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EnerTech, NeN annuncia il lancio del suo servizio di fornitura

A metà tra una tech company e una energy company – tanto da definirsi “la prima startup EnerTech in Italia – NeN ha lanciato il suo servizio di fornitura elettrica e di gas, con la promessa di “sorprendere, stravolgere e ripensare da zero il mondo dell’energia”.

La startup è profondamente diversa dai tradizionali fornitori di energia. Nasce infatti con l’obiettivo di esprimere al meglio i valori di digitalizzazione, semplicità e trasparenza in un settore spesso percepito come ermetico e complicato, e per offrire una fornitura davvero green e sostenibile, con energia proveniente solo da fonti solari, eoliche e idriche sparse sul territorio italiano.

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Come funziona NeN

Grazie alla sua piattaforma digitale, NeN semplifica l’intera esperienza di gestione della fornitura di luce e gas. Lo smartphone e il pc sostituiscono interamente la burocrazia, i moduli da compilare a mano e le tradizionali bollette difficili da capire: con NeN basta una scansione dell’ultima bolletta per dare il via al tanto famigerato “switch”. Non solo, NeN elimina i conguagli “a sorpresa” e le voci di costo criptiche, attraverso la creazione di un’offerta di fornitura che funziona come un abbonamento: ogni cliente ottiene una rata personalizzata al centesimo, basata sui propri consumi e all inclusive, che garantisce prevedibilità della spesa domestica per ogni anno di fornitura.

L’app di NeN, inoltre, permetterà all’utente di monitorare i consumi in qualsiasi momento: questo renderà le eventuali variazioni alla rata dell’anno successivo prevedibili, ma, soprattutto, aiuterà l’utente a capire l’origine dei propri consumi, migliorando abitudini e comportamenti quotidiani in ottica di un uso efficiente e responsabile dell’energia.

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Gli obiettivi

“NeN nasce per trasformare radicalmente l’esperienza di gestione e fornitura dell’energia. La digitalizzazione sta cambiando completamente l’approccio ai servizi del cliente, che ha aspettative sempre più alte e vuole semplicità, velocità e trasparenza; il settore dell’energia è fermo a modelli tradizionali, e non offriva nulla che rispondesse a questi bisogni – spiega Stefano Fumi, CEO di NeN – Il mondo energy è in grande fermento, con la liberalizzazione definitiva dei servizi di energia e gas prevista per il 2022: ci sembrava il momento migliore per lanciare un progetto così innovativo e offrire all’utente un’alternativa. Il mercato è affollato, ma abbiamo obiettivi importanti: puntiamo a 50.000 utenti domestici nei primi 12 mesi, che auspichiamo diventino più di 500.000 entro il 2024″.

A ulteriore garanzia degli utenti, la presenza e il coinvolgimento nell’assetto societario della startup del gruppo A2A, che ha creduto nell’idea e ha scelto di sostenere e investire nel progetto, con un’operazione di corporate entrepreneurship:

“Abbiamo dato vita ad un’iniziativa, dotata di autonomia, agilità e velocità necessarie ad interpretare in modo autenticamente innovativo necessità emergenti dal mercato – commenta Valerio Camerano, Amministratore Delegato di A2A – In un certo senso NeN vuole anche essere il nostro contributo di investimento, sviluppo e ripartenza in questa delicata fase che vive il nostro paese, contribuendo a dare più certezza e affidabilità ai bisogni concreti di individui e famiglie”.

Il servizio di fornitura elettrica e di gas di NeN è attivo in tutta Italia: è possibile ottenere una rata personalizzata in pochi minuti sul sito o, a breve, scaricando l’app NeN, disponibile per iOs e Android.

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La gamification applicata a spese, risparmi e investimenti

  • Negli anni ’90 gli Italiani erano tra i maggiori risparmiatori dell’Unione Europea ma oggi il tasso di propensione al risparmio è crollato
  • Una ricerca condotta da Columbia Threadneedle ha identificato nei millennial, la fascia di popolazione maggiormente preoccupata per questioni economiche
  • La gamification ha già cambiato il fitness, l’apprendimento e il corteggiamento: lo farà anche sulle questioni economiche?

Ping! Viene visualizzata una notifica sul telefono.

Ciao, sto solo facendo il check-in per farti sapere che sto per fare il tuo primo salvataggio automatico di € 20,59.

Cinguetta un chatbot.

Ching! Punteggio!
La dopamina ti attraversa le vene mentre senti il ​​brivido della vittoria e l’approvazione del chatbot.
Ancora meglio, quel denaro extra che hai risparmiato significa che puoi fare shopping, andare fuori a cena o semplicemente hai più fondi.

Ben soddisfatto, accedi a un’altra app e parte la caccia al tesoro in realtà aumentata in stile Pokémon Go intorno alla città.

Ecco che ti imbatti in un poster dallo strano aspetto; lo scansioni con la fotocamera del telefono, rivela un modello 3D di un paio di scarpe da ginnastica non ancora rilasciate.
Congratulazioni! Puoi acquistarle prima di chiunque altro: basta inserire i dettagli della tua carta come indicato sull’app, oltre al tuo indirizzo di consegna ed eccole già in viaggio verso il tuo appartamento.

Sembra fantascienza ma non lo è. È la gamification applicata al risparmio e investimento.

Il FinTech, il risparmio e le nuove generazioni: amore e odio

La crisi del 2008 ha cambiato la percezione delle vecchie e nuove generazioni rispetto le istituzioni bancarie tradizionali e i mercati di capitali. Allo stesso tempo, le nuove generazioni sono più propense a spendere in viaggi ed esperienze piuttosto che investire nel mattone come i nostri nonni.

Specialmente in Italia, fino a prima dell’impatto COVID-19, miglioravano redditi e consumi, ma nessuno metteva più da parte. Negli anni ’90 eravamo tra i maggiori risparmiatori dell’Unione Europea (con una propensione al risparmio del 13,88% nel 2008 contro una europea dell’11,19%) ma oggi il tasso di propensione al risparmio è crollato ( nel 2017, il 9,71% Italiano contro il 9,97% Europeo).

Le cause sembrano riportare a quei giovani-adulti che guadagnano poco, ma non vogliono rinunciare al loro tenore di vita. Il reddito disponibile delle famiglie è infatti cresciuto, dell’1,5% e 1,7% nel 2016 e 2017, la spesa per consumi finali dell’1,6% e del 2,5%, gli investimenti del 3,4% e 2,4%, dopo un lungo periodo negativo. Nell’Unione Europea in media si è verificato un progresso del 15,1%, in Germania del 38,8%, in Francia del 13,9%.

