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Consumer Trend: la Generazione Z ama lo sport ma non vuole guardarlo

Negli Stati Uniti, le maggiori leghe professionistiche continuano a perdere appassionati tra le fila della Z Gen.

Leghe, squadre e media partners stanno studiando il modo migliore per tamponare  l’emorragia di tifosi e raggiungere uno scenario win-win con i nati dopo il 1995: offrire contenuti sportivi che suscitino interesse (e siano monetizzabili) anche per le nuove leve di spettatori.

Siamo prossimi a un futuro in cui preferiremo pagare per vedere tutti gli highlights dei campionati invece che una singola partita per intero?

Bye bye partite in diretta

Un recente sondaggio di Morning Consult, condotto su un campione di 2.200 giovani statunitensi, dimostra che i ragazzi della Generazione Z sembrano essere molto meno interessati allo sport rispetto a qualsiasi altra generazione precedente.

Abituati a velocità di interazione e comunicazione diverse, accedono quotidianamente a grandi quantità di contenuti e intrattenimento online. D’altronde il tempo e la sua percezione sono il modo con cui le diverse generazioni definiscono se stesse. Questo spiega perché la Z Gen sceglie di trascorrere il proprio tempo libero lontano da noiose dirette TV e telecronache (spesso) poco emozionanti.

Z Gen e interesse per le dirette sportive

Lo studio di Morning Consult rivela che solo il 53% degli intervistati si definisce “seriamente” appassionato di sport. Un numero decisamente inferiore rispetto al 69% dei Millennial e al 63% degli adulti in generale.

Ma a lasciare a bocca aperta è un altro dato rilevante: un buon 39% della generazione Z ha affermato di non guardare alcun tipo di sport. Per questo motivo MLB, NBA, NFL e NHL stanno iniziando a riconsiderare la non più solida impalcatura di diritti televisivi e pay-tv, eretta ormai 50 anni fa.

Tanto per fare un confronto, questa è l’età media del pubblico dei maggiori campionati professionistici americani:

  • NFL: 50 anni
  • NBA: 39,5 anni
  • MLB: 57 anni
  • NCAA: 52 anni

Z Gen e interesse per le i campionati sportivi americani

La Z Gen si sposta dalla televisione ai social

Niente di nuovo sul fronte generazionale: se mettiamo il naso fuori dal mondo dello sport, il 73% degli adolescenti americani della generazione Z guarda video sui propri smartphone. Solo il 33% guarda la pay-TV.

Sempre negli Stati Uniti, patria della tv a pagamento e dei canali via cavo o satellitari, dal 2012 più di 25 milioni di famiglie hanno detto basta alla tv via cavo. Altri 25 milioni di abbonamenti sono destinati ad essere rescissi entro il 2025.

Se diamo uno sguardo ai comportamenti dei ragazzi, meno del 20% della Gen Z americana guarda la tv via cavo durante la settimana, quando gli eventi sportivi sono tutt’altro che assenti.

La Gen Z trascorre il 59% del tempo a guardare video sui social media e solo il 24% dei ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni sceglie la TV quando vuole “guardare qualcosa di divertente”. Il 68% dei ragazzi maschi della Gen Z afferma che i videogames sono una “parte fondamentale della propria identità” e Twitch ha riportato oltre 1,7 miliardi di ore totali fruite a ottobre 2020.

Il 63% dei giocatori di Fortnite ha tra i 18-24 anni e il 64% di loro gioca per più di 6 ore a settimana. Cresce invece l’interesse per gli eSports: il 79% degli spettatori di competizioni sportive di videogames ha meno di 35 anni.

LEGGI ANCHE: eSports: nuove forme di sport (per nuove opportunità di business) nell’epoca del digitale

Perdere spettatori non significa solo perdere ricavi

Questa erosione di pubblico giovanile equivale a una crisi esistenziale per le Leghe americane.

I diritti TV sono di gran lunga la principale fonte di introito per leghe e squadre negli sport professionistici. Lo è anche per il calcio qui in Europa. Negli States rappresentano il 37% dei ricavi totali per i quattro principali campionati sportivi americani, il 48% solo per la NFL. Le Leghe hanno ben chiari questi numeri preziosi. Ma nonostante questo, la Gen Z continua a non consumare i contenuti della TV tradizionale.

Molti di loro non pagherebbero mai un abbonamento tradizionale via cavo. Con l’aumento del potere d’acquisto della prossima generazione (la Generazione Z ha già un potere d’acquisto stimato di 143 miliardi di dollari), i titolari dei diritti TV e i principali media player sono già alla ricerca di nuovi modelli per monetizzare i contenuti sportivi.

In America, gli stackholder hanno capito di doversi assumere l’impegno di “rendere i loro prodotti a prova di futuro”. Un obiettivo volto ad evitare cortocircuiti generazionali nell’evoluzione dei diritti televisivi.

Ted Leonsis, CEO di Monumental Sports e proprietario dei Washington Wizards e dei Washington Capitals, ha dichiarato:

Perdere una generazione significa distrugge il valore di brand e il tessuto connettivo finora creato. È concepibile perdere una generazione perché non è stato concesso loro l’accesso ai prodotti e ai servizi che desiderano?“.

La Gen Z preferisce gli Highlights rispetto alle dirette

La Gen Z è stata definita la prima generazione di “tifosi fluidi”. Per loro, l’attaccamento alla maglia è qualcosa di mitologico. Le squadre lasciano e accolgono tifosi come una porta girevole. Sono finiti i giorni in cui “Mio padre era un fan dei NY Knicks, quindi anch’io sono un fan dei NY Knicks”.

Ma la scarsa fedeltà alla maglia ha come diretta conseguenza lo scarso interesse a seguire la squadra sempre e comunque? Quel che è certo, difficilmente la generazione Z si adatterà ai “vecchi” canoni di consumo e distribuzione degli eventi sportivi.

La domanda di contenuti sportivi in ​​forma breve continua a crescere. Il consumo di highlights per partite di calcio, basket, football americano, baseball, hockey, & co. è cresciuto in tutte le forbici demografiche (soprattutto per la generazione Z, ovviamente).

In rapporto a un campione USA di tifosi Z Gen, i fan della MLS consumano maggiormente quantità di contenuto non-live rispetto a qualsiasi altro campionato americano, il doppio rispetto al tifoso medio della NFL.

