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eCommerce 2019 e coronavirus

eCommerce: +17% nel 2019, ma il Coronavirus stravolge il settore

Il Coronavirus colpisce e modifica anche il mercato dell’eCommerce. È quanto emerge dal report E-commerce in Italia 2020 – Vendere online ai tempi del Coronavirus” della Casaleggio Associati, presentato questo pomeriggio durante un evento in streaming agli operatori del settore e al grande pubblico.

Giunta alla XIV edizione la ricerca ha analizzato i dati relativi alle vendite online nel 2019 che registrano una crescita del fatturato del 17% per un totale di 48,5 miliardi di euro.

Un focus è stato dedicato all’andamento del mercato negli ultimi mesi durante i quali l’obbligo di rimanere a casa ha portato a modificare fortemente le abitudini di acquisto in tutto il mondo. Il 54% delle aziende eCommerce intervistate, però, ha visto calare il proprio fatturato a causa del Coronavirus, mentre solo il 21% lo ha incrementato. Chi ha perso fatturato lo ha dimezzato, in media -54% del fatturato.

eCommerce in Italia 2019

Cosa racconta l’ultimo report sul mercato italiano

Il report, realizzato mediante l’elaborazione di studi e ricerche di mercato, articoli di attualità ed esperienza sul campo di Casaleggio Associati, nonché attraverso una survey online e interviste di approfondimento con alcuni dei principali operatori del mercato, ci dice che agli italiani acquistare online piace. Il 76% dei consumatori acquista da mobile, il 98% ha acquistato almeno una volta sui marketplace e oltre 31,6 milioni di persone nel 2019 hanno acquistato online da siti esteri, in particolare da Cina, UK, Stati Uniti e Germania.

“Da 15 anni l’e-commerce in Italia cresce a doppia cifra – spiega Davide Casaleggio, Presidente della Casaleggio Associati – ma negli ultimi mesi è stato registrato un calo fortissimo di transazioni in settori fino ad oggi dominanti online quali il turismo, a favore di altri fino a questo momento considerati marginali come l’alimentare che ha avuto una crescita a tre cifre. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale che durerà nel tempo e che modificherà fortemente l’economia e l’organizzazione del business di molte aziende oltre che la società intera. Se fino ad oggi era normale ricevere una pizza a casa, da oggi in poi sarà normale ricevere anche un cacciavite”.

eCommerce in Italia 2019 casaleggio associati

I dati

Le aziende eCommerce italiane che vendono all’estero sono state il 61% (+5% dallo scorso anno), mentre il 39% vende solo in Italia. La carta di credito è il mezzo di pagamento più diffuso (28%), seguita dai digital wallet (23%), dal bonifico (19%), dal pagamento alla consegna (17%), pagamento via mobile (7%) e altri per il 6%.

Nel 2019 il Tempo libero è stato il settore più importante per l’eCommerce (rappresenta il 42,7% del fatturato totale), seguito dal Turismo (25,6%). Il primo cresce del 21% rispetto all’anno precedente, mentre il turismo che è un settore maturo in termini di eCommerce del 7%. I centri commerciali rappresentano il 15,5% con una crescita del 25%.

Gli altri settori rappresentano tutti dati più bassi del 5% dello share e raggiungono complessivamente il 16,2% del totale del fatturato. Le Assicurazioni, che crescono del 4% in fatturato, rappresentano il 4,6% dello share. Salute e bellezza cresce del 27%, seguendo il trend dello scorso anno ma rappresenta ancora solo lo 0,4% sul totale. Casa e arredamento cresce del 25% e arriva a rappresentare lo 0,9% del totale. Alimentare cresce del 19%, grazie sia al food delivery che al largo consumo, e rappresenta il 3,1% del totale. Elettronica di consumo cresce del 17% (3,3% del totale), Moda cresce del 16% (2,1% del totale), Editoria dell’11% (1,8% del totale) dove più di un libro su quattro oggi viene venduto online.

Ma con l’avvento del Coronavirus tutto è cambiato e l’alimentare, con il suo 3,1% del totale del fatturato dell’eCommerce in Italia diventato il settore merceologico con più transazioni.

In crescita il settore Salute e Bellezza, soprattutto grazie al pharma, e l’Editoria, grazie ai contenuti in streaming. L’elettronica non si ferma e vede crescere in particolare gli acquisti di laptop, notebook, stampanti, e piccoli elettrodomestici, ma con scontrini più bassi. Il settore Moda subisce un impatto negativo dovuto alla mancanza di necessità del prodotto che impatterà su tutto l’anno. Il tempo libero sta subendo l’influenza della limitazione delle opportunità di gioco fisiche. Gli ordini di giocattoli sono aumentati considerevolmente, così come di accessori per gli hobby casalinghi o gli ordini di sex toys. L’acquisto di articoli sportivi è limitato, mentre il comparto eventi subisce un impatto fortemente negativo a causa della sospensione degli stessi. Fanalino di coda il turismo.

eCommerce in Italia 2019_coronavirus

L’emergenza Coronavirus per l’eCommerce in Italia

“Ma se la gente in questi mesi sta incrementando gli acquisti online, dall’analisi condotta da Casaleggio Associati su 58 operatori rappresentativi di tutti i settori merceologici, emerge che la maggior parte delle aziende non vede un miglioramento dei propri affari – spiega Davide Casaleggio – E chi ha incrementato il proprio fatturato fa fatica a stare dietro agli ordini con un +96% di incremento medio in settori come l’intrattenimento online e la formazione, o i negozi online di alimentari che da soli hanno visto un +300%”.

Le aziende eCommerce italiane hanno dovuto riorganizzarsi per gestire il momento critico. In particolare gli ambiti valutati più sotto stress sono legati all’organizzazione con lo smart working (31%), la logistica (27%) e l’approvvigionamento di prodotto (21%). Ma il tema che sembra inquietare anche chi ha visto un aumento delle vendite è la questione finanziaria, sia per uno scoraggiamento generale degli investitori che per una generale maggiore rigidità nei pagamenti per paura di non incassare da parte delle altre aziende con cui collaborano.

“L’esperienza Covid spingerà a ripensare i canali di comunicazione a partire dal ruolo dei social fino all’integrazione con un modello fisico digitale dei punti vendita – spiega Luca Eleuteri, Socio fondatore della Casaleggio Associati – Ci dovrà essere una spinta verso l’utilizzo di canali proprietari che oggi ha un peso del 50% sui fatturati rispetto ai marketplace più blasonati che sottraggono margine ai brand. Un equilibrio da trovare per le Piccole e medie imprese e i commercianti tra investimenti per incrementare la visibilità del prodotto attraverso la presenza sui social e margine da cedere ai marketplace”.

Undertourism e turismo di prossimità, le nuove tendenze per viaggiare ai tempi del Coronavirus

  • La popolazione mondiale vede nella pandemia un momento che ci cambierà per sempre: dai comportamenti d’acquisto, alle possibilità economiche e al mondo del lavoro, fino al modo di viaggiare;
  • Per l’estate 2020 si punta tutto sul turismo di prossimità con incentivi economici e iniziative promosse dalle più note organizzazioni per tornare a #viaggiareinitalia riscoprendo posti inesplorati e poco conosciuti;
  • Non possiamo permetterci di far entrare in crisi un comparto economico che vale circa 230 miliardi di euro.

 

Ormai è chiaro, questa pandemia ha cambiato e cambierà le nostre vite e non solo nei rapporti umani, ma anche gli scenari economici di un intero mondo.

Il sentiment mondiale diffuso è di pessimismo e panico, soprattutto in termini di “impatto economico” che il COVID avrà sul mondo del lavoro e sulle economie.

La fase 2 è iniziata, ma la fase 3 sembra ancora molto lontana. Ecco allora che ogni individuo fa previsioni su quella che sarà la sua nuova vita dopo Covid e un tema, in particolare, vista la stagione, si fa caldo: come sarà la mia estate? Potrò andare al mare? Potrò uscire dai confini della mia regione?

