I concetti base del Visual Design

Forse non tutti sanno che la vista è il senso da noi maggiormente percepito, nel senso che pensiamo di usarlo più degli altri,quando invece non è vero. Questo accade perchè la nostra attenzione viene attirata da colori, forme e linee sulle quali spostiamo materialmente lo sguardo.

Il nostro campo visivo è alquanto ristretto, e solo una piccola area centrale viene messa bene a fuoco dai nostri occhi, che quindi devono muoversi in continuazione (anche se di pochissimo) per osservare l’ambiente. E, come ogni cosa umana, gli spostamenti del nostro sguardo possono essere influenzati giocando con forme, colori e luci. Inoltre, poichè la percezione si completa nel nostro cervello, viene influenzata dagli stati d’animo e può influenzarli a sua volta. Ecco perchè è possibile, tramite alcune tecniche, influenzare anche il comportamento (e non parlo solo del comportamento d’acquisto).

Ma come si fa?

Un po’ di semiotica

Non voglio annoiarvi a morte, ma per capire bene l’argomento è necessario introdurre qualche concetto di semiotica.

La semiotica è la scienza che studia ed analizza i segni, elementi fondamentali della comunicazione intesa come trasmissione di un messaggio. Qualsiasi messaggio quindi si può ricondurre ai segni che utilizza: nel nostro caso, parlando di comunicazione visiva i nostri segni saranno immagini, simboli e testi.

Ogni comunicazione ha degli elementi fondamentali, riassunti nel famosissimo modello di Jakobson: una fonte o emittente, un contesto (l’ambiente circostante), un canale di trasmissione (gli strumenti utilizzati), un messaggio (che a sua volta ha uno scopo incorporato), un codice (insieme di regole che consentono di rendere il messaggio comprensibile) ed infine un destinatario, più un eventuale feedback, se è prevista risposta.

L’obiettivo massimo a cui ambire sarebbe trasmettere un messaggio talmente chiaro ed efficace da farlo diventare un segno. In tal caso il nostro simbolo o la nostra immagine diventerebbe così forte da portare con sè un significato riconosciuto da tutti.

Vedere richiede impegno: percezione e teoria del campo

“Vedere non significa soltanto prendere nota delle proprie sensazioni visive, ma anche di quello che si è visto”. (cit. Dorfles, 1962)

“La percezione visiva è la presa di coscienza che noi facciamo del mondo esterno tramite l’osservazione e la conoscenza degli oggetti che formano l’ambiente che hanno stimolato i nostri sensi”. (cit. Arnheim, 1986)

Due citazioni d’autore per dirvi che tutti possono guardare, ma vedere richiede impegno e costanza. Proprio perchè, come ho detto poco fa, non si limita alla semplice vista ma si concretizza nel nostro cervello, ci sono quattro fasi della percezione, che più o meno consciamente attraversiamo ogni singola volta che guardiamo qualcosa, e quattro tipi di campo associati ad esse.

– Il primo livello di percezione è quello oggettivo, associato al campo geometrico-intuitivo. E’ la fase in cui identifichiamo i tipi di forme o immagini che stiamo osservando.
– Poi arriva la percezione psico-fisica, associata al campo ghestaltico. Dipende dalla posizione e dal punto di vista che abbiamo e dall’eventuale nostro stato di movimento (ad esempio, gli oggetti diventano più piccoli man mano che ci allontaniamo).
– Arrivati alla terza fase, cominciamo a mettere in relazione gli elementi tra loro ed osservare la scena nell’insieme. E’ la cosiddetta percezione associativa, corrispondente al campo topologico.
– Infine, con la percezione caratterizzante entriamo nel campo fenomenologico e possiamo notare i particolari distintivi degli elementi che stiamo osservando, quelli che li rendono unici rispetto ad elementi omologhi e ci permettono di distinguerli.

