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gaming e NFT

Gaming e NFT: Ready Player One sta per diventare realtà?

Scopriamo come sono strettamente collegati tra loro due mondi che, apparentemente, sembrano separati: Gaming e NFT.

NFT è un acronimo, il suo significato è non-fungible token e rappresenta qualcosa di unico, inimitabile e non replicabile o sostituibile.

Gli NFT sono diventati molto popolari negli ultimi mesi come un modo per acquistare e vendere arte e oggetti da collezione in formato digitale. Anche una GIF, un meme, insomma, qualsiasi media, può essere venduto sotto forma di NFT. 

In pratica, un NFT assegna un certificato unico e non intercambiabile a un dato oggetto virtuale e ne conferma la proprietà tramite blockchain.

L’obiettivo della blockchain è consentire la registrazione e la distribuzione delle informazioni digitali, ma non la modifica. Una blockchain è la base per registri immutabili o registrazioni di transazioni che non possono essere alterati, cancellati o distrutti.

Un NFT rappresenta un certificato di autenticità di un’opera, di un video o di un file digitale che sia un’immagine o un suono.

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Ed è proprio l’uso di NFT per vendere arte digitale dal valore di milioni di dollari che ha portato molti sviluppatori a vedere il suo potenziale in diversi ambiti, tra cui quello del gaming.

Gaming e NFT

NFT e Gaming: i giocatori possono guadagnarci?

Le persone possono guadagnarsi da vivere (magari con gli NFT) giocando online? 

Durante la pandemia, lo sappiamo, molte cose sono cambiate, anche la concezione del lavoro e di come vivere il proprio tempo. Tante persone poi hanno rivalutato le proprie posizioni lavorative, soprattutto i più giovani.

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Il caso di Axie Infinity

In tanti stanno valutando e sperimentando modi alternativi per guadagnare online. Uno di questi metodi per fare soldi è attraverso un gioco online, Axie Infinity.

Il concetto alla base di questo gioco è simile a quello dei Pokémon, in cui i giocatori raccolgono, allevano, combattono e scambiano creature digitali. Giocare in media fa guadagnare circa 400 dollari al mese. Tuttavia, questa cifra può variare in base al tasso di cambio della criptovaluta del gioco e del dollaro USA.

Non richiede abilità speciali, il che lo rende un modo praticabile di guadagnarsi da vivere per molte persone.

Entro giugno 2021, Axie Infinity ha guadagnato popolarità nelle Filippine grazie ai numerosi post di diversi giocatori che mostravano i risultati ottenuti, come l’acquisto di una nuova casa. Alcuni giocatori hanno anche prestato le loro creature a coloro che non potevano permettersi d’investire nel gioco, in cambio di una fetta dei profitti.

Come i giocatori e le aziende guadagnano con gli NFT

I giochi basati su NFT sono generalmente scaricabili gratuitamente. Ma per iniziare a giocare bisogna acquistare NFT. Per Axie Infinity, gli NFT sono le creature digitali di cui parlavamo.

Per altri giochi può essere un eroe, un’armatura o un’arma speciale. Giocando alla maggior parte dei giochi NFT, invece di guadagnare solo esperienza e badge con ogni risultato, si ottiene anche una piccola quantità di criptovaluta utilizzata dallo sviluppatore del gioco. Può essere utilizzata per acquistare più oggetti di gioco o incassarla e convertirla in valuta locale. 

Alcuni giochi consentono anche di acquistare e vendere NFT ad altri giocatori.

In questo modo, i nuovi giocatori possono ottenere gli oggetti che desiderano. E per ogni transazione in-game che si verifica, gli sviluppatori di solito prendono una percentuale.

Man mano che più persone si interessano al gioco e investono i loro soldi nelle NFT, i giocatori che giocavano da tempo possono vendere le loro NFT e guadagnare. E per ogni transazione eseguita, guadagna anche lo sviluppatore del gioco.

Nel frattempo, altri giocatori scelgono di farsi strada nel gioco e convertire le criptovalute che guadagnano giocando in valuta locale. 

La società guadagna quando un NFT in-game viene scambiato da una persona all’altra. Ed è proprio l’interesse per il gioco che consente loro di continuare a guadagnare denaro ed espandere e migliorare l’universo di gioco.

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Cosa ne pensano i big del gaming sugli NFT

Valve è la società che gestisce il mercato dominante dei giochi per PC e ha vietato, a denti stretti, applicazioni basate sulla tecnologia blockchain che emettono o consentono lo scambio di criptovalute o NFT. E difatti il divieto di Steam, il servizio di distribuzione digitale di videogiochi di Valve, sulla tecnologia blockchain garantisce che i giochi “play-to-earn” non saranno mainstream troppo presto.

Inoltre, nessuna azienda ha ancora elaborato un meccanismo per distribuire tale software tramite gli app store di Apple o Google. Ci sono ancora poche strade alternative per raggiungere nuovi giocatori al di fuori del sideloading su Android o app desktop tradizionali

E Apple e Google, potrebbero aprirsi a questa possibilità, invece? Nessuno dei due li ha esplicitamente vietati. Ma in questo momento, nemmeno Axie Infinity è disponibile sugli app store per dispositivi mobili, anche se il creatore del gioco intende provare a pubblicarlo per smartphone nei prossimi mesi.

Ovviamente la decisione di Valve ha creato una spaccatura nel settore dei giochi. Epic, sempre desideroso di minare il suo rivale, è intervenuto nella questione e ha affermato che vorrebbe supportare il gioco blockchain, anche se all’inizio non era d’accordo.

Andrew Wilson, il CEO di EA, ha affermato che i giochi NFT e “play-to-earn” potrebbero essere il futuro del gaming, ma ha aggiunto che è ancora troppo presto per capirne la portata. Ubisoft, d’altro canto, ha annunciato ufficialmente la sua intenzione di sviluppare giochi NFT e blockchain “play-to-earn”. Voci di corridoio vociferano che ne aveva già visto il potenziale nel 2018.

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Gaming e NFT: quale sarà la strada per le piattaforme di gaming

Le piattaforme di gaming, nel prossimo futuro, dovranno affrontare una scelta. Bandire completamente questi giochi come ha fatto Steam, o lanciarsi, come Epic, e vedere se c’è un modo per incanalare tutto questo entusiasmo degli sviluppatori in qualcosa di creativo e redditizio.

Ovviamente, non c’è motivo per cui gli NFT in-game acquistati da terze parti debbano offrire ai giocatori vantaggi nel gameplay.

Una skin unica di Fortnite creata da un artista famoso, per esempio, potrebbe avere valore sia per la persona che l’ha venduta che per la persona che l’ha acquistata, e l’equilibrio del gameplay non cambierebbe affatto. Ma se gli NFT influenzano il modo in cui il gioco viene giocato, invece che semplicemente il design, come fa lo sviluppatore a garantire che il gioco sia bilanciato e accessibile a un gran numero di giocatori?