Le risposte non sono ancora chiare, ma le iniziative a sostegno del cosiddetto turismo di prossimità si fanno avanti.

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Nulla sarà come prima: meno ottimismo, ma più importanza agli acquisti online e vicino casa

Se tra fine febbraio ed inizio marzo si pensava che il Covid fosse come un influenza invernale, solo “più forte”, oggi lo scenario è completamente diverso: una pandemia mondiale che ha rinchiuso un intero pianeta in casa, confinato.

Come è evoluta, in peggio, la convivenza mondiale e l’economia globale, così sono cambiate le aspettative e l’atteggiamento delle persone che in questo mondo ci abitano.

L’ottimismo della popolazione mondiale verso quello che sarà dalla fase 3 in poi è precipitato del 40% da marzo, un sentimento di incertezza sta dilagando con particolare attenzione al mondo economico e del lavoro: tra il 25 e il 63% dei soggetti crede che le possibilità economiche continueranno a calare anche nel prossimo futuro.

La tendenza, quindi, è quella di concentrare il proprio potere di spesa nei comparti:

  • food, con un incremento di flussi più sui prodotti base a vantaggio dell’homemade, rispetto al cibo da asporto con ovviamente conseguenze negative su tutto il settore ristorazione e delivery;
  • prodotti per la casa, moltissime persone hanno approfittato di questo lockdown per ritornare a vivere la propria casa riorganizzandola al meglio per smart working e tempo libero;
  • prodotti per l’igiene anche personali, il virus ci ha insegnato e ci ha portato a dare un vero valore a sanificazione e pulizia;
  • Home Entertainment, la fruizione in streaming di contenuti audiovisivi ha registrato incrementi anche di più del 50% in alcune zone del mondo.

Online – Delivery – Corner Shop, le tre parole che stanno caratterizzando questo periodo di reclusione e che dai sondaggi potrebbero rappresentare anche il futuro della spesa post-Coronaviurs. In generale il ritorno ad acquistare in grandi centri commerciali affollati non è tra gli obiettivi futuri.

Le abitudini dei consumatori si sono dirottate sugli acquisti di prossimità nei piccoli negozi, se la presenza fisica è necessaria, perché più controllati e con spazi ridotti, gli stessi negozi che grazie a questa pandemia si sono organizzati con un servizio delivery: un piccolo servizio a volte anche alquanto improvvisato, ma che ha rappresentato quasi una mossa di marketing per qualcuno (ne approfitto per farmi conoscere dalla mia città e attiro una nuova e diversa clientela che probabilmente non avrei mai intercettato).

L’online, invece, non è solo rappresentativo degli acquisti a distanza, ma anche delle nuove abitudini lavorative e di relazione sociale, fatto di smart working e di video aperitivi con gli amici.

E in Italia?

L’ottimismo italiano ha subito una brusca frenata in questo periodo: la maggior parte degli italiani si dividono tra incerti e pessimisti, con solo un piccolo spiraglio di positività concentrato da marzo in poi.

Le preoccupazioni si concentrano per la maggior parte sul rimbalzo economico negativo che il Covid rappresenterà e i comportamenti di spesa si uniformano a quelli mondiali per attenzione al delivery e spesa di prossimità oltre che per i settori merceologici (food, igiene, casalinghi e intrattenimento).

Abbiamo lasciato per ultimo, ma non per importanza, uno dei temi tra i più discussi da qui in poi, il cosiddetto turismo di prossimità.

Con il periodo estivo alle porte fa capolino anche l’industria del turismo con tutti i temi che il viaggiare comporta e che cambierà sicuramente dopo questa pandemia. Scordiamoci, quindi, almeno per ora, il viaggio come l’abbiamo sempre fatto: grandi distanze, folla, contatto umano, mete celebri e iniziamo a pensarlo come vicino e di prossimità, lento e alla scoperta di luoghi inesplorati.

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Un nuovo modo di viaggiare Undertourism e Staycation

Se quello che troveremo dopo il passaggio del Covid-19 è ancora incerto, una cosa è sicura e lo è già dall’estate 2020, il turismo sarà un’industria che sarà cambiata in modo radicale e che dovrà superare una crisi senza eguali, fatta di incertezze oltre che di cambiamento.

Gli studi stimano che il turismo sia un settore che prima della pandemia ricopriva a livello globale circa il 10% delle attività economiche con un contributo attestato tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari.

Ma ora?

I primi segnali vengono dati dal mondo aereo e navale con il fallimento di diverse compagnie aeree, oltre che di quelle del comparto crociere accusate tra le altre cose di essere stati focolai virali inconsapevoli all’inizio della pandemia, seguiti dalla crisi economica registrata da quei Paesi, a volte anche meno sviluppati, che avevano fatto del turismo incoming la loro forza. Si basti pensare alle più famose mete esotiche come Filippine, Maldive o Coste Africane.

Sicuramente il viaggio come lo conoscevamo prima con voli intercontinentali e cambio di emisferi sarà da accantonare almeno per un po’, con il rischio che non si torni più al passato.

Ecco allora che si parla di turismo di prossimità, ossia il movimento che porta il turista a riscoprire il suo Paese e a ripartire dalle origini per ritornare ad esplorare il mondo.

Ma prima un po’ di dati per capire il rimbalzo che la pandemia avrà anche sul nostro Paese, considerato tra i più belli al mondo.

Se il turismo di prossimità porterà ad un incremento di turismo italiano, escluderà la fetta del turismo internazionale, soprattutto quello europeo, che per l’Italia rappresenta più del 75% del numero di notti consumate. Prima su tutte la Germania con il suo turismo lacustre dalla primavera fino al raggiungimento del picco durante la stagione calda, giugno – agosto, trimestre nel quale si concentrano il 50% di tutte le prenotazioni dell’anno.

Il turismo è un’industria stagionale e, per il significato stesso del termine, concentra i suoi ricavi e costi nella stagione estiva: una mancata apertura o un’apertura con il numero della clientela dimezzata potrebbe essere davvero un grave problema, si prevedono perdite di 7,5 miliardi di euro. Riaprire in uno scenario come questo significa stessi costi ma minori incassi. Quindi cosa fare?

Due le parole fondamentali: salvataggio e ripresa.

Salvataggio, compito del governo e delle associazioni di categoria, con iniezioni di capitali e finanziamenti a fondo perduto.

La ripresa, anche compito nostro, la fase in cui ripartire, limitati e diversi, ma ripartire tornando a privilegiare la prossimità, l’italianità, il km 0, anche nel tempo libero.

Ecco che proprio nell’ambito della ripresa torniamo a parlare di staycation e undertourism.

Per staycation si intende, appunto, turismo locale e di prossimità con mete a corto raggio e vicino casa. Potremmo dire l’Italia agli italiani, la Francia ai francesi, la Spagna agli spagnoli, e così via.

Per undertourism, invece, intendiamo quella modalità di viaggio contrapposta all’overturism, per cui i viaggiatori andranno a cercare posti inesplorati, poco affollati, “nuovi”. Una bella opportunità per quei comuni che ospitano borghi storici poco valorizzati o per spazi nella natura in cui organizzare attività di esplorazione.

Insomma un viaggio più consapevole per un viaggiatore più attento.

E anche il Governo punta ad aiutare nella ripresa con il Bonus Vacanze, fino a 500 euro di incentivo per chi soggiornerà in Italia per le sue vacanze. Il voucher verrà assegnato, però, per reddito e nucleo familiare e sarà confermato nel nuovo decreto in uscita a maggio.

Nonostante le incertezze sia in materie di regole e di istruzioni per la riapertura sicura di stabilimenti balneari e strutture ricettive, bar, ristoranti e servizi turistici compresi, la voglia di ripartire c’è e gli italiani iniziano, nonostante tutto, a pensare alle vacanze.

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Dall’hashtag #ripartiamodallitalia a tutte le altre iniziative per il turismo

Da ogni momento buio nascono le migliori opportunità e lo voglio pensare anche in questo caso e forse è la stessa scintilla che ha spinto FTO, Google e gli altri che hanno trovato in campagne fotografiche ed Hashtag che stanno facendo il giro del mondo un’opportunità per farsi e far conoscere.