Il risparmio come risultato di mentalità e conoscenza

La “classe aspirazionale” è quella crescente parte della società che ha fatto del mantenimento di un tenore di vita molto alto uno standard cui non vuole e non può rinunciare. Questa è fatta di consumi non vistosi, principalmente in servizi più che in prodotti, in esperienze, viaggi, ristoranti, aperitivi, master, che di lussuoso hanno spesso poco e che vengono preferiti a vecchi status symbol in disuso come una bella automobile o anche un vestito firmato. Insomma, la definizione propria delle spese di un millennial tipo.

Questo ceto in espansione ha caratteristiche ben definite: lo scollamento tra il reddito percepito, il consumo e la frequenza del consumo stesso. Spende cifre non enormi, preferendo il weekend low cost o alla vacanza al mare, invece di risparmiare soldi per una casa.

Da un lato, risparmiare significa privarsi di qualcosa oggi per avere qualcosa domani, ma se non si capisce il senso e gli effetti di tale sacrificio è difficile trovare la giusta motivazione. Il mondo in cui viviamo, le nuove generazioni, vogliono tutto e subito; questo, combinato all’espansione della nuova “classe aspirazionale”, e al fatto che ben il 62% dei Millennial soffre di insonnia causata dalla difficoltà di arrivare a fine mese e pianificare il proprio futuro finanziario.

C’è molto di sociale e non solo di economico in questa crisi del risparmio, che è probabilmente qui per restare a prescindere da come andrà l’economia nei prossimi anni.

Rispetto alla media internazionale gli italiani mostrano un grave ritardo nell’apprendimento di nozioni e abilità economico-finanziarie, collocandosi all’ultimo posto tra i Paesi OCSE e al penultimo tra quelli del G20, come spiega Lorenzo Bandera. Secondo Standard & Poor’s nel 2014 un italiano su tre non era in grado di leggere un estratto conto o di distinguere tra le diverse forme di mutuo. 

Educazione significa Inclusione. Capire la finanza personale e gli strumenti a disposizione apre un ventaglio di possibilità per il nostro futuro: aprire un impresa, comprare una casa o investire nella nostra istruzione. Ma come possiamo capire di più senza dover acquisire conoscenze troppo tecniche? Come si possono trovare i corretti incentivi ad applicare un comportamento coerente con questa nuova esigenza?

La gamification sembra essere la risposta.

Gamification of Savings

Il Trend

“Gamify” significa utilizzare concetti di gioco, come punti e premi, per coinvolgerci e motivarci in attività specifiche. Basti pensare a Fitbit che migliora l’esercizio assegnando medaglie per le gli obbiettivi prefissati. Hinge fa il “gioco delle coppie” con il suo sistema di “mi piace”. Duolingo permette l’apprendimento delle lingue con livelli diversi da completare e un sistema di punti che premia l’utilizzo quotidiano. Una nuova generazione di app, bot e siti web sta ora facendo lo stesso con le nostre tasche.

Il risparmio può essere reso coinvolgente e gratificante come le app che attualmente  sono le più usate dagli utenti di smartphone. Per incoraggiare i giovani a risparmiare, paradossalmente, serve qualcosa che offra gratificazione immediata. I risparmiatori hanno bisogno dello stesso tipo di eccitazione che ottengono giocando ad un videogame con gli amici o raggiungendo il livello successivo in Candy Crush.

La gamification utilizza elementi del mondo dei giochi – come sfide e competizioni – per premiare azioni positive nel mondo reale, che si tratti di 10.000 passi compiuti o 1.000 euro risparmiati.

Gamification implica necessariamente competizione, che quasi sempre si traduce in motivazione.

Tante app popolari riguardano la valutazione e il confronto e la valutazione del servizio, di chi lo offre e di chi lo riceve (si pensi alle semplici app di taxi) ma ciò che amiamo ancora di più è confrontarci con l’altro: sapere cosa stanno facendo i nostri coetanei per essere sicuri che non siamo da meno ed anzi sentirci migliori.

Questo sicuramente suona vero per molte persone quando si tratta di esercizio fisico. Infatti il successo di molte app è ottenuto anche con la condivisione dei risultati con gli amici nei social network. Possiamo misurare la nostra salute (ma anche i nostri risparmi) non nel vuoto, ma in base ai risultati – e alle aspettative – di amici e familiari.

Anche se non scegli di condividere le tue informazioni, queste app rendono più semplice che mai impostare obiettivi di risparmio personali, segnare i tuoi progressi e essere premiato per i tuoi sforzi.

Alla base c’è, d’altronde, uno studio della psicologia umana. La dopamina è il neurotrasmettitore che controlla il centro di ricompensa e piacere del cervello e si attiva quando “vinci”, una vulnerabilità che aziende tecnologiche come Facebook hanno ammesso di sfruttare per tenerti agganciato.

Simon Rabin stesso, fondatore di Chip, afferma che “la comunicazione di Chip è progettata per far sentire l’orgoglio e il senso di realizzazione ad ogni salvataggio”. Le notifiche di congratulazioni che inducono dopamina creano dipendenza. La psicologa dei consumi Carolyn Mair sottolinea l’effetto della ricompensa: “Quando desideriamo qualcosa, le nostre aspettative sull’avere o possederlo rendono più forte la nostra eccitazione e quindi aumentano il rilascio di dopamina. Una volta che abbiamo l’oggetto e sperimentiamo il piacere, la dopamina diminuisce in modo tale che abbiamo bisogno di un altro episodio emozionante per innescare di nuovo la dopamina”.

Le Startup

Queste app, così come FinTech multimilionarie come Monzo e Revolut, sfruttano le nuove regole dell’Open Banking dell’Autorità della concorrenza e dei mercati. Consentono ai clienti delle maggiori banche di fornire a terzi un accesso sicuro ai dati del loro conto, mantenendo al contempo i loro soldi al sicuro con la crittografia. Tra le startup da tenere sott’occhio abbiamo identificato:

  • Chip – utilizza l’intelligenza artificiale (AI) per calcolare un importo conveniente che può essere salvato automaticamente senza influire sulle solite abitudini di spesa quotidiane. Chip ha recentemente infranto l’obiettivo di crowdfunding sulla piattaforma CrowdCube raccogliendo 2,9 milioni di euro da un target di 1,1 milioni.
  • Qapital – consente di impostare “trigger” per risparmiare automaticamente quando hai raggiunto un determinato obiettivo, come, ad esempio, correre cinque miglia. Puoi anche impostare i trigger di “colpevolezza” per penalizzarti per comportamenti scorretti, come spendere troppo sulla tua carta di credito.
  • Cash Coach – un’app AI progettata per aiutare le persone a risparmiare e incoraggiarle ad investire, sostituendo il budget con un’esperienza completamente gamificata. Cash Coach offre agli utenti sfide di risparmio mensili, calibrate in modo intelligente e personalizzato. Gli utenti sono classificati in base alle loro prestazioni di risparmio, consentendo loro di confrontarsi tra di loro.
  • Thriv – si concentra sull’aiutarti a risparmiare abbastanza denaro “per le cose che vorresti davvero in futuro”. Puoi impostare obiettivi a breve e lungo termine, inclusi titoli, cartellini dei prezzi, immagini, descrizioni e collegamenti, e tenere traccia delle tue spese e risparmi personali con facilità. Un promemoria accurato e barre di avanzamento ti aiutano a rimanere motivato.
  • Fortune City – ti piacciono i tipi di giochi che ti consentono di costruire la tua città virtuale? Fortune City è un’app di contabilità che ti premia con le funzionalità di costruzione della città per l’uso quotidiano dello strumento.

