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Clubhouse per Android arriva da oggi anche in Italia

Da giorni circolavano rumors, ma finalmente da oggi l’esclusiva App ad inviti, fondata sulla voce, è attiva anche in Italia per gli utenti Android. 

Nei giorni scorsi era stata annunciata la novità del lancio della versione Android di Clubhouse, disponibile sui Play Store a livello globale. In un tweet, la proprietà del social network aveva svelato la data di lancio dell’App, prevista per venerdì 21 maggio, giorno in cui la versione del sistema operativo di Google avrebbe raggiunto gli utenti in tutto il mondo, Italia compresa.

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Alcuni Paesi, come Giappone, Russia o Brasile avrebbero avuto a disposizione l’app già da ieri. La redazione di Ninja Marketing, però, ha deciso di testare l’applicazione sul campo, confermando quindi che è attiva.

Le schermate per l’accesso all’app e la configurazione dell’account sono, nella sostanza, identiche a quelle per sistemi IOS.

Ecco il messaggio di benvenuto agli utenti Android

A seguire la richiesta del numero, codice, inserimento foto profilo.

La selezione degli interessi per arrivare alle room in linea con i propri interessi e aspirazioni

 

Con l’apertura al mercato globale, il social network, con chat audio e ad invito lanciato nel 2020 dalla Alpha Exploration Co. e creato da Paul Davison e Rohan Seth, spera di frenare il brusco calo di download delle scorse settimane, complice anche la concorrenza degli altri social media, come Twitter, che ha sviluppato modalità similari di interazione audio, come Twitter Spaces.

A dicembre Clubhouse 2020 è stato valutato quasi $ 100 milioni. Il 21 gennaio 2021 la valutazione ha raggiunto il miliardo di dollari.

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esport in italia

6 milioni di italiani amano gli eSport: una grande opportunità per i brand

Quanti sono i fan di eSport in Italia? Sfatiamo subito un mito: non è un’attività solo per ragazzini e non è limitata a una ristretta cerchia di persone.

Gli appassionati di eSport italiani sono 6 milioni, ossia il 12% della popolazione maggiorenne. Sono dati scaturiti dalla ricerca “Gaming ed eSport in Italia” realizzata da Yougov per i membri dell’Osservatorio Italiano eSport (OIES), e che fanno dell’Italia il secondo Paese in Europa per “fanbase eSportiva”.

Il report, che per la prima volta censisce il target eSportivo italiano, porta alla luce dati che ridisegnano lo stereotipo del gaming e traccia una fotografia puntuale della sua composizione. La ricerca fa parte del Centro Studi Nazionale eSports dell’OIES, che è il primo database di dati su questo settore in Italia.

gamers in Italia

Innazitutto il genere. L’eSport in Italia è un fenomeno che sta interessando sempre di più le donne. Infatti il, 37% del target degli appassionati è femminile, percentuale sempre più in crescita.

Poi l’età. L’eSport non è un mondo prettamente destinato alla generazione Z, ma è trasversale su tutte le generazioni. Tra coloro che si dichiarano anche giocatori, troviamo sicuramente una preponderanza nella fascia 18-24 anni. Si registrano però valori sopra la media anche in quella 25-34, fino a punte di giocatori al di sopra dei 55 anni. Questo dimostra come il gaming sia un’attività capillare nella popolazione italiana, e non legata a un solo target.

Gli italiani dimostrano inoltre una rilevante inclinazione verso il consumo di contenuti video di gaming su varie piattaforme streaming: in Europa siamo al primo posto per utilizzo di YouTube Gaming e godiamo invece del terzo gradino in riferimento a Twitch e Facebook Gaming.

In Italia gli appassionati di gaming si dividono in due principali categorie, ciascuna delle quali con delle peculiarità che rivelano abitudini e comportamenti eterogenei.

Stiamo parlando degli Hardcore gamers, giocatori abituali attivi sotto l’aspetto competitivo, e degli eSport fan, appassionati che non necessariamente sperimentano gli aspetti competitivi, ma fruiscono degli eSport principalmente come intrattenimento.

gamers fanbase in Italia e in Europa

Gli Hardcore gamers: quando il gioco diventa uno stile di vita

Il 2,7% degli italiani maggiorenni appartiene al gruppo degli Hardcore gamers (HC gamers), ovvero coloro che dedicano più di 21 ore alla settimana al gioco e non solo. Infatti, si registra un alto consumo mediale: una buona parte degli intervistati dichiara di spendere settimanalmente più di 50 ore sul web (19%) e più di 20 ore di fronte alla TV (40%).

Facciamo riferimento a un insieme di 1,38 milioni di italiani per lo più giovani, di cui ben il 39% è donna. Un dato da non trascurare è che il 45% di essi vive in famiglie dal reddito medio basso. Sono giovani che dichiarano di sentirsi spesso annoiati (49%), di non temere il rischio (42%), e soprattutto di desiderare di aprire una propria attività (49%).

Si tratta di un target che attribuisce importanza all’informazione tempestiva, aggiornandosi quotidianamente attraverso blog e riviste stampate, principalmente a tema sportivo.

