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Natale 2020: ecco gli spot più coinvolgenti di questo strano anno

  • Nostalgia e dimensione emotiva sono senza dubbio i toni più usati nelle pubblicità di questo Natale
  • Anche gli spot ci proiettano verso un futuro di nuovo normale, in cui però non daremo più nulla per scontato

 

Questo Natale non si prospetta propriamente come uno di quelli tradizionali. Le aziende ne hanno consapevolezza ed infatti la maggior parte delle pubblicità ideate si sono adeguate al triste momento storico che tutto il mondo sta vivendo. Gli spot di Natale 2020 presentano un’eco di malinconia, i toni sono meno festosi. Quello in cui i brand sono riusciti, come ogni anno, è stato però regalarci buoni sentimenti. Gli spot ci fanno stringere il cuore, ci fanno sospirare e soprattutto ci proiettano nella stessa dimensione emotiva.

Quest’anno, i valori riscoperti come la condivisione e l’unione attorno ad una comunità si riflettono ripetutamente nelle pubblicità proposte. La lontananza e la tristezza di non poter stare vicino ai nostri affetti, si trasformano in un messaggio di speranza, in cui i ricordi sono il motore che ci dà coraggio di affrontare la diversità del momento. Siamo proiettati verso il futuro, un futuro finalmente normale, dove riuscire ad apprezzare tutto quello che fino allo scorso anno abbiamo dato per scontato. Riscopriamo l’importanza di quei piccoli gesti di affetto, di condivisione, e di gentilezza verso gli altri, soprattutto verso i più deboli.

Gli spot di Natale 2020 dunque riassumono ed esprimono quei sentimenti che ognuno di noi, con nostalgia, con tristezza ma anche con ottimismo, conserva dentro sé. Il Natale della gioia degli abbracci non è questo che verrà, ma il Natale dei piccoli sacrifici in nome dell’amore di certo è questo.

Erste Group – Edgars Christmas

Espressivo e commovente spot che fa rivivere i ricordi e restituisce quel buon umore dimenticato per troppo tempo, o che forse si è solo arrugginito. Grazie a chi ci è vicino, a chi ci aiuta a ricordare e a far riemergere passioni assopite solo nel tempo ma non nel nostro cuore.

Coca-Cola – La lettera

Questo spot di Natale ci fa pensare all’amore di un genitore, pronto a qualsiasi cosa per la felicità dei propri figli. Forse un po’ troppo in questa pubblicità. Il sacrificio di un viaggio estremo (o per meglio dire surreale) e la delusione di non poter consegnare la letterina della bambina a Babbo Natale, è però ben ripagato. In aiuto arriva Santa Coca-Cola che con un colpo solo risolve la situazione ed esaudisce il desiderio natalizio della bambina di avere il suo papà a casa per Natale. Se solo il papà avesse letto prima la letterina!

Disney UK – From our family to yours

Anche un semplice oggetto può rendere intramontabili gli affetti, i ricordi e le tradizioni. I tempi cambiano, nascono nuovi interessi, nuove attività, Ma alcune tradizioni, soprattutto a Natale, rimangono le stesse. E sono proprio quelle che rendono le nostre memorie e i nostri affetti sempre vivi.

LEGO – And I think to myself

Lego, rimane ancorato alla sua campagna del 2019 “Rebuild the World” continuando a stimolare creatività e fantasia di bambini e adulti, anche a Natale. Il brand, attraverso una sempre infinita immaginazione riesce a mostrarci un mondo migliore.

Avvicinando i suoi valori a questo particolare momento storico, il messaggio di speranza e positività si sente più forte. Soprattutto quando le parole nel ritornello di Louis Armstrong hanno un crescente ottimismo: da “penso tra me e me che questo mondo sia abbastanza bello” a “questo mondo è davvero bello”. “Ricostruire il mondo” è quello di cui tutti abbiamo bisogno dopo questo infausto 2020 e forse, grazie anche ad un pizzico di fantasia, riusciremo a farlo.

NOS – A Separaçăo

Il brand di telefonia portoghese è forte nel suo messaggio: “Per questo Natale niente può separarci”. Lo dimostra nel suo spot che vede un nonno lontano dalla sua nipotina, proprio nel periodo natalizio. Il video ci racconta le giornate impegnate in giochi ed avventure tra il nonno e l’orsacchiotto dimenticato per sbaglio dalla bambina. Se ne prende cura proprio come se fosse la sua nipotina. Il tutto è sempre seguito e vissuto in diretta.

La vicinanza c’è, grazie alla tecnologia che annulla le distanze. Il peluche torna presto nelle braccia della piccola che però, desiderando ancora la presenza del nonno, glielo fa recapitare di nuovo, godendo ancora delle coccole e dell’affetto condiviso. Lo spot è forse uno tra i più emozionanti di questo Natale 2020, rappresentando anche l’impossibilità di ricongiungimento tra le famiglie. Una lacrima condivisa con tutto il mondo.

Waitrose e John Lewis – Give a little love

Dolce e simpatica realizzazione per Natale 2020. Dopo l’iconico ed emotivo drago sputa fuoco protagonista dello spot dello scorso anno, Waitrose e John Lewis puntano di nuovo su un cross tra animali ed umani. La gentilezza rimane il filo conduttore dello spot: un piccolo gesto fatto con altruismo è, per chi lo riceve, un regalo d’amore. Soprattutto per i più deboli.

I brand con questa campagna mirano a raccogliere 4 milioni di sterline per due enti di beneficenza: FareShare, in aiuto di chi vive la povertà alimentare, e Home-Start, associazione per genitori bisognosi di sostegno.

SodaStream – The small things

Natale insolito divertente e responsabile per Sodastream che ingaggia il rapper Snoop Dogg per il suo spot. “Le piccole cose sono quelle che hanno maggior valore” recita Snoop, mostrandoci il suo Natale 2020, estremamente intimo con la sua famiglia, in cui anche il cane ha le sue sembianze. Non mancano di certo le bollicine, che in questo caso sono quelle dell’acqua, e con cui brinda con un amico quasi estinto.

Il rapper invita a consumare meno plastica, per salvare oceani e animali. Dunque, un piccolo gesto non ha un valore immenso? Un Buon Natale, anche sostenibile.

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Amazon – The Show must go on

Attraverso la tenacia e con spirito di sacrificio si superano i momenti difficili. Il 2020 ha messo alla prova tutto il mondo. Così attraverso gli occhi della ballerina riviviamo l’impotenza di non riuscire ad andare avanti. La pandemia non può fermare i sogni e le speranze di nessuno. Ma grazie agli affetti dei nostri cari e ancor di più grazie all’impegno delle nostre comunità, riusciremo a fare quel passo in più per ricominciare con coraggio. Perché lo spettacolo della vita deve andare avanti. Sempre.

XFinity – The Greatest Gift

Anche Babbo Natale ed i suoi elfi lo sanno. Per questo Natale nessun regalo sarà adatto alle aspettative di nessuno. Nessun oggetto potrà rendere veramente felice la maggior parte di noi. Eccetto un valore forse spesso sottovalutato: quello della solidarietà.

Il regalo più grande che si possa ricevere quest’anno forse è proprio il vero spirito natalizio e la condivisione delle cose più semplici, dei gesti più spontanei. E se ce lo dice anche Babbo Natale…

Burberry – Singin’ in the rain

Totalmente diverso dagli altri spot dal sapore puramente natalizio questo di Burberry, ispirato all’iconico balletto di Gene Kelly di Singin’ in the rain. La casa di moda ha voluto proporre un omaggio ai suoi intramontabili capi d’abbigliamento nati per superare ogni tipo di avversità climatica. Sulle note rimodernate della celebre canzone, anche le coreografie si adattano e interpretano con stile urban e contemporaneo l’attualità del brand. La sfida con le difficoltà -i blocchi di ghiaccio- va avanti senza che nessuno si arresti, fino ad arrivare al mare, alla libertà infinita.