Come si legge un’immagine

Dunque, alla luce delle nozioni spiegate nel paragrafo precedente, dovrete fare più attenzione quando osservate qualcosa se volete capirla sul serio, o viceversa se volete trasmettere un certo messaggio dovrete pensare a come verrà approcciato e quindi visto dai destinatari. Un’immagine, ad esempio, ha tre livelli di lettura:

Livello iconico: distinzione di segni, forme e colori utilizzati.
Livello iconografico: significati attribuiti agli elementi, in base alle conoscenze acquisite ed alle esperienze passate.
Livello iconologico: particolari che possono far risalire all’autore o ad altre specifiche caratteristiche, che non si riscontrano in tutte le altre immagini.

Le regole dei codici visivi

Un altro criterio fondamentale della comunicazione visiva è rappresentato dal rapporto figura-sfondo. Quando si osserva una scena (sia essa una vetrina, un quadro, un cartellone o qualunque altra cosa) si tende a mettere in risalto uno o più oggetti e poi si passa al contesto, cioè lo sfondo. Non potendo il nostro occhio leggerli (cioè percepirli a tutti i livelli) contemporaneamente, essi devono essere in contrasto.

Tra tutte le regole compositive poi vale la pena di concludere citando la simmetria, che è una delle più importanti. Ne esistono due tipi: quella bilaterale ha un asse immaginario che divide lo spazio e gli elementi della composizione risultano essere sparsi in modo speculare rispetto ad esso, in quella radiale invece gli elementi si distribuiscono gradualmente dal centro verso l’esterno.

 

 

 

 

 

 

 

In generale, la simmetria trasmette monotonia, semplicità ed immediatezza ed è dunque più indicata se l’oggetto del messaggio è qualcosa di classico e formale. Se invece siete alle prese con qualcosa di più nuovo, alla moda o comunque informale vi converrebbe utilizzare una composizione asimmetrica, che comunica più dinamismo.

I 10 Social Network che potresti esserti perso

Nella Sezione Social Media di idee, proposte e iniziative strane ne girano in continuazione… Soprattutto per quanto riguarda nuovi social network! Progetti a volte aperti a tutti, in altri casi più di nicchia e riservati a chi condivide una passione, un interesse, una necessità.

E visto che il clan di Ninja Marketing si impegna a tenere i lettori ben ‘allenati’ sui loro argomenti preferiti anche in tempo di vacanza, eccovi la lista dei 10 social network che in questi mesi ci hanno appassionato, incuriosito, coinvolto maggiormente, rendendo ancora più bella la ricerca di innovazioni 2.0!

LinkMyHome: la casa si fa social

MyChurch, il social network che unisce i fedeli!

Recipefy, il social network che ti prende per la gola

Broadcastr: il social network vocale con storie geolocalizzate

eBauBook, il social network “bestiale”

Social network di quartiere: OhSoWe e NeighborGoods

RouletteMeeting: il social che trasforma gli incontri da virtuali a reali

Wheretoget.it: l’abito che cerchi lo trova la community

Biosbook: crea il libro della tua vita su un social network tutto italiano

La speranza è di continuare a trovare proposte sempre più interessanti, che grazie alla creatività possano dire la loro in un contesto sempre più dominato da colossi come Google, Facebook, Twitter e Foursquare.

 

20+ campagne stampa minimaliste

Come realizzare una grande campagna pubblicitaria in un mondo dominato dall’immagine? Sembra proprio che le agenzie pubblicitarie abbiano compreso che ridurre al minimo il messaggio testuale e lasciare spazio alle immagini e al lettering sia la maniera più efficace di creare pubblicità impattanti. Una sola foto/immagine, un logo, uno slogan orecchiabile e il gioco è fatto.

Guardate queste 26 campagne che esemplificano alla perfezione il minimalismo applicato alla pubblicità e dimostrano quanto sia molto più d’impatto scegliere la semplicità.

Il viaggio di un'app verso il market

Portare su un market un’applicazione è tutt’altro che semplice, ecco tutto il viaggio che aspetta le app neonate!

