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Spotify e la crescita dei Podcast

Con 12,1 milioni di ascoltatori, il podcast è il nuovo strumento preferito dai brand

  • Gli ascoltatori di podcast sono cresciuti del 16% e di quasi 2 milioni  rispetto al 2018.
  • In particolare, quando parliamo di branded podcast, l’81% degli ascoltatori  al termine dell’audio compie un’azione verso il brand.

 

Il mercato dei podcast rappresenta anche in Italia un settore in forte crescita: nel 2019 gli ascoltatori di podcast sono stati 12,1 milioni con un incremento del 16% e di quasi 2 milioni di persone rispetto al 2018 (10,3 milioni). Una spinta alla fruizione di questo nuovo mezzo di comunicazione è data anche dalla diffusione degli smart speaker che rendono l’ambiente domestico il luogo privilegiato in cui ascoltare podcast (71%).

Proprio per questo motivo gli investimenti e l’interesse da parte delle aziende su questo medium è in forte crescita in Italia e il 2019 ha visto la nascita di startup innovative come VOIS (Ex Fortune Podcast) dedicate alla creazione di contenuti podcast esclusivamente per brand.

A raccontare questo nuovo universo è proprio Francesco Tassi, CEO di VOIS.

branded podcast francesco tassi vois

L’ascolto che attiva

Un po’ come la radio, è diventata consuetudine ascoltare i podcast mentre si svolgono altre attività, dallo sport alla guida fino alle faccende domestiche: una predisposizione al multitasking che ben si sposa con una delle caratteristiche peculiari della società contemporanea.

Ma se l’essere multitasking potrebbe presupporre un ascolto distratto o, ancora peggio, passivo, i dati, in realtà provano il contrario. È dimostrato infatti che l’81% degli ascoltatori di podcast al termine dell’audio compie un’azione verso il brand, che può essere cercare un prodotto online, connettersi con il brand sui social media oppure parlare del podcast e, quindi, del brand ad altre persone.

In un report dal titolo “Audio: Activated”, realizzato da BBC Global News e basato su alcune interviste realizzate a 2448 persone in 10 differenti mercati mondiali, emerge il fatto che, dal momento che la maggior parte degli ascoltatori consumano i podcast mentre sono impegnati in altre attività, invece di essere distratti da questa modalità di ascolto tendono ad avere dei punteggi più alti sia per quanto riguarda l’engagement (+18%), l’intensità emotiva (+40%) e la memoria a lungo termine del podcast (+22%).

Molto spesso poi gli ascoltatori, poi condividono ciò che hanno appena ascoltato sui propri social media, tra cui Facebook, Instagram e LinkedIn.

Compiere un’azione, quell’obiettivo tanto cercato nelle strategie di marketing dei brand, sembra finalmente trovare nel podcast il giusto supporto e nei suoi ascoltatori i destinatari privilegiati delle attività di comunicazione e di marketing.

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branded podcast

Ascolto, quindi ricordo con il branded podcast

Gli ascoltatori di branded podcast tendono inoltre a creare delle associazioni subconscie con il brand, in base alle parole che ascoltano nel podcast. In un test effettuato, per esempio, la parola “innovativo” ricorreva ben 12 volte durante l’episodio di un podcast. Questa ricorrenza induceva, conseguentemente, l’ascoltatore ad associare la parola “innovativo” al brand del podcast, trasferendo il messaggio del contenuto audio ai valori del brand stesso.

Quello dei podcast è quindi un pubblico giovane (in media 35 anni), responsabile e consapevole nelle proprie scelte d’acquisto, ma anche “onnivoro” e propenso a consumare differenti tipologie di contenuti digitali, permettendo quindi ai brand di attuare delle strategie su larga scala e su più canali media.

branded podcast

Il 64% degli utenti afferma inoltre di aver ascoltato messaggi pubblicitari durante il podcast e di ricordarseli anche a distanza di tempo. Per quale motivo?

È soprattutto il clima di intimità e autenticità del branded podcast, che non viene percepito come pubblicità invasiva o, ancor peggio, interruttiva da parte degli ascoltatori, quello che più piace e più cattura l’attenzione degli ascoltatori e sui cui le aziende devono lavorare per affermarsi nell’immaginario collettivo delle persone.

Oggi, infatti, le persone hanno la necessità di conoscere i valori del brand attraverso messaggi che abbiano uno stile più narrativo e meno orientato alla vendita diretta.

Per farlo, l’arma più efficace che i brand hanno a disposizione è lo storytelling, attraverso il quale è possibile creare una connessione profonda con l’ascoltatore ed evocare situazioni che fanno parte anche della sua vita: questo è uno strumento potentissimo in grado di innescare un meccanismo emotivo che avvicina tantissimo il brand al suo pubblico.

Farlo poi attraverso l’audio significa innescare quel processo creativo che stimola ancora di più il suo immaginario, rendendolo parte attiva della storia e rafforzando ancora di più il legame.

Il podcast rappresenta dunque un grande nuovo mercato per le aziende e le piattaforme di distribuzione, come Spotify e Apple iTunes, ormai fungono da vetrine verso utenti stimati in milioni di persone nel mondo. Siamo solo agli inizi di questa nuova era, ma gli sviluppi sono molto promettenti.

Creator Studio

Primi passi con Facebook Creator Studio: cosa puoi fare e come usarlo

  • Gestire i nostri contenuti sia per Facebook che per Instagram da un unico strumenti ci semplifica il lavoro e finalmente è possibile.
  • Ci aspettiamo questo strumento si evolva ancora, per diventare sempre più completo. Scopriamo come usarlo al meglio.

 

Arrivato un po’ in sordina, Facebook ha rilasciato Creator Studio nell’estate 2018. Si tratta di uno strumento di cui ormai ogni Social Media Manager non può fare a meno perché permette di gestire i contenuti delle pagine Facebook e ora anche di Instagram, in un’unica interfaccia.

Se infatti prima bisognava per forza ricorrere a strumenti esterni per la programmazione e la gestione degli account, ora Facebook semplifica sempre di più le attività con questo tool unico.

Non può ancora competere con altri software di social media management più approfonditi, ma è sicuramente prezioso per chi non ha un abbonamento con altri strumenti e ha bisogno di gestire i proprio account semplificandosi la vita con un’unica piattaforma fornita gratuitamente e che ha l’altro indiscusso vantaggio di restituirci metriche e dati di prima mano.

Ti sarai accorto che quando entri negli strumenti di programmazione della pagina Facebook ti viene suggerito di provare Creator Studio. E allora via, proviamo!

creator_studio

Chiunque gestisca la pagina può accedervi anche da questo link da desktop.

Una volta entrati, sulla base del ruolo della pagina, è possibile vedere determinate informazioni ed eseguire azioni.

Per capirci meglio la tabella di seguito riporta un riassunto:

LEGGI ANCHE: Come aumentare la reach organica sui canali social

Gestire Facebook ed Instagram in uno strumento unico

In alto sulla barra blu troviamo la possibilità di scegliere tra Facebook e Instagram.

Per poter visualizzare il nostro account Instagram business dovremo allacciarlo. Innanzitutto, dovremo aver collegato l’account Instagram alla Pagina Facebook.

Questa è la vera funzionalità che tutti i Social Media Manager attendevano: poter programmare e gestire anche Instagram!

Possiamo infatti pubblicare i nostri contenuti sia sul feed di Instagram che in IGTV.

Subito sotto abbiamo un menù a tendina che ci permette di selezionare quale pagina Facebook o account Instagram vogliamo visualizzare. Fin qui tutto molto intuitivo.

creator_studio_IG

Le funzioni di Creator Studio

Ora andiamo per ordine e vediamo cosa possiamo fare con Creator Studio.

