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Pride Month: come i brand stanno avvicinando le community LGBTQ+

Il sostegno simbolico alla comunità LGBTQ+ è ormai diventato onnipresente, in particolare durante il Pride Month.

Le aziende sono ritenute più che mai responsabili delle loro iniziative di diversità e inclusione. Il nuovo imperativo cardine prevede che le imprese coltivino culture in grado di dare più libertà e importanza a coloro che si sono sentiti emarginati o stigmatizzati in passato.

Dal punto di vista del commercio, i consumatori LGBTQ+ sono una delle nicchie meno comprese al mondo, anche se il loro potere d’acquisto totale solo negli Stati Uniti è stimato in 830 miliardi di dollari.

Ma cosa supportano esattamente aziende e marchi? Ancora più importante, cosa succede ai soldi che spendiamo in questi prodotti? Il supporto di un marchio ai problemi LGBTQ+ ha un impatto reale o ha solo un impatto per il marchio? È solo una strategia di marketing o c’è altro?

Microsoft sostiene il Pride 2021 con una campagna globale

Con il claim “Together, we can”, Microsoft lancia una campagna globale per incoraggiare la discussione e la comprensione delle principali tematiche LGBTQIA+, per promuovere attività di supporto e aiutare le persone ad esprimere pienamente se stesse all’interno di una comunità inclusiva.

Focus della campagna il concetto di Intersezionalità, ovvero l’unione (e intersezione) di diverse identità sociali, che vanno oltre l’identità di genere e l’orientamento sessuale e che includono per esempio anche l’etnia, spesso diventata ulteriore oggetto di discriminazione e disuguaglianza.

In Italia, l’azienda partecipa alla nuova edizione del Milano PRIDE, manifestazione dell’orgoglio LGBTQIA+ che quest’anno alternerà eventi in presenza e appuntamenti digitali fino al 26 Giugno.

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Per esprimere il proprio supporto virtuale al Pride Month, Microsoft ha messo a disposizione gratuitamente degli utenti una ricca selezione di contenuti speciali per celebrare l’orgoglio LGBTQIA+ online. Una sfilata virtuale di colori con una raccolta di wallpapers firmati Microsoft, sfondi esclusivi per Microsoft Teams e personalizzazioni a tema Pride per le app di Microsoft 365.

Insieme ai dipendenti, nell’ultimo anno Microsoft ha donato più di 2 milioni di dollari alle organizzazioni che supportano le comunità LGBTQI+. Per dare valore al lancio della campagna e dei prodotti Pride 2021, il colosso del software donerà un totale di 150 mila dollari a diverse organizzazioni, inclusa la Fondazione ACLU, impegnata nella lotta per l’equità e l’uguaglianza.

LEGO progetta un set LGBTQ

Dall’inizio di giugno sono in vendita i set color arcobaleno realizzati da LEGO per il Pride Month. “Everyone Is Awesome” è il nome della speciale edizione lanciata dal marchio scandinavo.

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Il giocattolo è incentrato sugli 11 colori della bandiera del Pride, con mattoncini e figure in colori monocromatici. Un gesto simbolico a sostegno della comunità LGBTQ.
Secondo Matthew Ashton, Vice President of Design di LEGO, l’azienda voleva creare un prodotto che celebrasse la comunità LGBTQ.

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Lo stesso Ashton ha affrontato diverse sfide crescendo da bambino LGBTQ. Ha subito atti di bullismo da parte di altri bambini, ed è stato influenzato da adulti che cercavano di trasformarlo in una persona che non era. “Ero piuttosto effeminato da bambino e mi veniva costantemente detto di fare l’uomo”, dice in un video.

Ashton aveva precedentemente costruito un modello simile a Everyone Is Awesome per decorare la sua scrivania e pensava che il design potesse funzionare bene per questo progetto. Il marchio includeva deliberatamente il nero e il marrone, per riflettere le lotte delle persone LBGTQ, insieme ai colori rosa, bianco e blu della bandiera transgender.

UNO festeggia il Pride Month con un gioco legato all’inclusività

Mattel ha stretto una collaborazione con It Gets Better Project (IGB), un’organizzazione no-profit dedicata a elevare, potenziare e connettere la comunità LGBTQ+ a livello globale.

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Il risultato è UNO Play with Pride: il mazzo da 112 carte che presenta una grafica e un packaging a tema arcobaleno che si aggiunge alla vivace collezione del 50° anniversario del marchio.

Ludovic de Saint Sernin x Jack Taylor Lovatt

L’onda rainbow investe soprattutto il mondo della moda, che lancia capsule collection studiate ad hoc, iniziative speciali e accessori ultra cool da sfoggiare durante tutto l’anno, con un forte rimando a diritti e valori come uguaglianza, diversità, inclusione.

Pride Month: i brand che stanno avvicinando le community LGBTQ+ ai loro storytelling
Ludovic de Saint Sernin e Jack Taylor Lovatt hanno presentato una nuova collaborazione per festeggiare il Pride Month. È una celebrazione dell’amore, del sesso e della libertà. “Abbiamo più che mai bisogno del Pride Month, per sostenere le nostre comunità, nonché per educare e informare una società più ampia sui danni e sui danni dell’omofobia, della lesbofobia, della bifobia e della transfobia” ha dichiarato Jack Taylor Lovatt.

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Una parte delle vendite di queste t-shirt sarà devoluta a un ente di beneficenza selezionato personalmente da Jack stesso che ha la missione di aiutare i giovani a difendere l’uguaglianza LGBTQ+.

LEGGI ANCHE: Coca-Cola, IKEA e gli altri brand che si sono schierati contro omofobia, bifobia e transfobia

Gli stili Pride di Balenciaga

Balenciaga celebra il Pride Month con una nuova collezione. La maison di moda parigina continua a promuovere la visibilità LGBTQIA+ con una nuova gamma di abbigliamento.

La collezione vede t-shirt e felpe basic disponibili in due stili.

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Il primo presenta lettere in stile college che enunciano “GAY PRIDE BALENCIAGA 2021” mentre l’altro include la parola “GAY” e una bandiera arcobaleno. Il 15% della vendita di questi prodotti andrà al Trevor Project.

La Pride capsule di HUGO BOSS

Per il mese del Pride, BOSS celebra la comunità LGBTQIA+, creando una capsule collection a sostegno di ILGA World (International Lesbian and Gay Association), un’associazione globale che comprende circa 1.700 organizzazioni in oltre 160 paesi e territori che si battono per la parità di diritti per le persone LGBTQIA+.


La nuova collezione presenta i colori della bandiera del Pride e gli slogan su indumenti essential dallo stile unisex, dalle classiche t-shirt alle felpe con cappuccio fino al bodywear.

“Come azienda, vogliamo sostenere le cause che contribuiscono a una società inclusiva, e questo è ciò che sta dietro al messaggio “Love for All”. Tutti noi possiamo fare la differenza” ha dichiarato Ingo Wilts, Chief Brand Officer di HUGO BOSS AG.

Pride in my Calvins

Calvin Klein affronta la ricorrenza del Pride con una nuova campagna #proudinmycalvins.

Il racconto si arricchisce con un parterre di talent e celebrity a livello internazionale: gli artisti Arca e Honey Dijon, il poeta e attivista Kai Isaiah Jamal, il cantante e producer King Princess, l’attore di Élite Omar Ayuso, l’artista, modella e musa Raisa Flowers e infine l’artista brasiliano queer Samuel de Saboia.

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La campagna è l’occasione per Calvin Klein di consolidare la sua collaborazione, attiva già da un paio d’anni, con il progetto Trevor, l’organizzazione più grande al mondo per la prevenzione dei suicidi tra i giovani della comunità LGBTQIA+.

Come HUGO BOSS anche Calvin Klein supporta l’ILGA come voce globale per la difesa dei diritti dei membri della comunità LGBTQIA+ che subiscono discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale, del genere, dell’identità e delle preferenze sessuali.

Givenchy Parfums lancia un progetto senza precedenti

Per lasciare un segno tangibile durante il Pride Month, Givenchy Parfums dà il proprio supporto alla causa LGBTQIA+ lanciando un nuovo progetto. La Maison ha deciso di collaborare con il gallerista londinese e attivista LGBTQIA+ Amar Singh e gli artisti di Rewind Collective per creare un’opera d’arte digitale che sarà venduta per beneficienza.

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Il ricavato sarà devoluto a Le MAG Jeunes organisation, l’associazione nazionale fondata nel 1985 a Parigi come Movimento per l’affermazione di giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender.

 

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Un post condiviso da Givenchy Beauty (@givenchybeauty)

Un’iniziativa che riflette molto bene l’approccio della Maison, legato a una creatività disruptive e a continue innovazioni, unite a valori di rispetto e inclusione. Con questa campagna il brand esplora il nuovo mondo dei Non Fungible Tokens, opere digitali codificate che assicurano unicità e autenticità. Givenchy sarà quindi la prima Maison Beauty a lanciare un NFT e a mettere questa innovazione al servizio di una causa sociale.