Le iniziative nate a favore e dall’industria turistica sono molteplici e in pochissimo tempo hanno saputo raccogliere migliaia di post generando altrettanti commenti ed interazioni perchè, si sa, il viaggio unisce.

Citiamo alcuni esempi.

Il primo caso è quello di FTO, Federazione del Turismo Organizzato, che insieme ad ASTOI Confindustria Viaggi e alcuni dei più grandi touroperator hanno lanciato “Il manifesto per il turismo Italiano” che con l’hashtag #ripartiamodallitalia vogliono chiamare a raccolta operatori del settore ed instancabili viaggiatori che sponsorizzino la bellezza italiana nel mondo sostenendo gli operatori del settore.

La petizione, disponibile online e che ha già raccolto più di 56.000 firme, ha come obiettivo quello di promuovere l’Italia come meta per sostenere tutto il comparto turistico, non solo le strutture ricettive, ma anche tutta la filiera dell’accoglienza turistica, dalla ristorazione ai servizi dell’accoglienza dal valore di circa 220 miliardi di euro.

Il secondo obiettivo è quello di salvare il turismo italiano e l’Italia tra le mete da visitare almeno una volta nella vita, andando a raccontare non solo le mete più conosciute, ma anche l’Italia nascosta, inesplorata.

Infine l’appello vuol arrivare anche alle istituzioni e al governo che, mai come ora, devono avere un ruolo centrale nella ripresa creando anche dei fondi dedicati all’emergenza o sospendendo il pagamento di imposte e tasse per questo periodo.

Sempre di FTO ma con Travelgram, Yallers e TrustForce è il contest #viaggiainitalia.

Un contest fotografico tramite Instagram che mette in palio per le migliori 7 foto pubblicate vacanze in catamarano e barca a vela in collaborazione con Be2Sea.com. Il contest è aperto fino al 14 giugno e ha già raccolto migliaia di interazioni con centinaia di post scatenando la partecipazione anche di agenti di viaggio e operatori del settore con del materiale fotografico in grado di scatenare l’interesse di nuovi e potenziali clienti.

I Travel Blogger italiani ed Emergency, invece, si sono uniti per creare una guida digitale sui 270 luoghi e più da non perdere in Italia che sarà disponibile per tutti coloro che doneranno al progetto. I soldi raccolti saranno utilizzati da Emergency per iniziative benefiche, non solo per il Covid, ma anche per le altre iniziative in cui la no profit è impegnata.

Google, infine, punta su quello che sa fare meglio: il digitale, fornendo gratuitamente ai suoi naviganti la possibilità di visitare città e mostre in tutto il mondo comodamente dal divano di casa per una cultura ed un viaggio senza limiti.

Ultime, ma per la difficoltà di organizzazione, saranno le grandi città culturali italiane come Firenze o Venezia che dovranno ripensare ad un nuovo modo di fare vivere le loro bellezze ai turisti provenienti da tutto il mondo e, perché no, dalla città stessa. Forse quando ci vivi in città come queste, dopo un po’ ti perdi la poesia di esplorarle, ecco che questo periodo di chiusura forzata ha ridato le città in mano ai loro abitanti.

Una cosa è certa, dopo questa pandemia, in ogni settore economico, la produzione e il servizio local sembrano aver vinto sul global cambiando anche i comportamenti d’acquisto della clientela nazionale ed internazionale.

linkedin employee branding

Come sostenere i dipendenti e rafforzare la presenza del brand su LinkedIn

  • La presenza e visibilità digitale dei propri dipendenti è percepita come la reale estensione di un’azienda;
  • L’avvio di un’attività di Social Selling che includa l’intero team, può rivelarsi un’azione più che vincente. Formidabile.

 

Su LinkedIn i dipendenti sono la tua arma in più: ecco la rivoluzione social. Coinvolgere i tuoi dipendenti a sviluppare ed ottimizzare i loro profili social può rivelarsi un’ottimo modo per rafforzare una brand reputation coerente e vincente, agli occhi di tutti. Specialmente se ciò avviene all’interno della piattaforma professionale per eccellenza.

La presenza e visibilità digitale dei propri dipendenti, anche su Linkedin, è percepita come la reale estensione della tua azienda. Può inoltre rappresentare un campo fertile per sviluppare anche il cosiddetto Talent Brand, coinvolgendo, così, nuovi follower della pagina aziendale e migliorando anche la diffusione di eventuali offerte di lavoro.

Il concetto è ben riassunto da Mark Burgess, speaker TEDx ed autore di The Social Employee. Grazie anche al supporto della moglie Cheryl, descrivono tutto ciò attraverso il configurarsi di una vera e propria rivoluzione social: “Con la trasparenza e la possibilità delle connessioni personali, offerte dai Social Media, tentare di vendere con promozioni costruite e non autentiche non funziona più. Stiamo invece assistendo alla crescita di un team social che crea e offre al cliente una proposta win/win facendo leva sul suo personal branding per creare fiducia ed aumentare la superficie digitale del brand per cui lavora”.

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I dati che fanno riflettere

Oggi, il messaggio più “socialmente credibile” è quello su misura, quello personale e che proviene da una fonte attendibile. Ha più valore, dati alla mano, l’intera forza lavoro, non includendo i vertici aziendali o del dipartimento marketing. Ecco di seguito alcuni studi che confermano ciò:

  • già nel 2015 Edelman Trust Barometer riscontrava che i consumatori hanno il doppio delle probabilità di fidarsi di un dipendente rispetto al CEO o alla relativa agenzia di PR.
  • Lo stesso studio, nel 2018, che trova ancora oggi un continuo e crescente riscontro, ha confermato come le voci più autorevoli all’interno di un’azienda, stanno riguadagnando credibilità.
  • Secondo il Pew Research Center, i dipendenti, quelli più fidati, hanno una media di 634 persone nei loro canali social media che sono potenzialmente “influenzabili”.
  • Uno studio di Dell ha rilevato, inoltre, come il 90% della audience social di un dipendente è solitamente nuovo per il brand.
  • Ogni dipendente riflette un potenziale di 570 nuovi collegamenti alla tua azienda.

Andiamo oltre… L’avvio di un’attività di social selling che includa l’intero team, può rivelarsi un’azione più che vincente. Formidabile.

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LinkedIn

Coinvolgi il tuo team e spiega i reali vantaggi

In questa strategia aziendale gli sforzi ripagheranno tutti. Dapprima il brand, ma di conseguenza anche i dipendenti.

Ecco i cinque motivi concreti da spiegare ai dipendenti. La migliore chiave verso il successo aziendale è dimostrare, dapprima ai tuoi dipendenti, che grazie alla loro partecipazione più attiva in ambito social media e la relativa ottimizzazione dei propri profili LinkedIn potranno:

  1. avere più valore all’interno di un network professionale che riconosca il loro ruolo di esperti;
  2. rafforzare ed incrementare la propria autorevolezza;
  3. fungere da magnete per altri esperti di talento che potrebbero unirsi al team;
  4. assorbire nuove competenze ampliando la rete di contatti;
  5. supportare l’attività di caring e risolvere i problemi ai clienti, elevando la notorietà ed il consenso positivo verso il brand.

Ancora oggi, purtroppo, in numerosi casi i profili dei manager dei brand non sono allineati sulle potenzialità di LinkedIn dato che lo percepiscono solo come l’ennesima attività all’interno dei loro plan settimanali. Insomma, un mero refresh delle proprie abilità ed esperienze.

Ecco, quindi, che presentare e spiegare loro gli innumerevoli vantaggi di un’ottimizzazione concreta dei propri profili, premiandone gli sforzi e riconoscendo loro anche un premio in taluni casi, può rivelarsi efficace per il successo aziendale e del singolo che, oggi come non mai, risulta essere di gran lunga migliore e facile da intuire e gestire, grazie alla digital transformation: essa mette a disposizione, ogni giorno, nuovi strumenti per facilitare tutto ciò.

social distancing whipper burger king

Burger King riapre al pubblico e lancia la novità: il Social Distancing Whopper

I ristoranti di Burger King hanno riaperto da oggi gli oltre 220 punti in Italia e per festeggiare questo importante momento il brand ha lanciato il Social Distancing Whopper®, il panino con tre strati di cipolla che aiuta gli altri a starti lontano, disponibile in tutti i punti vendita allo stesso prezzo del classico Whopper®.