Z Gen e interesse sport consumo di contenuti non-live

I brand sportivi nati nell’era dei social media e focalizzati su contenuti sportivi complementari e alternativi ad alta densità, come Bleacher Report, House of Highlights (di proprietà di B / R) e Wave.tv, hanno acquisito follower e ricavi a un ritmo ultra-rapido.

Snapchat ha riportato il 20% di coinvolgimento in più con gli highlights dell’NBA rispetto alla stagione precedente.

What Gen Z want: i giovani preferiscono gli Highlights?

Da un lato, non si può dar torto ai giovani tifosi: gli highlights sportivi sono ricchi di azione. Le partite in diretta contengono time-out, pubblicità incessante, chiamate al VAR, telecronache poco emozionanti. Non c’è tempo da perdere! Guardare un’intera partita di calcio o basket non è abbastanza attraente per la Gen Z.

I ragazzi preferiscono sempre di più contenuti concentrati, iper-densi e algoritmicamente personalizzati.

Abbiamo visto che il pubblico più giovane sceglie forme di intrattenimento alternative allo sport. Mentre i contenuti sportivi sono generalmente distribuiti in un formato unico per tutti. Il costo maggiore di un abbonamento alle dirette sportive è rappresentato dall’evento in sé.

Il calo generazionale degli spettatori sportivi potrebbe essere più un sintomo delle attuali tendenze social. Tranquillizziamo i genitori, non è una dichiarazione di abbandono per lo sport in generale da parte degli under 25.

Non c’è nulla di intrinsecamente antipatico alla Generazione Z nello sport. Anzi, tantissimi uomini di sport continuano ad essere indicati come idoli e punti di riferimento da cui prendere esempio. Ciò che i ragazzi non riescono a comprendere quale motivo di intrattenimento è il formato di fruizione del contenuto sportivo: non sono più in grado di sorbirsi 90 minuti + recupero sul divano di fianco al papà in TV!

Le richieste di intrattenimento della Gen Z sono chiare: un evento sportivo deve essere personalizzato, altamente coinvolgente, per lo più in forma breve, che abbia una dinamica social e condivisibile. Per sentirsi coinvolta, la Gen Z ha bisogno di esprimere la propria personalità all’interno dell’evento che sta guardando.

Z Gen e contenuti sportivi non-live

Tanto per fare un esempio pratico, un ragazzo della generazione Z preferisce commentare un post-partita sui social con i propri fan o follower, piuttosto che “sprecare” un’ora e mezza ad analizzare per filo e per segno la disposizione tattica delle squadre e l’evolversi, lento, dei fatti.

La preoccupazione del circo mediatico sportivo statunitense (in Italia ci arriveremo a cose fatte) è che i campionati hanno l’obiettivo di conquistare la prossima generazione di fan ORA. Se un consumatore non cresce coltivando una passione da tifoso per lo sport, non lo diventerà miracolosamente dopo 25 anni. E in questo senso il ruolo che giocheranno i social media, i content creator, gli influencer e le nuove piattaforme digitali di intrattenimento sarà necessariamente da “prima punta”.

Il “media televisione” è avvertito.

trend del gaming

I trend che segneranno l’industria del gaming nel 2021

È innegabile: dalla prima rivoluzione dei videogiochi (ricordate i cabinati?) all’arrivo sempre più prepotente dell’home gaming prima e del multigaming online poi, con tutte le sue sfaccettature innovative, il settore dei videogames è molto cambiato.

Sminuire questo percorso e il suo incredibile giro di affari, che ogni anno muove oltre 196 miliardi di dollari, tra eSport e online gaming tradizionale, con espressioni simili a “sono solo giochini”, oltre che riduttivo è fortemente senza senso.

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a potenti rivoluzioni relative all’esperienza di gioco, passando “dall’acchiappare i Pokémon” nel giardino di casa nostra con Pokémon GO! grazie all’AR, per immergerci poi nel mondo della realtà virtuale con Oculus e Playstation VR, grazie anche a una tecnologia che spinge sempre più verso una comparazione su scala 1:1 della realtà, tra le nuove console di quinta generazione e le nuove tecnologie sempre, più performanti, anche per i PC.

A questo punto è nostro compito domandarci quali saranno i trend per il 2021 e gli anni a venire.

gaming

Il 5G e il Mobile Gaming

Tra proclami, complottismi insensati e polemiche, la tecnologia 5G sta gradualmente arrivando e si affermerà con forza tra i servizi per la rete mobile. Sarà uno step fondamentale, soprattutto per tutti i gamers (che sono veramente tanti: quasi 2.2 miliardi di persone, secondo alcune stime) che scelgono dispositivi mobili per giocare.

Questo improvement dell’infrastruttura di rete, oltre a portare un netto e sensibile miglioramento sulle performance in termini di ping, garantirà l’accesso a molte più persone che fino ad ora non hanno potuto sfruttare a dovere la rete per connettersi e giocare tramite Smartphone.

Un altro fattore decisivo sono gli importanti investimenti che le compagnie produttrici di device, non solo telefoni ma anche tablet, stanno mettendo sul piatto per posizionare i dispositivi come delle vere e proprie macchine da gioco in versione portable tramite l’aggiornamento e il potenziamento delle componenti interne, tanto da poter facilmente ipotizzare una sostanziale parità dalle performance tra dispositivi portatili e le più moderne console in tempi non così lontani.

Gli stadi virtuali

Non è un mistero che piattaforme come Twitch, YouTube o Facebook abbiano rivolto una particolare attenzione verso lo stream di contenuti live prodotti da videogamer.

Infatti, soprattutto nella fascia d’età tra 18 e 25 anni, la platea di potenziali soggetti interessati a show di eSports è impressionante,  soprattutto se si pensa a una possibile stima relativa al 2021, che vede la crescita degli spettatori del 90% rispetto al 9% di probabili nuovi creator.

Si tratta di un dato importante, che non deve passare inosservato, da un lato per le numerose opportunità di business che si prefigurano per potenziali sponsor ed investitori, dall’altro per la possibile offerta di nuovi servizi che possono nascere sulla spinta di questo potente balzo.

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Il Cloud Gaming

Il successo dei servizi in cloud Software-as-Service (SaaS) & Platform-as-Service (PaaS) ha fatto gola anche alle aziende specializzate o che hanno interessi nel mondo gaming, dando vita al settore GaaS (Gaming-as-Services).

