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giovanni rodia ICE

Come rilanciare il Made in Italy nel mondo grazie a eCommerce e digitalizzazione

Abbiamo intervistato Giovanni Rodia, Direttore della comunicazione dell’ICE, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, l’organismo attraverso cui il Governo favorisce il consolidamento e lo sviluppo economico-commerciale delle nostre imprese sui mercati esteri.

giovanni rodia ice

In che modo l’ICE supporta la digitalizzazione delle PMI italiane?

Le azioni di ICE per la digitalizzazione si inquadrano nella risposta alla pandemia e ai paradigmi della promozione commerciale che mutano di conseguenza.

Si focalizzano da un lato sugli accordi eCommerce con grandi marketplace; dall’altro, in una serie di servizi che possano accompagnare le imprese italiane nei loro processi di digitalizzazione. Sono 28 gli accordi B2C attualmente conclusi in 28 Paesi che insieme a un grande accordo B2B con Alibaba.com, che di Paesi ne copre 190, permetteranno a 7.000 imprese italiane, specialmente PMI, di vendere sul web in tutto il mondo.

A questo abbiamo dedicato un team di 30 esperti digitali interno all’ICE, ma anche dei percorsi di formazione per  Digital Temporary Export Manager. Quest’anno ne formeremo in tutto 150. Abbiamo poi presentato insieme a MAECI e CRUI, in collaborazione con 5 delle più importanti Business School italiane, un ambizioso progetto di formazione gratuita per PMI e professionisti, la Smart Export Academy, che nei 6 moduli formativi affronta, tra gli altri, i temi relativi alla digitalizzazione e commercio online.

Pochi giorni fa c’è stata la conferenza stampa per il lancio del progetto madeinitaly.gov.it che vi ha visto coinvolti anche in formula 1 a Imola nel gran premio del Made in Italy e dell’Emilia Romagna, ci può dare qualche dettaglio in più?

Anche la comunicazione deve adattarsi al cambiamento. In un mondo sempre più complesso e interconnesso, le sinergie tra settori, territori, imprese e organizzazioni diventano un fattore competitivo di successo. I grandi eventi sportivi possono raccontare non solo l’evento in sé, ma anche il sistema economico e produttivo intorno a cui ruotano, il territorio su cui insistono.

Le eccellenze, l’innovazione, la sostenibilità, le tradizioni, la biodiversità che siamo in grado di esprime entrano così, di volta in volta, nelle case di tutto il mondo. Il progetto Motor Valley, realizzato con il MAECI e la Regione Emilia Romagna, lo ha fatto con Formula 1 e tornerà a farlo con la MotoGP,  il Mondiale Superbike e il Motor Valley Fest.

Lo stesso stiamo facendo con il Giro d’Italia. Lo sport è inclusivo, aumenta la ricettività emotiva, stupisce. Esattamente come il Made in Italy nel mondo.

LEGGI ANCHE: Includere le leve del gioco nella sfera professionale per abbandonare i modelli pre-digitali

ice giro d'italia

Obiettivo digitalizzazione

Qual è il principale freno alla digitalizzazione per le pmi?

Le nostre imprese pagano il conto di un gap tecnologico e di capitale umano accumulato negli anni. Al 2018, solo il 22,3% delle imprese utilizzavano tecnologie come il cloud e computing e solo il 7% i big data. Inoltre, anche le competenze digitali dei nostri professionisti sono rimaste indietro.

È per questo che come ICE investiamo molto in progetti formativi in ambito digitale, ma anche sulle nuove tecnologie, come la blockchain, che potranno aiutare le nostre imprese a colmare il ritardo degli ultimi anni. La pandemia ha dimostrato la grande capacità del nostro settore produttivo di accelerare e modificare processi e mezzi quando le circostanze lo richiedono.

Questa capacità è sicuramente la base di partenza che ci permetterà di cogliere i grandi vantaggi che deriveranno dalla transizione digitale prevista dal PNRR.

L’eccellenza manifatturiera italiana può fare da volano al rilancio dell’economia del Paese?

Assolutamente può e lo farà. Le nostre imprese sono particolarmente apprezzate all’estero per la loro eccellenza manifatturiera e tradizione artigiana che conferiscono loro una grande capacità di adattamento e flessibilità, rendendole capaci di offrire un servizio quasi su misura per ciascun cliente.

Inoltre, durante la pandemia abbiamo assistito a un aumento dell’export di prodotti intermedi, perché l’Italia è riuscita a sostituirsi ad altri Paesi storicamente esportatori che, non godendo della stessa flessibilità, hanno risentito maggiormente delle restrizioni derivanti dalla pandemia. Il 2021, secondo il nostro Rapporto ICE – Prometeia sulle prospettive dei mercati esteri, sarà l’anno della ripresa.

Se le nostre imprese sapranno conciliare la tradizione manifatturiera coi nuovi trend di mercato – digitale, innovazione, sostenibilità – potrebbero riportare l’export ai livelli pre-Covid già entro la fine dell’anno per i settori meno colpiti, entro il 2022 per quelli che hanno maggiormente risentito della crisi pandemica.

ice frecce tricolori

Quanto conta in questa operazione e che attenzione è riservata agli aspetti della sostenibilità e dell’economia circolare?

Sostenibilità e rispetto per l’ambiente sono fattori fondamentali che caratterizzeranno i mercati nel prossimo futuro. Attualmente l’industria italiana registra performance in questo settore migliori della media europea e addirittura, per la maggior parte dei comparti produttivi, al di sopra degli obiettivi dell’Unione.

Oggi, penso che il nostro primo compito sia saper comunicare questo aspetto, riportando la sostenibilità anche al suo ruolo di leva promozionale. Stiamo provando a farlo con il nostro portale www.madeinitaly.gov.it, ancora allo stato embrionale ma suscettibile di grande sviluppo.

Ma abbiamo allo studio anche diverse campagne di promozione mirate e saremo presenti a ExpoDubai, un grande palcoscenico per tutta l’eccellenza che come Paese siamo in grado di esprimere.

Considerare le difficoltà come sfide

Le eccellenze italiane investono settori diversissimi, dall’automotive all’arte passando per farmaceutica e agricoltura. Quali sono le difficoltà nel supportare un patrimonio così variegato?

Non mi piace parlare di difficoltà, ma di sfide. Promuovere le eccellenze dei diversi settori richiede una conoscenza approfondita delle loro dinamiche interne e dei mercati, per i quali possiamo contare su team specializzati e, soprattutto, sulla rete dei nostri 78 uffici all’estero.

Allo stesso tempo, sebbene ci troviamo ad affrontare spesso settori produttivi molto diversi fra loro, possiamo far leva su quei tanti punti in comune – fra tutti, qualità, flessibilità e artigianalità – che nel tempo hanno contribuito a costruire il brand Made in Italy oggi così apprezzato nel mondo.

SoftScience: 17 goal in 17 luoghi di Roma

SoftScience. 17 goal in 17 luoghi di Roma per la sua seconda edizione si svolgerà dal 17 al 23 maggio 2021, con  il patrocinio di ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e la collaborazione dell’Università di Roma-Sapienza ( il Corso di formazione interdisciplinare in Scienze della sostenibilità), la Comunità Educante Diffusa del VII Municipio di Roma, Caritas, ItaliaSmartCommunity e tanti altri, per misurarsi con i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Attraverso il format dei walkabout-esplorazioni partecipate radionomadi condotti da Carlo Infante si andranno ad interpretare i 17 obiettivi dell’Agenda 2030, incontrando i vari protagonisti che affrontano questa scommessa evolutiva sul campo, esplorando e conversando con loro nei centri di ricerca e in giro per la città, individuando percorsi urbani da tematizzare con precisa pertinenza.

I walkabout sono conversazioni erranti, caratterizzate dall’ausilio di smartphone e cuffie collegate ad una radioricevente (whisper radio), e permettono di ascoltare le voci dei partecipanti che oltre ad esplorare luoghi, scandagliano temi, attraversano eventi, esposizioni e situazioni, liberando un’energia congeniale, ludico-educativa e fondamentalmente partecipativa.

L’evoluzione di questo format è nello streaming web-radio georeferenziato per cui la risultante dei walkabout una volta svolti è una “mappa parlante” nel web con la pubblicazione dei geo-podcast. 17 walkabout “accenderanno l’attenzione” dei cittadini coinvolti nell’attraversamento esplorativo di alcuni luoghi dello spazio urbano, declinandoli secondo i temi connessi ai 17 obiettivi: povertà; cibo; salute; educazione; donne; acqua pubblica; energia pulita; lavoro; innovazione digitale; diseguaglianza; smart community; economia circolare; emergenza climatica; mare; biodiversità; legalità; partnership.