Non è più solo un gioco

Le criptovalute sono notoriamente volatili e lo stesso vale per quelle utilizzate dalla maggior parte dei giochi.

Poiché si basano principalmente su un titolo specifico, o hanno una base di utenti limitata, eventi casuali potrebbero facilmente far fluttuarne il valore. Inoltre, come accade per le altre la criptovaluta di un gioco ha valore solo se c’è domanda di acquisto.

Uno sviluppatore di giochi guadagna solo se ha transazioni continue nel proprio gioco. Quindi, finché le persone sono interessate a giocare e acquistare NFT, lo sviluppatore ci guadagnerà.

Ma poiché molti si cimentano in questi giochi NFT al solo scopo di investire, se non riescono a ottenere rendimenti ragionevoli, potrebbero perdere interesse e passare oltre.

Questo porterebbe a una perdita di giocatori e di conseguenza meno commissioni di transazione. E se la domanda per il gioco diminuisse, si verificherebbe un ulteriore calo del valore della sua NFT e della criptovaluta associata. 

digital law - copertina autori

Digital Law: istruzioni per un uso consapevole del mondo digitale

Sono due mondi che sembrano, apparentemente, lontanissimi fra loro: comunicazione e diritto. Invece la Digital Law è materia sempre più attuale: sono moltissimi i punti di contatto tra i progressi tecnologici e le questioni da regolamentare nel mondo fisico e digitale.

I temi che legano le due realtà sono tanti e, spesso, non di facile soluzione a livello intuitivo. Pensiamo infatti alle regole, spesso non troppo chiare (e rispettate) per i contenuti sponsorizzati e gli influencer (che adesso puntano a un proprio sindacato), ma anche al tanto discusso diritto all’oblio o alla tutela dei minori, che con internet ha assunto sfumature del tutto nuove e sta presentando problematiche non ancora del tutto acclarate.

Quello che appare chiaro è come la legislazione non posso “giocare d’anticipo” sugli sviluppi della tecnologia, ma debba anzi rincorrere continuamente l’innovazione per cercare di minimizzare i rischi a cui tutti siamo esposti.

digital law - vittorio maria corelli - chiara dal ben - copertina

Per chiarire alcuni di questi aspetti, abbiamo fatto qualche domanda a Chiara Dal Ben, Marketing & Innovation Director di Flu e Vittorio Maria Corelli, esperto di diritto civile, bancario e commerciale in ambito giudiziale e stragiudiziale.

Chiara e Vittorio sono anche gli autori di “Digital Law – Istruzioni per un uso consapevole degli strumenti del mondo digitale“, che fa parte della collana Digital Generation di Maggioli Editore.

La rivoluzione digitale ha sconvolto in pochi anni il nostro approccio a diversi aspetti della tecnologia. Lo sviluppo normativo è stato altrettanto rapido?

Partendo dal presupposto che la tecnologia è collegata ad un concetto di azione e di evoluzione riteniamo sia impossibile che il diritto riesca a “tenere il ritmo” dell’evoluzione tecnologica e quindi ad essere costantemente aggiornato.

Quello che, a nostro avviso, dovrebbe fare la normativa non è stare al passo bensì fare un’opera preventiva cercando di anticipare i cambiamenti e quindi arginare le possibili anomalie del sistema.

Proprio questo tema rappresenta una grande sfida per i legislatori in tutto il mondo.

Un altro punto da segnalare riguarda il fatto che l’evoluzione normativa ci sta portando verso l’era dell’informazione totale all’interno della quale l’utente deve essere informato su tutto.

digital law -Chiara dal Ben

Questa tendenza, certamente meritoria, rischia però di ottenere il risultato contrario; la troppa informazione si traduce, nella pratica, nella creazione di un numero eccessivamente elevato di documenti che di fatto creano il risultato inverso ossia quello della disinformazione dell’utente.

Si pensi alla normativa privacy e ai termini e condizioni che quotidianamente l’utente è obbligato ad accettare, tutti documenti che dovrebbero informare il fruitore di internet ma che nella fattività quotidiana si riducono a mere spunte disinformate.

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Internet può essere considerato un diritto da garantire universalmente?

Assolutamente sì: non può essere un diritto da garantire ma un diritto che DEVE essere garantito!

La pandemia ha dato un impulso ancora maggiore alla digitalizzazione e questo ci deve spingere ad operare con più concretezza verso l’obiettivo che veda Internet come un diritto garantito universalmente.

Fondamentale diventa a questo punto il principio dell’accessibilità e al tempo stesso dell’uso consapevole.

Due presupposti che devono necessariamente essere analizzati e sviluppati insieme perché l’accessibilità alla rete senza un’adeguata conoscenza dello strumento causerebbe profondi terremoti sociali e civili.

digital law - Vittorio Maria Corelli

Molte persone sono preoccupate che la privacy non sia tutelata da queste nuove tecnologie. Com’è la situazione ad oggi?

Nella società odierna i dati hanno un’importanza fondamentale, ci piace considerarli come il nuovo “oro nero”, e per questo motivo devono essere tutelati e protetti.

Dal GDPR in poi sono stati fatti numerosi passi in avanti ma il percorso è naturalmente in divenire, anche per la natura endemica del settore.

La normativa di riferimento si trova oggi a dover risolvere importanti problematiche connesse principalmente alla concreta informazione dell’utente e dall’altra parte all’effettività e certezza della risposta sanzionatoria.

I tempi sono maturi per la nascita di un Sindacato degli Influencer?

Si assolutamente. Gli influencer oggi sono una categoria di lavoratori riconosciuta e per tale ragione è corretto che esista un sindacato che, in modo virtuoso e costruttivo, si adoperi affinché non vi siano lesioni ai diritti dei lavoratori.

youtube toglie i non mi piace

Addio “Non mi piace”: YouTube ne nasconderà il numero in tutti i video

Questo è stato di certo un anno particolare soprattutto per chi lavora nel mondo del web. Sono tante le novità che i content creator stanno sperimentando e l’ultima notizia, oggi, arriva proprio da YouTube.

Di cosa si tratta? YouTube sta facendo un esperimento che sembra essere passato pressoché in sordina ma che ha riscontrato un discreto successo.

Il servizio sta implementando una modifica che renderà privato il conteggio dei “Non mi piace” in tutti i video. 

Quello che sappiamo è che il pulsante dei dislike resterà ancora visibile, ma il numero dei “Non mi piace” potrà essere visualizzato solo da chi ha caricato il video sul proprio canale. Il conteggio quindi non sarà disponibile per il resto degli spettatori.

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Una mossa per arginare l’intolleranza dilagante nel web?

È lecito chiedersi se questa mossa è stata pensata per cercare di limitare l’odio dilagante che ormai affolla il mondo del web. 

Il marchio di proprietà di Google è consapevole che alcune persone hanno utilizzato il pulsante dei “Non mi piace” per prendere decisioni sulla visualizzazione di un certo contenuto, ma hanno ritenuto che i conteggi segreti avrebbero aiutato meglio tutta la community in generale.

