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Starbucks

La roadmap e il mindset per reinventare la tua Customer Experience

  • Siamo entrati nella fase 3: perché nessuno compra?
  • La Customer Experience come asset per fare riemergere il business
  • Tre traiettorie dove orientare gli sforzi di marketing e business

Siamo entrati da qualche settimana nella fase 3, ma aziende e business faticano ad accorgersene. Si chiama ‘Effetto Caverna’ e può essere riassunto così: in queste condizioni e dopo 3 mesi di stanziamento domestico, chi ha più voglia di rimettere la testa fuori casa?

E così, soprattutto in Europa, mentre ci sarebbe gran bisogno di spendere e tornare (con senno e nel rispetto delle regole) a uscire e consumare per fare ripartire l’economia, noi fatichiamo. Se aggiungiamo poi i timori del futuro imminente, il pranzo è servito.

E allora, cosa possiamo fare come marketer, imprenditori, consulenti e business strategist? La risposta finora ha un nome, ho meglio un acronimo: CX, ovvero Customer Experience. Tutto, o almeno la maggior parte, sta lì. Se le crisi sono gravi ma offrono tante opportunità ai pensatori laterali, comprendere per davvero cosa vogliono i consumatori e come deliziare le persone oggi – qualcosa di molto diverso rispetto a 3 mesi fa – è decisivo.

Cosa significa Customer Experience e perché oggi più che mai è decisiva

Partiamo dai fondamentali, ovvero da cosa significa CX.

Per Customer Experience intendiamo le reazioni emotive che i nostri utenti hanno quando entrano in contatto con noi attraverso una comunicazione, un’interazione, un touchpoint, …

Dunque, il focus della CX è sull’output, sul risultato concreto. Da sempre, sulla stessa Customer Experience aleggiano miti e leggende, già in una ricerca di alcuni anni fa, SAS e Harvard Business Review sottolineavano numeri contraddittori:

  • il 53% degli executive intervistati valutava la CX una leva di vantaggio competitivo;
  • di conseguenza, il 45% considerava la gestione della CX una priorità strategica;
  • nonostante tutto, la stessa percentuale (45%) valutava difficile misurarne il ROI.

Oltre a queste statistiche sfidanti, capiamo un altro motivo per cui oggi, rispetto alla CX, è davvero il tempo di passare dal dire al fare. Perché è cambiato tutto!

  1. I consumatori sono sul divano;
  2. Anche se possono muoversi, valutano questa opzione ancora poco conveniente;
  3. Amazon ha scardinato tanti indecisi digitali, facendo capire loro che con 2 soli click possono avere a casa e il giorno dopo (quasi) tutto ciò che serve;
  4. [Potrei continuare con decine di altre motivazioni…]

Una notizia positiva, è che il consumatore comunque non è sparito; come citato nel punto uno, è ‘semplicemente’ a casa e vuole buoni motivi per spostarsi dalla conca del divano che si è comodamente creato in queste settimane di remote working e social distancing. Dopo le settimane dell’empatia digitale, dove tutte le ricerche – in primis, quella di McKinsey legata a come declinare la Customer Experience al tempo del Coronavirus – erano concordi sulla necessità di rimanere digitalmente vicini ai clienti, dobbiamo adesso passare all’azione.

Tre stimoli di Customer Experience a prova di Covid-19

Ne abbiamo sentiti tanti, forse troppi: webinar, consigli, white paper, ricerche più o meno solide contenenti le linee guida per reinventare il dialogo con i customer.

Ma poi, cosa funziona davvero? Da tutto questo mare magnum di stimoli e contenuti, ti riporto tre pensieri su cui consiglio di ragionare e iniziare a lavorare.

Pensa poli-canale, non (più) omni-canale

Ivan OrtenziChief Innovation Evangelist del Gruppo BIP – ha provato a tracciare una nuova architettura dell’esperienza. Tra gli stimoli, uno mi sembra particolarmente efficace: almeno per un po’ di tempo, sarà difficile pensare omni-canale.

Se per anni abbiamo disegnato e progettato con il cliente al centro, semplicemente adesso il cliente al centro non vuole stare. Ha paura, preferisce mettersi di lato o non esserci proprio. Alcuni canali, dunque, saranno molto meno efficaci rispetto a prima: uno tra tutti lo store fisico. Il suo suggerimento è di pensare invece poli-canale, dando la precedenza ad alcuni touch-point rispetto ad altri.

Tieni comunque il mindset omni-canale nel tuo cassetto in ufficio: tornerà, tornerà. ?

Ripensa gli spazi

A proposito di precedenze, è indubbio che gli spazi fisici stanno soffrendo. Già soffrivano in parte prima del Coronavirus, ora fanno proprio fatica a riemergere. Non parlo solo del +400% che ha segnato l’eCommerce nelle ultime settimane: come anticipato le persone hanno paura, temono il contatto diretto, e in generale non vivono una bella esperienza in store con tutta quell’amuchina e quei guanti.

L’ultima trimestrale Inditex – il gruppo di Zara, per intenderci – non lascia spazio a dubbi ed è ben analizzata sul suo blog da Romano Cappellari, Professore di Marketing e Retailing: saranno chiusi nel triennio 1.000-1.200 punti vendita (il 13-16% della rete attuale e il 10-12% della superficie complessiva), ma nonostante queste chiusure la superficie complessiva della rete fisica è destinata a crescere del 2,5% annuo per effetto di 450 nuove aperture. Saranno negozi più grandi, più belli, più sostenibili e in grado di offrire una migliore Customer experience completamente integrata con l’esperienza online.

Già, l’online… non pensare che anche gli spazi digitali non debbano essere rivisitati. Come ho avuto modo di sottolineare in un recente articolo pubblicato sul mio blog, qualsiasi trasformazione digitale deve partire dai disobbedienti. Troppo spesso progettiamo per noi, o anche solo per una personas ‘media’: di ceto medio, di consapevolezza digitale media, e così via. Dobbiamo invece progettare per coloro che di digitale non capiscono molto, che fanno fatica ad avvicinarsi per via delle paure che solo il nome mette. La UI di Amazon è brutta, diciamocelo. Ma funziona benissimo. Pensa a spazi digitali a prova di… chiunque.

Rispetta il cliente

Una banalità, vero?

Quello del(la) cliente al centro è un grande mantra, che ogni tanto si perde in moda o in semplice linguaggio. Basta dire ‘Customer Centricity’ e pouf, ci sentiamo in pace verso il customer: stiamo facendo la cosa giusta, qualunque cosa sia. Tale dinamica ci fa perdere il contatto reale con le persone. Altre volte, il troppo successo ci rende sbruffoni e poco rispettosi, quasi come di così tanti clienti non ne avessimo bisogno. Quante volte abbiamo dovuto fare la fila, al caldo, per entrare in un posto? E quante volte abbiamo avuto a che fare con un front office poco cortese? Tutti abbiamo notato il cambio di orientamento della forza vendita nel post Covid-19: grandi saluti, grandi cerimoniali, grandi sorrisi (nascosti dalla mascherina, ma l’occhio non mente). Il problema, è che questo dovrebbe essere lo standard!

Approfitta di queste settimane per fare formazione di Customer Centricity ai sales assistant e a tutte le persone che si interfacciano giornalmente con gli utenti: è una buona occasione per allacciare i rapporti con clientela nuova, o per riscoprire un ‘pezzo’ di customer base che se ne stava lì, dormiente.

Magari seguendo casi eccellenti come Gucci, che ha nella boutique Gucci Wooster di New York ha sperimentato un nuovo modello di vendita attivando i Gucci Connectors. I visitatori sono infatti accolti da questo gruppo di ambasciatori della marca, il cui scopo sarà quello di coinvolgere i clienti nel brand storytelling. Il loro scopo? Non è solo la vendita, ma piuttosto la creazione di un legame profondo fra Gucci e il cliente.

Il rispetto del(la) cliente passa anche però da tutte le variabili che compongono il prodotto, prezzo compreso. L’economia ci insegna che il rapporto tra il prezzo di un servizio e il suo costo determina il markup che desideriamo ottenere. La riorganizzazione degli spazi, dei servizi e di molto altro che Covid-19 ha reso necessaria ha comportato per tutti investimenti più o meno ingenti, certamente sostanziosi. Diversi giornali hanno riportato una presunta tassa Covid-19 che alcuni commercianti e imprenditori hanno esplicitamente incluso nello scontrino mostrato al cliente finale.

Mi trovo ancora una volta pienamente d’accordo con l’analisi di Romano Cappellari: se certamente le spese ci sono state a discapito dell’efficienza e dei margini, considerare i costi il principale riferimento per determinare il prezzo è sbagliato. Il cliente oggi compra la maggior parte dei prodotti e dei servizi perché vuole sentirsi coccolato, servito, e desidera vivere un’esperienza. Paga volentieri per questo motivo; considera invece implicito che il prezzo copra anche il fatto che vengano adottate tutte le precauzioni e le norme attualmente in vigore per la migliore igiene, qualunque esse siano e qualunque cosa esse comportino.