Absolut Rainbow limited edition

Inclusività, diversità di identità e di opinione, fiducia nel cambiamento sono i valori che ispirano Absolut. Da decenni il marchio è attivo nella difesa della libertà d’espressione ed è a favore di un confronto costruttivo tra le persone.

Per il mese del Pride il brand ha lanciato la limited edition Absolut Rainbow per celebrare i suoi 40 anni di supporto alla comunità LGBTQ+.

“Il concetto del mixing people, da sempre presente nel DNA del brand, riconosce nella diversità degli individui un valore aggiunto e conferma ancora oggi l’impegno dell’azienda nell’affermare che a prescindere dal sesso, dalla religione e dal colore della pelle, siamo tutti liberi e uguali, ma con caratteristiche uniche, differenti che ci rendono chi siamo” ha dichiarato Elena Pedrazzi Brand Manager Pernod Ricard, la multinazionale francese proprietaria del marchio.

LEGGI ANCHE: Pride Month 2020, le campagne più belle dai brand quest’anno

Disney e la Rainbow collection

Se ami Disney e vuoi saperne di più sul suo sostegno alla comunità LGBTQ+, dovresti dare un’occhiata alla collezione Rainbow Disney. Un assortimento di vivaci maschere per il viso, magliette, peluche e altri gadget per tutta la famiglia.

Il marchio si è anche impegnato a supportare una varietà di organizzazioni LGBTQ nazionali e internazionali, tra cui ARELAS, un’associazione spagnola che offre risorse ai giovani trans, così come Nijiiro Diversity, altra organizzazione senza scopo di lucro in Giappone focalizzata sulla riduzione della discriminazione LGBTQ sul posto di lavoro.

Happy Socks lancia #AlwaysWalkWithPride

Gli stili color arcobaleno delle calze Happy Socks sono stati riprogettati per il Pride Month.

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Il marchio si è unito a InterPride per questa collezione, l’organizzazione riceverà il 10% dei profitti da ogni paio di calze venduta.

Dr. Martens: orgogliosi allora, orgogliosi ora, orgogliosi sempre

Tra gli altri brand schierati troviamo Dr. Martens che con i suoi stivali marcia a favore dei diritti LGBTQ+ da molti anni. Un vero e proprio simbolo di ribellione che continua a trarre forza dalle persone.


“Finché avranno bisogno del nostro sostegno – finché ogni singola persona non si sentirà rispettata, al sicuro e vista – continueremo a gridare e a marciare con loro. E continuando a sostenerli in ogni modo possibile” si legge sul sito ufficiale.

L’azienda sostiene varie associazioni di beneficenza LGBTQIA+ in tutta Europa. Quest’anno le donazioni andranno ad akt (Albert Kennedy Trust), un ente di beneficenza per i senzatetto LGBTQIA+, Le Refuge Foundation, un ente di beneficenza per i giovani LGBTQIA+, e Jugend Geden Aids, un ente che affronta lo stigma dell’educazione sessuale.

Reebok celebra tutte le tipologie d’amore

Altra campagna importante nel mondo footwear è quella di Reebok “Fierceness Isn’t Born. It’s Made”.

Un omaggio alla cultura della sala da ballo. Nel video Archie Burnett, Javier Madrid, Aisha Murray, ed Elizabeth Rivera nell’iconica ballroom House of Ninja indossano la nuova collezione “All Types of Love”, realizzata dalla community LGBT+ dei dipendenti Reebok Colorful Soles.

Per l’occasione il brand farà una donazione a favore del Sylvia Rivera Law Project, l’organizzazione che promuove la libertà di esprimere il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere, indipendentemente dalla condizione sociale o dall’etnia di appartenenza e senza essere oggetto di molestie, discriminazioni o atti di violenza.

TheFork e Agedo: l’iniziativa Proud To Be Aware per sostenere la comunità LGBTQ+

In occasione del Pride, TheFork ha deciso di coinvolgere e sensibilizzare la propria community. Da giovedì 24 a domenica 27 giugno, TheFork attiverà il codice PRIDE che potrà essere inserito in fase di prenotazione di qualsiasi ristorante in Italia.

Se normalmente questo tipo di codice permette agli utenti di guadagnare un maggior numero di punti fedeltà da spendere successivamente su TheFork, in questo caso invece avrà una finalità benefica. Per le prime 3 mila prenotazioni così effettuate, infatti, TheFork donerà 1 euro ad Agedo, un’associazione di genitori, parenti e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, + che dal 1993 lavora a sostegno dei diritti della comunità LGBTQ+.

LEGGI ANCHE: 9 idee per riutilizzare i contenuti e riproporli come nuovi

Finalità benefica

L’alleanza con Agedo però non si ferma qui: TheFork e Agedo hanno lanciato l’iniziativa “Proud to Be Aware” una serie di tre seminari per i dipendenti di TheFork che si stanno svolgendo durante il mese di giugno, volti ad approfondire alcuni importanti temi oggi più che mai fondamentali: il primo seminario affronta il coming out, il secondo il tema della transessualità e l’ultimo si sofferma sulle questioni legate al linguaggio e alle micro aggressioni. 

C’è un grande dibattito in corso sulle aziende che sostengono attraverso la loro comunicazione il Pride Month. Riteniamo che ci siano vari livelli per farlo nel modo corretto. In primis, l’inclusione deve essere un valore vissuto ogni giorno in azienda, non solo a giugno. Se – e solo se – questo primo livello è “rispettato”, crediamo sia positivo che le aziende sensibilizzino le loro community verso questi temi. Si vince su entrambi i fronti, perché se è vero che di queste iniziative se ne beneficia in termini di reputazione del brand, allo stesso tempo si agisce da megafono per promuovere messaggi importanti come l’inclusione e la diversità, generando un virtuoso passaparola. Ricordiamo che molte aziende parlano a milioni di persone e sono quindi assimilabili a dei media in questo senso. In ultimo si può fare qualcosa in più e cioè non limitarsi a comunicare, ma anche agire.

Dichiara Damien Rodiere, Country Manager Italia TheFork:

Nel nostro caso ad esempio abbiamo adottato il logo arcobaleno, sensibilizziamo la community, ma sosteniamo anche un’organizzazione Agedo, che dentro e fuori dalla nostra azienda è impegnata tutti i giorni per promuovere i diritti civili e i cambiamenti sociali nel nostro Paese. Un’iniziativa che non si conclude quindi a giugno, ma destinata ad andare avanti. Facciamo per chiarezza un esempio traslato su altro: è assolutamente negativo se un’azienda fa campagne di marketing per la sostenibilità, ma poi continua a inquinare. D’altra parte se va verso la sostenibilità produttiva e in più la promuove, che male c’è?

riutilizzare i contenuti

9 idee per riutilizzare i contenuti e riproporli come nuovi

Ogni blogger conosce bene l’importanza di creare contenuti interessanti, aggiornati e utili.

Passiamo molte ore cercando idee, scrivendo e trovando il modo migliore per promuoverli, ma mentre concentriamo tutti i nostri sforzi nel creare nuovi contenuti, spesso non ci curiamo di cosa succede a tutti quei contenuti vecchi, lasciati nel dimenticatoio degli archivi. Quei post, non solo potrebbero non ricevere visite, ma potrebbero influire negativamente sulle performance del sito.

Una soluzione intelligente, potrebbe essere quella di trasformare un vecchio contenuto in un post attuale. Questa attività è definita “repurposing content” e fa riferimento a una particolare forma di content marketing che consiste nel reinventare e riproporre un vecchio contenuto, adattandolo a canali e formati diversi da quelli originali.

Perché è importante riproporre vecchi contenuti?

Ci sono diversi motivi: innanzitutto pensiamo a quanto tempo possiamo impiegare per scrivere un buon contenuto: documentarsi, cercare le fonti, le immagini, redigere il testo, correggerlo, si può parlare di diverse ore, ma non solo. Creare un contenuto di qualità e di valore richiede un dispendio in termini di denaro. Per questo, mantenerlo in vita il più possibile, riproponendolo su più canali potrebbe essere un buon modo per ottimizzare la spesa.

In secondo luogo, il repurposing content può aiutare anche a trasmettere comunicazioni mirate e su misura ad audience più verticali e differenziate, a patto che si sia in grado di adattare ogni messaggio al singolo canale tramite cui le si intende raggiungere. Sostanzialmente, facendo un buon lavoro di riproposizione dei contenuti, si può aiutare a rafforzare il messaggio in esso contenuto e a migliorarne la ricezione da parte del pubblico.