I content creator alle prime armi o che comunque non vantano grandi numeri, sono più spesso presi di mira da vere e proprie crociate d’odio gratuito, ha affermato YouTube. Questo test si è rivelato utile per ridurre tali molestie.

La mossa creerà teoricamente uno spazio “inclusivo e rispettoso” in cui i videomaker hanno maggiori possibilità di successo e si sentiranno al sicuro e più tutelati.

YouTube

Nascondere al pubblico i “Non mi piace” funzionerà?

Ovviamente non abbiamo alcuna garanzia che questa ultima trovata sarà utile a tutti gli utenti, o che comunque non indurrà i soliti molestatori a trovare alternative per infastidire i creator. 

Tuttavia, non possiamo negare che magari questo gesto potrebbe scoraggiare gli abusi di chi utilizza il pulsante “Non mi piace” con leggerezza, per non parlare di tutti coloro che sperano di far offuscare e censurare i video che si scontrano con le proprie opinioni.

Una cosa è certa, il web è nato come un posto libero e nessuno dovrebbe minare il modo di essere e di esprimersi dell’altro, soprattutto con cattiveria gratuita.

Elon Musk vende azioni Tesla

Elon Musk ha venduto circa 5 miliardi di dollari di azioni Tesla

Il CEO di Tesla Elon Musk ha venduto quasi 5 miliardi di dollari in azioni Tesla, secondo i documenti finanziari appena pubblicati. Possiede però ancora più di 166 milioni di azioni.

Il suo trust ha venduto più di 3,5 milioni di azioni per un valore di oltre 3,88 miliardi di dollari in una raffica di scambi effettuati martedì e mercoledì. Queste transazioni non sono state contrassegnate come 10b5, il che significa che non erano vendite programmate.

I documenti hanno mostrato che Musk sta vendendo un blocco separato di azioni Tesla attraverso un piano programmato dal 14 settembre di quest’anno. Queste vendite ammontano a più di 930.000 azioni per un valore di oltre 1,1 miliardi di dollari.

elon musk vende azioni Tesla

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Il sondaggio sulle azioni Tesla e il crollo in borsa

Prima che il piano di vendita fosse reso pubblico, Musk aveva chiesto ai suoi 62,5 milioni di follower su Twitter di votare in un sondaggio informale, dicendo loro che il loro voto avrebbe determinato il futuro delle sue partecipazioni in Tesla.

I documenti rivelano che, in effetti, era già a conoscenza che alcune delle sue azioni erano destinate alla vendita in questa settimana.

Dopo il sondaggio su Twitter, le azioni di Tesla sono crollate più del 15% tra lunedì e martedì, prima di rimbalzare del 4% mercoledì. Il limite del 10% per cento delle azioni di cui si parla nel sondaggio è ancora molto lontano: Musk dovrebbe dar via ancora circa 17 milioni di azioni per arrivarci.

Le vendite aggiuntive di azioni non erano quindi previste e forniscono a Musk notevoli riserve di denaro, dato che la sua ricchezza è in gran parte legata proprio alle sue partecipazioni in Tesla e SpaceX.

Musk ha infatti più di 20 milioni di ulteriori stock option che scadranno ad agosto del prossimo anno.

Il CEO di Tesla è la persona più ricca del mondo, con un patrimonio di quasi 300 miliardi di dollari.

Conto corrente

Come riprenderti un po’ del tuo tempo libero? Ci pensa Enel X Pay

C’è una cosa che tutti vorremmo avere maggiormente a disposizione e che non sembra bastare mai: il tempo

Quante volte ci siamo lamentati di non averne a sufficienza, che le giornate sembrano volare e che non riusciamo a fare tutto ciò che vorremmo? 

Forse il problema non è esattamente il tempo, ma la gestione di esso. Pensiamoci bene: ogni volta che siamo in fila alla posta per pagare le bollette o una multa, non vorremmo essere da tutt’altra parte? Magari a casa, sul divano, a leggere un romanzo, o in centro per un aperitivo con gli amici. 

Una soluzione smart che vada incontro a questa esigenza potrebbe semplificarci la vita e farci guadagnare del tempo prezioso per fare quello che ci sta più a cuore.

conto digitale tempo

Enel X Pay: comodità e innovazione a portata di click

Enel X Pay è la soluzione completa per chi cerca un conto online, con IBAN italiano e carta Mastercard, ma anche per chi vuole semplicemente pagare l’ultima bolletta senza complicazioni da app o web.

A cosa serve Enel X Pay: i servizi

Enel X Pay ci consente di fare acquisti e pagamenti quando, dove e come vogliamo. Che sia da App o web, Enel X Pay offre una soluzione semplice e immediata.

conto corrente digitale

Conto online Enel X Pay

Con Enel X Pay hai un conto con cui gestire in tempo reale le tue finanze e semplificare le tue spese quotidiane. 

Paghi con la comodità di un tap pagoPA, bollettini, MAV e RAV, bollo auto e multe, effettui bonifici illimitati e gratuiti verso tutti, ricevi e scambi denaro con altri utenti Enel X Pay in modo immediato e gratuito. Dobbiamo dividere un conto al ristorante oppure organizzare una colletta per un regalo di compleanno? Con Enel X Pay è facilissimo! 

Pagamenti da App e Web 

Se però non volessimo aprire il conto online, possiamo scaricare l’app Enel X Pay, registrarci ed effettuare il pagamento di pagoPA, bollettini, bollo auto, MAV e RAV con la carta che si preferisce. Le ricevute sempre a portata di mano in app.

In alternativa, Enel X Pay offre anche la possibilità di effettuare tutti i pagamenti dal proprio sito pay.enelx.com.

Enel X Pay e pagoPA: pagare tasse e bollette in modo innovativo per risparmiare tempo

Con Enel X Pay effettui i pagamenti pagoPA, la piattaforma nazionale digitale che permette di saldare tributi, imposte o rette verso la Pubblica Amministrazione e altre realtà aderenti.  

Cosa possiamo pagare con pagoPA? Tributi, tasse, utenze, bolli, ticket sanitari e quote associative, per citarne qualcuna. Con Enel X Pay e pagoPA possiamo saldare tutto in pochi click. 

Che sia da App o sito Web, Enel X Pay è la soluzione per la gestione delle proprie spese quotidiane. Inoltre, gli avvisi pagoPA di Enel Energia non prevedono commissioni!

Più tempo libero meno stress

In un mondo sempre più connesso poter svolgere attività essenziali online porta di certo a una maggiore comodità e risparmio in termini di tempo, energia e denaro. E voi, siete pronti a riprendere un po’ del vostro tempo libero?

lasciare il lavoro è un trend: i giovani lo urlano su TikTok

Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

I giovani non ci stanno più e vogliono lasciare il lavoro.