In effetti, è anche generalmente poco interessato a capire che impatto abbiano tali precauzioni sui costi di chi gli fornisce il servizio. Evita dunque di mostrare la tassa Covid-19 e concentrati al contrario su come incrementare il valore percepito dell’offerta attraverso l’esperienza più opportuna: se il cliente è disposto già a pagare 40 Euro per un servizio completo, forse puoi proporgli un’esperienza ancora più ricca capace di inglobare implicitamente i costi sostenuti? Così facendo, tra l’altro, quando in futuro i protocolli di sicurezza consentiranno di tornare a una maggiore efficienza potrai anche godere di un incremento del markup.

Ecco cosa ha annunciato ieri Apple durante la WWDC

La Worldwide Developer Conference di Apple (o WWDC, come è meglio nota) è uno degli eventi più attesi dell’anno da parte dei geek.

A causa della pandemia, naturalmente, anche questo appuntamento è stato interamente virtuale, compreso il grande keynote del CEO Tim Cook.

Come ogni anno sono stati mostrati tutti gli aggiornamenti per iOS, macOS e tutti gli altri software realizzati dall’azienda.

Se non hai avuto il tempo di guardare la diretta streaming, ecco un breve riassunto di tutti gli highlights, categoria per categoria.

iOS 14

La prossima versione di iOS esce in modalità anteprima per gli sviluppatori, con una beta pubblica prevista per luglio.

Cambiamenti nell’interfaccia:
una nuova home screen page apparirà dopo aver passato la pagina finale delle applicazioni. Classifica e ordina automaticamente tutte le app, evidenziando quelle usate di più.

Widget: 
i widget possono ora vivere sulla homescreen accanto alle icone delle app, invece di essere sepolti nella schermata Today.

Picture-in-picture su iPhone:
mentre l’iPad ha avuto la riproduzione di video picture-in-picture da iOS 9, è stato curiosamente assente sull’iPhone. Non più! Se si passa da un’applicazione all’altra mentre si riproduce un video (o si fa una video chat), la riproduzione continua in una piccola scatola che si può trascinare sullo schermo.

Siri:
l’interfaccia di Siri è stata revisionata per non occupare più lo schermo intero, e può fare la trascrizione da parlato a testo interamente on-device per il bene della velocità e della privacy.

Messaggi:
ora è possibile inserire le conversazioni più importanti in cima alla lista dei messaggi, e si possono impostare le notifiche sui messaggi di gruppo rumorosi per avvisare solo quando si viene menzionati per nome. Le Memoji possono ora indossare delle maschere.

Mappe:
le “nuove mappe” di Apple usciranno nel corso dell’anno nel Regno Unito, in Irlanda e in Canada. Le mappe riceveranno presto anche indicazioni per i ciclisti (a New York, SF Bay Area, Los Angeles, Pechino e Shanghai all’inizio) che tengono conto di elementi come le piste ciclabili e le colline, insieme a indicazioni per i proprietari di veicoli elettrici che tengono conto di fattori come l’autonomia della batteria e i luoghi di ricarica.

CarPlay:
CarPlay avrà una serie di nuove opzioni e una manciata di nuove applicazioni integrate, che si concentrano su elementi come il parcheggio, la ricarica e l’ordinazione di cibo. Nel frattempo, Apple ha lavorato con alcune case automobilistiche (tra cui BMW) per consentire di utilizzare il telefono come chiave.

App Clip:
piccoli, veloci, leggeri “Applet” che compaiono su richiesta senza richiedere l’installazione manuale di nulla – come, ad esempio, qualcosa da pagare al volo quando si vuole noleggiare uno scooter. Può essere attivato tramite NFC, codice QR o tramite Safari/Messaggi.

LEGGI ANCHE: Le serie, i costi, il “regalo” di Tim Cook. Dentro Apple Tv+

iPad OS

Apple Pencil/Scribble:
il riconoscimento della scrittura a mano ora funziona in qualsiasi campo di testo, consentendo di annotare una nota veloce senza dover scrivere a matita. Ora è anche possibile disegnare forme grezze (come stelle, ottagoni e frecce) e farle convertire automaticamente in forme disegnate al computer, tenendo brevemente la matita in posizione mentre si finisce di disegnare.

AirPods

Commutazione automatica dei dispositivi:
gli AirPods possono ora passare automaticamente da un dispositivo all’altro. Riproducete un video sul vostro iPad e sentirete l’audio degli AirPod; se arriva una chiamata sul vostro iPhone, gli AirPod possono passare automaticamente da un dispositivo all’altro.

Audio migliorato:
arriva il suono surround simulato, compatibile solo con AirPods Pro. Prende in considerazione fattori come la posizione della testa, utilizzando gli accelerometri integrati negli AirPod, per far sembrare che l’audio sia “fissato” al mondo reale che ci circonda.

Apple Watch

Face Sharing:
hai impostato il tuo Apple Watch in un modo che ti piace tanto? Puoi condividere l’attuale configurazione del tuo orologio con gli altri attraverso Messaggi, Mail o Safari. Se la persona che ti riceve non ha un’app richiesta, verrà mostrato dove scaricarla.

Tracciamento del sonno:
Watch può ora rilevare automaticamente quando stai dormendo, registrando questi dati e aiutandoti a tracciare il tuo programma di sonno nel tempo.

Rilevamento del lavaggio delle mani:
l’Apple Watch è in grado di rilevare quando ti lavi le mani, utilizzando l’accelerometro per cercare i movimenti rilevanti e il microfono per ascoltare i suoni dello strofinamento. Quando rileva che stai lavando le mani, può avviare automaticamente un conto alla rovescia per assicurarsi che tu lo abbia fatto per i venti secondi necessari per una corretta igienizzazione.

Modifiche alla privacy

Posizione approssimativa:
vuoi un’app per sapere approssimativamente dove ti trovi, ma non esattamente? Ora è possibile concedere ad un’app attraverso la propria posizione approssimativa, piuttosto che dal punto preciso.

Indicatore microfono/camera:
anche se forse non è buono come una luce hardware dedicata, iOS ora mostrerà un indicatore sullo schermo quando un’app accede al tuo microfono o alla videocamera.

Politiche sulla privacy semplificate:
gli sviluppatori di app dovranno ora fornire un “highlight” semplificato di quali dati utente tracciano e/o condividono con terzi. Queste informazioni riassuntive verranno ora mostrate prima del download negli app store iOS/macOS.

LEGGI ANCHE: Il ritorno di Apple, le novità di automotive e smart home: ecco cosa vedremo al CES 2020

Homekit

Illuminazione adattiva:
Homekit è ora in grado di regolare automaticamente la luminosità/temperatura delle lampadine intelligenti collegate per tutto il giorno, permettendo funzioni come luci più fredde durante le ore di lavoro e temperature più calde quando è il momento di spegnere le luci.

Riconoscimento del volto:
le telecamere per campanello abilitate da Homekit sono ora in grado di riconoscere i volti noti e di far sapere chi è alla porta tramite le notifiche Homepod/AppleTV.

MacOS Big Sur

La prossima versione di macOS si chiamerà “Big Sur”, e includerà alcune modifiche che lo faranno assomigliare un po’ di più a iOS.

Centro di controllo:
prendendo in prestito un’idea da iOS, macOS avrà ora una tendina nell’area in alto a destra dello schermo che fornisce l’accesso con un clic alla luminosità del display, al volume, alla modalità oscura, ai controlli WiFi e altro ancora.

Centro di notifica:
il Centro Notifiche è stato ripulito, portando le notifiche/widget in un’unica vista unificata e rendendo più facile eliminare molte notifiche in una sola volta.

Nuove mappe:
le mappe su macOS sono state ridisegnate con il supporto per elementi come mappe interne, guide, luoghi preferiti, ecc.

Safari:
Safari ora può monitorare le password salvate per cercare quelle che potrebbero essere state esposte a violazioni. Un pulsante “Privacy Report”, nel frattempo, suddivide ciò che si sa su quali dati vengono tracciati dal sito su cui ci si trova attualmente.

Estensioni revisionate:
il sistema di estensioni di Safari, da tempo antiquato, sta ricevendo un aggiornamento, con l’obiettivo di trasmettere/limitare ciò a cui gli sviluppatori di estensioni di dati possono accedere. Se un’estensione richiede la possibilità di fare qualcosa come accedere alla cronologia di navigazione, può essere concessa per un periodo di tempo limitato, solo su un sito specifico, o su tutti i siti.