Inoltre, nel repurposing content, ci sono vantaggi rilevanti anche in ottica SEO: moltiplicare il numero di contenuti riguardo a un cluster di temi aumenta il traffico verso le proprie pagine e la probabilità di posizionarsi bene per uno specifico set di keyword. In più, se si ripropongono i propri contenuti al di fuori dei canali proprietari, è più facile ottenere link in entrata qualificati che fanno sì che il sito ne guadagni in termini di autorevolezza.

Infine, è possibile migliorare la credibilità e la brand reputation, dal momento che le persone vedono lo stesso marchio riproposto in diverse piattaforme. Di conseguenza si avrà la possibilità di essere riconosciuti come punti di riferimento del settore ed esperti sul tema.

Tipi di contenuto che potresti riproporre

Prima di riadattare il tuo contenuto ad un nuovo utilizzo, dovresti valutare quale materiale merita di più il tuo tempo e il tuo lavoro. Il primo passo è quello di valutare con attenzione le tue attività attuali: quali contenuti creati in passato puoi riutilizzare? 

  • contenuti evergreen, ossia quei contenuti originali, di qualità, che sono sempre validi e rilevanti, indipendentemente dal passare del tempo. Si tratta ad esempio di articoli che trattano i concetti base di un argomento, oppure guide o how-to;
  • contenuti che hanno generato maggior engagement e interazioni, in termini di traffico, condivisioni, like, conversioni, etc. (a seconda di quali sono i parametri di riferimento che stai valutando per i tuoi obiettivi);
  • vecchi contenuti che non hanno avuto il successo sperato, però, se opportunamente aggiornati, modificati, rivisti e adeguati ai nuovi canali a cui li si intende destinare, potrebbero ottenere buone performance.

I post devono essere ri-pubblicati senza essere aggiornati?

Assolutamente NO! Bisogna controllare (e aggiornare) titoli, link interni ed altri dettagli per garantire che il pezzo ri-pubblicato sia attuale e curato. Si consiglia anche di inserire una nota dell’editore che riferisce che si tratta di un post vecchio, ma aggiornato.

Idee ed esempi di repurposing content

Post del blog

Creare nuovi articoli del blog a partire dai vecchi post è forse la via più semplice per riproporre contenuti già esistenti: li si può citare o si può scegliere di approfondire singoli aspetti, specie se al contenuto originale si dà la forma di una guida o di un how to.

Creiamo un contenuto testuale completo, originale ed ottimizzato, che sia caratterizzato da un’introduzione, un corpo e una conclusione e sia arricchito di immagini ed esempi. Il titolo, ovviamente, dovrà essere curioso e d’impatto per invogliare chi legge a saperne di più. Una volta che il nostro post è pronto, abbiamo diversi canali a disposizione per la pubblicazione

  • blog aziendale 
  • altre piattaforme di blog posting (es. LinkedIn)
  • guest blogging

Slide o presentazioni visuali

Creare slide è un’ottima idea per riassumere contenuti testuali particolarmente lunghi o per dare risalto a citazioni o statistiche che si hanno in esclusiva.

Formati come questi, del resto, si adattano meglio alla condivisione sui canali e all’interno del proprio calendario editoriale sui social. Le infografiche, in particolare, si rivelano un contenuto versatile e piuttosto performante. 

E’ necessario individuare i concetti chiave che andranno esposti nelle varie diapositive, insieme ad immagini ed esempi. Per creare le diapositive si può utilizzare qualsiasi programma o piattaforma per la creazione delle slide, come SlideShare, Google Slide o PowerPoint.

LEGGI ANCHE: Perché le persone preparano pessime slide?

eBook

I contenuti testuali che riguardano la stessa tematica potrebbero essere raccolti all’interno di un eBook da rendere disponibile gratuitamente al compimento di lead significativi, oppure a pagamento. E’ possibile accorpare più post del blog riguardo a uno stesso argomento, ma è anche suggerito rimpolpare il contenuto con ulteriori esempi, immagini e spunti di riflessione.

Dove si pubblica un ebook?

Possiamo realizzarlo in formato PDF e renderlo disponibile per il download:

  • da nostre risorse (dal sito web, da una landing page, da una newsletter)
  • da risorse esterne (ad esempio da Kindle Store)

Come pubblicare un ebook su Amazon e sugli altri store | Youcanprint.itPost sui social network

I social network sono un potente strumento di comunicazione e un “megafono” che ci permette di diffondere e amplificare un messaggio o un contenuto: possiamo farlo utilizzando un contenuto già esistente (linkando un video o un post del blog, per esempio) oppure creando materiale ad hoc.

Come? Possiamo inserire i punti chiave del contenuto in un contesto grafico e aggiungere gli elementi tipici di ogni social (hashtag, menzioni, etc.), adattando i formati grafici alla piattaforma social sulla quale verrà pubblicata. Ad esempio, su Instagram dobbiamo usare immagini quadrate, mentre su Facebook è meglio il formato rettangolare stando attenti alle limitazioni sulla quantità di testo scritto che può apparire in un’immagine nel caso si voglia promuovere il post.

In questo caso, qualsiasi programma di editing di immagini può fare al caso nostro, tra i più famosi troviamo Photoshop, Canva e moltissimi altri.

LEGGI ANCHE: Come riciclare un contenuto sui social mediaContenuto audio-video

I contenuti audio-video sono strumenti molto potenti: sono immediati, coinvolgenti e riescono a spiegare con facilità anche argomenti complessi. Secondo le statistiche sono apprezzati dall’85% degli utenti.

Per questo, può essere utile creare un video partendo da un contenuto già esistente. Possiamo aggiungere immagini, spezzoni di altri video, esempi, grafici interattivi e musica.

La creazione di un video può spaventare in termini di risorse da investire: tuttavia al giorno d’oggi è possibile fare video molto belli utilizzando semplicemente lo smartphone e qualche accessorio in più. Una volta creato il video, la piattaforma per eccellenza sulla quale caricarlo è, ovviamente YouTube, creando un canale dedicato.

I video possono essere pubblicati in diverse sezioni di un sito web: nelle pagine principali, nelle pagine prodotto, all’interno di landing page, etc.

Il materiale visuale funziona molto bene anche sui social network: in questo caso è meglio caricare il file del video direttamente sulla piattaforma (e non condividere semplicemente il link di YouTube) perché i video nativi vengono premiati in termini di visibilità sulle varie piattaforme social.


Newsletter

Anche le newsletter tematiche sono un buon modo per far rivivere diversamente contenuti già veicolati altrove. Ad esempio si possono inviare mail di recap con i post del blog più letti nell’ultimo trimestre, semestre o nell’ultimo anno.

La newsletter è un messaggio che viene recapitato direttamente nella casella di posta degli utenti: dobbiamo quindi fare in modo che l’oggetto della mail sia interessante e invogli i destinatari a voler saperne di più (aprendo quindi la mail).

All’interno della mail non è necessario dilungarsi troppo con il contenuto: possiamo creare una breve introduzione in cui evidenziamo i passaggi principali del messaggio, per poi inserire una Call To Action che rimanda al contenuto originale (post del blog, video, ebook da scaricare, etc.).

Per inviare una newsletter si può utilizzare uno dei tanti servizi di email marketing: uno dei più conosciuti è MailChimp, ma ce ne sono davvero molti (ad esempio Sendinblue o Sendgrid); di solito queste piattaforme sono gratuite fino a un determinato numero di invii e passano ad essere a pagamento una volta oltrepassate queste soglie


Webinar e Corsi online

Se abbiamo creato una presentazione a slide, possiamo pensare di proporre il contenuto anche sotto forma di webinar, inserendo ulteriori esempi e casi pratici per essere maggiormente d’aiuto a chi è interessato all’argomento.

Questi seminari online, che possono essere anche registrati e riproposti in un secondo momento, sono disponibili apposite piattaforme gratuite come LiveWebinar.

Nel caso, invece, volessimo fare qualcosa di più strutturato e articolato, possiamo pensare di creare un vero e proprio corso online, ulteriormente arricchito con letture aggiuntive, esercizi pratici, etc. Dopo aver preparato il materiale e registrato le lezioni è necessario caricare il tutto su una piattaforma di Learning Management System, come Google Classroom, Docebo, Eduflow, etc.

 

Webinar – cos'è, come organizzarlo e come usarlo per attrarre nuovi clienti? - Traduzione professionale per ogni azienda

Podcast

Questo formato, almeno in Italia, non è ancora molto sfruttato, tuttavia alcune realtà hanno capito il potenziale dei podcast. I podcast possono essere una piattaforma per fornire contenuti “pesanti” in modo digeribile, inoltre sono maggiormente pratici ed accessibili, in quanto possono essere ascoltati anche mentre una persona guida, corre o svolge le faccende domestiche.