Destinato ad essere l’ennesimo game changer, basti pensare ai nuovi Apple Arcade, Nintendo Online o Playstation Now, l’obiettivo del cloud gaming sarà improntato, in un prossimo futuro, a garantire la possibilità a tutti i videogamer di poter fruire di ogni gioco online, indipendentemente dalle specifiche del proprio pc e senza dover mettere in conto cali di performance.

Una vera e propria rivoluzione che asciugherà i bisogni relativi anche alla fruizione dei software più aggiornati in termini di hardware.

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AR e VR

Sempre nell’ottica di rivoluzione dell’esperienza di gioco, Realtà Aumentata e Realtà Virtuale sono in forte vantaggio rispetto alle nuove tecnologie. Nel corso del 2021, le company produttrici di videogiochi hanno annunciato numerosissime e succossissime novità dal punto di vista della fruizione immersiva per quanto riguarda i titoli della prossima next gen, stimate in quasi 20 miliardi di guadagni da spalmare e da accaparrarsi nel corso di questo anno solare.

In conclusione, molti sono i fari sono puntati su questo settore che secondo la ricerca di Nielsen può vantare nel 71% della sua audience una consistente fetta di Millenials, un pubblico molto giovane e targetizzato non solo relativamente al gaming, ma anche a tutto il comparto tech, innovazione e futuro in generale.

L’industria del videogaming potrà essere considerata una vera e propria rivoluzione del concetto di intrattenimento anche per i canali di trasmissione Mainstream come le tv? Quello che ad oggi è sicuro è che proprio come ogni industry che si rispetti, il gaming può oggi contare sui suoi artisti, sui suoi vip, i suoi guru ed i suoi tanti, tanti, fan.

Non sembra quindi così assurdo, immaginare in tempi brevi una finale mondiale di Fortnite in prime time sulle tv nazionali.

Profitti record per Zoom, sfiorano i 2,6 miliardi nell’anno della pandemia

Un anno mirabilis per Zoom, la piattaforma di videoconferenze, che chiude l’anno l’anno  fiscale, al 31 gennaio 2021, con un fatturato in crescita del 369% rispetto a quello 2021, sfiorando il record di 2,6 miliardi di dollari.

Complice l’emergenza pandemica con il conseguente lockdown e la necessità di connessione, la piattaforma registra trend di crescita tali da configurarsi come un boom economico, con la previsione di un fatturato totale di 3,7 miliardi di dollari circa per il prossimo anno fiscale.

Anche il titolo a Wall Street lunedì ha visto una crescita nel trading serale dell’11%, dopo l’ufficializzazione del bilancio. Anche nel pre-market odierno è previsto un rialzo di un altro 8,65%. Un fatturato nell’ultimo trimestre del 2020 per la società californiana di 882,5 milioni di dollari (+369%).

“Un anno senza precedenti per Zoom – sottolinea in una nota stampa ufficiale Eric S. Yuan, fondatore e amministratore delegato – Siamo onorati del nostro ruolo di partner fidato e motore per il moderno ambiente di lavoro situato in una qualsiasi parte del mondo. La nostra capacità di rispondere e controbattere rapidamente ci ha permesso di mettere a segno, durante tutto l’anno, grandi risultati finanziari”.

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Nell’ultimo trimestre un fatturato da 882,5milioni di dollari

Un trend positivo esponenziale, se rapportato ai dati dell’anno precedente. Ben 256,1 milioni di dollari di utile nell’ultimo trimestre novembre 2019 – gennaio2020, contro i 10,6 milioni della precedente annualità.

Se i ricavi crescono nell’ultimo trimestre del +369%, l’azienda immagina un nuovo posizionamento, per espandersi in aree di business come la posta elettronica o il mercato dei contact center. In teleconferenza con gli analisti, il CFO di Zoom Kelly Steckelberg evidenzia come Zoom stia esaminando opportunità di fusione e acquisizione, sottolineando di “non aver trovato ancora il giusto match”.

Notevole anche l’acquisizione di nuovi clienti: a fine anno contabile, infatti, Zoom registra 467.100 clienti con più di dieci dipendenti, circa il 470% in più rispetto agli 82mila dell’anno precedente e una disponibilità di liquidità di 4,2 miliardi di dollari.

 

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Consigli per tutelare il tuo brand (ed evitare un rebranding forzato)

Una delle caratteristiche necessarie (e vincenti) per un brand è quella di risultare immediatamente riconoscibile non solo per fan e clienti, ma anche per chi dovesse approcciarsi per la prima volta al marchio.

Le storie di successo di alcuni grandi nomi ci dimostrano quanto questa caratteristica sia importante, anche e soprattutto oggi, visto che siamo bombardati da una proliferazione di contenuti e offerte senza precedenti.

Evitare di sovrapporsi a un brand aziendale già esistente, soprattutto nello stesso mercato di riferimento, creando – anche se in buona fede – una confusione tra il nostro brand e una realtà già affermata è assolutamente necessario.

Correre ai ripari, infatti, può comportare conseguenze importanti che possono arrivare fino a una totale riprogettazione forzata dell’immagine della propria azienda al fine di eliminare ogni possibile malinteso. Cambiare brand, domini e social sarà il risultato per non avere fatto la giusta scelta fin da subito.

In tutti i questi casi, la domanda principale da porsi è: quanto è semplice evitare questo tipo di problema e non sovrapporsi ad altri brand?

 

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Ovviamente founder e imprenditori non possono conoscere tutti i marchi presenti in un determinato settore di mercato, specie quelli più giovani e appena nati. Eppure violare marchi molto noti e “veterani” del settore succede più spesso di quanto non si pensi.

Il punto di partenza per rispondere a questa domanda è sicuramente la puntuale conoscenza delle norme che regolano queste attività, sintetizzate in queste fonti legislative ufficiali che puoi trovare sul sito dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Ecco quindi 5 consigli per tutelare il proprio brand ed evitare conseguenze dannose per la propria strategia.

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Prendi dimestichezza con la legge che tutela marchi e brevetti

Prima di avventurarsi nella scelta del naming per un progetto, un’azienda o semplicemente nella propria comunicazione, è bene documentarsi al meglio.

