Google ha da poco introdotto schede dei prodotti gratuite su Shopping tab e annunci di Servizi locali.
Per questi ultimi non è necessario avere un sito web per attivarli e si paga solo quando si riceve effettivamente il contatto di un potenziale cliente.
Google ha da poco annunciato il lancio di due nuovi strumenti pensati per aiutare i retailer a raggiungere i propri clienti e a cogliere nuove opportunità grazie al supporto del digitale.
Si tratta dell’introduzione delle schede dei prodotti gratuite (free listing) sulla Shopping tab e degli annunci di Servizi locali (Local Service ads).
In questo periodo di particolare difficoltà per il settore, è utile conoscere tutti i tool che possono consentire di migliorare il proprio posizionamento online, raggiungere effettivamente i potenziali clienti ed aumentare così le vendite. Scopriamo quindi insieme queste due nuove possibilità.
Le schede dei prodotti gratuite nella Shopping tab
Anche i retailer di Europa, Medio Oriente e Africa hanno l’opportunità di avere schede dei prodotti gratuite sulla scheda Google Shopping (Shopping tab).
Disponibili a livello globale a partire da metà ottobre, i risultati di ricerca sulla Shopping tab consisteranno principalmente in schede dei prodotti gratuite, per aiutare i retailer a trovare nuovi clienti pur non effettuando investimenti pubblicitari su Google.
Gli acquirenti potranno scegliere tra una più ampia selezione di prodotti e negozi, in tempo per il periodo di acquisti più intenso dell’anno.
Per i retailer che utilizzano già Google Ads per raggiungere potenziali clienti, la possibilità di utilizzare delle schede dei prodotti gratuite sulla scheda Google Shopping rappresenta una spinta anche per le campagne a pagamento.
Per fare un esempio pratico, negli Stati Uniti, i retailer che hanno usufruito sia delle schede dei prodotti gratuite sulla Shopping tab, sia degli annunci hanno visto in media raddoppiare le proprie visualizzazioni e aumentare del 50% le visite. E le piccole e medie imprese sono quelle che ne hanno beneficiato maggiormente, registrando incrementi maggiori da quando sono state introdotte le schede di prodotto gratuite.
Se già si utilizzano il Merchant Center e gli annunci Shopping, non è necessario fare nulla per beneficiare di questo cambiamento; l’inventario di prodotti apparirà automaticamente e senza costi.
Google sta lavorando, intanto, per rendere più semplice possibile il processo di adesione per i nuovi retailer. In Europa, è inoltre possibile scegliere quale Servizio di Shopping Comparativo (SSC) possa includere le schede dei prodotti gratuite.
Mettere in contatto le persone con professionisti locali
Molte persone acquistano localmente e stanno cercando di rafforzare i contatti all’interno della propria community locale. Le ricerche che contengono la dicitura “vicino a me” sono più che raddoppiate in tutto il mondo: in Italia per esempio, considerando la prima settimana di aprile rispetto alla prima settimana di agosto 2020, sono cresciute del 300%. In Europa, nella prima metà del 2020, le ricerche di servizi locali, per esempio legate a lavori di ristrutturazione e manutenzione della casa, hanno subito un incremento del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Per aiutare le realtà locali a raggiungere i clienti più vicini a loro, il colosso del web ha introdotto anche gli annunci di Servizi locali in Italia e in altri nove paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna, Svizzera e Regno Unito.
Gli annunci di Servizi locali aiutano le persone a individuare e a mettersi in contatto con professionisti locali di fiducia – per esempio idraulici, addetti alle pulizie o elettricisti – supportati dal badge Protezione Google. I potenziali clienti possono visionare le informazioni relative alla loro licenza e le recensioni dei clienti precedenti, confrontarle e poi contattare i fornitori. Non è necessario disporre di un sito web per usufruire di questo tipo di annunci, e gli inserzionisti pagano solo nel momento in cui vengono contattati da un cliente, senza alcuna commissione prevista quando qualcuno clicca sull’annuncio. Le persone possono prenotare i servizi anche attraverso una telefonata.
Lo stato delle piccole imprese online
La presenza online è diventata fondamentale per il successo commerciale di un’azienda, anche locale. Tuttavia, “secondo una ricerca YouGov del 2019, circa un terzo delle piccole imprese in Europa non ha neanche un sito web”.
Per aiutare le imprese a compiere i primi passi online, Google ha anche lanciato un sito per le aziende, dedicato alle piccole e medie imprese italiane. Google per le aziende si inserisce nel più ampio contesto di Italia in Digitale, il nuovo piano di Google annunciato a luglio per accelerare la ripresa economica del Paese attraverso progetti di formazione, strumenti e partnership per supportare le aziende e le persone in cerca di opportunità lavorative.
Proprio all’interno del sito dedicato a Italia in Digitale è ora consultabile una sezione interamente dedicata al retail, che raccoglie tutti gli strumenti Google pensati appositamente per supportare le aziende del settore. Da Market Finder, con il nuovo percorso specifico per il retail per creare una strategia aziendale globale, a Categorie Retail in crescita, per capire quali sono le categorie di vendita al dettaglio in rapida crescita nella Ricerca Google.
Da Grow My Store, pensato per supportare le aziende retail nel migliorare la loro presenza online, a Machine Learning Checkup, per capire le applicazioni dell’intelligenza artificiale e i potenziali benefici per la propria impresa, fino a Google My Business, per interagire più facilmente con i propri clienti.
Gli strumenti e le competenze digitali hanno rappresentato un’ancora di salvezza durante il lockdown. Oggi ha davvero senso continuare a sviluppare la propria presenza online non solo per fronteggiare il presente ma anche per farsi trovare pronti al futuro.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2019/01/retail.jpg6681000Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-09 11:13:152020-10-12 20:40:58Free Listing e Local Service ads: scopriamo i nuovi strumenti di Google per il Retail
Nella Giornata Mondiale del Sorriso, celebrata a livello globale il primo venerdì di ottobre, tutto è pensato per strapparcene uno e Coca-Cola ha pensato proprio a tutti. Niente è più immediato di un sorriso per generarne un altro: basta vedere una persona farlo, infatti, per sorridere a nostra volta. Ma c’è chi i sorrisi non riesce a vederli. Se c’è una cosa che quest’anno ci ha insegnato è che c’è sempre un altro modo per far arrivare i sorrisi.
Per dedicare un momento di divertimento a chi il sorriso non lo percepisce con gli occhi, nasce “The Smile Can”, una serie di 5 lattine da 33cl in edizione limitata che riporteranno alcuni messaggi scritti in Braille, co-creati insieme ad UICI, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.
Le lattine della felicità
“Se strofini ancora esce il genio”, “Gratta pure, tanto non vinci nulla” sono solo alcuni dei messaggi che saranno presenti sulla serie di lattine, con l’obiettivo di generare un sorriso per ogni Coca-Cola, come recita il payoff.
Coca-Cola è un brand da sempre legato al concetto di felicità, vissuta come fonte di ispirazione anche attraverso progetti che promuovono l’inclusione e il superamento delle barriere, valorizzando le diversità. Attraverso “The Smile Can” Coca-Cola ha scelto di sostenere il centenario della fondazione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che proprio nel 2020 celebra questo importante traguardo.
“Ottimismo e inclusione fanno da sempre parte del DNA di Coca-Cola” – dichiara Cristina Broch, Direttore Comunicazione e Relazioni Istituzionali per Coca-Cola Italia. “La celebrazione dell’anniversario di UICI è solo il tassello più recente di un percorso che ci vede da tempo impegnati nel promuovere una società più inclusiva dove la valorizzazione della diversità possa essere leva di cambiamenti positivi”.
Coca-Cola e UICI hanno lavorato insieme nel definire i messaggi da leggere in Braille in modo divertente. Condividere i propri sorrisi e sensibilizzare attraverso il linguaggio universale della felicità sull’importanza di questo modo di leggere e scrivere è tra i principali obiettivi dell’Associazione.
“Questa iniziativa esprime qualcosa che noi promuoviamo da tempo, perchè vuole coniugare la sensibilizzazione sui temi della disabilità visiva con la leggerezza di un sorriso” – dichiara il Presidente Nazionale UICI Mario Barbuto.