Pubblicazione

La prima schermata che ci si presenta è la home con la possibilità di creare post in alto a sinistra: caricare, scrivere e pubblicare contenuti.

Possiamo pubblicare un post, una storia, un video, anche trasmettere una diretta. Sempre nella home abbiamo una prima panoramica di dati statistici.

creator studio

Ricerca e monitoraggio

Possiamo poi gestire i contenuti attraverso la funzione ‘Libreria Contenuti’: vedremo la lista completa dei post pubblicati, programmati, delle bozze, dei post scaduti e in scadenza. Grazie ai filtri e alla funzione cerca, possiamo anche ricercarli e selezionarli.

Sempre nella libreria contenuti abbiamo accesso ad alcuni dati statistici sulle Stories, possiamo gestire le playlist dei video e sono in arrivo altre funzioni.

Subito sotto troviamo la sezione dedicata ai dati statistici ,dove al momento è possibile vedere le prestazioni dei video e delle stories.

Moderare e rispondere a commenti e messaggi

Arriviamo alla posta: in questa sezione abbiamo l’opportunità di moderare commenti e messaggi, anche i Direct di Instagram. Si possono anche modificare le risposte automatiche, molto utili per evitare che ad un messaggio non risposto, corrisponda una perdita di reattività della tua Pagina.

Monetizzazione

E ancora ci sono tante altre tab nel Creator Studio. In ‘Monetizzazione’ puoi vedere se la tua pagina è idonea a monetizzare e quindi ricavare guadagno su Facebook.

Nel caso ti interessi, puoi configurare questa funzione. Inoltre, trovi una dashboard per le dirette e hai tutta la raccolta degli audio da utilizzare nei tuoi post e puoi gestire le risorse collegate alla pagina.

Siamo giunti al termine di questa panoramica. Ora hai tutti gli strumenti che servono per gestire i tuoi contenuti su Instagram e Facebook, senza dover ricorrere ad altri software esterni, comodo no?

Confidiamo sul fatto che Creator Studio potrebbe evolversi e sicuramente regalarci nuove funzionalità per diventare ancora più completo.

apple wwdc 2020 privacy

La guerra di Apple sulla privacy dal WWDC 2020

  • Alla WWDC 2020 Apple ha fatto vari annunci interessanti, tra cui spiccano quelli in tema di privacy.
  • I principali combattimenti di questa “guerra” si svolgeranno su estensioni, cookies e app.
  • Insieme ad altri recenti avvenimenti, le scelte di Apple in fatto di privacy sembrano preludere a un possibile cambio di rotta obbligato nel settore.

 

Si sa, Apple ogni anno delizia i suoi appassionati con qualche novità durante il WWDC. Dalle più grandi innovazioni della Mela Morsicata ai più piccoli aggiornamenti dei suoi iconici prodotti e servizi, questo è l’evento durante il quale tutto viene svelato. E anche quest’anno non è stato da meno.

L’evento aveva già iniziato a far parlare di sé per due principali motivi: perché sarebbe stato per la prima volta interamente online e della durata di una settimana; e per il vociferato divorzio da Intel in favore di processori ARM personalizzati.

Ma tra piccoli miglioramenti e lievi novità, c’è un’altra piccola bomba che l’azienda di Cupertino ha sganciato e che è passata un po’ più in sordina.

LEGGI ANCHE: Ecco cosa ha annunciato ieri Apple durante la WWDC

wwdc privacy apple

Apple e la Privacy: una lunga storia d’amore

Sì perché Apple sta iniziando a tirare fuori gli artigli per quanto riguarda un argomento dove praticamente non ha rivali, ovvero la Privacy.

Al contrario della maggior parte delle altre Big del tech, ha fatto del suo cavallo di battaglia la scelta di non fare business con i dati degli utenti.

Aziende come Google ci hanno abituato ad avere tutto “gratis”, ma questa assenza di scambio di denaro si trasforma semplicemente in una diversa modalità per monetizzare, ovvero attraverso i nostri dati, che vengono ceduti sotto forma di informazioni aggregate agli inserzionisti per fare un marketing maggiormente personalizzato.

La scelta di Apple è sempre stata invece quella di vendere solo hardware e software, spesso e volentieri anche a caro prezzo, ma garantendo che, a detta loro, la nostra privacy è tutelata.

Già da tempo Apple ci aveva abituati a questa direzione, ad esempio per il TouchID e il FaceID adotta un chip dedicato per l’autenticazione dell’utente che Apple garantisce essere totalmente protetto.

Addirittura ci dice che a tali informazioni non può accedere neanche il sistema operativo, né tantomeno app esterne; inoltre tali dati non vengono mai caricati sul Cloud.

Apple ha persino reso sicuro l’utilizzo di applicazioni in Cloud come Siri: infatti ogni volta che facciamo una richiesta all’assistente virtuale, la richiesta arriva al server con una chiave identificativa generata casualmente, per fare in modo che le nostre richieste non vengano in nessun modo associate con il nostro dispositivo o con la persona che le ha fatte.

Android viceversa, essendo un sistema operativo molto più aperto e modificabile, può in linea teorica presentare maggiori problemi di sicurezza; dal momento che spesso gli forniamo tutte le nostre informazioni più importanti, come le nostre impronte digitali, ecco che si comprende facilmente perché qualcuno come Apple scateni una vera e propria guerra sul tema della privacy.

WWDC apple 2020

Ma cosa ha annunciato Apple alla WWDC 2020 di così interessante per continuare la sua battaglia?

Ebbene, con l’arrivo del nuovo macOS arriverà anche un aggiornamento di Safari con tante novità legate alla privacy, tra le più importanti quelle sulle estensioni e i cookies.

Gli annunci sulla privacy del nuovo MacOS alla Worldwide Developer Conference 2020

Tante le piccole, grandi novità per tutelare i dati degli utenti Apple, che in maniera nemmeno troppo velata “attacca” direttamente i suoi competitor meno sensibili a questo argomento.

La possibilità di condividere dati relativi alla posizione approssimati invece che precisi; notifiche nella barra di stato se un’applicazione dovesse far uso della fotocamera o del microfono; l’elaborazione dei dati quanto più possibile nel dispositivo, invece che nel Cloud o inviandole a terzi.

Ma tra le novità più sostanziali, e che avranno un maggiore impatto sugli stakeholders allargati di Apple, ci sono soprattutto quelle legate a Safari e all’Apple Store.

Le estensioni nel nuovo Safari

Nei browser attuali, per esempio Chrome, possiamo accedere ad una vastità di estensioni per “ampliare” e personalizzare la nostra esperienza di navigazione, per la maggior parte gratuite.

Ma quale può essere il problema legato a queste “aggiunte“? Che una volta che un’estensione viene installata, può accedere a tutte le pagine su cui navighiamo in maniera indiscriminata, e questo potrebbe essere un rischio soprattutto se scegliamo estensioni non sicure e poi inseriamo dati sensibili da qualche parte.

Apple ha deciso di tagliare la testa al toro dando all’utente la possibilità di decidere a quali pagine una data estensione può accedere e per quanto tempo.

Ora quindi le estensioni sui dispositivi Apple saranno molto più limitate e starà a noi utenti decidere come e quando utilizzarle.

I Cookie di Safari

Altro grande “nemico” di Apple, la Mela aveva già dichiarato guerra ai cookies: quest’anno aveva introdotto il “Safari Intelligent Tracking Prevention”, ovvero un meccanismo che rende molto più difficile ai cookies tenere traccia di cosa visita l’utente.

In questo modo, quando cerchi una lavatrice da comprare, Apple voleva evitare che ti trovassi circondato di pubblicità di lavatrici per i successivi 10 giorni.

Con l’ultimo aggiornamento Apple ha deciso di mettere ancora di più sotto i riflettori i cookie.