A proposito di sport, gli HC gamer sono amanti di quelli tradizionali, tant’è vero che, rispetto a tutta la popolazione, seguono anche discipline come boxe, football americano, arti marziali e l’immancabile calcio.

gamers e advertising

Gli eSport fan: la passione che genera peculiari abitudini e comportamenti

La seconda categoria di target eSportivo fa invece riferimento agli eSport fan, che appunto sono 6 milioni. Il 37% è di sesso femminile: un dato importante nel ribadire che gli eSport stimolano nuove prospettive per intercettare anche il genere femminile.

Gli eSport fan che, pur non manifestando un’abitudine di gioco ordinaria, sostengono che la professione di atleta professionista sarebbe il miglior mestiere del mondo (41%).

Una passione che definisce abitudini e comportamenti di vita peculiari: il 41% dichiara di avere molto tempo libero. Nel consumo dei social media scompare Facebook: i social più utilizzato sono Instagram, Twitter e Tik Tok. A livello di intrattenimento usufruiscono principalmente di servizi streaming in abbonamento.

Gli eSport fan tendono inoltre ad acquistare spesso cibo da asporto e a consumare snack o merendine tra i pasti. Una consuetudine che può giustificare una buona propensione all’acquisto verso marchi come McDonald’s, Burger King, Old Wild West e Deliveroo.

Un’ottima inclinazione è evidente anche quando si parla di advertising che apparentemente non li infastidisce ma al contrario funge da driver nelle scelte di acquisto di circa il 61% degli eSport fan. Difatti, circa metà di loro dichiara di essere attento alle pubblicità online e sulle riviste che legge.

gamers e social media

Ecco che sia gli Hardcore gamers che gli eSport fan dimostrano una forte attrazione verso gli sport tradizionali. Anche in questo caso, a suscitare interesse non sono solo il calcio e il basket ma anche discipline di nicchia come Formula E (22%), wrestling (11%) e rugby (18%).

Da questi dati emerge quanto gli eSport non siano relegati alla modalità competitiva, ma quanto stiano assumendo sempre più un valore di intrattenimento. È proprio in questo senso che gli eSport diventano un canale di comunicazione e marketing per i brand che vogliono intercettare quel pubblico di giovani adulti che non fruisce dei media tradizionali.

È un target nuovo, che contrasta con le abitudini di altre tipologie di pubblico, che apprezza la pubblicità e non è infastidito.

Proprio per questo motivo, gli eSport rappresentano oggi la nuova frontiera del marketing per le aziende.

davide bertozzi - immagini vs parole, recensione

Immagini vs Parole, la recensione del primo libro di Davide Bertozzi

Immagini vs Parole è il primo libro scritto da Davide Bertozzi, arricchito dalla prefazione di Valentina Falcinelli e dagli approfondimenti di Elisabetta Alicino, Roberto Saponi e Gianluca Di Santo.

Copywriter, direttore creativo e formatore, Bertozzi ha curato la comunicazione per tantissimi brand e dato vita a messaggi pubblicitari di svariate tipologie. La sua creatività ha avuto modo di confrontarsi con il mondo dei motori a due ruote e progettare campagne per marchi del circuito MotoGp come, RedBull, Ducati, Estrella Galicia.

Immagini vs Parole si inserisce perfettamente in quel percorso di trasformazione digitale che oggi fa domandare alla maggior parte delle persone che si occupano di comunicazione In che direzione sta andando il linguaggio pubblicitario?.

Il pubblico tende di più verso le immagini? Non riusciamo a saziare la nostra irrefrenabile voglia di fotografie, video e intrattenimento da display? Oppure non possiamo proprio fare a meno di accostare a una certa visione, un accompagnamento testuale?

Le parole sono ancora il punto di partenza di un messaggio pubblicitario?

bertozzi libri

Source: Twitter

Il percorso comunicativo secondo Davide Bertozzi

Immagini e parole sono indubbiamente due armi fondamentali ed imprescindibili quando si parla di comunicare per vendere.

Ma oggi in quanti hanno compreso il loro uso equilibrato e strategico? Soprattutto un uso che porta il consumatore a prendere coscienza di ciò che legge o guarda e interagire con il messaggio?

Bertozzi prova a rispondere al quesito ancestrale tracciando un percorso logico molto semplice. Si parte dagli strumenti basilari che il professionista della comunicazione ha in suo possesso. Le parole e le immagini, appunto – da lì non si scappa.

Bertozzi prosegue esplorando tutte le possibili sfaccettature che il mondo delle parole e delle immagini propone quando ci si mette a giocare con loro. Esattamente come un bambino che, completamente immerso dal suo lavoro con i mattoncini Lego, esce fuori dagli schemi predefiniti del libretto di istruzioni, e da vita e qualcosa di innovativo.

Precisamente di nuovo e utile, come direbbero Henrie Poincaré e Annamaria Testa.

E sì perché anche Davide Bertozzi non si sottrae alla sua personale interpretazione di “creatività”. Che cos’è la creatività? E come si raggiunge attraverso l’uso di parole e immagini?

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Immagini vs Parole: che cos’è la creatività secondo Davide Bertozzi

La creatività è qualcosa di irrinunciabile per chi si trova a lavorare con immagini e parole.
Prima di tutto, in un messaggio pubblicitario, c’è qualcosa che viene ancor prima della creatività.