Sainsbury’s – Food is home

Il brand di generi alimentari inglese ci regala tre mini spot uniti dai ricordi dei sapori e delle emozioni del Natale in famiglia.

Gli spot si sviluppano in diverse chiacchierate al telefono che figli, genitori e persone più care si scambiano in vista di un Natale a distanza. Attraverso fotografie e video dei momenti passati insieme durante le festività, i ricordi che emergono sono quelli legati ai piatti e alle ricette che hanno accompagnato i loro anni insieme. “Il cibo è casa e casa è Natale” conclude Sainsbury’s, e noi siamo pienamente d’accordo.

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Heineken- Holidays as usual

Sembrerà strano ma a differenza degli altri anni, in questo saremmo tutti più contenti di riuscire a stare insieme condividendo le festività. Ameremmo quello che abbiamo sempre mal sopportato e anche i piccoli rituali battibecchi scalderanno i nostri cuori, perché tutto questo ci manca. Non è forse anche questo il vero spirito di Natale?

A fare da compagnia a questo anno diverso, di sicuro c’è una cosa che però non è cambiata: i nostri brindisi.

Microsoft – Find your joy

Anche per il nostro amico Rufus queste saranno festività diverse. Come potrà divertirsi, scoprire nuovi odori, correre e giocare in compagnia del suo amico? In attesa di momenti migliori, è però possibile condividere i sogni, creando fantastiche avventure in mondi diversi, come quelli proposti da Microsoft in cui si può stare insieme.

L’augurio condiviso è quello di vedersi fuori, nel mondo vero, molto presto.

Carrefour – La lettera

Non siamo Babbo Natale ma faremo di tutto per portare un buon natale a tutte le famiglie”. Così il brand fa sentire la sua vicinanza in questo strano Natale. La richiesta, sotto forma di letterina a Babbo Natale, è quella di tornare a vivere un Natale normale, come tutti gli altri.

La risposta di Carrefour è quella di assicurare il suo impegno per la soddisfazione dei suoi clienti. I servizi offerti sono il regalo che il brand fa a tutti noi.

ESSELUNGA – Auguri di Natale

Non abbandonare i propri sogni, anzi nutrirli sempre. Con le parole del poeta Walter Whitman, Esselunga ci esorta ad amare le cose semplici e di ogni giorno, che sono tra le più preziose. E lo fa con lo sfondo di una gialla luce soffusa, la magia calda del colore iconico Esselunga.

CONAD – Natale 2020

Per superare le difficoltà condivise, il valore che unisce tutti quanti è quello della forza, propria delle comunità. Bastano semplici gesti per riempire il cuore di ogni persona, bisognosa oggi più che mai di sentirsi parte di un’unità. Non bisogna per forza essere vicini fisicamente: la gentilezza racchiusa nella condivisione è l’abbraccio più stretto che si possa ricevere.

PANTONE 2021

PANTONE 2021: ecco i nuovi colori dell’anno che verrà

  • Ogni anno PANTONE ci regala il colore tendenza dei prossimi mesi. Stavolta però il PANTONE 2021 sarà diverso, non una ma ben due tonalità: Ultimate Grey e Illuminating.
  • Ultimate Grey e Illuminating sono due tinte sicure che rappresentano ottimismo e solidità.

Alla fine di ogni anno ci sentiamo sempre un po’ sollevati, ma anche pieni di aspettative per i prossimi mesi. Facciamo liste di buoni propositi, ripensiamo agli obiettivi raggiunti e quelli ancora da realizzare. Ci complimentiamo con noi stessi per i successi ottenuti e ci rammarichiamo per i fallimenti, ma promettendoci di dare il massimo, o almeno provarci. Quest’anno però è un po’ diverso. Abbiamo toccato con mano la paura dell’immobilità, del non poter progettare nulla, del dover rimandare, tutte sensazioni che, rispetto alla paura del fallimento, sono davvero terribili.

Abbiamo bisogno di sperare, di tornare a credere di poter realizzare sogni, ma abbiamo anche bisogno di tanta solidità. Questi desideri comuni si sono riversati in una scelta che, ormai da 20 anni, accompagna gli esperti del colore dell’istituto PANTONE. Come ogni fine anno, anche pochi giorni fa, è stato decretato e annunciato il colore dell’anno, ma stavolta le tonalità scelte sono due.

I colori PANTONE 2021 sono così diversi tra loro ma hanno tante cose in comune, sono tinte cariche che simboleggiano ottimismo e forza. Stiamo parlando di Ultimate Grey e Illuminating.

Che cos’è il colore dell’anno?

PANTONE si occupa di colori e della loro catalogazione dagli anni ’60, ma la scelta di decretare, ogni anno, un colore trend è una ricorrenza che risale agli anni 2000. Questo non è il primo caso in cui sono stati selezionati 2 colori, anche nel 2016 accadde la stessa cosa, la coppia in questione era formata da Rose Quartz e Serenity, il perfetto equilibro tra un tono caldo e uno freddo.

L’anno scorso, invece, toccò al Classic Blu, un intenso blu notte, pieno e rassicurante. Il motivo della scelta? Un messaggio universale di serenità e di calma, un momento particolare in cui il mondo intero sentiva l’esigenza di rallentare i propri ritmi frenetici e trovare un po’ di quiete. 

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Ogni scelta non è casuale, non è solo questione d’estetica, ma è soprattutto la necessità di veicolare un messaggio universale attraverso l’utilizzo dei colori. Tonalità che poi vengono scelte in ogni campo artistico e creativo, dalla moda, al design, al cinema fino a estendersi al makeup.

E quest’anno, perché proprio Ultimate Grey e Illuminating e quale sarà la missione di questi colori PANTONE 2021?

PANTONE 2021

PANTONE 2021: l’unione fa la forza

Il mondo intero ha bisogno di respirare. È quasi un anno che tutte le nostre conversazioni, ansie e pensieri sono focalizzati su un unico argomento: il COVID-19. Ci sentiamo minacciati da una presenza che non vediamo ma è nell’aria, e questa cosa ci fa sentire impotenti.

Vogliamo tornare a vivere. In un mondo che sopravvive, la speranza e la voglia di progettare sono delle necessità fondamentali per superare i prossimi mesi. 

Ultimate Grey e Illuminating si fanno portavoce delle urla che non abbiamo la forza di far uscire perché ci sentiamo stanchi e tanto arrabbiati. L’ottimismo e il coraggio di voler e poter andar oltre questo 2020 sono le basi per accogliere l’anno che verrà.

Volendo usare le parole di Leatrice Eiseman, l’executive director dell’azienda, il messaggio di PANTONE 2021 è questo: “abbiamo bisogno di pensare che le cose torneranno a splendere; è un qualcosa di essenziale per la mente umana”.

Ultimate Grey e Illuminating: i colori del momento

Ultimate Grey è un grigio profondo e intenso, un colore forte, che ci ricorda la solidità delle fondamenta, qualcosa di eterno e indistruttibile. Illuminating è un giallo vivace che ci ricorda l’intensità del sole, una tonalità calda e avvolgente.

Due colori diversi tra loro ma che insieme infondono forza e speranza, e ci mostrano come elementi così distanti possano trasmettere un messaggio potente, specialmente in un momento storico delicato come quello che stiamo vivendo.