Burger King non manca di riaccogliere i suoi clienti con lo spirito e anche l’umorismo che lo contraddistingue da sempre e così, proprio quando la distanza sociale rappresenta una delle regole fondamentali per affrontare la Fase 2, sforna una “profumata” ricetta.

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Nuovo Whopper e misure di sicurezza nei ristoranti Burger King

Porte aperte da oggi dunque, dopo aver predisposto le condizioni e messo in atto tutte le misure di sicurezza richieste dalle attuali disposizioni di legge e rispondere alle nuove regole imposte nella Fase 2 a seguito dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19: sanificazione dei locali, delle cucine e delle attrezzature più volte al giorno, distanziamento dei tavoli, dispositivi di sicurezza per i dipendenti, percorsi sicuri per i clienti, controllo della temperatura a dipendenti e clienti che accedono ai locali, gel igienizzanti e guanti, oltre a una formazione specifica che in questi due mesi ha coinvolto tutto il personale in modalità eLearning e in pre-apertura.

“Abbiamo messo in atto tutte le procedure necessarie per poter riavviare la nostra catena di ristoranti e riaccogliere i clienti in tutta sicurezzaafferma Andrea Valota, Amministratore delegato Burger King® Restaurants Italia. In sala abbiamo ridotto e predisposto i tavoli adibiti alla consumazione distinguendoli da quelli che non possono essere utilizzati in modo da poter garantire le corrette distanze fra i clienti. Oltre a questo, siamo pronti ad aggiungere sui tavoli ulteriori plexiglass ove se ne verificherà la necessità.”

All’entrata il cliente troverà un vero e proprio check-point, con un addetto alla misurazione della temperatura con termometro ad infrarossi e alla verifica del corretto utilizzo dei DPI. Successivamente il cliente potrà sanificarsi le mani, indossare i guanti, e seguendo un percorso guidato, raggiungere i kiosk digitali per fare il suo ordine e pagare anche in modalità contactless. L’ordine verrà comunicato telematicamente in cucina dove verrà prodotto e consegnato al cliente in un sacchetto chiuso con safety sticker attraverso un ulteriore pannello di plexiglass.

“Abbiamo riorganizzato anche le cucine spostando i macchinari per garantire il corretto distanziamento tra i dipendenti marcando sui pavimenti e sulle pareti le aree di confinamento delle singole persone. In alcuni punti vendita il personale è stato addirittura diviso in gruppi di lavoro distinti per ulteriore sicurezzacontinua Valota-. “Inoltre, abbiamo rinforzato le nostre procedure di igiene e sicurezza già molto rigide: ad esempio tutto il personale, oltre ad indossare maschere e guanti, deve lavarsi le mani ogni mezz’ora. Mi preme sottolineare infine, che per primi abbiamo messo le basi per una grande rivoluzione: abbiamo predisposto un’app – disponibile da quest’estate – che consentirà ai nostri clienti direttamente dallo smartphone di riservare un posto a sedere in modo da poter consumare in tutta tranquillità e sicurezza all’interno del punto vendita, saltando eventuali file all’ingresso. Tramite l’app sarà anche possibile ordinare, prenotare l’asporto e pagare.”

Negli ultimi tre anni Burger King® ha investito enormemente nell’innovazione tecnologica: dalla nuova app ai kiosk digitali, alla corsia drive, che oggi rappresenta il metodo di consumo più sicuro sul mercato visto che garantisce un’esperienza totalmente contactless. Proprio grazie a questa strategia e agli investimenti fatti, oggi siamo in grado di reagire meglio e più rapidamente alla crisi del momento”.

Da oggi dunque diventano attivi tutti i servizi di Burger King®: ristoranti, home delivery attraverso le principali piattaforme e le 114 corsie di King-drive, le corsie dedicate che permettono l’acquisto senza scendere dall’auto.

twitter brand consumatori covid

Cosa si aspettano in questo momento i consumatori dai brand, secondo Twitter

  • Il 64% degli utenti statunitensi intervistati da Twitter afferma che i brand dovrebbero continuare a sponsorizzare i loro prodotti;
  • Secondo i dati proporzionati da IAB invece un brand su quattro ha messo in pausa tutta la pubblicità per la prima metà del 2020;
  • Anche Facebook ha riferito che l’89% degli inserzionisti ha modificato i budget allocati all’advertising sulla piattaforma.

 

La situazione senza precedenti che stiamo vivendo a causa della pandemia di Covid-19, che ha contagiato quasi 5 milioni di persone in 90 Paesi in tutto il mondo, ha sconvolto la vita di tutti.

Ci troviamo un momento di incertezza che sta avendo un forte impatto negativo sull’economia mondiale, in cui molte aziende (anche le più grandi) si sentono spaesate e sono alla ricerca di indicazioni su come modificare la propria strategia di comunicazione per adattarsi al contesto. 

Per aiutare le imprese a superare tutte le complessità del caso numerose piattaforme, come Global Web Index e Hootsuite, hanno pubblicato svariate analisi degli scenari post-Covid, dando ai brand indicazioni specifiche sul cambiamento del comportamento dei consumatori negli ultimi mesi.

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Anche Twitter si è attivato per aiutare i brand in tempo di crisi

Prima di tutto, la piattaforma ha aggiornando la sua politica pubblicitaria aggiungendo delle limitazioni per quanto riguarda gli advertising che fanno riferimento all’emergenza.

Nello specifico, Twitter ha vietato la sponsorizzazione di contenuti contenenti riferimenti sgradevoli al Coronavirus o messaggi che potrebbero suscitare il panico tra gli utenti; poi ha iniziato a controllare i prezzi di vendita dei prodotti correlati al virus, per evitare che vengano gonfiati.

Inoltre, la piattaforma ha condotto un sondaggio negli Stati Uniti per capire come reagiscono gli utenti nei confronti ai contenuti pubblicitari che stanno vedendo su Twitter in questo periodo di crisi sanitaria. Vediamo quali dati hanno raccolto.

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twitter sul covid-19

Il 64% degli utenti afferma che i brand dovrebbero continuare a sponsorizzare i loro prodotti

Scommettiamo che questo primo dato vi lascia un po’ basiti, perché probabilmente la maggior parte dei marketer si immaginava una percentuale totalmente diversa.

Ma non è solo Twitter a sostenere questa teoria. Secondo uno studio condotto da Kantar, addirittura il 92% delle persone intervistate pensa che le aziende dovrebbero continuare a fare pubblicità durante l’epidemia. Sembra infatti che per la metà degli intervistati, vedere o ascoltare annunci pubblicitari doni loro un senso di “normalità”.

Attenzione, perché questo non vuol dire continuare a “comunicare normalmente” facendo finta che nulla sia cambiato. Ovviamente gli utenti si aspettano che il tono di voce e i messaggi veicolati dai brand comincino a ruotare attorno a valori differenti.

Infatti, il 78% dei consumatori crede che i marchi dovrebbero aiutarli ad affrontare la “nuova normalità” utilizzando toni rassicuranti e offrendo loro una prospettiva positiva e ottimista rispetto al futuro.

Ad esempio, dalla ricerca emerge che le nuove strategie di comunicazione di brand come IKEA (concentrate sull’importanza della casa) o di Nike (a supporto delle decisioni governative e delle organizzazioni sanitarie) sono state particolarmente apprezzate dagli utenti.

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Il 77% degli utenti apprezza le aziende che si sforzano di sostenere la società

I brand che si impegnano per fornire supporto alla comunità, ai governi, al personale sanitario, alle piccole attività, sono quelli che riescono a stabilire una connessione diretta e vera con i propri consumatori.

