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Dall’Employer all’Employee Branding: attrarre i giovani con l’umanità e l’imperfezione

  • Dall’eroismo alla vicinanza sociale dei brand, anche l’employer branding cambia prospettiva
  • Puntare sull’inclusione generazionale è la strategia giusta per non perdere attrattività

Non è un errore di battitura. Nel titolo è scritto proprio Employee Branding (branding dei dipendenti) perché il focus delle strategie di attrazione dei futuri lavoratori in azienda si sposta sempre di più dal brand alle persone.

La trasformazione in Employee Branding

Il cambio culturale che si è prodotto nel nostro immaginario collettivo in questo 2020 di pandemie e infodemie, ha già modificato i messaggi sul piano marketing dei brand più importanti portandoli a narrare degli storytelling che, come ha profetizzato Andrea Fontana in “Ballando con l’Apocalisse” (ROI Edizioni, 2020.p.58), sono passati dai messaggi che prima del Covid-19 recitavano: “Amami, ti insegno a vivere, per cui comprami” a: “So che siamo nei guai, ma credo di capire i tuoi problemi, che sono anche i miei, proverò a starti a fianco per fare con te un pezzo di strada insieme”.

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E l’employer branding non può esimersi dal guardarsi allo specchio e riflettere se i messaggi che parlavano di impatto, carriera, “better workplace to be” e di benefit personalizzati siano ancora validi dopo la rivoluzione culturale e di sensibilità che si sta compiendo in questi mesi nella percezione dei potenziali nuovi dipendenti.

Un altro aspetto con cui fare i conti sarà senza dubbio la percezione della scarsità del lavoro e delle inevitabili difficoltà collegate alla contrazione del mercato per il 2021 che potrebbero modificare in un senso o in un altro i valori che i più giovani reputano distintivi di un brand. Si sceglieranno brand più “sicuri” dal punto di vista della stabilità economica e della sicurezza psicologica o continuerà il trend di infatuazione verso le aziende che riflettono sensibilità ai temi di sostenibilità e digitalità?

Employee Branding

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In altre occasioni ho già espresso personalmente quali contenuti evergreen dovrebbe comprendere una strategia di employer branding per essere efficace soprattutto in relazione al target giovanile: ovvero che il messaggio di Employer Value Proposition deve puntare sul miglioramento degli aspetti ritenuti per loro stessi come “negativi”, e quindi motivare, informare e valorizzare coloro che si ritengono disinformati, sfiduciati, defocalizzati, ma attraverso uno stile che si avvicini agli attributi che Millennials e Zed Gen conferiscono a loro stessi come “positivi”, ovvero partecipativo, dinamico, digitale e “smart”.

Ma esistono sicuramente altri temi fondamentali su cui vale la pena concentrare l’attenzione. Uno di questi è senz’altro la capacità di rappresentare in maniera trasparente ed efficace l’attenzione dell’azienda all’inclusione generazionale. Stando ai dati di Universum Global (2019) del D&I Index, infatti, il Il 53% dei Millennials definisce la diversità come diversità di età, l’83% dei Millennials e il 92% della Gen Z la considera come diversità culturale.

Sono quindi meno prevalenti gli altri temi come il genere, l’etnia, la religione, etc., e questo sta a significare quanto sia efficace poter rendere la propria organizzazione non solo sensibile, ma concretamente dedita all’inclusione generazionale, al fine di renderla naturalmente attrattiva per le nuove generazioni.

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La dicotomia tra “veterani” e “neofiti” rappresenta anche sul piano emotivo del giovane la paura di non essere integrato, accettato o accompagnato nella crescita professionale da parte dell’organismo aziendale. Questo, spesso, detiene o un numero elevato di senior, o una cultura valoriale che risiede necessariamente nelle figure con maggiore “anzianità” di carriera in quell’organizzazione.

Non è un mistero, inoltre, che i brand che investono in Diversity & Inclusion, aumentano significativamente i loro ricavi.
Gli ultimi dati del Diversity Brand Summit 2020 rilevano un +23% di crescita complessiva, con scelte di acquisto da parte dei consumatori che sono dedicate per oltre il 63% ai marchi ritenuti maggiormente inclusivi e la misura del Net Promoter Score che evidenzia una veicolazione del passaparola addirittura del +89,8% per questa tipologia di brand.

Se l’inclusione culturale attrae consumatori, probabilmente può farlo anche per futuri employee. Non a caso molti marchi di questa classifica coincidono anche con quelli più scelti o preferiti nelle indagini dell’Universum Most Attractive Employers Italy 2020.

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Narrare l’inclusione significa approcciarsi alle tematiche sociali e di sostenibilità e ad un mindset culturale aperto e vicino alla realtà contemporanea delle persone, in particolare quelle alla ricerca di un lavoro, poiché ne vivono la complessità, l’incertezza e la volatilità in maniera molto concreta.

Torniamo quindi al principio per cui non sono forse solo le soluzioni eroiche dell’Employer ad attrarci (“ho un’opportunità di lavoro per te, ti salverò dalle difficoltà economiche”) ma anche i problemi e i conflitti umani che ci spronano e ci motivano nel momento in cui le organizzazioni che accettano le diversità e le fragilità di tutti e sono rappresentate anche da persone che falliscono, esitano e soffrono.

Poiché una delle grandi difficoltà delle strategie di employer branding è quella di rapportarsi con la comunicazione esterna di prodotto (che solitamente non parla di persone) la strada del racconto dell’imperfezione, fatta di esseri umani perfettibili, di risultati non ottenuti e obiettivi non raggiunti, potrebbe diventare una scelta di narrazione coraggiosa e ripida, ma che certamente riuscirebbe ad attrarre molto efficacemente la platea dei potenziali employee, (giovani e meno giovani), in quanto ineluttabilmente autentica.

La frontiera innovativa dello storytelling di un datore di lavoro che si prefigura è quindi una sorta di “Employer Unbranding” o “Employee Branding”, dove si comunica in primis la vita autentica delle persone, senza filtri, essenziale. E ancora di più uno storytelling intergenerazionale può fare la differenza, nel momento in cui la narrazione delle storie professionali riesca a rappresentare anche i conflitti e le criticità della vita delle persone, con l’obiettivo non solo di aumentare la notorietà dell’employer brand, ma anche di offrire una reale utilità alle persone stimolando il loro interesse e il loro coinvolgimento.

Microsoft - Didattica in atto

Microsoft Italia lancia Didattica in Atto, un progetto eLearning per i docenti

Microsoft Italia ha presentato il 20 gennaio Didattica in Atto, progetto per la formazione online on-demand rivolta a tutti quei docenti che vogliono approfondire la conoscenza e l’utilizzo delle soluzioni Microsoft per la didattica digitale.

L’annuncio è avvenuto in occasione di BETT, l’evento internazionale online in programma fino al 22 gennaio dedicato alle tecnologie per il mondo dell’educazione.

Didattica in Atto: l’impegno di Microsoft durante la pandemia

In un momento in cui le restrizioni a causa della pandemia rendono il rientro a scuola ancora incerto, Microsoft Italia, dopo aver formato 140.000 docenti dall’inizio dell’emergenza sanitaria, conferma il proprio impegno nel sostenere i docenti italiani attraverso tecnologie e formazione completamente gratuiti e aiutarli così a garantire continuità didattica ai nostri studenti.

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L’iniziativa si traduce in un programma di apprendimento online che consente agli insegnati di accedere con facilità a tutorial on-demand, a guide di studio pratiche e scaricabili e a un calendario di webinar disponibili online sul Microsoft Educator Centre con consigli e buone pratiche per una didattica digitale efficace e coinvolgente, testimonianze di esperti del mondo della scuola, e video pillole sull’utilizzo di Office365 Education A1, ovvero il pacchetto di programmi e applicazioni, disponibili sempre gratuitamente, in grado di trasformare la propria classe in un’aula digitale collaborativa.

Tra i contenuti formativi realizzati direttamente dai MIE Expert, ovvero i docenti innovatori italiani che già padroneggiano le soluzioni Microsoft, attività dedicate per esempio all’uso di Microsoft Teams, l’hub digitale che consente di creare aule virtuali di collaborazione, dove è possibile vedere il proprio insegnante e seguire la lezione, interagire con lui e con i compagni, e suggerimenti sull’utilizzo dei Learning Tools ovvero tutti quegli strumenti per migliorare le competenze di lettura e scrittura per gli studenti con disturbi dell’apprendimento, in chiave accessibilità, affinché la tecnologia possa essere il motore per una società più inclusiva.

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Oltre 1 milione di insegnanti in tutto il mondo

Didattica in Atto si aggiunge ai già numerosi contenuti digitali che Microsoft ha messo a disposizione gratuitamente per tutti gli insegnanti per aiutarli a ripensare alla didattica in chiave digitale, e che nell’ultimo mese sono stati fruiti da oltre 1 milione di insegnanti in tutto il mondo.

Questo percorso di formazione online offre inoltre la possibilità ai partecipanti di ottenere un attestato finale di partecipazione che consente ai docenti che si avvicinano per la prima volta alle tecnologie Microsoft di diventare MIE Certified e unirsi alla rete di apprendimento professionale globale di educatori digitali.

“In attesa che si possa tornare in aula in piena sicurezza, che auspichiamo possa avvenire il più presto possibile, con Didattica in Atto ci proponiamo di gettare le basi per una didattica che potrà risultare efficace anche in futuro. Mi auguro infatti che presto si possa parlare non di didattica a distanza come alternativa alla scuola in presenza, ma di una vera e propria didattica ibrida, dove il digitale si integra e non si sostituisce alle lezioni in presenza e contribuisce in modo complementare all’apprendimento dei nostri ragazzi. Sono convinta che fisico e digitale possano coesistere in modo sinergico ed efficace” ha commentato Elvira Carzaniga, Direttore Education Microsoft Italia.

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IoT, ovvero come iniziare a connettere oggetti nella propria azienda

Quando eravamo bambini e immaginavamo come sarebbe stato il futuro, non potevamo fare a meno di sognare macchine volanti, viaggi interplanetari e oggetti scintillanti con mille funzioni, come una sorta di coltellini svizzeri futuristici. Sulle macchine volanti e i viaggi spaziali ci stiamo ancora lavorando, ma per quanto riguarda gli oggetti la nostra fantasia non aveva tutti i torti. Pensate a come la tecnologia ha migliorato le nostre vite e come Internet sia parte integrante della nostra quotidianità attraverso prodotti e servizi sempre più 2.0.