LEGGI ANCHE: Innovazione strategica: uscire dalla crisi grazie al Digital Business Model

SoftScience 2021

Alcune esplorazioni individueranno luoghi particolari nella città, esplicitando il principio fondante della SoftScience: la “scienza soffice” riguarda la capacità di declinare il pensiero-azione scientifico nella sollecitazione consapevole e coinvolgente della società che s’interroga sui nuovi modelli di sviluppo possibile. Non meno della natura fisica, anche il sistema sociale è caratterizzato da comportamenti che la scienza può, e deve, analizzare nell’intento di delineare previsioni per un futuro sostenibile. 

La realtà sociale di quest’ultimo secolo, in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico (in particolar modo con il digitale) è diventato l’elemento cardine della trasformazione produttiva è quindi protagonista. La Società è sempre più un laboratorio in cui la Scienza, interagendo con cittadini-utenti consapevoli, deve riequilibrare tutti i processi nell’ottica dello Sviluppo Sostenibile, a partire da quel pensiero-azione che sottende la resilienza, concetto su cui oggi in troppi (che qualche anno fa ne ignoravano l’esistenza) si sperticano nel sottovalutare. 

Le Nazioni Unite hanno lanciato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile che Urban Experience declinerà in una serie di esplorazioni senzienti nelle geografie romane. Coniugare storie e geografie è la nostra strategia culturale tesa ad esplicitare quanto tutto sia interconnesso, a partire dal fatto che trattare di teorie mentre si attraversano luoghi pertinenti ne amplifica il senso (sia delle teorie affrontate nelle conversazioni radiofoniche sia dei luoghi stessi, spesso ricchi di genius loci).

L’attuazione dell’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalla società civile alle istituzioni, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura e ciò comporta una migliore presenza di spirito che noi “addestriamo” con i nostri metodi di performing media storytelling.

Il processo di cambiamento del modello di sviluppo verrà elaborato attraverso il monitoraggio del  sistema  basato su 17 Obiettivi, 169 Target e oltre 240 indicatori. Ed è proprio rispetto a tali parametri che nell’arco dello sviluppo triennale di #SoftScience rileveremo gli step evolutivi dello Sviluppo Sostenibile attraverso un sistema di Intelligenza Artificiale che abbiamo definito Nuvola 3.0 con cui monitoreremo le parole chiave emerse dalle conversazioni radionomadi secondo le modalità del sentiment analysis.

Parleremo dei 17 Goal in 17 luoghi:  povertà con Caritas a Ponte Casilino e alla Diocesi di Roma; diseguaglianza con il Festival delle Periferie a Tor Bella Monaca; cibo nel Mercato rionale di Testaccio; salute con ASL2 a Cinecittà; educazione con la Comunità Educante del Municipio VII a Cinecittà; donne con Centro Antiviolenza a Villa Lazzaroni; acqua pubblica lungo il corso dell’Acquedotto Felice; legalità al Parco della Giustizia alla Romanina per la giornata della Legalità; partnership  con Festival delle Periferie; innovazione digitale con Comunità Educante Diffusa sulle mappature web del Municipio VII; lavoro con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza ; energia pulita con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza; smart community con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza ; emergenza climatica  con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza; economia circolare con la Comunità Educante Diffusa alla scuola primaria Garibaldi; mare lungo il Tevere, la via d’acqua che conduce al mare, con gli studenti del Master internazionale sulla Complessità Urbana di Sapienza-Università di Roma; biodiversità tra oliveti e macchia mediterranea in una cava dietro l’Appia Antica. Con il progetto di intelligenza artificiale Nuvola 3.0 sarà realizzata una sentiment analysis dei 17.

Il partner principale è l’Università di Roma-Sapienza (con il Corso di Formazione interfacoltà in Scienze della Sostenibilità), altri partner ed enti che supportano: Earth Day Italia, ItaliaSmArtCommunity, ASVIS, Caritas, Diocesi di Roma, ARCI, Fondazione Raffaele Fabretti, Comitato di Quartiere Tuscolano, Roma Bpa – Mamma Roma e i suoi Figli Migliori, Comunità Educante Diffusa del VII Municipio Roma Capitale. 

Il programma

Lunedì 17 maggio 

ore 11, Cava Fabretti (accesso da Istituto Tor Carbone, Via Tor Carbone 53) walkabout su goal biodiversità con apicoltori urbani

ore 17, IC Ceneda (plesso “Garibaldi” via Mondovì 16) walkabout su goal economia circolare con  Associazione “Anita”, Comunità Educante Diffusa e Hearth Platform 

Martedì 18 maggio 

ore 10, Sapienza-Università di Roma (Ingegneria, Via Eudossiana 18) walkabout su goal smart community

ore 11 walkabout su goal emergenza climatica

ore 12 walkabout su goal lavoro

ore 13 walkabout su goal energia pulita con Corso di Formazione interfacoltà in Scienze della Sostenibilità e Hearth Platform 

ore 16, Centro di salute mentale ASL2 (Piazza di Cinecittà 11) walkabout su goal salute con la Comunità Educante del Municipio VII

Mercoledì 19 maggio 

ore 17, Casa di Accoglienza “Santa Giacinta” (via Casilina Vecchia 19), walkabout su goal povertà con Caritas e Diocesi di Roma 

Giovedì 20 maggio

ore 11, Liceo Scientifico “Gullace” (Piazza dei Cavalieri del Lavoro, 18) walkabout su goal educazione con la Comunità Educante del Municipio VII

ore 15, Architettura-Sapienza Università di Roma (Piazza Borghese 9) walkabout su goal mare lungo il Tevere, la via d’acqua che conduce al mare, con gli studenti del Master internazionale sulla Complessità Urbana 

Venerdì 21 maggio

ore 11, Parco degli Acquedotti (Via Lemonia 221) walkabout su goal acqua pubblica con Comunità Educante del VII Municipio, RetakeRoma 

ore 16 Centro AntiViolenza (Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522) walkabout su goal donne con la Comunità Educante e Hearth Platform 

ore 18 Centro giovanile Scholé (Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522) walkabout su goal  innovazione digitale con Comunità Educante del Municipio VII. Presentazione di Nuvola 3.0 sulla sentiment analysis dei 17 goal di Agenda 2030.

Sabato 22 maggio 

ore 12, Mercato rionale di Testaccio (Via Aldo Manuzio 66b, box66) walkabout  su goal cibo tra i banchi del mercato con Collettivo Gastronomico Testaccio

ore 18, Dalla Stazione Metro di Torre Gaia al Teatro Tor Bella Monaca walkabout  su goal diseguaglianza nell’ambito del Festival delle Periferie 

ore 19 Teatro di Tor Bella Monaca (Via Bruno Cirino 5) talk su goal partnership nell’ambito “Mappening. Le mappe partecipate” per il Festival delle Periferie”

Domenica 23 maggio 

ore 17, ITC Lombardo Radice ( Piazza Ettore Viola 6)  verso il Parco della Giustizia  (entrata da Via del Ponte delle Sette Miglia 245) walkabout su goal legalità nell’ambito della Giornata della Legalità.

Innovazione strategica: uscire dalla crisi grazie al Digital Business Model

L’obiettivo non è giocare meglio degli altri, ma cambiare le regole del gioco. Cosa possiamo offrire di veramente innovativo, a chi e come? Sono queste le domande fondamentali che ogni imprenditore e manager oggi deve porsi come primo passo per portare la propria organizzazione fuori dalla crisi nella quale l’emergenza ha gettato l’economia globale o anche solo per far fare alla propria impresa il salto di qualità che la metterà al riparo da future difficoltà.

Ed è proprio a queste domande – e alle risposte – che sarà dedicato il prossimo Strategy Innovation Workshop sul tema Digital Business Model, rivolto in particolare a imprenditori e manager che guidano aziende attraverso le sfide del nostro tempo, ma anche a tutti coloro che a vario titolo si occupano di questi temi.

LEGGI ANCHE: Cosa è la creator economy, come funziona e perché ci riguarda tutti

A partire dal 1700 abbiamo assistito a una rivoluzione industriale ogni circa cinquant’anni. Da 20 anni a questa parte, i cicli economici durano decisamente molto meno. A titolo di esempio, se si guarda quali sono i paesi in ordine per dimensione dell’economia o se si guarda quali aziende compaiono negli indici di borsa venti anni fa ed oggi, ci accorgiamo che il cambiamento è stato radicale e questo cambiamento è in costante fase di accelerazione, grazie anche all’impatto che la trasformazione digitale ha sull’economia, consentendo di fare le stesse cose in maniera più efficiente. Ma la tecnologia abilita anche e soprattutto la creazione di nuovi modelli di business. Questa opportunità va colta e va colta in fretta.