Non ci stanno a trascorrere i weekend a recuperare i task che non sono riusciti a svolgere nella settimana lavorativa. Dicono “no” agli straordinari e alla produttività a ogni costo, anche rimettendoci la salute mentale.

In un articolo del New York Times che è diventato virale la scorsa settimana, la ricercatrice Emma Goldberg ha esplorato come i millennial abbiano “paura” dei lavoratori della Generazione Z, che stanno spingendo per una nuova, audace richiesta di condizioni migliori sul posto di lavoro per raggiungere un giusto equilibrio tra ufficio e vita privata.

La Gen Z vuole lasciare il lavoro e festeggia il licenziamento su TikTok

Può sembrare un cliché, ma da sempre le generazioni più giovani si sentono meno vincolate all’impiego e alle responsabilità e sono, mediamente, più facilmente disposte a lasciare il proprio lavoro per lanciarsi in nuove avventure professionali, ma la generazione Z, soprattutto dopo la pandemia, sta portando questo concetto all’estremo.

Ad agosto, uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che due terzi degli americani intervistati erano desiderosi di cambiare lavoro. tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.

Quali sarebbero queste “assurde richieste” dei ventenni che si approcciano al mondo del lavoro? Meno mansioni, una valutazione del lavoro svolto basata sui risultati e non sulle ore trascorse in ufficio, maggiore flessibilità di orario.

È un netto contrasto con le giornate strutturate e sovraccariche di lavoro a cui sono abituati i millennials, ossessionati dal lavoro.

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Shana Blackwell, lavorava come magazziniere notturno in Walmart . Quando si è licenziata, ha usato il sistema di interfono del negozio per dirlo a tutti nell’edificio.

Blackwell, allora 19enne, aveva raggiunto un punto di rottura a causa del suo lavoro estenuante e fisicamente impegnativo. Aveva presentato delle lamentele a Walmart ma senza alcun risultato.

All’inizio era pronta a licenziarsi “secondo le regole” ma nessuno era disponibile ad ascoltarla. Così, il suo lungo annuncio si è concluso con “”Fan**** ai manager, fan**** a questa azienda, fan**** a questa posizione … Mi licenzio, ca***!“.

@shanablackwellAnd here is the video of me quitting my toxic, sexist, racist workplace. #walmartchallenge #fyp #viral #walmart #walmarthaul #walmartfindspart1♬ original sound – Shana

Perché la Generazione Z vuole lasciare il lavoro

Il movimento globale fa parte di quello che Erika Rodriguez ha chiamato “slow-up” in un recente pezzo di opinione per il Guardian, riferendosi a un cambiamento permanente nel rallentare la produttività con lo scopo di separare nettamente il lavoro dalla vita privata.

@dogs6666660Original video with original sound as requested ? #HappyHalloween #fyp #OhNo #walmart #peopleofwalmart♬ original sound – dogs666666

Questa intenzione potrebbe tradursi nella volontà di prendersi pause non previste dagli orari di lavoro o rispondere alle email solo in determinati giorni della settimana, e la cosa spaventa molto i loro capi millennial, perché sembrano essere tutti d’accordo e compatti sulla questione.

Il fenomeno è probabilmente strettamente legato agli eventi degli ultimi due anni: secondo lo psicologo organizzativo Anthony Klotz, che ha coniato il termine “La Grande Dimissione”, vivere in un momento storico tanto condizionato da una pandemia globale ha spinto le persone a porsi delle domande esistenziali, oltre ad aver permesso alle persone, volenti o nolenti, di allontanarsi dai luoghi di lavoro e sperimentare altri modelli di vita.

Licenziarsi è un trend

Il CEO di LinkedIn Ryan Roslansky ha dichiarato in una recente intervista al Time che non dovremmo tanto parlare di “Grande Dimissione” quanto di “Grande Rimpasto”, per ciò che riguarda i lavoratori più giovani.

Il suo team ha monitorato la percentuale di membri di LinkedIn che hanno cambiato lavoro in base al profilo e ha scoperto che le transizioni di lavoro sono aumentate del 54% rispetto all’anno precedente. Le transizioni di lavoro della Gen Z sono invece aumentate dell’80% .

Ha avvertito le aziende a valutare attentamente la nuova situazione: “I vostri dipendenti a livello globale stanno ripensando non solo al modo in cui lavorano, ma anche al perché lavorano e cosa vogliono fare delle loro carriere e delle loro vite“, ha detto per poi concludere “Questo rimescolamento di talenti molto probabilmente continuerà per un altro anno o due, ma credo che alla fine si stabilizzerà“.

La Gen Z è felice di lasciare il lavoro e lo dice su TikTok

@definitelynotsantanai quit my job today♬ original sound – santana

Certamente il “job-hopping” ha degli aspetti positivi, perché motiva i giovani a cercare nuove opportunità e permette di capire cosa davvero si vuole ottenere: lasciare il lavoro e puntare a una vita lavorativa più flessibile permette infatti di estendere i propri orizzonti e avere uno sguardo più ampio sul futuro.

Di solito, le uniche persone informate su un licenziamento sono chi lo lascia, il capo e un rappresentante delle risorse umane.

Ma con un numero record di lavoratori che si sono decisi a lasciare il lavoro durante la pandemia, le persone hanno reso pubbliche sempre più spesso le loro storie in modo che tutti potessero vederlo e condividerlo.

La Gen Z non è per niente timida nel diffondere la notizia del licenziamento, anzi, incoraggia l’addio a ruoli tossici nello stesso modo in cui siamo stati abituati noi millennial a celebrava un nuovo lavoro come un grande traguardo.

@itsmarisajoIt’s like an elephant took its foot off my chest, but I’m also sad. Onward & upward ? #quittingcorporate #quittingmyjob #HelloWinter #9to5problems♬ Dog Days Are Over – Florence & The Machine

Sono compatti e fanno squadra contro un mondo del lavoro opprimente: su TikTok i giovani postano video allegri e festosi dopo aver lasciato il lavoro. E la cosa velocemente è diventata un trend.

Che rischia di rimodellare completamente il mondo del lavoro.

Addressability Era

Perché l’Addressability è il futuro dell’Advertising Online

Immagina di dover organizzare un matrimonio con 500 invitati. 

Hai preparato una valanga di inviti alla cerimonia e al ricevimento, ciascuno con la sua busta linda e le sue minuziose decorazioni. 

Sei già nell’ufficio postale pronto a spedire, con il bigliettino in mano e, davanti a te, l’impiegata ti attende sorridente. 

In quel preciso istante ti accorgi di non avere a portata di mano gli indirizzi degli invitati.

A quel punto, vai nel panico.

Ovviamente, si tratta solo di una situazione a titolo di esempio, ma è uno scenario molto simile a quello che si prospetta per il futuro della pubblicità digitale. 