Big Players

I big players come sempre non stanno a guardare, soprattutto negli Stati Uniti dove i maggiori esempi di gamification arrivano da Ally Bank e Indiana Centier Bank.

Ally Bank ha adottato diverse campagne usando giochi per mettere in evidenza i consumatori sulla finanza personale. La banca si è anche superata con il suo gioco di realtà aumentata “Ally + Monopoly“. Il gioco ha trasformato sei città degli Stati Uniti – Charlotte, Detroit, New York, Chicago, Seattle e Dallas – in tavoli da gioco dal vivo Monopoli. Pokémon Go incontra il settore bancario e il denaro.

Centier Bank dello Stato dell’Indiana ha offerto la propria gamma di risparmi, con tanto di premi in denaro, attraverso un’app chiamata Billinero. Il nome dell’app di gioco è una composizione di “Bill”, come in valuta, e “Dinero”, spagnolo per soldi.

Anche le nuove banche stabilite come Monzo aprono la discussione direttamente nei loro forum mostrando non solo un forte interesse nello sviluppare tali soluzioni, ma la volontà di svilupparle proprio come i loro consumatori più fedeli le preferiscono.

Le Critiche

Se sembra tutto divertente e giochi, anche la gamification ha i suoi critici. Alcuni studi dimostrano che i giochi e le loro ricompense estrinseche (trofei, badge, ecc.) possono essere dannosi per la nostra motivazione intrinseca, che generalmente ci motiva a fare qualcosa senza il ronzio della ricompensa o delle congratulazioni. Tra i maggiori detrattori, Ian Bogost, professore presso il Georgia Institute of Technology e autore di Play Anything. Ian ha criticato la gamification ed il modo in cui “trasforma il noioso in straordinario. Prendi il tuo lavoro: ottenere punti per tenere in ordine la tua scrivania lo rende divertente?”.

Conclusione

La gamification può rendere divertente il risparmio, ma può aiutare i consumatori a raggiungere i loro obiettivi? Ci sono alcune prove che suggeriscono che funzioni. Commonwealth, un’organizzazione che aiuta le persone a diventare finanziariamente sicure, ha condotto studi e sviluppato giochi come SavingsQuest, uno strumento online e mobile considerato il primo “Fitbit per il risparmio”.

Non esiste alcuna garanzia che la gamification aiuterà ogni consumatore a costruire o far crescere un fondo di emergenza. Ma potrebbe fornire la motivazione necessaria per spendere meno e risparmiare di più.

In ogni caso i segnali che la gamification può potenziare un business sono molteplici e ormai assodati. Per una azienda B2C potrebbe essere una possibilità ulteriore da inserire nei propri servizi al cliente in quei settori che vogliamo far crescere o in cui un maggiore coinvolgimento del cliente risulterebbe portare vantaggi a lui e all’azienda.

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5 brand sostenibili che hanno scelto l’ultimo trend della moda: la canapa

  • I dati relativi all’impatto ambientale della moda fast-fashion hanno dimostrato come questo modello di business non sia sostenibile sul lungo periodo;
  • La risposta di molti brand a questa crisi è l’utilizzo di materie prime che riducano le emissioni, prima tra tutte la fibra di canapa tessile.

 

Da tempi immemori vittima del proibizionismo e oggetto di innumerevoli controversie, la pianta di canapa si conferma sempre di più una preziosa risorsa nei più svariati settori industriali (bioedilizia, alimentare, tessile, e via dicendo), in un momento storico in cui la necessità di una svolta sostenibile appare lampante come mai prima d’ora.

L’enorme potenziale di questa materia prima non è sfuggito ai brand di moda più attenti alle problematiche ambientali, che vogliono mantenere alti gli standard qualitativi dei loro prodotti, e allo stesso tempo adottare un approccio sostenibile per ridurre le emissioni inquinanti.

Nell’ultimo ventennio abbiamo assistito alla crescita smisurata del fenomeno fast fashion, denunciata da Giorgio Armani nella sua lettera aperta al quotidiano americano Women’s Wear Daily come responsabile non solo di un netto abbassamento della qualità dei capi sul mercato, ma anche di aver fatto dell’industria tessile una vera e propria minaccia per il pianeta.

La moda fast, si sa, alimenta costantemente l’impulso all’acquisto ed è caratterizzata da un sempre più rapido ricambio di capi d’abbigliamento, economici e fatti per non durare troppo a lungo (chi produce fast fashion arriva a lanciare fino a 50 collezioni in un anno). Questa logica di produzione ha degli effetti a dir poco devastanti per il pianeta, in termini di sovrapproduzione e conseguente difficoltà di smaltimento della mole di invenduto, oltre che impiego di materie prime e tecniche di lavorazione ad alto impatto ambientale.

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Per citare solo qualche dato relativo ai materiali maggiormente impiegati, il cotone occupa da solo il 3% dei terreni coltivati in tutto il mondo e richiede il 25% di pesticidi e fertilizzanti impiegati in totale; mentre per la produzione di poliestere, fibra che da sola copre il 47% dell’intera produzione d’abbigliamento a livello mondiale, ogni anno viene rilasciato nell’atmosfera l’equivalente delle emissioni di gas serra generate da 185 centrali elettriche e a carbone.

La coltivazione della canapa industriale, invece, richiede meno di un terzo delle risorse idriche e dei pesticidi impiegati per la produzione del cotone, con una resa di fibre estratte per ettaro del 250% in più. Rispetto al lino, si calcola addirittura una resa maggiore del 600%.

Senza contare che netta riduzione di CO2 nell’atmosfera a cui si andrebbe incontro, incrementando la coltivazione di questa pianta che, in fase di crescita, si stima che assorba una quantità di anidride carbonica pari a 4 volte quella immagazzinata dagli alberi.

Gli indumenti realizzati a base di fibre di canapa sono circa 2,5 volte più resistenti dei tessuti sintetici oltre che completamente biodegradabili: proprio per questo, molti brand che fanno della sostenibilità un punto focale della propria mission, continuano ad investire nella ricerca e sviluppo di materiali e tecnologie per la realizzazione di capi hemp-based.

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Tra i brand più eco-friendly, ecco quelli che si sono distinti negli ultimi anni per aver ideato e realizzato intere linee che vedono come protagonista questa pianta dalle innumerevoli risorse.