Ma cosa si aspettano, in concreto, gli utenti?

  • L’82% degli intervistati afferma che i marchi dovrebbero supportare in prima linea il personale sanitario, ove possibile, mentre l’86% chiede un aiuto concreto nei confronti delle persone vulnerabili all’interno delle loro comunità;

  • L’89% pensa che i marchi dovrebbero fornire informazioni affidabili e accurate, come ad esempio comunicare quali azioni hanno intrapreso internamente a supporto dei propri dipendenti (80%).

  • Il 70% invece chiede ai brand di fornire un servizio clienti più rapido e preciso.

Non solo Twitter: qual è la strategia migliore da seguire in base ai dati?

Non si tratta di opportunismo, ma bisogna ammettere che in uno scenario simile, le opportunità da cogliere da parte dei brand sono numerose e differenti.

Prima di tutto, la concorrenza nel mercato pubblicitario è diminuita drasticamente, in quanto secondo i dati proporzionati da IAB un brand su quattro ha messo in pausa tutta la pubblicità per la prima metà del 2020.

Anche Facebook ha riferito che l’89% degli inserzionisti ha modificato i budget allocati all’advertising sulla piattaforma, o spostato gli investimenti su altri tipi di media, in risposta alla crisi del Covid19. 

Tutto questo in uno scenario dove i dati raccolti da Gupta Media mostrano che il CPM di Facebook è recentemente sceso sotto i $2 per la prima volta nella storia dell’azienda.

Che cosa vuol dire? Che in questo momento raggiungere un pubblico più vasto sulla piattaforma di Zuckerberg costa meno che mai, poiché allo stesso tempo l’utilizzo del Social Media è ai massimi livelli.

In conclusione, l’utilizzo delle piattaforme digital è aumentato mentre la concorrenza tra inserzionisti è diminuita. Per le aziende che sono in grado di sostenere le spese pubblicitarie, questo potrebbe essere un ottimo momento per spingere campagne di branding, per aumentare i livelli di awareness e di notorietà del brand.

messenger rooms

4 modi per usare al meglio Messenger Rooms per il tuo marketing

  • Video chiamate di gruppo fino a 50 persone, sono ora disponibili su Facebook con Messenger Rooms;
  • Creare stanze virtuali può permetterci di aumentare l’engagement della nostra community;
  • Nuove opportunità anche per le attività commerciali sono all’orizzontale se studiamo modi creativi per sfruttare al meglio questo tool.

 

Il 24 aprile Facebook annuncia con un comunicato stampa ufficiale  il lancio delle Messenger Rooms, nuova funzionalità di Facebook, che pare presto sarà disponibile per Instagram Direct, Whatsapp e Portal.

È diventato così ancora più facile passare il tempo con gli amici e i nostri cari su Facebook, soprattutto in tempo di pandemia, quando tutti i programmi di video conferenza hanno spopolato. Facebook ha registrato un uso più che raddoppiato dei suoi servizi di videochiamata tramite Messenger e WhatsApp e delle dirette live su Facebook e Instagram. E così non ci ha messo molto ad aggiungere un nuovo strumento.

Si tratta della possibilità di creare vere e proprie stanze virtuali e organizzare video chiamate di gruppo senza limiti di tempo, includendo fino a 50 persone. È possibile aprire la stanza dal proprio profilo personale e poi condividerla sul proprio News Feed, su gruppi o eventi, in modo che per le persone sia facile unirsi.

Facebook studia sempre di più ciò che facciamo nella vita reale e tenta di ricreare online degli spazi virtuali per poter continuare le situazioni offline anche sulla proprio piattaforma. Ci dimostra come metta sempre di più gli utenti e le loro esigenze al centro di tutto.

messenger rooms

Come funziona Messenger Rooms

Crei la stanza virtuale direttamente dal tuo profilo sia da cellulare che da desktop. Puoi scegliere di personalizzare l’attività della stanza, chi può accedere (se i tuoi amici o persone specifiche con invito o condivisione di link). Non è necessario essere iscritti a Facebook per partecipare a una videochat su Messenger Rooms, basta cliccare sul link condiviso da chi ha creato la stanza virtuale. È possibile inoltre iniziare subito oppure programmare la videochiamata di gruppo in altro momento.

I vari partecipanti entrano ed escono a piacimento e come admin, chi ha creato la stanza può decidere di rimuovere membri e condividere lo schermo (con massimo 10 partecipanti).

Quando l’admin esce, la stanza continua ad esistere e le persone possono continuare a tenerla attiva, entrando e uscendo, oppure l’admin può decidere di cancellarla.

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4 modi per usare le Messenger Rooms come strumento utile per le attività commerciali su Facebook

Ma veniamo agli scenari possibili che si potrebbero aprire grazie a Messenger Rooms.

Queste stanze virtuali possono diventare veri e propri strumenti utili per aumentare l’engagement della nostra community. Metterci la faccia, creare servizi personalizzati porta i suoi frutti. Creare una relazione con i propri utenti porta ad avere risultati di conversione sicuramene più alti, soprattutto per le attività commerciali, anche locali.

  1. Creiamo esperienze esclusive

Le stanze possono diventare luoghi online dover poter regalare ai nostri migliori fans delle esperienze esclusive insieme a noi, referenti del brand. Una sorta di premio agli utenti più attivi o ai migliori clienti del nostro eCommerce. Possiamo offrire la possibilità di un’esperienza immersiva ed esclusiva, cui gli altri non hanno accesso.

  1. Offriamo incentivi

Un altro modo per sfruttare questa nuova funzionalità potrebbe essere quello di incentivare a comprare i nostri prodotti o servizi, offrendo delle sessioni private con approfondimenti, maggiori informazioni, consigli utili e altro ancora sul prodotto stesso. Si possono creare degli appuntamenti fissi a scadenza settimanale o mensile. Una sorta di servizio aggiuntivo per stare vicino ai clienti che scelgono i nostri prodotti o servizi.

messenger rooms

  1. Convidiamo tutorial

Possiamo anche creare delle stanze che insegnino qualcosa, proponendo degli incontri formativi, dei veri e propri tutorial. Pensiamo a quanti lavorano nel campo della formazione e vendono corsi, o che svolgono attività legate al food che potrebbero proporre ricette e ‘how to’ di ogni tipo, o ancora a parrucchieri ed estetiste che potrebbero pensare a sessioni online con consigli utili da mettere in pratica quando non puoi recarti in negozio. Chi ora propone lezioni di fitness, yoga o pilates potrebbe offrire classi virtuali su Messenger Rooms anziché su altri strumenti.

  1. Coinvolgiamo gli influencer

Se lavoriamo con influencer, testimonial di spicco del nostro marchio, importanti per la nicchia di utenti cui ci rivolgiamo, coinvolgiamoli nella creazione di stanze per poter incontrare direttamente i nostri follower. Un modo per creare un rapporto esclusivo, proporre sessioni di domande e risposte, interviste, lasciando aperto l’intervento a chi entra nella stanza. Come sempre l’inventiva e la creatività possono essere infinite. Sicuramente mettersi a disposizione dei propri utenti, dimostra grande disponibilità e regala un valore aggiunto alla community.

Potranno nascere tantissimi altri modi di usare le Messenger Rooms e non vediamo l’ora di sperimentarli. Siamo solo agli inizi, tu le hai già testate e hai qualche altro utilizzo utile da consigliare?

facebook acquisisce giphy

Facebook acquisisce Giphy per 400 milioni di dollari (e lo integra con Instagram)

Facebook sta acquistando il popolare sito per la creazione e la condivisione di GIF, Giphy,  per un prezzo dichiarato di 400 milioni di dollari, con l’intenzione di integrare la massiccia library di GIF con Instagram e altre applicazioni della casa madre Facebook.

La notizia dell’accordo è stata riportata per la prima volta da Axios, che ha rivelato il valore di 400 milioni di dollari dell’affare.