Se vogliamo trasformare il nostro contenuto in un file audio, comunque, dobbiamo fare attenzione a “compensare” con gli esempi ciò che le immagini non possono aiutarci a trasmettere.

Una volta registrato, un podcast può venire caricato sul sito internet aziendale o su una particolare landing page; in alternativa, possiamo caricarlo su piattaforme dedicate in modo tale che sia a disposizione degli utenti in qualsiasi momento. Gli strumenti più conosciuti per registrare e caricare podcast sono Anchor e Spreaker.


Quiz, sondaggi e test

Possiamo utilizzare i concetti chiave del contenuto che abbiamo creato per realizzare un quiz, un test o un sondaggio con diverse domande sull’argomento: in questo modo gli utenti possono testare la loro conoscenza sul tema interagendo attivamente con il contenuto e imparando dalle risposte sbagliate.

Ci sono vari strumenti per creare questo tipo di contenuto, tra i più conosciuti troviamo:

  • SurveyMonkey, (a pagamento)
  • Google Form o Microsoft Form (gratuiti)

Come diffondere questo tipo di contenuto? Ci sono tantissimi modi per farlo: pubblicando il link in una newsletter, sui social network, oppure nel blog.

La migliore forma di repurposing content

Non ci sono strade predefinite per fare repurposing content, anzi, originalità e creatività sono necessari per riuscire nel farlo, ricorsivamente.

La prima cosa da fare è identificare i canali attraverso i quali vogliamo distribuire il contenuto che abbiamo prodotto e sapere come adattare quel contenuto ai diversi canali che abbiamo scelto. Perché un contenuto va “adattato”? 

  • ogni piattaforma ha le sue peculiarità: sono nate per condividere foto (Instagram), altre permettono di pubblicare solo video (TikTok), altre ancora consentono di catalogare collezioni tematiche (Pinterest), e così via;
  • ogni piattaforma ha la sua audience: sempre meno giovani, ad esempio, passano il proprio tempo su Facebook, che invece viene scoperto da un numero crescente di persone più adulte;
  • ogni piattaforma ha il suo linguaggio e le sue regole, ad esempio su Twitter gli hashtag sono elementi fondamentali, molto importanti anche su LinkedIn, mentre su Facebook, nonostante esistano, vengono usati pochissimo.

Come tracciare il traffico dei social network su Google Analytics - Web Marketing e Turismo

In conclusione

Riutilizzare i contenuti può essere un grande risparmio di tempo per i creatori di contenuti, inoltre è un’attività che consente di ottenere il massimo in termini di visibilità e utilità.

Quando vogliamo adattare un contenuto già esistente, però, dobbiamo sempre tenere a mente alcune cose fondamentali:

  • bisogna definire i propri obiettivi
  • bisogna scegliere i canali giusti da presidiare
  • bisogna individuare i contenuti da riproporre
  • bisogna creare materiale che si adatti con facilità alla singola piattaforma
digital tool della settimana

EngageWith, The Breakfast e Premast: i digital tool della settimana

Preparare presentazioni professionali è un ottimo passo per trasformare il temuto lunedì mattina in una piacevole esperienza in ufficio. Servirà a rendere la comunicazione con i colleghi più semplice e diretta.

Naturalmente, poter contare su una squadra affiatata è già una buona base su cui contare. Sai che esistono strumenti digitali anche per questo, cioè per dimostrare apprezzamento ai tuoi colleghi?

Nella selezione di oggi, anche un tool per tornare a incontrare persone, non per scopi sentimentali né per motivi professionali: semplicemente per farci colazione insieme.

Ecco la nostra selezione di utili applicazioni per questa settimana.

LEGGI ANCHE: Storydoc, Icons8 e Daily Gratitude Journal: i digital tool della settimana

Amore a prima slide

premast tool

Creare progetti e presentazione professionali senza bisogno di ricorrere a un grafico può essere complicato o sembrare addirittura impossibile a volte. Premast presenta una serie di modelli sia per PowerPoint che per Google Slides e ha anche alcune opzioni gratuite.

Team Building

digital tools of the week

Un team più forte, più sano e più felice si costruisce partendo dalla collaborazione e dalla stima. Con EngageWith puoi mostrare il tuoi apprezzamento verso i compagni di team direttamente sui tuoi canali all’interno di Slack e Microsoft Teams. Celebra le vittorie grandi o piccole, impostando ricompense personalizzabili.

Dieta informativa

read digital tool

Siamo sommersi di notizie e informazioni sui social, ma ci sembra di leggere sempre le stesse cose. Read Something Great raccoglie link ad articoli evergreen su internet e te li serve 5 alla volta. Premendo il pulsante “Change My Reads” ne avrai subito nel piatto altri 5.

Sottotitoli automatici

editr

Sai quante persone guardano i tuoi video in modalità “mute”? Sono tantissime e potresti catturare subito la loro attenzione. Se non sai come fare, Editr è la soluzione per te. Aggiunge automaticamente sottotitoli quasi perfetti ai tuoi video, in oltre 70 lingue.

Caffè e cornetto

the brakfast digital tool

The Breakfast non è né un’app di incontri né un’app di networking. È un’app “di persone”. Incontrare di persona e parlare con qualcuno che ancora non si conosce. A colazione.

“Mind your Business”, il nuovo format di Fandango Club Creators

“Essere fonte di ispirazione”. Storie di successo che possono descrivere un futuro sostenibile, per indagare le nuove tendenze digitali e l’evoluzione dei mercati. Come è possibile immaginare nuovi modelli per reinventare il mondo del retail post pandemia?

È la vision da cui si sviluppa “Mind your Business”, il format prodotto da Fandango Club Creators in collaborazione con l’innovation company The Rocks, in partenza il prossimo 24 giugno: un digital show dedicato alle storie d’ispirazione di manager, imprenditori, startupper che, partendo dal basso, si sono imposti nel proprio settore.

Empowerment femminile, entrepreneurship, startup, retail, coaching e self-growing, innovazione e artigianalità, sostenibilità, digital transformation, purpose marketing saranno alcuni dei temi, centrali nell’attuale ecosistema del business, che saranno affrontati dai protagonisti dello show virtuale: tra questi Mirko Pallera, Ceo e founder di Ninja Marketing; Giuseppe Stigliano, AD di Wunderman Thompson; Tunde Pecsvari, fondatrice di Macha; Denise Bonapace, founder dell’omonima azienda di moda; Pietro Nicastro, fondatore Löwengrube; Elisabetta De Sio, del progetto SNIP (Stronzi Nati In Periferia).

“Esiste la ricetta perfetta per creare il manager di successo o il business di successo? La risposta è assolutamente no. Ognuno di noi può trovare il suo spazio, all’interno di questo mondo, per esprimere la sua unicità. Forse è la grande novità che emerge dalla contemporaneità”,

sottolinea Domenico Romano, AD di Fandango Club Creators, Chief Executive Officer at Fandango Club S.p.A.

Dal digitale al fisico, perché il format delineerà un percorso di avvicinamento al Salone Franchising Milano/Ret@il Innovation Forum, in cartellone ad ottobre in presenza.

Mind your Business: perché è così importante indagare e concentrarsi sul concetto di ispirazione, del visionary, anche tra le tendenze social e digital?

“Perché in questo momento storico tutti hanno tantissime domande e nessuno ha le risposte, e le poche risposte che si hanno sono anche sbagliate. L’unica certezza è ciò che sta accadendo realmente, ovvero uno spostamento generale dei pure player digital sul mercato del retail, si pensi a Zalando o Amazon che aprono store fisici, e una crisi dei vecchi brick and mortar (attività legate all’economia reale). Cosa accade quindi? Che sembra molto più semplice per un pure player diventare uno store brick and mortar dal punto di vista sostanziale, che il contrario”.

Quale è il nuovo scenario che si impone nel mondo del retail?

“Tantissime aziende hanno difficoltà nell’utilizzo dell’omnicanalità, nell’implementazione del contatto diretto con il consumatore finale, da un punto di vista infrastrutturale. In un mondo che ci sono più domande che risposte, l’unica cosa da fare è aprire le orecchie ed ascoltare”.

Per questo l’idea di dar vista agli inspirational talk?

“Dai profili dei manager che abbiamo selezionato per lo show, sono emersi ritratti diversi, non dal punto di vista delle idee, ma dal punto di vista umano. Non esiste la ricetta per il business di successo o il manager yuppie anni ’80, con la scrivania gigante di mogano, che si comporta in maniera rude con i suoi dipendenti per imporre la sua autorità e non la sua autorevolezza. Si delinea una gestione gentile del management”.

 

Cosa intendi per “gestione gentile del management”?