Il messaggio dei colori PANTONE 2021 è quello della resilienza, un invito più profondo alla rigenerazione, ad accogliere il cambiamento, perché è proprio questo che ci farà andare oltre la paura. Abbiamo bisogno d’ispirazione, spingendoci verso nuovi concetti e nuovi modi di pensare.

PANTONE 2021: Come utilizzare Ultimate Grey e Illuminating

Le due tonalità Ultimate Gray e Illuminating possono essere usate insieme, da sole, o abbinate con altri colori differenti. Possiamo usarle in ogni ambito creativo, andando a valorizzare qualsiasi oggetto e texture.

Il campo della moda

Possiamo abbinare i due colori partendo da una base uniforme con Ultimate Gray e aggiungendo tocchi di luce con Illuminating attraverso piccoli accessori. Grazie alla sua forza energetica, il connubio di Ultimate Gray e Illuminating è perfetto per l’activewear, per esempio.

PANTONE 2021

Il campo del makeup

Una coppia elegante anche nell’eccentrico mondo del makeup, dove l’imperativo del prossimo anno sarà stupire. Grazie all’abbinamento Illuminating + Ultimate Gray, avremo luccichii e scintilli irresistibili, una chiara affermazione della propria personalità che non passerà inosservata.

Il campo dell’home decor

Il connubio originale tra Illuminating e Ultimate Gray esalterà gli interni di qualsiasi casa indipendentemente dallo stile d’arredo scelto.

Il giallo luminoso porterà luce e vitalità, il grigio sarà un’ottima base neutra da cui partire per decorare pareti ed esaltare le forme degli arredi. Una combinazione perfetta in ufficio, negli ambienti domestici o in uno spazio commerciale.

Il campo della grafica

Una tinta amabile come Illuminating abbinata a una rassicurante come Ultimate Gray dà origine a un messaggio di vitalità infuso in una solida base di affidabilità, saggezza ed esperienza per la creazione di packaging innovativi e, ovviamente, per la grafica in generale.

I prossimi mesi saranno decisivi, cogliamo l’invito della coppia PANTONE 2021… è il momento di sprigionare la propria energia!

Il quartiere torna ad essere centro con la riscoperta dei piccoli negozi

  • La proliferazione irrazionale di iper e supermercati ha portato, negli ultimi anni, alla chiusura di centinaia, se non addirittura migliaia, di piccoli negozi alimentari
  • La diminuzione dei salari e l’aumento del tasso di disoccupazione hanno richiesto una maggiore attenzione alla spese e una più oculata gestione del portafoglio
  • Fino agli anni 80′ fare la spesa nelle botteghe di paese era assolutamente normale e chi entrava in negozio, lo faceva anche per scambiare “quattro chiacchiere” con un amico oppure con un conoscente

 

La proliferazione irrazionale di iper e supermercati ha portato, negli ultimi anni, non solo allo stravolgimento del tessuto urbano ma anche alla chiusura di centinaia – se non addirittura migliaia – di piccoli negozi alimentari.

Le classiche “botteghe di paese”, di cui spesso sentiamo parlare, con nostalgia e rassegnazione.

L’affermazione della GDO in Italia e la spesa come necessità

Tuttavia, a favorire l’espansione e l’affermazione della GDO in Italia, a scapito delle piccole produzioni artigianali, siamo stati noi.

Proprio noi, che oggi ci lamentiamo di ciò che abbiamo perso.

In realtà, però, la nostra è stata una scelta obbligata: la diminuzione dei salari, infatti, e l’aumento del tasso di disoccupazione – soprattutto tra gli under 30 – hanno richiesto una maggiore attenzione alla spese e una più oculata gestione del portafoglio.

E la GDO, grazie al proprio potere contrattuale – di gran lunga superiore a quello delle piccole realtà commerciali – è riuscita a soddisfare questa necessità, che “fa le pulci” al centesimo.

È cambiato, dunque, il nostro modo di fare ed intendere la spesa, che da occasione di socialità è diventata attività routinaria: camminiamo a passo svelto lungo le corsie, con lo sguardo fisso sulle offerte, segnalate mediante cartellini ed etichette fluorescenti, e riempiamo il carrello di prodotti all’apparenza convenienti, della cui provenienza e composizione raramente ci interessiamo.

Insomma, ci mescoliamo tra la folla, cercando di mantenere, se possibile, l’anonimato. Un tempo, invece, la realtà era ben diversa – come i nostri nonni e genitori ci possono confermare.

Retail et consommation: quel lendemain ?

Il valore sociale del “fare la spesa”

Fino agli anni 80′, infatti, fare la spesa nelle botteghe di paese era assolutamente normale.

La vita si svolgeva principalmente all’interno di piccoli centri urbani, dove ci si conosceva tutti, tanto che molte famiglie venivano identificate con soprannomi spesse volte stravaganti, legati a caratteristiche somatiche o comportamentali del capostipite.

Dunque, era difficile passare inosservati.

E chi entrava in negozio, lo faceva anche per scambiare “quattro chiacchiere” con un amico oppure con un conoscente, magari per ovviare a quella solitudine che oggi attanaglia molti di noi, nonostante le numerose soluzioni per tenerci in contatto.

Una quotidianità più semplice e, senza dubbio, meno pretenziosa di quella attuale, in cui le relazioni umane rivestivano ancora un ruolo importante, fondamentale.

Perfino con i negozianti si tendeva ad instaurare un rapporto sincero, di fiducia reciproca, che sottendeva la certezza di un buon acquisto. Poi, come vuole l’antico proverbio, il pesce grande ha mangiato quello più piccolo, e la “magia” è svanita in una nuvola di bolle.

Vecchie botteghe italiane - Il Post

Il riscatto dei piccoli negozi

Tuttavia, alla trama romantica – e a volte drammatica -, che possiamo costruire attorno ai piccoli negozi alimentari, dobbiamo aggiungere che, pian piano, queste realtà stanno tornando alla ribalta, anche grazie all’aumentata sensibilità delle persone verso temi come la sostenibilità ambientale e il chilometro zero.

Sempre più persone, infatti, ricercano prodotti dal gusto genuino ed autentico, provenienti da piccoli produttori locali che, alla sapienza artigianale, uniscono amore e passione per il proprio lavoro.

Un segnale, dunque, di ritorno alla semplicità, al piacere di conoscere e del mangiar bene, oltre che della socializzazione.

E anche se la GDO continuerà la propria espansione, offrendo una varietà sempre più grande di prodotti, c’è chi, nel proprio piccolo, cercherà di dare valore alle specialità regionali, soprattutto grazie alla propria personalità e alla capacità di “saper raccontare”, senza necessariamente dar adito a superflue forme di competizione.

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Piccoli negozi: tra luoghi comuni e falsi miti

E se in questo periodo, in cui gli spostamenti sono stati limitati, proviamo ad entrare nella bottega più vicina a noi, potremmo accorgerci che:

  • I prezzi non sono così alti come ricordavamo, anzi, a volte risultano davvero convenienti;
  • Gli imballaggi spesso sono ridotti rispetto ai supermercati;
  • Andare a fare la spesa a piedi è piacevole, e per una volta possiamo lasciare l’auto in garage;
  • Dal fornaio di quartiere troviamo dell’ottimo pane fresco e dei prodotti tipici di cui ci eravamo dimenticati;
  • Fare la spesa sotto casa ci consente di comprare meno e meglio, e di avere a disposizione prodotti sempre freschi;
  • I proprietari di negozi specializzati possono diventare i nostri esperti di fiducia per la scelta di prodotti e regali;
  • Conoscere di persona i negozianti, le commesse e le cassiere, scambiando quattro chiacchiere, ci rende più umani, vitali e cortesi;
  • Alcuni negozianti si occupano personalmente di consegnare a domicilio il pane o la spesa: un servizio utile per gli anziani, per chi non ha l’auto e in caso di emergenza;
  • Fare la spesa nei piccoli negozi è meno stressante e ci porta ad essere più attenti alla qualità piuttosto che alla quantità.