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Cosa potrà fare Facebook e cosa cambierà per chi utilizza Giphy

Il sito è uno dei più grandi siti di GIF su internet, che offre strumenti per creare, condividere e remixare questa tipologia di contenuti. Facebook si è già affidata alle API di Giphy per l’inserimento di GIF nelle sue applicazioni per anni: Instagram, l’applicazione principale di Facebook, Messenger e WhatsApp funzionano già tutte con il servizio.

Secondo Facebook, il 50% di tutto il traffico di Giphy proviene dalle sue app, di cui la metà solo da Instagram.

Sotto la sua nuova proprietà, Giphy continuerà a vivere come parte del team di Instagram, con l’obiettivo di rendere ancora più facile l’invio di GIF e adesivi nelle storie e nei messaggi diretti di Instagram. Per ora, però, Facebook dice che le cose rimarranno invariate per gli utenti.

via GIPHY

“Le persone saranno ancora in grado di caricare GIF; gli sviluppatori e i partner API continueranno ad avere lo stesso accesso alle API di Giphy; e la comunità creativa sarà ancora in grado di creare grandi contenuti”, ha detto Vishal Shah, VP del prodotto di Instagram, in un post del blog che annunciava la notizia.

Numerosi servizi si affidano alle API del sito per la fornitura di GIF, tra cui Twitter, Pinterest, Slack, Reddit e altri ancora. Anche se l’annuncio di Facebook sembrerebbe indicare che questi servizi saranno ancora in grado di usare Giphy come fanno attualmente – almeno per ora – ci potrebbe essere un’ulteriore tensione con questi servizi, dato che molti di loro competono direttamente con Facebook.

intrattenimento

Cosa cambierà per cinema e intrattenimento nel post-Covid

  • L’industria dell’intrattenimento ha registrato un aumento del debito nell’ultimo periodo, come conseguenza dell’emergenza;
  • Soluzioni possibili e già testate non serviranno solo per trasmettere pellicole ma anche per assistere a spettacoli dal vivo in totale sicurezza;
  • Anche da parte degli spettatori, il mondo dell’intrattenimento subirà notevoli cambiamenti.

 

L’industria dell’intrattenimento è in crisi. Non c’è bisogno di troppi giri di parole per spiegare il perché. Oltre allo streaming, che ha comunque dovuto registrare un notevole rallentamento nelle nuove produzioni (nonché uno stop in settori come quello del doppiaggio), tutto il mondo dell’entertainment si è visto completamente bloccato dall’emergenza Coronavirus.

Stop alle attività e crescita del debito

Secondo Statista, l’intrattenimento (insieme al travel) ha contratto un debito di 23,1 miliardi di dollari. Una delle crisi peggiori per il settore, che per debiti contratti risulta essere secondo solo al mercato dell’automotive e della vendita al dettaglio.

 

Cinema

A causa del momento che stiamo vivendo, diverse produzioni per il piccolo e grande schermo sono state interrotte e rimandate a data da destinarsi o posticipate al prossimo anno. La stessa Disney ha comunicato lo stop di varie pellicole tra cui Peter Pan & Wendy e La Sirenetta.

Sono state sospese anche le riprese di film di punta come The Batman, Jurassic World: Dominion e Animali Fantastici 3.

Anche i big dello streaming accusano i colpi dell’emergenza. Nonostante i picchi di nuovi utenti registrati dalle famose piattaforme durante il lockdown, vediamo l’interruzione di serie TV quali Carnival Row (di Amazon), The Witcher e Stranger Things 4 (di Netflix). Questo potrebbe portare alla mancanza di titoli originali e a puntare sui grandi successi del passato.

La prima problematica post lockdown sarà la riprogrammazione di tutte le agende dell’industria cinematografica. Andrà stravolto quanto pianificato finora: dalle date d’uscita dei film alle nuove produzioni.

Al momento, quello che spaventa l’intero business, è la mancata certezza di una data di ripresa. La chiusura dei cinema, la conseguente mancanza di incassi e lo stop alle campagne marketing, stanno portando a un’inevitabile crisi a livello mondiale.

Si stima che se le sale di tutto il mondo riapriranno per giugno, le perdite al box office potrebbero arrivare al 30% degli incassi annuali. Nel peggiore dei casi, qualora la pandemia dovesse ripresentarsi in autunno, i guadagni potrebbero risentirne sino al 60%.

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Spettacoli dal vivo

Oltre all’industria del cinema, a perderci sono i parchi a tema e gli spettacoli dal vivo, come le opere teatrali, i concerti e lo sport.

Gregory Williams (della società di consulenza finanziaria Cowen) afferma che i parchi a tema avranno bisogno di anni prima di recuperare quanto perso durante l’epidemia.

Broadway è in perdita, così come i teatri più vicini a noi. Si conta un calo complessivo di quasi 14 milioni tra La Fenice (Venezia), L’Opera di Roma e il Regio di Torino.

Le principali associazioni della filiera musicale (concerti, case discografiche ed editori musicali) hanno presentato a Conte un decalogo per tamponare il danno complessivo stimato per fine anno, di oltre 600 milioni.

Tutti gli sport a livello agonistico si sono fermati e con loro gli atleti e le società. Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono state rimandate alla prossima estate. Lo stop degli eventi sportivi ha inciso inevitabilmente sulle trasmissioni, sulle sponsorizzazioni e partnership pubblicitarie e infine sulle entrate provenienti dai campionati.

Senza parlare delle perdite legate agli enormi investimenti pubblicitari legati a tanti di questi eventi.

Possibili soluzioni per risollevarsi durante e dopo il periodo Coronavirus

Tornando a parlare di cinema, alcune grandi case produttrici stanno cercando di attutire il colpo provando a distribuire i propri film attraverso piattaforme di streaming proprietarie e non. Uno dei casi più discussi è stato Trolls world tour, che è risultato essere il più grande debutto streaming di tutti i tempi. I risultati ottenuti non sono di certo paragonabili ai Box Office in sala, ma ha rappresentato una possibile risposta alla situazione attuale.

Anche Disney si prepara a far debuttare sulla propria piattaforma di streaming il film Artemis Fowl, il cui rilascio era precedentemente previsto nelle sale per fine maggio.

Un’altra possibile soluzione sembra essere la riapertura dei drive-in, per garantire l’accesso a film e spettacoli dal vivo in totale sicurezza.

Proprio questo è l’intento di “Live Drive-In“,  progetto italiano che cerca di dare una speranza ai settori dell’intrattenimento, riscuotendo grande successo e approvazione in diverse città. L’obbiettivo è quello di trasformare ampie location attrezzando mega schermi e palcoscenici che possano restituire, seppur in parte, l’esperienza di un evento live.

Per sopperire alla cancellazione dei concerti e mantenere il contatto con il pubblico, diversi artisti stanno organizzando eventi live sui propri social. Jovanotti ha pianificato il suo Jova House Party, Elisa e Tommaso Paradiso hanno inciso un singolo, mentre Bruce Springsteen ha regalato lo stream di un suo concerto.

Una delle migliori alternative alle performance live è stata quella di Fortinite, in cui 12 milioni di utenti hanno assistito al concerto del rapper Trevis Scott. L’evento ha riscosso un enorme successo e ha dimostrato ancora una volta come il mondo del gaming possa dimostrarsi fonte d’innovazione e sperimentazione.

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Quali saranno gli effetti a lungo termine sulle abitudini di fruizione?

Anche dopo la riapertura (graduale) dei cinema, teatri e luoghi all’aperto le persone avranno bisogno di tempo per fidarsi e non aver paura del contagio. In seguito al termine della pandemia, la ripresa per i proprietari di cinema, teatri e spettacoli dal vivo potrebbe non avere un rilancio immediato. Inoltre, le abitudini di fruizione dei film stanno cambiando. Le persone si stanno abituando a vedere i contenuti appena usciti comodamente sul divano di casa.

Pensare che questo modo di fruire i contenuti possa diventare la normalità è poco probabile, la suggestione del cinema, l’autorevolezza del teatro e l’euforia di un concerto non sono neppure paragonabili a come stiamo vivendo film e musica in questo momento.