Levi’s Wellthreat x Outerknown

Marchio per antonomasia del jeans in denim, Levi Strauss & Co, ha presentato alla fine della scorsa estate una nuova collezione, realizzata in collaborazione con il brand d’abbigliamento Outerknown, interamente a base di cottonized-hemp, una fibra ottenuta dalla miscela cotone e canapa.

Con un occhio rivolto all’innovazione e l’altro alla responsabilità sociale e ambientale, il colosso californiano del blue jeans apre così la strada a un nuovo denim più green, puntando a ridimensionare in maniera significativa l’utilizzo di acqua e pesticidi nelle coltivazioni destinate alla produzione.

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Patagonia

Il noto brand di abbigliamento tecnico e sportivo outdoor, da sempre attento ad offrire ai suoi clienti solo capi di prima scelta, presenta la sua prima linea di hemp clothing nel 2017, a base di fibre di canapa miste a cotone organico, poliestere riciclato e tencel.

L’azienda, impegnata sul fronte sostenibilità, mira a recuperare un antico know how in materia di coltivazione e lavorazione delle fibre di canapa, in particolar modo dopo l’approvazione del “2018 Farm Bill” che sancisce l’erogazione di incentivi per la coltivazione e la ricerca sulla canapa industriale.

L’obiettivo di Patagonia è sfruttare a pieno il potenziale di quest’opportunità di business, come dichiarato da Alexandra La Pierre, responsabile ricerca e sviluppo materiali di Patagonia:

“Non abbiamo coltivato la canapa negli USA da così tanti anni da aver perso parte di questa tradizione e della nostra conoscenza storica. Ora è il momento di recuperare”.

Jungmaven

Brand d’abbigliamento casual, per Jungmaven la moda sostenibile è una vera e propria vocazione, e fin dalle sue origini ha puntato sulla canapa come materia prima per la sua capacità di rigenerarsi rapidamente e gli enormi benefici sull’ambiente.

Con un’esperienza ultraventennale in ambito hemp clothing, oggi Jungmaven è un marchio d’alta moda eco-consapevole, i cui capi sono sfoggiati da molte celebrità.

Utilizzare la canapa è una scelta etica, un atto di responsabilità verso il pianeta, che diventa parte di un cambiamento a tutto tondo, che implica un ripensamento di un stile di vita culturalmente e socialmente determinato.

Recreator

Street e irriverente, Recreator non si accontenta di adottare la canapa come materia prima, ma sfida ogni pregiudizio giocando con gli stereotipi sulla pianta, con delle grafiche sulle sue t-shirt che di certo non mancano di creatività.

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Coniugando le tradizionali tecniche di coltivazione della pianta con le tecnologie di lavorazione più innovative, e condendo tutto con uno stile underground, l’azienda di Los Angeles trasforma la canapa da hippie a hipster.

Hempy’s

Come suggerito dal nome del brand, anche il modello di business adottato in casa Hempy’s mette in primo piano la salute del nostro pianeta, proponendo capi di qualità a prezzi comunque accessibili.

Tutti gli articoli firmati Hempy’s sono realizzati in canapa e cotone organico, per poter garantire capi resistenti, traspiranti e che non provochino prurito o irritazione.

Casual e confortevoli, i prodotti Hempy’s si adattano a qualsiasi stile e spaziano dall’abbigliamento agli accessori, e constano anche di una linea di cosmetici bio, naturalmente, anche questi hemp-based.

Bambini curiosità

La curiosità è importante e stimolarla nei bambini porta a un migliore apprendimento

  • È stato dimostrato come la curiosità, unita a un corretto approccio all’apprendimento, possa essere fondamentale in un bambino per apprendere nuove conoscenze;
  • Uno studio dellaUniversity of Michigan ha cercato di dimostrare come solo la curiosità, intesa come componente socio-emozionale, può effettivamente garantire maggiore propensione all’imparare in un bambino con conseguenti migliori risultati scolastici.

 

Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.

Diceva Albert Einstein, un uomo straordinario che indubbiamente ha lasciato un segno indelebile sul mondo. La parola curiosità, e quindi anche l’aggettivo curioso, deriva dal latino curiosus, che a sua volta deriva da cura, ovvero “sollecitudine”. Il curioso è qualcuno che si cura, che è sollecito nell’investigare e nel ricercare i fatti. Potremmo sintetizzare la definizione epistemologica di “curioso” come qualcuno che è desideroso di sapere, quindi. Tutto ciò si collega alle parole del padre della teoria della relatività, che ci può far pensare che dietro a un genio, oltre al talento, c’è sempre curiosità.

Molte ricerche hanno portato una grande consapevolezza sull’importanza delle componenti socio-emozionali di un individuo quando si tratta di apprendere nuove conoscenze. In particolare, si è notata una correlazione con una maggiore predisposizione dei bambini a imparare e ottenere buoni risultati scolastici. Tra le componenti socio-emozionali da considerare c’è senza dubbio la curiosità, intesa come capacità di immaginare e inventare. Un’importanza fondamentale, poi, la riveste la capacità di autoregolazione dei comportamenti, anche detta “effortful control“, che si collega all’attenzione e tenacia nel portare a termine dei compiti. A queste si collegano i comportamenti pro-sociali, quindi l’abilità a formare e mantenere relazioni, e l’autoregolazione emotiva.

Come si collegano queste componenti alla capacità di apprendere di un bambino? Esistono correlazioni reali e tangibili tra la curiosità e la capacità di imparare cose nuove?

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Che cos’è la curiosità?

La curiosità è caratterizzata dalla gioia di scoprire cose nuove, dalla motivazione di cercare risposte a qualcosa che ancora non si conosce.

Se guardiamo alle moltissime storie di successo di imprenditori, scienziati, sportivi o qualunque altra personalità, ci possiamo accorgere che hanno in comune il fatto di aver scoperto qualcosa di nuovo, o di averlo fatto in modo diverso dall’ordinario: hanno avuto la curiosità di esplorare l’ignoto, di andare oltre, portando innovazione. La curiosità, infatti, è fondamentale per l’apprendimento ed è per questo che è importantissima per i bambini, i quali la sviluppano sin da molto piccoli. Lo psicologo Jean Piaget li ha definiti come dei “piccoli scienziati“, per la loro fame di conoscenza.

Si può definire la curiosità come uno stato motivazionale, un approccio personale, associato all’esplorazione. Può essere collegata a più dimensioni, riferendosi alla persona o a una situazione specifica. Nel primo caso si parla di tratti caratteriali, qualcosa di profondo, insito in un individuo. Una persona può essere curiosa per natura, risultando aperta alle esperienze, desiderosa di novità, propensa ad accogliere tutto ciò che è inaspettato. La curiosità, però, può anche essere situazionale, relativa agli interessi più eccentrici di una persona, e può essere influenzata dal contesto individuale e sociale in cui si trova.