“Tutta la nostra maestria nello scrivere e progettare non serve a nulla se poi non ci sono reputazione, credibilità, etica, sicurezza, conoscenza. Se dietro un annuncio c’è qualcuno pronto a metterci la faccia e a spiegare perché fa quello che fa”.

In secondo luogo, la creatività è quel processo che riesce a portare l’anomalia comunicativa, all’interno di un certo binario di senso. La creatività è eccezione e difformità. Ma non buttate a casaccio.

La maestria del copywriter o del creativo, è quella di innescare un pensiero o un’emozione, attraverso un evento improvviso, una piccola scossa elettrica, che ci strappa un sorriso, ci riporta in luoghi e sensazioni a cui siamo affezionati, ci fa riflettere.

“Un testo dovrebbe essere scritto per le persone, non per esaltare il nostro ego”.

Ok ma quindi, per far funzionare un messaggio pubblicitario, qual è la strada da intraprendere? Immagini o parole? La metafora che scioglie definitivamente il dilemma colpisce nel segno.

Il rapporto tra visual e copy è identico a quello tra Batman e Robin: il primo è il protagonista indiscusso, il secondo è il suo aiutante.

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Un piccolo manuale pronto all’uso per una corretto messaggio pubblicitario

Immagini vs Parole è a tutti gli effetti un piccolo manuale pronto all’uso per chi si accinge a mettere le mani nella pasta della comunicazione pubblicitaria.

Un compendio in cui si esplora la materia dal punto di vista tecnico (la scelta della fotografia, del font del testo, il peso delle parole, il design tra mezzo stampa e social, lo storytelling) e intellettuale (vale a dire immergersi nel sacro momento del brainstorming, dove qualsiasi pensiero a ruota libera è concesso).

Fino a raggiungere gli estremi confini della combinazione tra immagini e parole: il word hacking. La dimostrazione che, a tutti gli effetti, possiamo trasformare le parole in immagini con semplici accorgimenti che animano quelle che per chiunque fino a poco prima erano semplici lettere.

ragazza legge un libro

Lungo il percorso tracciato da Bertozzi, sempre spiegato in maniera estremamente semplice, troviamo un unico leitmotiv ricorrente: tutte le tecniche di comunicazione d’impresa che è possibile apprendere, che ci siano state tramandate dalla storia del copywriting o che vengano studiate nell’era digitale, hanno un unico scopo finale:

“Il messaggio creativo è quello che funziona”.

Grammatica, gestione degli spazi visivi, equilibrio delle parole. Così come il tono di voce, i valori e l’identità del brand che parla. Tutto va bilanciato per trovare il corretto messaggio da veicolare alla nostra platea. Spoiler: non ci sono trucchetti. Il percorso creativo richiede spesso pazienza e stimolazione. Il lampo di genio è piuttosto una rarità.

Come sottolinea anche Gianluca Di Santo nell’approfondimento all’interno di Immagini vs Parole, se c’è qualcosa di tanto divertente quanto veritiero nel mondo della comunicazione creativa, è che nessuno potrà mai dire di un lavoro pubblicitario – che sia una campagna, un testo o un logo – che è l’unico veramente “perfetto”.

La verità è che il giudice finale è sempre il nostro pubblico: sarà lui a decretare se un messaggio, un’immagine o una parole, funziona o meno.

Dietro il rapido percorso delineato da Davide Bertozzi attraverso la  scrittura e progettazione di un messaggio pubblicitario, si cela un happy ending rassicurante. Non saremo mai costretti a dover scegliere tra immagini o parole. Solo testo o solo visual.

“La prossima volta che qualcuno ci dirà che le immagini valgono di più delle parole, sapremo cosa rispondere”.

Da Cristiano Ronaldo a Barak Obama: i 50 Top influencer al mondo

Chi sono i 50 principali influencer al mondo? A quantificare la capacità di ispirare e di indirizzare i contesti economici e di pensiero, interviene il Generational Power Index (GPI) 2021, il report elaborato da Visual Capitalist, con un’analisi  trasversale alle diverse generazioni e fasce d’età

Economia, politica e cultura sono i 3 indicatori utilizzati per monitorare il potere generazionale di Baby Boomer, GenX, Millennial e GenZ.

L’indice, infatti, classifica le generazioni statunitensi in base alla loro influenza economica, politica e culturale, sommando i numeri totali di follower attraverso le diverse piattaforme di social network, in primis Twitter e Instagram, e a seguire Facebook, YouTube, TikTok.

“Nel moderno mondo digitale, la portata dell’impatto dei social media è potere – commenta a margine dell’analisi Visual Capitalist, impegnata nella narrazione visiva dei dati per rendere immediatamente accessibili le informazioni – Le persone con il maggior numero di follower su Twitter dispongono di una piattaforma enorme per diffondere i loro messaggi, mentre quelle con grandi numeri di coinvolgimento su Instagram sono il partner sponsor dei sogni di un inserzionista”.

La Top 50: atleti, musicisti, politici

A dominare la classifica della Top 50, che include atleti, musicisti, politici e altre personalità, è la superstar del calcio Cristiano Ronaldo, il più seguito sui social media con oltre 517 milioni di follower totali, sia Instagram che Facebook.