Sottolinea Carlo Bagnoli, Ordinario di Innovazione Strategica presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, fondatore di Strategy Innovation e co-autore del volume Business Model 4.0. I modelli di business vincenti per le imprese italiane nella quarta rivoluzione industriale.

Digital Business Model

Il workshop, che prenderà le mosse dal volume Business Model 4.0. I modelli di business vincenti per le imprese italiane nella quarta rivoluzione industriale (autori Carlo Bagnoli, Alessia Bravin, Maurizio Massaro, Alessandra Vignotto con contributi di Gianluca Biotto e Carmelo Mariano, Edizioni Ca’ Foscari, scaricabile qui) affronterà i temi cruciali attraverso l’analisi di casi studio reali e grazie al contributo di Stefano Rebattoni, Amministratore delegato di IBM Italia, Michele Parisatto, Managing Partner di KPMG Advisory Italia e Stefano  Brandinali, Chief Digital Officer e Group CIO di Prysmian Group.

L’appuntamento è per il 21 maggio 2021 alle ore 18 con il webinar online. Necessario registrarsi.

Gli Strategy Innovation Workshop sono organizzati da Strategy Innovation e Fondazione Università Ca’ Foscari con il sostegno di importanti partner italiani: Intesa Sanpaolo, Arper, Axians, Cisco, KPMG e Sharp.

creator economy

Cosa è la creator economy, come funziona e perché ci riguarda tutti

In queste settimane stiamo assistendo  all’affermarsi di una vera e propria “creator economy” o “passion economy”: un settore di business incentrato su creatori di contenuti e sui prodotti software e servizi concepiti per supportarli nella realizzazione delle loro passioni.

Che ci siano notevoli opportunità nel raccogliere e valorizzare le passioni individuali lo dimostra il fatto che il 30% dei bambini in USA e Regno unito sogna di diventare uno YouTuber e che il 70% degli Americani aspira a diventare un imprenditore.

Il concetto di contenuti creati dagli utenti delle piattaforme digitali non è un concetto nuovo perché nato molti anni fa con la comparsa sulla rete Internet dei primi User Generated Content (termine spesso abbreviato con l’acronimo UGC). La prima e più significativa espressione di tale tipologia di contenuti è stata YouTube, il cui eccezionale successo spinse Google al suo acquisto nel 2006.

Tuttavia l’aspetto relativo alla monetizzazione è stato accantonato per molti anni, sia perché i social network non ne percepivano la necessità economica e sia perché i creators giudicavano sufficiente contropartita la distribuzione delle loro opere (e la relativa visibilità) garantita dalle piattaforme digitali.

Qualcosa è iniziato a cambiare quando sono nati Gumroad nel 2011 e Patreon nel 2013 proprio per aiutare i creator a monetizzare la propria fan base.

“Ci sono voluti 15 anni di frustrazione e le prime piattaforme come Patreon e altre simili” – dice Jack Conte, CEO di Patreon – “per forzare la mano alle piattaforme di distribuzione e costringerle ad inserire i meccanismi di pagamento all’interno delle funzionalità base delle loro infrastrutture.”

La creator economy

Nel passaggio dal 2019 al 2020, il numero di creatori di contenuti che guadagnano almeno $10.000 al mese è cresciuto dell’88% e quello dei creatori con un introito mensile di $1000 ha visto un incremento del 94%.

Secondo Yuanlig Yuan, una manager del fondo di investimenti Signalfire, nel mondo ci sono attualmente oltre 50 Milioni di content creators.

creator economy

Inoltre, come evidenzia il grafico di Hugo Amsellen, stanno spuntando come funghi startup che coprono una o più fasi del ciclo di vita della creator economy.

creator economy map

Analizziamo insieme il grafico.

  1. Creazione contenuti.
    In questa categoria si inseriscono le aziende che forniscono strumenti specializzati per la creazione di contenuti di qualità. La tipologia dei contenuti gestiti è molto ampia e si estende dalle foto (VSCO, Mojo) o video (Kapwing) al livestreaming (Restream), dall’audio al gaming (Roblox, Epic Games).
  2. Crescita del pubblico.
    Nell’ecosistema della creator economy, i social media sono essenzialmente dei canali digitali che i creator possono “affittare” per la distribuzione dei contenuti ed utilizzare come volano per la propria crescita
  3. Acquisizione del pubblico.
    Vengono raggruppate in questa categoria tutte le startup che offrono servizi in grado di aiutare i creators a realizzare una propria community (cioè a diventare “proprietari” del proprio pubblico) a partire dall’audience costruita sui social media, come live streaming (Crowdcast), piattaforme per la creazione di newsletter (Substack) o community (Discord). Si tratta di una tipologia di servizi molto importante per non vincolare il creator al successo e alle condizioni commerciali imposte dalle piattaforme social. Come vedremo più avanti, tutti i principali social network sono al lavoro per limitare questi fenomeni offrendo delle opzioni di monetizzazione.
  4. Monetizzazione online.
    Rientrano in questo gruppo le piattaforme per la vendita di prodotti digitali quali corsi online (Teachable, Thinkific), donazioni (BuyMeACoffee), downloads (Gumroad), membership (Patreon).
  5. Monetizzazione offline.
    Le opportunità di monetizzazione possono anche essere estese al mondo off-line, dal momento che è molto frequente che i fan vogliano acquistare non solo prodotti digitali ma anche prodotti fisici. Esistono quindi delle aziende che sono focalizzate nell’aiutare i creator nelle attività relative al merchandising e sui servizi per la creazione e commercializzazione di prodotti fisici (supporto al merchandising).
  6. Gestione delle attività di business.
    Si inseriscono infine in questa categoria quelle aziende che forniscono un insieme completo di strumenti a supporto delle attività gestionali e operative del creator, come fatturazione, project management, CRM, etc.

The creator dilemma

 Il panorama della creator economy è un ecosistema estremamente frammentato e, per avere successo, un creator dovrà essere in grado di maneggiare un ampio e variegato insieme di canali di distribuzione e di formati: profili personali, SMS, storie, short e long video, annunci PPC, email, newsletter, dirette video e, di recente, anche audio.

Prendendo spunto dal titolo di un film prodotto recentemente da Netflix, anche per i creators si presenta quindi un dilemma: su quale piattaforma investire la maggior parte del tempo?

La vera sfida per il creator è saper scegliere oggi l’ecosistema che meglio si adatti alle sue esigenze e che offra le migliori garanzie in termini di continuità e di ritorno monetario in una prospettiva di vertiginosa evoluzione.

TikTok ha aperto la strada

TikTok è stata una delle prime piattaforme a focalizzarsi sui creators.

Come dice infatti l’azienda, sulla sezione italiana del proprio sito web: “Se qui da noi TikTok ha avuto così successo è anche perché siamo un paese di creativi… e di creator! Ogni giorno le persone su TikTok, da tutta Italia, uniscono video e musica, lanciando nuovi trend o improvvisando su una base musicale. Un mix unico di meme, canzoni e hashtag che non solo presenta a un pubblico più ampio una creatività innovativa, ma influenza anche la cultura e il costume”.

I creator sono la linfa vitale di TikTok e per questo motivo l’azienda ad agosto del 2020 ha lanciato in Europa il TikTok Creator Fund, con l’obiettivo di dare alle persone di talento l’opportunità di trasformare la loro creatività in una vera e propria professione.

Il fondo europeo è partito con una dote iniziale di 70 milioni di dollari per il primo anno (pari a circa 60 milioni di euro), e che sembrerebbe destinata a salire ad almeno 300 milioni entro tre anni.

Facebook

Facebook ha un manager dedicato agli aspetti di monetizzazione e ha lanciato al riguardo uno specifico programma, Facebook for Creators,  dove viene data una particolare attenzione agli autori dei video.

L’azienda di Palo Alto ha aggiornato infatti i criteri di idoneità per le inserzioni in-stream consentendo ai creator di guadagnare con video lunghi un minuto, con un’inserzione con interruzione minima dopo 30 secondi, o con video di 3 minuti o più, includendo un’inserzione dopo 45 secondi. In precedenza, la monetizzazione con inserzioni in-stream era possibile solo con i video di 3 minuti o più, con l’inserzione mostrata non prima della soglia del minuto.

Facebook ha anche annunciato che inizierà a sperimentare la possibilità di inserire nelle Storie su Facebook delle inserzioni tramite adesivi e di condividerne i ricavi. Il test iniziale è per ora limitato a poche persone ma verrà presto esteso a più creator e successivamente ai video brevi.

Oltre ad estendere i tipi di video monetizzabili, Facebook amplierà anche il numero di potenziali creator con dei nuovi criteri di idoneità per le pagine:

  • 600.000 minuti di visualizzazioni totali di ogni tipo di combinazione di caricamenti video (on demand, dirette e dirette precedenti) negli ultimi 60 giorni;
  • 5 o più caricamenti video attivi o video in precedenti dirette.