Nuovi processori su Mac

Come si dice da mesi, Apple sta passando da Intel a CPU personalizzate basate su ARM che sta progettando internamente, come ha fatto per anni attraverso le sue lineup di iPhone/iPad/Watch. L’azienda dice che questo porterà un “livello di prestazioni completamente nuovo”, consumando meno energia, e permetterà a cose come la Secure Enclave di Apple di arrivare al Mac. E le applicazioni iOS potranno funzionare sul Mac!

Mentre gli sviluppatori dovranno aggiornare le loro applicazioni per funzionare in modo nativo sui nuovi chipset, Apple dice che la maggior parte degli sviluppatori dovrebbe essere in grado di far funzionare tutto “in pochi giorni”; nel frattempo, “Rosetta 2” in Big Sur tradurrà automaticamente le applicazioni esistenti per la compatibilità.

Il comparto del lusso: dalle riconversioni alla ripresa nelle vendite grazie alla Cina

  • Anche il comparto del lusso ha subito forti contraccolpi a causa della pandemia, con fatturati che sono calati fino al 30%.
  • La Cina, primo mercato di riferimento, però, è in piena fase revenge spending, con numeri che fanno ben sperare.
  • Big news: anche il lusso finalmente si apre al digitale puntando alle esperienze d’acquisto personalizzate.

 

Da questa pandemia stiamo uscendo cambiati e sicuramente non fa eccezione l’economia, con abitudini del consumatore mutate, aziende ancora non del tutto operative, nuove misure di “distanziamento sociale”.

Non è da meno il comparto del lusso, un mercato in cui la crisi è bivalente: brand e subappaltatori italiani in difficile ripartenza e il miglior e maggior cliente, la Cina, con forti conseguenze da totale lockdown.

Ma nulla è perduto! Le stime confermano un trend di crescita positivo, seppur meno del previsto e viene finalmente sdoganato lo shopping online per i beni di lusso.

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Dal calo di fatturato al digitale

Il mercato del lusso ha, negli ultimi anni, attirato milioni di investimento e il trend si conferma in questo periodo di neo post lockdown con previsioni di incremento fino al 70% di nuovi fondi che stanno guardando a questo comparto come la prossima mossa per il 2020.

Perché? I dati parlano chiaro: il settore prevede una crescita del 10% iniziata nel 2019 fino al 2025 con un +1,9% annui e, dopo questa pandemia, con ampia manovra di sviluppo in campi come digital, shop online e tech inesistente prima del febbraio 2020.

I settori che vedranno arrivare più capitali sono quelli del beauty come la cosmetica e i profumi, gli accessori moda e il lusso digitale e sono anche i settori che hanno tenuto di più durante il periodo COVID, mentre contraccolpo negativo per hôtellerie, auto ed orologi.

Se da una parte i nuovi investimenti nel settore non sembrano rallentare, dall’altra, inevitabilmente, i consumi e le produzioni hanno subito una brusca frenata, con un calo del 30%. Questo è dovuto soprattutto al fatto che la clientela del settore è rappresentata per il 35% dalla Cina, Paese primo ad entrare in lockdown con forti conseguenze sulla sua capacità di spesa e potere di acquisto.

In periodi come questi è fisiologico che le priorità di acquisto cambino, seppur possedere ed acquistare beni di lusso rappresenti anche l’appartenere ad uno status quo, è necessario procedere per priorità, le spese per nuovi beni impossibili però sembrano solo posticipate, niente cancellazione quindi soprattutto tra i giovani e la Gen Z, i maggiori acquirenti del mercato.

In Cina, infatti, sono le nuove generazioni e le zone emergenti ad essere affamate di beni nuovi grazie anche all’influenza dei social, un pubblico che in questo momento è pessimista per il peggioramento della loro condizione economica a causa del lock-down, ma che dichiara anche di voler tornare a comprare come prima appena tutto sarà finito.

Due cose il comparto dovrebbe imparare dopo questo trimestre: il lusso al giusto prezzo e che l’online non è il diavolo, ma un’opportunità.

Il lusso al giusto prezzo, infatti, ha dato un segnale al mercato importante sul fatto che potrebbe essere l’occasione per ampliare la clientela con una corretta segmentazione il settore potrebbe rispondere in maniera più solida ai contraccolpi di cali di fatturato.

L’online è un’opportunità soprattutto per chi non lo ha ancora esplorato e questa è un’inevitabile conseguenza che ci porteremo tutti dietro dopo questa pandemia, d’altronde se non si può stare “vicini” come prima è necessario trovare un altro modo, un’esperienza d’acquisto online personalizzata, store digitali con assistenti reali che guidino il cliente nel suo shopping o un processo d’acquisto online che si finalizzi nello store, ma il negozio fisico seppur di alto livello ormai non è più sufficiente.

Una cosa mi ha stupita, lo “store” in cui avvengono i maggiori acquisti del comparto sono gli aeroporti e con il turismo limitato è il punto vendita che ha in assoluto registrato numeri negativi ed è da sempre stata la fonte maggiore di guadagno per il settore.

La luce a fine tunnel c’è e si vede. Gli esperti dichiarano che tra il 2022 e il 2023 si ritornerà al livello di spesa pre Covid con la Cina sempre in testa nella ripresa, anche per il 2020 anno in cui sarà l’unica a chiudere in positivo.

Insomma, la situazione non è così nera come ci si aspetta, ma sicuramente sarà una nuova ripresa, diversa e che avrà cambiato anche un settore così tradizionale ad ancorato agli store fisici.

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Il Revenge Spending dalla Cina

Si sa, gli autoregali e la voglia di avere qualcosa di nuovo sono i migliori antidoti a malumore e depressione. Anche con l’apertura delle attività post Covid si conferma questo trend che ha un vero e proprio nome: Revenge Spending, la voglia di riscattarsi dopo un periodo di limitazioni attraverso lo shopping, insomma il classico shopping consolatorio.

Tra i settori più colpiti da questo shopping compulsivo ci sono ristoranti, viaggi, locali e, naturalmente, i negozi, brand del lusso compresi.

Non solo Cina, anche il mercato indiano è sotto la lente d’ingrandimento dei brand di lusso che si aspettano da questo altro Paese emergente una crescita di volume d’affari tra il 10 e il 15 percento, ma non solo nell’ambito “grandi marchi internazionali” che sicuramente traineranno il comparto, ma anche dai luxury brand indigeni come abbigliamento e accessori sotto il marchio Indian Apparel, ma anche servizi, turismo, auto e beni immobili con un settore che vale circa il 30% del mercato totale.

Il mercato asiatico, ma più in generale il mercato dei beni di lusso, oltre a registrare le sue maggiori vendite nel contesto turistico ed aeroportuale, rappresenta per l’acquirente l’occasione di essere arrivato, di ostentare, anche, il suo potere di acquisto e di sentirsi parte di un’élite.

Se in India la fetta più ampia di clientela è rappresentata dagli uomini di affari e dalle loro famiglie, per il popolo cinese è la Generazione Z, oltre ai Millennials, quella che guida la classifica con previsioni di spesa che si aggirano sui 43 miliardi di dollari entro il 2024.

Per questo segmento, infatti, non è più l’ostentazione la motivazione d’acquisto, ma il “social capital” sentirsi, cioè, parte di un gruppo. Vedetela come: per noi in adolescenza se non avevi il motorino non eri nessuno, ora gli adolescenti nel 2020 se non hanno l’ultimo paio di scarpe droppato da Nike o un bell’orologio importante si sentono ai margini del loro gruppo.

Sicuramente il periodo che stiamo attraversando ha significato un parziale cambio di rotta e di regole per i player del settore che, pur di non perdere il loro mercato principale, hanno abbassato prezzi e tassazione puntando sul comparto digitale, pensate che Burberry, Guerlain o La Mer hanno deciso di aprire un loro store su Alibaba.

Queste scelte strategiche, fatte anche di acquisti di prossimità, hanno portato fin dal mese di aprile ad una ripresa, per marchi come Louis Vitton, Dior ed Hermès i dati parlano già di +50%.

Oltre a ciò un trend importante viene avanti: la valorizzazione di marchi cinesi coppia della volontà di ridurre, soprattutto dopo questa pandemia, la dipendenza del Paese dal mercato estero che per i brand stranieri, anche quelli più conosciuti vuol dire prendere in considerazione una distribuzione diretta in Cina o ad installare parte della produzione direttamente sul territorio asiatico.

Dopo questo Covid si parlerà, insomma, di Km0, o quasi, anche per lo shopping di alto livello.

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Una promettente ripartenza dei più grandi marchi del comparto del lusso

I veri imprenditori non rimangono mai con le mani in mano e ce lo hanno dimostrato anche e soprattutto i grandi nomi della moda e del lusso durante questa emergenza, c’è chi ha convertito la propria produzione per offrire un prodotto utile alla comunità e c’è chi ha voluto fare donazioni alle strutture sanitarie. Insomma tutti hanno voluto dare una mano.