Anche la politica entra di diritto nel ranking con personaggi influenti, tra cui l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama con 221 milioni totali, di cui gran parte derivanti da Twitter. Più di 175 milioni di follower sulle diverse piattaforme social anche il primo ministro indiano Narendra Modi. Sarebbe rientrato in classifica, anche l’ex presidente Donald Trump (con oltre 140 milioni di follower) prima di essere sospeso da Facebook, Twitter ed Instagram lo scorso 8 gennaio 2021 in occasione dell’assalto al Congresso Americano.

Altro fattore trainante la musica, oltre a numerosi attori dello star system (tra cui  Dwayne Johnson e Will Smith) che occupano circa il 50% delle posizioni del ranking.

Secondo in Usa Justin Bieber, con 455milioni di follower totali, mentre lo scalino più basso del podio è occupato da Ariana Grande con 429 milioni.

Oltre ai tanti campioni dello sport, come Lionel Messi, Neymer e LeBron James, notevole è anche la forza trainante di Instagram, che è la piattaforma principale per il 67% dei 50 principali influencer dei social media, con l’inclusione di celebrità difficili da classificare come Kim Kardashian e Kylie Jenners, che hanno trasformato la fama dei reality TV e dei social in imperi economici, tra business e media.

Non solo celebrità, ma anche giovani personalità che hanno rafforzato le proprie community virtuali su Twitter, TikTok e YouTube: la star più seguita di TikTok è Charli D’Amelio, mentre tra gli YouTuber si confermano Germán Garmendia, Felix “PewDiePie” Kjellberg e Whindersson Nunes Batista.

In realtà i social media possono configurarsi anche come “un equalizzatore di potere”, secondo gli analisti, consentendo non solo alle celebrità, ma anche a singoli sconosciuti di trasformare la fama di YouTube o TikTok in un vero potere e influenza.

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Il numero di follower coincide la capacità di influenzare ed ispirare?

“Le generazioni più anziane hanno dovuto adattarsi alle piattaforme social media, generazioni più giovani sono cresciute insieme a loro, contribuendo a dare a Gen X, Millennials e Gen Z un raro vantaggio sulle generazioni più anziane”, sottolinea Visual Capitalist.

I millennial, infatti, occupano il 50 % della graduatoria, con un’età media Top 50 che oscilla intorno ai 37 anni. Fondamentale è anche la capacità di engagement ed interazione con la propria audience, oltre ai numeri. Alcuni influencer, con numeri ristretti hanno coinvolgimenti più elevati, tali da determinare partnership pubblicitarie significative. Altro aspetto che incide sulla percezione, è il numero di profili falsi o di bot che aumentano il numero di follower di celebrità e politici, rendendoli però poco attrattivi per gli inserzionisti e per il pubblico che si rivolge ai social media per notizie, consigli e intrattenimento.

I Baby Boomer sono la generazione che ha maggiore potere di influenza

Dal report emerge che i Baby Boomer (nati nel 1946-1964) sono la generazione più ricca e influente d’America. Si avvicenda, però, il passaggio di testimone, per cui chi subentrerà?

Il Generational Power Index (GPI) 2021 parte dalla suddivisione di ogni generazione in fasce di età e anni di nascita, sulla base di criteri utilizzati dal Pew Research Center e dalla Federal Reserve: la Silent Generation (over 76 dal 1928-1945); i Baby Boomer (57-75 anni, dal 1946-1964); Gen X (tra i 41-56 anni, tra il 1965-1980); Millennial (tra i 25-40 anni, dal1981-1996); Gen Z (9-24 anni, dal 1997-2012); Gen Alpha (8 anni circa o meno, dal 2013 ad oggi).

Analizzando le 3 categorie principali (potere economico, politico e culturale), i baby boomer, che detengono il 53% della ricchezza Usa, dominano con il 38,6% (sebbene rappresentino solo il 21,8% della popolazione totale degli Stati Uniti). La Gen X al secondo posto, catturando il 30,4% della potenza, mentre la Gen Z è ultima, con un mero 3,7%.

1. Potere generazionale: economia

Con il 43,4%, il GPI mostra che i Boomer detengono un’influenza economica maggiore, rappresentando la maggioranza degli imprenditori Usa e detenendo il 42% della ricchezza miliardaria in America, cresciuti nel post-seconda guerra mondiale, in un’economia relativamente stabile. Al contrario i Millennials hanno vissuto la grande recessione, con forte impatto sulla capacità di accumulare ricchezza.

2. Potere generazionale: politico

I boomer catturano anche il 47,4% dell’influenza politica. Questa generazione rappresenta il 32% di tutti gli elettori statunitensi e detiene la maggior parte delle cariche federali e statali. Ad esempio, il 68% dei senatori statunitensi sono Baby Boomer. Nei prossimi anni si stima che il potere di voto combinato di Millennial e Gen Z vedrà una crescita immensa, passando dal 32% degli elettori nel 2020 al 55% entro il 2036.

3. Cultural Power

In questa categoria, è la Gen X a guidare il gruppo, dominante sulla stampa e nei media: oltre la metà delle più grandi società di notizie americane ha una Gen Xer come CEO e la maggioranza delle personalità più influenti sono anche membri della Gen X.

