioni per l’uso dei metadati, salvo eccezioni (es.: per uso di fatturazione oppure per prevenire o contrastare reati).

Il Regolamento è ancora oggetto di discussione presso il Consiglio Europeo ed è molto difficile prevedere il contenuto finale (negli ultimi 2 anni si sono avvicendate numerose bozze, molto diverse tra loro).

È certo però che le aziende digitali dovranno essere pronte ad adeguarsi alle nuove sfide poste dal Regolamento, una volta che sarà pubblicato e diventato efficace.

Sfide legali per il 2021: la tutela del marchio

sfide legali per le aziende

L’emergenza dettata dal Covid-19 ha spinto molte aziende ad estendere il loro business nel mondo online. Ciò sta causando una sempre maggiore esposizione di marchi nel medesimo contesto, quello online.

Nell’ambito offline è accettabile (anche dal punto di vista legale) che l’insegna di un negozio collocato in una determinata città (es. Milano) sia identica rispetto a quella di un negozio che vende in un diverso contesto (es. Roma).

La clientela è infatti diversa e non v’è rischio di confusione tra i marchi delle rispettive aziende. Tutto ciò è inconciliabile nel mondo digitale, dove il business di un’impresa è indirizzato a una moltitudine di utenti.

LEGGI ANCHE: Retail Transformation: esclusività in un mondo di Atomi e Bit

Pertanto, il rischio è quello di vedere il proprio marchio copiato da altre aziende (magari competitor) che hanno deciso anch’esse di vendere online.

La sfida legale per le imprese che hanno deciso o vogliono approcciare il contesto digitale è quello di procedere alla registrazione del proprio marchio. In questo modo, infatti, si tutela un importante asset aziendale, che assumerà sempre più valore nel corso del tempo.

Per le startup che vogliono creare un logo figurativo, in particolare, è molto importante procedere alla c.d. “ricerca di anteriorità”. Lo scopo è quello di verificare l’assenza di marchi già registrati e uguali o simili a quello che si intende utilizzare online. Solo se la ricerca avrà avuto esito positivo, si potrà procedere alla registrazione del logo.

L’importanza della specializzazione legale

Come abbiamo visto, le sfide legali alle quali devono prepararsi le aziende nel 2021 sono diverse e numerose. È molto importante quindi affidarsi a un team di legali con un focus specifico nel digitale.

Solo in questo modo è possibile proteggere il business da sanzioni delle Autorità o reclami degli utenti.

Apprendere nuove skill

Perché non è mai troppo tardi per apprendere nuove skill e migliorarsi

  • Possiamo davvero apprendere nuove skill anche se siamo sommersi da impegni quotidiani e lavoro? Per fortuna sì e non è mai troppo tardi per acquisire nuove abilità
  • Alcuni studi dimostrano che per imparare nuove cose dobbiamo approcciarci a un apprendimento più ampio e non settorializzato

Ognuno di noi porta dentro di sé un piccolo rimpianto, un qualcosa che avrebbe voluto imparare da anni ma non ha mai avuto tempo per farlo. In realtà non è stato solo il tempo il nostro ostacolo più grande, ma la paura di fallire. Succede che teniamo così tanto a qualcosa, che sia il nostro sogno nel cassetto o un semplice hobby, che lo idealizziamo e non ci proviamo nemmeno. Più passa il tempo, più il rimpianto cresce e più ci convinciamo che le nostre chance per imparare una nuova competenza siano pari a zero.

Esiste davvero un tempo limite per apprendere nuove skill? Per fortuna no, ma dobbiamo capirlo e soprattutto esserne convinti. 

Certo, probabilmente sarà difficile diventare una rockstar famosa in età avanzata, ma nulla ci vieterà d’imparare a suonare uno strumento musicale per il semplice desiderio di farlo e senza stress.

Perché siamo bloccati nell’apprendere nuove skill

Quando parliamo d’imparare nuove skill non stiamo parlando di abilità legate principalmente al nostro lavoro. Chi ama la propria professione, trovandola intellettualmente e creativamente appagante, cercherà di apprendere abilità inerenti a essa e risulterà anche semplice e stimolante farlo. 

Ma se invece dovessimo dedicarci ad apprendere nuove skill in cui non siamo abbastanza bravi? Una volta entrati nel mondo del lavoro e avviata la nostra carriera, non veniamo più considerati dei principianti, ma man mano che acquisiamo le competenze necessarie, ci sentiamo più sicuri di noi stessi. Imparare cose nuove significa anche tornare a essere dei dilettanti in un dato ambito, e questa cosa non ci piace per niente.