L’obiettivo principale di questi nuovi criteri è aiutare i creator che realizzano prevalentemente video in diretta o brevi estratti delle dirette.

Se le inserzioni sono un’ottima soluzione per monetizzare le dirette streaming, il social di Mark Zuckerberg intende anche offrire opportunità per guadagnare denaro attraverso la funzione Stars (v. Fig. 3): il creatore riceve un centesimo da parte di Facebook per ogni stelletta ricevuta da un fan.

Emerge chiaramente che in questo modo Facebook vuole curare gli aspetti di monetizzazione e allo stesso tempo rendere più solidi i rapporti tra creator e le rispettive community.

monetizzazione Facebook creators

Ricordiamo inoltre che Facebook sta gradualmente rilasciando la funzionalità di eventi online a pagamento, tramite pagine che prevedono l’utilizzo di una tariffa di accesso addebitata una sola volta al momento della registrazione dei partecipanti.

Instagram

Anche l’altro social della galassia Facebook sta lavorando per incentivare i creator alla produzione di contenuti di qualità, attraverso l’introduzione di “badge” nelle dirette e la possibilità di inserire inserzioni all’interno dei video IGTV.

Cosa sono i “badge” di Instagram? Si tratta in pratica di una targhetta virtuale (costo attuale: 0.99, 1.99 o 4.99 dollari) che consente ai fan di distinguersi tra i vari partecipanti ad una diretta Live, con un posizionamento privilegiato nei commenti, tramite l’utilizzo di un particolare tipo di cuore, nonché figurare nell’elenco dei supporter del creator.

Twitter

Fin dai primi mesi di quest’anno il social di Jack Dorsey è stato molto attivo, ed ha annunciato un ambizioso programma di raddoppiare il suo fatturato e superare la soglia dei 300 milioni di utenti attivi entro il 2023.

Come primo passo alla realizzazione di questo piano di crescita Twitter ha scelto di unirsi al club dei social network che hanno deciso di dedicare particolare attenzione al mondo dei creators. Grazie alla funzionalità denominata Super Follow, gli utenti potranno quindi monetizzare la loro fan base richiedendo il pagamento di una fee (a partire da 4,99$) per avere accesso a contenuti extra, quali tweet riservati, accesso a gruppi privati, iscrizione a newsletter o identificazione tramite un badge.

Twitter superfollows

In quest’ottica va anche inserito la funzionalità di Tip Jar (per il momento disponibile solo per pochi utenti) e l’acquisto di Scroll, un’azienda che offre un servizio per rimuovere gli annunci pubblicitari dai siti di notizie online.

Ma anche le altre piattaforme non stanno a guardare:

  • YouTube sta ripensando gli YouTube Spaces (il cui utilizzo in presenza è stato ovviamente interrotto durante la pandemia) con l’adozione di una strategia che combini eventi virtuali e in presenza, venendo incontro alle esigenze dei creators e degli artisti.
  • Linkedin aggiunge nuove funzionalità al profilo degli utenti, che potranno attivare la modalità “creatore” per mettere in evidenza le proprie competenze e i propri servizi.
  • Clubhouse ha iniziato ad attivare Payments, uno strumento di monetizzazione che permetterà agli utenti di inviare e accettare pagamenti all’interno dell’app.
  • Pinterest ha annunciato il suo Creator Fund, con una dotazione iniziale di 500.000 dollari e l’istituzione di un codice di comportamento per i creators (un manifesto per mantenere uno standard elevato di comportamento all’interno della piattaforma).

Ci sono poi grosse novità anche per i podcasters: sia Spotify che Apple intendono aiutare i creator di contenuti audio con dei meccanismi di monetizzazione.

Spotify ha iniziato infatti a rendere disponibile in USA la possibilità di classificare i podcast come contenuto a pagamento. Nei primi due anni questa funzionalità sarà completamente gratuita per i creators che potranno così incamerare il costo completo dell’abbonamento, mentre dal 2023 la piattaforma inizierà invece a trattenere una commissione del 5%.

Anche Apple, con il rilascio della versione 14.5 di iOS, inserisce una nuova offerta per i podcaster che avranno la possibilità di pubblicare i loro contenuti secondo tre meccanismi di abbonamento: gratuito, parzialmente gratuito (freemium) e completamente a pagamento.

Per concludere

Gli annunci di queste settimane sottolineano come le principali piattaforme abbiano compreso che senza il contenuto creato dagli utenti (ed un adeguato incentivo economico per i creators) rischiano di diventare una scatola vuota e pertanto poco appetibile per gli inserzionisti pubblicitari, ma ci dicono anche un’altra cosa: dobbiamo dimenticarci Internet come luogo di contenuti e servizi gratuiti.

La Rete si sta lentamente trasformando verso un nuovo mondo dove coesisteranno i servizi gratuiti (in diminuzione) e quelli a pagamento (in aumento).

Ce lo ricorda Facebook, anche in una maniera non troppo velata, con il messaggio inviato agli utenti iOS 14.5 (v. Fig. 5) per richiedere il consenso all’utilizzo del loro IDFA (IDentifier For Advertiser), in evidente polemica con le nuove policy di Apple:

“Utilizziamo le informazioni delle tue attività ricevute da altre app e siti web per […] aiutare a mantenere gratuito Facebook”.

mantenere gratis facebook

Sei sicuro di essere in regola con la GDPR e la privacy in azienda?

Settimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

Tema della puntata è il GDPR, General Data Protection Regulation: abbiamo affrontato la violazione della privacy, soprattutto nel settore informatico, dalla figura che si è delineata del DPO, ai cookie di terze parti su Google, e tanto altro. Ospite della puntata è Giovanni Maria Riccio, Docente, Avvocato e Partner E-lex.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Il vasto mondo del GDPR: cos’è?: min 1,55
  • I principali obblighi per le imprese: min 4,40
  • In che modo si utilizzano i data come risorse: min 14,10
  • Come proteggersi dai Data Breach: min 16,28
  • Google elimina i cookie di terze parti: min 19,25
  • L’UE ha vietato l’uso dell’AI: min 20,55
  • I minori sui social network: Instagram Kids: min 28,40
  • La nuova figura del DPO: min 34,15
  • Sanzioni per violazioni: min 38,30

cookieless

L’era cookieless è vicina: regole di base per non farsi prendere dal panico

Il mondo digitale è uno scenario in constante evoluzione e, soprattutto per gli addetti ai lavori, è fondamentale rimanere aggiornati.

È proprio in questo contesto di mercato che vogliamo fare chiarezza su una tematica di cui si sente parlare ormai da mesi, ma ora più attuale che mai: la scomparsa dei cookies di terze parti dal browser Chrome, a partire dal 2022. Sì, proprio quelli che, ogni volta che navighiamo, siamo costretti, più o meno consapevolmente, ad accettare per poter fruire del contenuto in pagina.

Prima di spiegare quali saranno le conseguenze per le persone e per tutto il mercato della pubblicità on line della scomparsa di questo metodo di tracciamento, facciamo uno step back su cosa siano i cookies e quali compiti hanno avuto in questi anni di tracciamento e monitoraggio degli utenti sui siti internet.

Marketing Automation

Cosa sono i cookies

I cookies sono strumenti utilizzati dai siti web per archiviare e recuperare informazioni e rientrano in diverse classificazioni.

Sono chiamati “cookies di prima parte” quelli gestiti direttamente da proprietario del sito che stiamo visitando. Sono invece definiti “cookies di terze parti” quelli che appartengono a domini diversi da quello che l’utente sta visitando (ad esempio, la raccolta di statistiche sui click di un banner pubblicitario).

Vengono classificati dunque in base a un unico parametro, quello della provenienza.

Chiarito questo aspetto, vediamo insieme quali potrebbero essere le conseguenze per utenti, publisher e i marketers che dovranno necessariamente rivedere le logiche di profilazione delle loro target audience quando i cookie di terze parti spariranno dal panorama digital.

Possiamo asserire che la possibilità e la necessità di personalizzare nel minimo dettaglio le campagne di digital advertising, finiranno col perdere questa peculiarità che verrà colmata probabilmente con nuovi tool di monitoraggio e tracking.

La maggior parte dei browser offrivano già la possibilità agli utenti di disabilitare la trasmissione dei cookies di terza parte. A breve, però, tutti i browser bloccheranno completamente questa possibilità.

Teads ha sviluppato una lista di 5 regole per supportare i marketer di tutto il mondo nello sviluppo di strategie pubblicitarie efficaci e garantire vantaggi misurabili senza l’utilizzo dei cookie.