Infatti, ha introdotto un nuovo pulsante che ti permette di vedere quali di essi sono stati bloccati in una data pagina.

E visto che Apple sembra bloccare in maniera indiscriminata la maggior parte dei cookies, compresi quelli di Google Analytics, questo potrebbe rivelarsi un problema crescente per tutte quelle aziende che li utilizzano per la pubblicità tracciando il comportamento dell’utente;

ma anche e soprattutto per Google stesso, che vede ridotta la propria “affidabilità” agli occhi degli inserzionisti.

Apple store e privacy

Apple non ci va leggera neanche con le app, e gli sviluppatori staranno sudando freddo in questi giorni che seguono gli annunci da Cupertino. Infatti adesso tutte le App pubblicate sullo Store dovranno avere una Privacy Policy molto chiara e rispettare regole ferree.

Queste informazioni tra l’altro dovranno essere messe ben in evidenza per gli utenti: per farlo, al momento del download verrà mostrata una sorta di “tabella nutrizionale” che contiene un accurato elenco di ciò a cui l’app avrà accesso una volta installata.

app apple privacy wwdc 2020

Ma non solo, Apple imporrà anche agli sviluppatori ad integrare nelle app il “Sign In With Apple, modalità di registrazione che, a differenza degli altri servizi di Login come Google o Facebook, non permette di catturare gli indirizzi e-mail degli utenti o altri dati.

Insomma, chi sviluppa app si dovrà adeguare alle nuove regole di Apple per la privacy degli utenti.

Marco Mignano di Rough Code Studio commenta: La pubblicazione di app sullo store di Apple è sempre più rigida, gli standard sono alti, non solo l’app deve avere certi standard di qualità e performance, ma ora l’attenzione sulla privacy si fa sempre più pressante; per questo noi sviluppatori dovremo fare molta attenzione alle scelte fatte in fase di progettazione, pena la non pubblicazione sullo store di Apple.

LEGGI ANCHE: Privacy: le future possibilità di Facebook che potrebbero spaventarti

Chi vincerà la guerra per la privacy? E a scapito di chi?

Probabilmente questa è una guerra che Apple ha già vinto in partenza, in quanto l’unica ad aver impostato il suo modello di business non sui dati degli utenti ma sulla sola vendita di hardware e software.

Scelta opposta a quella fatta da concorrenti come Google, che danno tutto gratis, dai motori di ricerca alle mappe, dai documenti online fino addirittura al sistema operativo mobile. A patto però di poter utilizzare i dati che per la pubblicità che poi ci propongono.

Una differenza di forma più che di sostanza? Forse.
Anche se oggi sempre più persone si mostrano sensibili al problema della privacy, come ha dimostrato il caso dell’app Immuni: molte persone hanno addirittura finito per annunciare su Facebook (paradossalmente) la scelta di non utilizzarla a causa di dubbi legati all’uso dei dati.

Ma quello della privacy, oltre ai motivi visti sopra legati alla sicurezza, è un tema caldo perché effettivamente garantisce la supremazia e il “monopolio” dei giganti del web, che in pratica mettono una barriera di prezzo all’ingresso enorme per qualunque altro competitor che voglia provare a fare loro concorrenza.

Ma forse c’è qualcosa di più: con sconcertante tempismo, infatti, il 18 giugno il Parlamento Europeo ha votato a grande maggioranza un provvedimento che vieta la pubblicità personalizzata su internet, ovvero la principale merce di scambio per i dati degli utenti online.

Insieme alle scelte di Apple per il futuro, e alla famosa e dibattuta frase pronunciata da Mark Zuckerberg ormai più di un anno fa, “the future is private, sembra che i paradigmi della tecnologia e del marketing siano pronti a ricevere una bella scossa…sarà forse l’anno del cambiamento, anche su questo fronte?

google pubblicità mobile

Cosa accadrà quando Google inizierà a bloccare gli annunci che consumano la batteria

  • Dopo un secondo semestre in calo per gli annunci di ricerca, Chrome si prepara a introdurre nuovi standard sia per il formato desktop sia per quello mobile.
  • L’obiettivo è limitare quelli che richiedono molta energia della batteria o dati di rete da parte degli utenti e migliorare la loro esperienza di navigazione.

 

Come tutte le crisi, anche per Google l’emergenza degli ultimi tre mesi è stato argomento di riflessione.

Dopo un inizio anno di ottimi risultati sul fronte pubblicitario, nel mese di marzo l’azienda ha perso circa il 7% degli inserzionisti del settore viaggi, ristorazione e intrattenimento. In particolare, sul web.

Come chiarisce eMarketer in un articolo dello scorso aprile:

“La ricerca è un canale pubblicitario lower-funnel, tipicamente orientato a guidare le conversioni – anche all’interno dei negozi – e molte di queste conversioni non possono avvenire in questo momento a causa di quarantene, carenze di inventario e problemi correlati. I budget non sono impegnati in anticipo e possono essere messi in pausa o ritirati in qualsiasi momento”.

Ecco spiegato il perché di questo calo.

Un panorama che ha spinto Google a preparare il terreno per un probabile passo in avanti.

Google blocca la pubblicità su Chrome

L’impatto negativo della pandemia sugli investimenti pubblicitari e l’uso crescente di internet ha messo Google – con il suo motore di ricerca e con il suo browser Chrome – in una posizione forte per supportare i suoi affari e le rinnovate necessità degli utenti.

Dalla ricerca allo shopping, passando per l’apprendimento e il lavoro a distanza: milioni di persone durante il lockdown hanno dimostrato un’elevata dipendenza dai suoi servizi.

Un terreno fertile per Google che ha promesso di bloccare quella pubblicità su Chrome che risulta mal programmata e non è ottimizzata per l’uso della rete.

pubblicita google chrome

LEGGI ANCHE: Google Shopping vs Amazon: il sorpasso?

“Abbiamo recentemente scoperto che una certa percentuale di annunci consuma una quota eccessiva di risorse del dispositivo, come la batteria e i dati di rete, senza che l’utente lo sappia”, ha spiegato l’azienda in un blog post dello scorso maggio.

Questi annunci (come quelli che servono a minare criptovalute, sono mal programmati, o non sono ottimizzati per l’uso della rete) possono prosciugare la durata della batteria, saturare le reti già sovraccariche, e costano soldi ha concluso, preannunciando nuove limitazioni per la pubblicità su Google Chrome.

Il browser, sviluppato per essere veloce e reattivo senza esperienze dannose o fastidiose, limiterà le risorse che un annuncio display può utilizzare prima che l’utente interagisca con esso.

pubblicità su Google Chrome

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Banner, video e altri contenuti promozionali che supereranno i 4 MB di dati rete o 15 secondi, su 30-60 di utilizzo totale della CPU, passeranno a una pagina di errore che segnalerà all’utente l’utilizzo eccessivo delle risorse.

Bloccare la pubblicità su Chrome è un modo per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti.

Ma cosa cambierà?

Il lancio in programma per bloccare la pubblicità su Chrome

Al fine di salvaguardare le batterie e i piani dati degli utenti, la decisione di Google in programma per bloccare la pubblicità su Chrome è oramai certezza.

Al momento, gli annunci che superano la soglia dei 4MB sono solo lo 0,3%, ossia il 27% di quelli che utilizzano i dati di rete e il 28% che impiegano tutta la CPU degli annunci.

L’obiettivo di bloccare la pubblicità su Google Chrome è in programma per la fine di agosto, il tempo giusto per permettere agli addetti ai lavori e ai fornitori di strumenti per preparare e incorporare queste soglie nei loro flussi di lavoro.

Nel complesso? Una scelta pensata per aumentare il valore della navigazione senza incidere negativamente sulle entrate pubblicitarie, ma che potrebbe dare ulteriori indicazioni anche in ottica SEO sul ruolo sempre più fondamentale del mobile e della user experience per il colosso del web.