Stiamo parlando dell’importanza dell’IoT, ossia l’Internet of Things, l’Internet degli oggetti e del ruolo crescente che ha assunto negli ultimi anni.

Internet of Things, quotidianità e mondo digitale

Cosa intendiamo quando parliamo di IoT? È un acronimo che abbiamo sentito spesso nominare. Internet of Things, lo dice stesso la parola, è l’Internet degli oggetti, sono infatti quest’ultimi a essere connessi, grazie a Internet, e hanno la facoltà di scambiare dati tra loro. Questi prodotti sono definiti intelligenti, quindi smart objects.

Stiamo parlando di un’evoluzione dell’uso d’Internet perché attraverso la connessione, gli oggetti si rendono riconoscibili e scambiano informazioni su sé stessi e l’ambiente che li circonda.

Gli smart objects hanno delle caratteristiche peculiari che li rendono tali, stiamo parlando di proprietà cui:

  • l’identificazione
  • la connessione
  • la localizzazione
  • la capacità di generare dati
  • la possibilità d’interagire con l’ambiente esterno

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Campi di applicazione dell’IoT

L’Internet of Things può essere applicato in qualsiasi contesto, dagli elettrodomestici di casa per un’abitazione smart, a sistemi più complessi come le apparecchiature in campo medico.

È possibile con l’IoT agire in ambito sanitario con precisione e ottimizzando gli sforzi monitorando, per esempio, lo stato di salute dei pazienti da remoto. In questo modo il personale può recarsi presso le strutture sanitarie solo quando c’è un’urgenza grave.

In riferimento a macchinari di qualsiasi genere, invece, l’IoT permette il monitoraggio e il loro funzionamento, così chi si occupa della manutenzione può intervenire solo quando c’è una reale necessità.

IoT e aziende: utilizzi e vantaggi

Abbiamo visto che l’IoT agisce in diversi campi applicativi, ma può essere vantaggioso anche per migliorare le performance di un’azienda? Certo che sì.

Con l’ormai conclamata industria 4.0, l’IoT è sempre più parte integrante dell’innovazione e consente alle organizzazioni di raccogliere, scambiare, analizzare e interpretare i dati in tempo reale. Il valore di questi dati è unico perché fornisce informazioni significative sui consumatori, in determinati contesti, e in tempo reale, permettendo alle aziende di modificare i propri prodotti e servizi, ove è necessario, e trasformare l’interazione e le relazioni con i clienti.

Ma un’azienda come può adottare in modo pratico l’IoT, utilizzandola e integrandola al proprio sistema?

Le soluzioni che ci vengono proposte non sono tutte performanti. Spesso risultano frammentate, troppo complesse e invece di semplificare i processi, tendono a comprometterli. Le aziende hanno bisogno di uno strumento unico e intuitivo che possa facilitare e non disperdere le attività utili proveniente dall’integrazione dell’IoT.

Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: a chi rivolgersi?

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Cloud MQTT, il server per connettere gli oggetti nelle aziende

Ci viene in soccorso Seeweb, un Cloud Computing Provider che offre servizi di alta qualità e unici quanto a tecnologia, scalabilità e rapporto prezzo/prestazioni. Un provider che punta da sempre all’innovazione ed è sempre attento alle novità del mercato. Seeweb non poteva lasciarsi scappare l’occasione di creare un servizio tutto suo che riguarda proprio l’IoT, attraverso il lancio di Cloud MQTT.

Il Cloud MQTT connette gli oggetti nelle aziende sfruttando il protocollo di comunicazione più efficace in ambito IoT. Include diverse caratteristiche come:

  • la gestione semplificata dei dispositivi;
  • la personalizzazione dei dati di connessione;
  • la possibilità di salvare i dati nel nostro Cloud;

La piattaforma riduce le complessità legate all’utilizzo dell’Internet of Things nelle aziende grazie a una cloud things platform completamente gestita che:

  • si avvale di Kubernetes, che automatizza le operazioni di gestione dei container;
  • sfrutta MQTT, il protocollo più usato per connettere gli oggetti al Cloud;
  • è compatibile con la maggior parte dei device esistenti;
  • è abbinabile a un dominio personalizzato e a un certificato SSL;
  • offre la possibilità di salvare le metriche nel Cloud Seeweb;
  • permette di gestire i dati mediante Prometheus

Una volta acquistato il servizio verranno inviati i dati di accesso da utilizzare per configurare il prodotto e i dispositivi. Ogni dispositivo ha un client ID, un topic e i permessi di accesso.

Quali sono gli strumenti che possono beneficiare di questo servizio?

Possiamo utilizzare tutti i tipi di dispositivi che supportano MQTT, ossia i sensori di temperatura, automotive, controllo macchine ma anche software di telemetria o messaggistica. Ma cos’è un protocollo MQTT e a cosa serve?

Cos’è un MQTT

Il protocollo MQTT ha l’obiettivo di rendere facile ed efficace la comunicazione tra le macchine, ossia gli oggetti. Le sue caratteristiche principali sono:

  • la leggerezza e la semplicità nello scambio di messaggi;
  • ha la possibilità di creare il minimo traffico sulle reti;
  • richiede poche risorse ai dispositivi a livello di gestione.

È uno strumento capace di veicolare in modo efficiente la distribuzione di messaggi da uno a molti destinatari, garantendo affidabilità e semplicità. Connettere i dispositivi di un’azienda e integrare l’IoT non sarà più un grosso problema con Cloud MQTT, un modo semplice di abbracciare l’innovazione.

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Cosa significa davvero fare branding e quali sono le regole nel 2023

In cosa consiste fare branding e perché è importante avere una brand strategy che funzioni? Vediamo insieme le regole e le tendenze da non perdere per fare branding, in modo creativo ed efficace, nel 2023.

Alla fine di ogni anno, oltre a stillare la classica lista dei buoni propositi, fantastichiamo su cosa accadrà nell’immediato futuro. Quali saranno le tendenze dei prossimi mesi, gli eventi da ricordare e quelli da depennare con un mega pennarello indelebile. Cosa succederà nel mondo, in generale, e nel favoloso universo del web e del digital marketing, in questo tanto atteso 2021? Riponiamo parecchie aspettative in questo anno, probabilmente sarà un periodo di transizione e cambiamenti, in cui dovremo ricalibrarci ancora e definirci, per una nuova era. 

Possiamo confermarvi, senza ombra di dubbio, che i riflettori saranno puntati sul brand e su come fare branding, nel modo più creativo ed efficace possibile.

Il valore del brand

Non è un mistero, stiamo dando sempre più importanza all’esperienza d’acquisto oltre che al prodotto acquistato. Autenticità, fiducia, trasparenza e servizio clienti, sono diventati tutti elementi decisivi per i consumatori di oggi. 

In effetti, le statistiche sui brand raccolte da Havas Group dimostrano che il 77% dei consumatori supporta i marchi che raccontano e condividono i propri valori. Acquistiamo un prodotto non solo per il suo effettivo utilizzo, ma per i valori percepiti e definiti dal brand in questione.

Come un’azienda non è solo i prodotti che vende, anche il marchio non è solo la somma degli elementi visibili, ossia logo, colore e font, ma anche la personalità e i valori dell’azienda stessa.

In sostanza, il brand è l’insieme di tutti quei valori percepiti da parte dei consumatori, di un prodotto o un servizio fornito. E se volessimo dirla alla Jeff Bezos, il CEO di Amazon, il brand è ciò che gli altri dicono di noi quando non siamo nella stanza.

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Come creare e definire il proprio brand

Abbiamo detto che il marchio si riferisce al modo in cui le persone percepiscono l’azienda. Creare ed elaborare un brand significa lavorare attivamente per definire la percezione unica e coesiva dell’azienda prestando particolare attenzione a tutti gli elementi, come il web design, la tipografia e i colori.

Affinché un’attività abbia successo, dobbiamo concentrarci sul marchio, sulla sua identità di marca e sul processo di branding. Tutti e tre questi ingredienti sono essenziali.

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Perché è importante fare branding

Costruendo e definendo il marchio, costruiamo anche il nostro business. Ciò può influenzare il modo in cui il pubblico di destinazione percepisce la nostra attività, aumentare la consapevolezza del brand e generare nuovi affari. 

Può mostrare al pubblico di destinazione perché la nostra azienda sia la scelta migliore distinguendoci dai nostri competitors e rendendo la nostra attività memorabile su tutte le piattaforme. Il marchio diventa il fattore più influente quando i clienti devono decidere tra due o più prodotti

Il brand può anche rafforzare il rapporto tra l’azienda e i suoi clienti. La lealtà e il riconoscimento in un marchio possono anche trasformare i clienti in brand ambassadors e influencer che sosterranno e condivideranno servizi e prodotti. 

I clienti non sono gli unici a diventare più fedeli, ma anche i dipendenti andranno fieri di far parte di un’azienda di cui riconoscono i valori. Fare branding significa dare un’identità all’azienda, favorendo una connessione più intima tra il luogo di lavoro e i lavoratori.

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Definizione di Branding

Il branding è il processo di creazione di un’identità distinta e unica per un’azienda nella mente del pubblico di riferimento e dei consumatori.

Al livello più elementare, il branding è costituito dal logo, dal design visivo, dalla mission e dal tono di voce di un’azienda. Ma l’identità del marchio è determinata anche dalla qualità dei prodotti, dal servizio clienti e persino dal prezzo dei prodotti o dei servizi.

4 passaggi per fare (bene) branding

Ora che abbiamo chiarito cosa sia un brand e l’importanza di fare branding nel modo giusto, vi sveleremo 4 regole fondamentali da tener presente per creare e definire la strategia migliore.

1.Identificare il target di rifermento

La ricerca del pubblico di destinazione è uno dei primi passi da fare. Affinché le persone amino il nostro brand, devono essere in grado d’identificarsi e connettersi con esso. Di conseguenza dobbiamo conoscere il nostro target e decidere a chi vogliamo rivolgerci.