Sebbene sia evidente che una conoscenza legale specifica è difficilmente assimilabile “all’occasione” per le figure che non si occupano di questo, è comunque importante iniziare a familiarizzare con le normative vigenti per evitare di incappare in errori.

Immagina di aver dedicato risorse, condotto studi di settore, sondato il sentiment fra i tuoi fan, fatto partire uno studio grafico e dover essere costretto a gettare via tutto e ricominciare da capo, perché lo spunto creativo a cui il tuo brand si è affidato “appartiene” già a qualcun altro.

Nel nostro caso, possediamo da quasi due decenni la titolarità dei marchi Ninja Marketing e Ninja Academy a livello italiano ed europeo. Ma anche di Ninja.it e anche semplicemente, di Ninja, come si chiama oggi il magazine che, ogni giorno, viene letto da migliaia di professionisti del marketing e della comunicazione e che fa ormai parte delle loro vite professionali.  

avvocato

Recluta uno studio legale e assicurati che esegua una ricerca di anteriorità

Considerata la complessità della questione, affidarsi a un professionista può fare la differenza tra una scelta imprudente e una strategia attentamente pianificata. Uno dei primi step da compiere è quello della ricerca di anteriorità, passo necessario per procedere alla registrazione di un marchio.

Un aspetto fondamentale è quello di verificarne il requisito di novità. È necessario infatti che il marchio non sia identico, ma neppure simile a uno esistente e già registrato nello Stato o negli Stati in cui si intende procedere, per la stessa classe e per prodotti o servizi identici o affini.

Perché è importante portare a termine questa fase preliminare? Perché il requisito di novità non viene verificato dagli uffici nazionali brevetti e marchi e questo significa che, anche se accettato in un primo momento, il marchio potrà essere dichiarato nullo a seguito della richiesta del titolare.

È importante specificare che la ricerca di anteriorità non è obbligatoria per legge, ma limita sensibilmente il rischio di subire azioni legali in futuro ed è pertanto un passaggio caldamente consigliato. La ricerca può essere svolta in maniera autonoma sulle banche dati dei marchi pubblicate online, tramite il Servizio di prima assistenza anteriorità offerto dalle Camere di commercio, oppure rivolgendosi a studi professionali qualificati.

Quali sono i costi per una tale attività? Lo abbiamo chiesto all’Avvocato Giovanni Maria Riccio, partner dello Studio Legale E-Lex tra i massimi esperti del settore in Italia nonchè studio che segue la protezione dei marchi Ninja: “Il costo per il deposito di un marchio varia sia in base alla tipologia di marchio sia delle classi merceologiche prescelte. Personalmente, tendo a consigliare il marchio comunitario, dal momento che protegge i servizi e i prodotti di un’impresa in tutta l’Unione europea. Il costo è superiore a quello di un marchio nazionale (parte da 850 euro a fronte dei circa 350 per un marchio nazionale), però il suo spettro di tutela è molto più ampio. Suggerisco di evitare il “fai da te” e di affidarsi a professionisti, che possano individuare preventivamente eventuali marchi simili (operando anche una valutazione di tale similitudine) e assistere le società anche nella scelta delle classi merceologiche”.

Fai attenzione alla classi di registrazione marchi

Un aspetto altrettanto importante riguarda la scelta della giusta classe di appartenenza del proprio prodotto, perché il marchio sarà protetto solo per quella (o quelle) specifica categoria.

Per comprendere meglio l’importanza delle classi di registrazione dei marchi e perché una tale scelta sia così delicata, abbiamo ancora chiesto aiuto all’Avvocato Riccio: “Le classi merceologiche sono fissate dall’Accordo di Nizza. A mio avviso, bisogna considerare non solo i prodotti e servizi già offerti, ma anche quelli che, nel prossimo futuro, si intende offrire alla clientela, prendendo in considerazione le potenzialità di un marchio. Mi permetto di osservare, però, che il marchio deve essere poi utilizzato, giacché, in caso di mancato utilizzo per cinque anni dalla registrazione o di sospensione per il medesimo periodo, si ricade in un’ipotesi di decadenza”.

Negli ultimi anni, Ninja ha ricevuto diversi messaggi da parte di lettori, studenti e clienti convinti che un’altra società, con il nome che inizia con “Ninja” e attiva nel campo dell’analisi dei dati di marketing, facesse parte della nostra famiglia di marchi.

In molti hanno pensato che l’azienda facesse quindi parte della Ninja Family e che ci fossimo noi dietro ai loro servizi, come è facile intuire dalle immagini qui sotto. La confusione era notevole e le persone erano spinte a pensare che “ninjaqualcosa” facesse parte delle nostre attività di formazione e di divulgazione di marketing digitale.

 

Non è certamente nostra intenzione appropriarci del lavoro di altri, ma anche se il focus di questa azienda riguarda l’analisi dei dati, il loro nome e logo presentano una somiglianza incredibile con gli storici marchi di Ninja, in particolare con Ninja Marketing e Ninja Academy.

I nostri marchi, come per qualsiasi azienda, sono i nostri asset principali, frutto di un lavoro e di un impegno pluriennale. Un valore che la legge protegge da ogni confusione che possa creare danno alla società titolare e che nel tempo possa drenare valore creato con fatica, sia nostra che loro. Questa è una tutela reciproca. 

E infatti il giudice di Brescia ci ha dato ragione e ha chiesto alla società in questione di sospendere l’utilizzo del marchi simile al nostro che ha creato tanta confusione, come queste immagini dimostrano inequivocabilmente. Un rebranding a società avviata è faticoso e costoso, ma in fondo, bastava pensarci prima.

La società in questione, pur vendendo un servizio diverso a quello di Ninja, ha nello statuto anche la vendita anche di formazione e si dedica molto alla divulgazione online sui nostri stessi temi, quelli del marketing, oggetto dei nostri corsi. Quindi possiamo dire che potenzialmente opera nello stesso settore merceologico in cui operiamo noi.

Da qui il loro errore e la conseguente decisione del giudice.

Controlla domini e account social

Un altro step fondamentale è quello di controllare se il nome del nostro brand, servizio o prodotto si sovrappone a uno già esistente. Uno degli strumenti più efficaci per effettuare questo controllo è proprio la ricerca online.