I messaggi promozionali sono pronti sui nastri di partenza, ma le aziende si accorgono di non aver modo per farli arrivare al target corretto

I nostri prospect riceveranno la nostra sponsorizzazione?”, “Quanti di loro hanno visualizzato il messaggio?”, “Riceveremo una risposta?”.

Questo è il dilemma che dovranno affrontare molti editori e inserzionisti nei prossimi mesi.

Inserzionisti

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L’Addressability Era

La chiamano Addressability Era e a tanti incute più timore del Capitano Willard di Apocalypse Now o di una scena di Squid Game. 

I marketer si affannano a reinventare il modo in cui identificare e raggiungere uno specifico target pubblicitario attraverso il web.

I giganti del digitale, Google e Apple tra i principali player, puntano ad adottare un approccio più attento alla privacy e ai dati dei consumatori, spingendo chi si occupa di pubblicità online a far fronte alla dismissione dei cookie di terze parti.

Facciamo chiarezza. 

Il meccanismo con cui inserzionisti ed editori comprano e vendono spazi pubblicitari è automatizzato e si basa su aste sviluppate attraverso i dati elaborati da una piattaforma che incrocia domanda e offerta. 

È il Programmatic Advertising Exchange

L’offerta è quella di spazi pubblicitari messi a disposizione dalle piattaforme degli editori (SSP – Supply Side Platform). La domanda è relativa alle inserzioni pubblicitarie che aziende e marketer devono allocare (DSP – Demand Side Platform).

Il Programmatic Advertising – e in particolare il retargeting – dipende fortemente dai cookie di terze parti. 

Ad oggi, su Safari e su Firefox l’impostazione di default del livello di privacy prevede già il blocco dei cookie di terza parte

Google Chrome si accinge a disabilitarli dal 2023 con l’applicazione della Privacy Sandbox, aggiornamento che segnerà un cambiamento radicale nel modo di fare advertising online.

Ma non è ancora arrivato il momento di suonare la Cavalcata delle Valchirie di Wagner e far salire in volo gli elicotteri: il cambiamento fa meno paura perché viene percepito come un’opportunità per offrire al consumatore 4.0 soluzioni di ingaggio multiple e multichannel.

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Che cos’è l’Addressability e perché è così importante

L’Addressability è la capacità di identificare e raggiungere persone specifiche attraverso una campagna pubblicitaria. 

Una audience “addressed” è quella che puoi chiaramente tracciare e identificare attraverso dati univoci, come l’indirizzo email.

L’addressability è importante perché consente a un’azienda di capire come e dove coinvolgere il proprio pubblico di destinazione: con dati chiari su come specifiche persone interagiscono con le proprie campagne, l’azienda è in grado di creare segmenti di pubblico targettizzato, messaggi altamente personalizzati e lanciare campagne mirate che generano alto coinvolgimento e revenue.

La capacità di identificare le caratteristiche di un singolo consumatore è un’arma estremamente potente presente nell’arsenale della pubblicità digitale. 

Stabilire una comprensione di come gli inserzionisti utilizzano i vari dispositivi mobili e interagiscono online attraverso una miriade di canali e piattaforme, significa che i brand possono raggiungere il pubblico con la messaggistica giusta, al momento giusto.

Esattamente ciò che serve per far funzionare una campagna di digital marketing.

Il percorso verso l’addressability può presentarsi complesso, ma è un cambiamento che i professionisti del marketing devono abbracciare per non restare indietro in vista dell’imminente scomparsa dei cookie di terze parti.

Dal mercato arrivano chiari segnali che gli inserzionisti stanno già facendo progressi. 

Una ricerca svolta nel Regno Unito nel terzo trimestre del 2021 da Criteo, azienda global specializzata nell’Open Internet applicato al digital marketing, ha evidenziato che il 45% dei marketer con capacità di spesa nel digital marketing si sentiva confuso, stressato e arrabbiato quando ha scoperto la notizia. 

È comprensibile: si tratta di un grande cambio nel settore del digital advertising. 

Tuttavia, si prevede che quasi la metà degli inserzionisti e delle agenzie marketing (47%) spenderà di più per una maggiore identificazione del pubblico e in addressability nel 2021 rispetto al 2020. Esattamente la metà (50%) prevede di mantenere invariati i livelli di spesa. Solo il 3% ha dichiarato che spenderà meno.

La strada è tracciata.

Se i brand devono ottimizzare il ROI e gli editori massimizzare il rendimento, allora l’addressability deve essere generata e gestita in maniera solida per garantire l’integrità dei dati su cui sono pianificate le campagne.

Le complessità dell’Addressability

Prima di Internet, le aziende semplicemente creavano mailing list e raggiungevano le persone tramite messaggi di Direct Email Marketing. Sapevano dove stava andando il messaggio e a chi veniva recapitato.

Oggi che pubblicità e advertising si sono spostati online, l’addressability è diventata più complessa: le aziende ricercano soluzioni di tracciamento diverse, spesso integrate tra più canali – i cookie di terze parti sono l’esempio più eclatante – per tracciare i clienti su siti web, blog, forum e altre piattaforme. 

Sebbene questo abbia permesso loro di scalare meglio le loro inserzioni, è stata generata una mole impressionante di dati poco strutturati e un pubblico in gran parte anonimo, difficile da poter approcciare su altri canali.

Con la scomparsa dei cookie di terze parti, le aziende sono costrette a ripensare l’addressability e a nuovi modi di identificare il proprio pubblico.

Ma c’è una buona notizia: ora marketer e aziende possono riprendere il controllo dei propri dati e comprendere meglio i propri clienti. Hanno solo bisogno delle giuste soluzioni per affrontare questo grande cambiamento.

Clienti

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First (to the) party

L’idea di raggiungere il consumatore sbagliato con un messaggio che non fa per lui è l’incubo di qualsiasi marketer coscienzioso. 

Quando un editore e un marketer uniscono le forze, sono in grado di dar vita ad un efficace sistema di addressability e abbinare inequivocabilmente un consumatore specifico a una proposta commerciale altamente convincente.

In poche parole, se un consumatore utilizza il proprio indirizzo email per accedere al sito Web di un retailer e lo utilizza anche per accedere ai contenuti premium di un editore, quell’indirizzo e-mail verifica l’identità univoca dell’utente, confermando che è la stessa persona a navigare su entrambe le piattaforme. 

Ma i dati proprietari abbinati possono essere un concetto che trascende gli accordi del singolo inserzionista-editore.

Oggi c’è una crescente disponibilità ad accedere a fasce di dati altamente scalabili tramite collaborazioni tra publisher. Si tratta di piattaforme che agiscono sui propri dati e danno agli inserzionisti l’accesso a vasti pool di dati proprietari.

Questo approccio unificato non solo arricchisce le fonti di dati, ma consente anche all’industria editoriale (e pubblicitaria) di bypassare l’oligopolio eretto dai giganti del Tech nei propri walled garden virtuali. 

In pratica, è come presentarsi a un party prima di Google, Facebook e Amazon.