La campagna integrata di Coca-Cola
Per presentare il progetto, Coca-Cola promuoverà su Linkedin e Youtube un messaggio dedicato a generare sorrisi proprio nella Giornata Mondiale dedicata a questo gesto; le lattine saranno poi presenti durante alcune delle principali iniziative dedicate alla celebrazione del centenario di UICI in tutta Italia. Con il suo messaggio positivo, anche la comunicazione di “The Smile Can” si inserisce perfettamente nella nuova strategia “Come Mai Prima”, la campagna lanciata a fine luglio a livello europeo che invita ad affrontare ogni cosa in modo diverso rispetto al passato, apprezzando da una nuova prospettiva tutto ciò che abbiamo intorno a noi.
In occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che riprenderanno il 19 ottobre con l’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un “villaggio” itinerante toccherà quest’anno diverse città italiane, tra cui Genova, Roma, Milano, Bologna. Si potrà partecipare a esperienze sensoriali e di “donazione della voce”, dimostrazioni con il cane guida per ciechi, sessioni sportive, laboratori educativi e iniziative di sensibilizzazione in cui toccare con mano anche l’edizione limitata di “The Smile Can” di Coca-Cola, e scoprire il mondo della disabilità visiva in una luce di inclusione, indipendenza e creatività.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/the-smile-can-coca-cola.jpg7671520Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-08 16:50:352020-10-12 20:41:10The Smile Can, l’edizione limitata di Coca-Cola per la Giornata Mondiale del Sorriso
DBInformation entra in Ninja Marketing con l’acquisto del 51% del capitale. Mirko Pallera resta socio e amministratore della società con il 48%.
L’acquisizione della maggioranza di Ninja, edutech company focalizzata sul potenziamento aziendale per la trasformazione digitale, è tappa importante di un processo di sviluppo di DBInformation verso la diversificazione dei propri servizi alle imprese e, in particolare, verso la completa digitalizzazione della propria offerta. L’ingresso di DBI consentirà a Ninja di accelerare la crescita su nuovi settori e mercati.
Lo sviluppo di DBI, l’evoluzione di Ninja
“L’acquisizione della maggioranza di Ninja Marketing è per noi motivo di grande soddisfazione”, ha dichiarato Gianni Vallardi, amministratore delegato di DBI, che ha aggiunto:
“Abbiamo creato le condizioni per un ulteriore e rapido sviluppo di DBI in un campo, come quello della formazione digitale, in grande e continuo sviluppo. Ninja Academy è la realtà più dinamica e creativa presente sul mercato. Il suo fondatore, Mirko Pallera, rappresenta per DBI e per il mercato la massima garanzia di continuità dei programmi in corso e, soprattutto, di espansione delle attività attraverso nuovi progetti, nuovi corsi e tecnologie per la formazione digitale, nuove iniziative di marketing.”
Vallardi ha concluso sottolineando che: “Ninja è tappa importante dello sviluppo di DBI verso la digital transformation dell’azienda, che è già in piena fase di realizzazione con il supporto consulenziale di Alkemy spa. Altri passi seguiranno nella stessa direzione”.
Mirko Pallera, founder e CEO Ninja ha sottolineato: “Tutto nell’Universo si evolve verso una maggiore complessità e consapevolezza e così anche le aziende. Da oggi inizia un nuovo capitolo della saga dei Ninja. Con l’ingresso di un gruppo industriale editoriale e tecnologico come DBI nella compagine sociale ci assicuriamo maggiore solidità finanziaria, maggiore capacità manageriale, maggiore impulso commerciale. A questo si aggiungono la stessa energia di sempre, lo stesso approccio all’innovazione, lo stesso spirito ribelle e soprattutto un team straordinario in grado di realizzare l’impossibile”.
Nato nel 2004, come un pioneristico osservatorio sul marketing non-convenzionale, negli anni Ninja Marketing si è evoluto diventando il punto di riferimento per il marketing e la comunicazione in Italia.
Nel 2010 è stata lanciata anche Ninja Academy, la scuola di formazione nata per guidare i professionisti del futuro. Da quel momento il magazine e la scuola si sono evolute sinergicamente diventando insieme una piattaforma di empowerment professionale e contribuendo a formare giovani talenti che sono diventati affermati professionisti. E oggi l’obiettivo è quello di aiutare le aziende a crescere.
“L’ingresso di DBI in Ninja Marketing consentirà di accelerare i processi di crescita già in corso e di mettere in opera più rapidamente nuovi progetti finalizzati allo scaleup dell’azienda – racconta ancora il CEO di Ninja -. La nostra consolidata esperienza nel campo della formazione digitale si arricchirà e trarrà vantaggio dalla presenza di DBI, dalle sue attività, dal suo ricco data base e dalle ampie relazioni con migliaia di aziende italiane e con decine di migliaia di professionisti di diversi settori”.
Un nuovo CdA
Il nuovo CdA di Ninja Marketing è composto da Mirko Pallera, Adele Savarese, Roberto Briglia, Gianni Vallardi, Edoardo Vallardi.
Alex Giordano, dal 2015 socio di minoranza senza cariche rappresentative e operative, mantiene l’1% del capitale sociale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/ninja-e-dbinformation.jpg7991206Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-07 17:30:352020-10-08 15:01:32DBInformation e Ninja uniscono le forze, per la formazione digitale
Analisi dell’impatto del COVID19: la nuova ricerca realizzata da Extreme ha analizzato l’attività su Instagram di un panel di 600 influencer italiani.
300 specializzati nel settore travel e 300 nel food, confrontando il periodo compreso tra i mesi di maggio/agosto del 2019 e del 2020.
Cambiano i tempi, le situazioni e le condizioni ma c’è sempre un elemento che, ormai, diventa sempre più presente e, diciamolo, a volte invadente. Parliamo, ovviamente, del social media marketing, nello specifico di Instagram che non accenna a calare in termini di popolarità. Non ha bisogno di presentazioni il social delle foto per eccellenza, sappiamo bene che ormai è nel cuore e nella mente di tutti. Diteci la verità, quante volte al giorno siete connessi?
Instagram, il social dei social
“Passano gli anni, cambiano i trend, Mark Zuckerberg rilascia nuove feature per le sue piattaforme, ma il problema principale dei marketer rimane sempre uno: come faccio ad aumentare la follower base del profilo Instagram del mio brand?“ introduce così Daniela Chiorboli il suo articolo dedicato al social. Altro non conferma che il pensiero della maggior parte degli utenti è sempre lì a Instagram, neanche fosse il principe azzurro. Che poi, esiste? Certo, basta cercarlo tra gli utenti giusti!
Instagram, come dicevamo, è il social che comunica per immagini ed è per questo motivo che alcuni settori sono chiaramente più forti rispetto ad altri. Il mondo dei viaggi è quello che spopola, d’altronde come fare a rimanere impassibili vedendo una foto di un tramonto pugliese? Non abbiamo bisogno di fare il giro del mondo per stupirci!
Allo stesso modo, il settore fashion è d’ispirazione per molti: look, consigli, tendenze sono comunicati tramite Instagram e, che piaccia o meno, contano grandi numeri. Ancora, alzi la mano chi tra voi ha tra gli elementi salvati l’immagine di un particolare tipo di pasta o di una torta da leccarsi i baffi? Ebbene sì, il mondo food conquista tutti.
Sì, ma il Covid?
Nei mesi precedenti il dibattito si è spostato sull’impatto che il Covid-19 ha avuto sulle attività social dei travel e food influencer italiani e dei loro follower.
Com’è andata, ve lo diciamo subito: tra stories, foto e dirette, su Instagram i due settori hanno vissuto sulle montagne russe, con picchi e crolli vertiginosi. Infatti, se i foodinfluencer tra maggio e agosto 2020 hanno visto un’impennata del proprio engagement con 17,7 milioni di interazioni, quindi il +32% rispetto allo stesso periodo del 2019, i travel influencer hanno registrato un andamento completamente inverso, con interazioni ridotte del 15,7%, passando in termini assoluti da 23,5 milioni nel 2019 a poco meno di 20 milioni nel 2020.
