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  • Se censurare è democrazia, ovvero la fine del mito di Internet come strumento di libertà

    Non dobbiamo stupirci se i social d'ora in poi saranno principalmente strumenti di marketing e non più il luogo in cui esprimere idee

    15 Gennaio 2021

    La Silicon Valley compie 50 anni e il suo mito è finito, sepolto in questi giorni dalla decisione di oscurare per sempre dai social il Presidente degli Stati Uniti d’America ancora in carica. È vero, Donald Trump è brutto e cattivo. Non piace a nessuno, nemmeno a noi, e le sue idee sono pericolose perché rischiano di scatenare una guerra civile. E proprio per questo che le Big Tech, in primis Twitter e Facebook – ma anche Amazon, che ha tagliato i server a Parler – sono prontamente intervenute per “salvare la democrazia”. “Censura è Democrazia” è il nuovo motto. “Non tollerare gli intolleranti”, è il diritto teorizzato da Karl Popper e invocato dalla intellighenzia. Ma qualcosa non torna. La neolingua di George Orwell sembrerebbe sinistramente all’opera. Perché le idee non sono reati, e se accettiamo di oscurarle, abbiamo distrutto per sempre i nostri valori, quelli su cui si fondano le basi della nostra civiltà e della convivenza democratica. È un passaggio d’epoca. La democrazia non è salva, e chi dice di difenderla è probabilmente andato oltre il punto di non ritorno. Addio “I love Internet”, addio “Free as the Web”, addio a Internet candidato a Nobel per la pace. Era il 2010, ci abbiamo creduto, qualcuno ancora se lo ricorda? Internet e i social, da strumenti che hanno permesso l’emergere e la condivisione di idee innovative, l’affermazione di aziende e talenti, da oggi sono editori che hanno il diritto-dovere di oscurare idee. Sono diventati attori politici che devono intervenire a gran voce per eliminare un attore politico dalla scena. Certo, Internet e i social hanno dato voce anche ad idee malsane, ad incitazioni all’odio, a shitstorm spesso beceri e ingiustificati, e probabilmente hanno amplificato le idee e il disagio sociale che ha portato a Capitol Hill migliaia di manifestanti arrabbiati (per qualcuno terroristi, per altri patrioti), ma in nome della libertà hanno portato la società anche ad evoluzioni e primavere (e non sempre in modo tollerante e pacifico). Tutto ha un’altra faccia della medaglia. E di solito non è sempre quella che vogliono vedere i censori. Del resto, ci sono state le “guerre sante”, oggi c’è anche la “censura democratica”. Ci eravamo sbagliati, ci eravamo illusi. Ora lo abbiamo capito, dai. Continueremo, da marketer, ad utilizzare Internet e i social come fenomenale strumento di persuasione per vendere i nostri prodotti. A ben pensarci, era quello il fine, fin dall’inizio. Per la libertà invece ci sarà sempre tempo. Ed emergeranno altre piattaforme in cui continuare ad esprimere le idee eretiche ed intollerabili.   Mirko Pallera, direttore e founder Ninja