Per prima cosa, sarà sufficiente digitare il nome che utilizziamo (o che vorremmo utilizzare) su Google per ottenere una prima fotografia della situazione. Possiamo in ogni caso approfondire la ricerca estendendola ai canali social, per evitare ogni possibile errore in questa fase.

Oltre alla semplice query sul motore di ricerca, esistono degli strumenti appositi per verificare se il nome dominio è occupato e se è, in tutto o in parte, coincidente con quello che vorremmo utilizzare.

Risulta anche chiaro che non sarà sufficiente aggiudicarsi un’estensione diversa (oggi ce ne sono moltissime oltre ai più comuni .it e .com) di un sito già esistente per evitare problemi. Anzi, il titolare del dominio principale potrà chiedere la restituzione del dominio “clone” costringendo la copia alla chiusura.

In ogni caso, per una ricerca più approfondita, è possibile affidarsi a strumenti come domize.com, che è appunto un motore di ricerca “per nomi di domini”. Inoltre, quasi tutti i servizi che permettono di acquistare uno sito web offrono funzionalità simili, con le quali permettono di controllare quali spazi non siano già stati occupati da brand esistenti.

Oltre a domize, sono disponibili diversi tool in grado di aiutarci nella ricerca e fornirci preziose informazioni:

Whois permette di inserire un dominio e conoscerne alcune caratteristiche importanti, come la scadenza del periodo d’ acquisto.

Rebrandly.com consente di effettuare ricerche applicando un filtro per settore/industry di riferimento

Namechk fa una ricerca del nome utente anche su tutti i canali social

Knowem passa in rassegna social, domini e marchi registrati negli Stati Uniti (USTPO)

Namecheckr  verifica i nomi di utenti e nomi delle pagine sui social

Claimbrand permette di cercare i nomi dei brand sui social

AI di image recognition anche per il logo, come Google Image Recognition

Clarifai fornisce un’API gratuita per verificare le immagini online

GumGum confronta il logo nelle immagini sul web.

Monitora le segnalazioni di potenziali confusioni

Cosa fare se un altro brand si sovrappone al nostro rischiando di creare confusione fra le nostre attività e quelle di un altro brand, anche se non è un competitor?

Il primo passo è proprio quello di testare l’audience per cercare di capire quando le attività di un marchio simile al nostro possano risultare più o meno volontariamente fuorvianti e allontanare il pubblico dal brand che avrebbe voluto raggiungere.

Tenere in gran conto le segnalazioni a riguardo è estremamente importante: studenti, amici, persone che si occupano del customer care e personale in presenza durante i colloqui ci hanno segnalato proprio il verificarsi di questa situazione riguardo al brand Ninja.

Tantissimi hanno confuso noi con quella società, pensando che fossimo noi a vendere i loro servizi. Una confusione assurda che dimostra la sovrapposizione dei due brand, testimoniata da queste immagini: e sono solo alcune delle situazioni di persone di cui siamo a conoscenza, e che possiamo mostrarvi. Tante altre sono avvenute a voce, al telefono e di persona, e persino durante i colloqui di lavoro, colloqui fatti da noi per lavorare da Ninja!

Ovviamente, lo abbiamo subito evidenziato in più occasioni ai founder di questo brand, persone che stimiamo per capacità e creatività. Lo abbiamo fatto prima in modo informale, provando a far comprendere quanto stessero confondendo non solo i nostri clienti, ma anche i loro.

Poi, non avendo ricevuto nessun segnale di ripensamento, siamo stati costretti a diffidare la società dall’utilizzo della denominazione che causava il problema, confondendo il nostro pubblico. Per giungere infine a un inevitabile provvedimento del giudice, che ha sancito la tutela del nostro diritto sulla nostra famiglia di marchi Ninja. 

Siamo stati costretti, anche nell’interesse del pubblico, ad agire in giudizio per evitare che si perpetrasse ogni possibile confusione tra i marchi e anche il giudice non ha potuto che rilevare la piena sovrapposizione di Ninja***** ai marchi registrati anteriormente da Ninja. 

Per concludere, che abbiate già un’impresa o muoviate i primi passi per costruirne una, agite sempre nel rispetto della legge che tutela qualsiasi brand al mondo. Evitare situazioni spiacevoli e poco convenienti per tutti è più facile di quanto sembri.

Millennials e Gen Z: sì al contactless e ai metodi di pagamento innovativi

È un tipico sabato sera e siamo pronti per uscire con i nostri amici. Timidamente ci affacciamo dalla porta della nostra cameretta in attesa dei nostri genitori. Le solite raccomandazioni, un bacio sulla guancia, e alla fine la bramata paghetta. Vi abbiamo sbloccato un dolce ricordo, vero? In questo ultimo anno tante cose sono cambiate, anche il nostro rapporto con i soldi. Se gli adulti hanno vissuto tanti stravolgimenti, anche i più giovani hanno dovuto imparare, molto presto, una gestione diversa dei soldi, evitando il più possibile il contante, per una questione di sicurezza, e destreggiandosi con pagamenti innovativi, sempre più digitali e contactless

Millennials e Gen Z utilizzano sempre meno i contanti per gli acquisti

I Millennial sono spesso visti come la generazione più esperta del mondo digitale, ma in realtà sono stati cresciuti in un periodo in cui Internet era ancora una tecnologia nascente ed emergente. Al contrario, la Generation Z, coloro che sono nati tra il 1995 e il 2015, sono cresciuti con smartphone utilizzati come veri e propri giocattoli. Ecco perché sono stati soprannominati anche iGeneration

Quando si tratta di pagamenti, sono soprattutto loro, i giovani nativi digitali, che necessitano di opzioni nuove e tecnologicamente avanzate.

Durante il COVID-19, i pagamenti sono cambiati. Secondo lo studio Future of Money, c’è stata una significativa diminuzione nell’uso del contante, con carte prepagate, carte di credito, P2P e opzioni di pagamento rateale tutte in aumento.

Sebbene questi cambiamenti siano iniziati prima della pandemia, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un vero e proprio incremento senza precedenti. C’è una tendenza, una vera e propria apertura verso nuovi metodi di pagamento, l’utilizzo di PayPal, per esempio, è ai massimi storici.

Inoltre sono proprio i Millennial e la Gen Z, ad adottare metodi di pagamento sempre più innovativi

Sempre secondo lo studio, nella scorsa ondata primaverile il 15% della Gen Z sfruttava già diversi metodi di pagamento, e in estate, questo trend era aumentato al 25%, restando costante per questo inverno.