Sulle piattaforme digitali, però, i Millennial dominano sia come numero di utenti che come creator di contenuti e anche la Gen Z ha un’influenza crescente.

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giovanni rodia ICE

Come rilanciare il Made in Italy nel mondo grazie a eCommerce e digitalizzazione

Abbiamo intervistato Giovanni Rodia, Direttore della comunicazione dell’ICE, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, l’organismo attraverso cui il Governo favorisce il consolidamento e lo sviluppo economico-commerciale delle nostre imprese sui mercati esteri.

giovanni rodia ice

In che modo l’ICE supporta la digitalizzazione delle PMI italiane?

Le azioni di ICE per la digitalizzazione si inquadrano nella risposta alla pandemia e ai paradigmi della promozione commerciale che mutano di conseguenza.

Si focalizzano da un lato sugli accordi eCommerce con grandi marketplace; dall’altro, in una serie di servizi che possano accompagnare le imprese italiane nei loro processi di digitalizzazione. Sono 28 gli accordi B2C attualmente conclusi in 28 Paesi che insieme a un grande accordo B2B con Alibaba.com, che di Paesi ne copre 190, permetteranno a 7.000 imprese italiane, specialmente PMI, di vendere sul web in tutto il mondo.

A questo abbiamo dedicato un team di 30 esperti digitali interno all’ICE, ma anche dei percorsi di formazione per  Digital Temporary Export Manager. Quest’anno ne formeremo in tutto 150. Abbiamo poi presentato insieme a MAECI e CRUI, in collaborazione con 5 delle più importanti Business School italiane, un ambizioso progetto di formazione gratuita per PMI e professionisti, la Smart Export Academy, che nei 6 moduli formativi affronta, tra gli altri, i temi relativi alla digitalizzazione e commercio online.

Pochi giorni fa c’è stata la conferenza stampa per il lancio del progetto madeinitaly.gov.it che vi ha visto coinvolti anche in formula 1 a Imola nel gran premio del Made in Italy e dell’Emilia Romagna, ci può dare qualche dettaglio in più?

Anche la comunicazione deve adattarsi al cambiamento. In un mondo sempre più complesso e interconnesso, le sinergie tra settori, territori, imprese e organizzazioni diventano un fattore competitivo di successo. I grandi eventi sportivi possono raccontare non solo l’evento in sé, ma anche il sistema economico e produttivo intorno a cui ruotano, il territorio su cui insistono.

Le eccellenze, l’innovazione, la sostenibilità, le tradizioni, la biodiversità che siamo in grado di esprime entrano così, di volta in volta, nelle case di tutto il mondo. Il progetto Motor Valley, realizzato con il MAECI e la Regione Emilia Romagna, lo ha fatto con Formula 1 e tornerà a farlo con la MotoGP,  il Mondiale Superbike e il Motor Valley Fest.

Lo stesso stiamo facendo con il Giro d’Italia. Lo sport è inclusivo, aumenta la ricettività emotiva, stupisce. Esattamente come il Made in Italy nel mondo.

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ice giro d'italia

Obiettivo digitalizzazione

Qual è il principale freno alla digitalizzazione per le pmi?

Le nostre imprese pagano il conto di un gap tecnologico e di capitale umano accumulato negli anni. Al 2018, solo il 22,3% delle imprese utilizzavano tecnologie come il cloud e computing e solo il 7% i big data. Inoltre, anche le competenze digitali dei nostri professionisti sono rimaste indietro.

È per questo che come ICE investiamo molto in progetti formativi in ambito digitale, ma anche sulle nuove tecnologie, come la blockchain, che potranno aiutare le nostre imprese a colmare il ritardo degli ultimi anni. La pandemia ha dimostrato la grande capacità del nostro settore produttivo di accelerare e modificare processi e mezzi quando le circostanze lo richiedono.

Questa capacità è sicuramente la base di partenza che ci permetterà di cogliere i grandi vantaggi che deriveranno dalla transizione digitale prevista dal PNRR.

L’eccellenza manifatturiera italiana può fare da volano al rilancio dell’economia del Paese?

Assolutamente può e lo farà. Le nostre imprese sono particolarmente apprezzate all’estero per la loro eccellenza manifatturiera e tradizione artigiana che conferiscono loro una grande capacità di adattamento e flessibilità, rendendole capaci di offrire un servizio quasi su misura per ciascun cliente.

Inoltre, durante la pandemia abbiamo assistito a un aumento dell’export di prodotti intermedi, perché l’Italia è riuscita a sostituirsi ad altri Paesi storicamente esportatori che, non godendo della stessa flessibilità, hanno risentito maggiormente delle restrizioni derivanti dalla pandemia. Il 2021, secondo il nostro Rapporto ICE – Prometeia sulle prospettive dei mercati esteri, sarà l’anno della ripresa.

Se le nostre imprese sapranno conciliare la tradizione manifatturiera coi nuovi trend di mercato – digitale, innovazione, sostenibilità – potrebbero riportare l’export ai livelli pre-Covid già entro la fine dell’anno per i settori meno colpiti, entro il 2022 per quelli che hanno maggiormente risentito della crisi pandemica.

ice frecce tricolori

Quanto conta in questa operazione e che attenzione è riservata agli aspetti della sostenibilità e dell’economia circolare?