A rivelarlo è Influencer Italia TRAVEL & FOOD, Analisi dell’impatto del COVID19, una ricerca realizzata da Extreme, azienda italiana specializzata nella web e social media data intelligence. Attraverso il suo osservatorio permanente e ai dati aggiornati della piattaforma di influencer assessment Extreme Social Index, Extreme ha analizzato l’attività su Instagram di un panel di 600 influencer italiani, 300 specializzati nel settore travel e 300 nel food, confrontando il periodo compreso tra i mesi di maggio/agosto del 2019 e del 2020.
Travel vs food
La ricerca ha evidenziato che il numero degli influencer attivi ad agosto 2019 e 2020 ha registrato un calo del 14% nel settore travel e solo del 5,4% nel settore food.
Nonostante la normale decrescita fisiologica di soggetti che abbandonano un’attività così competitiva, il calo nel settore travel sembra essere una conseguenza diretta della pandemia.
I follower, croce e delizia di Instagram
Un andamento confermato anche dall’attività dei follower.
Il tasso di crescita medio dei follower per influencer nell’anno del Covid19 si è fermato all’ 1,76%, contro il 2,38% del 2019. A sottolineare la sofferenza del mondo travel è anche la crescita contenuta dei follower da parte degli account analizzati: da 5,5 milioni a 5,7 milioni di follower (+3,6%).
Viva il food…
La ricerca segnala una riduzione in entrambi i settori sul numero dei post pubblicati: quella dei food influencer appare più contenuta con 14.080 post del 2020, contro i 16.114 del 2019, una percentuale dunque pari al -12,6%. Per i viaggiatori il decremento è stato ancora più significativo, pari al 24% (da 11.600 post a 8.800). Di fatto, un danno per i travel influencer e per tutti i creativi del comparto.
Anche il numero di sponsorizzazioni, con hashtag quali #ad #adv #sponsoredby #supplied sono stati ridimensionati: -33% sul volume dei contenuti pubblicati e -25% sulla media dei post promozionali per travel influencer, così come l’engagement che registra una contrazione del 18,3%. Situazione simile per il comparto food: in negativo le variazioni rispetto al 2019 circa il volume complessivo dei post con sponsorizzazioni (- 18,4%) e i post medi per influencer (-14%).
In questo caso però cresce l’engagement del 22,7%: non è difficile da immaginarlo con tutto quello che è stato impastato e sfornato!
…e viva l’Italia
Fino a febbraio 2020 l’attenzione era alta verso l’estero, poi con la chiusura dei Paesi e l’impossibilità o la paura di programmare partenze, qualcosa è cambiato. I travel influencer, per necessità o virtù, hanno riscoperto il proprio Paese. Secondo i dati elaborati, rispetto al panel degli influencer analizzato, durante l’estate del 2020 la Toscana è stata la regione più instagrammata, con 958 post, seguono il Lazio (795 post), il Trentino Alto Adige ( 773), le Marche (769) e il Veneto (713).
Prendendo in considerazione invece l’engagement, la classifica delle preferenze subisce alcune modifiche: se la Toscana rimane ai vertici in con 599.600 like e commenti, la Sicilia ottiene il secondo posto con 589.400, la Lombardia il terzo con 583.000; seguono la Campania con 572.400 e la Puglia con 530.300
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/influencer-marketing-02.jpg9211646Eleonora Tricaricohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEleonora Tricarico2020-10-07 16:58:412021-04-07 20:58:3717,7 milioni di interazioni: i numeri di food e travel influencer su Instagram
Segnali di ripresa dal mercato Automotive: il Digital Marketing può essere la benzina giusta per innestare la potenza propulsiva definitiva.
Il 92% degli acquirenti di auto effettua ricerche online prima di acquistare e il formato video è il contenuto preferito dagli utenti.
I dati di vendita del mercato automobilistico fanno ben sperare per il prossimo futuro grazie a una lenta ripresa post-lockdown. È il digital marketing per l’Automotive l’artefice di questa faticosa rimonta? In realtà, il marketing digitale è la via che produttori e distributori hanno deciso di intraprendere già da qualche anno a questa parte. E sembra essere molto più di una semplice tendenza.
Automotive, qual è il polso della situazione?
Partiamo da un dato interessante: secondo gli ultimi rilevamenti di agosto, la domanda di auto sembra essersi stabilizzata rispetto alla voragine che si era aperta a marzo 2020 in concomitanza del lockdown. I mesi tristi di marzo, aprile e maggio sono stati più un mettere in stand-by i consumi delle famiglie italiane, piuttosto che un vero e proprio collasso economico.
Ora, coloro che in precedenza facevano affidamento esclusivamente sul trasporto pubblico o altre forme di mobilità come il ride-sharing, valutano la possibilità di acquistare un’auto nei prossimi mesi. Probabilmente mossi dalla necessità di maggior sicurezza sanitaria negli spostamenti quotidiani, in primis casa-lavoro.
Quello che emerge dal sondaggio condotto da CarGurus è che il 79% degli intervistati non ha rinunciato all’acquisto di una nuova auto, ma sta solo aspettando una situazione economica più stabile.
Ma attenzione a pensare che il concessionario stia lucidando per benino la vetrina del suo salone, in attesa che i clienti si sentano pronti per far visita al suo parco auto. L’Automotive ha smesso già da un po’ di giocare d’attesa e, ancor prima della pandemia, ha scoperto il Digital Marketing. Vediamo come.
Digital Marketing per l’Automotive, le strade si erano già incrociate
Già prima dell’avvento del Covid-19, i principali player Automotive hanno spostato focus ed energie verso il pubblico online. Pur senza calare completamente le serrande della pubblicità sui mass media tradizionali. Le restrizioni legate alle pandemia hanno solo accelerato le strategie di digital marketing già in test qualche anno prima. La digital transformation ha iniziato a fare breccia nelle opinioni di manager e responsabili di distribuzione, soprattutto negli Stati Uniti. Adesso si prova a fare sul serio anche in Italia.
In tanti si chiedono quali siano i KPI rilevanti per poter attuare una concreta strategia di marketing digitale per mercato auto e moto. Ad esempio, Treasure Data ha sviluppato un’indagine per raccogliere informazioni da oltre 30 professionisti del marketing Automotive per avere un’idea di come si svilupperà la “nuova normalità” nel mercato automobilistico. In che modo il digital marketing ottimizza l’Automotive per una ripresa a tutto gas?
L’Automotive si interfaccia con un nuovo consumatore, e lo ha capito
I responsabili marketing delle maggiori case produttrici di automobili hanno capito che il pubblico e i clienti stanno lentamente riversando la loro attenzione verso altri canali di comunicazione. Il fattore generazionale incide anche dal punto di vista della propensione all’acquisto. Chi decide di comprare un’auto, oggi proviene da un background molto diverso rispetto a quello di 20 anni fa. Sono cambiate esigenze, motivazioni, interessi verso uno specifico brand. E non ultimo, è cambiato il funnel di acquisto dell’utente medio tra i 25 e i 45 anni.
Il consumatore oggi sa come muoversi online, ma anche come dialogare in maniera diretta con l’azienda o il concessionario. Pretende un “trattamento” personalizzato: è un consumatore smart! Ergo, case automobilistiche e distributori devono spingere ancor di più sul pedale dell’acceleratore del digital marketing. Come devono farlo?
Il digital marketing per l’Automotive significa non solo rimodulare la comunicazione e i canali mediatici verso cui riversare le campagne di advertising. Ma adottare un vero e proprio metodo di acquisizione, profilazione e analisi dei dati socio-demografici del consumatore. I dati giocheranno un ruolo sempre più importante nella digital transformation dell’Automotive.
Già nel 2015, i player dell’Automotive avevano delineato un nuovo customer journey del cliente medio. I concessionari hanno circoscritto l’arco temporale del processo di acquisto medio dell’auto. Può durare grosso modo dalle 5 alle 12 settimane e in genere si sviluppa in questo modo:
L’utente stila una selezione di veicoli a cui è interessato, in base a ricerche online, recensioni dal web e il grado di fedeltà e apprezzamento verso il brand (in genere da 1 a 3 mesi prima dell’acquisto);
Successivamente, restringe la selezione in una short-list sulla base di pareri e opinioni di amici o parenti (in genere da 4 a 7 settimane prima dell’acquisto);
Il momento del test-drive è circoscritto a una selezione di massimo 3 auto (in genere da 2 a 4 settimane prima dell’acquisto);
Infine, si arriva al momento vero e proprio della scelta (in genere da 1 a 3 settimane prima dell’acquisto).