Perché migliorare l’esperienza d’acquisto della Gen Z

Era prevedibile che questa generazione avrebbe avuto un peso finanziario significativo. Sebbene il loro potere di spesa possa cambiare molto a causa delle scarse opportunità di lavoro e della crisi economica, questa generazione ha definitivamente chiarito una cosa: vuole usare solo la nuova tecnologia quando si tratta delle loro finanze. 

Coloro che sono coinvolti nel settore finanziario dovranno offrire soluzioni nuove e semplificate per la Gen Z. Dai pagamenti con un clic alle app sviluppate appositamente per loro, coinvolgere questo pubblico è importante per le aziende a prova di futuro.

I più giovani, quindi, sono inclini non solo a pagamenti senza contanti, ma prediligono opzioni sempre più diverse, smart e sicure.

Perché le nuove generazioni preferiscono metodi di pagamento innovativi

I motivi sono diversi e non solo perché la Gen Z è naturalmente più a suo agio con la tecnologia, ma è stata anche più esposta a una serie di cambiamenti della società in cui vive e sta maturando. 

Oltre alla familiarità con Internet, questa generazione è cresciuta anche in mezzo alle turbolenze economiche, e vedere i propri genitori penare durante la crisi finanziaria del 2008 ha reso la Generazione Z più pragmatica e coscienziosa riguardo le spese.

È questo contesto che ha portato la Gen Z ad avere sempre meno fiducia nelle banche, nelle istituzioni finanziarie e nei sistemi tradizionali di pagamento. Andando invece a prediligere soluzioni fintech più semplici da utilizzare e più economiche.

Gli strumenti di pagamento innovativi preferiti dai più giovani

I pagamenti tramite app e quelli digitali, in generale, sono i preferiti, perché veloci, sicuri e non richiedono troppi passaggi da fare, offrendo maggiore trasparenza e flessibilità a chi li utilizza.

Le carte prepagate sono anch’esse ottime soluzioni per acquistare prodotti non solo online, ma anche fisicamente nei negozi, evitando il passaggio, da mano a mano, di monete e banconote.

Ecco perché molte aziende stanno adottando soluzioni simili per agevolare gli acquisti in modo semplice, diverso dal solito e soprattutto sicuro, e tra queste c’è anche l’offerta di Enel X Pay, il conto online agile e sicuro con cui effettuare pagamenti senza contante, scambiare denaro con gli amici e gestire in tempo reale le spese, tutto da un’unica App.

Le funzionalità incluse da questo servizio sono davvero tante, tra cui l’Opzione Family, il piano pensato per le famiglie e i più giovani. Questa consiste infatti nella possibilità per i genitori di aprire e attivare il primo conto ai figli, in età compresa dagli 11 ai 17 anni, con carta Mastercard e App dedicati a loro.

Con l’Opzione Family la gestione economica della famiglia è ancora più semplice. È possibile visualizzare il saldo e le spese dei figli, accreditare loro la paghetta digitale, inviargli denaro in qualsiasi momento ed educarli al valore delle cose. Non un semplice conto, ma l’occasione per mostrare loro cosa vale davvero.

Perché è importante per i più giovani avere un conto

In una società in continua evoluzione, dove anche il panorama economico e commerciale cambia di giorno in giorno e velocemente, non è solo necessario offrire pagamenti innovativi, sicuri e facili da usare. Diventa importante anche educare le generazioni più giovani al valore finanziario, insegnando loro a essere consumatori e non prodotti, fin da piccoli.

Se educati già da giovanissimi, prima impareranno il valore dei soldi e il potenziale economico che, un giorno, avranno nelle proprie tasche, anzi carte, e prima capiranno che non è così semplice acquistare ciò che si desidera, come un grazioso pony!

best ad of the week

BMW, The Guardian e Nissan: i migliori annunci stampa di febbraio

Una buona dose di creatività è sempre utile, specialmente quando la voglia di tornare al lavoro non è altissima e l’umore vola basso. Possiamo però farci ispirare dalle campagne stampa più belle del mese appena trascorso per ritrovare la grinta necessaria ad affrontare la settimana, in particolare oggi, che il lunedì coincide con l’inizio del nuovo mese.

Nella selezione di oggi, la consueta attenzione all’ambiente, un pizzico di arte e la giusta dose di umorismo. La ricetta perfetta per recuperare un po’ di brio e mettersi all’opera con il sorriso.

Ecco la nostra selezione per il mese di febbraio.

The Guardian – FakeHits

L’aumento persistente delle Fake News nel paese sta diventando incontrollabile a causa delle piattaforme su cui prospera di più, i social media, che potrebbero essere fuorvianti e manipolatori.
Per frenare questa minaccia, l’agenzia ha creato per The Guardian una serie di annunci stampa per descrivere in modo pratico quanto possa essere dannosa la diffusione di notizie false o manipolatorie.

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Credits
Advertising Agency: Adeptus Advertising, Lagos, Nigeria
Creative Director: Bamidele Ariyo
Art Director: Richard Mgbeokwii, Bamidele Ariyo
Copy Writer: Olushola Oladimeji, Naomi Oni, Tolulope Alawode, Babatunde Alaran

Academia Machida – Machida Kids

Per incoraggiare i bambini a partecipare alle nuove lezioni di karate online, BNDO Brasile ha trasformato gli eroi della famiglia Machida in bambini.

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Credits
Advertising Agency: BNDO, Belém, Brazil
Art Director: Paulo Vaz
Copywriter: Gabriel Rabisco
Copywriter: Victor Amorim

Dandy – Mini Families

Sono moltissime le persone che vivono da sole e non hanno bisogno delle mega promozioni formato famiglia. Se anche tu sei “tutta la tua famiglia“, le mini confezioni e le confezioni mono porzione di Dandy fanno per te.

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Credits
Advertising Agency: Chola Ad, Guayaquil, Ecuador
Executive Creative Director: Dante Rossetto
Creative Director: César Sepúlveda
Creative Director: Fabián Martínez
Art Director: César Sepúlveda, Fabián Martínez
Copywriter: César Sepúlveda, Dante Rossetto, Fabián Martínez
CGI & Retouch: Raro Lab

Nissan – Green Energy

Per il match dell’Irlanda contro la Francia nel torneo di rugby delle Sei Nazioni del 2021, Nissan Ireland ha voluto mostrare il suo sostegno. La Nissan LEAF è il veicolo elettrico più venduto in Irlanda e ha una cosa in comune con la squadra di rugby irlandese: l’energia verde.