Ci sono molte cose da considerare nel produrre un’app e portarla su un app store, vedremo in questo articolo alcuni fattori interessanti. Per avere una visione completa dell’argomento vi rimandiamo alla fonte di queste informazioni: il Developer Economics 2011. (a fondo pagina trovate il link per scaricarlo)

I sei punti chiave

 

Ancora prima di arrivare a pensare al market, ci sono moltissimi passi da eseguire, che dipendono molto anche da quale app avete fra le mani. Uno dei punti interessanti è sicuramente quello finale, come possiamo vedere il lavoro sulla nostra app non finisce potenzialmente mai.

Non solo App Store, o forse si?

Ci sono diversi luoghi dove è possibil distribuire l’applicazione che abbiamo creato, il più usato a Giugno 2011 è comunqu l’ app store. Per app store qui non si intende solo quello di Apple ma ci si riferisce alla logica di Market, dove dunque troviamo AppStore, Android Market, Ovi Store e tutti gli altri. E’ comunque un dato interessante quel 20% di applicazioni distribuite dal proprio sito internet.

Non tutti gli app store sono uguali

Pur condividendo la logica, gli app store hanno delle differenze marcate al loro interno. Ne avevamo anche parlato qui su Ninjamarketing, mettendo a confronto alcuni market. Come vediamo nello schema, nonostante Apple abbia un cattivo sistema di invio, rimane in testa per alcuni fattori importanti come le opzioni di prezzo ma sopratutto le remunerazioni totali. AppStore è ancora davanti a tutti gli altri per quanto riguarda la creazione di valore per gli sviluppatori: Apple è riuscita più di tutti gli altri fin’ora a abituare i propri consumatori a spendere per le app. Dietro Apple vediamo l’Android Market, vincitore solo sul metodo di invio delle applicazioni, molto più semplice e meno restrittivo.

Quale metodo paga di più?

Ci sono diverse possibilità di monettizzare la propria applicazione una volta che è sbarcata sul market. Per ora la scelta che paga di più è anche quella più classica: pay per download. E’ però da notare che l’advertise mobile è solo 3 punti percentuale inferiore, un campo da tenere molto sott’occhio perchè sta avendo un incremento a doppia cifra negli ultimi tempi. Non è così improbabile che nel futuro, nemmeno troppo lontano, l’advertise supererà il pay per download.

Qui si conclude il nostro piccolo viaggio in questo vasto argomento, con 5 passi da ben considerare se siete svilupattori nascenti. Se l’argomento è di vostro interesse tenete d’occhio questa sezione e non mancate di scaricare il report completo, un documento molto interessante!

Visto che si parla di viaggi, i ninja ne aproffittano per augurare a tutti i lettori buone vacanze!

Letsbonus: l'importanza del marketing in una startup.

Qualcuno lo definisce l’anti-Groupon, in realtà LetsBonus è una startup che ha deciso di innovare in un mercato neonato, quantomeno neoesploso, proprio per differenziarsi dal re dei deal online. Ho ritenuto interessante dar visibilità al business model di questa startup per la sua utilità nell’analisi delle fluttuazioni di un mercato, seppur neonato, e come ci si possa creare uno spazio al suo interno facendo innovazione sul fronte marketing.

La storia

Letsbonus nasce nel 2009 in Spagna, ad opera di Miguel Vicente, che fonda il sito di shopping collettivo con l’obiettivo di sbarcare nel mercato dei deals online, successivamente, nel 2010, riceve un investimento dal gruppo Pascual, colosso imprenditoriale spagnolo, che entra a far parte della società e che a giugno 2010 inizia l’espansione a livello globale, dopo aver consolidato la leadership nel mercato spagnolo. A partire dall’investimento la società si è sviluppata a livello internazionale arrivando a coprire 6 paesi e con uffici a Barcellona, Madrid, Valencia, Roma, Milano, Lisbona, Buenos Aires, Messico e Santiago del Cile. Dalla sua apertura nel 2009, l’azienda ha mantenuto una crescita del 50% ogni mese. A fine 2010, Living Social acquista il 50,01% delle azioni di Letsbonus, diventandone di fatto la controllante.