#1. Sii preparato ad affrontare la sfida

Non c’è dubbio, si tratta di una sfida. Il marketing utilizza i cookies come base per le strategie digitali da anni ormai, quindi, per continuare a essere efficace e avere successo è necessario un cambiamento. Un cambio di approccio, un cambio di team, partner e scopo.

Solo con la giusta preparazione, il successo arriverà. Assicurati che i tuoi parametri siano chiaramente definiti; come è strutturato il tuo mercato? Dove sono presenti i tuoi marchi e come misurerai il successo in futuro? Analizza e revisiona le tue attuali necessità di Audience Targeting e dividile in macro categorie, per esempio demografiche, interessi, intent.

#2. Ridisegna la tua strategia di dati di prima parte

Sia in termini di raccolta, sia di utilizzo dei dati, la maggior parte dei dati proprietari dei clienti, che dipende in grande misura dai cookie, si ridurrà. Nonostante questa prevista riduzione di volume, diventa paradossalmente ancora più strategico concentrare il proprio tempo nell’utilizzarli, ma in modo diverso. Ci sono step chiave da seguire:

  1. Utilizzare i dati non solo per il targeting standard.

Devi andare al di là del semplice utilizzo dei tuoi dati per il direct messaging/lookalike. Come priorità, sviluppa una strategia in cui i tuoi dati possono essere utilizzati in due casi d’uso fondamentali:

  • Supportare la pianificazione e il processo decisionale cookieless

I dati che possiedi sui tuoi consumatori dovrebbero diventare il punto di partenza fondamentale della tua trasformazione Cookieless, ad esempio usandoli per analizzare quali sono i contesti in cui intercettare i tuoi clienti più preziosi. Conoscere il tipo di contenuto che i tuoi clienti stanno leggendo in ciascun mercato e per ogni marchio, ti aiuterà a definire la tua strategia di targeting contestuale iniziale.

  • Per supportare le esigenze di misurazione

La misurazione del rendimento e dell’efficacia non deve essere eseguita per il 100% delle campagne, ma solo su una percentuale statisticamente rappresentativa. Assicurati di utilizzare i tuoi dati proprietari per potenziare il più possibile la misurazione dell’efficacia dei media (ad esempio: acquisire segnali online / offline di visite sui tuoi siti proprietari).

  1. Introdurre un sistema sostenibile di gestione di tutti gli aspetti dell’identità online in conformità con le regolamentazioni della privacy

Esamina tutti i tuoi canali di raccolta e utilizzo dei dati per valutare come puoi mappare i tuoi utenti con login / identificatori permanenti. Quando gli editori introdurranno un volume significativo di ID univoci sull’open-web, dovrai già essere in grado di usarli.

Assicurati, inoltre, che la gestione della privacy dei tuoi dati sia ottimale (consenso utente, diritto di attivare/disattivare la condivisione dei propri dati, ecc). Quest’ultimo aspetto dovrebbe essere affrontato non solo da una prospettiva normativa, ma anche per assicurarti di coinvolgere i tuoi consumatori nel modo giusto.

#3. Adatta le tue capacità di audience agli sviluppi futuri

Nonostante le molte iniziative in ambito cookieless, dobbiamo essere realistici: non ci sono soluzioni univoche valide per tutto. Saranno necessari approcci differenti da testare e combinare per mantenere lo stesso livello di efficacia pubblicitaria.

Assicurati di monitorare e testare le iniziative più rilevanti nell’industry:

  1. Privacy Sandbox: tieniti pronto per i primi test che saranno lanciati nell’ H1 2021. Scopri di più qui.
  2. Profilazione real-time: utilizza gli insight e i signal cookieless più rilevanti come proxy di un’audience (es. contesti, modello del device, ecc.)
  3. I dati di prima parte degli editori: Identifica gli editori che hanno i dati più rilevanti per la tua audience principale. Questo approccio ha tante opportunità quanti limiti, quindi assicurati di essere ben consapevole di entrambi prima di prendere qualsiasi direzione
  4. Unique ID: tieni presente che si tratta di utilizzare un unico identificativo e che molti editori stanno progressivamente attivando più soluzioni di accesso ai contenuti. Monitora la scalabilità e comincia a testarne l’utilizzo se possibile (sul medio/lungo termine).

jobs checklist

#4. Scopri il potere del contenuto

Il Contextual Targeting non è un piano B. È un’efficace strategia media che abbiamo validato con diversi brand in tutti i mercati. La sfida del targeting contestuale su larga scala, è che i segreti per far leva sulla sua massima efficacia non sono chiari a molti. Quindi, quali sono i passaggi per assicurarsi di poterlo sfruttare al meglio? Come tutte le buone campagne, si deve iniziare con un buon piano media per garantire un’adeguata fruibilità.

Usa i tuoi dati di prima parte, i nuovi strumenti e le intuizioni per scoprire quali segnali contestuali possono essere utilizzati, quando e come.

I passaggi successivi sono l’utilizzo delle informazioni contestuali per l’adattamento delle creatività: come possono essere personalizzate le tue creatività in base al contenuto della pagina per amplificare il tuo messaggio? Misura i risultati e comparali all’audience targeting, rimarrai piacevolmente sorpreso dai risultati.

Analizza tramite A/B test soluzioni di contextual targeting differenti per scoprire quale funziona meglio per i tuoi marchi e le tue campagne, al momento giusto.

Durante il 2021, sii pronto ad andare anche un passo oltre esplorando nuovi signal contestuali su larga scala: meteo, ora del giorno, modelli di dispositivi, per esempio. Sono tutte dimensioni cookieless chiave, che consentono una maggiore personalizzazione ed efficacia dei media.

#5. Non perdere la bussola

Il percorso di trasformazione cookieless può portarti ad affrontare molteplici sfide che puoi anticipare in modo proattivo. Il miglior approccio è quello di lavorare per trovarti nella miglior posizione per continuare a:

  1. Adottare il giusto mindset: non c’è bisogno di farsi prendere dal panico, ma la questione cookieless deve essere considerata in maniera seria e compresa chiaramente dalla tua azienda di digital marketing.
  2. Focalizzarti sugli obiettivi: definisci in maniera chiara la timeline e lo scopo del progetto. Cosa verrà testato, come e quando? Non testare alla cieca tutte le soluzione dell’ad-tech.
  3. Comunicare, partecipare ai working group e condividere i tuoi risultati: mostra i tuoi migliori lavori all’intera industry e trai beneficio dalle esperienze e punti di vista degli altri brand. Questa è una sfida che dobbiamo affrontare tutti insieme, ma la collaborazione intersettoriale è il modo migliore per fornire risultati di business e al contempo riguadagnare la fiducia dei consumatori

L’epoca cookieless che ci apprestiamo a vivere definirà un nuovo ecosistema digitale per gli utenti, i publisher e gli advertiser, tuttavia non va interpretata come una minaccia, ma come un’interessante opportunità per lavorare in maniera ancora più trasparente e consapevole.

Dietrofront Elon Musk, no Bitcoin e la criptovaluta crolla

Un crollo radicale in borsa dopo l’annuncio, attraverso Twitter, in cui Elon Musk afferma che Tesla non accetterà più pagamenti in Bitcoin.

Uno shock per la criptovaluta, alla cui affermazione lo stesso Musk aveva contribuito con un forte endorsment negli scorsi mesi. Una retromarcia determinata dalle preoccupazioni relative all’ambiente per l’utilizzo di carboni fossili nella produzione di Bitcoin.

In base a quanto riportato da Cnbc, il valore del mercato delle criptovalute era pari a 2.430 miliardi di dollari al momento del tweet. Tre ore dopo era a 2.060 miliardi di dollari, ovvero 365 miliardi in meno.

“Siamo preoccupati per il rapido aumento dell’uso di combustibili fossili per l’estrazione e le transazioni di Bitcoin, in particolare di carbone, che ha le peggiori emissioni di qualsiasi combustibile”, scrive il CEO di Tesla Elon Musk, che chiarisce che non venderà però i Bitcoin in proprio possesso.

Il gruppo Tesla preferirà altre eventuali criptovalute che generano minore inquinamento.

“La criptovaluta è una buona idea a molti livelli e crediamo che abbia un futuro promettente, ma questo non può avere un costo per l’ambiente”, aggiunge Musk.

Il Chief Financial Officer di Tesla, Zach Kirkhorn, ha affermato che la società ha scelto di investire in Bitcoin quando era alla ricerca di un luogo in cui conservare denaro di cui non aveva immediatamente bisogno, come modo per preservare la liquidità e allo stesso tempo guadagnare un rendimento.

LEGGI ANCHENew Space Economy, un’opportunità di business per le imprese

L’endorsment degli scorsi mesi al Bitcoin

Ad inizio 2021 lo stesso Musk aveva annunciato la possibilità di accettare pagamenti in Bitcoin, scommettendo sulle criptovalute e acquistandone 1,5 miliardi nel primo trimestre. Il solo inserimento della parola “bitcoin” in un tweet di Musk, aveva provocato un’oscillazione al rialzo della valuta digitale.