Fondo Nazionale Innovazione, presentato il Piano Industriale 2020-2022

  • Assegnate risorse per 1 miliardo di euro, con quattro fondi già attivi e ulteriori due in avvio per favorire l’innovazione.
  • Deliberati investimenti per oltre 100 milioni di euro nei quattro mesi dall’avvio della SGR che avranno un impatto su circa 160 startup.

 

Il Consiglio Amministrazione di CDP Venture Capital, presieduto da Francesca
Bria, ha approvato il Piano Industriale 2020-2022 “Dall’Italia per innovare l’Italia” presentato dall’amministratore delegato e direttore generale Enrico Resmini.

Nel prossimo triennio, l’obiettivo è di rendere il Venture Capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese investendo rapidamente e in modo efficace i capitali assegnati e creando i presupposti per una crescita complessiva e sostenibile dell’intero ecosistema.

francesca brina fondo nazionale innovazione

I fondi per l’innovazione

La dotazione dei fondi della SGR è di circa 1 miliardo di euro (di cui circa 800 milioni di euro già sottoscritti), grazie alle risorse allocate pariteticamente dal Governo – in particolare dal Ministero dello Sviluppo Economico – e dal Gruppo CDP (attraverso la sua controllata CDP Equity).

Ad oggi la sottoscrizione è prossima a raggiungere circa 800 milioni di euro, di cui 260 milioni di euro attraverso il Fondo di co-investimento Mise (dotazione target pari a 310 milioni di euro), che co-investirà sistematicamente con i fondi gestiti da CDP Venture Capital.

Quattro i fondi già attivi, con un equilibrato mix di investimenti diretti e indiretti:

  1. Fondo Italia Venture I: operativo dal 2015, investe in start up e PMI innovative in Italia. Opera principalmente nei settori digitale, biotech, medicale e high tech. Ha una dotazione pari a 80 milioni di euro e attualmente gestisce un portafoglio di 20 aziende in fase growth.
  2. Fondo Italia Venture II – Fondo Imprese Sud: il fondo ha l’obiettivo di accelerare la competitività e lo sviluppo di start up e PMI innovative nel Mezzogiorno. Investe in tutte le fasi del ciclo di vita di un’impresa, dal seed al growth/expansion. Dispone di una dotazione di 150 milioni di euro.
  3. Fondo di Fondi VenturItaly: investe in fondi di Venture Capital, inclusi first time team/first time fund, allo scopo di generare nuovi operatori sul mercato e nuovi team all’interno di gestori già attivi sul mercato, nonché supportare i fondi successivi di gestori esistenti. Ha una dotazione di 300 milioni di euro (sottoscritti da CDP Equity e dal fondo di co-investimento MISE).
  4. Fondo Acceleratori: il fondo, diventato operativo a fine maggio 2020, ha lo scopo di aiutare la creazione e/o lo sviluppo di programmi di accelerazione verticali su settori strategici, investendo nelle start up che partecipano ai programmi supportati dal Fondo. Il fondo interverrà, in modo diretto e indiretto, per dare sostegno finanziario e/o manageriale a favore di acceleratori di impresa e di startup innovative ad alto contenuto tecnologico, operanti in settori ad elevato potenziale di crescita. Il Fondo ha una dotazione iniziale di 125 milioni di euro (sottoscritti da CDP Equity e attraverso le risorse del fondo di co-investimento MISE).

LEGGI ANCHE: Fondo Nazionale Innovazione, si parte. CDP ha designato il vertice

Nei prossimi mesi CDP Venture Capital lancerà, inoltre, due nuovi fondi:

  • il Fondo Corporate Venture Capital, che coinvolgerà direttamente come Limited Partners alcune tra le principali aziende partecipate dal Gruppo CDP e che investirà direttamente in start up focalizzate su alcuni degli ambiti strategici del Paese. Il Fondo avrà una dotazione iniziale di 150 milioni di euro.
  • Il Fondo Tech Transfer, con l’obiettivo di supportare la filiera del trasferimento tecnologico mediante il co-investimento selettivo nelle start up più promettenti e l’investimento in fondi verticali specializzati. Il Fondo avrà una dotazione iniziale di 150 milioni di euro.
  • Nei primi mesi del 2021, è previsto, infine, il lancio del Fondo Late Stage, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro, con lo scopo di sostenere direttamente le start up già in fase “matura” che necessitino di capitali per ulteriore consolidamento ed espansione sui mercati internazionali, contribuendo così allo sviluppo di aziende ad alto contenuto tecnologico, con potenziale prospettico anche per la grande industria.

Complessivamente la SGR ha oggi in valutazione una pipeline di oltre 200 opportunità e conta di deliberare, complessivamente, investimenti per oltre 250 milioni di euro entro la fine del 2020.

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fondo nazionale innovazione

Cosa è stato già fatto per l’innovazione in Italia

Da febbraio 2020 sono state approvate e sono in corso nuove importanti iniziative che portano ad oltre 100 milioni di euro il totale degli investimenti deliberati – che avranno un impatto sulla vita di circa 160 startup – e che includono alcune azioni di sostegno nate dalla situazione di emergenza Covid-19 e dalla conseguente forte difficoltà nell’ecosistema start up:

  • AccelerORA: intende finanziare, entro settembre 2020, prevalentemente start up in fase seed/pre-seed con interventi fino ad un massimo di 300mila euro, tramite il Fondo Acceleratori per un ammontare complessivo fino a circa 9 milioni di euro.
  • Seed al Sud: mira a finanziare, sempre entro settembre 2020, start up basate al Sud Italia in fase seed/pre-seed con interventi fino ad un massimo di 300mila euro tramite il Fondo Italia Venture II, per un ammontare complessivo fino a 6 milioni di euro.
  • ItaliaXStartup: Web Series settimanali per favorire la condivisione di esperienze di start up che stanno affrontando la fase CoVid-19 e per creare opportunità di business/investimento su specifiche filiere.

Da oggi sono inoltre disponibili il sito web e la pagina LinkedIn di CDP Venture Capital che riporteranno le principali attività e iniziative della SGR.

whatsapp pay

Il Brasile sospende WhatsApp Pay (e i sogni di gloria di Facebook)

Il Brasile, il secondo mercato per importanza per WhatsApp, ha sospeso il servizio di pagamento mobile dell’applicazione di messaggistica istantanea nel paese una settimana dopo il suo lancio.

In una dichiarazione, la banca centrale brasiliana ha dichiarato di aver preso la decisione di “preservare un ambiente competitivo adeguato” nello spazio dei pagamenti mobili e di garantire “il funzionamento di un sistema di pagamento che sia intercambiabile, veloce, sicuro, trasparente, aperto ed economico”.

Le banche del Paese hanno chiesto a Mastercard e Visa, che sono tra i partner di pagamento di WhatsApp in Brasile, di sospendere il trasferimento di denaro sull’applicazione. Il mancato rispetto dell’ordine comporterebbe per le società di pagamento l’applicazione di multe e sanzioni amministrative.

Nella sua dichiarazione, la banca centrale brasiliana ha suggerito di non aver avuto la possibilità di analizzare il servizio di pagamento di WhatsApp prima del suo lancio.

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whatsapp pay

La battuta di arresto per WhatsApp Pay

L’annuncio di martedì è l’ultima battuta d’arresto per Facebook, che ha iniziato a testare WhatsApp Pay in India due anni fa e non ha ancora ricevuto l’approvazione normativa per espandere il servizio di pagamento a livello nazionale.

Oltre all’India, che è il più grande mercato per l’app, WhatsApp sta testando Pay anche in Messico.