La paura di fallire, la sensazione di non essere all’altezza e sentirsi, di nuovo, degli esordienti, fanno parte di un mix di fattori che ci bloccano e non proseguiamo con la lista di cose nuove da imparare. Se poi riusciamo ad andare oltre questa iniziale riluttanza, ci sentiremo in colpa perché stiamo togliendo tempo ad altre attività che sono utili e sappiamo già fare. Purtroppo viviamo in una società in cui l’utile e il pratico viene prima del piacere in sé di fare qualcosa per curiosità e passione.

LEGGI ANCHE: Il lavoro che fai non definisce chi sei (o almeno non sempre)

Ma come facciamo a liberarci da questa ansia da prestazione e abbandonare il perfezionismo nocivo? Provando a imparare cose nuove e rivalutando le parole, come il termine “dilettante“.

Il perfezionismo ostacola la mente e l’apprendimento

La parola “dilettante” deriva dall’italiano “deliziare”. Nel XVIII secolo, un gruppo di aristocratici inglesi lo rese popolare fondando la Società dei Dilettanti per intraprendere un tour del continente, promuovere l’arte della conversazione, collezionare opere artistiche e sovvenzionare spedizioni archeologiche.

Federico II di Prussia era in disaccordo con i dilettanti definendoli “amanti delle arti e delle scienze che le capiscono solo superficialmente ma che comunque sono classificati in una classe superiore rispetto a coloro che ne sono totalmente ignoranti”. Parliamo di persone facoltose e con una gran quantità di tempo a disposizione. Il termine, in seguito, ha assunto un’accezione diversa, negativa, così come noi la conosciamo.

E se provassimo a considerare il dilettantismo come a un sostegno all’apprendimento e non a scopo di remunerazione o avanzamento di carriera? Un qualcosa di positivo e soddisfacente per la nostra mente. Potrebbe essere una buona base da cui partire, un antidoto al perfezionismo auto imposto che è cresciuto costantemente negli ultimi tre decenni ed è molto diffuso soprattutto tra i più giovani e gli studenti universitari. 

Il perfezionismo fa male alla salute?

Thomas Curran e Andrew P. Hill, promotori di uno studio del 2019 sul perfezionismo tra studenti universitari americani, britannici e canadesi, hanno sottolineato che i giovani nutrono ideali irrazionali, e che questi si manifestano in aspettative irrealistiche per il mondo accademico e professionale. Sono combattuti su come avere successo e su come dovrebbero apparire e cosa dovrebbero possedere. Queste ragazze e ragazzi sono preoccupati dell’opinione che gli altri potrebbero avere di loro, hanno paura di essere giudicati duramente per i loro difetti percepiti. E tutto ciò, continuano i ricercatori, non fa per niente bene alla salute mentale.

Essere disposti a puntare su qualcosa in cui magari siamo mediocri ma che ci piace e ci appassiona, senza inseguire un ideale di perfezione, sembra essere diventato ormai un atto di resistenza e rivoluzione.

Ma imparare nuove abilità è davvero così complicato?

Rich Karlgaard nel suo rassicurante libro “Late Bloomers: The Hidden Strengths of Learning and Succeeding at Your Own Ritmo”, afferma che il cervello forma reti neurali e capacità di riconoscimento che non si hanno in un’età più giovanile, quando invece la potenza sinaptica è fulminante. 

L’intelligenza fluida, che racchiude la capacità di scoprire nuove sfide e pensare con le proprie forze, favorisce i più giovani. Ma l’intelligenza cristallizzata, ossia la capacità di attingere al proprio bagaglio accumulato di conoscenza e competenza, si arricchisce spesso con l’avanzare dell’età.

Inoltre, alcuni particolari abilità cognitive aumentano e diminuiscono a ritmi diversi nel corso della vita, come Joshua K.Hartshorne, professore di psicologia al Boston College, e Laura T. Germine, professoressa di psichiatria presso Harvard Medical School, spiegano in un articolo sull’argomento.

La velocità di elaborazione raggiunge i picchi nella tarda adolescenza, la memoria a breve termine riguardo ai nomi intorno ai ventidue anni, la memoria a breve termine per i volti intorno ai trent’anni, il vocabolario intorno ai cinquanta e in alcuni studi, anche intorno ai sessantacinque, mentre la comprensione sociale, compresa la capacità di riconoscere e interpretare le emozioni altrui, sale intorno ai quarant’anni e tende a rimanere alta.