Sostenibilità e rispetto per l’ambiente sono fattori fondamentali che caratterizzeranno i mercati nel prossimo futuro. Attualmente l’industria italiana registra performance in questo settore migliori della media europea e addirittura, per la maggior parte dei comparti produttivi, al di sopra degli obiettivi dell’Unione.

Oggi, penso che il nostro primo compito sia saper comunicare questo aspetto, riportando la sostenibilità anche al suo ruolo di leva promozionale. Stiamo provando a farlo con il nostro portale www.madeinitaly.gov.it, ancora allo stato embrionale ma suscettibile di grande sviluppo.

Ma abbiamo allo studio anche diverse campagne di promozione mirate e saremo presenti a ExpoDubai, un grande palcoscenico per tutta l’eccellenza che come Paese siamo in grado di esprimere.

Considerare le difficoltà come sfide

Le eccellenze italiane investono settori diversissimi, dall’automotive all’arte passando per farmaceutica e agricoltura. Quali sono le difficoltà nel supportare un patrimonio così variegato?

Non mi piace parlare di difficoltà, ma di sfide. Promuovere le eccellenze dei diversi settori richiede una conoscenza approfondita delle loro dinamiche interne e dei mercati, per i quali possiamo contare su team specializzati e, soprattutto, sulla rete dei nostri 78 uffici all’estero.

Allo stesso tempo, sebbene ci troviamo ad affrontare spesso settori produttivi molto diversi fra loro, possiamo far leva su quei tanti punti in comune – fra tutti, qualità, flessibilità e artigianalità – che nel tempo hanno contribuito a costruire il brand Made in Italy oggi così apprezzato nel mondo.

Amazon: stretching, meditazione e video tutorial

Si chiama “WorkingWell” ed è il nuovo piano di Amazon.com Inc. per ridurre gli infortuni sul lavoro e promuovere il benessere dei dipendenti all’interno del magazzino. L’idea si concentra su video per la sicurezza, esercizi di stretching sul luogo di lavoro e zone di meditazione dedicate al personale.

Un programma che arriva dopo le critiche fortissime sulle condizioni dei lavoratori nei vari depositi e i recenti scioperi mondiali indetti dai sindacati che hanno coinvolto l’intera filiera (dai magazzinieri ai corrieri), compresa  l’Italia (dove hanno scioperato in 40mila in presidio) per ribadire il diritto alla contrattazione salariale, con stipendi e carichi lavorativi adeguati.

La fase di test in 350 siti in Nord America ed Europa

La società, attraverso WorkingWell, mira a formare i suoi dipendenti su come evitare infortuni sul lavoro e migliorare la salute mentale in ambiente lavorativo, testando il programma in 350 siti in Nord America ed Europa, con la previsione di estenderlo a 1.000 strutture entro la fine dell’anno, secondo quanto affermato da Heather MacDougall, vicepresidente per la salute e la sicurezza sul lavoro a livello mondiale presso Amazon, come riporta il Wall Street Journal.

Amazon si propone, così, di dimezzare gli incidenti entro il 2025. Nel 2019, infatti, l’azienda ha registrato 5,6 infortuni ogni 100 lavoratori, contro la media nazionale di 4,8 per il settore dello stoccaggio, in base a quanto emerge dai dati federali, anche se Amazon replica di monitorare gli infortuni sul lavoro più da vicino rispetto ad altre società, il che potrebbe far aumentare il numero di segnalazioni.

Lo stesso Jeff Bezos, dopo la forte spinta dei sindacati nei magazzini dell’Alabama, aveva evidenziato la necessità di garantire condizioni di lavoro migliori.

Amazon impiega circa 950.000 dipendenti negli Stati Uniti: sulla spinta della frequenza di infortuni nel settore dello stoccaggio e della pandemia, che ha accresciuto la consapevolezza delle esigenze sanitarie, in un’intervista l’azienda si è dichiarata “particolarmente preoccupata per i disturbi muscoloscheletrici“, che rappresentano il 40% degli infortuni sul lavoro nelle strutture del rivenditore.

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Come funziona WorkingWell

Nell’ambito del programma WorkingWell, i dipendenti si riuniscono a rotazione per guardare video sulla prevenzione degli infortuni, una sorta di guida visiva su come sollevare correttamente gli oggetti. A seconda dei loro ruoli, ricevono anche suggerimenti orari per esercizi di stretching e respirazione. Amazon, che utilizza strumenti per monitorare la produttività dei lavoratori, ha affermato che le pause degli esercizi suggerite possono durare da 30 secondi a un minuto ciascuna.

L’azienda sta anche installando chioschi dove i dipendenti possono guardare video che mostrano meditazioni guidate, immagini e suoni rilassanti. Le nuove zone benessere offrono spazi dedicati per meditare. Inoltre Amazon starebbe valutando un’app mobile che consentirebbe ai dipendenti di visualizzare strumenti educativi simili a casa, oltre a programmi di gestione interna del lavoro che prevedono la rotazione tra lavori che utilizzano diversi gruppi muscolari per ridurre gli infortuni da stress ripetitivo.