“Ogni persona ha le sue caratteristiche e se confrontiamo i vari protagonisti del format, sono tutti professionisti di successo nello stesso mondo, nello stesso periodo, con gestioni manageriali completamente diverse. Forse l’unica cosa che accomuna tutti è l’energia, la voglia di esprimerla in maniera differente, anche in prospettiva emotiva divergente. Abbiamo profili completamente antitetici, ma tutti con gli occhi che brillano mentre raccontano la loro storia”.

LEGGI ANCHE: Il dilemma del marketer: come puntare sul digitale senza togliere budget alla TV lineare

Abbiamo bisogno di storie, di racconti di esperienze, quindi?

“Ne abbiamo assolutamente bisogno. Credo che il mito del manager creato in laboratorio, con tre quarti di cinismo, quattro centilitri di egocentrismo, narcismo e 50 litri di fame, sia completamente falso. Ogni persona si esprime in una maniera unica e si circonda, forse per una sorta di attrazione dal punto di vista magnetico o energetico, di persone che lo aiutano a realizzare il suo business”.

Ritorniamo al titolo del format e alla sua doppia lettura. Mindfulness ed economia, spinta motivazionale: due approcci filosofici che si contaminano, a contrastare con la traduzione letterale

“Mind o make your business è anche una locuzione che sta per “fatti i fatti tuoi”. Cosa significa? Che scaviamo all’interno delle persone, non del loro business. Sono le persone a guidarlo. Il mondo ha bisogno di un approccio umano, soprattutto in un periodo di grandi cambiamenti. Perché tutto quello che è tecnicismo, in un periodo in cui si sovvertono le regole e cambia il paradigma, è assolutamente velleitario. Puntare alla testa, cercare di scavare all’interno del cuore e cercare di capire come reagiscono, con le loro mani, all’interno delle loro aziende. Persone semplici che ce l’hanno fatta ed ognuna differente. Non ci si può sentire a disagio in questo mondo, anzi è l’occasione per tutti: di ascoltare e cercare di fare il proprio meglio in un mondo che ha più futuro che passato”.

Un format digitale ideato per proiettarsi all’evento fisico

“Noi siamo molto curiosi. Il retail è stato uno settori più impattati dalla pandemia in termini di business. La chiusura del cashflow fa saltare il modello di revenue. Quindi il nostro desiderio è attivare un percorso che possa raccontare esperienze fino all’incontro dal vivo. Il Salone sarà inserito nel Retail Innovation Forum, un inspirational talk. Ci saranno due aree, in fiera a Milano: una parte sarà dedicata al “one stage show” e racconta di futuro, di trend, di quello che potrebbero essere modelli applicabili, con diversi punti di vista. L’accompagnamento digitale contribuisce a creare un engagement con la community, una sorta di best of dell’evento fisico, dove sarà possibile approfondire le tematiche interiorizzate. È l’aspetto umano che ci interessa, il confronto con i protagonisti.

L’altra area sarà sotto il cappello Salone Franchising Milano: quindi ci soffermeremo sulle potenzialità del futuro, creando connessioni con chi questo futuro lo sta cavalcando. Il visionary show diventa concrete show. Il digitale si proietta in incontro e in progetti reali. In uno spazio re-start, con l’opportunità di disegnarli questi progetti”.

Domenico Romano, AD Fandango Club Creators

Un passaggio interessante: dal visionary al concrete, quindi?

“Ascolto, incontro con i protagonisti delle storie, poi visione di cos’è attualmente il mondo del retail per ridisegnare, infine, un nuovo modello verso il futuro”.

Qual è la filosofia che spinge Fandango Club Creators?

“È un sogno che si sta concretizzando e prendendo vita. Fandango Club esiste da tantissimi anni, quest’anno è diventato un incubatore di nuove realtà, di branch. Io sono a capo di Fandango Club Creator. La pandemia ha provocato un approccio frenetico al digital. Il mondo dei canali digitali si è iper prolificato. Non è sparita la voglia di ascoltare storie, anzi il mercato è cresciuto. Ci siamo accorti che di un vuoto di mercato, di un collegamento tra i canali video generalisti ai creatori di storie, compresa la nostra expertice di disegnare esperienze, dal digitale verso il fisico. Ascolto, partecipazione e condivisione. Da Omero ad oggi, l’unica costante è la voglia di raccontare ed ascoltare storie. Chi ha buone storie ha più futuro che passato.

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Novità Instagram: arrivano le inserzioni di Reels

Dopo il successo dei test effettuati in alcuni paesi, oggi annunciamo le Inserzioni di Reels a livello globale. Reels è il luogo migliore per farsi notare dalle persone che non ti conoscono e rappresenta un palcoscenico sempre più popolare dove poter scoprire brand e creator.

Le Inserzioni di Reels aiuteranno le aziende a raggiungere un pubblico più vasto, consentendo alle persone di scoprire nuovi e interessanti contenuti creati da brand e da creator.

Inserzioni di Reels

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Le inserzioni appariranno nelle sezioni più popolari dei contenuti reel come la tab Reels, le Storie, tra i reel in Esplora e nel Feed. Come le inserzioni nelle Storie, anche le inserzioni di Reels saranno a schermo intero e verticali, e appariranno a intervalli tra i singoli reel, con una durata fino a 30 secondi. Le persone potranno commentare, mettere “mi piace”, visualizzare, salvare e anche condividere tutte le inserzioni di Reels.

Reels è un ottimo modo per scoprire nuovi contenuti su Instagram, ecco perchè le inserzioni vanno in questa direzione. Per i brand, questo significa avere a disposizione una nuova modalità creativa per interagire con il proprio pubblico.

Afferma Justin Osofsky, Chief Operating Officer di Instagram.

Proprio come per qualsiasi altra inserzione su Instagram, forniremo alle persone la possibilità di controllare anche quelle che compaiono come Reels dando, ad esempio, la possibilità di saltare, nascondere o segnalare un’inserzione non gradita.

Per maggiori informazioni su come creare un’inserzione di Reels, visita il Centro Assistenza di Instagram.

Podcast marketing: come una startup sta rivoluzionando il settore

Cosa rende un’azienda veramente Unbreakable?

Avere una visione forte di lungo periodo, trovare un obiettivo, scegliere il proprio destino.

Ce lo spiega Francesco Tassi, founder di Vois, realtà attiva nel mondo del branded podcast e autore del podcast “Io Credo”, raggiunto a Modena dal CEO Ninja Mirko Pallera durante il percorso di N-Conference sul Ninja Van.

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Il motto di Francesco è: having strong views, loosely held. Visioni forti, con mano morbida.

Avere una visione forte di lungo periodo sapendo che il come arrivarci potrebbe cambiare durante il percorso e avere la prontezza di capire quanto tempo ancora insisterci e quando lasciar perdere. Il podcast si sta rilevando un trend interessante per il futuro. In Vois, durante il periodo del primo lockdown, Francesco e il suo staff di remote working, si sono trovati in difficoltà, alla ricerca di nuovi stimoli creativi.

L’Italia non era pronta al podcast

La mission di Vois è produrre podcast a 360°: branded podcast, original podcast, podcast advertising. Nel 2017 Francesco Tassi, lavora in America come ingegnere, e lì inizia ad avvicinarsi e appassionarsi al mondo dell’audio:

Mi sono letteralmente innamorato, ho conosciuto questo mondo nuovo, diverso e affascinante. In America il podcast era in voga da un po’, così ho deciso di trasferirne l’uso in Italia. Ho lasciato tutto, sono tornato a casa e ho iniziato subito due percorsi di accelerazione.

Ma qualcosa non ha funzionato, era troppo presto, l’Italia non era pronta all’uso del podcast.

Nel 2019 ha prodotto un’applicazione, che non ha riscosso troppo successo, le numeriche non si sono rilevate interessanti per gli investitori. Si sceglieva il podcast in base agli interessi, era una sorta di radio personalizzata che mescolava podcast e musica, selezionando dall’ ID Apple e da Spotify la musica preferita, per poi realizzare un’unica playlist che riproducesse podcast e musica preferita.

Vois si basa molto sul manifesto dancing hip hop, Francesco è un ballerino di break dance e si porta dietro un bagaglio culturale di vita molto particolare, il manifesto è: Love Unity and Having Fun, e riporta molto al concetto di community, con un pizzico di divertimento.

Nel 2019 iniziamo a rilasciare molti prodotti, tra cui anche skill per Alexa, ma di nuovo tutti i sogni si infrangono. Successivamente vinciamo un bando di Torino e chiudiamo una collaborazione con l’azienda BMW per l’applicazione. Quindi creiamo l’app a Monaco, ma ci siamo resi conto che mancavano i contenuti, quindi ci buttiamo alla ricerca di investitori per il progetto. Ci siamo messi sotto, e insieme ad Andrea, è rinato Vois. Il nome precedente era Fortune, poi abbiamo fatto rebranding, abbiamo cambiato logo e abbiamo iniziato ad essere una start up degna di nota.