Ok, dove si inserisce il digital marketing in questo preciso calendario di conversione? Il vero punto di rottura è che la generazione della consapevolezza d’acquisto avviene online. Ecco perché:
Il 92% degli acquirenti di auto effettua ricerche online prima di acquistare.
Il 60% di tutte le ricerche Automotive proviene da un dispositivo mobile e alcune delle principali ricerche da dispositivo mobile sono correlate ai concessionari.
Il 64% degli acquirenti che guarda video online per avere informazioni sull’auto da acquistare, afferma che i nuovi formati video li convincerebbe ad acquistare un’auto senza un test drive.
Grazie a piattaforme come YouTube e alle ricerche su Google, i consumatori hanno accesso a una enorme gamma di contenuti digitali prima di comprare l’auto che cercano. In questo senso, i professionisti del marketing per l’Automotive oggi vedono moltiplicare le opportunità di posizionamento del brand, soprattutto nel momento in cui gli utenti valutano quale sia l’auto migliore per le loro esigenze.
Negli ultimi due anni, il tempo di visualizzazione dei test drive in video su YouTube è cresciuto di oltre il 65%, segnando una tendenza nel consumo di video online simile all’impennata avuta con le recensioni e gli unboxing dell’high tech di alcuni anni fa. Il futuro dello shopping automobilistico si sta decisamente spostando online.
Nuove strategie da sfruttare per il digital marketing nell’Automotive
1. Usa l’integrazione dei dati
Produttori, distributori e rivenditori hanno a loro disposizione una serie sbalorditiva di database contenenti una grossa quantità di dati sui clienti, sulle transazioni e sulle prestazioni di marketing del concessionario.
Rispetto all’offline, la tecnologia digitale fornisce un percorso alternativo fatto di strumenti di gestione dei dati sempre più sofisticati quanto a capacità di acquisire, gestire e attivare informazioni. Dov’è l’utilità di tenere questi dati separati tra loro? Perché non provare a incrociarli per fare previsioni e strutturare una customer journey personalizzata?
Il ruolo di data analysis e CRO specialist sarà ancor più rilevante per poter rispondere in maniera adeguata a una ristrutturazione del digital marketing per l’Automotive e una corretta allocazione del marketing mix.
2. Sfrutta il local business
La catena di vendita dell’Automotive potrebbe sembrare piuttosto complessa e articolata. In realtà, il punto chiave è una corretta gestione del punto vendita grazie a un piano di digital marketing ben organizzato. Se è vero che il processo di acquisto inizia online, resta ancora inconfutabile che la firma del contratto si risolva in concessionaria. Ecco perché il trend della keyword SEO “concessionario auto vicino a me”, continua a riscuotere grande successo!
Il concessionario è l’anello della catena Automotive che deve necessariamente attivarsi con campagne di digital marketing locale. Parlo di ottimizzazione per SEO locale del sito web, sviluppo di campagne di advertising impostate per un pubblico locale, una corretta gestione della vetrina di Google My Business e dei feedback al suo interno.
3. Assicurati che i tuoi collaboratori siano digital-friendly
Il concessionario non può più essere il salone auto in cui il venditore si presenta al cliente in giacca e cravatta per intraprendere una trattativa estenuante. I tuoi collaboratori devono essere tanto smart quanto lo sono i clienti che si trovano davanti. Sono persone che hanno già guardato qualsiasi tipo di video-recensione su YouTube dell’auto dei loro sogni. Hanno letto ogni tipo di articolo di descrizione tecnica. Hanno trascorso ore e ore sui forum e sul sito della casa produttrice per analizzare ogni singola specifica dell’auto. Forse la conoscono meglio del concessionario!
Il compito di chi lavora in concessionario, è solo quello di trasferire l’esperienza utente dall’online all’offline. E farlo nella maniera meno “traumatica” possibile. In un mondo in cui la digital transformation per Automotive è la prassi, l’auto è già stata venduta online e il cliente si reca in concessionario solo per assicurarsi che il suo processo di acquisto esista davvero. Il venditore deve solo accompagnarlo nell’ultimo step del funnel di conversione. Possibilmente, il personale che lavora in concessionaria dovrà padroneggiare il linguaggio di comunicazione online, dal saper gestire una diretta social al saper negoziare in modalità videoconferenza, come spiega MotorK.
4. Sfrutta la potenza del video
Un dato interessante che emerge da una ricerca di Pixability in collaborazione con Google, è che tra i primi 200 video di auto più visti dal 2017 al 2018, quelli che generano maggior engagement tra gli spettatori sono i video pubblicati da creator e video-maker indipendenti. Si tratta di professionisti del social video marketing che hanno la passione e la giusta conoscenza tecnologica per presentare all’utente online l’auto dei loro sogni, nei minimi dettagli. Surclassando i video corporate delle case automobilistiche del calibro di Mercedes, Volkswagen, Ford. Questo riflette la fiducia e la connessione personale tra gli utenti online – YouTube in particolare – e i creator per l’Automotive.
Integrazione Digital Marketing e Automotive, 3 casi di successo
1. L’integrazione dei dati CRM per BMW Mini
In collaborazione con Universal McCann, BMW Mini ha ideato un sistema per ottimizzare i metodi di engagement del proprio target: adulti interessati a un veicolo di fascia premium. Mini ha scansionato i dati delle persone inseriti nel loro sistema CRM, o perché già clienti o perché avevano dato il consenso al trattamento dei dati dopo aver visitato un canale del brand. Mini ha dunque utilizzato la digital automation per ottimizzare attività di marketing come l’invio di messaggi e notifiche push personalizzate sui dispositivi mobile. Ciò ha aumentato di 3 volte la conversione dell’utente, riducendo il costo per acquisizione del lead fino al 75%.
2. Come Opel ha sfruttato Facebook Marketplace
Nel 2018, la casa automobilistica tedesca voleva aumentare il traffico sul sito web di Opel Occasions, il portale dove poter trovare veicoli Opel usati certificati. Quando Facebook Marketplace è diventato disponibile come posizionamento pubblicitario, Opel Netherlands ha collaborato con Greenhouse, la sua web agency di riferimento, per trarne vantaggio. Sono state create campagne di Facebook Ads con obiettivo pubblicitario Conversioni ed è stata impostata la ricerca sul sito web come principale evento di conversione.
I gruppi di inserzioni mostrati su Marketplace e nella sezione Notizie hanno ottenuto prestazioni migliori rispetto a quelli mostrati solamente nella sezione Notizie. Risultati: un 20% in meno sul costo per conversione; il 27% in più sulle conversioni dalle inserzioni mostrate su Marketplace; il 15% di copertura in più sulla sezione Facebook Marketplace.
3. TikTok, BTS e Hyunday
Con oltre tre miliardi di visualizzazioni, #PositiveEnergyChallenge è stato uno dei trend TikTok più popolari dell’estate 2020. L’agenzia coreana Global Business Solutions (GBS) ha pensato bene di lanciare la campagna per conto di Hyunday con il supporto della boy band coreana BTS. Il risultato è stato un vero e proprio crack mediatico. In particolare, la casa automobilistica di Seul ha trovato il modo per comunicare la visione del brand alle nuove generazioni: promuovere la sostenibilità ambientale e condividere maggiore consapevolezza sulle auto a idrogeno. Hyunday ha da tempo consolidato la partnership con i BTS per promuovere il suo marchio EV, IONIQ, rilasciando una serie di canzoni sulle principali piattaforme video e social.