Le domande che dobbiamo fare per trovare il nostro pubblico di destinazione e comprenderlo meglio sono:

  • chi utilizzerà il nostro prodotto
  • chi è il nostro cliente perfetto
  • perché abbiamo dato vita alla nostra attività

2.Definire la propria dichiarazione d’intenti, valori e vantaggi

Se non definiamo chi siamo come azienda, l’intero processo di branding risulterà disorganizzato. Una dichiarazione d’intenti ci aiuterà a determinare i nostri obiettivi, e questo è, in primis, lo scopo di ogni attività, trasmettere al pubblico di destinazione il proprio valore.

Dobbiamo far comprendere alle persone perché la nostra attività è stata creata e perché clienti e potenziali clienti dovrebbero dar attenzione proprio al nostro brand.

Concentrandoci sui valori della nostra azienda e sui vantaggi che può offrire, possiamo assicurarci che il brand da noi creato sarà unico. Inoltre, chiarirà anche ai nostri clienti perché dovrebbero scegliere la nostra azienda invece di preferire altri brand.

3.Costruire una brand identity

Ci sono due elementi fondamentali per costruire una brand identity: risorse visive e voce del marchio. La brand identity aiuterà il pubblico di destinazione a riconoscere il nostro marchio e, soprattutto, a ricordarlo.

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3.1 Progettare le risorse visive

Ogni elemento del brand, come il logo, il claim, la voce e le immagini devono comunicare la nostra dichiarazione d’intenti, valori e vantaggi. Dobbiamo decidere combinazioni di colori, caratteri e icone che utilizzeremo per comunicare tutto ciò che le persone dovrebbero sapere sull’attività. Il colore, in particolare, è estremamente potente. Secondo Reboot, utilizzando un colore distintivo possiamo aumentare il riconoscimento del marchio fino all’80%. 

La scelta non sarà dettata semplicemente da gusti personali ma dobbiamo considerare invece le connotazioni universali associate a ogni colore. In questo modo, possiamo evocare sentimenti e idee specifiche.  Se non troviamo un font che ci rappresenti pienamente, possiamo anche optare per un carattere unico e personalizzato.

3.2 Identificare il tono di voce

È importante decidere il nostro tono di voce, ossia il modo in cui comunicheremo con i clienti. Risponderanno meglio a un marchio giocoso e bizzarro o più professionale? Dobbiamo assicurarci di utilizzare lo stesso tono di voce in modo coerente e su tutte le diverse piattaforme.

La voce del tuo marchio corrisponderà anche alle nostre risorse visive. Ad esempio, se abbiamo utilizzato una combinazione di colori audaci, l’abbineremo a un tono di voce più informale e giovanile.

4. Integrare in modo coerente il marchio

Dopo aver creato il marchio, è il momento di applicarlo sulle diverse piattaforme. Deve essere integrato completamente per garantire che i clienti vedano il marchio ogni volta che interagiscono con la nostra attività. Dal sito web al servizio clienti, il marchio deve essere sempre visibile. 

Il sito web è probabilmente la piattaforma in cui avverrà la maggior parte dell’interazione tra marchio e clienti. Quindi andremo a utilizzare solo elementi che fanno parte del marchio: colori, logo ma anche tono di voce.

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Suggerimenti per fare branding

Essere coerenti

Uno dei passaggi fondamentali per il successo del marchio è applicare in modo coerente elementi come schemi di colori, tipografia e tono di voce su tutte le piattaforme. Sia che il pubblico di destinazione stia visitando il nostro sito web, scartando il packaging di un prodotto o interagendo con noi sulle pagine social, dobbiamo mostrare il nostro marchio nello stesso identico modo.

Prestando attenzione alla coerenza, ci assicureremo che le persone riconoscano facilmente il marchio e ci percepiranno come un’attività affidabile. In effetti, secondo Lucidpress, le aziende che hanno rappresentato i loro marchi in modo coerente hanno ottenuto un aumento del 33% delle loro entrate. 

Ma anche la flessibilità è importante. Un brand deve svilupparsi gradualmente, ma se ci rendiamo conto che il marchio attuale non ha un grande impatto, dobbiamo essere flessibili e apportare le modifiche necessarie.

Essere originali

Conoscere le strategie dei nostri competitors è importante, ma non dobbiamo essere ossessionati da quello che gli altri fanno, altrimenti finiremo per assomigliarvi. Nessuno vuole essere la copia sbiadita di un altro brand. Più unico e originale sarà la nostra attività, più resteremmo impressi nella mente delle persone.

Creare la giusta strategia di marca

Dobbiamo creare una strategia di marca fatta apposta per noi e i nostri obiettivi. Prefissato un traguardo, saremo in grado di raggiungerlo passo dopo passo, tenendo sotto controllo ogni mossa e cambiando strada quando è necessario per trovare il giusto equilibrio e per far crescere la nostra attività.

Personificare il marchio

I marchi di successo hanno una la propria personalità e identità. Poiché l’obiettivo di fare branding è promuovere le relazioni tra l’azienda e il suo pubblico di destinazione, dovremmo pensare al nostro marchio come a una persona reale.

Ovviamente se stiamo facendo personal branding, sarà più semplice dar personalità al marchio in quanto possiamo trasferire in esso tutto ciò che fa parte di noi: esperienze, interessi e valori.

Creare delle linee guida per definire il brand

Sia che stiamo lavorando con un’agenzia di branding, un designer o utilizzando dei modelli, è importante creare delle linee guida per il definire e concretizzare il nostro brand. Stiamo parlando di un documento che contiene tutte le informazioni importanti sul marchio, come la storia, le tavolozze di colori, la tipografia, le variazioni del logo, che tono di voce utilizzare, ecc…

Un documento di riferimento a cui tutti i dipendenti possono accedere per comprendere meglio cosa sia il nostro brand e, di conseguenza, i valori dell’azienda. Dopotutto, saranno loro a trattare direttamente con i clienti. Quindi, è importante che conoscano la storia e la voce del brand.

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Fare branding: le tendenze per il 2023

Così come i brand si rinnovano, anche le tenenze cambiano di volta in volta. I marchi devono reinventarsi per restare attuali ed essere impattanti col tempo. Grafiche, elementi visivi e non, tutte le caratteristiche di un marchio che una volta sembravano moderne e all’avanguardia diventano improvvisamente obsolete e antiquate. 

Ecco una lista dei trend da tenere sott’occhio per questo 2021, idee e ispirazioni per continuare a fare branding, nel modo giusto, anche nei mesi a venire.

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Guardando tutte le tendenze per il nuovo anno, vedremo un chiaro spostamento verso la personalizzazione e la connessione. Mai prima d’ora il lato umano del brand è stato così rilevante: la relazione marchio-cliente riguarda meno le transazioni e più l’interazione e le emozioni. 

Le persone parlano con i brand sui social media, attendono le e-mail inviate dai loro brand preferiti, e fanno clic sui loro annunci ogni volta che li vedono.

Less is more

Il minimalismo sarà il trend più visto quest’anno, ma questa non è certo una novità. Le tendenze dei prossimi mesi vedranno loghi con linee sottili e pulite, spazi vuoti, icone e illustrazioni piatte, mentre i font saranno classici e molto semplici.

Linee geometriche semplici

Essere minimal significa soprattutto rifarsi alla semplicità e alle linee geometriche di base, quelle semplici e intuitive. Motivi geometrici che ci riportano alle origini, ma con una nuova visione. Un’altra tendenza è quella di utilizzare simboli classici, monogrammi e abbreviazioni.

I motivi geometrici, inoltre, possono essere utilizzati per creare un’estensione del marchio: grandi blocchi di grafica ripetuta per creare un aspetto ipnotico, come quello di una carta da parati. I modelli però non sostituiscono i loghi o le immagini principali. Vanno collocati al posto giusto, come in un annuncio, o su una t-shirt, o ancora lo sfondo di una pagina web.

I motivi geometrici stimolano e, nello stesso tempo, distraggono il cervello umano, rendendoli perfetti per quei brand che vogliono che il logo sia il protagonista di tutta la scena.

Inoltre se il nostro logo è minimal, potremmo persino essere in grado di usarlo come un pattern.

Brand design by oktagon

Disposizione insolita

Un’altra tendenza per rinnovare il proprio brand è quella d’infrangere le regole dalla composizione. L’asimmetria ma anche l’equilibrio visivo sono due aspetti da tenere a mente quando si parla di composizione.

Design fuori dal comune

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Branding design by Wintrygrey

Se il nostro pubblico di riferimento fa parte di un mercato giovane, allora anche il nostro modo di fare branding avrà un’unicità distintiva, sarà insolita e bizzarra. L’uso d’immagini uniche, divertenti o stravaganti, è un ottimo modo per non passare inosservati.

Non dobbiamo aver paura di sperimentare. Gli animali antropomorfi sono una scelta molto popolare, soprattutto se indossano abiti eleganti e formali, per accentuarne l’assurdità. Ma distinguersi significa non solo fare quello non che fanno gli altri, ma soprattutto sentirsi liberi di provare uno stile originale che se si adatta alla personalità del nostro marchio.

Altri trend prevedono inoltre la sovrapposizione tra elementi e testo, ma anche distruzione del testo e l’uso di caratteri insoliti. 

Fare branding, cioè dare un volto al brand

Siamo essere umani, animali socievoli e curiosi, a cui piace vedere, specialmente nei post sui social media, altri esseri umani. Ultimamente i designer di branding si stanno rendendo conto di questo e stiamo vedendo molte più immagini di persone che rappresentano il marchio, in particolare volti espressivi e con personalità.

Il trend più in voga è quello di usare una rappresentazione illustrata di una persona reale. Ciò non solo consente un migliore controllo sul risultato finale, ma apre anche opportunità per diversi stili artistici, che possono comunicare il tipo di marchio che siamo.

Brand design by bubupanda

La bellezza dell’imperfezione

Ci sono persone che amano l’imperfezione, per loro è essa stessa la vera perfezione. Il design del marchio intenzionalmente imperfetto, solitamente combinato con illustrazioni e tipografia scritta a mano, risuona bene con un pubblico più giovane e anticonformista.