Per citare alcuni degli esempi più chiacchierati: Dior e Armani hanno convertito le loro produzioni tessili, la prima per mascherine produttive e la seconda per camici monouso; lo stesso gruppo Armani e l’omonima squadra di basket hanno voluto donare dei capitali alle terapie intensive milanesi e lombarde; lo stesso ha fatto il gruppo OTB devolvendo in beneficenza il 10% del ricavato di ogni vendita, Valentino, Geox e Diadora anche loro protagonisti di cospicue ed utili donazioni; Gucci e Prada forzando la loro produzione alla realizzazione di mascherine e camici monouso; LVMH, invece è passata dai profumi al gel disinfettante distribuito in modo gratuito agli ospedali.

Ma se anche i big del Made in Italy e non solo hanno registrato cali di fatturato causati da pandemia e contrazione dei consumi, il settore più colpito sarà quello dei piccoli artigiani a cui i grandi brand subappaltano parte della produzione per garantire la qualità del fatto a mano.
Un esempio rilevante viene dalla produzione del cuoio, scorte accantonate su stime del periodo che però ora non possono essere lavorate per mancanza di richiesta. Quindi cosa fare? Comprare i piccoli produttori o lasciarli fallire?

Come già detto sopra i segnali positivi di ripresa ci sono, come le cifre record incassate da Hermès nella sola giornata dell’11 aprile: 2,5 milioni di euro registrati dalla boutique locale di Canton. E per l’occasione non volevamo lanciare la nuova Birkin tempestata di diamanti?

Sicuramente questi dati incoraggianti avvalorano di nuovo la tesi della Revenge Spending, i consumatori si sono stufati di spendere solo per le spese essenziali, c’è voglia di ritornare a concedersi qualche vizio in più.

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Dopo ogni momento di cambiamento è necessario capire quali sono le nuove strategie e i nuovi comportamenti da adottare per non farsi cogliere impreparati e rimanere il più possibile sul mercato.
Sicuramente dopo questa pandemia i brand, non solo del lusso, si sono resi conto di due leve ancora forse inesplorate: le vendite online e le vendite di prossimità.

  • La vendita online rappresentava prima del 2020, per alcune aziende, una strategia di mercato lontana o inesplorata, ma i lock-down ha portato i consumatori in modo più o meno consapevole ad accelerare le loro abitudini e il loro salto culturale verso il digitale, sia in termini lavorativi con lo smart-working, sia in termini di abitudini d’acquisto con la preponderanza dello shopping online.
  • In netta contrapposizione, le vendite di prossimità, che non significa solo lo store fisico dietro l’angolo, ma anche l’iniziare a pensare al proprio cliente come persona ricca di valori e necessità e non solo un numero da mettere a budget. Questo vuol dire che le comunicazioni e le strategie pubblicitarie devono iniziare ad apprendere un tone of voice più umano portavoce di valori aziendali veri e condivisi

Sicuramente i grandi brand del comparto del lusso stanno sperimentando queste due nuove leve, con l’apertura di esperienze di shopping online prima impensabili e con la creazione di store fisici o esperienze d’acquisto più personali e personalizzabili.

La luce in fondo al tunnel c’è, basta vederla.

body shaming contro le donne forti

Body shaming e insulti contro le donne forti: come colpiscono i leoni da tastiera

  • La violenza verbale sui social si accanisce sulle donne che non fanno scelte dettate dalla società.
  • Rakete, Botteri, Romano sono solo alcune vittime del bullismo verbale.
  • Il manifesto della comunicazione non ostile contro la violenza delle parole.

 

Il body shaming spesso si presenta travestito da battuta. L’aspetto fisico è ancora oggi un metro di misura diffuso per giudicare se stessi e gli altri. Purtroppo al giorno d’oggi vige la convinzione che magrezza e bellezza sono requisiti fondamentali per avere successo. Il bullismo verbale crea vergogna in coloro che lo subiscono, che a sua volta può scatenare depressione e comportamenti compulsivi.

I commenti sulle donne professioniste spesso vertono sull’apparenza e raramente sui contenuti. Apprezzamenti, battute o insulti, poco importa: il corpo fa discutere più dell’intelletto.

In società maschiliste e populiste emerge una diffusa difficoltà nel ritenere il sesso femminile capace di svolgere determinati incarichi o di occupare posizioni di potere. Abituati a veline, vallette, schedine, Miss Italia ecc., il corpo della donna si riduce ad oggetto di facile giudizio agli sguardi pubblici. La tv diventa veicolo di stereotipi di genere ed alimenta luoghi comuni. Succede dunque che grazie a questo mondo non rappresentativo della società si diffondono rigidi canoni di bellezza. I leoni da tastiera criticano a prescindere:

“In Italia le donne vengono criticate qualunque cosa facciano. Se sei intellettuale, ti criticano perché sei una maestrina. Se ti occupi di moda ti criticano perché sei troppo superficiale, se sei brutta ti criticano perché sei brutta e se sei bella ti criticano perché sei troppo bella”

  • Maura Gancitano su L’Inkiesta

 

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La paura delle donne indipendenti

Spesso dietro l’odio si nasconde la paura di ciò che è ignoto, perché in fondo la figura della donna forte e libera non è ancora radicata nella nostra società. Se guardiamo indietro non sono pochi gli esempi di body shaming avvenuti negli ultimi mesi:
Carola Rakete si è fatta carico della vita di molte persone. Cercando un porto sicuro nelle acque italiane, ha finito poi per essere insultata per i suoi capelli, le ascelle non depilate e il reggiseno non indossato sotto la maglietta.

Poi c’è Silvia Romano: partita per il Kenya ad aiutare il prossimo, sequestrata per 18 mesi, dopo la liberazione si è ritrovata a sua volta messa alla gogna dal terrorismo mediatico. Lì dove dovrebbe sentirsi libera non lo è. Imprigionata dall’odio trasmesso da una fetta d’Italia che non ha saputo accoglierla, accusandola tra l’altro di indossare un velo ed essersi convertita all’Islam.

O ancora la giornalista Giovanna Botteri: poco importano gli innumerevoli riconoscimenti ed i 25 anni di lavoro in zone di guerra, il suo look rimane tema di numerosi commenti sui social. In una recente intervista sulle pagine del Corriere della Sera, la giornalista afferma:

“In generale il problema è quando si confondono i piani, quando la tua immagine diventa notizia. Noi raccontiamo, non siamo quelli che devono essere raccontati: se la donna da soggetto diventa oggetto del racconto c’è qualcosa di sbagliato. I problemi sono sempre legati all’immagine: la giornalista che fa tv non dovrebbe mai rispondere a una serie di canoni legati al suo essere donna piuttosto che giornalista”

 

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Rakete, Romano e Botteri sono solo alcuni esempi dove l’intelletto e l’esperienza sono passati in secondo piano a favore del body shaming. Armandosi di superficialità, c’è chi non è riuscito e non riesce a guardare oltre. Anche nelle realtà più piccole, al di fuori dei grandi riflettori, non mancano episodi di bullismo verbale. Recentemente, in provincia di Bolzano, la capogruppo dei Verdi, Brigitte Foppa, è stata presa di mira da una lettera anonima che insultava lei ed i suoi capelli (!). Nell’intervista con il quotidiano Alto Adige afferma:

“Sono anni che sento parlare dei miei capelli, troppo lunghi, troppo ricci, brizzolati o colorati. Il punto è che disturbiamo.”

Contrastare il body shaming: il manifesto della comunicazione non ostile

Le parole hanno un peso e lo dimostra anche Parole O_Stili, un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. Il loro manifesto è composto da dieci principi di stile a cui ispirarsi per scegliere parole giuste, per non dare etichette, isolare o ferire.

Manifesto di Parole O_Stili contro la violenza verbale

Il manifesto di Parole O_Stili contro la violenza verbale

Educazione e prevenzione costruiscono le basi per combattere le discriminazioni, il body shaming e la grassofobia. Sul sito di Paroleostili sono disponibili vari materiali didattici e informazioni per approfondire il tema. Le parole pungono, gli insulti feriscono. Scegliamo con cura le parole che diciamo (e non diciamo)!

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Digital Hubs, l’evento gratuito per scoprire l’evoluzione del banking

La digitalizzazione pervade ormai ogni settore e i mercati, così come le tecnologie, sono in continua evoluzione. Per restare al passo è necessario continuare a informarsi e arrivare per primi a conoscere l’innovazione lì dove avviene.

Venerdì 19 giugno, ad esempio, illimity farà il punto durante il suo evento sul tema della digitalizzazione e sul suo nuovo modello Open Plaform.

Ad appena 9 mesi dal lancio sul mercato illimitybank.com – la banca digitale diretta di illimity – avrai la possibilità di conoscere una novità assoluta per il settore: gli illimity Hubs.