Promozione del benessere, ma nessuna riduzione di carichi lavorativi

Nessuna diminuzione, però dei carichi lavorativi, che hanno provocato proteste e scioperi. Ritmi lavorativi imposti su parametri di riferimento realizzabili, secondo MacDougall: “Quando stabiliamo le tariffe, queste si basano sulla considerazione di una serie di fattori che garantiranno ai nostri dipendenti di svolgere il lavoro in sicurezza”.

La riduzione di strumenti educativi nei luoghi di lavoro non sarebbe però sufficiente a ridurre gli infortuni, secondo Jack Dennerlein, professore presso la Northeastern University, sottolineando l’impatto maggiore di strumentazioni tecnologiche e ascensori meccanici negli ambienti lavorativi. “Si dovrebbe adattare il lavoro all’umano, non l’umano al lavoro“, evidenzia il professore.

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Gli scioperi e le recenti mobilitazioni per condizioni di lavoro più dignitose

Amazon ha dichiarato di aver investito più di 300 milioni di dollari in progetti di sicurezza nel 2021. In  molti Paesi i dipendenti hanno scioperato contro quelle che sono state definite condizioni di lavoro non sicure contro la diffusione del Covid, come è accaduto in Amazzonia.

Mobilitazioni, scioperi, ma anche votazioni per la creazione di un sindacato nel magazzino dell’Alabama. Nelle scorse settimane, in Italia, ha raggiunto un’adesione del 75%, con punte del 90% secondo i sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti lo sciopero Amazon in Italia.

Di recente, inoltre, dopo aver sempre negato, l’azienda ha dovuto ammettere che i dipendenti fossero costretti a fare pipì nelle bottiglie per non ritardare le consegne. Una “pratica” che aveva puntato i media su Amazon, e, secondo i dipendenti, ben nota ai dirigenti.

“Sappiamo che i nostri autisti possono avere e hanno problemi a trovare i bagni a causa del traffico o perché percorrono strade fuorimano – aveva sottolineato la società – questo è stato particolarmente frequente durante la pandemia di Covid, quando molti bagni pubblici erano chiusi”.

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SoftScience: 17 goal in 17 luoghi di Roma

SoftScience. 17 goal in 17 luoghi di Roma per la sua seconda edizione si svolgerà dal 17 al 23 maggio 2021, con  il patrocinio di ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e la collaborazione dell’Università di Roma-Sapienza ( il Corso di formazione interdisciplinare in Scienze della sostenibilità), la Comunità Educante Diffusa del VII Municipio di Roma, Caritas, ItaliaSmartCommunity e tanti altri, per misurarsi con i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Attraverso il format dei walkabout-esplorazioni partecipate radionomadi condotti da Carlo Infante si andranno ad interpretare i 17 obiettivi dell’Agenda 2030, incontrando i vari protagonisti che affrontano questa scommessa evolutiva sul campo, esplorando e conversando con loro nei centri di ricerca e in giro per la città, individuando percorsi urbani da tematizzare con precisa pertinenza.

I walkabout sono conversazioni erranti, caratterizzate dall’ausilio di smartphone e cuffie collegate ad una radioricevente (whisper radio), e permettono di ascoltare le voci dei partecipanti che oltre ad esplorare luoghi, scandagliano temi, attraversano eventi, esposizioni e situazioni, liberando un’energia congeniale, ludico-educativa e fondamentalmente partecipativa.

L’evoluzione di questo format è nello streaming web-radio georeferenziato per cui la risultante dei walkabout una volta svolti è una “mappa parlante” nel web con la pubblicazione dei geo-podcast. 17 walkabout “accenderanno l’attenzione” dei cittadini coinvolti nell’attraversamento esplorativo di alcuni luoghi dello spazio urbano, declinandoli secondo i temi connessi ai 17 obiettivi: povertà; cibo; salute; educazione; donne; acqua pubblica; energia pulita; lavoro; innovazione digitale; diseguaglianza; smart community; economia circolare; emergenza climatica; mare; biodiversità; legalità; partnership.

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SoftScience 2021

Alcune esplorazioni individueranno luoghi particolari nella città, esplicitando il principio fondante della SoftScience: la “scienza soffice” riguarda la capacità di declinare il pensiero-azione scientifico nella sollecitazione consapevole e coinvolgente della società che s’interroga sui nuovi modelli di sviluppo possibile. Non meno della natura fisica, anche il sistema sociale è caratterizzato da comportamenti che la scienza può, e deve, analizzare nell’intento di delineare previsioni per un futuro sostenibile. 

La realtà sociale di quest’ultimo secolo, in cui lo sviluppo scientifico e tecnologico (in particolar modo con il digitale) è diventato l’elemento cardine della trasformazione produttiva è quindi protagonista. La Società è sempre più un laboratorio in cui la Scienza, interagendo con cittadini-utenti consapevoli, deve riequilibrare tutti i processi nell’ottica dello Sviluppo Sostenibile, a partire da quel pensiero-azione che sottende la resilienza, concetto su cui oggi in troppi (che qualche anno fa ne ignoravano l’esistenza) si sperticano nel sottovalutare. 

