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  • Workspace: il COVID-19 segna l’addio agli open office

    Gli open office, croce e delizia per le aziende, stanno per scomparire per sempre? Statistiche e previsioni sugli uffici di domani

    10 Novembre 2020

    • Il COVID-19 ha trasformato il nostro modo di approcciarci al lavoro. Dagli uffici siamo passati al salotto di casa, lavorando da remoto
    • Abbiamo lasciato in sospeso la nostra postazione in un open office spazioso, ma cosa troveremo al nostro ritorno? Diremo per sempre addio agli uffici condivisi? 

    Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

    Le parole sono di Winston Churchill e noi non possiamo far altro che annuire con la testa e pensare a questo 2020. Quanti sono stati i cambiamenti che abbiamo dovuto affrontare quest’anno? Nelle ultime settimane sentiamo più forte, sulla pelle, quell’aria d’incertezza che sembra schiacciarci, giorno dopo giorno, nell’attesa di nuove regole, nuove norme e altri cambiamenti. Non possiamo tirarci indietro, presto dovremo affrontarne altri e nessun ambito sarà escluso, specialmente quello lavorativo. Il COVID-19 ha stravolto i nostri piani e ha rivoluzionato il mondo del lavoro, modificandone l’approccio che avevamo. Abbiamo cambiato modo di lavorare e il luogo. Dagli open office dove tutti eravamo riuniti insieme, siamo passati al salotto di casa, destreggiandoci tra telelavoro, faccende di casa e la solitudine di un PC lampeggiante.

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    A cambiare, siamo cambiati, ma alla fine, siamo davvero migliorati?

    Lavorare da remoto: come è andata davvero?

    Le giornate ci sono sembrate infinite. La mattina sveglia presto accompagnata dall’ormai inseparabile nausea mattutina dovuta alle notizie e l’ansia per la pandemia. Ore e ore al PC, una breve pausa, un pranzo veloce e si riattaccava a lavorare. Non tutti abbiamo avuto le stesse esperienze, c’è chi, purtroppo, non ha potuto nemmeno lavorare, e chi ha avuto tante difficoltà a relazionarsi con il lavoro da remoto. Il pensiero andava spesso agli uffici semivuoti che ci siamo lasciati alle spalle, e qualcuno ha anche rimpianto la calca degli open office.

    Ovviamente ci sono state persone che invece hanno adorato questo nuovo modo di lavorare e non ne vorrebbero più fare a meno. Il lavoro da remoto non è però flessibile come lo smart working e all’inizio tutti abbiamo fatto molta confusione tra i due.

    I pareri sono diversi, e le discussioni tra le due fazioni di chi ama e odia lavorare da remoto, diventano sempre più accese.

    I pro e i contro

    Lavorare da remoto significa trasformare totalmente il punto di vista su come e dove lavorare. Non esiste più un ufficio, non c’è quel solito brusio che accompagna le giornate e che aumenta durante le pause, quando tutti si riuniscono per un caffè o un pasto leggero. open office LEGGI ANCHE: 5 miti che sopravvivono ancora sul lavoro da remoto, da sfatare nel 2020 Gli open office erano il teatro dove si intervallano suoni e immagini che scandivano una normale giornata lavorativa: il ticchettio delle scarpe dei colleghi che, frenetici, si spostavano da una scrivania all’altra, il fruscio dei documenti svolazzanti e il bip incessante delle mail. Ora sono semi deserti e non sicuri.  Tutto sta cambiando, e la nostra casa è diventato il posto dove vivere e lavorare. Spesso le due cose si mescolano tra loro, provocando smarrimento. La voglia di tornare alla normalità è tanta, ma non abbiamo idea di cosa troveremo al nostro ritorno.

    Come cambiano gli uffici

    In uno scenario in continua evoluzione quello che sappiamo è che al nostro ritorno gli uffici non saranno più gli stessi, specialmente gli open office. La storia di come si sono affermati nelle aziende e la loro evoluzione è interessante, anche se non tutti amano questa tipologia d’ufficio. 

    L’evoluzione dell’open office

    Alla fine degli anni ’60, l’open office iniziò davvero ad affermarsi come design popolare per i luoghi di lavoro. Burolandschaft, originariamente un approccio progettuale tedesco che si traduce in “office landscape”, mirava a democratizzare il posto di lavoro e creare una maggiore interazione tra tutti i colleghi. In risposta alla crescente popolarità dei vasti spazi per uffici aperti, Robert Propst, presidente di Herman Miller Research Corporation, dichiarò che l’ufficio era una terra desolata che prosciuga la vitalità, blocca il talento, frustra la realizzazione. Secondo il suo parere, un ufficio non aveva bisogno solo di sedie e scrivanie, ma di un arredo.  La replica dell’azienda fu il debutto dell’Action Office, il primo spazio per cubicoli flessibili, che offriva un ambiente di lavoro alternativo e con un po’ di privacy.  Man mano che un numero sempre maggiore di aziende si avvicinò all’idea di Action Office e alla sua flessibilità modulare, il concetto cambiò e si trasformò in una produzione di massa di quelli che ora conosciamo come cubicoli. 