Le soluzioni di Addressability già disponibili

Come detto, Google ha dato alle aziende un preavviso di due anni prima di rimuovere i cookie di terze parti dal suo browser Chrome, mentre Safari e Firefox avevano già disabilitato i cookie di terze parti sui propri browser. 

Ora, molte piattaforme sono al lavoro per sviluppare soluzioni di addressability. Quando i cookie di terze parti non esisteranno più, marketer e inserzionisti non rimarranno persi nel vasto oceano dell’online advertising senza una scialuppa di salvataggio.

Cliente

Grazie alla Commerce Media Platform, Criteo offre una tecnologia che combina dati e intelligence per guidare i consumatori lungo il percorso di acquisto e supportare i marketer a ottenere migliori risultati di business. 

Un’offerta imponente che colloca Criteo in una posizione privilegiata all’interno del panorama “addressable”, dove un First-Party Media Network ospita più di 25.000 brand, retailer e editori da tutto il mondo. 

Uno strumento efficace per attivare il più grande insieme globale di dati commerce.

Il futuro dell’adv è Wide Open

La pubblicità contestuale è tornata in auge come principale metodo per raggiungere risultati di business significativi senza i compianti third-party cookie. Annunci rilevanti, focalizzati su un contenuto “cucinato” appositamente per la persona specifica che lo consumerà. 

La personalizzazione degli annunci si basa sui segnali contestuali di una pagina Web e sarà sempre più la normalità tra gli inserzionisti, i quali potranno utilizzare anche i segnali del commerce dei loro dati first-party. 

La pubblicità contestuale offre soluzioni per raggiungere specifiche audience con un occhio di riguardo alla privacy dei dati e la possibilità di affiancarla a nuove tecnologie come machine learning e intelligenza artificiale, rendono lo strumento ancora più potente.

Sovrapposizione di audience inferiore all’1% e fino al 90% di traffico che reindirizza ai siti web affiliati con campagne contestuali. Il tutto mantenendo i KPI in linea con le altre campagne mid-funnel che l’azienda ha in attivo.

Per quanto riguarda la pubblicità fondata su risultati tracciabili, l’addressability è la via Wide Open nel futuro dell’adv.

Yougov Brand

Come conoscere quello che i clienti pensano di un brand

Ogni azienda conosce perfettamente se stessa e cosa offre. Parla dei suoi prodotti e servizi, li mostra, ne conosce pregi e difetti. Purtroppo, però, spesso ha un punto di vista incentrato su di sé e non sempre è consapevole di come il proprio brand viene percepito dai consumatori. 

Seth Godin ha definito il brand come un insieme di “aspettative, ricordi, storie e relazioni” che guidano la decisione di scegliere una particolare azienda, prodotto o servizio. Quindi è chiaro che la percezione è alla base della scelta di acquistare un brand rispetto a un altro.

Indipendentemente da cosa un’azienda comunica, quello che le persone pensano e dicono su quel brand, sarà la reale percezione. 

YouGov permette proprio di capire cosa i consumatori pensano e di misurare in modo affidabile e continuativo la percezione di migliaia di brand, grazie alle milioni di interviste online che vengono effettuate annualmente su panel proprietario.

Cosa si aspettano le persone da un brand? YouGov è una finestra sul mondo

Yougov Brand

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YouGov è una società internazionale attiva nel campo delle ricerche di mercato e analisi dati con sede anche in Italia. La mission dell’azienda è quella di creare una community online globale, in cui persone e organizzazioni commerciali e culturali condividano informazioni su quello in cui credono, sui loro comportamenti e sull’opinione che hanno delle aziende.

Grazie all’esperienza nella ricerca unita a questa mole di dati raccolta in tutto il mondo, YouGov è in grado di sviluppare e offrire tecnologie e metodologie che consentano un processo decisionale più collaborativo. Quali sono quindi i servizi messi a disposizione per le aziende che vogliono conoscere come vengono percepite dai consumatori?

Cosa offre YouGov alle aziende

Le soluzioni YouGov coprono 2 grandi aree:

  • La percezione dei brand: BrandIndex
  • La descrizione dei target d’interesse: Profiles

Cosa pensano le persone del mio brand? Questa è la domanda che ogni azienda si pone. Il servizio BrandIndex risponde a questo quesito misurando la percezione di un marchio e valutando migliaia di brand in decine di settori diversi.

Il servizio è attivo a livello nazionale e internazionale, tutti i dati vengono aggiornati settimanalmente e permettono di avere una visione locale e globale di come evolve la percezione del proprio brand e dei competitors

Conoscere in modo approfondito i target d’interesse: YouGov Profiles

Profiles rende semplice e veloce quantificare e analizzare un target interessante per un’azienda grazie a una granularità delle informazioni senza pari, aiutando a descrivere e scoprire ciò che non si conosce del proprio target.

mimesi milano wine week

Milano Wine Week 2021: l’impatto sui social media svelato da Mimesi

La Milano Wine Week si è svolta dal 2 al 10 Ottobre, una settimana ricca di eventi legati al vino che hanno coinvolto l’intera città, con enoteche e locali dei diversi quartieri del capoluogo lombardo che si sono prestate ad ospitare gli eventi più amati dai cultori del buon bere. 

Quest’anno la Milano Wine Week è tornata per le strade e un elemento caratterizzante è stato quello dell’adozione di tecnologie innovative. Grazie all’app W, disponibile gratuitamente su Android e iOS, i visitatori hanno potuto elaborare un itinerario dei distretti e dei locali dove degustare i propri vini preferiti.

Come ogni evento che si rispetti, l’evento è stato commentato dagli utenti del web sui social media. Il mondo del vino è ormai approdato sul web, è assodato che si tratta di un prodotto adatto a essere venduto online, soprattutto all’estero.

Milano Wine Week 2021: l’analisi di Mimesi

E questo processo è stato accelerato dalle ripercussioni dettate dalla pandemia di covid-19. In questo contesto, gli influencer sono diventati uno strumento importante per le aziende vinicole, che consente non solo di fare branding, ma anche di comunicare notizie sull’azienda, sul territorio e raccontare la storia della cantina, di un’etichetta.  

Per scoprire l’eco ottenuta dalla Milano Wine Week sui social media e identificare i wine influencer più attivi ci affidiamo all’analisi svolta da Mimesi, che ha monitorato l’evento per l’intera durata isolando tutti i contenuti che hanno citato la kermesse. 

Mimesi opera nel mercato del media monitoring dal 2001. La società, parte del gruppo DBInformation, fornisce ai propri clienti dei monitoraggi completi, attivi 7 giorni su 7, che investono tutti i media italiani e internazionali, cross canale:

  • Rassegna stampa;
  • Web Monitoring;
  • Social Media Monitoring;
  • Audio Video Monitoring.