In the Company of Huskies ha reso visivamente il sostegno alla squadra combinando l’icona della batteria EV con un simbolo molto amato dai tifosi irlandesi di rugby: la sciarpa verde.

nissan green energy

Credits
Advertising Agency: In the Company of Huskies, Dublin, Ireland
Retouching: Happy Finish
Creative Director: Damian Hanley
Senior Art Director: Udi Ovadia
Senior Copywriter: Robert McBride
Head Of Production: Brian Daly
Design: Alan Gregan
Business Director: Nessa Van Rooyen
Account Director: Amar Jacob
Senior Account Manager: Fiona Cunniffe

BMW Motorrad – For those who don’t know when to stop

Ci sono persone che proprio non riescono a fermarsi o non sanno quando sarebbe utile farlo, e questa campagna ce lo ricorda con esempi validissimi, come la mano di Eva che coglie la mela o Pandora che non riesce a resistere alla curiosità di aprire quel famoso vaso. Per fortuna, alla guida, possiamo affidarci al nuovo sistema frenante di BMW.

bmw eva

bmw babilonia bmw pandora

Credits
Advertising Agency: Beat MullenLowe, Bogotá, Colombia
Creatives: Carlos Andrés Rodríguez, Duván Villegas, Sonia Barrera, Andrew López, Oscar Castañeda

digital tool della settimana

Hashtag Editor, CustomReactions e Mindful Meetings: i digital tool della settimana

Scadenze imminenti, riunioni stressanti, task impegnativi. Ovviamente il lavoro non è solo questo, ma alcune giornate diventano particolarmente pesanti e può essere utile smorzare i toni e abbassare la tensione con gli strumenti digitali che il web ci mette a disposizione.

Per esempio, qualche minuto di relax e meditazione prima di una call in cui presentare i report del trimestre, possono davvero dare una mano a essere più sciolti. Oppure, staccare un po’ la spina con le divertenti avventure di Michael in The Office, riportate su Slack aiuta a strappare una risata anche al più serioso dei colleghi del reparto Amministrazione.

Vediamo allora insieme i digital tool consigliati per questa settimana.

Video call rilassanti

tool mindfull

Le videochiamate ti stressano? Dai a te stesso (e a tutti i partecipanti alla tua prossima riunione) la possibilità di fare una pausa aggiungendo una meditazione audio guidata di 2 minuti prima di entrare nella chiamata. Mindful Meetings funziona con qualsiasi software video tu usi.

Parola d’ordine: personalizzare

tool custom reactions

Vuoi arrivare davvero al cuore del tuo team? Vuoi provare ad offrirgli la possibilità di amare ancora di più la tua azienda? Allora devi provare CustomReactions. Potrai personalizzare le emoji di Slack e rendere il lavoro ancora più divertente.

Troppi hashtag da ricordare?

tool hashtag manager

Per le tue campagne sui social media sono fondamentali, ma il rischio di sbagliare o di dimenticarne qualcuno è sempre dietro l’angolo. Con Hashtag Editor puoi organizzare tutti gli hashtag e le didascalie che usi sui social, copiarli negli appunti e incollarli in qualsiasi applicazione o sito web.

Più velocità

digital tool

Se il tuo lavoro ti costringe a centinaia di tab aperte, rallentando la navigazione, puoi provare Workona suspending Tab. Potrai scegliere di sospendere le schede automaticamente o su richiesta con un clic. In entrambi i casi, ridurrai drasticamente l’uso della memoria del tuo browser.

Alleggerire la giornata

tool the office

Quando il carico lavorativo inizia a diventare stressante, una bella pausa può aiutare a rilassarsi, magari confrontando la propria routine con quella di un altro famoso luogo di lavoro, la Dunder Mifflin.  The Office (Slack) ricrea su Slack tutti i divertenti episodi della serie TV, The Office.

 

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New Space Economy, un’opportunità di business per le imprese

Non più fantascienza o utopia. La New Economy Space è una rivoluzione in atto. Lo spazio, da fonte inesauribile di ispirazione nella storia dell’umanità per poeti e viaggiatori, per sognatori e visionari, diventa oggi realtà concreta di business per le aziende. Non solo dimensione dell’immaginario, ma una nuova frontiera del marketing per ridisegnare i brand del futuro, per definire storytelling e narrazioni.

La Space Exploration diventa trend topic ed apre scenari dirompenti, trasformandosi in un’opportunità da cogliere per primi.

Se Elon Musk punta a portare il primo uomo su Marte nel 2026 con la sua SpaceX mentre, in contemporanea, apre in tutto il mondo il pre-order per la sua rete internet satellitare Starlink, c’è invece chi invece guarda alle stelle, immaginando nuovi modelli economici, proiettati verso nuove avventure nell’immediato futuro.

Non solo Scienza e ricerca scientifica, ma un’occasione per privati ed aziende che sognano di ri-disegnare il futuro dei propri brand. Dalla collaborazione tra Ogilvy Consulting e Wired nasce così Ogilvy Orbiter, la prima unit di supporto per quelle marche sufficientemente visionarie da voler trasformare lo Spazio in una opportunità concreta. Il primo player nel suo campo, con l’obiettivo di aprire la strada alle aziende disposte a lanciarsi in questo settore.

viaggio-spazio

Un mercato in esplosione

Alle missioni spaziali, oppure alla possibilità di connessione internet ultraveloce e a bassa latenza, il mercato si arricchisce di un’offerta capace di rispondere a need tra i più diversi: dal venture capital alla sostenibilità, dall’inclusione al benessere, al turismo, sino ad arrivare all’innovazione di prodotto.

“La New Space Economy è in esplosione, siamo contentissimi di essere stati i primi a coglierne i segnali. È un’opportunità per tutti, basta solo avere il coraggio di superare i propri preconcetti”,

sottolineano Roberta La Selva, CEO di Ogilvy Italia, e Claudio Grandi, Client Service Director di Ogilvy Italia a capo di Ogilvy Orbiter.