L’azienda ha lanciato il suo servizio di pagamento mobile in Brasile la scorsa settimana. È stata la prima volta che WhatsApp è stata in grado di condurre un rollout del proprio servizio di pagamento a livello nazionale.

Il servizio consente agli utenti di scambiare denaro tra loro e di pagare anche le aziende, senza commissioni per gli utenti nell’invio o nella ricezione di denaro, mentre per le aziende è prevista una commissione di elaborazione del 3,99% per ricevere i pagamenti.

Non è chiaro se WhatsApp, Mastercard e Visa abbiano già recepito l’avviso della banca centrale brasiliana. Il richiamo però costituisce un precedente che il social non può ignorare nei suoi progetti di espansione del servizio.

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Investire su sostenibilità e responsabilità sociale oggi è ancora più importante per i brand

  • Il Covid-19 ha insegnato ai brand una necessaria modifica delle strategie di produzione e comunicazione.
  • La solidarietà globale ha creato aspettative più alte anche per la sostenibilità.

 

La pandemia di Coronavirus ha spinto aziende e governi a mobilitarsi rapidamente per qualcosa che non è mai accaduto prima: fronteggiare in tempi rapidissimi un’emergenza sanitaria, economica e sociale che non ha eguali nella società moderna, con chiusure di negozi e ordini a domicilio che si protraggono da mesi.

Alcuni analisti ritengono che la risposta alla crisi sia una sorta di anteprima di come la società potrebbe affrontare il peggioramento dei cambiamenti climatici, anche se questo non è un pensiero prioritario per i consumatori.

L’altro lato della medaglia: un mondo sostenibile

Per gli esperti di marketing, i cambiamenti climatici e la sostenibilità dovrebbero essere al centro dell’attenzione sia per costruire la fiducia dei clienti durante un periodo di profonda incertezza, sia per proteggersi da future catastrofi ambientali legate sicuramente all’inquinamento.

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Guardando l’altro lato della medaglia la diminuzione dell’impatto nocivo ambientale e il ritorno in città degli animali selvatici hanno fatto sì che la pandemia in realtà creasse l’opportunità di orientarsi più rapidamente verso strategie orientate alla sostenibilità.

Con la pandemia sono emersi effetti positivi sull’ambiente. Alcune analisi di Axios prevedono un calo fino al 6% su base annua delle emissioni globali di CO2 per il 2020.

Prima, il tema sostenibilità era molto vicino ai giovani Millennial e della Gen Z, il Coronavirus sembra abbia allargato il raggio di interesse a tutti i gruppi demografici.

È quindi questo il momento propizio per i brand di creare un impatto comunicativo forte, strettamente legato alla sostenibilità. I marchi hanno concretamente l’opportunità di essere parte di un cambiamento forte per la comunità e i consumatori.

Raramente c’è una causa che risuona così profondamente con così tante persone contemporaneamente.

ha affermato Julia Wilson, vicepresidente responsabile della sostenibilità di Nielsen.

Investire nella sostenibilità e nella responsabilità sociale è un buon business

I marketers potrebbero fare un passo in avanti investendo nella sostenibilità, nonostante le pressioni economiche della pandemia. Una ricerca congiunta condotta tra lo Stern Center for Sustainable Business e l’IRI della NYU, ha rilevato che i prodotti sostenibili commercializzati sono stati responsabili del 50% della crescita del mercato tra i prodotti confezionati tra il 2013-2018.

Pre-pandemia, secondo i dati di Nielsen c’era anche un tasso di crescita dell’8% per gli attributi o le rivendicazioni dei prodotti di responsabilità sociale.

Al momento non è chiaro se aree come i prodotti sostenibili torneranno a quei livelli nei prossimi mesi, ma è possibile che l’interesse potrebbe effettivamente essere più alto di prima.

Se i brand contribuissero davvero al bene pubblico e si assumessero la responsabilità di una risposta concreta al benessere del pianeta, potremmo ipotizzare un futuro diverso.

sostenibilità brand

Per esempio, se l’incremento di utilizzo di biciclette in Italia (dovuto a diversi fattori come il bonus del Governo o la necessità di non utilizzare l’auto o i mezzi pubblici sovraffollati) cambierà la percezione delle necessità dei singoli e di conseguenza della comunità, in quel caso staremo compiendo un primo passo importante.

Il marketing del futuro potrebbe essere autentico

Riuscite a immaginarlo? Potrebbe realmente raccontare i valori migliori di un brand, contribuire al contenimento dell’inquinamento, garantire diritti equi dei lavoratori e sbandierare con orgoglio ogni passaggio della catena produttiva.

La pandemia ha provocato una solidarietà globale mai vissuta in precedenza: il malessere e le mancanze sanitarie ed economiche hanno rafforzato la necessità di condivisone dei diritti, di cui probabilmente in precedenza non ci preoccupavamo troppo.

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sostenibilità brand

Il comportamento dei consumatori sta cambiando

Un recente studio di Accenture ha suggerito che le abitudini di acquisto dei consumatori potrebbero essere modificate dalla pandemia e che il “consumo etico” è in aumento. Il 45% degli intervistati ha riferito di fare scelte più sostenibili e probabilmente continuerà a farlo in futuro.

“L’ampiezza dei cambiamenti identificati nei nostri risultati suggerisce chiaramente che si tratta di un cambiamento a lungo termine“, ha dichiarato Oliver Wright, Ad di Accenture, “Mentre osserviamo queste tendenze da un po’ di tempo, ciò che sorprende è il ritmo: comprimere in settimane i cambiamenti che probabilmente avrebbero richiesto anni“.

Allo stesso tempo, le aspettative dei consumatori riguardo alla sostenibilità saranno probabilmente più alte di prima. È come se la pandemia avesse ribaltato totalmente le aspettative dei consumatori, rendendo tutto possibile. Di conseguenza i brand se non vorranno perdere in termini di credibilità dovranno adattarsi.

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Brand Activism

Il futuro deve essere sostenibile

Il continuo e prolungato degrado ambientale, tra cui la deforestazione, l’estrazione mineraria dilagante, lo sfruttamento intensivo dei terreni, renderà le pandemie più frequenti e più dannose per l’economia futura. Ignorare tutto questo, oggi, significherebbe pagarne conseguenze disastrose in futuro. I consumatori cercheranno qualità e longevità e ridefiniranno il rapporto con gli acquisti. Il cambiamento dovrà essere rapidissimo.

I consumatori hanno modificato alcune abitudini di acquisto durante il lockdown, favorendo il km zero, le botteghe di quartiere e le aziende agricole, ove presenti, in prossimità.

Alcuni colossi hanno già annunciato i primi cambiamenti come la sostituzione di bicchieri di plastica con quelli di carta e confezioni per cibo da asporto riciclabili ed ecosostenibili.

Altre categorie, incluso il settore della vendita al dettaglio gravemente compromesso, potrebbero dover esaminare più attentamente le opzioni di prodotti riciclabili o riutilizzabili.

Starbucks

La roadmap e il mindset per reinventare la tua Customer Experience

  • Siamo entrati nella fase 3: perché nessuno compra?
  • La Customer Experience come asset per fare riemergere il business
  • Tre traiettorie dove orientare gli sforzi di marketing e business

Siamo entrati da qualche settimana nella fase 3, ma aziende e business faticano ad accorgersene. Si chiama ‘Effetto Caverna’ e può essere riassunto così: in queste condizioni e dopo 3 mesi di stanziamento domestico, chi ha più voglia di rimettere la testa fuori casa?

E così, soprattutto in Europa, mentre ci sarebbe gran bisogno di spendere e tornare (con senno e nel rispetto delle regole) a uscire e consumare per fare ripartire l’economia, noi fatichiamo. Se aggiungiamo poi i timori del futuro imminente, il pranzo è servito.