Questa tendenza del marchio nasce come risposta al design pixel-perfect del passato e per molti di noi, quel tipo di perfezione, genera sospetto e finzione. Ovviamente prima di spostarci verso questo trend, dobbiamo sempre tener presente il nostro target di riferimento e considerare se è il caso di adottare un tale cambiamento.

Andare oltre i colori convenzionali

Il marchio tradizionale postula che schemi di colori semplici e coerenti siano i migliori perché i consumatori imparano ad associare il marchio ai quei colori chiave. Tutto ciò è vero, ma allo stesso tempo limita le potenzialità del nostro brand. 

Cosa succederebbe se esprimessimo la nostra identità di marca con schemi di colori più complessi, utilizzando colori diversi per dare significato a ciascuno dei nostri prodotti? La soluzione sarà quella di espandere la tavolozza dei colori del nostro marchio a una varietà di colori nuovi, più potenti. Nel 2021, saranno i colori intensi e significativi a esprimere ciò che rappresenta un brand.

Ecco perché vediamo sempre più marchi testare combinazioni di colori non convenzionali e tinte non naturalistiche, sia per variazioni che intensità. Queste tonalità d’impatto funzionano sia separatamente che insieme, e possono raccontare molto di più su un marchio o un prodotto rispetto a un colore solito e già visto.

Branding design by Virtuoso

Fare branding è schierarsi apertamente e prendere posizione

Lo sappiamo e lo abbiamo ripetuto più volte, non è un bel periodo per nessuno. Le persone lo sanno, prendono posizioni in ogni campo, si fanno un’idea e lo stesso vale per le aziende. Soprattutto per i mercati più giovani come Gen Z e Millenials, i consumatori si aspettano che i marchi che seguono assumano una posizione sociale, ambientale o economica. 

Ecco perché una delle tendenze del marchio del 2021 è quella di schierarsi a favore o contro qualcosa, prendere posizioni su questioni importanti, e idealmente sarà la stessa posizione del nostro pubblico di destinazione.

Come far trapelare la nostra posizione? 

Ci sono diversi modi. Nei materiali di branding, in modo che le persone sappiano di cosa ci occupiamo. Parlarne sui social media funziona, attraverso gli influencer, per esempio. Anche il design del marchio dovrebbe riecheggiare la nostra posizione, ad esempio, presentando immagini ecologiche e ambientali nel logo e sul sito web, o pubblicando delle foto per dimostrare il nostro attivismo.

Un viaggio coinvolgente

In questo 2021, le persone si aspettano di ricevere non solo un prodotto ben progettato, ma si aspettano anche di fare un viaggio, un’esperienza. 

Grazie alla crescente quantità di acquisti online, l’esperienza dell ’unboxing è ora più cruciale che mai. Marchi e designer riflettono sull’intero processo di apertura di un pacchetto e ne fanno un’esperienza unica, assicurando che anche il più piccolo dettaglio affascinerà il cliente mentre apre la scatola, scarta e scopre i prodotti.

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Via Burly Fellow

I vantaggi del branding

Investire nell’identità del proprio marchio non è solo un divertimento, ma ha molti vantaggi reali che possono aiutare la vostra azienda a crescere e ad avere successo su larga scala.

I vantaggi di un marchio forte includono:

  • Aumento delle vendite.
  • Fidelizzazione e riconoscimento dei clienti.
  • Contribuire a creare una missione o uno scopo aziendale chiaro e stimolante.
  • Contribuire a creare una forte cultura aziendale in cui i dipendenti amino ciò che fanno.
  • Attrarre talenti di alta qualità per far crescere ulteriormente l’azienda.
  • Sviluppare una forte brand equity che ci aiuti a distinguervi dalla concorrenza.

La costruzione di un marchio forte richiede tempo, ma lo sforzo vale la ricompensa.

E non dimentichiamo che per fare branding…

Qualsiasi sarà la tendenza che adotteremo per fare branding, non dobbiamo mai dimenticare che il nostro brand non sarà mai statico, ma è qualcosa di vivo e dinamico. È un elemento fondamentale che ci aiuterà a far crescere la nostra attività, e dopo aver creato una brand identity, il lavoro non è di certo finito. Richiede attenzione, coerenza e, come in ogni cosa, passione.

Fare branding nel modo giusto significa creare fiducia nel pubblico di destinazione e ci permetterà di essere supportati, e creare una connessione vera con le persone.

trend visual 2021

I trend visuali del 2021 che devi assolutamente conoscere

Il nostro mondo è cambiato, così come la comunicazione visiva. Nel 2021, i brand e i creatori di contenuti dovranno cercare di indagare sui nuovi bisogni, priorità e punti deboli dei consumatori, ridefinire il concetto di autenticità nella fotografia e trattare il loro pubblico con contenuti video mordi e fuggi e design più dinamici.

Depositphotos ha collaborato con agenzie creative ed esperti del settore in tutto il mondo per interpretare le idee e la visione su dove si sta dirigendo la comunicazione visiva nel prossimo futuro.

Ecco, quindi, quali saranno i trend visuali del 2021 e come possiamo lasciarci ispirare.

1. Simboli di ottimismo

La tendenza è che il pubblico sia più coinvolto e rimanga fedele ai marchi che trasmettono messaggi positivi e ottimisti. Gli elementi essenziali nel 2021 per i creativi sono palette dai colori vivaci che riflettano gioia e speranza per un futuro luminoso, oltre a font arrotondati dall’aspetto amichevole e invitante.

Quest’anno, i marchi saranno anche chiamati a far sentire i consumatori a proprio agio nell’usare le immagini come un vero e proprio linguaggio. Concetti come lo slow living possono essere utilizzati come simboli di ottimismo ed essere apprezzati dal pubblico di tutto il mondo.

Parole chiave: ottimistico, slow living, divertimento

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2. Il benessere, innanzitutto

Oggi, le esigenze dei consumatori ruotano intorno alla salute e al benessere. I marchi e i creatori di contenuti utilizzano immagini che illustrano la cura personale, lo sport e il tempo libero per evidenziare un messaggio pertinente. Non dobbiamo dimenticare i bisogni umani di base, come il dormire bene, l’adeguata assunzione di cibo e la pratica regolare di attività fisica per migliorare la qualità della vita.

Tuttavia, il tema del benessere non è limitato ai messaggi trasmessi dai creativi. La componente visiva della tendenza si basa su soluzioni di colori calmanti ed equilibrati nei design, oltre a foto, illustrazioni e video motivazionali che aiutano a dimostrare che i marchi sono interessati al benessere fisico e digitale del loro pubblico.

Parole chiave: routine, motivazionale, stile di vita

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3. Ricerca di un conforto nella natura

Quando ci sentiamo emotivamente carichi, ci rivolgiamo alla natura, che ci distrae e fa spostare la nostra attenzione su ciò che conta davvero. Nel design, vediamo che questo si riflette sulla tendenza di utilizzare sfumature di base e motivi botanici che aiutano a ridurre i livelli di stress, migliorare l’umore e aumentare la produttività.

Palette di colori ispirate alla natura, foto autentiche ed elementi organici nella grafica animata possono essere una scommessa sicura e stimolante per i design dei siti web nel 2021. Anche le esperienze utente più d’impatto e coinvolgenti possono essere raggiunte con l’inclusione di una traccia audio rilassante. Ad esempio, i suoni accattivanti delle foreste di tutto il mondo riescono a completare in modo coerente un progetto ispirato alla natura.

Parole chiave: rilassante, botanico, accattivante

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4. Empatia virtuale

L’empatia virtuale fatta con le esperienze online può essere il modo più rapido per trasmettere un messaggio importante, cambiare le abitudini dei consumatori e accelerare il cambiamento. È necessario che le storie raccontate dai brand utilizzando VR, AR e MR siano più sincere e autentiche, non solo visivamente accattivanti.

Le aziende e i privati ​​sono spinti a progettare scenari interattivi in ​​cui l’utente gioca un ruolo centrale e gode di un’esperienza multisensoriale come nella vita reale. Solo una totale immersione nell’ambiente dopo un disastro ecologico, conflitti regionali o la vita quotidiana in diversi angoli del mondo può mettere il pubblico in relazione e aiutarlo a diventare più empatico con le questioni locali e con le sfide globali che stiamo affrontando.

Parole chiave: XR, immersivo, narrazione

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5. Autenticità 2.0

Il pubblico è alla costante ricerca di contenuti più autentici. In passato, si cercavano aiuti visivi che traducessero bene le emozioni e le immagini con le quali poter identificarsi, che rappresentassero perfettamente stili di vita frenetici. Ma ora le foto e i video che illustrano questa cultura dell’eccitazione vengono sostituiti da immagini di slow living, lavoro e vacanze a casa.

I creatori di contenuti sono incoraggiati a ripensare a cosa sia l’autenticità, poiché i clienti pensano meno ai beni materiali e più ai valori spirituali. Allo stesso tempo, i marchi sono alla ricerca di modi per comunicare con storie più sincere e coinvolgenti, in cui la scelta di elementi visivi pertinenti è sempre essenziale.

Parole chiave: autenticità, famiglia, espressivo

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6. Estetica cinematografica

Quest’anno, gli artisti che desiderano creare opere sperimentali si ispirano all’estetica cinematografica. Creano foto e video con composizioni che lasciano più spazio intorno ai soggetti per catturare l’ambiente e l’atmosfera, che mostrano grande attenzione ai dettagli, palette di colori tenui e che richiedono quasi sempre una post-produzione minima.

I professionisti sono alla continua ricerca e sperimentazione di nuove tecniche di illuminazione per ottenere l’inquadratura perfetta, inventando modi innovativi per riprendere immagini ispirate a film e programmi TV. Questa tendenza fotografica aumenta il fascino delle immagini, che sembrano essere uscite direttamente dallo schermo di un film.

Parole chiave: ambiente, dolce, dettagliato

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7. Video mordi e fuggi

Con un pubblico in costante crescita di utenti di TikTok e l’introduzione di Instagram Reels, il formato video ‘mordi e fuggi’ è stato semplificato ed è ora perfetto per consumare i contenuti in circolazione. I creatori di contenuti di tutto il mondo sono in grado di mantenere gli utenti coinvolti con una narrativa più autentica e coinvolgente che dura pochi secondi.