È stato dimostrato, infatti, come le persone possano diventare più curiose se coinvolte in attività a cui danno effettivamente molto significato dal punto di vista personale. Quindi, si potrebbe presupporre che intrattenere i bambini con attività legate a esperienze per loro significative può stimolare la loro curiosità. 

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Bambini curiosità

Come la curiosità stimola l’apprendimento: lo studio

Ci sono molti studi che hanno provato come la curiosità, unita a un corretto approccio all’apprendimento (l’autoregolazione dei comportamenti o effortful control), possa essere fondamentale in un bambino per apprendere nuove conoscenze, soprattutto in età pre-scolastica. Ma la curiosità, da sola, può effettivamente garantire maggiore propensione all’imparare?

È la domanda a cui hanno cercato di rispondere alcuni studiosi della University of Michigan in uno studio del 2018. Se effettivamente la curiosità spinge un bambino a cercare di conoscere qualcosa che ancora non conosce, allora spingendolo a essere sempre più curioso e incoraggiando certi suoi atteggiamenti lo si potrebbe favorire nel suo percorso di apprendimento, scolastico e non.

Ecco quindi che lo studio ha cercato di dimostrare come la curiosità possa diventare un vero e proprio indicatore di risultati per l’apprendimento. Nello specifico, sono stati presi in esame i risultati in matematica e capacità di lettura. Non solo: gli studiosi hanno cercato di analizzare il fenomeno anche considerando alcune variabili, come i livelli di effortful control di un bambino (la sua attitudine verso l’apprendimento), il suo genere, e il suo stato socio-economico. Questo per comprendere come la curiosità possa essere incentivata anche in situazioni e contesti specifici, non solo per sottolinearne l’importanza come tratto di personalità.

6200 bambini hanno preso parte allo studio, che consisteva in alcuni assessment di matematica e lettura per testarne le loro capacità. Genitori e insegnanti, invece, si sono visti somministrare dei questionari legati al comportamento dei bambini. Analizzando i risultati in periodi di tempo diversi (a 9 mesi, a 2 anni, all’asilo, ecc.), si è potuto comprendere pattern e correlazioni tra risultati scolastici e curiosità.

curiosità bambini

I risultati dello studio

Lo studio ha evidenziato come ci sono effettive correlazioni tra curiosità e ottimi risultati scolastici. Ciò è risultato indipendente dai livelli di effortful control dei bambini: chi risultava più curioso apprendeva più facilmente nuove conoscenze e otteneva migliori risultati. In particolare, si è notato che questo accade soprattutto in bambini con uno status socio-economico non elevato.

Dallo studio è stato evidenziato come non sia solo l’approccio all’apprendimento a essere importante per un bambino, ma anche la sua curiosità. Il “mostrare desiderio di imparare nuove cose” diventa fondamentale, soprattutto prima di entrare in un percorso scolastico. Ecco quindi che sarebbe opportuno identificare maggiori opportunità per coltivare la curiosità nei bambini, incoraggiando soprattutto quelli più piccoli.

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Il fatto che i bambini in condizioni socio-economiche meno rilevanti siano più soggetti a queste correlazioni tra curiosità e apprendimento, poi, può farci riflettere. In un’epoca in cui si è bombardati da fatti e notizie in tempo reale è inevitabile pensare come siamo sempre più circondati da meno curiosità. Può sembrare un paradosso, ma se da un lato abbiamo maggiori possibilità di esplorare il mondo, allo stesso tempo le informazioni a cui siamo esposti non sempre sono significative, di valore. Non solo: diamo per scontato che ottenere un’informazione sia facilissimo, basta un click o pronunciare la parola “Alexa”. Questa facilità ci porta a un calo della voglia di esplorare, del desiderio di sapere, di tuffarsi nella conoscenza di qualcosa. Scoprire qualcosa di nuovo è ormai troppo facile, e non sempre implica uno sforzo.

Una minore esposizione alla tecnologia o una minore interazione con strumenti che ci consentono questo accesso immediato alla conoscenza, forse, potrebbe farci modificare il modo in cui “utilizziamo” la nostra curiosità. Quest’ultima è la nostra sete di sapere, la nostra volontà di scoprire ciò che non si conosce, la voglia di impegnarsi per apprendere qualcosa di nuovo. Può bastare solo quella per portarci a un ottimo apprendimento, e lo studio illustrato precedentemente ha cercato di dimostrarlo. Meno si ha, più si avrà volontà di conoscere qualcosa di nuovo.

Un bambino non ha esperienza, è solo all’inizio di un percorso che dovrà costruirsi, cercando di seguire i suoi interessi e le sue passioni. Per questo, è importante stimolare la voglia di sapere dei bambini, sin dalla tenera età. La curiosità sarà qualcosa che potrà poi accompagnarli per tutta la vita. Se nasce nell’infanzia, con raffiche di domande e richieste, si rafforza nell’adolescenza, accompagnando i ragazzi nella loro crescita. Negli adulti, poi, è uno degli indicatori principali che può portare verso la capacità di innovare e il sentirsi realizzati, fino ad alimentare la voglia di vivere negli anziani. La curiosità, quindi, non è solo qualcosa che può portare i bambini ad apprendere più facilmente la matematica o a leggere meglio, ma una componente emotiva di enorme potenza e valore, che va coltivata continuamente.

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Reply Creative Challenge: aperte le registrazioni alla competizione a squadre

Si sono già aperte  le registrazioni per l’edizione 2020 della Creative Challenge, la competizione a squadre parte del programma Reply Challenges.

Si tratta di una serie di sfide aperte a chiunque ami la tecnologia e i concorsi online, pensate per divertirsi, mostrare il proprio talento nel campo della Codifica, della Sicurezza, della Creatività e molto altro ancora, e per vincere dei fantastici premi. Le Challenges si inseriscono nel costante impegno di Reply per promuovere nuove modalità di apprendimento, completamente digitali, nei confronti dei giovani.

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In cosa consiste la Creative Challenge

La Creative Challenge, che nell’edizione del 2019 ha visto più di 3500 partecipanti e 350 progetti realizzati, chiama a confrontarsi studenti e giovani creativi nello sviluppo di un concept ideato da alcuni tra i più affermati art director e professionisti del settore.

Per partecipare alla sfida online, in programma da venerdì 22 a domenica 24 maggio, sarà necessario registrarsi al sito challenges.reply.com. I team partecipanti avranno a disposizione 48 ore per sviluppare e inviare la loro proposta creativa in una delle categorie assegnate: “Employer Branding”, “Brand Activation”, “Service Design”, “Branded Content” e “Social Media – Instagram”.

Una giuria di professionisti, composta dalle agenzie creative del gruppo Reply e dai referenti creativi Partner della competizione – tra cui Ducati Scrambler, FCA, Martini, MSC e OBI – identificherà per ogni categoria il team che accederà alla fase finale, in programma nel mese di luglio, e che avrà l’opportunità di presentare il proprio progetto.