Come spiega Wonhong Cho, Executive Vice President e Global Chief Marketing Officer di Hyundai Motor Company:
Hyundai Motor e BTS collaborano per diffondere il valore della positive energy che perseguono insieme oltre che alla promozione di un veicolo specifico. La nuova gamma IONIQ è la risposta di Hyundai Motor ai problemi ambientali e alle global community legate alla sostenibilità, di cui i Millennial e le generazioni della Gen-Z sono i principali sostenitori, e vogliamo dimostrare il nostro impegno con un’attenzione sempre maggiore verso i veicoli elettrici.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/Digital-Marketing-e-Automotive.jpg9601280Nicola Onidahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNicola Onida2020-10-06 17:42:172020-10-07 18:26:19Digital Marketing e Automotive: cosa sapere per iniziare e 3 casi di successo
Questo mese partiamo dal rebranding di Richard Ginori: arte e ospitalità italiana dal 1735.
Per la terza volta nella storia, anche Intel cambia il suo logo e presenta i nuovi processori di 11a generazione.
Dal logo a un nuovo font proprietario, Scarpa evolve la sua immagine visiva per rilanciare il proprio sviluppo internazionale.
Diventiamo sempre un po’ nostalgici quando un marchio che amiamo cambia look. Rappresenta un segno del tempo passa ma anche un modo per attirare la nostra attenzione e farci appassionare a nuovi racconti aziendali.
Un nuovo marchio non prende vita cambiando semplicemente colori, suoni e logo. La strategia di rebranding deve essere un processo che unisce, oltre a dover essere allineata allo scopo aziendale. Per evitare insidie che possono far deragliare l’intero progetto, occorre pianificare in anticipo. Il tempo garantisce che la strategia sia implementata nella maniera più fluida ed efficiente possibile.
Ecco la selezione dei rebranding più importanti dell’ultimo mese, tra nuovi percorsi narrativi e contesti sempre più innovativi e moderni.
Il rebranding totale di Intel
Per la terza volta nella sua storia, Intel rinnova la sua identità con un logo minimalista. Il nuovo design sostituisce il precedente utilizzato dall’azienda dal 2006 in varie forme.
La prima caratteristica evidente è l’abbandono dell’ellisse che da sempre accompagna il gigante di Santa Clara. Il brand, che di recente è stato nominato da Forbes tra quelli con maggiore valore al mondo, rompe col passato e compie un salto nel futuro.
Il logo originale di Intel, introdotto nel 1968 (a sinistra). Il logo più recente dell’azienda, introdotto nel 2006 (a destra)
Il nuovo logo dal design minimal, con font più sobri e il quadrato come tema dominante accompagna l’aggiornamento di tutto l’ecosistema prodotti, dai server Xeon ai chip di memoria Optane.
L’aspetto più minimalista è parte di un’importante revisione del marchio, che secondo Karen Walker, Chief Marketing Officer di Intel, aiuta il gigante della tecnologia a fare meno affidamento alla sua eredità o al suo vortice iconico:
“L’aspetto del brand di Intel è significativo e ispirato alla celebre frase di Robert Noyce: “Non sentirti gravato dal peso della storia. Vai fuori e realizza qualcosa di speciale”. Questa frase è stata a lungo una fonte di ispirazione e invocazione in tutta l’azienda; è nel DNA di Intel. Il mantra che è stato la stella polare di generazioni di lavoratori verso la realizzazione di qualcosa che avesse un impatto significativo nel mondo”.
Il nuovo logo mostra un aspetto fresco e sintetizza molti elementi dei design precedenti, inclusa la “i” con il cappuccio quadrato.
Oltre al blu, utilizzato da decenni e ancora parte integrante dell’identità, il marchio si sposta verso una tavolozza di colori più ampia, aggiungendo un blu chiaro che verrà utilizzato insieme all’arancione, al nero e al giallo nelle pubblicità e in altre attività di marketing. La tavolozza colori consente inoltre a Intel di localizzare il marketing in base ai colori che risultano efficaci nei diversi mercati. Ad esempio, il rosso è importante in Giappone, quindi il marketing di Intel nel paese includerà più rosso.
L’azienda ha revisionato anche l’iconico “bong” a cinque note, il piacevole sound logo in coda a tutte le sue pubblicità.
Tuttavia, la nuova campagna è pensata per essere di natura più olistica, il nuovo look sarà infatti integrato all’intero sistema di Intel, dal packaging alle campagne digitali.
Il rebranding di Intel riflette l’impegno del marchio a rispondere alle sfide più importanti a livello globale:
“Il nostro mondo sta affrontando sfide diverse da tutte quelle che abbiamo incontrato finora. Il bisogno urgente di un’azione per risolvere il cambiamento climatico; il profondo digital divide; la mancanza di categorie sottorappresentate, di inclusione e di uguaglianza nel settore tecnologico; la pandemia e la richiesta di una nuova era di responsabilità sociale condivisa. Per affrontare tutto questo, abbiamo alzato l’asticella per noi stessi e fatto evolvere la nostra strategia di responsabilità d’impresa per aumentare la portata del nostro lavoro con gli altri per creare un mondo più responsabile, inclusivo e sostenibile, attivato grazie alla tecnologia e alle nostre azioni collettive”
Bob Swan, CEO di Intel.
Brand identity rinnovata per Richard Ginori che diventa Ginori 1735
Dal 1735 Richard Ginori rappresenta la massima espressione dell’eccellenza italiana nella creazione artistica di alta qualità in porcellana pura. L’azienda storica di Sesto Fiorentino ha annunciato che a partire da settembre opererà con un nuovo nome: Ginori 1735.
Parte del Gruppo Kering, la leggenda della porcellana fiorentina opera ininterrottamente da 285 anni producendo stoviglie in porcellana e altri elementi per la casa. Ginori vuole portare l’arte nella vita di tutti i giorni e la vita di tutti i giorni nell’arte per creare nuovi mondi affascinanti.
L’azienda nasce nel 1735 come atelier artigianale che apre la strada all’arte e all’artigianato della porcellana sotto l’egida del marchese Carlo Ginori, appena fuori Firenze.
Nel corso dei secoli, l’atelier ha evoluto il suo processo e la sua produzione unendo tecniche antiche e visione del mondo contemporaneo per produrre articoli per la casa innovativi e sorprendenti sotto la direzione di visionari come Giovanni Gariboldi, Gio Ponti e, più recentemente, Alessandro Michele.
L’iconica corona Ginori che segna il retro delle stoviglie rappresenta la più sofisticata fusione di artigianato e arte. Questa sfacciata combinazione di gusto è sempre stata al centro del marchio. La modifica del nome è supportata da una presentazione visiva e una brand identity rinnovata:
La nuova firma incarna l’audace combinazione di eredità e innovazione, presentando Ginori 1735 in lettere eleganti, sinuose e sicure. La corona rimane, come segno distintivo e scintillante che autentica e garantisce ogni pezzo di porcellana. Il restyling supporta l’evoluzione di Ginori come marchio di lifestyle e design globale, specializzato in stoviglie e articoli per la casa, rigorosamente in porcellana artigianale di altissima qualità.
“Oggi stiamo tornando alle nostre radici, cambiando nome e investendo nella nostra eredità di portare un profondo senso del luogo, un modo aggraziato e uno spirito effervescente a tutti coloro che abbracciano la nostra missione. Richard Ginori è ora, e ancora una volta, Ginori 1735”
ha dichiarato il presidente e CEO Alain Prost.
Ginori 1735 è progettato sia per celebrare il profondo patrimonio dell’azienda sia per significare una rinnovata attenzione ai gusti e allo stile di vita in evoluzione della prossima generazione di consumatori di lusso.
Nuovo posizionamento e brand identity per il 135° compleanno di Avon
Avon rafforza la sua brand image con un importante cambiamento. L’azienda mondiale, leader nel settore beauty nel canale della vendita diretta di cosmetici, dal 2019 parte del Gruppo Natura &Co, lancia la nuova campagna “Watch Me Now”.
Avon evolve il suo posizionamento per rispecchiare al meglio il brand di oggi: un marchio di bellezza innovativo, audace e inclusivo.
“Watch Me Now segna l’inizio di un nuovo capitolo per Avon. Avon si occupa di bellezza da 135 anni e siamo solo all’inizio. Continuiamo e continueremo ad innovarci ed evolvere, investendo nella ricerca, nello sviluppo di prodotti e nelle persone, per garantire che la bellezza sia democratica e accessibile a tutti” ha dichiarato Angela Cretu, CEO di Avon.