I video mordi e fuggi vengono creati con uno smartphone o una fotocamera digitale per risparmiare tempo. Le app di editing video o gli strumenti di Instagram e TikTok sono molto utili per ridurre ulteriormente il tempo tra la creazione e la condivisione. Il nuovo formato video funziona bene anche per i marchi che devono rispondere rapidamente agli eventi, condividere aggiornamenti con contenuti situazionali e raggiungere nuovi segmenti di pubblico.

Parole chiave: verticale, coinvolgente, situazionale

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8. Sincronizzazione audiovisiva

Nel 2021, audio e immagini andranno di pari passo per aiutare i marchi a connettersi meglio con il loro pubblico e lasciare un’impressione buona e duratura. Brevi sequenze di musica nei video, effetti sonori nelle app e tracce integrate nei siti web fanno sì che gli utenti abbiano un coinvolgimento visivo e uditivo per ottenere un’esperienza migliorata con un prodotto specifico, un progetto o anche il marchio stesso.

I clienti dei microstock sono entusiasti di aggiungere effetti sonori e musica ai progetti a tema per una maggiore risposta emotiva. L’audio diventa sempre più un elemento essenziale per le aziende che vogliono avere una parte attiva nella competizione e creare esperienze ambientali indimenticabili, sia online che offline.

Parole chiave: accattivante, astratto, dinamico

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9. Ludificazione – design

Il lockdown in tutto il mondo ha accelerato la digitalizzazione globale, lasciando le persone senza scelta, se non quella di abbracciare la nuova realtà. Man mano che le persone si abituano alla nuova routine online, i designer cercano modi per mantenere gli utenti più coinvolti.

L’integrazione di elementi di gioco su siti web, app e altri progetti è il nuovo modo di concentrarsi sull’utente per i marchi. Sfide tematiche e soggetti animati, badge dei risultati e classifiche stilizzate o esperienze più complesse create con l’aiuto di grafica animata possono aumentare l’immersione dell’utente. L’esperienza d’uso diventa più calma e divertente, anche quando parliamo di attività di routine, come prendersi cura delle finanze, lavorare o fare esercizio fisico.

Parole chiave: interattivo, movimento, animato

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i social network e la censura

Se i social media diventano editori: il pericolo della censura. Intervista ad Alberto Mingardi

Cosa sta accadendo nel mondo dei social media? La recente decisione di Facebook e Twitter di bannare il presidente degli Stati Uniti uscente, Donald Trump, come fosse un utente qualsiasi, è una scelta che sembra andare ben oltre gli “standard della community” e crea un precedente preoccupante. Ne abbiamo parlato con Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, professore associato di Storia delle Dottrine Politiche all’Università IULM di Milano e autore di “Contro la tribù – Hayek la giustizia sociale e i sentieri di montagna”.

I nuovi media sostituiranno i social tradizionali?

Può un social network censurare le idee? Il caso Trump apre interrogativi sul potere della tecnocrazia ed accendo il dibattito. Quale saranno gli effetti futuri? Assisteremo ad una fuga degli utenti verso i media emergenti?

«La censura di Trump crea un doppio cortocircuito. Equipara di fatto i social network agli editori tradizionali, scegliendo di non dare voce a un utente, esattamente come farebbe l’editore di un quotidiano – sottolinea Alberto Mingardi – L’interrogativo attuale, a fronte  delle problematiche in cui sono coinvolti, tra cui i diritti di copyright, a difendersi sostenendo di non essere editori, d’ora in avanti? Dall’altra, mette in crisi coloro che hanno sempre denunciato i social perché sottratti alla regolamentazione pubblica: Twitter e Facebook si sono, letteralmente, autoregolati. L’espulsione di Trump è un atto eclatante ed apre un dibattito che si svilupperà a lungo».

censura sui social media

LEGGI ANCHE: Se censurare è democrazia, ovvero la fine del mito di Internet come strumento di libertà

Le Big Tech, nate come espressione del libero mercato, sembrano ormai legate indissolubilmente ai decisori politici, tanto da fornire output non desiderabili, tali da far fallire le proprie stesse premesse. Il risultato è un conglomerato di potere, più vicino alle logiche del crony capitalism che del free market.

Parler in crescita

Alla censura in atto su Twitter e Facebook si è unita l’offensiva contro Parler da parte di Google e Apple (con la rimozione dell’App dai rispettivi store online) e di Amazon dai propri server. La fuga degli investitori, testimoniata dai crolli in borsa delle piattaforme, si tradurrà anche in una fuga degli utenti verso piattaforme alternative? In una logica di libero mercato l’ipotesi diventa realistica, nel momento in cui altri player saranno in grado di offrire servizi altrettanto interessanti. Anche se lo scoglio resterà sempre il solito: la massa critica di persone che andranno ad animare una nuova piattaforma e quanto il valore aggiunto di quest’ultima verrà percepito dagli utenti, sempre più polarizzati in “tribù” distinte e impermeabili tra loro.

«Twitter e Facebook ci ricordano tutti i giorni come sia cambiato Internet – continua Mingardi – Speravamo fosse uno spazio aperto, nel quale potesse svilupparsi un dibattito più razionale e sereno, invece i social replicano, in certi casi inasprendola, la tribalizzazione anche politica che si riscontra nelle nostre società. Il cerchio delle cose che leggiamo si restringe. Gli algoritmi dei social media aiutano ciascuno di noi a costruire la propria echo-chamber, impermeabile a qualsiasi contaminazione di altre opinioni».

censura su Trump

Alberto Mingardi

Professor Mingardi, l’assenza di dibattito radicalizza ogni utente sulle proprie posizioni? La comfort zone dei propri amici diventa quella del proprio algoritmo di gradimento.


«La frequentazione assidua di queste piattaforme rinforza le convinzioni di ogni utente, un po’ come un tempo si faceva comprando in edicola l’Unità e il Giornale. Solo che qualsiasi quotidiano, anche il più schierato, è plurale negli argomenti trattati: nei media tradizionali c’era sempre l’articolo di cricket in un magazine stampato per gli appassionati di calcio.

Nel nuovo mondo polarizzato, alcune tribù hanno avuto più successo di altre, come nel caso di quella dei sostenitori di Donald Trump nel 2016. Quattro anni fa nessuno o quasi si sarebbe aspettata l’elezione del candidato repubblicano, che aveva costruito un grande seguito su Twitter (memorabile la sua battuta al raggiungimento del milione di follower: “È come avere il New York Times, senza pagare per il suo bilancio in dissesto”). La sua lezione non è stata sprecata e nel frattempo anche i democratici si sono messi al lavoro per recuperare terreno. La comunicazione politica è diventata così sempre più aggressiva, intollerante, tribale».

censura dei social media su Trump

Riconoscere una fake news

Le fake news bastano a censurare il post di un account privato. Chi decide e come si riconosce una notizia fake?
«Quando ti metti a definire una fake news non ne esci più. Cos’è realmente? Alcune sono evidenti, altre meno. Dove comincia la “balla” e dove inizia l’opinione? È un lavoro che possono fare i fact checkers, ma anche costoro debbono crearsi una reputazione “sul mercato”: guai se diventano censori ufficiali.
Le misure di contrasto alle fake news riprendono anche un po’ il target dei social, riflettono gli utenti: FB, che è più popolare e trasversale ha lasciato più libertà di circolazione delle idee rispetto a Twitter, che ha filtri più coerenti con la sua base utenza».

Serve una normativa? Molti decisori politici invocano un provvedimento che ponga limiti allo strapotere delle piattaforme social.
«Regolare decisioni arbitrarie di soggetti privati, come le Big Tech, con le decisioni, altrettanto arbitrarie, della politica e della legge? Forse non è la soluzione migliore. Bisognerebbe scommettere sulla diversificazione e sul mercato: se le persone non si troveranno bene in una piattaforma, migreranno in un’altra piattaforma, quando qualcuno proporrà loro offerte alternative e altrettanto credibili. Si pensi alla crescita di Linkedin, che è una specie di porto sicuro dalle polemiche più urlate. Vedremo come evolverà Parler, ora che Twitter ha cacciato Trump».

censura dei social media

I social media diventano editori proprio nel momento in cui la fiducia nei media tradizionali è al minimo storico.


«L’assenza di fiducia nei media tradizionali non per forza è un fatto positivo: le grandi testate hanno anche una funzione di scrematura dei punti di vista, l’opinione di mio cugino vale meno di quella del fondo del Wall Street Journal. Si presume che chi scrive per queste testate abbia una capacità di analisi maggiore. I grandi media hanno la funzione di dirti che ci sono cose che meritano la prima pagina e altre che stanno bene a pagina 25, una funzione preziosa, ben diversa dalla home di un social, che invece è basata su una scala di importanza personalizzata per i gusti di ciascuno di noi.

La crisi dell’editoria, e dei media tradizionali in generale, ha portato questi editori a motivare la propria tifoseria, tribalizzando a loro volta l’informazione: solo un altro modo per tamponare l’emorragia di lettori e ascoltatori, una strategia che tuttavia non sembra funzionare molto. Quello delle tifoserie è un gioco che, ad esempio, è stato chiaro per tutto il 2020 con l’isterismo pandemico, alimentato dai media tradizionali in una rincorsa perversa agli umori dei social».

censura

Attrarre l’audience

Il problema dell’autorevolezza, non riguarda solo i media ma anche la comunicazione politica. La pazienza delle persone è poca, l’intrattenimento è tutto: tempo una frazione di secondo si deve decidere se scrollare la home o soffermarsi su un tema.

«La comunicazione politica dovrebbe portare a conoscere qualcuno che mi somiglia ma che, per preparazione su certi temi e capacità, è meglio di me. Questo era il vecchio approccio: attualmente, nella sfiducia generalizzata, la gente si accontenta di intrattenimento: se lo show è divertente mi accontento, anche se i protagonisti non sono migliori di me e forse sono perfino peggio.

Il problema è che finché concedo il 5% del Pil all’intrattenimento (cinema, teatro, Netflix…) la situazione rientra nella normalità, ma se noi scegliamo i politici come in base alle loro doti di entertainment, stiamo scegliendo persone, sulla base di questo criterio, per affidargli metà del PIL; questa eventualità, che si sta concretizzando nelle nostre società attuali, diventa un problema.