Una banca che va oltre se stessa e si apre fino a diventare una piattaforma cross industry, che mette al centro le persone con un innovativo modello di collaborazione, sviluppato in piena ottica open banking ma anche open platform.

Potrai seguire il debutto dal vivo, con due partner di eccellenza, entrambi con DNA tecnologico: MiMoto, first mover nello sharing di scooter elettrici ha rivoluzionato il concetto di mobilità urbana e sostenibile, e Fitbit, azienda che aiuta le persone a condurre una vita più sana e attiva offrendo dati, ispirazione e consigli per raggiungere obiettivi di forma fisica per il benessere.

Prenota il tuo posto per seguire l’evento in streaming di illimity, venerdì 19 giugno alle ore 14.00

illimity Hubs per una nuova user experience

Si tratta di una vera novità, perché con gli illimity Hubs, la banca vuole andare oltre il tradizionale modello di partnership in un’ottica cross industry finalizzata ad anticipare e rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze dei clienti attraverso una user experience unica e integrata, che, per la prima volta, inizia e termina all’interno della piattaforma di illimitybank.com.

All’interno degli illimity Hubs, infatti, è possibile utilizzare le funzionalità offerte dai partner attraverso l’integrazione nella piattaforma di illimitybank.com e attivare servizi sinergici con l’operatività bancaria.

Un esempio? Si può usare la possibilità di creare progetti di spesa connessi alla misurazione dei passi fatti e registrati attraverso Fitbit con l’obiettivo di raggiungere la somma necessaria a realizzare i propri sogni o compiere determinati acquisti.

Oppure, integrando l’app di MiMoto, si può prenotare uno scooter con rapidità grazie alla funzione di Geomapping, ottenere la nota spese dei propri viaggi e avere una carta di debito elettronica personalizzata MiMoto.

Inoltre, grazie ai sistemi evoluti di data analysis e di intelligenza artificiale, vengono forniti suggerimenti personalizzati che combinano l’attività del cliente con i suoi consumi e abitudini quotidiane.

Dalla banca diretta fully digital a un ecosistema evoluto

Gli illimity Hubs disponibili dal 16 giugno e inizialmente riservati ai clienti dei partner che apriranno un nuovo conto illimity, saranno disponibili per tutti i clienti della banca a partire da luglio.

“In piena logica open banking, abbiamo creato un’unica piattaforma che consente ai clienti di accedere alle app di partner d’eccellenza non finanziari in un ecosistema evoluto sia in termini di offerta sia di user experience interconnessa. Grazie al debutto degli illimity Hubs, la banca diretta fully digital di illimity, dimostra ancora una volta di saper andare oltre ridefinendo le frontiere del banking e mettendo al centro il cliente e la sua quotidianità”, ha commentato Carlo Panella, Head of Direct Banking and Chief Digital Operations Officer di illimity.

Per saperne di più sull’evoluzione del banking e su illimity Hubs, prenota il tuo posto per seguire l’evento gratuito in streaming che si terrà il prossimo 19 giugno alle ore 14.00.

#BeApp1

Coca-Cola punta sui concerti virtuali grazie alla partnership con #BeApp

  • Coca-Cola ha firmato come partner di lancio esclusivo di #BeApp, una nuova piattaforma di streaming musicale che integra elementi di gaming e social media nell’esperienza di virtual concert-viewing.
  • L’app ospita le Coke Studio Sessions, una serie performance di artisti di alto profilo come Katy Perry, Miguel, Steve Aoki. 
  • Con questa partnership, Coca-Cola cerca di prendere il controllo di quello che potrebbe essere uno dei principali trend globali: l’interesse crescente per i concerti virtuali.

 

Recentemente, Coca-Cola e #BeApp, una nuova piattaforma di virtual concert-viewing, hanno annunciato il lancio delle Coke Studio Sessions, un progetto esclusivo di spettacoli musicali in streaming per sessanta giorni consecutivi.

#BeApp1

Le performance coinvolgono oltre 100 artisti in tutto il mondo, tra cui Katy Perry, Anitta, DJ Khaled, Bebe Rexha, Miguel e Steve Aoki.

Alla scoperta di #BeApp

#BeApp è una nuova piattaforma di social streaming che democratizza l’accesso live alle performance dei migliori artisti, e ai più grandi spettacoli e show musicali, portando le star più amate direttamente a casa del pubblico, in una sorta di salotto virtuale globale.

Scaricabile gratuitamente, l’app consente di sintonizzarsi su una serie di esperienze virtuali immersive, paragonabili a quelle dei concerti e dei festival dal vivo.

Essa, inoltre, integra elementi di gaming e social media al live streaming, consentendo agli utenti di divertirsi, fare acquisti, donazioni e interagire con i loro artisti preferiti.

Tra le principali funzionalità accessorie di #BeApp, ricordiamo:

  • Condivisione in-app – una funzione di condivisione che incoraggia gli utenti a invitare amici e parenti a unirsi a loro durante il live streaming dei concerti.
  • Valuta / Punti – le interazioni e le condivisioni su #BeApp fanno guadagnare agli utenti punti e valuta in-app che possono essere riscattati attraverso premi, upgrade di funzionalità e molto altro. Tra i premi, i “posti in prima fila”, che offrono ai fan una maggiore presenza digitale durante il live streaming.
  • Donazioni – il pubblico ha la possibilità di fare una donazione al Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa per sostenere la battaglia contro il Covid-19.

L’impegno contro il Covid-19

Secondo il co-fondatore Ray Smith,#BeApp è stato progettato per connettere gli amanti della musica e dei concerti dal vivo. Le persone hanno bisogno di quella connessione ora più che mai”.

Ricardo Fort di Coca-Cola ha dichiarato: “Molti potrebbero sentirsi soli o isolati a causa della pandemia. Noi ci siamo impegnati a rafforzare lo spirito umano e favorire la connessione in un periodo difficile. Con 60 giorni di contenuti musicali live interattivi, i fan possono divertirsi e condividere le proprie esperienze. Il nostro auspicio è che le Coke Studio Sessions siano piccoli momenti di intrattenimento quotidiano per coloro che attraversano la fase del new normal”.

Durante tutto il periodo di programmazione delle performance, i fan avranno l’opportunità di fare donazioni al Movimento Internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna Rossa per sostenere la lotta contro il Covid-19.

A tal fine, Coca-Cola Foundation ha già donato oltre 14 milioni di dollari in tutto il mondo, a cui si aggiungono le donazioni degli utenti che finora si attestano su un totale collettivo di 3 milioni di dollari.

La scommessa di Coca-Cola

Con l’esclusiva partnership, Coca-Cola punta in modo chiaro su quello che è oggi dei principali trend globali.

L’emergenza Covid-19 ha portato alla sospensione di concerti e festival musicali. Per questo, sempre più artisti fanno ricorso alle app di streaming per coinvolgere i propri fan, aprendo nuove opportunità sia per le piattaforme in sé che per gli esperti di marketing.

Una testimonianza dell’esplosione di questo trend è la recente iniziativa promossa da Budwiser, “Rewind”, una serie di concerti interattivi live su YouTube.

Un progetto che si concentra su artisti come The Black Eyed Pease incoraggia gli spettatori a fare richieste di canzoni e porre domande alle band attraverso il social media.

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Dall’altra parte, l’intento di #BeApp è quello di cogliere i frutti del recente fenomeno di transizione verso spazi digitali di aggregazione e dell’incremento nell’uso dei social media registrato durante la crisi sanitaria globale.

L’accordo rientra nel novero degli “esperimenti digitali” in cui Coca-Cola potrebbe investire di più, in un momento storico in cui le sponsorizzazioni delle partite e dei concerti dal vivo sono sospese.

Allo stato attuale, le previsioni sul successo di #BeApp non sono facili. Molte recensioni sull’App Store di Apple sono positive, tuttavia alcuni ne criticano l’interfaccia, poco user-friendly.

Gli artisti di fama internazionale che partecipano alle Coke Studio Sessions potrebbero essere la chiave per attirare i fan affamati di contenuti e per cavalcare l’onda dell’interesse crescente per i concerti virtuali.

cosa resta della tecnologia dopo l'emergenza

L’eredità tecnologica dell’emergenza aiuta persone e aziende a ripartire

  • Lo streaming diventerà il nuovo modo di consumare i contenuti.
  • Anche per lo Smart Working, una volta che i lavoratori avranno un assaggio di cosa significa davvero e i dirigenti vedranno che i dipendenti saranno più produttivi, diventerà la nuova normalità.
  • L’emergenza COVID-19 lascerà un segno enorme su come consumiamo, come impariamo, come lavoriamo e come socializziamo e comunichiamo, grazie all’uso che abbiamo fatto della tecnologia durante l’emergenza.