E allora, cosa possiamo fare come marketer, imprenditori, consulenti e business strategist? La risposta finora ha un nome, ho meglio un acronimo: CX, ovvero Customer Experience. Tutto, o almeno la maggior parte, sta lì. Se le crisi sono gravi ma offrono tante opportunità ai pensatori laterali, comprendere per davvero cosa vogliono i consumatori e come deliziare le persone oggi – qualcosa di molto diverso rispetto a 3 mesi fa – è decisivo.

Cosa significa Customer Experience e perché oggi più che mai è decisiva

Partiamo dai fondamentali, ovvero da cosa significa CX.

Per Customer Experience intendiamo le reazioni emotive che i nostri utenti hanno quando entrano in contatto con noi attraverso una comunicazione, un’interazione, un touchpoint, …

Dunque, il focus della CX è sull’output, sul risultato concreto. Da sempre, sulla stessa Customer Experience aleggiano miti e leggende, già in una ricerca di alcuni anni fa, SAS e Harvard Business Review sottolineavano numeri contraddittori:

  • il 53% degli executive intervistati valutava la CX una leva di vantaggio competitivo;
  • di conseguenza, il 45% considerava la gestione della CX una priorità strategica;
  • nonostante tutto, la stessa percentuale (45%) valutava difficile misurarne il ROI.

Oltre a queste statistiche sfidanti, capiamo un altro motivo per cui oggi, rispetto alla CX, è davvero il tempo di passare dal dire al fare. Perché è cambiato tutto!

  1. I consumatori sono sul divano;
  2. Anche se possono muoversi, valutano questa opzione ancora poco conveniente;
  3. Amazon ha scardinato tanti indecisi digitali, facendo capire loro che con 2 soli click possono avere a casa e il giorno dopo (quasi) tutto ciò che serve;
  4. [Potrei continuare con decine di altre motivazioni…]

Una notizia positiva, è che il consumatore comunque non è sparito; come citato nel punto uno, è ‘semplicemente’ a casa e vuole buoni motivi per spostarsi dalla conca del divano che si è comodamente creato in queste settimane di remote working e social distancing. Dopo le settimane dell’empatia digitale, dove tutte le ricerche – in primis, quella di McKinsey legata a come declinare la Customer Experience al tempo del Coronavirus – erano concordi sulla necessità di rimanere digitalmente vicini ai clienti, dobbiamo adesso passare all’azione.

Tre stimoli di Customer Experience a prova di Covid-19

Ne abbiamo sentiti tanti, forse troppi: webinar, consigli, white paper, ricerche più o meno solide contenenti le linee guida per reinventare il dialogo con i customer.

Ma poi, cosa funziona davvero? Da tutto questo mare magnum di stimoli e contenuti, ti riporto tre pensieri su cui consiglio di ragionare e iniziare a lavorare.

Pensa poli-canale, non (più) omni-canale

Ivan OrtenziChief Innovation Evangelist del Gruppo BIP – ha provato a tracciare una nuova architettura dell’esperienza. Tra gli stimoli, uno mi sembra particolarmente efficace: almeno per un po’ di tempo, sarà difficile pensare omni-canale.

Se per anni abbiamo disegnato e progettato con il cliente al centro, semplicemente adesso il cliente al centro non vuole stare. Ha paura, preferisce mettersi di lato o non esserci proprio. Alcuni canali, dunque, saranno molto meno efficaci rispetto a prima: uno tra tutti lo store fisico. Il suo suggerimento è di pensare invece poli-canale, dando la precedenza ad alcuni touch-point rispetto ad altri.

Tieni comunque il mindset omni-canale nel tuo cassetto in ufficio: tornerà, tornerà. ?

Ripensa gli spazi

A proposito di precedenze, è indubbio che gli spazi fisici stanno soffrendo. Già soffrivano in parte prima del Coronavirus, ora fanno proprio fatica a riemergere. Non parlo solo del +400% che ha segnato l’eCommerce nelle ultime settimane: come anticipato le persone hanno paura, temono il contatto diretto, e in generale non vivono una bella esperienza in store con tutta quell’amuchina e quei guanti.

L’ultima trimestrale Inditex – il gruppo di Zara, per intenderci – non lascia spazio a dubbi ed è ben analizzata sul suo blog da Romano Cappellari, Professore di Marketing e Retailing: saranno chiusi nel triennio 1.000-1.200 punti vendita (il 13-16% della rete attuale e il 10-12% della superficie complessiva), ma nonostante queste chiusure la superficie complessiva della rete fisica è destinata a crescere del 2,5% annuo per effetto di 450 nuove aperture. Saranno negozi più grandi, più belli, più sostenibili e in grado di offrire una migliore Customer experience completamente integrata con l’esperienza online.

Già, l’online… non pensare che anche gli spazi digitali non debbano essere rivisitati. Come ho avuto modo di sottolineare in un recente articolo pubblicato sul mio blog, qualsiasi trasformazione digitale deve partire dai disobbedienti. Troppo spesso progettiamo per noi, o anche solo per una personas ‘media’: di ceto medio, di consapevolezza digitale media, e così via. Dobbiamo invece progettare per coloro che di digitale non capiscono molto, che fanno fatica ad avvicinarsi per via delle paure che solo il nome mette. La UI di Amazon è brutta, diciamocelo. Ma funziona benissimo. Pensa a spazi digitali a prova di… chiunque.

Rispetta il cliente

Una banalità, vero?

Quello del(la) cliente al centro è un grande mantra, che ogni tanto si perde in moda o in semplice linguaggio. Basta dire ‘Customer Centricity’ e pouf, ci sentiamo in pace verso il customer: stiamo facendo la cosa giusta, qualunque cosa sia. Tale dinamica ci fa perdere il contatto reale con le persone. Altre volte, il troppo successo ci rende sbruffoni e poco rispettosi, quasi come di così tanti clienti non ne avessimo bisogno. Quante volte abbiamo dovuto fare la fila, al caldo, per entrare in un posto? E quante volte abbiamo avuto a che fare con un front office poco cortese? Tutti abbiamo notato il cambio di orientamento della forza vendita nel post Covid-19: grandi saluti, grandi cerimoniali, grandi sorrisi (nascosti dalla mascherina, ma l’occhio non mente). Il problema, è che questo dovrebbe essere lo standard!

Approfitta di queste settimane per fare formazione di Customer Centricity ai sales assistant e a tutte le persone che si interfacciano giornalmente con gli utenti: è una buona occasione per allacciare i rapporti con clientela nuova, o per riscoprire un ‘pezzo’ di customer base che se ne stava lì, dormiente.

Magari seguendo casi eccellenti come Gucci, che ha nella boutique Gucci Wooster di New York ha sperimentato un nuovo modello di vendita attivando i Gucci Connectors. I visitatori sono infatti accolti da questo gruppo di ambasciatori della marca, il cui scopo sarà quello di coinvolgere i clienti nel brand storytelling. Il loro scopo? Non è solo la vendita, ma piuttosto la creazione di un legame profondo fra Gucci e il cliente.

Il rispetto del(la) cliente passa anche però da tutte le variabili che compongono il prodotto, prezzo compreso. L’economia ci insegna che il rapporto tra il prezzo di un servizio e il suo costo determina il markup che desideriamo ottenere. La riorganizzazione degli spazi, dei servizi e di molto altro che Covid-19 ha reso necessaria ha comportato per tutti investimenti più o meno ingenti, certamente sostanziosi. Diversi giornali hanno riportato una presunta tassa Covid-19 che alcuni commercianti e imprenditori hanno esplicitamente incluso nello scontrino mostrato al cliente finale.