Alberto Mingardi, Contro la tribù

Alberto Mingardi, Contro la tribù: Hayek, la giustizia sociale e i sentieri di montagna, Alberto Mingardi, Marsilio, 2020

La narrazione mainstream è ormai un “framing” preciso che esclude ogni altra “versione dei fatti”, censurandola dalla storia ed escludendo ogni revisionismo? 

C’è sempre una realtà, tra le tante possibili, che diventa mainstream a discapito di altre. Eppure non sempre la versione che sopravvive è anche la più aderente ai fatti. Prendi l’esempio del Titanic: uno sceneggiatore del film di James Cameron trovò che un banchiere, a bordo, era rimasto sulla nave che colava a picco citando il posto al suo maggiordomo. Ne discussero con il regista e gli altri autori ma scelsero di non inserirlo nel film. Perché? Forse perché erano convinti che le persone non si sarebbero appassionati alla vicenda, forse perché gli sembrava troppo strano che un riccone potesse essere anche una persona animato da tanto spirito di sacrificio. In un caso o nell’altro, vediamo un approccio ideologico magari non “scelto” apertamente ma senz’altro pervasivo e penetrato a fondo nelle nostre società».

A proposito di Hollywood: in prima fila, nelle proteste contro Trump, artisti, intellettuali, influencers e celebrità. Sembra cambiato poco da fine anni ’60, quando contro Nixon iniziò una vera e propria rivolta, capeggiata dalle star.

«Gli artisti, gli intellettuali da sempre sono stati “contro” il potere costituito, offrendo spesso una visione alternativa, ma la cose dai tempi di Nixon sono cambiate moltissimo: le proteste di ieri hanno gettato le fondamenta culturale dell’establishment di oggi. Molto spesso la ribellione è di maniera e in realtà perfettamente coerente con presupposti ideologici comunemente accettati, soprattutto nel mondo della comunicazione e dello showbiz. C’è un conformismo dell’anticonformismo».

Trump

Abbiamo citato Parler che, come altre piattaforme, si sta affacciando nel mercato dei social media. Se la soluzione non può arrivare dallo Stato, dovrà arrivare giocoforza dal mercato: nuove applicazioni, oppure…

«La mia proposta è far pagare la gente per scrivere. Un piccolo pedaggio. Sembra una proposta scandalosa e irricevibile ma se ci pensi non lo è: un tempo il costo per comunicare le proprie idee, o mandare a quel Paese qualcuno era alto. Se avevi un reclamo da fare a un’azienda, ad esempio, dovevi prendere carte e penna e perdere tempo e soldi per la spedizione della lettera. Oggi il costo di una comunicazione di questo tipo è irrisorio, il tempo di due minuti per scrivere un tweet; l’utente consumatore si ritiene invincibile e spesso comunica alle aziende con una certa aggressività, pretendendo risposte esaustive e in tempo reale. Per non dire dei commenti agli articoli di giornale: una sfilza di vaffa, neanche troppo infiorettati. Ma questa veemenza perché non viene utilizzata nei confronti degli operatori pubblici? Perché sui social media e online si trasferiscono le nostre aspettative della realtà: dalle aziende private e dai brand ci aspettiamo efficienza, mentre nei confronti dello Stato non abbiamo aspettative, perché siamo già abituati alla sua inefficienza. Insomma, e se tornassimo a fare pagare alla gente il francobollo?».

Essere vegani, dai social alla tavola: la ricerca di TheFork ispirata al Veganuary

A pochi giorni dall’inizio della challenge Veganuary, che ogni gennaio incoraggia le persone a seguire uno stile di vita vegano per un mese, TheFork, l’app leader per la prenotazione dei ristoranti online a livello globale, ha coinvolto la sua community in un sondaggio dedicato a questa scelta alimentare. Il 19% dei rispondenti ha dichiarato di conoscere l’iniziativa e di questi l’8,5% ha aderito dal 1° gennaio. Il 27% degli utenti che invece ne hanno appreso attraverso il sondaggio, hanno dichiarato che avrebbero partecipato a seguito del questionario.

Veganuary e dieta vegan: il ruolo dei social media

L’importanza che l’alimentazione vegan sta assumendo nella dieta di molte persone d è testimoniata non solo dalle adesioni record del Veganuary 2021 (500.000 nella prima settimana), ma anche dall’ampia conversazione che esiste circa l’argomento sui Social Media. Basti pensare che su Instagram le menzioni per l’hashtag #vegan superano i 105 milioni e quelle per #veganuary sono più di 1 milione. Diversi personaggi noti sono diventati ambassador della dieta vegana, da volti più internazionali come Joaquin Phoenix, Ariana Grande e Miley Cyrus, fino a star italiane come ad esempio Simona Ventura, Paola Maugeri o ancora Anna Oxa. I dati raccolti da TheFork lo confermano: il 30% sostiene di aver approfondito la propria sul veganesimo grazie ai Social Media.

I motivi principali per la scelta di una dieta vegana

Se i social media rappresentano una fonte di conoscenza del veganesimo, le motivazioni principali di chi sceglie uno stile alimentare vegan sono: la salvaguardia degli animali, la riduzione del proprio impatto ambientale sul pianeta e infine motivi di salute. Il 34% dei rispondenti ritiene infatti questo tipo di alimentazione più sana.

Le tipologie di ristoranti più apprezzati

Se invece si parla di ristoranti ad attrarre maggiormente gli utenti sono quelli che offrono una cucina vegetariana (71%), vegana (17%) o la meno nota crudista (6%), ossia una dieta che prevede il consumo di soli alimenti crudi.

Vegano ma non solo, qualche indirizzo di TheFork

La Luce, Poianella di Bressanvido, (VI) – Orto di famiglia, agricoltori locali e cucina naturale. La Luce è un ristorante dai sapori autentici in cui scoprire il vero gusto delle ricette vegetariane e vegane. Questo ristorante offre il servizio di consegna a domicilio. Puoi ordinare chiamando direttamente da TheFork.

LEGGI ANCHE: Come viaggeremo il prossimo anno? I trend 2021 per la travel industry

Selezione Naturale, Torino – “Fruit, music and vegetable”. Queste tre parole ben descrivono l’atmosfera di Selezione Naturale, un ristorante completamente dedicato alla materia prima, che viene rigorosamente da produttori locali, e alla cucina vegetariana e vegana. Questo ristorante è aperto a pranzo e offre servizio di consegna a domicilio e asporto.

L’OV – Osteria Vegetariana, Firenze – Prendete i migliori piatti della tradizione toscana e uniteli al gusto di una cucina vegetale. Otterrete così la prima osteria vegetariana di Firenze: ambiente moderno e di design e un menù tutto da provare. Questo ristorante è aperto a pranzo.

Solo Crudo, Roma – “Raw cooking and gentle cooking”, cucina cruda e gentile. Cosa significa? Che i piatti di questo ristorante sono crudi oppure preparati con cotture particolari. Il risultato? Un menù gustoso, sano e davvero originale. Questo ristorante è aperto a pranzo.

Lo Famo Sano, Pomigliano d’Arco (NA) – Un nome ironico ma sicuramente evocativo. Da Lo Famo Sano il menù è interamente vegetariano e vegano, composto da piatti preparati con la materia prima locale e soprattutto con creatività. Questo ristorante è aperto a pranzo.

I primi rebranding del 2021: Burger King, Pfizer, Coursera e SEMrush

  • Il più grande rebranding di Burger King dopo 20 anni
  • Dopo 70 anni, Pfizer si libera dell’ovale e punta su un nuovo simbolo a forma di DNA
  • La nuova identità minimal di Coursera, perché l’apprendimento ha il potere di trasformare positivamente il mondo
  • Il restyling di SEMrush: colori vivaci per riflettere l’approccio al lavoro energico e innovativo

Per molte aziende, il periodo difficile di pandemia ha significato lavorare in un clima turbolento, alcune hanno dovuto infatti fare i conti con il problema della sopravvivenza. Per altre, si tratta dell’anno dei cambiamenti, della svolta positiva. Ecco i primi casi di rebranding che hanno destato la nostra attenzione all’alba del nuovo anno.

Burger King cambia la sua identità con un look retrò

Il 2021 si apre con il rebranding di Burger King che lancerà una nuova identità nel corso dei prossimi mesi.


Il rebranding è progettato da Jones Knowles Ritchie di New York. Oggi la nota catena di fast food sta facendo un balzo in avanti introducendo un design visivo completamente nuovo che sarà presente in tutti i touchpoint.

Ispirato al cibo vero e delizioso, l’aspetto più moderno segna il primo rebranding completo in oltre 20 anni e rappresenterà in modo più autentico i valori di Burger King nel mondo.

Il progetto digital-first vede recenti miglioramenti della qualità del cibo, attraverso la rimozione dalle voci di menù di coloranti, aromi e conservanti, e altre sostanze artificiali. Un ambizioso impegno per la sostenibilità ambientale.

Combinando gusto e qualità attraverso il design, ogni elemento è stato intenzionalmente reinventato per riflettere meglio il nuovo viaggio gastronomico di Burger King. I principi di progettazione catturano le caratteristiche uniche del marchio: appetitoso, grande e audace, scherzosamente irriverente e orgogliosamente vero.

rebranding

Logo evolution

Dal lancio dell’attuale logo nel 1999, il colosso americano è passato a un linguaggio di design più moderno e compatibile con il digitale. Gli elementi ricordano le guerre degli hamburger degli anni ’80, ma attirano i consumatori più giovani che desiderano un design vintage. Per ora, il rebranding è in fase di lancio nel sistema statunitense, e presto si farà strada a livello globale.

Il nuovo logo minimalista sposa perfettamente l’evoluzione di Burger King e rende omaggio al patrimonio del marchio con un design raffinato, semplice e divertente.

Tra le chicche che attirano l’attenzione l’affascinante monogramma: la “B” di Burger viene tagliata come un panino e racchiude il ripieno a forma di “K”.

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I colori selezionati sono ricchi e audaci, ispirati all’iconico processo di cottura alla griglia Burger King e agli ingredienti freschi. La nuova fotografia è iper strutturata e punta sull’aspetto sensoriale del cibo.

rebranding

Il nuovo font del marchio proprietario di Burger King è appunto chiamato “Flame”, e si ispira alle forme del cibo (arrotondate, audaci, gustose) e alla personalità irriverente del marchio.