Il mercato

I fenomeni Groupon e Letsbonus sono stati quasi contemporanei, le differenze si sono riscontrate durante il 2010, sopratutto sui numeri di mercato. A fine 2010 LetsBonus detiene il secondo share di mercato dopo Groupon, con un numero di utenti pari a circa 30 milioni contro i 51 di Groupon, operando in 300 città e 12 paesi contro le 565 città servite da Groupon ed i 35 paesi. Con numeri di questo tipo sarebbe stato impensabile già nel 2010 tentare di competere con Groupon in un mercato, quello dei deals online, dove le economie di scala e la capacità di creare la massa critica sono i vettori fondamentali. Il mercato dei deals online, secondo il business model di Groupon, è definito dalla capacità dell’intermediario di attrarre clienti, con deal economici e di interesse generale, che contemporaneamente gli garantiscono un potere contrattuale maggiore ed una sempre più alta capacità di alzare la commissione percentuale su singolo deals venduto. Ciò ha fatto in modo che Groupon diventasse un intermediario a tutti gli effetti.

Il marketing plan di Letsbonus

Letsbonus, come strategia di mercato, ha operato scelte differenti rispetto a Groupon, non solo nell’intercettare un determinato target di clienti, passando, come vedremo, da un prodotto più generalista ad un prodotto di nicchia, ma ha innovato completamente il suo business model, sia dal punto di vista B2C che dal punto di vista B2B evolvendolo in un ottica non basata sulla mera capacità di movimentare un numero elevato di utenti attorno ad un deal particolare, ma adattandosi ad esigenze di marketing che dal mercato dei deals online non erano soddisfatte.

Letsbonus si pone nei confronti di una attività commerciale non come un passaggio obbligato per vendere una determinata quantità, piuttosto come un consulente che aiuta l’attività commerciale o la meta turistica ad esprimere il proprio potenziale attraverso il deal, inteso come strumento di marketing che aiuta un esercizio commerciale a strutturare al meglio la propria presenza in un mercato, spesso di nicchia. I dati sul target di clienti LetsBonus infatti rivelano che l’età media è 25-45 anni (principalmente donne), che resiedono in grandi centri urbani e con un livello socio economico e di istruzione medio-alto, spesso si tratta di utenti evoluti ed attenti ai nuovi strumenti del web 2.0, con forte propensione all’acquisto di prodotti di qualità, in Italia ci sono circa 1,5 milioni di utenti e circa 2 milioni di contatti.

Dal punto di vista Consumer si è puntata l’attenzione sulla struttura dei deals, migliorandone la fruibilità attraverso, ad esempio, la riduzione della quantità di buoni emessi per uno stesso esercizio, e strutturando pacchetti e prodotti meno generalisti rispetto a quelli di Groupon ma che lo stesso direttore marketing, Alberto Vita, definisce prodotti “esperienziali”.

Caratteristica fondamentale di Letsbonus è una vocazione specifica nella vendita di deal turistici, veri e propri pacchetti viaggio venduti attraverso il sistema degli sconti online.
Dal punto di vista B2C la sezione viaggi è l’emblema più espressivo della politica e della strategia di Letsbonus. Infatti la startup ha conseguito la certificazione come tour operator online che mette l’azienda in condizioni di strutturare un pacchetto viaggio a trecentosessanta gradi. L’offerta di LetsBonus varia dalle proposte di tempo libero agli short break, weekend rigeneranti in Italia ed Europa, fino a pacchetti viaggio di medio e lungo raggio con sconti fino al 70%.

LetsBonus propone offerte originali, idee per scoprire le città d’arte, itinerari culturali o enogastronomici, legati al wellness o a eventi particolari, in questi itinerari si incastonano servizi di alta qualità, pensati per curare l’aspetto qualitativo ed esperienziale che percepiscono gli utenti come cene gourmet, spa o ski pass senza escludere alcune alleanze strategiche che permettono la distribuzione di tickets per eventi.

Sicuramente un ottimo esempio di come una startup possa innovare anche in un mercato neonato come quello dei deals on line.
Nel video che segue c’è una panoramica generale del team e della startup.