Gli interrogativi sull’impronta ambientale del Bitcoin sono in gran parte legati al modo in cui viene creata la criptovaluta. Il processo di generazione prevede la risoluzione di calcoli estremamente complessi che richiedono reti di computer molto potenti collegati, ma indipendenti che elaborano transazioni in cambio di bitcoin appena coniati, e processori ad alte prestazioni (con sistemi di raffreddamento molto efficienti per evitare il surriscaldamento). Il ‘mining’ del Bitcoin, letteralmente l’estrazione della criptovaluta, nasce da competizione ad alta intensità energetica per risolvere un puzzle matematico casuale e vincere Bitcoin. Più computer sono in rete, più difficile sarà il puzzle, maggiore sarà l’energia necessaria per battere gli altri computer, con un consumo superiore di elettricità.

Quanto costa in termini energetici il mining del Bitcoin, ovvero al sua estrazione?

L’estrazione di bitcoin consuma circa 148 terawattora di energia all’anno, secondo le stime del Cambridge Centre for Alternative Finance. È più di quanto la Svezia usa in un anno. Tuttavia, il centro afferma anche che l’energia utilizzata da bitcoin è pari a circa 1 anno e mezzo di energia sprecata negli Stati Uniti solo dai dispositivi lasciati collegati alle prese.

E se la società sta esaminando altre criptovalute, che consumano meno energia, non è detto che in futuro non possa riprendere ad utilizzare la criptovaluta per le transazioni, ovviamente “non appena il mining passerà a un’energia più sostenibile”.

Migliaia i commenti e le condivisioni, sebbene alcuni sostenitori del bitcoin contestino l’elevato spreco di energia come evidenziato dai suoi critici e dal tweet di Musk.

La volatilità di Bitcoin ha limitato la sua adozione per i pagamenti, spingendo alcuni imprenditori a creare stablecoin: criptovalute ancorate ad asset come il dollaro USA. Il recente insediamento di una sonda nella stablecoin più popolare, tether, mostra però la necessità di trasparenza in un settore in crescita.

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test per valutare la maturità delle imprese

Digitalizzazione imprese: un test per valutare il livello digitale delle aziende

La necessità di migliorare e portare avanti la digitalizzazione delle imprese è un argomento che interessa molte aziende, di ogni tipo e dimensione, e che viene dibattuto da diversi anni.

Nell’ultimo periodo ne abbiamo sentito parlare sempre di più, anche perché la pandemia da COVID-19, oltre a cambiare le nostre abitudini, ha accelerato piccole e grandi trasformazioni che avrebbero impiegato normalmente molto più tempo ad adempiersi.

Cosa intendiamo per digitalizzazione delle imprese?

Perché è importante la digitalizzazione delle imprese

La digitalizzazione è un insieme di processi che prevede l’uso delle tecnologie digitali per cambiare un modello di business e fornire nuove opportunità di guadagno, di produzione e di valore a un’azienda. A dirla tutta però non è solo questione di tecnologie, ma richiede un vero e proprio cambio di mentalità.

Possiamo affermare che la digitalizzazione è un’opportunità, un investimento a lungo termine per le imprese. 

La pandemia ha creato non poche difficoltà a molte aziende, specialmente a quelle medio piccole. Ha aumentato il divario dei servizi offerti ma anche della gestione interna rispetto a quelle imprese meglio organizzate. La trasformazione digitale, mai come ora, si è dimostrata invece la forza e la risposta che permette alle aziende non ancora digitalizzate, o alle prime armi, di progredire.

Una strategia di business digitale trasformerà qualsiasi realtà perché consente di snellire i processi logistici e fare uso di tecnologie per migliorare l’interazione sia con clienti che con i dipendenti.

Le persone sono al primo posto

Digitalizzare le aziende significa soprattutto puntare sulle persone, il vero cuore di ogni azienda.

Per farlo bisogna focalizzarsi su di esse riqualificando tutto il personale, organizzando e formando professionisti con le competenze digitali necessarie. Si tratta di formazione aziendale continua perché innumerevoli e rapide sono le trasformazioni tecnologiche.

La conoscenza assume sempre più un ruolo chiave e fondamentale nell’evoluzione di un’impresa. Questa conoscenza è effettivamente misurabile? Certo che sì, ci sono degli strumenti creati appositamente e messi a disposizione dai Punti Impresa Digitale delle Camere di commercio.


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LEGGI ANCHE: Learning trends e riqualificazione del lavoro: cosa è cambiato durante la pandemia

Come valutare la maturità digitale delle aziende

I Punti Impresa Digitale, conosciuti anche come PID, sono stati avviati nel 2017 grazie alle Camere di commercio per aiutare gli imprenditori e le imprese nel delicato processo di digitalizzazione.

Sostenuti sia dal sistema camerale e dall’ Unioncamere nell’ambito del Piano Nazionale Impresa 4.0, garantiscono gli strumenti validi per conoscere e capire il grado di consapevolezza del digitale delle aziende e dei lavoratori, ma non solo. Muniscono anche aiuti e supporti per poter progredire nella crescita digitale.

E proprio attraverso i PID si è pensato di attivare un nuovo strumento dedicato in particolare a studenti e lavoratori. Un test di autovalutazione per misurare il loro livello di consapevolezza delle potenzialità del digitale, favorendo la definizione delle strategie di miglioramento. Stiamo parlando di Digital Skill Voyager.

Gli strumenti creati però sono diverse e adatti a ogni esigenza.

Le offerte per comprendere i gradi di digitalizzazione delle imprese

Per migliorare la digitalizzazione di ogni azienda bisogna capire da che punto parte, ecco perché è importante misurarne il livello. Anche gli studenti e i lavoratori, però, dovrebbero conoscere la propria maturità digitale al fine di accrescerla e migliorarla.

I PID hanno in tal caso preparato diverse offerte pensate per destinatari differenti, dagli imprenditori ai lavoratori e a chi sta iniziando a formarsi. Conoscere il nostro livello di digitalizzazione ci permette di capire quanto lavoro dobbiamo ancora fare per diminuire il divario e raggiungere il nostro obiettivo: un’azienda 4.0.

Le offerte proposte fanno parte del programma strategico nazionale “Repubblica Digitale” promosso dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Troveremo tre tipologie di offerte:

  • SELF i4.0
  • ZOOM4.0 
  • Digital Skill Voyager

Vediamole nel dettaglio per capire quale sia la più adatta alla nostra realtà.

SELF i4.0: un test di autovalutazione online per le imprese

SELF i4.0 è un test di autovalutazione online, facile da compilare e indirizzato alle imprese.

È un questionario di 40 domande utili a capire il grado di digitalizzazione della propria azienda e ne riguarda principalmente i processi. Dopo aver risposto a tutte le domande verrà generato un report, inviato via mail, con la posizione della nostra azienda. Verrà quantificato sia il punteggio della maturità digitale globale che quello del singolo processo analizzato. 

I gradi di classificazione in cui l’azienda verrà inserita sono 5:

  • esordiente digitale. L’impresa in questione è incentrata principalmente su una gestione tradizionale ed è poco incline ai processi digitali;
  • apprendista digitale. Il livello di utilizzo degli strumenti digitali è appena agli inizi;
  • specialista digitale. L’azienda si trova già a buon punto con i processi di digitalizzazione;
  • esperto digitale. L’impresa è avviata con successo a un tipo d’Industria 4.0;
  • campione digitale. Il livello di digitalizzazione di un’impresa è avanzato e utilizza, senza intoppi, tecnologie e strategie all’avanguardia.

ZOOM4.0: interviste da svolgere in azienda

ZOOM4.0 è uno strumento da utilizzare direttamente in azienda con l’ausilio di un Digital Promoter appartenente alla propria Camera di commercio.

In cosa consiste questa seconda proposta? Più completo del precedente, prevede delle interviste al personale e alla direzione, ottenendo in questo modo un report esaustivo e dettagliato.

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Digital Skill Voyager: il test per misurare le skill digitali di lavoratori e studenti

Digital Skill Voyager è riservato a studenti e lavoratori e consente di conoscere e analizzare le proprie skill digitali. Strutturato secondo le regole della gamification, è molto dinamico. Il test è online, gratuito, ed è accessibile dal portale Dskill.eu

Come è strutturato?

Chi vuole mettersi alla prova e misurarsi, dovrà affrontare un viaggio nel tempo seguendo sei macro aree di conoscenza digitale:

  • digitalizzazione di base, era preistorica; 
  • comunicazione e condivisione, era antica; 
  • pensiero computazionale e coding, era medioevale; 
  • tecnologie digitali e le loro applicazioni, era moderna; 
  • innovazione sostenibile, era futura.