A volte basta poco per smentire un luogo comune, quanto mai obsoleto. In ogni caso, ad oggi, sostenere un piccolo commerciante, significa anche garantire la sopravvivenza di quella micro-economia, senza la quale la macro-economia non esisterebbe.

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Nuove Generazioni in ascolto: il podcast è il canale del futuro

  • Ascoltatori sempre più giovani e presenza sempre più nutrita di professionisti
  • I “podcast lovers” sono profili socio-culturalmente qualificati, attenti e ricettivi ai contenuti

La bulimia del video inizia ad avere un’alternativa anche nel pubblico giovanile. Lo dicono i dati dell’ultima ricerca IPSOS “Digital Audio Survey” 2020, che ha confermato ancora una volta i tassi di crescita con un aumento del 4% del numero di ascoltatori di podcast nell’ultimo mese. Ma salta all’occhio da subito che su 8,5 milioni di ascoltatori mensili il 52% è rappresentato da giovani ascoltatori under 35 e un 19% di studenti.

È in forte aumento quindi l’abilità da parte del podcasting di intercettare un target sempre molto ricercato nella competizione così forte che esiste nel panorama digitale. Non solo, in ottica di employer branding e coinvolgimento di profili specializzati è interessante notare, stando ai dati della ricerca, quanto il podcast sia una piattaforma utile a comunicare con target qualificati, istruiti e curiosi, seppure distratti da tantissimi altri stimoli “videoformi”: il 61% ascolta un episodio per l’intera sua durata (rispetto al 45% del 2019) e il 71% un’intera serie.

Il target analizzato dalla ricerca vede complessivamente una platea di consumatori attenti e ricettivi, che si dimostrano influencer nei confronti dei propri pari di generazione (il 75% da con continuità consigli su film, giochi e musica), ma anche sensibili all’innovazione e alle dinamiche della premiumness (il 60% tende a preferire prodotti e servizi premium piuttosto che standard o free). La relazione con il brand, inoltre, è ancor meglio sottolineata dalle capacità di ricordare le pubblicità ascoltate durante la fruizione (69% del campione) in aumento sui podcast interamente centrati su un brand sponsor (29% rispetto al 26% della rilevazione 2019) e dalla capacità di attivazione/conversione rispetto all’acquisto di un prodotto o servizio (la metà degli ascoltatori compie un’azione verso il brand di cui ha ascoltato il podcast e il restante cerca informazioni, ne parla con amici e conoscenti e per una decima parte acquista).

La scelta di ascoltare un podcast è sempre guidata dall’interesse per argomenti specifici, anche rispetto alla presenza di un host più o meno riconosciuto; ma a confronto con lo scorso anno cresce anche l’effetto di condivisione e amplificazione di quei contenuti sui social da parte degli ascoltatori. Il 22% degli intervistati afferma, infatti, di aver visto un post che pubblicizzava il podcast sui social con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente.

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Se vogliamo scoprire la prossima evoluzione di questi trend è utile guardare al mercato americano, dove si è già sviluppata largamente la cultura del podcasting, in maniera particolare nella fascia giovanile di popolazione: le statistiche sui podcast 2020 di Edison Research e Triton Digital sono state recentemente pubblicate come parte dello studio annuale “The Infinite Dial” è indicato che la metà (49%) degli americani di età compresa tra 12 e 34 anni ascolta almeno un podcast al mese rispetto al 42% del 2019 (prevalentemente su Spotify). Negli States, a livello scolastico e universitario, non è infatti insolito per gli studenti ricevere da parte degli insegnanti, oltre ai libri di testo, anche una serie di contenuti podcast da ascoltare.

Per spiegare questo felice binomio tra nuove generazioni e podcasting non dobbiamo pensare in maniera riduttiva al solo utilizzo dello strumento smartphone come facilitatore della diffusione (poiché non si tratta ormai di una sola prerogativa giovanile – ed inoltre, tra i dati IPSOS 2020 spicca sempre di più anche l’utilizzo degli smart speaker con un 15% rispetto al 9% dell’anno precedente) semmai nella ricerca di nuove frontiere di espressione da parte dei più giovani e nella potenza evocativa che risiede nell’audio, il quale avvicina notevolmente alla fruizione di contenuti autentici ed emozionali attraverso il potere della voce.

Un po’ come nel fenomeno delle radio libere degli anni ’70, un motivo di diffusione attraverso il target giovanile è individuabile probabilmente nell’opportunità, praticamente alla portata di tutti, di diventare producer di contenuti originali, “radiofonici” e alternativi rispetto alla carriera di vlogger/youtuber.

Il podcast, al contempo, si dimostra essere anche uno strumento di digital wellbeing. Indipendentemente dalla generazione di appartenenza, questo periodo storico ha permesso agli utenti di scegliere e fruire un canale diverso che aiuta a distaccare dal dispendio energetico, e dai disturbi dell’attenzione, che provoca l’esposizione agli innumerevoli video digitali e agli stimoli dei social network. Questa lettura è ulteriormente confermata dall’indagine IPSOS già citata, che descrive una fruizione multitasking (“ascolto podcast mentre navigo, sbrigo faccende domestiche, mangio, bevo, cucino”) da parte degli ascoltatori che sicuramente resta prevalente, ma che aumenta significativamente anche per il «tempo esclusivo» dedicato all’ascolto (“mentre mi rilasso o non faccio altro”) per un significativo 23%.

La pandemia ha sicuramente accelerato questa dinamica e anche in futuro, quando si tornerà a fruire di più dei podcast in mobilità, alcune abitudini di ascolto domestico (attraverso gli smart speaker, in casa la sera) rimarranno, con un’ulteriore opportunità di crescita dell’audio.

In termini distintivi tra Gen Z e Millennials, durante la primavera di quest’anno la pandemia ha evidenziato quanto, secondo i dati del Global Web Index, siano stati i giovani maggiori di 25 anni ad incrementare del 20% il consumo di podcast rispetto ai “cugini” più giovani (11%), ma sarà interessante osservare nei prossimi mesi se i giovanissimi inizieranno a dedicarsi maggiormente al podcasting oppure tenderà a rimanere uno strumento ad appannaggio di laureati e junior professional.

Il COVID-19 e turismo: cosa cambierà nei prossimi mesi?

  • Tra i settori maggiormente colpiti dal COVID-19, c’è il turismo. Il virus ha influito con conseguenze catastrofiche sulla mobilità 
  • Il 2021 sarà caratterizzato da spostamenti finalizzati al ricongiungimento con i propri cari

 

Il settore turistico è senza alcun dubbio il comparto che è stato messo maggiormente in ginocchio dalla pandemia di COVID-19 e dalla crisi sanitaria internazionale, che in questi mesi stanno colpendo l’intero pianeta. 

In aggiunta ai numeri che possono destare non poche preoccupazioni, il virus sta modificando radicalmente la nostra società e con essa l’intero sistema economico. 