Sindrome del cubo

È importante inseguire le proprie passioni, ma non ci si deve fermare lì, bisogna avere il coraggio di rincorrerle. Il vero momento non è quando butti tutto, ma quando ci si lavora sù.

Ci sono molte idee per la creazione di start up, ma molti hanno paura di validare l’idea, il prodotto deve essere venduto. Questa è la sindrome del cubo: inseguire un sogno dalle 9 alle 17, e poi chiudere.

Vois ha creato l’influencer marketing sui podcast, aiutano i brand a fare pubblicità e gestiscono un network di milioni di impression al mese di creator di podcaster.

Siamo abituati a credere che esista il tuo lavoro, la tua passione e la tua chiamata, in realtà viviamo in un mondo multi potenziale e tante persone si riconoscono in questa fase. Fai una cosa, ti diverte tantissimo ma dopo un po’ ti stanca, sempre meno tempo dedichiamo a qualcosa che ci appassiona.

Il segreto di Francesco

È sufficiente trovare 3 cose che ci piacciono, ed essere il 25% tra i più bravi delle 3 cose: mescolando si rientra nelle proprie passioni e si avrà una buona chance di arrivarci fino in fondo.

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bionano genomics

Bionano Genomics è l’azienda che mappa il DNA umano da tenere d’occhio

Inutile dire che la pandemia di questi due ultimi anni ha messo sotto i riflettori finanziari, e non, tutte le più importanti company mondiali impiegate nel settore sanità ed innovazione scientifica: da chi ha brevettato sistemi di tracciamento e trasmissione del virus, a chi, più di recente, ha lanciato sul mercato i tanto temuti e chiacchierati vaccini.

Gli esperti non hanno dubbi: investire sul comparto salute oggi è la scelta migliore da fare con un mercato che vale circa 1 miliardo e 300 milioni di dollari.

Sul podio delle aziende e dei titoli a cui prestare attenzione troviamo al primo posto Abbott Laboratories specializzata nel mercato diagnostico.

Il brand ha fatto successo con i sistemi di individuazione del Covid-19; seconda è Johnson & Johnson la compagnia di ricerca scientifica più importante al mondo e tra le prime a lanciare il proprio vaccino anti Covid-19; terza, la bio-tech company Moderna, da sempre impegnata nello studio di vaccini antinfluenzali, pandemici compresi; segue, ma comunque con risultati degni di nota, Vertex Pharmaceuticals da sempre impiegata nella lotta alla fibrosi cistica.

Sulla scia di questi big names troviamo Bionano Genomics, una delle aziende tecnologicamente più avanzate al mondo in materia di studio del DNA umano, con tecnologie in grado di tracciarne ogni minima variazione con l’obiettivo ambizioso di combattere malattie come cancro e SLA.

Bionano Genomics, cosa fa l’azienda che mappa il DNA umano

Potremmo definire Bionano Genomics come un’azienda di tecnologia e innovazione scientifica, in cui la prima è al servizio della seconda per la creazione di strumenti sempre più evoluti e precisi in grado di indagare ed individuare ogni piccola variazione del DNA umano, andando a prevedere lo sviluppo di malattie genetiche come il cancro, l’alzheimer o la sclerosi multipla.

Uno degli ultimi prodotti di casa Genomics, e quello che secondo le stime porterà la maggior fetta di utili con numeri che vanno da 2 miliardi e 600 fino a 3 miliardi e 800 dollari, è Saphyr una delle tecnologie più affidabili al mondo di analisi genetica che l’azienda punta a vendere a ospedali, cliniche e centri studi nei prossimi anni.

Saphyr, infatti, è uno strumento in grado di analizzare campioni cellulari contenenti DNA e di indagare, esaminando la genetica delle cellule prelevate, l’eventuale presenza di malattie degenerative.

L’azienda californiana conta, oltre all’ultimo arrivato, anche questi prodotti:

  • Bionano Chips: chip studiati per la registrazione e l’uso dei macchinari del brand trasformando gli input ricevuti direttamente in immagini di output.
  • Bionano Sample Prep Kits: Isolation & Labeling: kit disponibili per il prelievo sterile di campioni di DNA, ottimali per predisporre tutto il materiale da analizzare.
    Tali kit possono essere usati su cellule vegetali, animali o umane, ossa comprese.
  • Software di elaborazione a supporto in grado di colloquiare con i diversi sistemi tecnologici di Bionano Genomics.

La forza di Bionano Genomics, non risiede solo nell’alto profilo tecnologico, ma anche nel fornire ai clienti un servizio completo di chip e software per il funzionamento e servizi di consulenza, analisi e test del risultato, anche grazie alla recente acquisizione di Lineagen, che è subito diventata una divisione dedicata all’interno del brand.

Il 4 maggio di quest’anno Bionano Genomics ha anche annunciato di aver brevettato negli Stati Uniti il proprio sistema di etichettatura di molecole di DNA, dopo che questo è stato linearizzato in nanocanali.

Tale brevetto comprende particolari tecniche di mappatura ed analisi genetiche di parti del genoma messo sotto indagine. L’obiettivo è quello di continuare a creare e brevettare tecniche proprietarie per l’indagine genetica andando, così, a salvaguardare la proprietà intellettuale.

BNGO, Bionano Genomics al Nasdaq: crescita e previsioni

Definita “meme stock”, cioè tra le azioni che sono diventate famose e in continua crescita non tanto per le performaces dell’azienda che le emette, ma più per la viralità delle stesse, BNGO (Bionano Genomics) si è rivelato un valido investimento, sebbene fosse partito con un prezzo per stock di 17 centesimi.

La crescita di interesse e di valore di Bionano Genomics è cresciuta tra la fine del 2020 e gennaio 2021, quando l’azienda ha lanciato Saphyr e le sue applicazioni, puntando non solo sul campo delle mutazioni genetiche, ma anche sull’indagine dell’evoluzione dei virus (come il COVID-19) e le differenti conseguenze sui malati, spesso diametralmente opposte.

Bionano Genomics non è rimasta esente dalle fluttuazioni azionarie tipiche del mercato borsistico, con previsioni che vedono alti e bassi nel breve termine, ma che sul lungo possono portare a una buona remunerazione.

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I dati 2020 parlano di una crescita del valore nominale del titolo da 3.08 dollari a inizio anno fino ad un massimo, raggiunto in febbraio, di 15.69 dollari.

Le performance in un anno, per sottolineare la bontà del titolo sul lungo periodo, è quindi di +1703,32%.

Bionano Genomics ha dichiarato che il 2020 è stato l’anno di semina con il lancio di Saphyr, ma il 2021, grazie ad una stabilità finanziaria più decisa, sarà l’anno dell’espansione, con una raccolta nel primo trimestre di 335 milioni di dollari.

A maggio sono stati pubblicati i risultati relativi al primo trimestre 2021.

  • La revenue dichiarata è di 3 milioni e 200 dollari, con un incremento del 179% sull’anno: il doppio delle stime previste
  • La perdita netta è stata di 9,9 milioni di dollari, inferiori ai 10 milioni e mezzo dello stesso periodo nel 2020
  • La liquidità di cassa ha subito una variazione positiva di 362 milioni, che comparata ai 38 milioni della fine 2020 ha nettamente registrato un rialzo
  • Il margine lordo, se comparato al margine lordo 2020 nello stesso periodo, è salito dal 25 al 33 percento.

Il campo dell’innovazione medica si conferma ancora tra i settori su cui l’attenzione degli investitori di borsa si fa più attenta.

Le fluttuazioni azionarie di BNGO sono consultabili qui

Bionano Genomics, parola agli esperti e news per il futuro

BNGO è davvero l’El Dorado che sembra per gli investitori? Sicuramente, è innegabile che il valore delle azioni e dell’azienda sia cresciuto negli ultimi anni.

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L’annuncio di maggio di un brevetto per la tecnologia di Bionano Genomics rende già l’azienda più protetta dagli attacchi del mercato e dà al brand la possibilità di sperimentare e lanciare nuovi prodotti sul mercato, come Cytopia, un progetto tutto nuovo.

Cytopia è la nuova tecnologia di Bionano Genomics che permette l’esplorazione del DNA, non solo delle disfunzioni, ma della mappatura vera e propria, con l’analisi di più campioni cellulari nel modo più veloce e preciso possibile.

Sfrutta la citogenica, cioè l’analisi “a microscopio” di ogni cromosoma contenuto nelle diverse cellule, su cui verificare ogni piccola anomalia o modifica presente.