Cosa significa tutto questo? Non esiste un’età in cui apprendiamo meglio perché le abilità cognitive non si sviluppano al massimo nello stesso periodo.

Non esistono limiti d’età per imparare

Questo spiega perché ci sono persone che possono fiorire in modo spettacolare quando sono già adulte. Sono molti i casi nel campo della letteratura, dove una ricca esperienza di vita può essere una vera e propria risorsa per gli scrittori. 

Annie Proulx ha pubblicato il suo primo romanzo all’età di 56 anni, Raymond Chandler a 51. Frank McCourt, che era stato un insegnante di liceo a New York per gran parte della sua vita, pubblicò il suo primo libro, vincitore del Premio Pulitzer,Angela’s Ashes”, a 66 anni. Edith Wharton, che era stata una matrona della società incline alla nevrastenia e intrappolata nella gabbia dorata di un matrimonio, non produsse romanzi fino all’età di 41 anni. La narrativa editoriale l’ha risvegliata da quello che lei stessa ha descritto come una specie di torpore. “Mi ero fatta strada fino alla mia vocazione“, sentenziò.

Nella scienza e nella tecnologia, spesso pensiamo alle persone che fanno scoperte precoci come dei veri geni. Einstein una volta disse che “una persona che non ha dato il suo grande contributo alla scienza prima dei trent’anni non lo farà mai“. 

Invece, secondo uno studio del 2014 per il “National Bureau of Economic Research”, l’età media in cui le persone apportano un contributo significativo alla scienza è aumentata durante il ventesimo secolo, per i fisici accade non prima dei 48 anni.

Un articolo del 2016 su “Scienceche” ha scoperto che il lavoro di maggiore impatto nella carriera di uno scienziato è distribuito casualmente all’interno della sua vita lavorativa. Potrebbe essere la prima pubblicazione, accadere a metà carriera o potrebbe essere la sua ultima ricerca. L’età è sempre stata solo un numero.

Apprendere nuove skill allena il cervello mantenendolo giovane

Abbiamo sempre pensato che, con l’avanzare dell’età, il nostro cervello non funzionerà più come prima e non avremo più l’elasticità mentale di un tempo. Ma non è detto che debba essere necessariamente così. 

La professoressa di psicologia dell’UCR, Rachel Wu, ha condotto delle ricerche davvero interessanti sull’apprendimento e su come possa influire sul nostro cervello, sostenendo che gli adulti possono combattere l’invecchiamento cognitivo imparando come i bambini.

La dottoressa Wu ha pubblicato questo studio sulla rivista “Human Development”, e afferma che un sano invecchiamento cognitivo è il risultato di strategie e abitudini di apprendimento che si sviluppano nel corso della nostra vita. Queste abitudini possono incoraggiare o scoraggiare lo sviluppo cognitivo.

Apprendimento ampio e apprendimento specializzato

Quando iniziamo a lavorare, passiamo da un tipo di apprendimento ampio (apprendere molte abilità da piccoli) a un apprendimento specializzato (diventare un esperto in un’area specifica) e questo porta a un declino iniziale in alcuni ambiti che non fanno parte della nostra sfera d’interesse. 

Se gli adulti continuassero ad apprendere in modo ampio come i bambini, potrebbero riscontrare un aumento della loro salute cognitiva e non il declino naturale che ci aspettiamo. Ridefinendo l’invecchiamento cognitivo, si apre la porta a nuove tattiche che potrebbero migliorare notevolmente la salute cognitiva e la qualità della vita.

Le caratteristiche dell’apprendimento ampio

Cosa intendiamo per apprendimento ampio?

La dottoressa Wu e i suoi collaboratori hanno definito l’apprendimento ampio come insieme di questi 6 fattori:

  • Apprendimento aperto e guidato dagli input (apprendimento di nuovi modelli, nuove abilità, esplorazione al di fuori della propria comfort zone)
  • Imparare stando a contatto con insegnanti e tutor che guidano l’apprendimento
  • Mentalità di crescita, ossia la convinzione che le abilità si sviluppano con lo sforzo
  • Ambiente indulgente, dove siamo autorizzati a commettere errori e persino a fallire, senza essere per forza stigmatizzati
  • Impegno serio per l’apprendimento (imparare a padroneggiare le abilità essenziali e perseverare nonostante le battute d’arresto)
  • Imparare più abilità contemporaneamente.