Molte cose cambieranno e tante altre sono già cambiate. Gli scenari che dovremo affrontare saranno innumerevoli e le scelte che il virus ci imporrà di fare saranno numerose. Ma ciò che in realtà sta cambiando (e danneggiando) notevolmente, è il nostro modo di viaggiare e muoverci. Il comparto turistico sta vivendo una profonda crisi e lo stesso World Trade and Tourist Council ha affermato che la pandemia sta avendo un impatto così profondo tanto da danneggiare l’intera economia di paesi come l’Asia gli Stati Uniti e la stessa Europa.

Cosa cambierà nel comparto turistico nel 2021

Se nel 2020 la crisi sanitaria internazionale ha profondamente danneggiato l’intera industria turistica, nel 2021 gli scenari che si prospettano non sono di certo più rosei. 

Le scelte che in questi mesi sono state messe in campo per limitare la pandemia, avranno delle conseguenze catastrofiche sui viaggi e più in generale sugli spostamenti. Un esempio su tutti è l’adozione della didattica distanza, che senza alcun dubbio muterà profondamente i periodi di vacanza e connessi gli spostamenti per lavoro o divertimento. 

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Altro aspetto da non sottovalutare sarà la pulizia, che senza alcun dubbio continuerà ad essere una prerogativa di tutti i viaggiatori. Sebbene molti Hotel abbiano assunto dei responsabili delle pulizie alla quale è possibile rivolgersi in caso di dubbi sulle sanificazioni e sulle procedure di messa in sicurezza, i viaggiatori continueranno a preferire gli appartamenti privati per evitare assembramenti e code.

Infine i viaggi a lungo raggio, che saranno inevitabilmente influenzati dal numero dei contagi, dalle zone rosse e limitazioni negli spostamenti. Dunque continueranno ad essere un sogno ancora troppo lontano. 

Il viaggio: cambia forma e significato

La pandemia oltre ad offrire tutta una serie di limitazioni degli spostamenti, ha certamente mutato anche il significato stesso del viaggio. Nel 2021 viaggiare significherà avvicinarsi ai propri cari, ricongiungersi e rincontrarsi dopo mesi di lontananza forzata. 

È in questa prospettiva che uno dei portali turistici più rivoluzionari degli ultimi anni, cioè Airbnb, offre e rilancia l’idea della condivisione degli spazi ed appartamenti privati, che oltre ad offrire un reddito extra potrebbero rappresentare (anche se in parte) uno slancio al settore turistico. 

L’idea di Airbnb è supportata da un’indagine condotta negli Stati Uniti d’America chi ha essenzialmente portato a galla tre importanti aspetti.

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1. La possibilità di lavorare e studiare ovunque 

La didattica distanza ed il lavoro in remoto hanno senza anche degli aspetti positivi, uno su tutti è la possibilità di svolgere queste due attività in qualunque angolo del paese. Ad esempio viaggiare senza interrompere gli studi dei propri figli è evidente che possa essere un grande vantaggio, come la possibilità di trasferirsi in un altro luogo per poter lavorare o studiare in remoto. 

L’importanza di questi aspetti è sottolineata da uno studio fatto sulle recensioni degli ospiti nelle quali le percentuali delle persone (introno al 23% ed attualmente in aumento) confermano di aver usufruito del servizio per trasferirsi nelle aree rurali per lavorare in remoto o per spostamenti di lavoro. 

2. Nuove destinazioni più vicine

La pandemia globale ha senza alcun dubbio scoraggiato i grandi viaggi gli spostamenti internazionali, favorendo mete più vicine ma senza rinunciare al divertimento e al relax. 

Dunque il virus ha completamente riformulato il concetto di viaggio anche in questo senso incoraggiando l’esplorazione di località più vicine optando per destinazioni idonee per vacanze in ogni periodo dell’anno. 

La riformulazione del concetto di viaggio e la scelta di destinazioni più vicine comporta e comporterà, due conseguenze molto importanti: la prima sarà la riduzione dell’inquinamento atmosferico determinato da viaggi essenzialmente più brevi, la seconda sarà una destagionalizzazione delle mete turistiche.

3. In viaggio anche con le emozioni

Le limitazioni della libertà personale e della possibilità di muoversi da un posto ad un altro, hanno certamente aumentato la voglia di muoversi e viaggiare. Ma quali sono i viaggi che le persone in questi mesi e nei prossimi vorrebbero intraprendere? Torneremo a viaggiare con le stesse motivazioni con le quali nei mesi e negli anni precedenti eravamo soliti fare?

La risposta è no. Viaggiare, come già accennato, significherà ricongiungersi con i propri cari, stare vicino ai propri amici e vivere la propria vacanza in un ambiente dei bassi rischi determinati dalla socializzazione con altri ospiti.

Viaggiare dunque in gruppo diverrà il nuovo modo di muoversi prevedendo attività di gruppo come esperienze creative, esperienze intellettuali e formative. 

Quando sarà possibile nuovamente viaggiare lo faremo certamente con uno spirito diverso. Nonostante l’incertezza del momento presto torneremo a spostarci, ma lo faremo in modo del tutto inedito e ciò che non cambierà sarà la voglia di tornare ad abbracciarci.

playstation

PlayStation ha sostituito i cartelli della metropolitana di Londra con le icone del suo controller

La famosa metropolitana di Londra è in funzione dal 1863 e la sua segnaletica rossa è immediatamente riconoscibile per chiunque si sposti in città alla ricerca di un treno.

Sony ha scelto proprio questo simbolo per il concept della sua ultima operazione di Ambient Marketing, rilevando la stazione della metropolitana di Oxford Circus in occasione del lancio della PS5 nel Regno Unito.

Play-station

L’operazione di marketing durata 48 ore ha visto la stazione della metropolitana cambiare il suo tradizionale marchio con le forme tipiche del controller della PlayStation. Le pareti della stazione della metropolitana sono cambiate, insieme alle insegne per i quattro ingressi della stazione a livello della strada.

La stazione scelta è a pochi passi dal grande negozio londinese di Microsoft.

Non è la prima volta che Transport for London (TfL) ha cambiato il nome delle stazioni della metropolitana per le aziende. Amazon ha brevemente rinominato Westminster in Webminster nel 2017, in occasione del lancio del suo centro dati di Londra. Anche la stazione della metropolitana di Canada Water è stata temporaneamente rinominata Buxton Water per la Maratona di Londra nel 2015.

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Sorprende vedere un così grande sforzo di marketing proprio durante il lockdown nazionale in Inghilterra. La maggior parte dei londinesi sta lavorando da casa e sta evitando la città come parte delle restrizioni nazionali per frenare la diffusione del coronavirus, quindi molti non riusciranno a vedere le forme della PlayStation.

La voglia di Natale arriva in anticipo, a dirlo sono i dati raccolti da Spotify

  • A ottobre 2020 +25% per la Top Ten Christmas songs rispetto a ottobre 2019
  • I brani natalizi più ascoltati in Italia restano i classici internazionali: “All I Want for Christmas Is You”, “Last Christmas” e “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!”

 

Non siamo ancora a dicembre, ma il clima natalizio si fa già sentire. Nel corso di quest’anno, gli ascoltatori di Spotify in tutto il mondo hanno già ascoltato più di 6,5 miliardi di minuti di musica natalizia – con più di 37 miliardi di stream effettuati su Spotify dal lancio della piattaforma nel 2008.

In Italia, la canzone a tema natalizio più ascoltata nell’ultimo anno, con oltre 4 milioni di stream, è “All I want for christmas is you” di Mariah Carey, che risulta anche tra le più ascoltate a livello globale.