Quello che possiamo però affermare è che la crisi attuale sta permettendo a nuovi canali di svilupparsi e diventare sempre più parte della nostra quotidianità. Non andranno a sostituire le nostre abitudini, ma rappresenteranno una valida alternativa.

migliori brand su tiktok

10 brand da seguire su TikTok per trovare l’ispirazione

Oltre 1 miliardo di utenti presenti sulla piattaforma con 2 miliardi di download a livello globale e un tempo medio di permanenza per utente di 52 minuti al giorno! Numeri davvero interessanti che farebbero invidia a chiunque e che sono quelli di TikTok.

Non potrebbe esserci un momento migliore per investire in contenuti video verticali per il vostro brand, un social tutto da scoprire per le aziende, insomma una nuova America. Ma vediamo ora insieme quali sono le aziende che per prime hanno avuto la visione di provarci fin da subito ottenendo degli incredibili risultati

Senza ulteriori indugi, ecco i dieci brand che in questo momento stanno andando eccezionalmente bene su TikTok, sfruttando la piattaforma per raggiungere i consumatori finali.

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1. Elf Cosmetics

La Elf Cosmetics ha fatto finora un lavoro molto interessante, ha infatti commissionato una canzone per creare una campagna virale che riuscisse a coinvolgere il pubblico.

La canzone, che prende ispirazione dalla hit di Kash Doll del 2018 “Ice Me Out” chiamata “Eyes Lips Face” dall’acronimo del marchio, si ritiene sia stata la prima canzone realizzata interamente per una campagna TikTok.

Il team del marketing è stato molto abile perché ha saputo diffondere la campagna attraverso l’uso di alcuni influencer, insomma il binomio perfetto TikTok più influencer marketing. I risultati sono stati strabilianti per l’hashtag challenge #eyeslipsface, il conteggio attuale è di oltre 5,2 milioni di visualizzazioni.

Elf tiktok

2. Guess

Guess è un marchio che ha saputo muoversi fin da subito, attualmente ha pubblicato dieci video in totale ed ha un profilo che vanta 45 mila follower.

Si tratta di uno dei pochi marchi di moda che attualmente si muovono sulla piattaforma, una mancanza non da poco per i competitor, che si troveranno ad inseguire. I contenuti di Guess sono stati realizzati attorno all’hashtag challenge #InMyDenim che in breve tempo ha raggiunto 46,4 milioni di visualizzazioni. Qui sotto ci sono alcuni esempi di video, nel primo puoi notare tutti i video ottenuti con la challenge #InMyDenim.

TikTok Guess

3. NBA

L’NBA è stato uno dei primi brand ad essere presente su TikTok, realizzando costantemente contenuti di tendenza e raccogliendo in breve tempo 5,5 milioni e mezzo di follower.

Si può sicuramente affermare che NBA è uno dei marchi migliori presenti al momento sulla piattaforma, per contenuti, originalità in un settore sportivo ancora poco affollato.

TikTok Nba

4. Il Washington Post

Il primo giornale ad approdare sulla piattaforma, il Washington Post sta facendo un ottimo lavoro. Date un’occhiata al loro profilo e valutate voi stessi.

I loro contenuti sono principalmente video divertenti e coinvolgenti, unica perplessità che mi sento di sollevare è se questa strategia sia effettivamente la più corretta per un importante brand della comunicazione come questo.

wallstreet tiktok

5. NFL

La NFL ha appena lanciato il suo canale, pubblicando video coerenti al pubblico di riferimento ossia gli amanti dello sport. Il canale risulta estremamente ben fatto contando ad oggi quasi 4 milioni di followers. Qui di seguito il profilo con alcuni esempi di video realizzati.

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Nfl TikTok

6. HP

Il loro profilo non è niente di speciale considerando l’importanza di questa azienda.

Ho scelto però di inserirla nella top 10 perché quest’anno hanno saputo realizzare una #challenge chiamata #HPCoachellaDreamland che ha ottenuto un grande successo.

Per realizzarla hanno arruolato alcuni grandi influencer TikTok per citarne uno OurFire, che da solo vanta ha 5,3 milioni di fan. Nel complesso, i video della sfida #HPCoachellaDreamland hanno oltre 182 milioni di visualizzazioni, potete visualizzarli qui sotto.

hp TikTok

7. Gymshark

Con 1,2 milioni di fan Gymshark è da un po’ di tempo protagonista con la produzione di contenuti coerenti e di qualità, e con una perfetta combinazione di video di allenamento, meme e video di ispirazione.

Date un’occhiata ad alcuni esempi qui sotto, sicuramente un brand da seguire con molta attenzione data la tipologia di target secondo me azzeccata presente ad oggi sulla piattaforma.

GymShark TikTok

8. Calvin Klein

Calvin Klein è presente su TikTok da circa sei mesi vantando circa 28 video complessivi pubblicati ed un totale di 15,7 mila followers. Questo brand sta crescendo in modo lento ma regolare con una programmazione di video periodica e non casuale, i contenuti non risultano molto coinvolgenti ma trattano l’argomento corretto.

Calvin Klein TikTok

9. Vineyard Vines

Vineyard Vines è su TikTok da quattro mesi e finora ha pubblicato un totale di 28 video raccogliendo ben 214,5 mila follower e circa 15 milioni di visualizzazioni. La particolarità di questo brand è la fortissima riconoscibilità del loro marchio richiamato anche all’interno dei video, super divertenti, coinvolgenti, e di tendenza.

Vineyard Vines TikTok

10. Fortnite

Il target della piattaforma sta premiando questa new entry che in brevissimo tempo ha già raccolto 1,5 milioni di follower. Sicuramente va citata l’incredibile campagna di lancio chiamata con la #challenge “EmoteRoyaleContest” divenuta una vera tendenza di ballo tra gli amanti del gioco, collezionando numeri da capogiro 532 milioni di visualizzazioni.

Fortnite TikTok

crisi e opportunità

Quando crisi e opportunità sono davvero la stessa cosa

  • Crisi e opportunità sono spesso la stessa cosa (anche se non letteralmente) in cinese, ma bisogna saper creare le condizioni per il cambiamento
  • Alcuni visionari sono riusciti a creare, in breve tempo, business completamente nuovi per rispondere alle nuove necessità, come Youprobablyneedahaircut
  • Il segreto è la capacità di effettuare pivot, non solo per le startup ma per aziende e singoli

 

C’è un ideogramma cinese che è diventato largamente famoso anche al di fuori della Cina, usato e forse abusato nei discorsi di motivatori, leader e addirittura presidenti (pare che il primo a utilizzarlo sia stato addirittura John F. Kennedy nel 1959): si tratta di wēijī.

crisi in cinese La sua fama è dovuta non solo al suo significato, ovvero “crisi”, ma più che altro a quello dei simboli che la compongono, che dovrebbero essere “pericolo” e “opportunità”.

In realtà i linguisti hanno considerato una “colorita pseudoetimologia” questa traduzione, e sottolineano che da solo non significa tanto “opportunità” quanto più che altro “momento cruciale“.

Ma a prescindere dalle sottigliezze linguistiche, quello che è certo è che il mondo intero in questo momento si trova in un’enorme wēijī. E che se per tutti o quasi la parte di pericolo è ben chiara, molti faticano a trovare l’opportunità che si nasconde nell’ideogramma.

Eppure è evidente che siamo veramente a un “punto cruciale”, sul vergere di un cambiamento che presumibilmente lascerà forti strascichi politici, economici, ma soprattutto culturali.

 

Come si fa a trasformare un momento cruciale in opportunità

Per quanto molti non vedano l’ora di tornare nel chiassoso caos degli uffici dopo questo lungo periodo di lavoro da casa obbligato, abbiamo ormai infranto una sorta di spaventosa barriera invisibile che ci separava dallo smart working, e abbiamo scoperto forzatamente che sì, è possibile.

I vestiti firmati hanno lasciato spazio alle tanto bistrattate tute, e forse alla fine di questo periodo ci sarà qualche fashion victim in meno sugli eCommerce. Il minimalismo, la comprensione di quanto siano poche ed essenziali le cose che ci servono per essere felici, potrebbe assestare un bel colpo alla società dei consumi.