I ricercatori spiegano che l’impegno intellettuale attraverso questi sei fattori diminuisce dall’infanzia all’età adulta, quando appunto si passa da “ampio apprendimento” a “specializzazione”.

Le caratteristiche dell’apprendimento specializzato

Cosa si intende invece per apprendimento specializzato?

  • Apprendimento basato sulla conoscenza con una mentalità chiusa, preferendo routine familiari e stagnando nella propria comfort zone
  • Non interfacciarsi con insegnanti o persone che possono essere una guida sull’apprendere nuove skill
  • Vivere in un ambiente spietato e subire conseguenze pesanti per errori o fallimenti, come il poter essere licenziato
  • Avere una mentalità fissa, ed essere convinti che le abilità siano un talento innato, invece d’impegnarsi ad apprendere nuove skill con lo sforzo
  • Poco impegno per l’apprendimento, gli adulti in genere imparano un hobby per un paio di mesi, ma poi lo abbandonano a causa di vincoli di tempo o perché troppo difficile da portare avanti
  • Imparare un’abilità alla volta.

Apprendere nuove skill per vivere meglio

Apprendere nuove skill non deve essere visto solo come un vantaggio professionale ma come un arricchimento personale. Possiamo imparare nuove abilità a qualsiasi età. Ci vuole solo tempo e dedizione. Siamo spesso proprio noi a limitarci nell’apprendimento, lo rendiamo difficile e a volte non lo accettiamo per timore di metterci in gioco, anche sulle cose più semplici.

Alcuni aspetti dell’invecchiamento cognitivo sembrano quasi autoimposti, sono le convinzioni che abbiamo che devono cambiare per poter andare avanti quando ci sentiamo bloccati sempre nello stesso punto. La crescita personale (e professionale) non ha scadenze. 

bitcoin cripto economia

La più grande sfida del web consumer (e come la cripto economia è pronta a risolverla)

C’è del marcio sul web, parafrasando la celeberrima frase di Amleto del grande William Shakespeare. Per capire quello che non va non bisogna essere degli analisti competenti, ma è sufficiente la comune esperienza di navigatore. Clickbait, pubblicità che appaiono ovunque e limitano la leggibilità di un contenuto sono solo i sintomi di una malattia più grande, l’oligarchia della Rete con pochi player che hanno nelle mani un potere infinito sulle nostre vite.

Eppure, esistono modelli alternativi: la decentralizzazione non è solo un argomento per utopisti che chiacchierano sull’open source, e neanche pane per i nostalgici che ricordano la rete aperta, così come è nata, negli anni Ottanta.

L’economia delle criptovalute ha già dimostrato che un altro futuro per Internet è possibile. E mentre noi continuiamo a essere schiavi di Google, Amazon, Facebook e Apple – le cosiddette GAFA – si sviluppano delle alternative sulle quali sarebbe giusto volgere il nostro sguardo.

LEGGI ANCHE: Cashless e pagamenti: siamo davvero pronti per un futuro senza contanti?

Perché a volte il web ci dà la nausea?

Sono due i motivi principali che a volte ci fanno “odiare” Internet, che sono ben individuati da Justin Mart nel blog di Coinbase. Il primo fastidio, quello del quale abbiamo accennato all’inizio, è quello che avvertiamo di fronte alle ads che ci seguono ovunque, ai titoli fake degli articoli solo per un pugno di click in più, fino ai cookie che catturano i nostri dati personali, e nasce da una radice: il modello di business che domina oggi la Rete, basato appunto sul Far West dell’advertising.

L’altro fastidio, invece, è più soffocante e prende alla gola soprattutto gli amanti della libertà: le piattaforme centralizzate che hanno schiacciato con le loro logiche monopolistiche il modello di comunità aperte con cui è nata la Rete. Piattaforme sulle quali aziende e persone sono ormai obbligate a starci per vendere, conoscere gente, trovare un lavoro, innamorarsi e perfino per sperare di fare sesso. Queste aziende hanno le loro logiche e , quel che è peggio, possono cambiarle in corso d’opera come e quando vogliono, senza chiederti il permesso.

Qual è il risultato di tutto questo? Nausea appunto. Un rapporto di odio-amore con la Rete, che è la nostra più grande opportunità, ma allo stesso tempo la nostra più grande gabbia. E se cercassimo delle vie di fuga?

Due foto per capire la storia di Internet

Non è stato sempre così. Ci siamo così assuefatti alle piattaforme centralizzate che abbiamo dimenticato che c’è un’alternativa, c’è sempre stata. E anzi, è proprio questa alternativa ad aver dato vita alla Rete. Ripercorrendo, velocemente, la storia del web possiamo scattare due fotografie.