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Spotify Trends

Ecco di seguito le evidenze emerse sugli ascolti delle canzoni di Natale nel 2020 su Spotify:

  • Il periodo natalizio quest’anno è più atteso del solito: in quest’anno difficile, tutto suggerisce che gli ascoltatori probabilmente cerchino conforto anche nell’ascolto anticipato delle canzoni natalizie. A settembre e ottobre gli utenti hanno ascoltato la playlist natalizia più popolare, “Christmas Hits”, molte più volte rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
  • A Ottobre 2020 la Top ten Christmas songs ha registrato un aumento del 25% di ascolti rispetto a ottobre 2019.
  • Rispetto agli anni scorsi, quando gli ascolti avvenivano prevalentemente nel weekend, gli ascolti dei brani natalizi sono in aumento nei giorni feriali.
  • Il “Re” non ufficiale del Natale: l’album “Christmas” di Michael Bublé risulta l’album natalizio più ascoltato di sempre su Spotify, con oltre 1,8 miliardi di stream.

podcast crescita spotify

La colonna sonora del Natale

Le cinque canzoni natalizie più ascoltate di sempre su Spotify nel mondo:

  • “All I Want for Christmas Is You” di Mariah Carey
  • “Last Christmas” degli Wham!
  • “Santa Tell Me” di Ariana Grande
  • “It’s Beginning to Look a Lot like Christmas” di Michael Bublé
  • “Mistletoe” di Justin Bieber

Tra le playlist natalizie più amate su Spotify (in base al numero totale di follower) ci sono: Canzoni di Natale, Christmas Hits, Christmas Classics e Christmas Pop.

Nella classifica delle canzoni natalizie più ascoltate in streaming in Italia (basata sugli stream dal 1° dicembre 2019 al 15 novembre 2020):

  • “All I Want for Christmas Is You” di Mariah Carey
  • “Last Christmas” degli Wham!
  • “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!” (with The B. Swanson Quartet) di B. Swanson Quartet e Frank Sinatra
  • “It’s Beginning to Look a Lot like Christmas” di Michael Bublé
  • “Santa Tell Me” di Ariana Grande
  • “Happy Xmas (War Is Over)” – Remastered 2010” di John Lennon, Yoko Ono
  • “Santa Claus Is Coming to Town” di Michael Bublé
  • “Feliz Navidad” di José Feliciano
  • “Mistletoe” di Justin Bieber
  • “Holly Jolly Christmas” di Michael Bublé
abbigliamento da casa

Come la pandemia ha cambiato il nostro abbigliamento da lavoro

  • Mentre ci sottoponiamo ad un altro lockdown nazionale, accogliamo nei nostri guardaroba abiti casual e loungewear.  Tornano i look comodi e si propagano nuove tendenze in fatto di abbigliamento da lavoro
  • Spazio a nuove campagne pubblicitarie irriverenti e a limited edition per consacrare lo smart working ed un nuovo dresscode lavorativo

 

Molti di noi, negli ultimi mesi, hanno lasciato gli uffici per lavorare da casa a causa della pandemia globale. I lavoratori hanno dimostrato entusiasmo per questa importante novità, diversi hanno subito approfittato dell’opportunità di dormire quell’ora in più ogni mattina. Per altri questo periodo è stato una vera e propria lotta: un continuo destreggiarsi tra vita e lavoro con conseguente sconfinamento.

Ad ogni modo, il lavoro da casa ha ridefinito la questione dell’abbigliamento una volta per tutte. La fine degli incontri vis-à-vis e delle riunioni in presenza hanno sacrificato gli outfit più formali per dare spazio al comfort.

abbigliamento da lavoro

Secondo un recente studio di Harvard Business Review il look business professional è prediletto da chi vuole apparire esperto agli occhi di clienti e colleghi, anche durante le videochiamate. Fra gli over 60 la percentuale di chi sceglie un abbigliamento formale da remoto è addirittura del 46%. Si tratta di un trend che guarda da vicino anche le nuove generazioni. Infatti, otto giovani su dieci scelgono un dress code business anche su Skype e Zoom. Un metodo per impressionare positivamente chi partecipa all’incontro.

In quest’ottica, durante una videochiamata, i vestiti sono considerati uno degli elementi più importanti per fare bella figura, secondi solo al background. Facciamo riferimento agli sfondi pieni di libri, tra i più inflazionati dell’ultimo anno. E se lo smart working sembra aver sdoganato il pigiama per le settimane di lavoro a distanza, c’è chi si preoccupa dell’outfit ideale.

La nuova campagna pubblicitaria “Working from Home” di Henri Vézina

Recentemente il marchio di abbigliamento Henri Vézina ha lanciato la sua nuova campagna pubblicitaria. Gli scatti sono stati realizzati, in collaborazione con l’agenzia creativa Dentsu, per pubblicizzare la nuova collezione “Work from Home” del marchio canadese che presenta modelli maschili vestiti con abiti semi-formali.

abbigliamento da lavoro

Il brand ha creato una comunicazione che suggerisce ai suoi clienti di ridurre della metà il costo del loro guardaroba aziendale e di preoccuparsi solo della parte superiore dell’abbigliamento formale. Perché, siamo onesti, nessuno vedrà la metà inferiore. Le foto della campagna mostrano modelli maschili vestiti con abiti formali a metà.

abbigliamento da lavoro

Ogni annuncio stampato presenta un modello che indossa un due pezzi, ma senza pantaloni. Sembrano eleganti, sembrano accattivanti e pronti per una videochiamata sgargiante.

Telcollection, la campagna di Prisma per lavorare in giacca e intimo

A giugno una campagna pubblicitaria molto simile a quella di Henri Vézina è stata lanciata da Prisma. La catena finlandese di abbigliamento low cost ha incluso modelli vestiti con abiti a metà, senza pantaloni.

abbigliamento da lavoro

“Non appena è stato annunciato l’inizio del blocco nel paese, c’è stato un aumento esponenziale delle vendite di homewear. Ci siamo subito resi conto di quanto fosse necessario pensare in modo attivo e produttivo per soddisfare questa esigenza”, ha dichiarato il vicepresidente per lo sport e l’abbigliamento di Prisma, Päivi Hole.

abbigliamento da lavoro

La linea Telcollection (dalla sigla Telco del mondo delle telecomunicazioni) è stata creata per soddisfare le esigenze di chi è perennemente in conference call. Non una moda passeggera, ma un vero e proprio cambiamento di stile che ha ormai invaso le nostre vite.

Cole Haan collabora con Slack per lanciare una collezione di sneaker in edizione limitata

Un’ode distopica all’ascesa del lavoro a distanza, Cole Haan collabora con Slack per creare una collezione di sneaker in edizione limitata ispirata alla popolare piattaforma di comunicazione aziendale.

abbigliamento da lavoro

Le scarpe sono ispirate all’ascesa del lavoro a distanza che ha portato molte aziende a fare affidamento su programmi come Slack.

Una collaborazione adatta a questi tempi incerti, la scarpa “Generation Zerøgrand”, costa 145 euro e include quattro modelli, nei quattro colori distintivi di Slack, che mostrano in modo ben visibile il logo dell’app.

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Il marchio di abbigliamento ha pubblicato un annuncio sulla sua pagina Twitter, dicendo ai suoi follower di “mantenere attive le notifiche” per il lancio ufficiale. Secondo Cole Haan, la collezione nasce dall’attuale esigenza di molte aziende di utilizzare programmi come Zoom e Slack per facilitare la comunicazione virtuale e gestire i flussi di lavoro senza essere in ufficio.

“La partnership è sembrata una scelta naturale per i due marchi innovativi, in particolare dato che ogni fase dello sviluppo del prodotto di Cole Haan – inclusa la creazione di questa particolare collaborazione – avviene su Slack”, si legge in una nota di Cole Haan.