E sull’onda di questi cambiamenti, tante aziende che stanno semplicemente aspettando che la tempesta passi per “riprendere a lavorare come prima”, rischiano semplicemente di morire lungo la strada.

Bisogna più che mai imparare la lezione dai cinesi (no, non sulle abitudini alimentari) e capire che una crisi è un momento cruciale, ma non un opportunità. Diventa “opportunità” solo quando siamo noi a fare qualcosa perché sia così.

Per continuare con la metafora linguistica dei cinesi, a dovremmo aggiungere un pezzo per ottenere “opportunità”, che sarebbe jīhuì (机会). E così noi a questa crisi, al pericolo e al cambiamento che stiamo vivendo, dobbiamo aggiungere qualcosa di più, qualcosa di nuovo.

Uno sforzo deliberato per comprendere i nuovi bisogni dei consumatori. Una sana auto-analisi per capire se stavamo facendo qualcosa di sbagliato, se gli obiettivi che stavamo inseguendo erano davvero all’altezza. Uno sforzo, in definitiva, per non limitarci a inseguire l’onda, ma provare a cavalcarla. In fondo, è così che è nato il surf… ma basta con le metafore, o questo articolo rischia di diventare qualcos’altro.

 

Non tutto il male viene per nuocere

youprobablyneedahaircut

È quello che deve aver pensato Greg Isenberg, mentre in piena quarantena correva a registrare il suo nuovo dominio: www.youprobablyneedahaircut.com

Parrucchieri e barbieri sono stati colpiti duramente in tutto il mondo da questa crisi e sono senza lavoro – ha detto Isenberg a Today Style. Avendo sentito alcune storie di amici barbieri che lottavano per sbarcare il lunario, e realizzando che, ‘ehi, probabilmente ho bisogno di un taglio di capelli’, ho pensato che “youprobablyneedahaircut” sarebbe stato un modo elegante per risolvere questo problema per me e gli altri.

E così, in piena crisi, Isenberg trova un’opportunità: un’idea semplice, talmente semplice che in poco tempo il sito era live e funzionava perfettamente, con recensioni entusiaste come quella di Sarah F.: “adoro il mio ragazzo, ma era orribile. Mi hai salvato la vita!”. La vita forse no, ma salvato una relazione da settimane di recriminazioni per un taglio sbagliato sicuramente sì.

Il funzionamento? Nulla più che una semplice videoconferenza con il barbiere, che per 18$ ti guida passo passo nel realizzare un taglio di capelli da urlo (in positivo, certo), sul/la tuo/a compagno/a o addirittura, per i più coraggiosi, su te stesso!
Semplice ed estremamente efficace: esattamente ciò di cui il mondo ha bisogno ai tempi del Coronavirus.

Un’epifania simile deve averla avuta un ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, il dottor Renato Favero, quando osservando la penuria di maschere c-Pap in cui versava l’Italia all’apice della crisi, ha avuto un’idea geniale: aggiungere una valvola stampabile in 3D alle maschere integrali per lo snorkeling di Decathlon, e convertirle in congegni medici.

Dimostrando inconfutabilmente una grande verità sull’origine dell’innovazione: la creatività si basa sull’evoluzione, sulla rivoluzione, o sulla sintesi di qualcosa di esistente. E tutti abbiamo la possibilità, entro il nostro campo di competenza, di apportarla alla nostra vita e al nostro business.

innovazione creatività  

 

Pivot: la parola magica per trasformare le crisi in opportunità

Ed è questo il grande segreto: la semplicità. La costruzione, mattoncino dopo mattoncino, di un nuovo edificio, una nuova creatura, partendo dalla base di ciò che già avevamo: conoscenze, abilità, pubblico, materiali.

Fare un assessment di ciò che si possiede, dei punti di forza diciamo, e di ciò che il nuovo mercato che ci troviamo ad affrontare richiede, per fare un pivot della propria attività e smettere di remare contro corrente, cominciando a cavalcare l’onda.

Il pivot è un termine derivato dal basket che indica i cambi di strategia tipici di una startup, dopo che ha testato il suo modello originale e scoperto che modificandolo si ottengono migliori risultati. Ma in periodi di crisi, e a dire il vero in qualsiasi periodo, questa metodologia non dovrebbe essere utilizzata solo dalle startup: tutti, aziende e privati, dipendenti e freelance, adulti e bambini dovrebbero essere in grado di “pivotare” quando le situazioni cambiano e la cosa si rende necessaria.

Forse il risultato non sarà interessante o proficuo quanto ciò che stavamo facendo prima, ma ehi, come si dice? “Quando la vita ti dà i limoni, tu impara a fare la limonata“.

Ci sono tantissimi esempi di pivot di successo in questa crisi, opportunità bellissime nate in questo periodo e colte da aziende lungimiranti, che possono ispirarti su come fare un passaggio rapido a nuovi modelli di business, per rimanere a galla, contribuire allo sforzo di contenere il virus e fornire servizi utili in modo sicuro e distanziato:

Insomma, è un mondo spaventoso e terribile quello che si è delineato in questi ultimi mesi, fatto di estremi, di rischi, di profondi rovesci e cambiamenti. Ma è anche una situazione in cui il minimo sforzo può portare al massimo risultato, dando nuova linfa vitale alle attività e una sferzata di novità a settori ormai “tradizionalisti”.

Checché ne dicano i linguisti, non c’è momento migliore per credere che l’ideogramma cinese che significa crisi sia composto esattamente da questo.

 

Forse un’opportunità ancora più profonda per il mondo?

La necessità di un cambiamento, in questo momento di crisi storica, va ben oltre il livello del singolo cittadino o della singola azienda.

Come sostiene The Economist, il mondo intero corre un rischio fortissimo: quello del perdurare per mesi, nel peggiore dei casi anni, di quella che definiscono “l’economia al 90%“. Che presumibilmente continuerà anche dopo che il picco infettivo del Covid-19 sarà passato, per paura di ulteriori contagi, di nuovi focolai, o di un nuovo virus.

Un’economia post-lockdown, che si muove, certo, ma a livelli basici, meno della metà di quelli pre-crisi. Con interi settori fermi – il turismo, uno tra tutti. Aziende che falliscono, e quelle “troppo grandi per fallire” che vengono tenute in piedi con aiuti statali (pensiamo alle compagnie aeree o alla crocieristica), che rischiano di creare disparità con il trattamento riservato alle PMI.

Questa crisi ci sta mettendo davanti a verità che facevamo finta di ignorare per tanto tempo: la diseguaglianza sociale tra i malati e i diversi Paesi, gli alti tassi di mortalità tra le minoranze, le problematiche lavorative, la necessità di assistenza sanitaria per tutti… finalmente questi problemi sono sotto gli occhi di tutti, e il mondo chiederà riforme.

Alcune di queste richieste di riforma nascono proprio in USA  che hanno visto la trasformazione del lavoro e dei servizi come  Uber, Instacart e  Amazon e adesso sono al centro di forti scontri con i lavoratori per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e maggiore equità nelle retribuzioni.

Ma forse è qui che giace la più grande opportunità di questa crisi: perché quando le persone sono stanche e hanno paura, chiedono un cambiamento. E se sapremo governare quel cambiamento, se i leader di questo futuro-presente distopico sapranno rispondere alla chiamata del popolo, proponendo mercati più equi, solidarietà internazionale e apertura invece di chiusura, forse questo Coronavirus avrà rappresentato allora una grande occasione per l’umanità.

Per certi aspetti, sta già succedendo: la corsa alla mobilità sostenibile post-Covid che tutti i Paesi stanno affrontando. Le proposte di maggiore equità che stanno attraversando l’Unione Europea.

Per il resto, per ciò che ancora ha da venire, non ci resta che aspettare e prepararci a surfare su questo tsunami. Ricordandoci che la voce di ciascuno dovrebbe essere, come diceva Gandhi, “il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”.