 

I cambiamenti che stiamo vivendo in questo periodo di ripartenza sono molteplici. Molte di quelle che erano le nostre abitudini sono state stravolte, a partire dal tempo libero, e dal lavoro.

A causa del virus, tutti i cambiamenti già in atto hanno subito un’accelerazione. Internet è diventato sempre più fondamentale per far fronte alla pandemia, e quando tutto questo sarà finito, saremo più dipendenti che mai dall’essere connessi.

Dall’inizio del lockdown le nostre esigenze sono cambiate, lo ha sottolineato Think with Google, che indica che ad oggi le ricerche fatte dai consumatori sono più “sofisticate”.

Le persone si sono adattate alla nuova quotidianità, sfruttando maggiormente quelli che sono gli spazi casalinghi.

Poco più di un secolo fa, un mondo molto meno connesso ha subito una pandemia simile e ne è uscito cambiato. L’influenza spagnola del 1918 ha infettato 500 milioni di persone, ucciso 50 milioni e confinato le persone nelle loro case.
Ciò ha avuto un profondo effetto sulla medicina, in particolare sullo studio e il trattamento dei virus, che erano noti, ma non ben compresi. All’epoca, la maggior parte degli scienziati credeva che l’influenza fosse causata da batteri, ha affermato Laura F. Spinney, autrice di Pale Rider: The Spanish Flu of 1918 and How It Changed The World. La devastazione dell’influenza ha dato origine ai sistemi di medicina socializzata in Europa, così come al sistema basato sulle assicurazioni negli Stati Uniti.

Mentre è ancora troppo presto per valutare il danno causato da questa pandemia globale a livello sanitario e medico, è già evidente che cambierà in modo permanente il modo in cui la società funziona. Dal suo impatto sull’economia globale alle nostre vite quotidiane, COVID-19 lascerà un segno enorme su come consumiamo, come impariamo, come lavoriamo e come socializziamo e comunichiamo.

digital detox, coronavirus

Il Coronavirus viene già considerato il momento più impattante di questa generazione e avrà un effetto duraturo. Molti di questi cambiamenti riguardano la tecnologia connessa. Lo streaming è diventato il nuovo modo di consumare i contenuti.

Più di tutte saranno tre le aree maggiormente cambiate da questa pandemia: lavoro, istruzione e intrattenimento. Proviamo quindi ad analizzare come la tecnologia ha supportato questi settori e soprattutto come in futuro ci verrà in aiuto.

Lavoro

Come strategia per contenere le persone potenzialmente infette e impedire che il virus si diffonda ulteriormente, le aziende e le scuole hanno fatto affidamento su Internet. Dall’apprendimento online al telelavoro, molti aspetti della nostra vita quotidiana che erano soliti coinvolgere i contatti faccia a faccia verranno spostati nel cyberspazio. Questo passaggio al lavoro basato su Internet presenta vantaggi, sfide e numerose opportunità.

In Italia prima dell’arrivo della pandemia l’Osservatorio del politecnico di Milano censiva 570.000 persone che lavoravano in smart working, indicando però che quelli potenziali sarebbero stati circa 5 milioni.

A conferma di questo, il grafico sottostante ci mostra la forza lavoro europea che saltuariamente svolge attività da casa in percentuale rispetto all’occupazione totale, e possiamo notare come l’Italia sia in una posizione molto bassa.

Tecnologia

Dopo l’esplosione del virus i numeri delle persone che hanno iniziato a lavorare da casa sono aumentati moltissimo nel giro di qualche settimana.

L’utilizzo di questa metodologia di lavoro è stata resa possibile, grazie anche a diverse piattaforme virtuali: Zoom, Slack e Skype, per citarne alcune.

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Alcuni vantaggi del lavorare da remoto sono un amento della produttività, in quanto viene dichiarato che la concentrazione aumenta, il risparmio di tempo, non dovendosi spostare.

Quello che emerge è che la soddisfazione maggiore si ha nel momento in cui si può alternare il lavoro da remoto a quello in cui ci si può recare in ufficio. Infatti uno degli svantaggi è la mancanza di relazioni dirette con i colleghi, e in alcuni casi aumenta la sensazione di isolamento.

In realtà per sopperire a questo la tecnologia ha potuto arginare questa situazione usando sistemi di teleconferenza.

Tecnologia

In questo ambito i manager maniaci del controllo e i dirigenti legati alla tradizione stanno imparando che lo smart working non è il male in termini di produttività.

Ce ne parla Matt Mullenweg, fondatore di Automattic, la società dietro la piattaforma di blog WordPress. Mullenweg è diventato uno dei principali sostenitori del lavoro da remoto, in cui i dipendenti sono autorizzati a lavorare ovunque si trovino. La sua azienda non ha mai avuto un quartier generale fisico, sebbene i dipendenti si riuniscano una volta all’anno.

Sebbene Mullenweg sia il primo a sostenere questo modo di lavorare, non è così che immaginava che la rivoluzione del lavoro in smart working prendesse piede.

Questi sono tempi anormali, le persone fanno fatica a lavorare da casa, in quanto la situazione è davvero estrema. I bambini sono a casa da scuola e bisogna, ovviamente, dedicagli molto tempo. Siamo preoccupati per i nostri cari. Anche quando si lavora da casa, la migliore pratica è uscire e socializzare. Questa situazione, non lo permette.

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Detto questo, Mullenweg ritiene che questo sia un punto di svolta per il lavoro da remoto. Una volta che i lavoratori ne avranno un assaggio e i dirigenti vedranno che, sì, i dipendenti sono spesso più produttivi, diventerà la nuova normalità.

Per alcune aziende, il telelavoro può essere un vantaggio per i loro profitti. Immagina una società in grado di gestire tutto il lavoro da casa. Non è necessario affittare spazi per uffici di grandi dimensioni. Non c’è bisogno di lunghi spostamenti. Orari flessibili e lavoro in pigiama (o qualsiasi cosa tu voglia indossare). Con il telelavoro, puoi assumere un gruppo di dipendenti geograficamente diversificato senza preoccuparti di dove alloggiarli o trasferirli.

Questa situazione potrebbe rappresentare un futuro diverso anche quando la pandemia sarà finita?

Istruzione

La chiusura delle scuole, come sappiamo, è stata una delle prime azioni messe in atto contro il Covid-19. Ciò ha colto impreparato il sistema scolastico, che ha catapultato tutti gli insegnanti nel mondo delle lezioni a distanza.

Tecnologia

Molti insegnanti, hanno cercato di padroneggiare gli strumenti per la didattica online e di fornire supporto tecnico a genitori e studenti che non hanno familiarità con la tecnologia.

In termini di istruzione, l’apprendimento online presenta alcuni vantaggi. Per molto tempo, scuole e università hanno resistito all’istruzione online e sono state considerate inferiori.

Tuttavia, con un virus in rapida diffusione e strutture piene di persone a stretto contatto, le scuole non hanno avuto altra scelta che passare alle lezioni online come soluzione alternativa, seppure temporanea. Consentendo agli studenti di imparare da casa, le scuole come le università possono permettere a più studenti di frequentare la stessa classe contemporaneamente, mentre gli studenti che hanno perso delle lezioni per qualsiasi motivo possono compensare con lo streaming video.

La didattica online non è la soluzione a tutti i mali della scuola pubblica italiana, i rischi sono comunque tanti, ad esempio: l’insegnante che parla per tutto il tempo senza riuscire ad interagire con i suoi alunni, una classe virtuale che potenzialmente, potrebbe distrarsi più spesso, senza tener conto del bisogno di interazione con i compagni di classe.

In questo contesto diventa fondamentale avere infrastrutture e alfabetizzazione digitale sia degli studenti che dei docenti.

Ora è importante passare da uno stato di emergenza dell’istruzione a distanza a quello di vederlo come un’opportunità per ripensare al processo di insegnamento.

Come molti stanno scoprendo, non si tratta di padroneggiare la tecnologia, si tratta di come si insegna.

Intrattenimento

Come già sottolineato lo streaming è stato il protagonista di questo lockdown, in questi mesi ci sono state alcune app che hanno fatto da padrone, troviamo Tik Tok, zoom, Disney+, l’app di Nike training, Netflix e Telegram.

Serie tv e film sono stati per molti di compagnia e non è strano che gli utenti registrati siano aumentati negli ultimi mesi. Eclatante è stato il caso della piattaforma Disney+ lanciata a marzo che ha visto un iscrizione da parte dei consumatori molto più alta di quello che era stato previsto.

A dover far i conti con questa situazione è sicuramente il settore dell’intrattenimento che dovrà effettuare non pochi cambi per poter adeguarsi allo stile di vita post pandemia. Gli eventi dovranno essere più piccoli e gestiti in modo diverso, in questo senso dovrà avvenire una vera e propria rivoluzione. Nei cinema e teatro si stima che ci sarà una riduzione di affluenza compresa tra il 40 e 60% imposte dalle norme di sicurezza e il distanziamento.