Anche i pack mostrano con orgoglio il nuovo logo, insieme ad allegre illustrazioni degli ingredienti.

Le nuove divise del personale mescolano uno stile moderno e confortevole con colori e grafiche distintivi. I veri membri dello staff compaiono nella nuova pubblicità di Burger King.

Il rebranding di Pfizer che trasforma il suo logo dopo 70 anni

Fondata nel 1849, Pfizer è una delle più grandi aziende biofarmaceutiche a livello internazionale. È conosciuta in tutto il mondo per farmaci come Zoloft, Lipitor, Viagra e molti altri. Oggi più che mai l’azienda è al centro dei riflettori per il suo vaccino anti-covid, il BioNTech che è diventato il primo ad essere approvato dopo varie sperimentazioni. La società durante il corso del 2020 ha sospeso il suo progetto di rebranding per concentrarsi sulla comunicazione per la pandemia, nonché sugli sforzi di produzione e distribuzione dei vaccini. A novembre, Pfizer ha nuovamente rivolto la sua attenzione al rifacimento dell’identità e ha agito rapidamente per completare e pubblicare il logo e i nuovi materiali marketing a inizio anno. Il progetto porta la firma di Team di New York.

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Pfizer ha incaricato lo strategic design studio di Brooklyn per creare una nuova identità per riflettere la loro evoluzione da impresa diversificata ad azienda biofarmaceutica mirata e innovativa; da impresa commerciale a leader scientifico di prima classe.

rebranding

Logo evolution

Con un logo che era rimasto pressoché invariato per oltre 70 anni, era fondamentale che la nuova identità di Pfizer riflettesse sia la storia dell’azienda che il suo brillante futuro. L’azienda è nel mezzo di un enorme processo di trasformazione.

La novità che si nota a primo impatto è un potente simbolo unificante – l’elica del DNA.

Gli scienziati vedono il DNA come l’essenza di tutta la vita, il codice e il motore del potenziale umano.  Ogni filo porta con sé le istruzioni affinché un organismo possa svilupparsi, sopravvivere e prosperare. Il DNA di un’azienda rappresenta il suo passato, il suo presente, la sua etica e il suo potenziale.

rebranding

Il nuovo logo Pfizer sblocca l’iconica forma della “pillola” per rivelare una doppia elica che si muove a spirale verso l’alto.

Il pittogramma, adesso a lato, trasmette un senso di movimento ascendente. La forma rotante ispira progresso, cambiamento e ribaltamento di vecchie realtà alla ricerca delle innovazioni del domani.

brand guide

Guidelines

L’azienda ha iniziato a promuovere il nuovo design in una campagna pubblicitaria. Come parte del rebranding, Pfizer ha lanciato un video legato al messaggio “Science Will Win” e un’iniziativa per i media a pagamento. Qui gli scienziati che indossano dispositivi di protezione individuale stanno lavorando sodo mentre il narratore legge una sceneggiatura che umanizza la scienza: “Se vuoi salvare gli esseri umani dalla malattia, chiedi alla scienza”. La clip si conclude con il nuovo logo e il mantra aziendale: “la scienza vincerà”.

Immagini audaci per una scienza che plasma il mondo. Le foto mostrano persone reali.

new look

La nuova identità di Pfizer è stata progettata per essere digital frist, consentendole di muoversi senza problemi su tutti i punti di contatto.

Lo storico blu Pfizer è stato trasformato in una vibrante tavolozza bicolore che indica l’impegno di Pfizer sia per l’innovazione scientifica che per il benessere dei pazienti.

La scelta di Noto Sans come nuovo font del marchio riflette questa dualità.

Sviluppato originariamente da Google per internazionalizzare Internet, Noto Sans è progettato per essere visivamente armonioso in più di 800 lingue. Esprime senso di apertura, energia e raffinatezza.

LEGGI ANCHE: Rebranding 2020: il meglio dai nuovi look dei brand

L’evoluzione della Brand Identity di Coursera

A cavallo del nuovo anno, anche Coursera svela la sua nuova identità. L’azienda fornisce l’accesso universale alla migliore istruzione del mondo, collaborando con le migliori università e organizzazioni per offrire corsi online. Oggi Coursera vuole ribadire il suo impegno a rendere l’apprendimento accessibile, inclusivo e di impatto per tutti. La nuova identità esprime il potere e il potenziale di ogni studente e di ogni opportunità di apprendimento.

Dal 2012 a oggi, Coursera si è evoluta in una piattaforma di apprendimento globale in cui oltre 75 milioni di studenti accedono per apprendere competenze rilevanti per il lavoro e guadagnare credenziali per il proprio avanzamento di carriera.

Il marchio Coursera doveva riflettere questa crescita. Al centro della nuova identità troviamo lo sviluppo delle proprie capacità e la possibilità di vivere le proprie passioni.

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La scritta si evolve dall’infinito alla C e rappresenta il punto di ingresso all’intera gamma di opportunità di apprendimento su Coursera, dai progetti ai corsi gratuiti, fino ai diplomi professionali. La C mette in luce un mondo di possibilità e fornisce agli studenti un percorso che inizia dalla scoperta e porta dritto al risultato.

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La nuova tavolozza colori attinge al mondo naturale per creare un’esperienza calma, edificante e dinamica.

Coursera è un gateway per alcune delle istituzioni di apprendimento più venerate al mondo, era quindi necessaria una palette in armonia con i partner.

Il marchio celebra la diversità e la sua community. Prende vita dalle esperienze degli studenti di tutto il mondo.

Tra i caratteri tipografici selezionati ci sono Source Sans Pro e Noto Sans Pro (come in Pfizer).

L’architettura del marchio è in grado di comprendere l’intero ambito delle crescenti collaborazioni che Coursera ha costruito nel corso degli anni.

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LEGGI ANCHE: Epica Awards: stravince il panino ammuffito Burger King, 9 premi in Italia

Nuovo logo e identità visiva per SEMrush

SEMrush, la piattaforma per la gestione della visibilità online e il content marketing, svela un nuovo logo e il restyling della propria identità visiva.

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Nata nel 2008, come uno strumento unico per gestire progetti SEO oggi SEMrush è a tutti gli effetti una piattaforma potente di gestione della visibilità online. La strategia di rebranding vuole riflettere l’evoluzione e lo sviluppo dell’azienda in tal senso.

Il design del logo appare rinnovato e moderno, reinventa e semplifica l’elemento principale.

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Come parte dell’immaginario visivo di SEMrush troviamo la palla di fuoco, che simboleggia la scintilla creativa che accende il motore del marketing.

“SEMrush è una scintilla che mette in moto il marketing. E ora la nostra identità visiva funge da estensione al nostro impegno per migliorare la visibilità online dei nostri clienti” ha dichiarato il CEO Oleg Shchegolev.

SEMrush utilizza anche un nuovo carattere tipografico personalizzato e una tavolozza colori vivaci per riflettere l’approccio innovativo ed energico al lavoro.

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La nuova identità è stata implementata nella homepage e nei materiali marketing e nei prossimi mesi sarà visibile su tutti i prodotti SEMrush.

Come ottenere più visualizzazioni su YouTube: consigli di un creator di successo

  • Ci sono due motivi che devono spingere un creator di YouTube a pubblicare video: la soddisfazione dello spettatore e l’algoritmo della piattaforma
  • La formula magica di Justin non prevede solo il giusto minutaggio, ma contempla anche cinque elementi che servono per aumentare le visualizzazioni

 

Qual è la migliore strategia per ottenere più visualizzazioni su YouTube? Se anche tu ti sei posto questa domanda, ti riportiamo l’intervista di Michael A. Stelzner, il fondatore di Social Media Examiner, a Justin Brown, esperto di YouTube e strategia video.

Justin Brown e Primal Video Accelerator

Justin è un esperto di YouTube, un vero e proprio stratega del video che aiuta le aziende ad aumentare il proprio pubblico e a guadagnare. Sì, se crescono gli utenti su YouTube, conseguentemente, crescono anche le entrate: ed è proprio questo che egli spiega nel suo canale YouTube dal nome Primal Video.

Una piccolezza: si rivolge “solo” a 820 mila iscritti.

Non uno qualsiasi: Justin Brown ha lavorato con Netflix e si occupa della produzione di video “veri”, tanto da aver lavorato anche con importanti emittenti statunitensi. Il suo merito è quello di aver sviluppato la strategia perfetta per YouTube e la racconta, di volta in volta, nel suo canale: 3 milioni di visualizzazioni in un mese sono ormai, per lui, lo standard.

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L’importanza delle visualizzazioni su YouTube

Secondo Justin, ci sono due motivi che devono spingere un creator di YouTube a pubblicare video: la soddisfazione dello spettatore e l’algoritmo della piattaforma.

Per questo motivo, è molto importante che un utente guardi sempre un video per intero, dall’inizio alla fine: un trucchetto potrebbe consistere nel fornire un’offerta o una promozione al termine del contenuto. Forse non è noto a molti ma quando un video su YouTube viene visto solo a metà, la piattaforma lo interpreta come un contenuto negativo che sarà poi penalizzato nella ricerca e nei risultati suggeriti.

Allo stesso modo, non bisogna però annoiare lo spettatore: invece che costringere un utente a guardare cinque video per ottenere ciò di cui ha bisogno, assicurati di fornire il tutto in un solo, in modo succinto e pratico, per essere sicuro che non mollerà la presa. Come dire: è meglio garantire un video visualizzato per intero che 5 a metà.

Ricorda che YouTube, contrariamente alle altre piattaforme, non si rivolge a chi ha un basso livello di attenzione, anzi. Con YouTube si parla di minuti, non di secondi: è opportuno ragionare dunque in questi termini… temporali.

Justin Brown's secret tips for YouTube success - YouTube

Come strutturare un video di successo

La formula magica di Justin non prevede solo il giusto minutaggio, ma contempla anche cinque elementi che servono per aumentare le visualizzazioni.

Il gancio: la parole chiave

Quando qualcuno cerca un contenuto su YouTube, c’è sempre quell’ansia che persiste finché gli utenti non sanno che stanno guardando il video giusto. Per questo motivo, l’obiettivo è attirare immediatamente gli spettatori facendo sapere loro che sono nel posto giusto.