Greenroom, la nuova social app di Spotify che sfida Clubhouse

Si chiama Greenroom ed è la nuova social app audio lanciata da Spotify. Disponibile in versione mobile per tutti i dispositivi iOS ed Android in 135 Paesi del mondo, è la risposta a Clubhouse, ma si contraddistingue per la possibilità di interagire attraverso una chat di messaggistica dal vivo incorporata, che l’host può attivare o disattivare ogni volta che lo desidera, e di trasformare le conversazioni in podcast. La competizione tra le big tech per il primato del social audio diventa sempre più serrata, a colpi di innovazioni, con la possibilità per i nuovi competitor in campo di disporre, però, di una platea di pubblico già consolidata, come nel caso di Spotify, leader nello streaming audio, con un ecosistema che supera i 350milioni di utenti nel mondo.

Per “parlare di musica, sport e cultura dal vivo”, sottolinea l’azienda. La nuova app permette, infatti, di creare stanze, di ascoltare o parlare dal vivo, di aprire forum e dibattiti.

“Sii tu il creator”: l’invito di Spotify

Stanze dal vivo uniche. Su Greenroom troverai conversazioni con i migliori artisti, atleti e persone informate”, garantisce Spotify, ma anche “creare Live Rooms e iniziare conversazioni su qualsiasi argomento, selezionando un gruppo”.

Oltre a consentire agli utenti di Spotify di tutto il mondo di partecipare o ospitare sale audio dal vivo e tradurle in podcast, Spotify annuncia anche un Fondo per i creator che contribuirà ad alimentare la nuova app con più contenuti in futuro.

Lo scorso marzo, Spotify aveva annunciato l’acquisizione di Locker Room”, un’app in cui gli appassionati di sport potevano incontrarsi, per accelerare il suo ingresso nel mercato dell’audio dal vivo. Infatti Spotify Greenroom si sviluppa dal codice esistente di Locker Room, in un evidente restyling, sebbene l’interfaccia utente sia molto simile a quella delle attuali social audio esistenti (Clubhouse, Twitter Spaces, Facebook e LinkedIn), ma con font, iconografia e tavolozza colori identificativi di Spotify. Ogni profilo avrà la possibilità di inserire, inoltre, link di rimando a Twitter e YouTube.

I creator della stanza con relativi altoparlanti sono visualizzati nella parte superiore con icone di profilo arrotondate, mentre la platea di ascoltatori in basso con icone più piccole. Anche le funzionalità sono le stesse, con la possibilità di mutarsi, con il controllo moderazione e l’opzione di portare sul palco l’audience. Le room potranno ospitare fino a 1.000 persone, numero che Spotify pensa di allargare in seguito. La funzione di chat di testo dal vivo può essere attivata o disattivata dall’host ogni volta che lo desidera. Al momento, però, è disponibile solo in lingua inglese.

Per garantire una certa attendibilità ai profili, nascono le Gems, ovvero delle “gemme” (simili a diamanti), una sorta di applauso virtuale, una funzionalità ereditata “dallo spogliatoio” di Looker Room. Il numero di gemme guadagnate da un relatore viene visualizzato accanto all’immagine del profilo durante una sessione, ma al momento non è previsto un valore monetario associato.

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Privacy e Codice Etico: le session Greenroom registrate da Spotify

Se la privacy è stata una delle principali difficoltà sperimentata da app come Clubhouse, nella Greenroom le sessioni audio dal vivo saranno registrate dallo stesso Spotify. La società afferma, infatti, che “la registrazione ha scopo di moderazione”: una sfida, quindi, per le piattaforme audio live. Se un utente segnala qualcosa in una sala audio Greenroom, Spotify può tornare a esaminare la questione, per determinare quale tipo di azioni intraprendere, magari chiudendo room audio che violano il suo Codice di condotta. La moderazione dei contenuti, gestita dal suo team dedicato esistente, è tesa, quindi, ad evitare abusi o distorsioni come misoginia e razzismo, come è accaduto invece su Clubhouse, costretta a chiudere delle room per antisemitismo e incitamento all’odio.

Spotify Creator Fund

“Greenroom è l’evoluzione naturale delle prospettive che Spotify ha già precedentemente fissato per il proprio impegno nel mondo dei podcast”, spiega l’azienda che ha anche annunciato lo Spotify Creator Fund, che aiuterà i creatori di audio negli Stati Uniti a generare entrate per il loro lavoro. La società, tuttavia, ha rifiutato di condividere qualsiasi dettaglio su questo fronte, come la dimensione del fondo, i tempi per le distribuzioni, i criteri di selezione o altri fattori. La finalità degli incentivi servirà ad incoraggiare nella creazione di contenuti originali ed imporsi come player di riferimento per il settore del podcasting.

Spotify Greenroom sarà inoltre  commercializzata per gli artisti attraverso i suoi canali Spotify for Artists, per stimolare sull’app contenuti incentrati sulla musica. Secondo indiscrezioni, le testate giornalistiche affiliate potranno avere un badge da visualizzare sull’avatar del profilo come brand identity.

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Come creare il proprio profilo su Greenroom

Per utilizzare l’app, gli utenti di Spotify accederanno con le informazioni del loro account Spotify attuale. Verranno quindi guidati attraverso un’esperienza di “on boarding” progettata per collegarli ai loro interessi.

Il processo di ricerca di programmi audio da ascoltare si basa principalmente sugli utenti che si uniscono ai gruppi all’interno dell’app. Spotify, però, chiarisce che il piano (a lungo termine) è che Greenroom sfrutti la tecnologia di personalizzazione di Spotify per connettere meglio gli utenti ai contenuti che vorrebbero ascoltare (anche grazie alla aapacità interna di targetizzazione della propria audience per mood di ascolto). Ad esempio, potrebbe inviare notifiche agli utenti se un podcaster già seguito su Spotify è in diretta su Greenroom.

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come arrivare ai gamers attraverso i social media

Come raggiungere i gamers attraverso i Social Media

  • L’86% degli utenti Internet gioca su qualsiasi tipo di dispositivo e questa cifra non è cambiata quasi mai dal 2015;
  • il gaming online è ora il mezzo dominante, con il 22% dei giocatori che ha acquistato un gioco tramite servizio digitale nell’ultimo mese;
  • il 35% dei followers degli eSport segue un giocatore specifico o una squadra di eSport sui Social Media.

L’industria del gaming online si è consolidata nell’ultimo anno e mezzo, principalmente come conseguenza della pandemia di Covid-19, e secondo le previsioni di mercato dovrebbe superare i 200 miliardi di dollari di entrate nel 2023.

In generale si analizza il gaming online dal punto di vista del mercato, dei Brand e dei giochi disponibili, ma si rivolge poca attenzione ai profili dei singoli giocatori. 

Per riuscire ad intercettare questo target sui Social Media è necessaria una visione a 360 gradi della vita dei giocatori sia online che offline, per capire in profondità cosa caratterizza il giocatore moderno.

Prima di tutto, bisogna sapere che il target “gamers” comprende un ecosistema di diversi sottogruppi e identità. Ci sono persone che giocano per motivi differenti e su dispositivi diversi, oppure che consumano contenuti di gioco – per esempio guardando le dirette su Twitch. Infine ci sono gli eSport, che appartengono a un mondo differente.

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Cerchiamo quindi di capire chi sono e cosa cercano i gamers in questo articolo basato sul report “The Gaming Playbook” pubblicato da Global Web Index, che raccoglie i dati tratti dalla ricerca effettuata su 19.488 giocatori di età compresa tra 16 e 64 anni, condotta in 15 mercati (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Filippine, Spagna, Tailandia, Regno Unito e Stati Uniti).

Da questa ricerca possiamo estrarre 5 insight principali che aiutano a sviluppare una strategia Social efficace per raggiungere i gamers online.

#1 Il target gamers è più vasto di quello che si possa immaginare

Anche se può sembrare che la pandemia di Covid-19 abbia creato una legione di nuovi giocatori, il mondo dei gamers è sempre stato più grande di quello che i Brand si immaginavano.

Il pubblico dei videogiochi infatti è sempre stato consistente – anche se è rimasto sommerso per anni. I dati mostrano che l’86% degli utenti Internet gioca su qualsiasi tipo di dispositivo e questa cifra non è cambiata quasi mai dal 2015. 

Quello che è successo realmente è che il lockdown e la mancanza di altri modi di passare il tempo hanno evidenziato quante sono effettivamente le persone che giocano online.

In particolare, è interessante vedere quanto sia centrale l’aspetto sociale per i giocatori nel 2021 – dato il distanziamento forzato nella vita reale. La maggior parte dei gamers tra i 16 e i 24 anni gioca per socializzare con gli amici (35%) al contrario della fascia 25-34 anni che gioca per il gusto della sfida (30%).

Un dato collegato è anche quello relativo ai tipi di giochi preferiti dagli utenti. Risulta infatti che dal 2018 quelli di simulazione (+24%) abbiano registrato la crescita maggiore, seguiti da rompicapo e strategia (+15%).

Questi tre tipi di giochi diversi hanno alcune caratteristiche in comune, che possiamo identificare con i termini immersione, competizione e cognizione.