Mi trovo ancora una volta pienamente d’accordo con l’analisi di Romano Cappellari: se certamente le spese ci sono state a discapito dell’efficienza e dei margini, considerare i costi il principale riferimento per determinare il prezzo è sbagliato. Il cliente oggi compra la maggior parte dei prodotti e dei servizi perché vuole sentirsi coccolato, servito, e desidera vivere un’esperienza. Paga volentieri per questo motivo; considera invece implicito che il prezzo copra anche il fatto che vengano adottate tutte le precauzioni e le norme attualmente in vigore per la migliore igiene, qualunque esse siano e qualunque cosa esse comportino.

In effetti, è anche generalmente poco interessato a capire che impatto abbiano tali precauzioni sui costi di chi gli fornisce il servizio. Evita dunque di mostrare la tassa Covid-19 e concentrati al contrario su come incrementare il valore percepito dell’offerta attraverso l’esperienza più opportuna: se il cliente è disposto già a pagare 40 Euro per un servizio completo, forse puoi proporgli un’esperienza ancora più ricca capace di inglobare implicitamente i costi sostenuti? Così facendo, tra l’altro, quando in futuro i protocolli di sicurezza consentiranno di tornare a una maggiore efficienza potrai anche godere di un incremento del markup.

Facebook Shop

Facebook Shops: come funziona nel dettaglio la nuova opzione per vendere online

  • Finalmente è arrivata la possibilità di aprire il proprio eCommerce sui social media.
  • Facebook Shops è una super novità facile da attivare, gratuita, intuitiva e che ci aspettiamo porti un’evoluzione nel mondo del social commerce.

 

È stato annunciato in una diretta Facebook da Mark Zuckerberg a metà maggio e non è ancora attivo in Italia, ma manca veramente pochissimo… Oggi vediamo nel dettaglio Facebook Shops.

LEGGI ANCHE: Arriva Facebook Shops, per creare eCommerce direttamente sul social

Facebook Shop

Che cos’è Facebook Shops e perché sarà utile

Facebook in questo periodo di pandemia ha pensato soprattutto a strumenti per piccoli business e attività locali che possono aver bisogno di supporto ed ecco che arriva un’altra super novità, per chi ancora non ha un vero e proprio eCommerce, ma vorrebbe buttarsi nella vendita online.

A brevissimo sarà possibile crearsi il proprio Shop sui i social media, direttamente su Facebook e Instagram, ma in un prossimo futuro integrando anche Messenger e Whatsapp.

Le persone spendono sempre più tempo sui social media e perché non trovare un modo per mostrargli anche i propri prodotti preferiti da acquistare. Facebook non si è lasciato sfuggire questa opportunità di business, ora che le vendite online continuano a crescere.

È uno strumento gratuito, facile ed intuitivo da creare e si discosta dalla tab Vetrina che abbiamo visto fino ad ora sulla pagine e che ci permette di avere il nostro catalogo prodotti condiviso anche su Instagram per i tag shopping. Ha un’interfaccia pensata per il consumatore sempre più attivo da mobile che in modo veloce potrà acquistare i suoi prodotti preferiti.

Come funziona Facebook Shops e chi lo può attivare

Facebook Shop

L’apertura dello Shop è gratuita, ma diventa fondamentale gestire i nostri account social con Business manager, lo strumento che ci mette a disposizione Facebook per avere sotto controllo tutte le nostre risorse collegate alle sue piattaforme social.

Per settare Facebook Shops si deve infatti essere:

  • Amministratore della pagina Facebook (o della pagina Facebook collegata all’account Instagram sul quale si vuole lavorare)
  • Amministratore del Business Manager
  • Gestire pagina Facebook e Catalogo nello stesso Business Manager

Sembra infatti che questa funzione si attiverà gradualmente per tutti, dando priorità a chi già gestisce un catalogo prodotti e Instagram Shopping.

Arriverà una notifica e tutto sarà gestibile tramite ‘Gestore delle vendite’ che avrete già iniziato a vedere impostato e dovrete configurare.

Gestore delle vendite include una serie di strumenti pensati per vendere prodotti, gestire l’inventario ed evadere gli ordini della tua azienda su Facebook e Instagram.

Cosa potremo fare con Facebook Shops

  • Sarà possibile caricare un numero illimitato di prodotti sul proprio catalogo e personalizzare il look and feel del negozio a livello base.
  • Si potranno organizzare i prodotti in collezioni e categorie.
  • I consumatori potranno comunicare direttamente con noi tramite la pagina. Potranno sfogliare i prodotti e salvarli.
  • Potremo vedere statistiche di vendita, di visite e altro ancora.
  • I nostri prodotti appariranno anche nel Facebook Marketpalce, dandoci sicuramente più possibilità di visibilità.
  • In Italia il check out non sarà diretto su Facebook, ma verremo ancora rimandati ad un sito web esterno dove concludere l’ordine, negli Stati Uniti invece è disponibile anche la funzione di check out diretto. Sono molte però le integrazioni possibile e tra i partner più accreditati Shopify, piattaforma per creare eCommerce.

Altra novità molto interessante legata a Facebook Shops è la feature Live Shopping: a breve sarà possibile taggare i propri prodotti prima di andare Live sia su Facebook che su Instagram e quindi venderli direttamente durante la diretta stessa, nella quale verrà mostrato sempre il prodotto in questione sulla parte inferiore del video, con possibilità di acquisto immediato.

Cosa si potrà vendere e quali sono le restrizioni

Come recita la policy di Facebook:

“I prodotti e i servizi venduti su Facebook e Instagram devono rispettare i nostri Standard della community e le Normative sulle vendite di Facebook. Le nostre Normative sulle vendite forniscono regole su quali tipi di prodotti e servizi possono essere offerti per la vendita su Facebook e Instagram. I venditori sono anche responsabili del rispetto di tutte le leggi e le normative applicabili. La mancata osservanza può comportare una serie di conseguenze, fra cui la rimozione dei contenuti pubblicati. Se pubblichi ripetutamente contenuti contrari alle normative di Facebook, potremmo intraprendere ulteriori azioni nei confronti del tuo account. Ci riserviamo il diritto di rifiutare, approvare o rimuovere gli annunci per qualsiasi ragione, a nostra esclusiva discrezione”.

Trovate qui l’elenco di tutti i prodotti vietati, al momento non è infatti possibile mettere in vendita:

  • Servizi
  • Medicine
  • Contenuti scaricabili e in abbonamento
  • Prodotti per adulti di carattere espressamente sessuale
  • Alcolici
  • Animali
  • Parti del corpo o fluidi corporei
  • Offerte di lavoro
  • Integratori quali vitamine, chitosano, barrette proteiche
  • Abbonamenti e prodotti digitali
  • Dispositivi medici e per smettere di fumare
  • Prodotti a base di tabacco
  • Esplosivi, munizioni e veleni

È inoltre limitata la vendita di buoni regalo, voucher e biglietti per eventi.

Ora non ci resta che aspettare di ricevere la notifica per poi iniziare ad impostarlo e capire cosa ci aspetta.

Ecco cosa ha annunciato ieri Apple durante la WWDC

La Worldwide Developer Conference di Apple (o WWDC, come è meglio nota) è uno degli eventi più attesi dell’anno da parte dei geek.

A causa della pandemia, naturalmente, anche questo appuntamento è stato interamente virtuale, compreso il grande keynote del CEO Tim Cook.

Come ogni anno sono stati mostrati tutti gli aggiornamenti per iOS, macOS e tutti gli altri software realizzati dall’azienda.

Se non hai avuto il tempo di guardare la diretta streaming, ecco un breve riassunto di tutti gli highlights, categoria per categoria.

iOS 14

La prossima versione di iOS esce in modalità anteprima per gli sviluppatori, con una beta pubblica prevista per luglio.