La popolarità diffusa di Slack negli ultimi anni ha contribuito a spingere il marchio tecnologico a presentare la sua offerta pubblica iniziale nell’aprile 2019 con una valutazione di 23 miliardi di dollari. Sebbene Slack attualmente abbia una linea di merchandising online con articoli di marca come calzini e magliette, questa è la prima collaborazione esterna dell’azienda con un importante marchio di moda.

“Le capacità innovative di Slack si sono dimostrate uno strumento prezioso e una risorsa per la nostra azienda”, ha affermato in un comunicato David Maddocks, presidente di Cole Haan.

rose nel muro

Il ruolo dei media durante gli ultimi attacchi terroristici di Vienna

  • Il ruolo dei media nel terrorismo è indubbiamente di fondamentale importanza. Gli esperti suggeriscono di evitare la divulgazione di materiale amatoriale sui social
  • I motivi che ci dovrebbero spingere ad adottare un utilizzo consapevole dei (social) media
  • Grandi aziende viennesi hanno fermato temporaneamente le loro campagne pubblicitarie sui quotidiani che durante l’attacco terroristico non hanno rispettato il codice etico dei giornalisti

 

Lunedì 2 novembre , alla vigilia di un nuovo lockdown in Austria, il cuore di Vienna è stato attaccato. Attaccato con brutalità a colpi d’arma da fuoco. Il triste susseguirsi degli avvenimenti è stato riportato dalla stampa nazionale ed internazionale. Così abbiamo analizzato, da vicino, il ruolo dei media nel terrorismo e cosa possono fare giornalisti, aziende e cittadini per contrastare l’obiettivo dei terroristi: diffondere la paura, divulgare l’odio e dividere la popolazione.

Munizioni e media: le armi dei terroristi

La divulgazione della paura e dell’odio viene indubbiamente portata a compimento con gli attacchi stessi, ma in tal senso non è da sottovalutare il ruolo dei media. La Polizia di Vienna, la sera dell’attentato, ha immediatamente sollecitato la popolazione sui social a non postare video o foto del crimine, ma di caricare il materiale direttamente sulla apposita piattaforma messa a disposizione dalle istituzioni. Postando sui social si rischierebbe da una parte di intralciare le indagini, fornendo utili dettagli ai gruppi radicalizzati. Dall’altra si contribuisce senza dubbio a dare visibilità a chi non la merita, perché è proprio questo lo scopo del terrorista: destabilizzare la società attaccandola, professare odio ed uscirne glorificato.

Tweet della Polizia di Vienna

Il tweet della Polizia pubblicato la sera dell’attentato a Vienna.

Il ricercatore sul terrorismo Jannis Jost afferma che l’ISIS non ha una strategia fissa per diffondere foto e video degli attacchi compiuti. L’organizzazione terroristica punta piuttosto a sfruttare la fame di immagini e di cronaca minuto per minuto tipica dei media occidentali.

La glorificazione degli attentatori

Secondo gli esperti, mostrare le immagini degli attacchi comporta il rischio di glorificare gli attentatori e di renderli veri e propri martiri. La foto del sostenitore dell’ISIS che ha sparato all’ambasciatore russo ad Ankara ne è un esempio, come dichiarato dalla Prof.ssa Dr. Charlotte Klonk dell’Università di Berlino, da anni attiva nella ricerca sulla documentazione visiva degli attacchi terroristici:

“Il fatto che questa immagine sia stata riconosciuta anche da ‘World Press Photo’ mi ha sbalordito. La giuria deve essere consapevole del contesto in cui si trovano queste immagini”.

La divulgazione di qualsiasi foto o video degli attentatori, siano essi in posa o meno, può aumentare il rischio di una glorificazione postuma e favorire imitazioni. La federal agency for civic education suggerisce che uno degli unici motivi validi per mostrare il volto degli attentatori nei media dovrebbe essere la loro foto segnaletica, naturalmente solo ed esclusivamente nel caso in cui fossero in fuga.

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Un’immagine vale più di mille parole

La Prof.ssa Klonk è contraria a un divieto totale delle rappresentazioni visive degli attentati, poiché questo limiterebbe la libertà d’informazione. Secondo Klonk, le vittime non dovrebbero essere ritratte senza il loro consenso. La domanda fondamentale da porsi è: vorrei essere raffigurato in questo modo nel momento di maggior dolore? Come si sentirebbero i parenti nel vedere quelle immagini brutali?
È fondamentale che la società rifletta sul valore della dignità umana, anche quando si tratta di mostrare l’attentatore nei media. Un giornalismo obiettivo cura una comunicazione neutra e non denigratoria. La dignità umana è proprio uno dei valori che i terroristi vogliono attaccare.

una rosa per la speranza

Una rosa per la speranza. Schwedenplatz, Vienna

Klonk sottolinea anche che bisogna essere consapevoli di agire nell’interesse degli attentatori quando si fanno circolare immagini di attentati. Giornalisti, politici e tutti coloro che pubblicano informazioni, dovrebbero valutare e selezionare attentamente le immagini, scartando foto e video con dettagli raccapriccianti. L’ISIS usa proprio questi contenuti per dimostrare potere, violenza e crudeltà di fronte ai propri sostenitori, nonché naturalmente per amplificare il terrore, e minacciare il mondo occidentale. Foto e video di sparatorie, torture, esecuzioni, raffigurazioni della scena del crimine ecc. non sono materiale adatto alla pubblicazione.
Eppure, anche durante l’ultimo attacco terroristico a Vienna, non sono mancati gli articoli contenti video amatoriali di questo genere.

Azioni e reazioni contro la stampa scandalistica a Vienna

È necessario contrastare la comunicazione del terrore e cercare fonti ufficiali, che curano un’ informazione obiettiva e neutrale. Non si tratta di sdrammatizzare o sminuire l’accaduto, ma di informarsi da fonti attendibili, che non alimentano fake-news e sensazionalismo.

Durante l’attacco terroristico a Vienna, due quotidiani online (ma principalmente Oe24) hanno riportato le notizie servendosi di immagini e video amatoriali raccapriccianti, divulgando voci non confermate.
In poco tempo il consiglio austriaco della stampa (ted. “Presserat”) ha ricevuto più di 1.500 denunce (dato aggiornato al 13 novembre) contro queste testate, effettuate da cittadini e organizzazioni indignati per l’accaduto. Un record negativo nella storia del consiglio austriaco della stampa. Contemporaneamente è partita una petizione online, che in data 13 novembre conta più di 78.600 firme. Questa petizione chiede la cessazione dei sussidi statali a Oe24 ed una riforma generale dei contributi pubblici alla stampa, in modo da favorire un giornalismo che si attiene ad un codice etico e morale di qualità. Non è solo la popolazione viennese a reagire, anche grandi aziende hanno lanciato un piccolo segnale: Billa, Spar, Hofer (chiamato “Aldi” in Italia), BAWAG Group, ÖBB (ferrovie austriache) e molte altre aziende hanno fermato la pubblicazione di ads sul quotidiano in questione per circa una settimana. IKEA ha comunicato di aver fermato tutte le campagne pubblicitarie in questo periodo, indipendentemente dal canale.