Quando parliamo di immersione ci riferiamo modalità di gioco dove i partecipanti simulano la vita in un mondo virtuale persistente, come se fosse un luogo realmente abitato – due tra gli esempi più famosi sono Fortnite e Animal Crossing.

La competizione si riferisce ovviamente a generi basati sul multiplayer competitivo, in particolare il battle royale. Risulta infatti molto difficile ignorare l’impatto che ha avuto – per esempio – Fortnite, che ha permesso a centinaia, se non migliaia di persone, di giocare insieme contemporaneamente.

Per ultimo parliamo di cognizione, un termine che si collega maggiormente ai giochi caratterizzati da meccanismi di risoluzione dei problemi e di ricompense, che offrono un’esperienza completa e complessa che va più in là di una semplice giocata occasionale.

Ovviamente ci sono ancora molti giocatori occasionali, ma possiamo vedere come i giocatori stiano cercando esperienze più stimolanti mentalmente, probabilmente causate dalla necessità di riempire il tempo libero durante il lockdown dovuto alla pandemia.

#2 I gamers possiedono in media due o più console diverse

Se in passato era probabile che un gamer avesse solo una console – per esempio la PlayStation o l’Xbox – negli ultimi anni l’adozione di più console da parte di un singolo giocatore sta diventando sempre più comune, in quanto i consumatori non vogliono essere limitati nei confronti dell’offerta. 

Inoltre, è interessante osservare come i gamers con figli hanno il 24% di probabilità in più di possedere 2 o più console, dimostrando come diversi marchi hanno potere di acquisto su differenti target nella stessa famiglia. 

Per esempio, nonostante Playstation sia il leader in questo segmento, vediamo come il dispositivo Nintendo Switch si è impadronito dello slot della “seconda console” in un anno da record.

Ma anche se le vendite di videogiochi fisici giocano ancora un ruolo importante, c’è stato un calo del 13% tra i giocatori di console tra il primo e il quarto trimestre del 2020 – il che significa che il gaming online è ora il mezzo dominante, con il 22% dei giocatori che ha acquistato un gioco tramite servizio digitale nell’ultimo mese.

Quindi è importante menzionare i servizi di abbonamento che permettono il multiplayer online e offrono ai giocatori news, giochi gratuiti o sconti esclusivi, che attraggono principalmente giocatori frequenti con maggiore capacità di spesa.

Infine, esistono anche servizi di cloud gaming – come ad esempio Xbox Game Pass o PSNow – che forniscono accesso a librerie di giochi meno recenti e aggiornate.

#3 Il videogioco è solo la punta dell’iceberg: quello che conta sono gli acquisti in-app e i componenti aggiuntivi

Le microtransazioni, i DLC (DownLoadable Content) e i componenti aggiuntivi sono diventati importanti fonti di guadagno negli ultimi anni, fino a superare il videogioco stesso.

Molti giochi free-to-play infatti – come Fortnite e League of Legends – hanno guadagnato soldi a palate con gli acquisti in-app di nuovi costumi per i personaggi o upgrade di livello. Activision-Blizzard ha guadagnato $1,2 miliardi di entrate tra luglio e settembre 2020 provenienti esclusivamente da microtransazioni in-game.

La maggior parte dei giocatori nei mercati analizzati afferma di spendere una media di $10 al mese in acquisti in-game. Coloro che spendono di più (arrivando a spendere anche $50 al mese) risultano essere millennial uomini con un reddito alto.

Dall’altro lato le giocatrici donna acquistano più micro-transazioni rispetto ad altri componenti aggiuntivi, probabilmente a causa del loro interesse per i marchi che offrono prodotti personalizzati. 

Se guardiamo invece all’età dei gamers, vediamo come le generazioni più giovani (GenZ) siano molto più propense ad acquistare DLC e abbonamenti stagionali rispetto ai Millennials.

Parlando di console, i giocatori di Xbox e Nintendo Switch hanno maggiori probabilità di acquistare componenti aggiuntivi rispetto ai giocatori di PlayStation. 

Possiamo quindi dedurre che capire chi acquista cosa e perché è fondamentale per riuscire a raggiungere il target corretto in modo diretto.

#4 I Social Media sono la fonte di informazione principale dei gamers

Come succede per qualsiasi altro consumatore, anche ai gamers piace condividere e discutere delle loro esperienze tra loro, soprattutto attraverso i propri canali social. 

Ed è per questo che i giocatori con una presenza attiva sui Social Media possono rivelarsi importanti leve di comunicazione per un Brand. Esiste infatti un vasto ecosistema di comunità online di gamers occasionali o professionali che scambiano pareri e recensioni sui social, ed è fondamentale riuscire ad intercettarli.

In queste comunità si osservano principalmente tre tipi di gamers:

  • Passivi: giocatori le cui opinioni sono ricavate da esperienze di conoscenti stretti o create a partire da contenuti condivisi dai Brand, oppure dalle recensioni degli Streamers online, ma che raramente vengono condivise online con altri utenti;
  • Critici: giocatori che hanno blog tematici, scrivono recensioni online, partecipano alle comunità online o pubblicano spesso sui Social Media. Un pubblico che può risultare influente per plasmare le opinioni degli altri consumatori;
  • Streamer: giocatori che trasmettono in streaming le loro giocate o caricando video su piattaforme di condivisione video; sono paragonabili ai critici, ma in genere più informati ed esperti sul tema.

Vale la pena notare come gli amici – online o offline – rimangono fortemente influenti sulle decisioni e il comportamento dei gamers. Sapere che qualcosa viene consigliato da un amico, che probabilmente ha gli stessi interessi e gusti in tema di videogiochi – sarà sempre importante. 

Inoltre, se da un lato i siti di intrattenimento e le riviste di giochi non vengano particolarmente consultati dal pubblico passivo, vediamo come influiscano notevolmente sugli streamer, plasmando le loro opinioni e di conseguenza i contenuti che probabilmente arriveranno indirettamente al pubblico passivo tramite i Social Media.

#5 Gli eSport catalizzano gli investimenti pubblicitari dei grandi Brand

Nel corso degli anni, gli eSport – ovvero i giochi competitivi professionali – hanno seguito una evoluzione a sé stante, fino a consolidarsi come una delle forme di gaming più famose, ma soprattutto redditizie per i Brand. 

Si prevede infatti che i ricavi pubblicitari provenienti solo dagli eSport sfioreranno i $1,8 miliardi entro il 2023 e gli spettatori totali raggiungeranno i 646 milioni entro lo stesso anno. Inoltre, visto che la pandemia ha ridotto gli eventi sportivi dal vivo, anche gli eSport hanno contribuito a colmare il vuoto sociale e di intrattenimento lasciato alle spalle.

Con rispetto al pubblico generale dei gamers, i giocatori di eSport si differenziano sotto diversi aspetti, in particolare per quanto riguarda il loro atteggiamento nei confronti delle sponsorizzazioni.

In generale, possiamo vedere come Generazione Z e Millennials siano le fasce di età maggiormente interessate agli eSport. Ma anche tra i giocatori più anziani della Generazione X troviamo un 38% di seguaci degli eSport.

Per quanto riguarda il sesso, anche se per anni gli eSport sono stati percepiti come uno spazio dominato dagli uomini, osserviamo un 42% di donne giocatrici rispetto alla controparte maschile maschili al 58%.

Emerge inoltre che oltre la metà dei gamers amano i giochi con forti personaggi femminili e il 35% segue un giocatore specifico o una squadra di eSport sui Social Media. Questo dato suggerisce che una strategia efficace per i Brand potrebbe essere quella di utilizzare squadre e giocatori di eSport come Influencer nelle loro campagne. 

Infine, questo gruppo di giocatori è fortemente concentrato sulla comunità ed è disposto a spendere in prodotti premium, mostrando una maggiore ricettività nei confronti degli annunci.

La ricerca mostra come i follower degli eSport apprezzano molto lo status sociale, il coinvolgimento e l’esclusività, infatti hanno il 33% di probabilità in più rispetto al giocatore medio di volere che i brand gestiscano community e forum tematici.

Sono anche molto più propensi a promuovere il loro Brand preferito quando migliora il loro stato online oppure se hanno accesso a contenuti o servizi esclusivi grazie ad esso.

Per concludere, parafrasando le parole di Nina Mackie – Direttore Global Agency Partnerships di Admix – possiamo affermare che oggigiorno il targeting dei gamers è cruciale per gli inserzionisti.

Il settore del gaming online pesa per 2,5 miliardi dollari dei 2,7 miliardi del mercato globale dei videogiochi e incorpora quasi tutti i dati demografici immaginabili. Per i Brand che cercano di incorporare la pubblicità in-play nei loro piani di marketing, è indispensabile una strategia basata sugli insight per raggiungere il pubblico obiettivo.