La lingua elettronica per scoprire che vino state bevendo

Avete qualche problemino con i vini e le relative degustazioni? Un piccolo aiutino tecnologico è stato sviluppato in Spagna.

Infatti i ricercatori dell’Università Autonoma di Barcellona hanno progettato una lingua elettronica in grado di riconoscere i diversi vini e classificarli in base alla loro quantità di zucchero.

I ricercatori stanno perfezionando il lavoro per cercare di far riconoscere alla lingua più vini possibili (e per utilizzarla nel modo meno invasivo).

Sicuramente non sostituirà la nostra lingua “reale”, ma probabilmente aiuterà i meno “attenti” ad evitare brutte figure a cena! 🙂

Uno strumento per tutti: grandi marche, multinazionali ma anche piccole aziende, commercianti e ancora no profit, associazioni e privati. Ma quali sono gli elementi per una strategia di successo con Facebook?

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Social Media Marketing su Facebook: 15 campagne che potresti esserti perso

Le case history delle campagne di successo su Facebook sono davvero tante e persino i più restii hanno, ormai, dovuto ammettere l’efficacia di questo mezzo.

Uno strumento per tutti: grandi marche, multinazionali ma anche piccole aziende, piccoli commercianti e ancora no profit, associazioni e privati.

Una rivoluzione epocale che da novità è diventata oramai certezza e punto di riferimento.

Una rivoluzione che ha modificato, non solo il modo di far comunicazione, ma anche le scelte strategiche di una marca, che è portata sempre più a relazionarsi con i propri clienti e renderli parte attiva. Una vera e propria rivoluzione sociale.

Ma quali sono gli elementi per una strategia di successo con Facebook?

Come vediamo nelle campagne fatte e analizzate in questi ultimi sei mesi gli ingredienti sono davvero semplici: coinvolgere, essere creativi, non avere limiti.

Ma i modi per farlo possono essere davvero tanti: applicazioni, giochi, offerte, premi, concorsi, geolocalizzazione, deals, incentivi a traguardo, contenuti riservati, contenuti virali, far scegliere, ascoltare, porre quesiti e rispondere a domande, informare e tanto altro ancora.

Riguardiamo alcune campagne:

1.Yellow e McCann Erickson regalano un coupon all’amico più triste su Facebook

2.Fai il check-in del tuo volo su Facebook con Delta Airlines

3. Una campagna Facebook di successo: Skittles, Mob the rainbow

4. Il gioco dell’oca di McCann Erickson per scovare nuovi talenti

5. Più ti piace, Meno costa! Terranova lancia l’ecommerce su Facebook

Guarda i risultati della campagna

6. DISLIKE! Diesel lancia il pulsante per dire cosa NON ti piace!

7. La campagna crossmediale di Mattel: Barbie e Ken si rimetteranno insieme?

 

8. Mai più senza! Quando il personal branding prosegue nell’aldilà

9. RaiTunes: la radio in diretta su Facebook – Intervista ad Alessio Bertallot

10. Facebook: H&M lancia la campagna social “I wear, I care” contro l’AIDS

11. Facebook Marketing: Il contest virale di Scuolazoo per aumentare il numero di fan

12. Il New Yorker lancia i contenuti solo per i fan di Facebook

13. The Big Time: Budweiser lancia un branded social-reality show su Renren e Facebook

14. Sasha Grey lascia il porno, l’annuncio su Facebook e Twitter

 15. Harry Potter e l’ultima magia sui social media

E se ne volete ancora vi ricordiamo Facebook Studio, la miniera d’oro delle migliori campagne su facebook dove potrete trovarne tante altre.

 

Mobile Shoppers: Ogilvy ci racconta chi sono e come conquistarli [SLIDES]

Dopo il ritiro meditativo – e ludico – a Cava de’ Tirreni per noi Ninja al primo Ninja Summer Camp, il nostro Mirko Pallera è tornato al lavoro ancora più ispirato e combattivo di prima! Da buon maestro, sta consigliando a noi della sezione Mobile queste interessanti connessioni/slides fatte da Ogilvy & Mather che analizzano le diverse tipologie di acquirenti da mobile e suggeriscono le strategie di customer relationship management più efficaci e innovative. In linea con la sua lecture di Mirko al Ninja Summer Camp, queste slide ci introducono ai concetti d’apertura e di trasparenza, la chiavi per costruire e conquistare la fiducia degli acquirenti e massimizzare il valore del cliente nel lungo tempo.