Ispirati alla tecnologia CubeSat, Ogilvy insieme a Wired e diversi partner hi-tech operanti nel settore aerospaziale mettono insieme il proprio know-how sin dall’inizio, allo scopo di offrire l’infrastruttura più ampia possibile per rispondere ai sogni del cliente qualunque sia la sua space opportunity.

 

Il ruolo cardine dell’Italia nell’esplorazione spaziale

Un ruolo per nulla marginale, quello dell’Italia, che investirà 485 milioni di euro nell’esplorazione dello spazio, come rivela il White Paper di lancio di Ogilvy Orbiter, attraverso il Distretto Spaziale Piemontese (300 aziende, di cui 2 di loro in prima linea nella recente missione Perseverance 2020 Mars Rover; 7.900 dipendenti e un indotto di 15mila, per un business di 4 milioni di euro). Primo Paese europeo ad adottare un regolamento per costruire e gestire il primo spazioporto sul territorio nazionale a Grottaglie, gate dell’universo, spinto verso l’infinito ed oltre, per il segmento strategico dell’aviazione civile che permetterà voli suborbitali turistici.

A ciò si aggiunge la liberalizzazione per l’esplorazione dello spazio e l’intenso cronoprogramma di missioni. La Nasa, infatti, ha scelto tre società spaziali private per costruire nuovi lander lunari per gli imminenti sbarchi sulla luna previsti dal progetto Moon: Blue Origin di Bezos, SpaceX di Musk e la compagnia dell’Alabama Dynetics.

Le missioni spaziali

Con la recente scoperta di un possibile segno di vita su Venere, si prevede una nuova ondata di missioni dirette al pianeta nel 2022, con Giove a seguire nel 2023. Telescopi puntati a rivelare i misteri delle galassie fino alle ultime luci del Big Bang, mentre la luna diventerà il prossimo avamposto umano con la missione Artemis nel 2024.

“È un progetto molto sfidante, che ci riempie di orgoglio – sottolinea il CEO di Ogilvy Italia, Roberta La Selva – L’Italia segue una leadership storica. È sempre stata presente nella dimensione dell’esplorazione spaziale, attore importante e riconosciuto.  Ogilvy oggi è la prima ed unica agenzia ad avere aperto le proprie porte alla New Space Economy e alla space exploration, raccontando ed offrendo vantaggi ed opportunità ad i propri clienti e prospect. Così facendo ci siamo riappropriati della vera mission di chi fa comunicazione per le marche, quella di anticipare i territori fertili che sono davanti a noi.

. A sostegno del principio dell’importanza di dare visioni ed ispirazione alle marche e ai nostri clienti, Orbiter nasce con una grandissima spinta e voglia di raccontare e raccontarsi”.

“Lo spazio è diventato, al pari di altri temi, un contesto intorno al quale sperimentare nuove idee, comunicazione, innovazione di prodotto, pensiero laterale, cambio delle proprie abitudini di business, aprendo a partnership che prima sembravano lontani anni luce”, spiega Claudio Grandi.

Potenzialità infinite per le marche e i partner commerciali, dalla semplice campagna di comunicazione al prototyping, alla revisione di prodotti e di brand. Dai contenuti multimediali editoriali ai podcast.

Un “mondo di comunicazione parallelo” talmente ampio da determinare la necessità di una Unit di lavoro dedicata, con un laboratorio interno di raccolta dati.

Roberta La Selva

Determinante sarà la creazione della relazione con il cliente

“Occorre capire che tipologia di cliente di marca abbiamo di fronte. Ci sono i super coraggiosi ed altri che hanno meno possibilità di rischiare o investimenti disponibili. Essenziale è scavare per trovare il punto di aggancio corretto per iniziare un percorso per la marca – insiste Roberta –Il nostro compito è affiancare, attraverso ore di confronto, di dialogo. Un momento di scambio all’origine del lavoro delle agenzie di comunicazione. Il futuro è un po’ tornare sui nostri passi. Il tema è sensibile, delicato e merita tempo. Proviamo a riappropriarci di una parte di noi non solo gratificante, ma edificante”.

Importanti le prospettive, non solo per i brand aerospaziali, ma anche per i servizi finanziari, bancari, assicurativi e per il settore food. Ben 500mila dollari messi in palio da un contest della Nasa destinato all’innovazione per la produzione di cibo nello spazio. Si pensi, inoltre, ai brand di abbigliamento, scarpe, running. Un territorio vergine, da osservare con attenzione per non lasciarsi trovare impreparati.

invenzioni NASA

Un cambio radicale di paradigma e di prospettiva

“L’esplorazione spaziale non è più sinonimo di potenza governativa. È un anno cruciale questo, perchè ci sono missioni che impattano sui sogni dell’umanità. Entro la fine dell’anno, oltre l’orbita lunare rilasceremo un telescopio spaziale che permetterà di vedere così lontano da individuare le ultime luci del big bang. Che tipo di shifting può creare sulla nostra cultura? Non lo sappiamo, ma lo possiamo governare. Orbiter è lì per intercettarlo”.

Un’attenzione altissima rivelata dai numeri: quasi 65milioni di follower per il canale Instagram della Nasa. Video di lanci di satelliti con milioni di visualizzazioni. Equipaggi misti, composti da cinesi, americani, russi italiani, simbolo di inclusione. E ancora ricerca scientifica, sostenibilità.

Claudio Grandi

“Tantissimo fermento. Elon Musk è l’emblema del potere mediatico dei grandi visionari. Punta a Marte, ma nel frattempo ricopre l’intera orbita terrestre con satelliti per colmare il digital device – continua Claudio Grandi –  Nessuna nuova piattaforma per i razzi, ma il riuso di quelle petrolifere abbandonate nell’oceano in segno di sostenibilità. È maestria di gestione in un contesto ricchissimo. Tecnologia e landscape di comunicazione”.

Il CubeSat diventa simbolo del modello operativo, in cui l’interconnessione diventa parola d’ordine. “Il ruolo dell’Italia dal punto di vista scientifico è primario. Sesto Paese al mondo, con 500 milioni di euro all’anno investiti in ricerca spaziale. Tantissime ragazze sono nel team di addestramento per comporre le crews che viaggeranno nello spazio – evidenzia Roberta – L’Economy Space inizia a diventare una delle grandi dorsali della nostra economia”.