    Odi et amo: come i lavoratori vedono l’open office

    L’open office non ha un largo consenso tra gli addetti ai lavori, ma perché? Amato dalle aziende perché consente di risparmiare denaro nella creazione e gestione degli uffici, è odiato dai dipendenti per diversi motivi:
    • la produttività personale è ridotta;
    • la mancanza di privacy;
    • i lavoratori si sentono esposti e monitorati;
    • rafforza il comportamento sessista a discapito delle donne.
    Nonostante tutto, è stato anche dimostrato che migliora la cooperazione e la comunicazione. Il senso di comunità e la capacità di condividere conoscenze e idee sono le principali attrazioni del co-working. Gli ultimi studi hanno effettivamente dimostrato che lavorare in un open office diminuisce la collaborazione dal vivo aumentando, invece, il coinvolgimento tramite posta elettronica. La produttività dei dipendenti è ridotta perché le persone si sentono a disagio. In uno studio è anche emerso che specialmente le lavoratrici, si sentono osservate la maggior parte del tempo e giudicate in base al proprio outfit. Alcune di loro hanno perfino cambiato modo di vestirsi e truccarsi. Molte donne sono consapevoli di essere costantemente osservate e il loro aspetto continuamente valutato, e questo le fa sentire inadeguate senza una reale motivazione.

    Le persone hanno diversi problemi con uffici aperti e cubicoli, che hanno poca privacy, alti livelli di rumore, meno spazio e, apparentemente, un controllo della temperatura peggiore. Nel complesso, molti più lavoratori operanti in cubicoli e uffici aperti sono insoddisfatti del proprio ambiente di lavoro rispetto alle persone che lavorano in uffici privati.

    La mancanza di spazio nei cubicoli e nei layout open space degli uffici è la ragione principale della frustrazione dei lavoratori. Di tutti i fattori valutati, la quantità di spazio è stata considerata la più importante.

    Cosa ci manca della vita d’ufficio

    Abbiamo visto che l’open office non è per tutti un ambiente di coesione e libertà, ma di fatto ha segnato un cambio di rotta nella gestione dell’ufficio. Le cose che probabilmente più ci mancano sono quei semplici gesti che prima erano normalità e che ora ci sembrano quasi fantascienza, e uno dei modelli che potrebbe estinguersi è proprio quello dell’open office. La possibilità di scambiare informazioni dal vivo sui progetti e sulle strategie da seguire per raggiungere gli obiettivi prefissati, ma anche due chiacchiere in fila alla macchinetta del caffè sono cose che non si possono replicare lavorando da remoto. Adesso ognuno di noi è dislocato in un punto diverso, magari in città o addirittura Paesi diversi, lì davanti allo schermo, solo. Per quanto sia più sicuro e molti hanno trovato migliore lavorare da remoto piuttosto che in ufficio, evitando l’agognato pendolarismo e riuscendo a gestire meglio il proprio tempo, abbiamo la mancanza dell’ufficio così come lo conosciamo. Forse questa velata malinconia è dovuta al fatto che non conosciamo realmente come potrebbe essere quello che ci aspetta, il nuovo ufficio che varrà. Se effettivamente ci sarà.

    L’ufficio di domani: dati e previsioni

    Secondo un sondaggio effettuato tra diverse aziende tecnologiche, meno della metà degli uffici open space manterrà questo tipo layout nell’era post-pandemia. La maggior parte sta valutando di apportare delle modifiche per tutelare le aziende e il personale. Mentre pianificano di riunire nuovamente la propria forza lavoro in ufficio, vengono effettuati numerosi calcoli per fornire un ambiente che mantenga i lavoratori al sicuro, sani e produttivi.

    La ricerca di Savills

    Condotto dalla società immobiliare commerciale Savills in agosto e settembre, il sondaggio ha chiesto a 250 aziende tecnologiche, per lo più in Nord America, come la pandemia avesse influenzato i loro piani per la crescita degli spazi d’ufficio e sulla forza lavoro nel breve termine. Prima dell’inizio della pandemia, il 46% degli intervistati ha affermato che i loro uffici erano interamente a pianta aperta, con panchine o cubicoli. Proiettandosi in un prossimo futuro, meno della metà, solo il 22% degli intervistati, ha affermato che continuerà a mantenere il proprio piano open office. Anche gli intervistati con un mix di piani per lo più aperti e alcuni uffici privati ​​hanno affermato che probabilmente cambieranno la struttura degli uffici. 

    Ricreare nuovi assetti di lavoro abbandonando l’open office non è l’unico fattore che segnerà i grandi cambiamenti in arrivo nei settori più tech. Secondo il sondaggio, anche gli uffici potrebbero diventare più piccoli.

    Oltre l’80% degli intervistati afferma che ridimensionerà gli spazi. Più della metà degli intervistati ha affermato che si libererà di almeno una parte, se non la maggior parte, dei propri uffici entro il prossimo anno e mezzo.

    Ma questo non significa che l’ufficio sta scomparendo. Solo un decimo degli intervistati ha affermato di aspettarsi che oltre il 60% dei propri dipendenti lavorerà a tempo pieno in remoto in un ambiente post-vaccino.

    Addio open office?

    Quindi, se l’open office sta man mano scomparendo, ma gli uffici stessi sono contemplati nel futuro della maggior parte delle aziende, cosa ci aspetta? 

    Per la maggior parte degli intervistati, questa è una domanda che non ha ancora trovato risposta. Quasi un terzo ha affermato che sta ancora valutando la pianificazione del posto di lavoro, e il 40% ha affermato di non aver ancora deciso i futuri layout dei nuovi uffici.

    Tra i cambiamenti presi in considerazione, troviamo:
    • corridoi più ampi con pedonabilità unidirezionale;
    • migliore filtrazione dell’ariaù;
    • comandi touchless per ascensori;
    • materiali antimicrobici di nuova costruzione;
    • videoconferenza, anche all’interno dell’ufficio, per evitare la sala conferenze.

    La pandemia ha avuto un impatto significativo sulla forma e sulla gestione del lavoro, ma le sue implicazioni sono ancora in evoluzione. Non ci resta che aspettare i prossimi mesi.