Ecco le slides, enjoy!

Android assediato nella guerra dei brevetti!

 

Cosa c’è dietro alla guerra dei brevetti? C’è una strategia dietro le cause? Google sopravviverà? Un articolo con pochi peli sulla lingua.

Negli ultimi tempi le corti di mezzo mondo sono state, e lo sono tutt’ora, infiammate dalle cause intentate da Apple, Microsoft e Oracle contro Google Android e tutti i suoi principali produttori di Device. Cerchiamo di fare ordine in questa vicenda, nell’attesa delle risoluzioni ufficiali.  Spero che questo articolo generi commenti, anche negativi, per sapere cosa ne pensate.

Oracle contro Google Android

Cominciamo con l’azienda che sta forse ha fatto discutere mezza rete. Oracle ha citato Google e nello specifico Android, per l’uso illegale  del codice Java nei suoi progetti. La questione è in realtà molto più complessa di quanto non piacerebbe a Oracle. Prima di entrare nell’orbita del colosso, Java apparteneva a Sun, la quale aveva immesso sul mercato il proprio prodotto con licenza Open Source per quasi tutto il codice.

Lo smacco all’immagine di Oracle, è stato proprio portato dal web. Moltissimi fan dell’open source, di cui Android è forse una delle figure più importanti, hanno infatti ripescato un post dalla rete molto particolare, dove il CEO di Sun pregava Google di utilizzare Java nel suo progetto. Non solo,Oracle ha anche immediatamente cancellato il post, ma troppo tardi. Il web non perdona su queste cose. (a fondo pagina il link)

Apple contro Samsung

Apple accusa Samsung di aver creato prodotti “simili a tal punto che potrebbero confondere il consumatore” di “aver rubato lo stile dei prodotti Apple” e di aver violato diversi brevetti Apple.

Parere personale: se un’azienda che si pone come leader di mercato ha bisogno di aprire cause legali contro tutti i suoi concorrenti non può solo che confermare il timore per gli stessi, o la presenza di una strategia più ampia. La possibilità di riconoscere  un certo disegno dietro tutte le azioni legali di Apple, non solo ne mina la credibilità ma diventa materia giudiziaria, nelle mani di chi si occupa di concorrenza corretta. A pochi mesi dall’uscita di iPhone 5 e con diversi rumors su un iPhone a basso costo, vengono attaccati tutti i principali produttori concorrenti e Google stesso: non c’è dubbio che la mela stia cercando di fare piazza pulita.

Apple ha smesso di competere sul mercato: ora compete  in aula di giudizio. (almeno finchè non vedremo iPhone 5)

C’è chi sostiene che la mela questa volta ha fatto un passo falso, Samsung infatti ha uno dei portafogli di brevetti più grande del mondo. Proprio a questo si è ridotta la vicenda: chi possiede più brevetti da far valere in aula?

La situazione attuale

In questi giorni si sono susseguiti diversi acquisiti miliardari di portafogli brevetti, in tutto il mondo. Rimarrà famoso il caso dell’ acquisizione Nortel  dove Google ha offerto 900k $ per poi essere spiazzato da un offerta miliardaria congiunta 5 volte superiore alle “offerte preliminari”.  A questo punto, Big G ha ammesso pubblicamente di essere alla ricerca del maggior numero di brevetti, non tanto per usarli, ma per difendersi dalle cause continue dei propri concorrenti.

Gira in rete già da tempo l’accusa contro Apple, Microsoft e Oracle di essersi semplicemente coalizzati contro Google Android. Il fatto più interessante però, è che queste aziende non chiedano altro che dei risarcimenti, di 15 – 30$ su ogni Android attivato, fatta eccezione per Apple che ha anche la pretesa di stoppare alcune vendite, proprio quando il robottino sta toccando il 50% del market share.