In particolare, Mimesi ha recentemente deciso di potenziare il servizio di monitoraggio dei social media, integrando la piattaforma Brandwatch nella propria suite. Una scelta strategica per offrire un livello di servizio all’avanguardia su scala mondiale, infatti Brandwatch è stata nominata leader mondiale del mercato per il «social media monitoring» nel rapporto Forrester Wave 2020.

Si tratta di una piattaforma che fornisce la copertura più completa e la tecnologia di Intelligenza Artificiale più avanzata per identificare automaticamente insight e migliorare engagement e performance di business. 

Noi di Ninja Marketing abbiamo avuto accesso alla piattaforma di Mimesi: si tratta di una piattaforma molto performante, ma allo stesso tempo intuitiva e facile da utilizzare. Ogni vista è personalizzabile ed è possibile scegliere tra una grande quantità di grafici.

Mimesi ha monitorato la Milano Wine Week durante il suo svolgimento e anche nella settimana precedente e in quella immediatamente successiva alla sua conclusione. I contenuti monitorati in questo periodo, dal 25 Settembre al 17 Ottobre, sono stati 3.248, pubblicati da 712 autori unici. 

Di seguito riportiamo il trend dei volumi delle conversazioni, che ha avuto il picco maggiore nella giornata di Mercoledì 6 Ottobre con 361 contenuti monitorati.

Il genere degli autori è piuttosto bilanciato: il 54% sono uomini, mentre il 46% sono donne.

Mimesi Milano Wine Week

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L’Intelligenza Artificiale

La piattaforma di Mimesi è un caso concreto di applicazione delle tecnologie di IA (Intelligenza Artificiale). L’analisi dei contenuti postati precedentemente dagli autori, incrociata con le informazioni estratte dalle loro biografie, ha permesso di estrarre in modo automatico gli interessi delle persone che hanno pubblicato contenuti sulla Milano Wine Week.

Non stupisce la forte presenza di “Food & drinks”, altre categorie con un buon posizionamento sono “Business”, “Photo & Video”, “Sports” e “Technology”. Troviamo che questa funzionalità sia molto interessante per i marketer che, grazie all’analisi delle conversazioni online, hanno un nuovo strumento per prendere decisioni data-driven e creare nuove audience per le campagne pubblicitarie digitali e offline.

Milano Wine Week Mimesi

 

A giudicare dal grafico seguente, che mette in relazione i post con l’orario in cui sono stati pubblicati, l’orario dell’aperitivo (tra le 18 e le 19) è quello preferito dagli utenti per postare contenuti sulla Milano Wine Week.

Milano Wine Week 2021 grafico

Da dove provengono gli autori dei post? Ovviamente dall’Italia, mentre tra i Paesi esteri spiccano Stati Uniti e Canada. 

Tutti i grafici sono cliccabili ed è possibile verificare le informazioni aggregate andando sempre più in profondità. Per esempio, in questo caso, abbiamo cliccato sugli Stati Uniti e il sistema ci ha proposto l’elenco dei contenuti pubblicati dagli utenti americani.

Su quali media online si è parlato della Milano Wine Week? I siti di web news costituiscono il canale più utilizzato (46% dei contenuti totali), seguiti da Twitter (23%), Instagram (21%) e Facebook (8%).

Milano Wine Week mimesi grafico

L’intelligenza artificiale della piattaforma è in grado di processare una grande mole di dati, consentendo di classificare i post in base al sentiment grazie a una tecnologia che svolge un’analisi linguistica del testo, identificando il tono utilizzato dagli autori.

Molto interessante la possibilità di utilizzare il machine learning per migliorare ulteriormente l’affidabilità dell’analisi. Infatti, il sistema può essere istruito facilmente, addestrandolo a riconoscere il tono nel modo più corretto. 

Milano Wine Week Mimesi

Milano Wine Week 2021 Feed

Oltre al sentiment, la piattaforma riesce a identificare i topic principali.

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Siete curiosi di conoscere gli hashtag, le keywords oppure le emoji più utilizzati dagli utenti? La piattaforma permette di ottenere queste viste con un solo clic.

Milano Wine Week hashtag

Milano Wine Week 2021 emoji

Grazie alla tecnologia di image recognition, la piattaforma è in grado di analizzare automaticamente il contenuto delle immagini, classificandole in quattro macro contenitori: logo, oggetti, azioni, scene. Nel caso della Milano Wine Week, ovviamente bottiglie e bicchieri di vino sono tra gli oggetti più ricorrenti, mentre tra le scene ci sono gli scorci della città di Milano, pranzi e conferenze.

Milano Wine Week 2021 Mimesi

Gli influencer della Milano Wine Week

Per scoprire chi sono gli influencer che hanno performato meglio è sufficiente ordinare i post per “impact”, che è una metrica che assegna uno score di engagement a ogni post, monitorando commenti, like, reazioni e condivisioni ottenute. Un’altra metrica di fondamentale importanza è la “reach” che stima il numero di persone che potrebbero avere visto il post.

Milano Wine Week 2021

I primi tre post della Milano Wine Week che hanno ottenuto un maggiore impatto sono i seguenti:

1. Stefano Franzoni

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Stefano Franzoni (@stefano_franzoni)

2.Enozioni

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Enozioni ® Digital Atelier (@enozioni)

3. Tannina.it

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da ER (@tannina.it)

Chiudiamo con una delle funzionalità più utili per costruire nel concreto una strategia di infuencer marketing. La piattaforma offre un tool che permette di classificare tutti gli autori che scrivono di un argomento in base a diversi parametri: numero di post scritti, sentiment dei post, impatto e reach.

Ordinando la tabella tramite questi utilissimi KPI, sarai in grado di isolare gli autori più adatti a mettere in pratica la tua strategia, identificando non solo gli influencer più conosciuti ma anche i micro influencer.

Milano Wine Week 2021

Si offre un ottimo strumento per il monitoraggio dei blog e dei social media, inoltre il loro team di Media Analyst è in grado di interpretare i bisogni del committente, impostando un monitoraggio personalizzato e selezionando le viste più adatte tra le numerose funzionalità offerte dalla piattaforma.

L’ascolto delle conversazioni sui social media è un aspetto di primaria importanza per costruire una strategia di marketing in grado di raggiungere obiettivi concreti. Grazie a piattaforme avanzate i brand hanno la possibilità di analizzare la propria reputazione online e conoscere meglio la propria audience.

Questa conoscenza è fondamentale e può essere utilizzata per due obiettivi diversi e complementari: da una parte si ha la possibilità di migliorare o creare ex novo servizi e prodotti basandosi su opinioni, desideri e aspettative degli utenti, dall’altra è possibile utilizzare le informazioni per realizzare strategie di marketing data driven.

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Perché una strategia marketing ha bisogno dei Nano Influencer

Qual è, se c’è, quell’ingrediente segreto in grado di rendere efficace una campagna marketing? 

Uno tra tutti: le persone. Le persone sono uno degli elementi più importanti da tenere in considerazione nella pianificazione di una strategia di marketing, in particolar modo a causa delle conseguenze dell’emergenza sanitaria, che ci ha imposto cambiamenti enormi. 