Lanciata a settembre, in occasione del 135° compleanno di Avon, “Watch Me Know” è un chiaro riferimento all’heritage di Avon come un’azienda orientata e guidata da un obiettivo comune e preciso: utilizzare il potere della bellezza per creare opportunità di business e sostenere importanti cause sociali al femminile tra cui la violenza sulle donne, la violenza di genere e il cancro al seno. La nuova campagna celebra il successo delle persone che nella vita hanno dovuto lottare per emergere.
“Watch Me Now” include una nuova identità visiva e un rinnovamento del logo, oltre ad un “tone of voice” più audace e sicuro di sé, che risulta essere più stimolante per i milioni di consulenti di bellezza e clienti del marchio.
Il nuovo logo è già apparso su prodotti e brochure e include alcuni riferimenti alle curve del logo originale Avon degli anni ‘30, con una nuova sfumatura di colore che ricorda i lineamenti del viso di una donna.
Piccolo refresh per il tridente Maserati
Il 2020 sembra essere l’anno dei rebranding dell’auto. Da BMW a Nissan passando per Rolls Royce, le case automobilistiche ci hanno incantato con i loro restyling di tendenza. Adesso tocca al marchio di auto di lusso Maserati che a settembre ha rivelato un logo aggiornato, che abbellirà la nuova auto sportiva MC20.
Il primo aggiornamento riguarda il “tridente” di Maserati, in attività dal 2005. È sparito il fulmine che colpisce la parte inferiore dell’originale, insieme al bordo ovale. Sebbene il rebranding non sia rivoluzionario, anche un piccolo cambiamento è destinato a non passare inosservato dai fan più sfegatati.
In generale il design è più moderno, equilibrato ed elegante. In effetti, eliminando elementi decorativi come il bordo e il fulmine, sembra aderire alla tendenza di semplificare il suo logo esistente, proprio come Rolls Royce.
Insieme al logo aggiornato, l’MC20 presenta una nuova versione del wordmark Maserati. Anche in questo caso, le modifiche sono impercettibili: il testo è stato leggermente affinato con elementi decorativi ridotti, riducendo l’effetto “scritto a mano” dell’originale e creando un aspetto più aerodinamico e contemporaneo.
La banca dell’oggi: Widiba rinnova la sua immagine
Banca Widibapresenta la nuova brand identity, il nuovo sito e lancia nuovi servizi open che completano l’offerta per i clienti e per la consulenza finanziaria. A sei anni dalla nascita e a un anno dalla ridefinizione del concetto di banca come ecosistema finanziario, la società del Gruppo MPS, continua a investire nel cambiamento e nell’innovazione.
La sua forma e la sua immagine evolvono nel segno della continuità innovativa che la caratterizza da sempre. Da oggi Banca Widiba si presenta al mercato con una brand identity completamente rinnovata in tutti i suoi elementi: un nuovo logo, una nuova immagine coordinata, un nuovo sito e un piano di restyling degli uffici della consulenza finanziaria in tutta Italia.
Il concept è frutto della combinazione di due elementi che hanno contribuito alla definizione del design: un profondo studio di posizionamento e una ricerca di mercato sulle abitudini e caratteristiche del moderno consumatore di servizi bancari e finanziari; l’utilizzo delle tecniche più avanzate di grafica ed experience digitale.
Il nuovo posizionamento ha l’obiettivo di rispecchiare in modo coerente la crescita e l’evoluzione di Banca Widiba. Il processo di realizzazione si è svolto, come di consueto, in modalità partecipativa con gli stakeholders, con il coinvolgimento di dipendenti e consulenti.
Il rebranding passa anche dal sito che, rinnovato nella grafica e nella instant-usability, presenta un nuovo look & feel pulito ed essenziale. La piattaforma è stata ridisegnata nel suo concept e nelle sue immagini seguendo i principi dello Z-layout, che asseconda il movimento oculare sugli schermi, permettendo di ridurre lo scroll del 30%, mantenendo il focus sui contenuti più importanti e rendendone più semplice la comprensione.
Scarpa completa il rebranding con Landor
Nuova immagine coordinata per Scarpa: dal logo a un nuovo font proprietario, l’azienda di Asolo evolve la sua immagine visiva per rilanciare il suo sviluppo internazionale. Un’operazione volta a modernizzare tutti gli elementi visivi associati al brand.
Le immagini a supporto della comunicazione alternano uno stile entusiasmante per le fotografie e un disegno dal carattere più tecnico per illustrare le caratteristiche uniche dei prodotti.
La società rimane ancorata alla lunga tradizione di eccellenza, coraggio e innovazione, simboleggiata dal pay-off “No Place Too Far”, che rimane l’unico elemento immutato del precedente sistema di identità.
Il logotipo è stato ottimizzato e reso più moderno ed espressivo senza perdere i suoi tratti distintivi. Il simbolo si è trasformato da una semplice rappresentazione del prodotto (originariamente due scarponi contrapposti) ad un segno che rimanda all’arrampicata e alla crescita personale.
Il look & feel generale risulta fresco e sfidante grazie a una color palette più estesa. La tipografia proprietaria, disegnata ad hoc e declinata in una serie flessibile di pesi e varianti, rappresenta simbolicamente i valori principali del brand: immaginazione, sperimentazione e adattabilità. Attraverso a particolari caratteri alternativi, che trasmettono tecnicità e modernità, il font diventa un vero e proprio strumento di auto generazione dell’intera gamma degli oltre 120 brand di prodotto, raggiungendo un perfetto bilanciamento tra unicità e family feeling.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/rebranding-intel-ginori-avon-maserati-widiba-scarpa-10.jpg6531160Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2020-10-05 14:22:552021-07-21 14:57:50Rebranding di settembre: Intel, Ginori e Maserati
Google lancia la sua università online, costringendo (forse) anche le università tradizionali a reinventarsi.
La proposta di Google sembra avere parecchi punti di forza, ma è davvero tutto oro quello che luccica?
Google ha lanciato la sua università online, con corsi basati sui Google Career Certificates, destinati a studenti che intendono laurearsi nelle professioni più richieste oggi nel mondo digitale.
La notizia è di qualche settimana fa e nel frattempo c’è stato modo di approfondire e verificare l’argomento, magari anche con qualche raffronto con l’offerta delle università tradizionali.
Questo è quello che abbiamo provato a fare anche nelle redazione di Ninja, andando ad analizzare una serie di caratteristiche dal piano di studi al prezzo.
Ma andiamo con ordine e partiamo dalle certificazioni Google.
Google University
Non sono lauree brevi, ma corsi intensivi che hanno lo stesso valore di un percorso universitario tradizionale. Il costo contenuto permette a un numero più elevato di studenti di frequentarli e il fatto che siano online evita costi di trasferimento e strutture da gestire.
Today @google is rolling out a comprehensive new digital jobs program to help Americans get back to work, break down educational barriers by prioritizing skills, and support the country’s economic recovery. Details in my post and highlights below.
L’obiettivo di Google, come riportato dalla stessa azienda, è quello di offrire opportunità di lavoro a coloro che non possono permettersi la rata di un college americano. Come ha affermato Kent Walker, vice presidente senior per gli affari globali di Google, infatti, i corsi si basano su programmi già esistenti in azienda e servono per specializzare le persone senza laurea che lavorano nel settore IT.
L’offerta tradizionale
Le università e i corsi di specializzazione in presenza e online che tutti siamo abituati a frequentare partano da un modello completamente diverso da quello di Google. Certamente sono più onerosi, ma garantiscono anche uno sviluppo di competenze più trasversali.
Certamente non tutte le università attuano programmi per l’inserimento immediato nel mondo del lavoro, e dunque non offrono stage e apprendistato, ma il percorso spalmato su un periodo di tempo più prolungato punta a offrire un maggiore approfondimento su diverse discipline.
Google vs. tutti
Abbiamo selezionato due corsi di studi tradizionali di facoltà italiane (pubbliche e private) per operare un confronto con l’offerta formativa di Google. Ed ecco cosa è emerso:
Al momento la proposta di Google sembra avere parecchi punti di forza, tra cui la durata del percorso e la sua economicità.