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Il cinema in particolare stava già vivendo un momento di transizione e di cambiamento, in parte dovuto all’aumento costante delle piattaforme streaming, che trasmettono contenuti appena usciti dai cinema. Come è successo per gli altri settori, il virus ha accelerato un cambiamento che comunque sarebbe avvenuto in un prossimo futuro. Incisivo è stato il caso di Trolls World Tour, un cartone firmato Dreamworks, atteso soprattutto dai più piccoli, in uscita al cinema a inizio aprile. Non potendo ovviamente essere trasmesso al cinema è stato reso disponibile in digitale comodamente da casa.

Tecnologia

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Lo streaming di contenuti online è diventato molto popolare negli ultimi dieci anni. Man mano che i cinema chiudono e gli eventi dal vivo vengono cancellati di fronte a una pandemia globale, lo streaming diventerà un modo ancora più critico e dominante per fornire contenuti al consumatore. Dai concerti agli eventi sportivi, quelli che una volta erano considerati eventi principali per il grande pubblico di persona saranno costretti a trasmetterli in streaming ai fan di casa.

Sebbene gli eventi live dopo l’attuale crisi torneranno, si prevede che più fan e consumatori rimarranno invece nel comfort delle proprie case e guarderanno eventi che vengono trasmessi in streaming o in live invece di pagare biglietti costosi, alloggi. Lo streaming di film a casa, già un’opzione in uso, aumenterà di popolarità, con aziende come Netflix e Disney che ne trarranno vantaggio. Allo stesso tempo, l’industria dell’intrattenimento dal vivo e le attività teatrali ne risentiranno.

Cosa resterà della tecnologia dopo l’emergenza

Per preservare le connessioni umane, internet è uno strumento essenziale. Grazie ad esso, l’apprendimento online, lo streaming e il telelavoro sono tutte tecnologie disponibili.

In questo ultimo periodo molti servizi online sono diventati sempre più abituali, come effettuare pagamenti online, frequentare corsi da remoto, e video di attività fisica. Senza dimenticare l’incremento dello smart working che in molti casi migliora la qualità della vita e riduce l’impatto ambientale.

Sfortunatamente, affinché tutti questi metodi siano implementati in modo appropriato, dobbiamo disporre di una rete in grado di sostenere tale larghezza di banda e, per molti l’infrastruttura è gravemente carente.

Mentre molti di noi che vivono in città dispongono di Wi-Fi e Internet ad alta velocità, le persone che vivono in aree rurali non lo hanno, ciò provoca un potenziale divario di informazioni in tempi di crisi. Inoltre, gli adulti più anziani la cui sopravvivenza dipende da informazioni adeguate non sono in grado di navigare online, rendendoli vulnerabili ad informazioni false.

Gli studenti meno abbienti potrebbero non avere la tecnologia necessaria per partecipare ai corsi online e alcuni lavoratori potrebbero non avere le connessioni per il telelavoro. Per riparare questo divario informativo, il governo e le imprese private dovrebbero investire per estendere la copertura della rete domestica a milioni di persone a un costo accessibile.

Indipendentemente dalla durata e dalla gravità della pandemia a livello globale, tutto questo avrà un impatto duraturo sulla nostra società, ed è evidente come il supporto della tecnologia sia fondamentale per lo stile di vita che avremo dopo questa pandemia.

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Come costruire una Customer Journey Strategy: obiettivi, touchpoint e competenze

Il Customer Journey è una leva al cuore di ogni strategia di marketing. È il viaggio del consumatore che lo porta a una relazione con l’azienda o il brand e la sua mappa è una rappresentazione visiva di queste interazioni.

Un percorso complesso, popolato da una moltitudine di touchpoint che vanno dalle piattaforme digitali agli spazi fisici.

Per analizzare più nel dettaglio come si costruisce una Customer Journey Strategy, Andrea Buffoni – Regional Vice President Salesforce Marketing Cloud ci accompagnerà nella Free Masterclass del prossimo 16 luglio, dalle ore 13 alle 14.

Scopriremo quali sono gli aspetti focali di ogni strategia di marketing e lead generation come customer journey e customer lifecycle, attraverso obiettivi, touchpoint e competenze.

Nella Masterclass esploreremo case study, sia B2C che B2B, di diversi settori merceologici, dal fashion all’automotive: grandi aziende globali come Diadora, Sara Assicurazioni ed Esprinet, che grazie ad una strategia basata su questo approccio hanno raggiunto e superato i propri obiettivi di business.

>>> ISCRIVITI ALLA FREE MASTERCLASS “Customer Journey Strategy”

Primi passi verso una Customer Journey Strategy

La centralità del cliente è un obiettivo sfidante per molte aziende: l’esperienza del cliente e il suo customer journey sono uno strumento per differenziarsi e creare un vantaggio competitivo.

Ma quali passi deve seguire un’azienda per realizzare questa visione?

  1. Scoprire cosa guida il coinvolgimento dei clienti.
    Il primo passo è quello di sviluppare una comprensione globale non solo delle esigenze consce dei clienti attuali e futuri, ma anche dei bisogni latenti e dei fattori che dettano il comportamento umano. In parole povere, se si impara di più sul proprio mercato di riferimento rispetto ai concorrenti, allora ci si mette in una posizione di forza per essere più competitivi. L’analisi dei dati (sia qualitativi che quantitativi) può giocare un ruolo importante nell’aiutare a stabilire questa profondità di comprensione, ma è un processo che non si ferma mai.
  2. Comprendere il percorso del cliente nel suo complesso.
    Stabilire una visione altamente dettagliata dell’esperienza del cliente end-to-end può essere uno strumento incredibilmente potente, in quanto fornisce una prospettiva olistica del percorso anche emotivo che il cliente sta compiendo, permettendo di considerare i punti nei quali si potrebbe creare un nuovo valore. Ma attenzione, perché è qui che spesso si commettono errori. Innanzitutto non bisognerebbe soffermarsi solo sui touchpoint, ma bisognerebbe tracciare il percorso effettivo del cliente, considerandolo anche in un’ottica non lineare. Solo così il Customer Journey può innescare un’azione strategica o tattica a livello aziendale.
  3. Migliorare la Customer Journey Strategy generando nuove idee.
    Una volta sviluppata una customer journey map dettagliata, è necessario mettere in atto un processo strutturato per sviluppare nuove idee e creare esperienze uniche attraverso le fasi chiave. Le idee possono essere mirate ad eliminare o attenuare le cause di una customer experience negativa – dove è necessario ad esempio uno sforzo inutile da parte del cliente, o dove emergono cause di stress, confusione, ansia e frustrazione. Solo una volta raggiunto questo obiettivo, possiamo rivolgere la nostra attenzione allo sviluppo di esperienze positive che innescano una connessione emotiva. Questo è importante perché i ricordi duraturi sono stabiliti solo quando si innesca un sentimento emotivo, che può includere la sorpresa (positiva), la gioia, lo stupore, o semplicemente la soddisfazione.

Il 2019 ha segnato un momento di svolta per la comprensione e l’ottimizzazione dei customer journey da parte dei marketer. In particolare nell’ottimizzazione su più canali, ben l’88% dei responsabili si dice soddisfatto dei risultati raggiunti con una crescita dei tassi di conversione cresciuta dal 61% nel 2018 all’85% dello scorso anno.

Nel 2020 in particolare, la maggior parte dei professionisti ha dichiarato che si passerà da un bisogno di tecnologia a un bisogno di competenze per dare un senso concreto agli sforzi di ottimizzazione del customer journey.

customer journey strategy

Cosa imparerai durante la Free Masterclass

Nello specifico durante l’ora di lezione gratuita risponderemo alle seguenti domande:

  • Come mappare una Customer Journey
  • Come si costruisce il percorso ideale che va dal primo contatto fino alla fidelizzazione?  
  • Come guidare l’utente nel suo percorso esperienziale attraverso i touchpoint fisici o digitali? 
  • Come si analizzano i touch point? 
  • Come impostare e monitorare obiettivi e KPI? 
  • Come instillare in azienda una cultura fondata sul dato e un mindset adeguato?
  • Come cambiano i lifecycle stage nelle diverse industry?

La Free Masterclass è online e gratuita, iscriviti adesso! Ma se proprio non ce la fai a seguirla in diretta, potrai recuperarla on demand, attraverso la tua area utente.

RICAPITOLANDO

Free Masterclass “Customer Journey Strategy”
con Andrea Buffoni, Salesforce

giovedì 16 luglio 2020 dalle ore 13 alle 14

ISCRIVITI ORA ALLA MASTERCLASS

pride month 2020

Pride month 2020: ecco i brand che celebrano l’amore con i colori dell’arcobaleno

  • In un Pride Month 2020 all’insegna del social distancing, senza eventi e parate, i grandi brand danno sfogo alla loro creatività con limited edition a tema.
  • Molte delle collezioni per il mese del Pride sono parte di più ampi progetti per il sostegno attivo da parte delle aziende alla lotta per i diritti della comunità LGBTQIA+.