La prima è dagli anni Ottanta al 2000 quando i servizi internet erano progettati e poi realizzati su protocolli aperti, da community di sviluppatori, spesso senza scopo di lucro. Da protocolli aperti sono nate poi quelle realtà, come Yahoo prima, Google, Amazon, Facebook, Linkedin e Youtube poi, che hanno inaugurato la seconda epoca di Internet.

mark zuckerberg - cripto economia

Queste aziende hanno costruito dei modelli che hanno superato i protocolli aperti e sono diventate predominanti. Hanno centralizzato alcuni servizi, dall’accesso a Internet alle app, al mondo del commercio elettronico, imbrigliando gli utenti all’interno dei loro sistemi.

Come ogni fenomeno storico, anche questo va valutato nei suoi pro e contro. Come pro, di sicuro c’è che hanno realizzato delle tecnologie che ci hanno cambiato la vita (alcune anche in meglio). Mentre di contro, hanno reso la strada impossibile per quei gruppi di sviluppatori o imprenditori indipendenti che sognano di costruire un’alternativa. Questi ultimi possono ancora farlo oggi, ma sudando molto, e devono, in ogni caso, attenersi alle regole stabilite dalle piattaforme centralizzate.

LEGGI ANCHE: Elon Musk inserisce #bitcoin nel profilo Twitter e il titolo vola

Fuga per la vittoria (con la cripto economia)

Ora che anche tu senti addosso tutti “i fastidi” che il web centralizzato comporta, hai bisogno di una nota di speranza, quella che è racchiusa nella frase “decentralizzazione della Rete” (senti come suona bene). Un web decentralizzato sarebbe la panacea a questi due fastidi poiché:

  1. Scongiurerebbe il rischio della creazione di oligarchie di potere sulla Rete
  2. Riporterebbe i tuoi dati nelle uniche mani in cui dovrebbero stare: le tue!

Decentralizzare è tipico dell’economia delle criptovalute. Il modello alla base di Bitcoin e affini, è quello con cui sono nati i primi protocolli della Rete. Semplificando al massimo, gli sviluppatori che creano nuove tecnologie, come anche i manutentori o gli utenti che le utilizzano, ottengono degli incentivi che sono comunemente chiamati token.

Le loro reti sono decentralizzate nella misura in cui tutti possono partecipare al miglioramento, il codice di Bitcoin è open source, non esiste un ente centrale di controllo che decide vita, morte e miracoli degli altri utenti. E i partecipanti, gli utenti, possono abbandonare, vendendo i loro token, oppure modificare il codice, proponendo nuove versioni.

Il meccanismo degli incentivi, i token alla base del modello, spinge tutti i partecipanti a lavorare insieme poiché l’obiettivo comune è la crescita del token, che può aumentare la ricchezza di tutti gli attori.

Immagina per un attimo di trasferire questo meccanismo ad altri campi: ai servizi di storage, come il cloud, alla messaggistica, al payment fino alle assicurazioni.

Utopia? No, già esistono. Nello storage con servizi decentralizzati come IPFS Filecoin, Sia, Storj, Swarm, Textile, nel mondo della messaggistica (Whisper o Orchid), dei social network (Steemit, Relevant), per non parlare della finanza, dalla già citata Coinbase ai vari wallet, come il Blockchain Wallet, Ledger, Trezor ecc.

bitcoin cripto moneta

 La sfida: entrare nel cuore di imprenditori e sviluppatori

I servizi decentralizzati hanno tuttavia i loro limiti: attualmente sono poco scalabili e hanno ancora troppi pochi utenti dalla loro parte. Eppure possono vincere la sfida e per farlo devono riuscire a entrare, come è successo agli albori nella Rete, nei cuori di sviluppatori e imprenditori.

Poiché la battaglia tra decentralizzazione e centralizzazione della Rete alla fin fine si sintetizza in chi costruirà i servizi più sorprendenti per gli utenti.

E questo succede solo se hai i migliori sviluppatori e imprenditori che corrono sul tuo terreno di gioco.

Come utenti della Rete dobbiamo schierarci. Da una parte grandi piattaforme che decidono come ci informiamo, cosa compriamo, con chi usciamo, con chi lavoriamo, e dall’altra la democrazia con sistemi più aperti e trasparenti. Certo, la democrazia, come ci insegna la storia non è un sistema perfetto, ma citando Leibniz, “resta il migliore dei mondi possibili”.