Quello che sta succedendo

E’ uscito da poco un post sul blog ufficiale di Google (lo troavate nei link a fondo pagina)  che mi trova pienamente d’accordo: Apple, Microsoft e Oracle stanno cercando semplicemente di imporre una tassa su Androd, colpendolo nel suo vantaggio competitivo maggiore: il prezzo. Siamo davanti a una strategia legale che serve a rendere più difficile la vendita degli Android, in modo palesemente scorretto. Si cerca anche di creare un precedente: se dovessero essere vinte queste cause, Apple otterrebbe un potere molto rilevante sul mercato degli smartphone e tablet, rendendo difficile per chiunque, compresa Microsoft, competere.

Our competitors want to impose a “tax” for these dubious patents that makes Android devices more expensive for consumers. They want to make it harder for manufacturers to sell Android devices. Instead of competing by building new features or devices, they are fighting through litigation.

Paradossalmente, Google deve essere difesa. Dopo l’acquisizione dei brevetti Nortel, la Suprema Corte di Giustizia americana, sollecitata dall’antitrust, si è già espressa in merito all’acquisizione dei brevetti con l’unico scopo di portarli in aula. A questo punto Google dovrebbe acquistare Motorola, azienda vicina e non in acque tranqulle, acquisendo così un altissimo numero di brevetti. La situazione è paradossale perchè l’Antitrust osserva e protegge contemporaneamente Big G, punto a favore del sistema Americano.

 

Presa di posizione

“Se Apple e Microsoft che sono sempre state pronte a saltarsi alla gola vengono trovate a letto insieme, bisogna cominciare a pensare”

Che Google possa avere qualche scheletro nell’armadio è certamente possibile come senza dubbio il VP di Big G non ha torto a dire che molti brevetti sono “Discutibili” (Bogus) considerando l’altissimo numero di tecnologie presenti in un device.

Il problema è che qui vediamo tre colossi che agiscono contemporaneamente, con un impatto diretto sui consumatori. Non solo Apple e i suoi alleati stanno cercando di gonfiare il prezzo del loro concorrente principale, rendendolo così difficilmente vendibile ma limitano la nostra libertà di scelta. Peggio ancora, questo modo di competere in aula, danneggia l’innovazione e l’avanzamento tecnologico: creando un precedente simile si verrebbe a legittimare questo modo di agire piuttosto che lo sforzo nel creare novità per i consumatori. Si sta in questo momento abusando del sistema dei brevetti, usati in modo del tutto scorretto.

Anche se Google dovesse improvvisamente essere out of market nel mondo mobile, non verrebbe danneggiata mortalmente. Gli unici a perdere qualcosa saremo noi, vedendo Apple continuare rafforzata nelle sue strategie impositive su tutti i campi (basta vedere quanto costa un iPhone 3G oggi, all’alba del modello 5) e il mondo mobile molto più difficilmente accessibile. Quello che è sicuro, è che Apple non ne uscirà illesa nell’immagine dopo queste vicende.

TNT, il canale televisivo americano, propone un crimine da far sisolvere a tutti gli aspiranti detective di Manhattan e fan della fiction "Rizzoli&Isles".

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Ambient Marketing in vetrina a New York con Rizzoli & Isles

TNT, il canale televisivo americano, propone un crimine da far sisolvere a tutti gli aspiranti detective di Manhattan e fan della fiction “Rizzoli&Isles“.

Per promuovere la seconda stagione del popolare show, la TNT ha installato un maxi display che permette di sbirciare in una scena del crimine e, utilizzando un touch screen, si può procedere alla risoluzione del caso.

Per i passanti più frettolosi basta poi scannerizzare un codice con lo smartphone e si potrà risolvere il caso attraverso le prove in un secondo momento.

TNT ha inoltre lanciato un’ altra promozione nelle vetrine dei Candy Bar di NYC  per risolvere un’altro processo poliziescoThe Closer.