Alla fine di questo avventuroso viaggio conosceremo, attraverso una valutazione, il nostro livello di conoscenza digitale.

Dopo aver scelto lo strumento più adatto alle nostre esigenze, come possiamo migliorare il livello della nostra azienda e avviarci a una completa digitalizzazione dei processi e degli strumenti aziendali?

LEGGI ANCHE: Soft skill: 7 strategie per costruire un team più resiliente

Come migliorare il livello di digitalizzazione

I PID affiancano diversi servizi e iniziative di mentoring e orientamento.

Nel primo caso le aziende verranno sostenute dai mentor, persone qualificate nell’ambito della digitalizzazione. Per quanto riguarda invece l’orientamento, le imprese verranno indirizzate verso servizi specialistici e strutture che possiamo trovare nel portale Atlante I4.0

Inoltre i PIM, attraverso i bandi pubblicati dalle Camere di commercio, erogano alle imprese contributi a fondo perduto sotto
forma di
voucher digitali, per usufruire di servizi di consulenza, formazione e tecnologie.

È ora che è tutto pronto per la rivoluzione 4.0.

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Social commerce

Compreremo su Facebook e Pinterest: il Social Commerce sta rivoluzionando lo shopping

  • Il mercato del Social Commerce dovrebbe raggiungere i 604,5 miliardi di dollari entro il 2027
  • Il numero di utenti che interagiscono con la funzione shopping su Pinterest è cresciuto del 44% su base annua
  • Grazie a tutte le nuove feature introdotte negli ultimi 12 mesi, Instagram è diventata la piattaforma chiave per la vendita Social.

Alzi la mano chi ha comprato almeno un prodotto online nell’ultima settimana. Bene, ora alzi la mano chi invece ha comprato un prodotto direttamente da un Social Media, come Instagram o Pinterest.

Ebbene sì, esiste una differenza tra acquistare su piattaforme di eCommerce, come Amazon o eBay, e tramite i canali Social. In questo secondo caso, si parla, nello specifico, di Social Commerce.

Il termine Social Commerce si riferisce al processo di vendita di beni e servizi che avviene esclusivamente attraverso i Social Media.

Quindi, a differenza del classico eCommerce, in cui gli utenti acquistano prodotti da un sito web o da un marketplace di terze parti, nel Social Commerce tutto il funnel di vendita si svolge tutto in un unico posto, ovvero il canale social.

Secondo il report “Social Commerce – Global Market Trajectory & Analytics” pubblicato da Research & Markets, il mercato del Social Commerce è stimato a 89,4 miliardi di dollari in questo momento e dovrebbe raggiungere i 604,5 miliardi di dollari entro il 2027. 

Cifre da capogiro, che sono giustificate in parte anche dalla crisi del commercio locale dovuta alla pandemia di Covid-19. Una buona parte dei consumatori è passata infatti allo shopping online durante il lockdown ed è rimasta fedele a questo nuovo metodo di acquisto.

LEGGI ANCHE: Le nuove sfide dei nomadi digitali tra restrizioni e remote working

Anche i brand, specialmente le piccole e medie imprese e i negozi locali, si sono adeguati a questo trend, alcuni addirittura obbligatoriamente a causa della chiusura definitiva dei loro locali fisici.

Ma non solo: le piattaforme Social si sono evolute di conseguenza, introducendo nuovi strumenti per agevolare la vendita di servizi e prodotti direttamente tramite le loro properties. 

Da un lato troviamo Pinterest che ha aggiornato le sue features negli ultimi mesi aggiungendo la tab “Shop”, un vero e proprio catalogo di prodotto online dal quale gli utenti possono acquistare direttamente cliccando sul Pin.

Secondo i dati pubblicati da Techcrunch, il numero di Pins di prodotto acquistabili è aumentato di 2,5 volte rispetto al 2019 e il numero di utenti che interagiscono con lo shopping su Pinterest è cresciuto del 44% su base annua.

Dal canto suo, anche TikTok si sta muovendo verso questa direzione con la sua ultima partnership con Shopify: le aziende potranno collegare il proprio account TikTok for Business con l’account Shopify e vendere i loro prodotti su TikTok, tramite annunci video shoppable in-feed.

Ma colui che ha cavalcato con maggior successo questo trend è sempre lui, il nostro caro Mark Zuckerberg, che ha lanciato a Maggio la nuova funzionalità Facebook Shops, che consente alle piccole e medie imprese di creare negozi online sia su Facebook che su Instagram.

Lo stesso Zuckerberg afferma che : “Questo è il passo più importante che abbiamo fatto finora per agevolare il commercio nella nostra famiglia di app”. Ed è un passo che ha confermato Instagram come la piattaforma chiave di questa rivoluzione.

Instagram è il punto di riferimento del Social Commerce

Grazie a tutti gli aggiornamenti e le nuove feature introdotte negli ultimi 12 mesi, Instagram è diventata la piattaforma chiave per la vendita Social.

Oltre allo Shop previamente citato – che non solo si trova sul singolo profilo del Brand, ma è presente anche come feed a sé stante – le altre funzioni a disposizione dei Brand sono:

  • Shopping Tag, attraverso il quale è possibile taggare i prodotti (inseriti previamente nel proprio Shop) direttamente nei post del feed, nelle Stories, nei video IGTV, nei Reels, nelle Guides e anche nei Live Streaming;
  • Instagram Guides, veri e propri contenuti editoriali a disposizione dei Brand per condividere suggerimenti e consigli (come fosse un microblog). Queste guide sono attualmente disponibili in 3 formati: luoghi, prodotti e post, e ovviamente le guide ai prodotti sono un modo fantastico per promuovere i propri prodotti appunto; 
  • Shopping from Creators, che permette appunto ai Creators approvati dal Brand (come Influencers o Celebrities) di taggare i prodotti presenti nel Shop dell’azienda, direttamente nei contenuti feed o Stories pubblicati dal collaboratore.

LEGGI ANCHE: Giveaway e concorsi fotografici su Instagram: regole base per muovere i primi passi

Cosa comporta il Social Commerce per le piccole e medie imprese?

Come abbiamo visto, le piattaforme Social sono diventate un vero e proprio centro commerciale virtuale, dove gli utenti possono trovare qualsiasi tipo di prodotto e acquistarlo facilmente con un solo click, senza uscire dal loro Social Media preferito.

Inoltre, questo genere di commercio online si distingue dal classico grazie ad una barriera all’ingresso praticamente inesistente, in quanto le aziende non devono preoccuparsi di aprire un sito di e-commerce e possono risparmiare un notevole budget.

Il primo passo per abbracciare il Social Commerce è ovviamente aprire dei profili Social ufficiali collegati al brand, gratuitamente, e impostare una strategia con l’obiettivo di far crescere la propria community e creare un funnel di vendita semplice ed efficace.

Il futuro del Social Commerce

Il successo incredibile che ha raggiunto il fenomeno del Social Commerce nell’ultimo anno ci fa pensare che non si tratti solo un trend passeggero, ma che invece ci troviamo all’inizio di una vera e propria rivoluzione.

Secondo le previsioni di Later per il 2021, i Social Media diventeranno il canale di vendita primario per le aziende, superando di importanza il sito web e l’eCommerce.

Ogni piattaforma social infatti adotterà lo stesso approccio all’acquisto integrato che ha già implementato Facebook, consentendo all’utente di vivere ogni fase del processo di acquisto senza lasciare l’app.

Infine, Later suggerisce di prestare una particolare attenzione alla sottocategoria del Video Shopping, caratterizzata dalla collaborazione di TikTok con Shopify ma anche da YouTube, che secondo Engadget starebbe testando l’opzione di acquisto dei prodotti direttamente dai video pubblicati sulla piattaforma.

Yolo Economy e il coraggio di cambiare lavoro

Il coraggio di rischiare e di inseguire le proprie aspirazioni. Lasciare andare la sicurezza e la routine, per realizzare i propri sogni. Un cambiamento radicale di prospettiva che stravolge il paradigma del “lavoro tradizionalmente inteso”. L’accelerazione provocata dalla pandemia, rivoluziona i layout fisici e mentali dell’habitat lavorativo. Un’economia in rapida trasformazione, non solo dal punto di vista economico o digitale, ma anche nei nuovi rapporti di potere verticali che diventano sempre più fluidi e flessibili.

Smart working, lavoro agile, soft skill, isolamento e lockdown da Covid-19 incidono sul mondo delle professioni, determinando da un lato necessità di upskilling e reskilling, dall’altro disaffezione verso gli ambienti lavorativi.