C’è chi critica la mossa, sostenendo che una società privata non può e non deve paragonarsi a un’istituzione universitaria. C’è chi invece lo vede come uno sprono per gli istituti tradizionali, per reinventarsi e avvicinarsi di più alle esigenze del mondo del lavoro.
Ma davvero basta un corso di studi online per imparare un mestiere come quello dell’UX Designer (per esempio), o invece servono ore, ore e ancora ore di esperienza su campo? E voi che cosa ne pensate?
We’re still hearing a lot of enthusiasm for Google Career Certificates & we’ve had a number of questions from people asking how to sign up. Visit our certificates page to receive notifications & learn more about scholarships & enrollment. #GrowWithGoogle
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2019/05/google-campus.jpg569856Monica Brignolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMonica Brignoli2020-10-04 11:54:272020-10-05 21:09:12Google University o università tradizionali? Due modelli a confronto
Amazon ha lanciato Amazon Luxury Stores, una sezione esclusiva a cui per ora possono accedere solo alcuni Prime members in US.
Questa nuova funzione potrebbe riposizionare Amazon e renderlo una nuova tappa per gli shopper online del lusso, cambiando il ruolo degli eCommerce proprietari.
Le conseguenze nel marketing potrebbero riguardare uno shift negli investimenti economici e di effort dei brand.
Ma Amazon non è il primo ad aver pensato a un “corner” di lusso: Tmall ha già da anni il “Tmall Luxury Pavillon”. Vediamo le differenze e quello che possiamo imparare.
La notizia è recente: Amazon ha aperto una sezione über esclusiva dedicata al lusso, Amazon Luxury Stores. Quando ne ho letto la prima volta nella mia mente si è affacciata una sensazione simile a quella dei protagonisti di Dark, un deja vu. Perché non mi suonava nuova? Un paio di scorse rapide nella memoria e ho capito: Tmall, il rivale oltre Muraglia, ha una sezione simile da anni.
Ma andiamo per ordine, prima di dare avvio a un confronto finale tra big del settore, capiamo insieme come funziona e quali sono aspetti must know della vicenda e conseguenze per i marketer.
Amazon Luxury Stores: una selezione così esclusiva che per ora è solo negli Stati Uniti
First things first: come accedere ad Amazon Luxury Stores? Questa è stata proprio la mia prima preoccupazione, accingendomi a fare ricerca per questo articolo. E quello che ho scoperto, googlando Amazon Luxury Store e cliccando sopra la pagina di Amazon è che venivo subito rilocalizzata sulla pagina US dell’azienda.
Ecco la mia prima amara scoperta. Per accedere alla nuova sezione devi essere negli Stati Uniti, store view sul resto del mondo per ora non sono all’orizzonte.
Oltre a ciò, la sezione non è aperta a tutti i residenti degli Stati Uniti, ma solo a chi ha ricevuto l’invito dal Tycoon americano.
Per ora, tutto ciò che sappiamo sulla selezione di brand presenti su Amazon Luxury Stores è che il grande protagonista è Oscar De La Renta. Che, tramite l’iniziativa di Amazon ha dato accesso anticipato a una nicchia di utenti alla nuova collezione FW 2020. Il lancio è stato comunicato attraverso un video su Instagram con protagonista Cara Delevingne sul canale del brand.
Le successive presenze – come si legge sulla landing – saranno una selezione di well-established and sought-after emerging luxury brands, quindi sia grandi pilastri che marchi emergenti.
Cosa significa tutto questo per il marketing
Possiamo provare ad immaginare le conseguenze in termini di marketing? Sì, basta guardare ad Oriente, dove l’eCommerce proprietario è già un vecchio ricordo. A titolo esemplare prendiamo la Cina, in cui più dell’85% delle vendite online fa capo ai tre leader tra i marketplace (Tmall, JD.com e Pinduoduo, dati Statista 2020).
Quote di mercato dei marketplace in Cina (Statista, 2020)
Nella user journey cinese, che potrebbe rappresentare per l’occidente un di punto di arrivo in termini di integrazione digitale, l’utente non è più interessato a portare a termine il suo acquisto su un sito di tipo proprietario. E’ abituato ad andare direttamente su Tmall a cercare il prodotto per nome e concedersi al migliore offerente.
Questa però non è certo una novità: succede già in occidente e da diverso tempo. Il tema del controllo dei prezzi è in auge da anni e riguarda tutti coloro che vedono il proprio prodotto venduto a prezzo iper scontato da terze parti. Tra cui i rivenditori su Amazon.
Difatti l’idea di aggregare tutto il mondo del lusso in una vetrina è un’ottima idea, bisogna riconoscerlo. Dà all’utente una visione di insieme, un pit stopunico e comodo e soprattutto una trustability che non può avere nel momento in cui si deve recare negli store dei singoli rivenditori terzi. (Sarà vera quella borsa? Mi viene dato un certificato?)
Cosa potrebbe cambiare con gli Amazon Luxury Stores
Ciò che cambierà veramente se gli Amazon Luxury Stores prenderanno piede saranno gli investimenti e le strategie nel marketing.
Se prima un brand era obiettivamente più interessato a rendere “appetibile” il proprio e-commerce proprietario, ora una parte dell’effort economico e strategico sarà orientato a ottenere un buon posto nella nuova vetrina Amazon e a capire come portarci traffico.
Se prima una strategia cross-channel era orientata a portare tutto il traffico di Instagram al sito proprietario per convertire, se prima per calcolare il ROI la fonte principale di informazioni era il sito proprietario, ora ci saranno anche i dati del Luxury Store di Amazon da calcolare.
Ma prima di Amazon Luxury Stores c’era il Tmall Luxury Pavillon
Per trarre delle vere e proprie conclusioni su Amazon Luxury Stores dovremmo aspettare che diventi accessibile a più utenti, che vengano rilasciati dei primi dati sulle vendite e di poterli testare con mano.
Tuttavia, possiamo fare qualche ipotesi sul tipo di tool di marketing che dovremmo imparare ad usare. Come? Sempre guardando ai più grandi con l’impresa di Jack Ma, Alibaba.
Prima di tutto, gerarchia: Alibaba è l’azienda a cui fanno capo Taobao, Tmall e Alibaba.com (per il comparto B2B). I tre marketplace – che la fanno da padrona in Cina – si differenziano per posizionamento e target. Il primo si può paragonare a un eBay (C2C), il secondo ad Amazon (marketplace B2C generalista), il terzo a niente di simile in occidente, è una piazza dedicata al B2B di varie industry.
User journey dell’utente cinese nell’ecosistema Alibaba (Taobao, Tmall Luxury Pavillon)
Nel primo schermo qui sopra l’homepage di Taobao: al suo interno si possono trovare sia prodotti venduti da rivenditori privati, sia i prodotti venduti sui flagship store ufficiali (e non) dei brand. Un po’ come su Amazon da un certo punto di vista. Le icone in alto indirizzano l’utente verso varie sezioni dell’ecosistema Alibaba: la prima icona (il gattino) indirizza a Tmall, la terza a Tmall Global (per le vendite cross border). Dall’homepage è possibile poi arrivare alla seconda schermata, che è il Luxury Pavillon di Tmall.
Il Tmall Luxury Pavillon e i flagship store di Tmall: le differenze con gli Amazon Luxury Stores
Il Luxury Pavillon di Tmall è quanto di più simile esista agli Amazon Luxury Store: una landing page che aggrega diversi brand di diversi comparti del lusso. Il pavillon è una sorta di vetrina e trampolino di lancio per i brand che vogliano testare il mercato: per accedervi non è necessario curare né aprire un proprio store, il tutto è curato più o meno completamente dalla piattaforma.
I Tmall Flagship Store
Dalla homepage di Taobao è possibile anche possibile ricercare un brand o prodotto all’interno della barra di ricerca. I risultati appaiono come nel terzo screen sulla destra: in alto ci sono i risultati sponsorizzati, che appartengono alla sezione a pagamento “Starshop”, una funzionalità di Tmall che rimanda ai flagship store ufficiali gli utenti.