Come partecipare

Innovazione, creatività, originalità, aderenza al brief e qualità della presentazione finale sono i criteri in base ai quali la giuria decreterà, durante il round finale, il team vincitore della Creative Challenge 2020 di ogni categoria.

I migliori delle cinque categorie per le quali si può gareggiare si sfideranno poi il primo giugno in una super finale.

Maggiori informazioni sulla Creative Challenge 2020 al sito challenges.reply.com. Le iscrizioni sono aperte fino al 22 maggio.

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La plastica biodegradabile offre una nuova prospettiva al riciclo, grazie agli scarti di cibo

  • Gli effetti della plastica riversata negli ambienti ha spinto le aziende a rimediare ai danni che tutti noi da troppi anni abbiamo recato all’ecosistema;
  • Anche gli scarti delle nostre tavole potranno essere trasformati in oggetti di uso comune grazie ad alcune colonie di batteri.

 

La plastica biodegradabile ha iniziato a segnare punti contro la plastica derivata da petrolio. La “guerra” è iniziata già da diversi anni e le grandi aziende insieme a biologi collaudano e sperimentano tecniche di riciclo sempre più affinate.

La green economy si sta imponendo sempre più, sensibilizzando non solo l’intero processo produttivo ma coinvolgendo anche nuovi attori in nuovi ruoli. L’intento è ovviamente quello di scusarsi con tutto l’ecosistema per i danni provocati fino ad ora.

La plastica ad oggi è uno dei maggiori inquinanti tra tutti i rifiuti di cui ci liberiamo e che riversiamo nell’ambiente – soprattutto marino – con le catastrofiche conseguenze sulla fauna che non possiamo più far finta di ignorare. Questa volta, però, parliamo dei rifiuti alimentari: una volta finiti in discarica, la loro decomposizione produce emissioni di carbonio, complici insieme ad altre materie inquinanti di agevolare il disastroso cambiamento climatico

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Cosa hanno in comune le bucce di banana e la plastica?

Da qualche anno si stanno perfezionando dei processi dedicati proprio ai rifiuti alimentari. Da questi infatti è possibile ottenere un tipo di plastica biodegradabile, “naturale”, che dà vita a materiali completamente compostabili. E così le bucce della frutta, l’olio di frittura, le patate e altre materie prime, invece di essere lasciate libere di trasformarsi in carbonio e gas serra, avranno una nuova vita tutta degna di stima. Oggetti o prodotti di uso comune, come stoviglie o imballaggi, decomponibili ed ecologici.

Le bioplastiche in questione, non provenienti dal petrolio e totalmente naturali, sono i PHA (poliidrossialcanoati) – polimeri poliesteri termoplastici – cioè catene lineari di molecole combinate tra loro e facilmente malleabili grazie al calore. 

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Batteri produttori di plastica

Il tipo di plastica tutta naturale deriva, in parole povere, dal processo di digestione di diverse colonie di batteri. I PHA nient’altro sono che il prodotto di questi esseri unicellulari, ottenuto attraverso il processo di sintetizzazione di zuccheri e lipidi in particolari condizioni di coltura come l’eliminazione di azoto, zolfo e fosforo.

La trasformazione in PHA avviene in circa sette giorni e sono coinvolte varie specie batteriche (Bacillus, Rhodococcus, Pseudomonas,etc) che, come in una catena di montaggio, hanno ognuna il proprio ruolo produttivo. Una coltura di batteri si occuperà di scomporre i rifiuti alimentari in minuscoli blocchi di carbonio. Il ruolo della seconda coltura sarà quello di mangiare il carbonio e immagazzinarlo nelle proprie cellule. Il prodotto finale, che per i batteri è accumulo di energia, a noi si presenta sotto forma di granuli che opportunamente estratti daranno vita a materia plastica biodegradabile.

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La plastica biodegradabile che si crea e che si distrugge

Questa nuova alternativa vede come protagonista la startup canadese Genecis. L’azienda biotecnologica, nata nel 2016, intende creare plastica biodegradabile ad uso commerciale e lanciarla presto a prezzi relativamente bassi, aprendo così la strada ad una nuova consapevolezza verso l’economia circolare. Il nuovo materiale ha una bassa permeabilità all’acqua e un’alta resistenza termica ma presenta le medesime proprietà della plastica a base di petrolio. La sua degradazione però è veloce: circa un anno in ambiente terreno e marino.

Inoltre, in partnership con Sodexo, società di servizi alimentari, Genecis si vede impegnata a riconvertire gli sprechi delle mense aziendali in prodotti compostabili riutilizzabili dalle mense stesse. Un interessante progetto a dimostrazione della funzionalità della tecnologia a favore delle economie circolari.

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Una tecnologia dunque che servendosi di materie naturali e grazie al prezioso aiuto dei batteri potrebbe risollevare le sorti dell’ambiente. Un ricircolo di materie che provengono dalla terra e ad essa ritornano dopo diverse vite vissute sotto differenti forme. Si spera in questa alternativa responsabile che probabilmente non cambierà le nostre abitudini al monouso ma che ci abituerà a fare scelte di acquisto più sostenibili, come è giusto che sia.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

Rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

  • Il processo di rebranding è un gioco ad alto rischio alla ricerca di un equilibrio tra nuova creatività e tradizione esistente;
  • Un’organizzazione deve conservare la propria essenza e allo stesso tempo trasformarsi in qualcosa di nuovo ed evoluto

 

In un mondo in continua evoluzione la capacità di adattamento è necessaria per avere successo. Ciò vale soprattutto per le imprese che vogliono continuamente reinventarsi per cambiare con i tempi e adattarsi alle esigenze dei consumatori sempre in evoluzione. Per molte organizzazioni, questo cambiamento si presenta sotto forma di rebranding.

Nonostante il periodo di emergenza globale, le aziende continuano ad evolversi e ad adattarsi. Scopriamo nel dettaglio i marchi che hanno cambiato la propria identità durante il mese di aprile.

Il rebranding di Esprit

Istituito nel 1968, Esprit è un marchio di moda che progetta, produce e commercializza abbigliamento, calzature, accessori, gioielli e articoli per la casa. Famoso per il suo stile colorato e divertente tipico degli anni ’80, Esprit si è adattato a ogni decennio da allora con la sua visione di “positività essenziale”.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

Fondato in California, attualmente ha 761 negozi al dettaglio gestiti direttamente e oltre 6.300 punti vendita all’ingrosso in 40 paesi. Di recente, il marchio ha introdotto una nuova identità disegnata da Pentagram New York.

Esprit Logo Evolution from Pentagram on Vimeo.