Il sensazionalismo che aspira a più click e quindi più incassi pubblicitari, in questo caso ha dovuto letteralmente fare i conti con una valanga di critiche, migliaia di denunce, un procedimento in corso con il consiglio della stampa austriaca e marketers che hanno parzialmente voltato le spalle al giornalismo scandalistico.
Nella capitale austriaca, dove la convivenza tra varie etnie e religioni è pacifica, non sono mancati i messaggi di speranza dalle aziende, uno tra tutti quello dell’azienda pubblica dei trasporti:

Tweet di Wiener Linien

Trad.: Noi siamo Vienna. Più forti dell’odio

 

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Il ruolo dei media: intervistare con umanità

In linea con le parole della Prof.ssa Klonk, anche il Dart Center for Journalism and Trauma, un’organizzazione specializzata in temi legati alla copertura giornalistica della violenza, ha pubblicato una serie di linee guida che coniugano al meglio i principi dell’informazione e dell’umanità:
1. Chiedi il consenso alla vittima. Ha il diritto di rifiutare interviste o filmati che la raffigurano.
2. Valuta lo stato di shock della persona intervistata: è possibile che non sia in grado di concedere il consenso?
3. Non aggravare lo stato di shock della vittima. Intervista con prudenza e rispetto.
4. Rispetta la privacy delle persone. “Come ti senti?” e “come stai?” inevitabilmente richiedono il varco della sfera privata e sono quindi domande da evitare in un’intervista giornalistica.
5. I codici culturali e di comunicazione cambiano di Paese in Paese. Informati sulla cultura della persona prima di stilare le domande.
5. Se la vittima rifiuta di testimoniare, non offrire denaro per convincerla.
6. Pensa all’impatto delle foto delle vittime e delle testimonianze dei sopravvissuti sulle loro famiglie.

Disegni di bambini sul luogo del crimine

Disegni di bambini sul luogo del crimine. Jerusalem-Stiege, Vienna.

Ora che abbiamo elencato cosa dovrebbero fare e non fare i media nel terrorismo, e quello che potrebbero fare le aziende per contrastare il giornalismo scandalistico, ricordiamoci anche il ruolo fondamentale di ogni cittadino: seguire le notizie da più fonti attendibili, non divulgare materiale amatoriale o fatti non confermati e segnala contenuti non ufficiali. Il giudizio critico è la base di ogni azione.

Nasce Scena Unita, un fondo per salvare lo Spettacolo e i suoi lavoratori

  • Il settore dello spettacolo è tra quelli più colpiti dalla crisi da Covid-19
  • Gli artisti dello show biz italiano hanno promosso una raccolta fondi per i lavoratori senza tutele
  • Nasce Scena Unita, il fondo a sostegno dello spettacolo

All’indomani del secondo lockdown nasce Scena Unita, un fondo a sostegno dei lavoratori dello spettacolo precari.

La crisi da Covid-19 ha investito in maniera più o meno diversa tutte le regioni di Italia e tutte le attività economiche del paese. Ma uno dei settori maggiormente colpiti è quello dello spettacolo. Da quando è scoppiata la Pandemia il sipario è subito calato su teatri, cinema, live club, set di produzione e altri luoghi attorno a cui ruotano tanti lavoratori autonomi e intermittenti.

I professionisti dello spettacolo stanno sentendo il peso della crisi economica soprattutto per la mancanza di inquadramenti professionali che ne tutelino l’operato in condizioni di difficoltà. Per far fronte a quella che potrebbe diventare una vera e propria emergenza culturale, tanti artisti ed enti privati si sono riuniti attorno al tavolo della solidarietà per dare vita a Scena Unita, un fondo per sostenere i lavoratori dello spettacolo e le loro famiglie.

Nel comunicato stampa ufficiale dell’iniziativa si legge che il settore dello spettacolo è un sistema complesso non sempre dotato di strumenti adeguati, sia da un punto di vista di inquadramento professionale che rispetto al sostegno economico alle realtà che lo compongono da parte dello Stato. L’emergenza sanitaria ha generato un peggioramento progressivo della situazione economica del settore che oggi rende non sostenibile la sopravvivenza delle persone e delle realtà, profit e no profit, che in esso operano.

Gli obiettivi di Scena Unita per far ripartire il settore dello Spettacolo

Scena Unita vuole dare un aiuto concreto a quei lavoratori impossibilitati ad operare in questo momento e sostenere una futura ripartenza del settore attraverso la realizzazione di questi obiettivi:

  1. Sostenere i lavoratori i cui requisiti saranno definite da un apposito bando
  2. Supportare le attività formative che risponderanno ai criteri del bando
  3. Supportare i progetti che potranno innescare nuove occasioni di lavoro.

Il fondo sarà gestito da CESVI, in collaborazione con Music Innovation Hub e La Musica Che Gira. Mentre le attività per realizzare gli obiettivi del fondo saranno elaborate da un comitato tecnico scientifico formato da Fondazione Centro Studi Doc, Fondazione Fitzcarraldo, cheFare, #chiamateNoi, Squadra live, 42 Law Firm, Associazione Unita e altre personalità di spicco: il professor Stefano Baia Curioni e la professoressa Dubini dell’Università Bocconi, il professor Gianluca Scarchillo dell’Università La Sapienza, il professor Fabio Dell’Aversana della Federico II, Maurizio Roi esponente di Mediartecultura e Art-booking e Andrea Marco Ricci di CAM/Note Legali/Nuovo IMAIE.

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La raccolta fondi

Oggi Scena Unita ha già raccolto 2 milioni di euro grazie al contributo di tanti artisti e brand, tra cui Achille Lauro, Chiara Ferragni, Manuel Agnelli, Carlo Verdone, Fiorello, e tanti altri.

Tra i brand che hanno supportato la comunità creativa vi sono Intesa Sanpaolo, Estetista Cinica, Fendi, Amazon Prime, Vertigo, Friends & Partners, Magellano Concerti, Vivo Concerti, Live Nation, Arcobaleno Tre Srl, Sony Music Entertainment Italy, Warner Music, Universal Music Italia, FIMI, Endemol Shine, Fremantle Italia, Layla Cosmetics, Trident, BPM Concerti,
42 Records, Bomba Dischi, Eclectic, DNA Concerti, Tanta Roba, Alchimia e SDL.

Chiunque può impegnarsi in prima persona facendo una donazione attraverso ForFunding.it la piattaforma di crowdfunding implementata sul sito di Intesa San Paolo con l’obiettivo di raccogliere 400mila euro.

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La precarietà dei lavoratori dello spettacolo

Quello della precarietà dei lavoratori dello spettacolo non è un tema nuovo. Chi sceglie di lavorare in questo settore sa benissimo che tra un lavoro e l’altro, tra una rappresentazione e l’altra, tra un concerto e l’altro, c’è di mezzo un mare di possibilità e di precarietà.

Gli intermittenti dello spettacolo sono tantissimi: i lavoratori della tv, quelli del teatro, quelli del cinema, quelli della musica, quelli della danza e quelli del circo. Basta pensare a tutte le figure professionali che sono dentro all’organizzazione di un evento quale può essere un concerto o uno spettacolo. Fonici, tecnici delle luci, montatori, scenografi, maschere, addetti alle biglietterie, assistenti alla produzione, ecc. Tutte figure professionali, precarie, rimaste fuori per troppo tempo da ogni tipo di riflessione politica ancorata alle logiche fordiste dei grandi contratti collettivi nazionali. Forse il Covid-19, la Pandemia, la crisi economica, possono essere l’occasione per invitare i governi a riflettere in maniera concreta circa le peculiarità di questo settore. In fondo anche nello spettacolo della politica entrano in gioco queste professionalità. Prima di presentarsi in conferenza stampa c’è qualcuno che ti trucca, c’è una macchina da presa, ci sono i tecnici delle luci, ecc.  Lo spettacolo dovrebbe continuare per tutti, nessuno escluso.