Tra questi mutamenti, anche le strategie di comunicazione e vendita delle aziende hanno subito trasformazioni. 

Quante attività locali abbiamo visto fallire? E quante di quelle sopravvissute stanno affrontando enormi sfide, tra cui la necessità di digitalizzarsi il prima possibile?

Brand e Influencer: perché il binomio funziona

In questo periodo in cui tutti siamo stati costretti a rimanere in casa con negozi e attività chiuse, comunicazione e vendita si sono ancora di più spostate sul digitale, spesso facendo ricorso a strategie che includevano la collaborazione con gli Influencer

È stato un periodo in cui le persone erano alla ricerca di ispirazione, un modo per capire come andare incontro a questa nuova e surreale situazione. 

Le ricerche si sono focalizzate sulla cura di sé, l’apprendimento di nuove ricette e video fai-da-te. 

Tutto ciò ha creato una forte opportunità per Influencer e marchi per interagire in modo nuovo con il loro pubblico attraverso messaggi più impattanti. 

Molti brand hanno quindi deciso quindi di riallineare le loro strategie includendo anche l’Influencer Marketing

Infatti, l’anno scorso abbiamo assistito a un aumento di contenuti come video brevi e Reels da parte delle aziende per promuovere i propri servizi e prodotti: una funzionalità in grado di generare più interazione da parte del pubblico e percepita come più autentica.

Questa tendenza si confermerà anche il prossimo anno, con l’inclusione dei Nano Influencer nelle strategie.

Chi sono i Nano Influencer?

I Nano Influencer sono creatori di contenuti con un profilo social fino a 10.000 follower

Molti di noi hanno dei potenziali Nano Influencer fra i contatti: sono quelle persone che accumulano tanti ‘like’ e commenti ai propri post e producendo contenuti interessanti e originali. Ognuno di noi può essere un Nano Influencer!

A differenza delle loro “controparti” più famose, cioè influencer di livello medio, macro o Star che esercitano un appeal ampio, generale o mainstream, questa tipologia di influencer parla a gruppi molto specifici, spesso categorie o sotto categorie di nicchia.

Perché le aziende dovrebbero rivolgersi ai Nano Influencer

La crescita esponenziale dell’influencer marketing negli ultimi 2 anni è dovuta principalmente a due motivi:

  • l’enorme crescita del numero di influencer sui social media;
  • l’incremento degli investimenti nell’influencer marketing da parte dei brand.

Alcune aziende tendono però ancora a sottovalutare il fenomeno. 

Perché invece un brand dovrebbe includere nella propria strategia marketing questi Influencer? 

Ecco 5 motivi per collaborare con i Nano Influencer.

Aumento dei tassi di coinvolgimento

I Nano Influencer condividono un rapporto costante e diretto con i propri follower. Ciò garantisce un più alto tasso di coinvolgimento

Inoltre, poiché il loro numero di follower è contenuto, possono mantenere un filo diretto e continuo rispondendo in direct o ai commenti, creando così una relazione autentica e di fiducia.

Il valore dell’autenticità

Questi influencer vengono visti come persone comuni e non come “i classici influencer”, più popolari e conosciuti praticamente da chiunque. 

La loro principale fonte di reddito non proviene quindi dall’influencer marketing e così tendiamo ad ascoltarli e affidarci a loro perché sono più avvicinabili e riconoscibili.

Passaparola positivo

Un Nano Influencer ha un rapporto personale e diretto con molti dei suoi follower. Significa che la loro promozione e il loro impegno può fungere da raccomandazione per il passaparola, per quel prodotto o brand. 

Il passaparola ha un grande peso nel dettare le decisioni di acquisto dei consumatori e può aiutare a guidare le conversioni per i marchi.

Nano Influencer

È più semplice lavorare con loro

In generale, i Nano Influencer sono più flessibili rispetto ai termini e alle condizioni dei brand con cui stanno collaborando. 

Le aziende avrebbero meno complicazioni a lavorare con loro rispetto a influencer di maggior successo. Inoltre, si avvicinano in modo proattivo ai marchi per ottenere accordi di sponsorizzazione.

Sono meno costosi e più motivati

Un Nano Influencer non è un influencer professionista, ma utilizza i social media come un lavoro secondario o un modo per mostrare a tutti la propria passione. 

Pertanto, sarà disposto a creare contenuti di marca in cambio di un prodotto o di una tariffa nominale. 

Come lavorare con i Nano Influencer

Ci sono tantissimi possibili Nano Influencer “nascosti” sui social media che non vedono l’ora di collaborare con il proprio brand preferito. 

Trovarli non sarà semplicissimo, ma hashtag specifici possono aiutare nella ricerca.

Un modo sicuro e professionale per trovare la persona che fa per la nostra azienda è quello rivolgersi ad agenzie d’influencer marketing.

TERRITORY Influence: il valore delle persone

TERRITORY Influence è un’agenzia d’influencer marketing a 360°. 

La sua mission è quella di (ri)mettere le persone al centro del marketing, offrendo collaborazioni rilevanti con brand-influencer, tra cui proprio i Nano Influencer. 

Una realtà che ha sempre creduto in queste figure, anche prima che si chiamassero così. 

A tal proposito ha realizzato un evento focalizzato proprio sull’argomento: #M2M – Marketers to Marketers, un nuovo formato di webinar di 30 minuti che si terrà il 9 novembre alle 17

Un appuntamento imperdibile creato per i marketer che vogliono scoprire l’influencer marketing o approfondirlo il più possibile. L’evento avrà come protagonisti i Nano Influencer della campagna di Haier.

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#M2M Marketers to Marketers: il programma

Durante il webinar verrà esaminata la campagna di successo di Care+Protect dell’azienda Haier, condotta con 750 Nano Influencer e 6 Macro Influencer. 

Alla diretta parteciperanno Eleonora Fiducia (TERRITORY Influence), Grazia Palmerini ed Emilia Calvello dell’azienda Haier e la micro influencer e food blogger Monica Pannacci @lericettedelcuore.

Gli argomenti su cui si svilupperà il dialogo sono:

  • consigli pratici per la gestione di una campagna con influencer; 
  • risultati concreti e benchmarks;
  • insights sulla scelta e partecipazione di Nano e Micro influencer.

I Nano Influencer fanno tendenza?

Ogni brand dovrebbe iniziare a considerare nella propria campagna marketing una collaborazione con i Nano Influencer. Non solo perché sarà una delle tendenze del prossimo anno, ma perché possono davvero mostrare sfaccettature diverse di un prodotto o servizio veicolate da un punto di vista del tutto nuovo e non mainstream. 

La maggior parte degli utenti di Instagram è fatta da Millennial e Gen Z: nativi digitali desensibilizzati ai contenuti promozionali sui social media. 

E i Nano Influencer possono essere gli interlocutori perfetti per conversare con questo pubblico.

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