Oltre a Starshop, l’ecosistema Alibaba mette a disposizione degli utenti numerosi altri tool per emergere all’interno della folla generalista: Weitao, una sorta di sezione di content marketing orientata al branding all’interno del proprio store e Good Goods, presidiato interamente dai prodotti consigliati dagli influencer.
Ecco, contestualmente allo sviluppo degli Amazon Luxury Stores, quello che possiamo immaginarci è il rilascio di nuove funzionalità di marketing e la nascita di nuove strategie, tutte atte a traghettare una nuova fetta di mercato in una nuova piazza digitale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/10/amazon-luxury-stores.jpg6531000Cecilia Lorussohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCecilia Lorusso2020-10-02 10:41:032020-10-06 11:07:49Amazon Luxury Stores: un nuovo posizionamento per il gigante dell'eCommerce?
L’1 ottobre si celebra la giornata internazionale del caffè;
La giornata internazionale del caffè è una giornata in cui si promuove e celebra il caffè come bevanda, con eventi che si svolgono in tutto il mondo. La prima data ufficiale fu lanciata a Milano.
Oggi il mondo celebra il caffè e i mille modi che conosciamo per prepararlo. Se in Italia il culto è per il classico espresso (e per le sue mille varianti), questa bevanda che arriva da lontano è però amata in tutto il mondo. Sì, anche lì dove un buon caffè al bar proprio non sei mai riuscito a berlo!
Per festeggiarlo anche noi come merita, abbiamo guardato alle migliori campagne e iniziative dei brand sul tema degli ultimi anni.
1. Lo #UnicornFrappuccino di Starbucks
Che lo riteniate caffè o meno, non è possibile parlare di iniziative vincenti sul caffè senza menzionare il Frappuccino Unicorno di Starbucks. Il mix di caffè, latte, panna e… colori è stato disponibile per l’acquisto per sole tre settimane nell’aprile 2017, ma il suo impatto è durato molto più a lungo.
La bevanda infatti è esplosa sui social media, il che non è stato un caso. Starbucks ha creato volontariamente il prodotto in edizione limitata con un’ottica social, assicurandosi così che i clienti più fedeli avrebbero pubblicato almeno una foto.
Ancora oggi, l’hashtag #unicornfrappucino è legato a più di 154.000 immagini solo su Instagram. La maggior parte delle immagini più recenti sono ricreazioni dell’originale di Starbucks, il che dimostra quanto i prodotti in edizione limitata possano avere un impatto duraturo.
Da allora, Starbucks ha continuato a sperimentare con voci di menu segrete, costruendo efficacemente il buzz sul sociale e indirizzando i clienti verso i suoi negozi.
Sono passati già alcuni anni da quando illy e National Geographic Channel hanno presentato il progetto Artisti del Gusto. Si trattava di una TV serie dal format innovativo in cui il brand di caffè diventava protagonista della narrazione del canale attraverso le storie vere di chi vive ogni giorno in Italia il mondo del caffè.
Una strategia di branded content adottata con un certo anticipo nel nostro Paese che si è rivelata vincente soprattutto nel breve periodo, con i migliori bar d’Italia che hanno tratto beneficio da questo tipo di comunicazione più lenta e meditata.
“Un vero e proprio docu-reality” che per la prima volta spostava i contenuti dai “fatti” alle “storie” vere.
3. Il suono di un espresso
Il brand di macchine espresso Sanremo, ha lanciato nel Regno Unito qualche tempo fa una campagna a suon di musica, per dimostrare come dietro una semplice tazzina di caffè possa esserci un vero e proprio concerto di suoni, rumori, battiti.
Il video è stato presentato in anteprima al London Coffee Festival e all’UK Barista Championship ed è una vera e propria ricarica di energia, tutto da guardare.
4. Il gusto del Natale da Starbucks
Starbucks ha creato qualche ano fa un vero e proprio sito, Let’s Merry, dedicato alle feste nella catena di caffè, per fornire ai clienti idee regalo, informazioni sulle sue ultime offerte, e-card a marchio. Collegata al sito c’era una intera campagna con uno spot davvero carino e vivace, che metteva in evidenza uno dei simboli del brand: le tazze, stavolta in edizione natalizia.
Un video centrato e pieno di spirito natalizio nella sua semplicità.
5. La campagna di Blenz Coffee per i single in cerca d’amore
Per San Valentino il brand di caffè canadese Blenz ha ridefinito nel 2011 l'”esperienza unica in un caffè”, trasformando la bevanda in una calamita per gli appuntamenti.
La Blenz Red Band Campaign è stata un’inventiva tattica di marketing strategicamente mirata ai single in cerca di un appuntamento.
Acquistando un caffè con la fascia rossa, i clienti potevano infatti segnalare agli altri avventori che erano single e pronti a socializzare. Una volta stabilita una potenziale connessione, potevano anche scambiarsi i numeri di telefono utilizzando gli spazi previsti sulla manica rossa della tazza della campagna.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/09/giornata-internazionale-caffè.jpg8051281Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2020-10-01 10:30:212020-09-30 22:24:14Giornata internazionale del caffè: le campagne più belle dai brand del settore
Enel X, la business line del Gruppo Enel, la più grande utility europea, ha scelto la piattaforma Tink come proprio fornitore di tecnologia di open banking. La tecnologia di personal finance management di Tink consentirà a Enel X Financial Services, società di Enel specializzata in soluzioni di pagamento, di sviluppare soluzioni finanziarie digitali rivolte ai propri clienti in Italia e in Europa.
La partnership
La scelta strategica porterà Enel X Financial Services in una posizione ottimale per soddisfare le crescenti aspettative dei clienti sui servizi digitali smart. Ciò consentirà all’azienda di sfruttare l’accesso alle soluzioni di Tink per il digital banking e la gestione delle finanze personali, disponibili attraverso la piattaforma di open banking di Tink. Le soluzioni finanziarie digitali di Tink implementate da Enel X Financial Services saranno lanciate nelle prossime settimane.
Giulio Carone
Giulio Carone, CEO di Enel X Financial Services, ha affermato: “Questo accordo è un importante passo del nostro impegno per diventare uno dei principali player nel settore del digital banking, abilitato dalle opportunità generate dall’open banking, integrandolo nell’ecosistema Enel che include servizi quali l’energia e l’e-mobility. Attraverso la partnership con TINK saremo in grado di supportare i nostri clienti nella gestione quotidiana delle proprie finanze offrendo una soluzione innovativa che sarà in grado di fornire consigli personalizzati attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati”.
Lanciata nel 2017, Enel X è la business line globale di Enel dedicata allo sviluppo di prodotti innovativi e soluzioni digitali nei settori in cui l’energia sta evidenziando il maggior potenziale di trasformazione: città, abitazioni, industria e mobilità elettrica. La sua controllata Enel X Financial Services è un istituto di moneta elettronica autorizzato dalla Banca d’Italia che fornisce soluzioni di pagamento a consumatori e imprese.
Daniel Kjellén
Daniel Kjellén, co-founder e CEO di Tink, ha aggiunto: “Siamo estremamente orgogliosi di collaborare con la società di servizi finanziari di una delle più grandi aziende di utenze del mondo e diventare loro partner tecnologico di open banking. Collaborando con Enel X Financial Services, insieme e nel tempo renderemo disponibile la tecnologia di open banking di Tink a milioni di clienti Enel in tutto il mondo. Siamo pronti a supportare Enel X nella sua missione di diventare uno tra i principali player nel settore fintech”.
Dal suo lancio in Svezia nel 2012, Tink ha operato per consentire a banche, fintech e startup di creare servizi finanziari intelligenti basati sui dati. Tramite un’API, Tink consente ai clienti di gestire i propri conti da un’unica app, effettuare pagamenti, trasformare i dati grezzi in informazioni tangibili e controllare meglio la propria vita finanziaria. Oggi, Tink ha oltre 270 dipendenti ed è la principale piattaforma di open banking in Europa, dando l’opportunità ai propri clienti di connettersi ad oltre 2.500 banche che raggiungono più di 250 milioni di clienti bancari.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2019/03/investment-banking.jpg439596Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-09-29 18:47:202020-10-05 21:10:44La partnership tra Tink ed Enel X per il digital banking
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