Non ci sono differenze facilmente distinguibili tra il vecchio e il nuovo logo. Una nota più che positiva questa, in quanto Esprit è uno dei marchi più iconici della moda, cambiarne gli accenti sarebbe stato quasi un sacrilegio.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

Ad ogni modo, le piccole modifiche apportate semplificano alcune lettere e aprono la spaziatura complessiva della scritta. Il nuovo logo si adatta perfettamente a tutte le campagne, stampa e digitali, nonché alle nuove etichette e alle shopping bag.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

L’identity system presenta un nuovo carattere tipografico ispirato all’iconico logo dello stencil “ESPRIT” e riporta in auge l’utilizzo dei colori vivaci. La nuova identità è dinamica e può essere accuratamente declinata su tutti i punti di contatto, dalla più semplice alla massima espressione del brand.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

Per la prima volta, il logo si trasforma in un carattere tipografico completamente personalizzato, l’ESPRIT Stencil.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

Le lettere maiuscole e minuscole, che racchiudono lo spirito del marchio, ora possono essere mescolate per lanciare diversi messaggi.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

La tipografia è accompagnata da un approccio radicalmente semplice ma efficace, basato su una palette nuova di colori. Il metodo, altamente sistematizzato, introduce una ruota di 72 colori che offre una vasta gamma di possibilità.

Esprit Color Wheel from Pentagram on Vimeo.

Il team di Pentagram ha creato una guida completa per lo stile del marchio che copre tutto, dai cartellini alle etichette, dai bottoni alle cerniere, sino alla carta velina e al nastro.

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

I migliori rebranding di aprile: Esprit, Bing e Trojan

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Il colore può essere applicato in modo selettivo sulla confezione con adesivi giocosi. Il quadro di identità coerente si estende ai sotto-marchi per le linee di prodotti edc, Esprit Sport, Esprit Jeans ed Esprit Kids, nonché a un sistema di icone personalizzate per l’iconografia digitale.

Il nuovo aspetto fluido di Microsoft Bing

Negli ultimi due anni Microsoft ha aggiornato molte delle sue icone per renderle in linea con il suo Fluent Design System. Un processo che mira a creare semplicità e coerenza su tutte le piattaforme.

I migliori rebranding microsoft Bing

Il motore di ricerca Bing è l’ultimo dei servizi ad attuare un processo di rebranding Fluent e i risultati sono impressionanti.

microsoft Bing

Il motore di ricerca di Microsoft ottiene un nuovo aspetto fluido e mantiene la “b” minuscola immediatamente riconoscibile, ma perde i bordi taglienti a favore di un design più curvo. Il vecchio look rigoroso e geometrico, lascia il posto a un nuovo aspetto, più elegante e di classe. Anche se il cambiamento della nuova versione appare come un semplice rinnovamento, l’effetto è ben più profondo.

rebranding microsoft bing

Non possiamo negare che il nuovo logo di Bing sia in linea con l’aspetto uniforme e moderno che Microsoft sta cercando di dare a tutti i suoi programmi.

bing

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Tuttavia, il nuovo logo non è ancora visibile a tutti, e non ci sono notizie su quando sarà pienamente operativo. La società sta facendo un A/B test per provare il nuovo logo con un numero limitato di utenti.

Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging

Trojan promuove una vita sessuale sicura, sana e divertente. Dai preservativi ai vibratori passando per i lubrificanti, da oltre 100 anni l’azienda fornisce prodotti innovativi e di alta qualità per offrire piacere e protezione.

Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging

Ad aprile, il brand ha rinnovato il suo sistema visivo con un logomark semplificato, decidendo di abbinare un nuovo senso di sicurezza al gioco, grazie all’introduzione di una nuova gamma di pack dal design colorato.

Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging

L’aggiornamento del marchio è stato realizzato dall’agenzia creativa Dragon Rouge, che ha avuto il compito di spostare la percezione dei clienti dei preservativi come semplici dispositivi di “sicurezza ed efficacia” in catalizzatori di piacere.

Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging

La nuova identità del marchio trasmette forza, fiducia, prestazioni e mascolinità.

Ha spiegato l’agenzia.

Il nuovo marchio trova perfetta applicazione nella confezione dei preservativi Trojan, dove il logo è stato razionalizzato in modo tale che la ‘A’ non sia più alta delle altre lettere e la ‘N’ non segua lo stesso ritmo.

rebranding

Oltre a ciò, è stato aggiunto un livello serif alla “J” per bilanciarla alla ”T”.

Sicurezza e piacere: Trojan presenta nuovo logo e nuovi packaging

Una serie di nuove trame per la mascotte Trojan che prende vita nelle 30 varietà di preservativi e continua a rappresentare la fiducia del marchio, ponendo maggiore enfasi sulla sensazione di eccitazione.

heineken campagna socializza responsabilmente

La campagna di Heineken “Ode to close” è un inno alla vicinanza responsabile

Le strette di mano, le pacche, darsi la carica, battere le mani, abbracciarsi forte, stare insieme, i tocchi affettuosi, le coccole. “Ode to close”, titolo in inglese, è un inno alla vicinanza responsabile, un mini-film con una serie di immagini toccanti che ci mostra tutti quei gesti che fino a ieri davamo per scontati e che adesso ci mancano, ricordandoci quanto sia bello stare vicini.

Adesso, però, per stare accanto alle persone alle quali vogliamo bene dobbiamo stare separati e rispettare le norme stabilite, perché ora più che mai essere responsabili fa davvero la differenza. “Separati. Ma insieme” è il messaggio alla fine del video.

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Heineken invita a socializzare responsabilmente

Un nuovo modo di socializzare responsabilmente e un messaggio di speranza al centro della nuova campagna promossa da Heineken® per vivere insieme, anche se distanti, questo lungo periodo di isolamento forzato.

La birra è nella mente di tutti sinonimo di socializzazione, un momento conviviale da condividere con gli amici, quasi un rito, e adesso che milioni di persone in tutto il mondo sono costrette a stare separate o, in alcuni casi, in isolamento, comprendiamo ancora di più il valore della nostra vita sociale. È giusto voler stare insieme, ma va fatto in modo responsabile, rispettando le distanze.

heineken ode to close

Heineken® ha una lunga storia di brand che promuove comportamenti responsabili. Campagne globali come “Enjoy Heineken Responsibly” e “When You Drive, Never Drink” promuovono in maniera creativa stili di vita che impattano positivamente e in modo concreto sulle persone. Così anche in questa nuova campagna curata da Publicis Italy, ha voluto mostrare alle persone di tutto il mondo che cosa significa #SocialiseResponsibly: rimanere distanti e seguire le linee guida e le normative delle autorità competenti in ogni momento, usando anche intraprendenza e creatività.