Per coinvolgere immediatamente gli utenti, occorre sviluppare un gancio che ripeta le parole chiave esatte relative alla loro domanda nella prima frase del vostro script video. Se in esso si parlerà del miglior software di editing video per utenti Mac, non dovrai esordire con “Ehi, sono Justin di Primal Video“, ma con “Stai cercando il miglior software di editing video su Mac nel 2020? Bene, in questo video lo analizzeremo. “

L’utilizzo della frase chiave esatta è importante perché YouTube trascrive i tuoi video, li valuta e li premia. O meno.

L’introduzione: tu e i tuoi contenuti

Sempre secondo Justin, dopo il gancio, presenta te stesso e il tuo canale, fornendo qualche dettaglio in più sui contenuti che intendi offrire. Lui propone, ad esempio, qualcosa come: “Ciao, sono Justin di Primal Video, dove ti aiutiamo a far crescere un pubblico e ad aumentare le tue entrate con i video online“. In questo modo non solo ti sei presentato ma hai anche detto alle persone quali sono i contenuti.

Contenuto: coinvolgi lo spettatore

Ora è il momento di mantenere ciò che hai promesso per mantenere il tuo spettatore attivamente coinvolto.

Non importa quanto siano belli i tuoi contenuti, se parli senza elementi visivamente interessanti da guardare gli spettatori si annoieranno. Oltre a ciò, assicurati le attività di coinvolgimento comuni  come il fare clic sui pulsanti – pollice su o pollice giù -, lasciare un commento o fare clic su una scheda per visualizzare in anteprima un video correlato e così via.

Bonus: pubblicazione in eccesso

Quando hai concluso il contenuto promesso, offri agli spettatori qualcosa in più, qualcosa che non si aspettano. Scegli qualcosa che li aiuti a implementare la soluzione che hai appena suggerito o qualcosa relativo al prossimo ostacolo che incontreranno. Ad esempio, si potrebbe menzionare una risorsa scaricabile dal web per “chi sa”. Una tip non scontata, per intenderci.

Invito all’azione: il passo successivo

Se qualcuno guarda fino alla fine il tuo video, allora vorrà anche sapere quale sarà il passaggio successivo da fare. In questo, dovrai aiutare il pubblico a completare il suo viaggio. Un modo per farlo è suggerire di guardare un altro video specifico che continua quel percorso di conoscenza e scoperta già intrapreso. Utilizza sempre una schermata finale per indirizzare gli utenti verso il miglior video successivo che hai sull’editing video, magari uno che possa offrire suggerimenti su come modificare più velocemente.  Quindi: “Perché non dai uno sguardo a questo fantastico video sull’editing video avanzato?

Se non ne hai uno a disposizione, dirottalo sul video di qualcun altro. Perché? Una delle metriche che YouTube tiene in considerazione è il tempo della sessione. Se il tuo video avvia una sessione, ti viene attribuito quel “viaggio” di visualizzazione.

Suggerimento : se utilizzi il video di un altro canale, mantieni generico l’invito all’azione in modo da poterlo scambiare con uno dei tuoi nella schermata finale quando avrai un video pronto.

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Un altro modo per aiutare gli spettatori a continuare il loro viaggio di scoperta è fornire un invito all’azione che li spinga a scaricare una risorsa o una guida correlata. Se stai parlando di editing video, condividi una guida al montaggio; se stai parlando di riprese, condividi una guida alle riprese.

YouTube, una gallina dalle uova d’oro

I modi per avere successo su YouTube sono tanti: questa volta ti abbiamo riportato i consigli di Justin Brown, ma il consiglio che vogliamo darti è quello di non smettere mai di sperimentare. Lo stesso Brown ha dichiarato che da quando ha aperto, nell’ormai lontano 2014, il suo canale ha conosciuto tanti fallimenti prima di ottenere il giusto successo.

Il consiglio è sempre uno, dunque: provare.

 

Marketing Automation, i vantaggi del workflow

Automazione nei processi aziendali: per cominciare bisogna allenarsi

I processi che le aziende devono affrontare ogni giorno tanto lato marketing quanto lato vendite e supporto clienti, sono spesso dispendiosi in termini di tempo e soggetti a errori. Per questo, per crescere in modo sostenibile, sempre più aziende scelgono di standardizzarli e automatizzarli.

Mentre i flussi di lavoro CRM promettono un servizio efficiente e coerente, la loro implementazione può essere un’operazione davvero scoraggiante. Tuttavia, seguire alcune semplici pratiche aiuta a evitare le insidie e snellire i processi. Il segreto, come in tutte le attività umane, è l’allenamento e l’applicazione pratica, possibilmente in un ambiente di training prima di andare “in produzione”.

Uno strumento molto utile in questo senso può essere, ad esempio, Goldfish, il nuovo prodotto di vtenext: un ambiente in cui imparare, allenarsi e testare l’automazione dei processi aziendali.

Ma prima di partire con qualche utile consiglio, consideriamo un celebre esempio nell’automazione dei processi aziendali.

automazione crm

Flussi di lavoro CRM nella cultura pop

Nel 1954, un venditore porta a porta di nome Ray Kroc ricevette un ordine insolitamente grande di frullatori da uno stand di hamburger a San Bernardino, California. Quando visitò il ristorante, rimase stupito dal volume di pasti che il piccolo ristorante era in grado di servire ai suoi clienti.

Ray notò alcune cose dello stand che spiccavano:

  • gli hamburger potevano essere prodotti più velocemente di qualsiasi altro chiosco;
  • la qualità dei pasti, il tempo di preparazione e l’esperienza del cliente erano molto affidabili e omogenei;
  • i processi erano stati suddivisi in compiti semplici e ben definiti che richiedevano poca formazione specifica.

Quello era il primo ristorante McDonald’s, che Ray poi rilevò per avviare un franchising. Oggi chiameremmo quei processi “flussi di lavoro” e nello specifico “CRM Workflow” nel caso fossero orientati al cliente.

Anche se non tutti possono raggiungere lo stesso successo di McDonald’s, se si seguono alcuni semplici consigli è possibile migliorare i processi aziendali, grazie all’automazione.

McDonald's pubblicità

Suggerimenti per i processi aziendali

Ci sono tre tappe essenziali che sarebbe bene seguire quando si vanno a definire i processi aziendali e la loro automazione:

  1. Pianifica i flussi di lavoro. Dedicare un po’ di tempo alla definizione di ciò che i flussi di lavoro devono consentire di fare, ti permetterà di semplificare tutte le fasi successive.
  2. Scegli il sistema e gli strumenti giusti per te. Per trovare ciò che fa al caso tuo dovresti innanzitutto guardare alle persone e scegliere sulla base di ciò che può funzionare per il team, ma anche non tralasciare il budget: alcune soluzioni come Goldfish ti consentono di testare tutto in modo gratuito; impara allenandoti e guardando video tutorial gratuiti già inseriti all’interno dell’ambiente di lavoro, lasciati guidare da wizard ed esempi concreti e, una volta imparato, esporta i tuoi processi.
  3. Assicura il successo del flusso di lavoro. Monitorare i flussi è essenziale per accertarti che continuino a funzionare e rendere più produttivo il lavoro del team.

Ed ora ecco alcuni consigli utili da tenere accuratamente presenti.

goldfish automazione

1. Misura due volte, taglia una

Prima di automatizzare, trova l’efficienza. L’automazione in sé non rende più efficienti, per diventarlo bisogna trovare la giusta combinazione per il proprio caso specifico e soprattutto misurare tutto sulla base dei risultati. I flussi di lavoro possono ridurre la quantità di risorse utilizzate in un processo, ma solo tu puoi determinare se ne vale la pena.

Stabilisci un benchmark e poi fai un audit di tutti i tuoi processi per vedere quali soddisfano i tuoi standard. Parla con le risorse che eseguono effettivamente ciascuna delle operazioni e scopri dove ci sono inutili sprechi di impegno e denaro.

2. Rendi tutti degli High Performer

Prima che McDonald’s acquistasse qualsiasi macchina o assumesse personale, c’è stato un periodo di prove ed errori in cui ha stabilito le migliori pratiche per il suo ristorante. Molte ricette e processi sono stati tentati prima di trovare quelli ottimali su cui investire.

Allo stesso modo, prima che le aziende crescano in modo esplosivo, c’è un periodo di scoperta per identificare “la formula” da usare per replicare il proprio successo.

Qual è la tua formula?

Nella maggior parte delle aziende, c’è una certa selezione naturale che avviene quando il personale svolge lo stesso compito in parallelo. Il personale più produttivo tende a crescere e diffondere le sue buone abitudini al resto del team. Le aziende più innovative usano A/B test per mettere in competizione tra loro due versioni dello stesso processo e vedere quale vince.

3. Incorporare l’approccio dell’automazione in tutti i processi

Alcuni processi sono più complessi. Potrebbero biforcarsi in percorsi diversi per adattarsi a scenari comuni che il business deve affrontare. Affinché i flussi di lavoro abbiano successo, bisogna identificare i percorsi più comuni e costruire le decisioni che determinano i percorsi nei processi aziendali.

Ci sono diversi vantaggi nel fare questo: uno di questi è che verrà ridotto il numero di persone necessarie per realizzare un determinato processo. La logica, cioè, è integrata nel processo e anche se il suo “architetto” non c’è più, il processo può continuare a dare risultati.

I vantaggi dell’automazione nei processi aziendali

La creazione di flussi di lavoro CRM standardizzati per l’azienda è assolutamente necessaria oggi per espandere il tuo business in modo sostenibile. Può ridurre drasticamente il carico sul personale senza compromessi e, in molti casi, anche migliorare l’esperienza del cliente.

Inoltre, il monitoring puntuale di processi favorisce l’individuazione di colli di bottiglia in un’ottica di miglioramento continuo, garantisce la possibilità di adattare tempestivamente i processi interni ai cambiamenti interni/esterni, migliora la comunicazione interna e abbatte eventuali barriere, conservando uno storico delle informazioni scambiate e scoprendo subito dove il processo si è bloccato.

Il tempo e le risorse che libererai grazie all’automazione dei processi aziendali ti daranno spazio per respirare, sperimentare e, in ultima analisi, far crescere l’azienda.