La Yolo Economy e la filosofia della felicità del “si vive una volta sola”

Dal desiderio di evadere, di cambiare propri orizzonti si diffonde negli Stati Uniti un nuovo movimento di pensiero, la Yolo economy, acronimo della locuzione “You Only Live Once” che significa “si vive una volta sola”, che sembra affermarsi in maniera predominante tra la GenZ e i Millenial.

Resa celebre dal rapper Drake dieci anni, oggi la Yolo Economy è diventata la nuova filosofia di vita di chi, stanco del vecchio lavoro, preferisce rischiare e rimettersi in gioco per realizzare i propri sogni.

“Essere felici hic et nunc, qui ed ora”, quindi. Dopo un anno costretti al pc, tra call e smart working, riunioni continue, didattica a distanza, iperconnessi, con flussi orari sempre più evanescenti e meno definiti tra vita privata e lavorativa, e soprattutto ritmi sempre più stressanti, i giovani negli Usa sembrano preferire l’essere freelance alla certezza di un lavoro stabile in cui non si sentono realizzati.

La nuova tendenza indica la volontà da parte delle nuove generazioni di staccarsi dal lavoro come è tradizionalmente inteso per cambiare. Questo si traduce in migliaia di giovani che si stanno interrogando sul loro futuro, decidendo di rischiare tutto, abbandonando lavori stabili e comodi per avviare una nuova attività o trasformare una passione in una nuova attività a tempo pieno.

“Abbiamo avuto tutti un anno per valutare se la vita che stiamo vivendo è quella che vogliamo vivere – sottolinea Christina Wallace, docente senior presso la Harvard Business School – Soprattutto per i giovani a cui è stato detto di lavorare sodo, ripagare i prestiti e un giorno ti godrai la vita, molti di loro mettono in dubbio questa equazione. E se volessero essere felici in questo momento?”.

Capacità di osare e desiderio di evasione

Voglia di leggerezza, di osare, di stampe floreali e di colore, che domina anche nella collezioni del fashion retail, in cui è protagonista indiscusso è il giallo Pantone. Desiderio di evasione e di normalità diventano anche le key word per i direttori del marketing per comprendere un mercato in cui le abitudini di consumo sono fortemente cambiate, dirottandosi dagli store fisici a quelli digitali.

«La yolo economy sta reinventando la vita dei più giovani – scrive il New York Times – La pandemia ha avuto un impatto, anche emotivo, su tutti. Ha alimentato l’ansia per la perdita di persone care e di posti di lavoro. Tutto questo sta spingendo molti millennial a rivalutare le proprie priorità. Alcuni stanno abbandonando lavori stabili per avviare nuove attività. Il rischio sembra essere il nuovo mantra, dopo mesi segnati da uno stato di preoccupazione ed esaurimento, incoraggiati anche dai tassi di vaccinazione e da un mercato del lavoro in ripresa».

Se negli Usa, i giovani sono spinti ad intraprendere nuove attività, grazie ai risparmi accumulati durante il lockdown, grazie a stipendi superiori alla media italiana, cosa accadrà nel nostro Paese con 2 milioni di Neet, che non studiano e non cercano lavoro, e dell’alta percentuale di disoccupazione giovanile??

Come reagirà l’Italia alla Yolo Economy?

Neet, ma anche un tasso di disoccupazione giovanile al 31% e una ridotta quota di laureati occupati (56,5% contro la media Ue dell’81,6%). Infatti, se più del 40% della forza lavoro globale intende lasciare il proprio datore di lavoro attuale nel corso dell’anno e il 46% prevede di trasferirsi lavorando da remoto secondo il World Trend Index 2021 di Microsoft (realizzato su un campione di oltre 30mila intervistati in sinergia con LinkedIn) in Italia la percentuale scende al 33%.

Solo 1 italiano su 3 cambierebbe lavoro (digitale, e-commerce e sanità i settori che mostrano più appeal), mentre il 38% immagina un trasferimento di sede. Tra i giovanissimi, solo 1 su 2 (48%) starebbe valutando l’opzione di abbandonare il proprio lavoro quest’anno, contro il 54% della Gen Z in ambito globale.

Il 68% degli italiani si sentirebbe sovraccaricato, secondo Luba Manolova, direttrice di Microsoft 365 di Microsoft Italia, nell’analizzare il Work Trend Index su produttività e lavoro. L’idea, quindi, di sviluppare una cultura aziendale “ibrida”, impostata su modelli sostenibili, che protegga i più fragili in un contesto phygital, fondendo modalità digitale e fisica: “L’ibrido ci aspetta. Dobbiamo conciliare le esigenze. Questo richiede un ridisegno della cultura aziendale – spiega Luba Manolova – “Il 42% dei lavoratori si sente esausto e il 46% sotto stress: il risultato è che il 23% dichiara di essere in difficoltà, la percentuale più alta in Europa».

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Il futuro sarà una cultura ibrida, che fonda digitale e fisico

La propensione al rischio aumenta in USA, grazie ai conti correnti bancari consistenti per i risparmi di un anno: la paura cede il posto al coraggio per realizzare il proprio progetto di vita, magari più a contatto con la natura, fuori dai centri urbani, in contesti anche rurali, con un approccio alla vita differente dovuto anche all’anno di forte introspezione. La pandemia stravolge le priorità.

Differente, però, è il contesto italiano che, secondo i dati emersi dai dati Istat, ha perso circa un milione di posti di lavoro nell’anno della pandemia (aprile 2021).

Secondo il rapporto annuale sul mercato del lavoro, in collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, nel 2020 la pandemia ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società.

Il report sul mercato del lavoro in Italia

L’emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi hanno rappresentato anche nel nostro Paese uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro. In particolare nel secondo trimestre 2020 si è assistito a un crollo dell’attività economica, seguito da un recupero, per certi aspetti superiore alle aspettative, nel terzo trimestre e una nuova riduzione nel quarto dovuta alla recrudescenza della diffusione dei contagi.

Sempre più persone a casa senza lavoro, con un crollo equivalente a -3,9 miliardi di ore nei primi tre trimestri del 2020 (un calo del 12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Il 19,4% lavora da casa (dato al secondo trimestre, erano il 4,6% nel 2019).

Gli occupati sono calati di 470mila unità, i disoccupati di 304mila unità e gli inattivi invece sono cresciuti del +621mila. Nel 2020 la forza lavoro ha subito, quindi, un calo vertiginoso, colpendo in particolare giovani, donne e dipendenti con contratto a tempo determinato.

Da cosa ripartire??

Digitalizzazione, lavoro agile e made in Italy saranno le chiavi per la ripartenza secondo il 47% dei Chief marketing officer interrogati da Deloitte, ripensando la comunicazione, trainati dai cambiamenti nelle modalità di acquisto, proiettati all’eCommerce e al social commerce, oltre ad imparare ad ascoltare le esigenze dell’audience con messaggi autentici e concreti.

Così, se lo smart working incide sulle relazioni lavorative provocando “disaffezione” e sviluppando nei dipendenti la consapevolezza di essere frustrati e insoddisfatti, facendo emergere nei giovani americani il desiderio di reinventarsi, aumentando la propensione al rischio d’impresa e scegliendo un lavoro da freelance, in Italia, con la perdita del lavoro in pandemia e con la necessità di resistere alla crisi, si guarda con attenzione al PNRR, il Piano Nazionale di Rilancio e Ripresa, con attenzione alla pianificazione dei fondi per lo sviluppo del Paese.

Il Job Hopping e la trasformazione dell’insoddisfazione in opportunità

All’orizzonte futuro si delinea, così, la possibilità del job hopping, ovvero “saltare da un lavoro all’altro”: è il nuovo trend che si diffonde tra i giovani con meno di 35 anni che, come si evince dal report dei consulenti del lavoro, sono la fascia più sensibile a trasformare in maniera radicale, ripensando le proprie priorità di vita e di carriera.

Per molti la pandemia è stata un anno per fermarsi e analizzare il proprio malessere, trovando il coraggio di trasformare l’insoddisfazione in opportunità, innescando il cambiamento.

eCommerce, delivery, dad, digital marketing, sostenibilità ed energie rinnovabili, benessere, mobilità elettrica, comunicazione digital e farmaceutica sono i settori in cui è possibile intravedere una ripresa delle assunzioni secondo Linkedin, in grado di offrire opportunità anche agli over 40.

Sanità, finanza, tecnologie dell’informazione, digitale e finanza sono le cinque aree strategiche verso cui si proietta la Yolo Economy. Sviluppatori software e web, cyber security, esperti chimici per la realizzazione di nuovi farmaci, capacità di pianificazione finanziaria delle campagne di comunicazione, logistica per sviluppare strategie di acquisto, gestione di tutte le fase dell’eCommerce, dallo store online a campagne pubblicitarie digitali.

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