 

Inizia il mese dedicato ai diritti della comunità LGBTQ+, che per la prima volta dopo anni non vedrà le strade delle grandi città riempirsi di persone per celebrare l’orgoglio omosessuale, nel rispetto del social distancing.

Ma come ogni anno, anche in questo giugno 2020 i brand tornano a celebrare l’amore in tutte le sue forme tingendosi dei colori dell’arcobaleno.

Abbigliamento, accessori, scarpe: sono tantissime le creazioni in edizione limitata lanciate dai grandi nomi del fashion e dello sportswear a supporto della comunità omo-lesbo-bi-trans.

Il Pride month 2020 visto dai brand

Adidas

Il colosso tedesco di abbigliamento sportivo apre il Pride month 2020 con il lancio di un Pride Pack contenente una rivisitazione arcobaleno delle sue calzature best seller: Superstar, NMD R1, Ultra Boost S&L, Nite Jogger, Stan Smith e Carrera Low, quest’ultima in duplice versione.

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Sulla soletta, è riportato il testo:

Siamo orgogliosi e impenitenti e vi incoraggiamo a essere come noi. L’amore unisce.

Alle sneakers, Adidas aggiunge una release delle amatissime ciabatte Adilette, in versione nera e con il logo Trefoil con texture colorata.

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Lo stesso logo lo ritroviamo sulle t-shirt della collezione clothing a tema Pride, composta anche da shorts, calzini, felpe e leggings, molti dei quali già disponibili sull’e-commerce ufficiale, altri coming sono.

Con la Pride Collection, Adidas riconferma il suo impegno a favore della comunità LGBTQIA+; il brand, infatti, sostiene regolarmente da anni il Trevor Project, la più grande organizzazione mondiale di prevenzione del suicidio e di supporto psicologico per i giovani della comunità.

Banana Republic

Dagli abiti alle calze, passando anche per le t-shirt, la collezione Pride di Banana Republic conta in tutto 19 pezzi disponibili sull’e-commerce ufficiale, riconfermando l’impegno del brand nella difesa dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali e transgender.

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La Pride Collection non è l’unica iniziativa del brand a favore della comunità LGBTQIA+: Banana Republic ha fatto una donazione di 60 mila dollari ad una campagna d’informazione delle Nazioni Unite Free & Equal per la promozione del progresso in fatto di diritti umani.

Nike

Con la collezione di sneaker e abbigliamento Nike BETRUE, disponibile a partire dal 19 giugno su nike.com e presso rivenditori selezionati, anche il colosso americano supporta la comunità LGBTQIA+.

Le calzature rivisitate in chiave BETRUE sono le Nike Air Max 2090, le Nike Air Deschutz e, sopratutto, le Nike Air Force 1, vere protagoniste della collezione, con il marchio sul tallone dei 10 colori della bandiera More Color, More Pride.

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LEGGI ANCHE: Perché la campagna di Nike durante il lockdown è una di quelle che ci sono piaciute di più

Come annunciato dall’azienda, Nike dichiara pubblicamente il suo impegno a supporto di più di 20 associazioni locali e nazionali, per promuovere l’inclusione e combattere le discriminazioni degli atleti LGBTQIA+ nel mondo dello sport.

New Balance

Fuori dal 22 maggio, la Pride collection di New Balance, composta da due versioni delle sue FuelCell Echo, una da uomo in blu e una da donna verde acqua, e da una coloratissima release della sua iconica 327.

Entrambi i modelli FuelCell Echo sono caratterizzati da pannelli oleografici sul tallone e i colori dell’arcobaleno sulla metà posteriore.

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Anche New Balance non si limita alle scarpe, ma affianca alla collezione di sneaker, ciabatte e t-shirt dal logo arcobaleno.

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Chiara Ferragni

“Love Fiercely” è il nome della Pride Collection dell’influencer made in Italy e amata in tutto il mondo.

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L’intera linea è un vero e proprio inno all’amore e un’esortazione ad amare oltre ogni pregiudizio o discriminazione.

Puoi amare chi vuoi. Puoi scegliere di essere chiunque ti renda orgogliosa di te stessa. – Chiara Ferragni Collection x Pride. 

 

Oltre ai capi casual più iconici della Chiara Ferragni Collection, con il logo stampato su un arcobaleno glitterato, la linea Love Fiercely propone anche polo-shirt e polo-dress, tutti abbinabili con le sneackers disponibili nei colori bianco e nero.

Converse

Per il quinto anno di fila, Converse lancia la sua Pride Collection, ispirata ai colori della bandiera “More Color, More Pride”, per celebrare la diversità e l’inclusione estendendo l’arcobaleno con l’aggiunta di una linea marrone e una nera che rappresentano rispettivamente la comunità Latin e Black LGBTQIA+.

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La piattaforma Converse By YOU offrirà la possibilità di customizzare i prodotti del marchio a proprio piacimento, come ulteriore celebrazione della libera espressione individuale.

Sarà possibile creare modelli personalizzati, le cui opzioni di design sono ispirate alle bandiere bisessuali, transgender, pansessuali.

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Vans

Anche il brand di scarpe e abbigliamento da skate non ci fa mancare la sua Pride Collection, con una vasta gamma di sneaker, dall’iconica checkerboard, il “mocassino” con il motivo a scacchiera che si colora d’arcobaleno, alle sneaker kids con la chiusura a strappo a tema pride flag.

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Ma la vera chicca di quest’anno, però, sono le ciabatte vans, sempre con motivo a scacchiera coloratissime e glitterate.

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Vans

Dr. Martens

Anche il Re indiscusso degli stivali stringati si colora per il Pride Month, ma lo fa in modo più discreto, con una bandiera cucita sul tallone e la linguetta colorata, senza stravolgere troppo la sua identità.

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In associazione con il lancio del Pride Boot, Dr. Martens donerà 25 mila dollari alla fondazione The Trevor Project, una delle più grandi organizzazioni mondiali dedicate al supporto psicologico e alla prevenzione di suicidi di giovani gay, bisex e transgender.

Levi’s

“Use your voice” è il tema centrale della Pride Collection 2020 di Levi’s, un messaggio che incita la libera espressione di sé, l’uguaglianza e l’inclusione.

La collezione Pride di quest’anno è sia un incoraggiamento che una celebrazione di coloro che usano la propria voce per cambiare il mondo.

Jennifer Sey, a capo della divisione marketing dell’azienda.

Levi's-UYV

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All’interno della collezione, una vasta e coloratissima gamma di magliette grafiche, giacche di jeans e accessori. Oltre al logo su sfondo arcobaleno, molti pezzi della collezione riportano anche lo slogan “Use Your Voice”.

Per il secondo anno consecutivo, Levi Strauss & Co si unisce all’organizzazione no-profit OutRight Action International, a cui ha annunciato che devolverà il 100% dei proventi netti della Pride Collection.

Nordstrom

Disponibile da giugno, la “BP. Be Proud” Collection di Nordstrom spazia dall’abbigliamento, agli occhiali da sole, ai fermagli per capelli.

Il 10% delle vendite della collezione sarà devoluto all’organizzazione no profit True Colours United, che opera nello sviluppo di soluzioni innovative per i giovani homeless, concentrandosi sulle esperienze delle giovani lesbiche, gay, bisessuali e transgender, che in America costituiscono il 40% della popolazione giovanile senzatetto.

Creator Studio

Come far evolvere l’organizzazione dal Remote Working allo Smart Working: scopri la Guida Interattiva Ninja

Il momento storico in cui siamo stati catapultati, ha davvero scosso i nostri animi. Siamo stati costretti a reinventarci e pensare a nuovi possibili modi di vivere, interagire e lavorare.

In particolare il lavoro da remoto e la sua diretta evoluzione, lo smart working, sono diventate parole chiave fondamentali di questo cambiamento, per garantire la business continuity.

Rispondere in modo efficace a questa nuova necessità presuppone lo sviluppo di un percorso di cambiamento organizzativo che possa attivare il framework per avviare, sostenere e scalare una iniziativa di smart working.

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Cosa trovi all’interno della Guida?

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  • Le piattaforme abilitanti il remote working e lo smart working;
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Una nuova frontiera

Come aiutare le imprese a lavorare con queste nuove dinamiche in modo efficace? Come far evolvere l’organizzazione dal lavorare remote al lavorare smart? Come scalare un reale processo smart in un’organizzazione complessa? 

La guida si pone l’obiettivo di aiutare imprenditori, manager, HR a comprendere i punti saldi di questo nuovo modo di lavorare e applicarli nelle proprie aziende, al fine di trasformarle in vere smart organization.

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