La campagna è stata lanciata a livello globale nei giorni scorsi ed è on air a partire dal 2 maggio anche sulla TV italiana con uno spot da 30 secondi.

comunicare ai tempi del coronavirus

Cosa fare (e cosa non fare) per comunicare ai tempi del COVID-19

  • Empatia, creatività e innovazione sono le parole chiave che permettono di andare avanti e di portare cambiamenti per prepararsi al futuro;
  • Per un brand la vera sfida del momento è qualcosa che finora abbiamo dato per scontato: comunicare.

 

Questo virus ha stravolto e probabilmente continuerà a cambiare la nostra vita nei prossimi anni. In bene o no questo lo deciderà il futuro; il punto vero sta nel cercare sempre un lato positivo anche nella situazione più buia.

Forse sembra una frase fatta, ma a volte gli scossoni possono portare nuove idee, bisogni e modi di fare differenti, magari migliori del passato.

Parlando di brand e di marketing in questo periodo conta esserci. Esserci per i propri clienti, mettendo conversion e revenue in secondo piano.

Parliamo anche qui di un’opportunità; quella di farsi conoscere per quello che si è, per i propri valori. Costruire brand awareness in un periodo così complesso potrebbe quasi sembrare folle, eppure può essere il primo vero passo per ricominciare e gettare le basi per il ritorno alla normalità, se così potremo chiamarla.

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Non smettere di comunicare, ma non over comunicare

La prima azione da compiere è non scomparire; se fino al giorno prima le vostre promesse erano quella di creare engagement, non potete pensare di lasciare soli i vostri clienti in questo momento.

Oggi è molto importante essere attivi, senza esagerare, per consolidare la fiducia data nei vostri valori e nel brand o anche, perché no, trovare nuovi follower, potenziali consumatori di domani.

Cambiare il vostro piano di contenuti può aiutarvi a pensare in modo nuovo, a concentrarsi su attività e post che prima potevano sembrare troppo azzardati: pensiamo a workshop o allenamenti online, alle dirette su Instagram.

I brand stanno riscrivendo il modo di comunicare e di interagire con tutti, gettando solide basi per le attività future.

Importante però non andare alla cieca e avere fin da subito chiari i punti di forza della propria identità di brand, investirci e puntare su un piano di contenuti chiaro, flessibile e reattivo ma non eccessivamente volubile, così da consolidare la brand awareness e non creare confusione.

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Parola d’ordine: empatia

Il secondo punto è non terrorizzare i propri utenti con messaggi cupi, o tristi. Non è ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento. Ma nemmeno ignorare la situazione e avere toni eccessivi.

Questo è davvero il tempo di essere empatici; parlare con gli utenti mostrandosi a conoscenza della gravità della situazione e anche dello stress che questa può causare loro, senza gettare panico, ma tranquillizzando e proponendo alternative di intrattenimento o modi di comunicare che permettano a tutti di imparare cose nuove, evadere dalla realtà o pianificare già il prossimo futuro.

Promozioni o non promozioni?

I brand non possono dimenticarsi del business, ora più che mai. I numeri parlano di contrazioni di consumi, e con negozi chiusi e con stock invenduto la vendita online è l’unica vera opportunità in questo momento. Inoltre i consumatori non sentono necessità di spendere per abbigliamento, cosmetici, prodotti di consumo.

Le promozioni sono l’unica leva vera capace di smuovere i consumi, ma non bisogna eccedere, per non perdere credibilità e per non cambiare per sempre l’immagine del brand.

Sarebbe più corretto costruire calendari che tengano conto di promozioni ma anche di periodi a prezzo pieno, in cui comunicare, in modo soft, le novità, o puntando su categorie (come comfy apparel) più adatte al periodo e che possano essere interessanti lato consumatori.

Il Covid-19 ha creato sicuramente una situazione molto difficile per noi, per i nostri cari, per il mondo intero. Ma può essere una grande chance per noi come persone e per i business e brand per cui lavoriamo o che amiamo, per rinascere e creare innovazione per il “dopo”, qualunque forma abbia.

week in social

Week in Social: dai nuovi sticker su Instagram e TikTok alle video call a 8 su WhatsApp

Iniziamo maggio con le principali novità dal mondo dei social. Leggiamo insieme la prima Week in Social del mese, per restare sempre aggiornati, come un vero Ninja dovrebbe fare.

Donation sticker per i social

Instagram continua a lavorare per aiutare i business in difficoltà a causa dell’impatto che il Covid-19 sta producendo su persone ed economia. Per questo, oltre alle misure già introdotte nei giorni scorsi, questa settimana lancia una nuova feature che permette di raccogliere fondi durante le Instagram live.

La piattaforma social assicura che il 100% dei soldi raccolti saranno devoluti a una realtà non profit che potrai scegliere tu stesso. Per andare live, basterà selezionare l’opzione “Fundraiser“. Durante la diretta potrai monitorare, oltre alle view, il numero di persone che dona per la tua causa. E, dal lato utente, una volta effettuata la donazione, i donatori potranno usare lo sticker “I donated” nelle stories.

Sarà un caso che la notizia sia arrivata in contemporanea con il lancio del nuovo set di Donation Stickers su TikTok?

Una notizia non ufficiale riguarda invece la possibilità che sulle Instagram Stories arrivi il ‘DM Me’ sticker.

È ufficiale: videochiamate a 8 su WhatsApp

La scorsa settimana avevamo anticipato la notizia, ma eravamo in attesa di una dichiarazione ufficiale. Ed è arrivata.


Visto il tempo trascorso dagli utenti in app, e quello lontano dalle persone che amiamo, oltre al diffondersi di app per le video call, WhatsApp ha pensato bene di dare al web uno strumento in più per restare connessi, portando il limite delle videochiamate da 4 a 8 persone.

LinkedIn, Pinterest e Snapchat, in breve

Pare che LinkedIn stia sperimentando una nuova preview link.


Mentre Pinterest questa settimana ha lanciato ‘Stand for Small’: una serie di nuove risorse per gli small business. Si tratta di training, opportunità di networking e mentorship.

E se ti va di divertirti sperimentando diversi look in virtual reality, prova la nuova videocamera di Snapchat, realizzata in collaborazione con L’Oréal.

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Notizie dell’ultima ora

Chiudiamo la nostra Week in Social con la notizia dell’arrivo di nuovi font sulle Instagram Stories e di una nuova feature di LinkedIn, pensata per aiutare i recruiter e le persone in cerca di lavoro. Sembra che ai potenziali candidati verrà data la possibilità di rispondere alle domande dei recruiter via video.

Un modo per testare skill di comunicazione e presentazione. Ma poichè non tutti siamo a nostro agio di fronte a una videocamera, la scelta di usare o meno questa modalità sarà a discrezione dell’utente.

Un ultimo tool riguarda invece la possibilità, per gli utenti di LinkedIn, di registrare un video mentre rispondono a domande generiche, quelle che di solito ti fanno durante i colloqui di lavoro, e chiedere poi un feedback all’AI di LinkedIn. Vuoi provarlo? Qui il link.