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  • Questa bioplastica è ecosostenibile e tracciabile grazie alla blockchain

    EarthBi è una bioplastica sviluppata e brevettata in Italia che vuole contribuire alla riduzione dell’inquinamento ambientale causato dalla plastica

    13 Maggio 2019

    Una bioplastica prodotta utilizzando come materie prime biomasse derivanti da scarti di produzione di origine naturale, che può essere smaltita attraverso i normali processi di compostaggio. Ed è biodegradabile. Il progetto si chiama EarthBi, è una bioplastica, coinvolge anche tecnologia blockchain ed è stato sviluppato da un’azienda italiana (un team di professionisti si è impegnato in un progetto che che affronta problema a partire dalla produzione). Vediamo di che si tratta. bio

    La blockchain per garantire la tracciabilità

    EarthBi è realizzata attraverso processi di produzione che utilizzano anche la tecnologia blockchain per “garantire trasparenza sulle caratteristiche tecniche del prodotto e tracciabilità” hanno spiegato i founder del progetto EarthBi, promosso da Valore Holding Group, finalizzato a “ridurre l’inquinamento ambientale causato dalla plastica”. La tecnologia Blockchain permette di tracciare ogni lotto del prodotto e far conoscere quantità, provenienza, destinazione a clienti e consumatori.  “Dalla prima linea di produzione della bioplastica in Italia, situata a Pomezia (Roma) – fa sapere la società – si passerà nei prossimi mesi allo sviluppo degli impianti in Slovenia e a Malta, per una capacità finale complessiva di circa 60.000 tonnellate all’anno”.

    Un nuovo materiale plastico

    EarthBi è un nuovo materiale plastico a base biologica (biobased) e biodegradabile, prodotto utilizzando come materie prime biomasse derivanti da scarti di produzione di origine naturale e può essere smaltito attraverso i normali processi di compostaggio. L’elemento di base è l’acido polilattico (Pla), ovvero, una plastica biodegradabile prodotta oggi da zucchero di canna o glucosio.

    Brevetto italiano

    Grazie ad un brevetto, sviluppato in collaborazione “con scienziati ed università italiane”, il nuovo polimero “si adatta a diversi processi produttivi, anche quelli più complessi”, e “può essere utilizzato negli impianti dedicati alla lavorazione di plastica tradizionale senza modificare le linee produttive”.

    I numeri

    Secondo uno studio su dati Eurostat, l’Italia è nella lista dei maggiori esportatori di rifiuti plastici non riciclati, all’11° posto nella classifica mondiale. Nel 2018 ha spedito oltre confine circa 197 mila tonnellate di plastica, che, se non smaltita correttamente, finisce per inquinare mari, fiumi, terreni, quindi anche fauna marina e produzione agricola, con un serio pericolo per la salute dell’uomo attraverso gli alimenti che assume.  La scossa ecologista che sta scuotendo i consumatori e le istituzioni sta determinando una nuova coscienza verso questo problema. Una delle soluzioni proviene appunto dall’Italia.