Cambiamenti nell’interfaccia:
una nuova home screen page apparirà dopo aver passato la pagina finale delle applicazioni. Classifica e ordina automaticamente tutte le app, evidenziando quelle usate di più.

Widget: 
i widget possono ora vivere sulla homescreen accanto alle icone delle app, invece di essere sepolti nella schermata Today.

Picture-in-picture su iPhone:
mentre l’iPad ha avuto la riproduzione di video picture-in-picture da iOS 9, è stato curiosamente assente sull’iPhone. Non più! Se si passa da un’applicazione all’altra mentre si riproduce un video (o si fa una video chat), la riproduzione continua in una piccola scatola che si può trascinare sullo schermo.

Siri:
l’interfaccia di Siri è stata revisionata per non occupare più lo schermo intero, e può fare la trascrizione da parlato a testo interamente on-device per il bene della velocità e della privacy.

Messaggi:
ora è possibile inserire le conversazioni più importanti in cima alla lista dei messaggi, e si possono impostare le notifiche sui messaggi di gruppo rumorosi per avvisare solo quando si viene menzionati per nome. Le Memoji possono ora indossare delle maschere.

Mappe:
le “nuove mappe” di Apple usciranno nel corso dell’anno nel Regno Unito, in Irlanda e in Canada. Le mappe riceveranno presto anche indicazioni per i ciclisti (a New York, SF Bay Area, Los Angeles, Pechino e Shanghai all’inizio) che tengono conto di elementi come le piste ciclabili e le colline, insieme a indicazioni per i proprietari di veicoli elettrici che tengono conto di fattori come l’autonomia della batteria e i luoghi di ricarica.

CarPlay:
CarPlay avrà una serie di nuove opzioni e una manciata di nuove applicazioni integrate, che si concentrano su elementi come il parcheggio, la ricarica e l’ordinazione di cibo. Nel frattempo, Apple ha lavorato con alcune case automobilistiche (tra cui BMW) per consentire di utilizzare il telefono come chiave.

App Clip:
piccoli, veloci, leggeri “Applet” che compaiono su richiesta senza richiedere l’installazione manuale di nulla – come, ad esempio, qualcosa da pagare al volo quando si vuole noleggiare uno scooter. Può essere attivato tramite NFC, codice QR o tramite Safari/Messaggi.

LEGGI ANCHE: Le serie, i costi, il “regalo” di Tim Cook. Dentro Apple Tv+

iPad OS

Apple Pencil/Scribble:
il riconoscimento della scrittura a mano ora funziona in qualsiasi campo di testo, consentendo di annotare una nota veloce senza dover scrivere a matita. Ora è anche possibile disegnare forme grezze (come stelle, ottagoni e frecce) e farle convertire automaticamente in forme disegnate al computer, tenendo brevemente la matita in posizione mentre si finisce di disegnare.

AirPods

Commutazione automatica dei dispositivi:
gli AirPods possono ora passare automaticamente da un dispositivo all’altro. Riproducete un video sul vostro iPad e sentirete l’audio degli AirPod; se arriva una chiamata sul vostro iPhone, gli AirPod possono passare automaticamente da un dispositivo all’altro.

Audio migliorato:
arriva il suono surround simulato, compatibile solo con AirPods Pro. Prende in considerazione fattori come la posizione della testa, utilizzando gli accelerometri integrati negli AirPod, per far sembrare che l’audio sia “fissato” al mondo reale che ci circonda.

Apple Watch

Face Sharing:
hai impostato il tuo Apple Watch in un modo che ti piace tanto? Puoi condividere l’attuale configurazione del tuo orologio con gli altri attraverso Messaggi, Mail o Safari. Se la persona che ti riceve non ha un’app richiesta, verrà mostrato dove scaricarla.

Tracciamento del sonno:
Watch può ora rilevare automaticamente quando stai dormendo, registrando questi dati e aiutandoti a tracciare il tuo programma di sonno nel tempo.

Rilevamento del lavaggio delle mani:
l’Apple Watch è in grado di rilevare quando ti lavi le mani, utilizzando l’accelerometro per cercare i movimenti rilevanti e il microfono per ascoltare i suoni dello strofinamento. Quando rileva che stai lavando le mani, può avviare automaticamente un conto alla rovescia per assicurarsi che tu lo abbia fatto per i venti secondi necessari per una corretta igienizzazione.

Modifiche alla privacy

Posizione approssimativa:
vuoi un’app per sapere approssimativamente dove ti trovi, ma non esattamente? Ora è possibile concedere ad un’app attraverso la propria posizione approssimativa, piuttosto che dal punto preciso.

Indicatore microfono/camera:
anche se forse non è buono come una luce hardware dedicata, iOS ora mostrerà un indicatore sullo schermo quando un’app accede al tuo microfono o alla videocamera.

Politiche sulla privacy semplificate:
gli sviluppatori di app dovranno ora fornire un “highlight” semplificato di quali dati utente tracciano e/o condividono con terzi. Queste informazioni riassuntive verranno ora mostrate prima del download negli app store iOS/macOS.

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Homekit

Illuminazione adattiva:
Homekit è ora in grado di regolare automaticamente la luminosità/temperatura delle lampadine intelligenti collegate per tutto il giorno, permettendo funzioni come luci più fredde durante le ore di lavoro e temperature più calde quando è il momento di spegnere le luci.

Riconoscimento del volto:
le telecamere per campanello abilitate da Homekit sono ora in grado di riconoscere i volti noti e di far sapere chi è alla porta tramite le notifiche Homepod/AppleTV.

MacOS Big Sur

La prossima versione di macOS si chiamerà “Big Sur”, e includerà alcune modifiche che lo faranno assomigliare un po’ di più a iOS.

Centro di controllo:
prendendo in prestito un’idea da iOS, macOS avrà ora una tendina nell’area in alto a destra dello schermo che fornisce l’accesso con un clic alla luminosità del display, al volume, alla modalità oscura, ai controlli WiFi e altro ancora.

Centro di notifica:
il Centro Notifiche è stato ripulito, portando le notifiche/widget in un’unica vista unificata e rendendo più facile eliminare molte notifiche in una sola volta.

Nuove mappe:
le mappe su macOS sono state ridisegnate con il supporto per elementi come mappe interne, guide, luoghi preferiti, ecc.

Safari:
Safari ora può monitorare le password salvate per cercare quelle che potrebbero essere state esposte a violazioni. Un pulsante “Privacy Report”, nel frattempo, suddivide ciò che si sa su quali dati vengono tracciati dal sito su cui ci si trova attualmente.

Estensioni revisionate:
il sistema di estensioni di Safari, da tempo antiquato, sta ricevendo un aggiornamento, con l’obiettivo di trasmettere/limitare ciò a cui gli sviluppatori di estensioni di dati possono accedere. Se un’estensione richiede la possibilità di fare qualcosa come accedere alla cronologia di navigazione, può essere concessa per un periodo di tempo limitato, solo su un sito specifico, o su tutti i siti.

Nuovi processori su Mac

Come si dice da mesi, Apple sta passando da Intel a CPU personalizzate basate su ARM che sta progettando internamente, come ha fatto per anni attraverso le sue lineup di iPhone/iPad/Watch. L’azienda dice che questo porterà un “livello di prestazioni completamente nuovo”, consumando meno energia, e permetterà a cose come la Secure Enclave di Apple di arrivare al Mac. E le applicazioni iOS potranno funzionare sul Mac!

Mentre gli sviluppatori dovranno aggiornare le loro applicazioni per funzionare in modo nativo sui nuovi chipset, Apple dice che la maggior parte degli sviluppatori dovrebbe essere in grado di far funzionare tutto “in pochi giorni”; nel frattempo, “Rosetta 2” in Big Sur tradurrà automaticamente le applicazioni esistenti per la compatibilità.