Le Nazioni Unite hanno lanciato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile che Urban Experience declinerà in una serie di esplorazioni senzienti nelle geografie romane. Coniugare storie e geografie è la nostra strategia culturale tesa ad esplicitare quanto tutto sia interconnesso, a partire dal fatto che trattare di teorie mentre si attraversano luoghi pertinenti ne amplifica il senso (sia delle teorie affrontate nelle conversazioni radiofoniche sia dei luoghi stessi, spesso ricchi di genius loci).

L’attuazione dell’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalla società civile alle istituzioni, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura e ciò comporta una migliore presenza di spirito che noi “addestriamo” con i nostri metodi di performing media storytelling.

Il processo di cambiamento del modello di sviluppo verrà elaborato attraverso il monitoraggio del  sistema  basato su 17 Obiettivi, 169 Target e oltre 240 indicatori. Ed è proprio rispetto a tali parametri che nell’arco dello sviluppo triennale di #SoftScience rileveremo gli step evolutivi dello Sviluppo Sostenibile attraverso un sistema di Intelligenza Artificiale che abbiamo definito Nuvola 3.0 con cui monitoreremo le parole chiave emerse dalle conversazioni radionomadi secondo le modalità del sentiment analysis.

Parleremo dei 17 Goal in 17 luoghi:  povertà con Caritas a Ponte Casilino e alla Diocesi di Roma; diseguaglianza con il Festival delle Periferie a Tor Bella Monaca; cibo nel Mercato rionale di Testaccio; salute con ASL2 a Cinecittà; educazione con la Comunità Educante del Municipio VII a Cinecittà; donne con Centro Antiviolenza a Villa Lazzaroni; acqua pubblica lungo il corso dell’Acquedotto Felice; legalità al Parco della Giustizia alla Romanina per la giornata della Legalità; partnership  con Festival delle Periferie; innovazione digitale con Comunità Educante Diffusa sulle mappature web del Municipio VII; lavoro con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza ; energia pulita con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza; smart community con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza ; emergenza climatica  con il Corso di Scienze della Sostenibilità alla Sapienza; economia circolare con la Comunità Educante Diffusa alla scuola primaria Garibaldi; mare lungo il Tevere, la via d’acqua che conduce al mare, con gli studenti del Master internazionale sulla Complessità Urbana di Sapienza-Università di Roma; biodiversità tra oliveti e macchia mediterranea in una cava dietro l’Appia Antica. Con il progetto di intelligenza artificiale Nuvola 3.0 sarà realizzata una sentiment analysis dei 17.

Il partner principale è l’Università di Roma-Sapienza (con il Corso di Formazione interfacoltà in Scienze della Sostenibilità), altri partner ed enti che supportano: Earth Day Italia, ItaliaSmArtCommunity, ASVIS, Caritas, Diocesi di Roma, ARCI, Fondazione Raffaele Fabretti, Comitato di Quartiere Tuscolano, Roma Bpa – Mamma Roma e i suoi Figli Migliori, Comunità Educante Diffusa del VII Municipio Roma Capitale. 

Il programma

Lunedì 17 maggio 

ore 11, Cava Fabretti (accesso da Istituto Tor Carbone, Via Tor Carbone 53) walkabout su goal biodiversità con apicoltori urbani

ore 17, IC Ceneda (plesso “Garibaldi” via Mondovì 16) walkabout su goal economia circolare con  Associazione “Anita”, Comunità Educante Diffusa e Hearth Platform 

Martedì 18 maggio 

ore 10, Sapienza-Università di Roma (Ingegneria, Via Eudossiana 18) walkabout su goal smart community

ore 11 walkabout su goal emergenza climatica

ore 12 walkabout su goal lavoro

ore 13 walkabout su goal energia pulita con Corso di Formazione interfacoltà in Scienze della Sostenibilità e Hearth Platform 

ore 16, Centro di salute mentale ASL2 (Piazza di Cinecittà 11) walkabout su goal salute con la Comunità Educante del Municipio VII

Mercoledì 19 maggio 

ore 17, Casa di Accoglienza “Santa Giacinta” (via Casilina Vecchia 19), walkabout su goal povertà con Caritas e Diocesi di Roma 

Giovedì 20 maggio

ore 11, Liceo Scientifico “Gullace” (Piazza dei Cavalieri del Lavoro, 18) walkabout su goal educazione con la Comunità Educante del Municipio VII

ore 15, Architettura-Sapienza Università di Roma (Piazza Borghese 9) walkabout su goal mare lungo il Tevere, la via d’acqua che conduce al mare, con gli studenti del Master internazionale sulla Complessità Urbana 

Venerdì 21 maggio

ore 11, Parco degli Acquedotti (Via Lemonia 221) walkabout su goal acqua pubblica con Comunità Educante del VII Municipio, RetakeRoma 

ore 16 Centro AntiViolenza (Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522) walkabout su goal donne con la Comunità Educante e Hearth Platform 

ore 18 Centro giovanile Scholé (Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522) walkabout su goal  innovazione digitale con Comunità Educante del Municipio VII. Presentazione di Nuvola 3.0 sulla sentiment analysis dei 17 goal di Agenda 2030.

Sabato 22 maggio 

ore 12, Mercato rionale di Testaccio (Via Aldo Manuzio 66b, box66) walkabout  su goal cibo tra i banchi del mercato con Collettivo Gastronomico Testaccio

ore 18, Dalla Stazione Metro di Torre Gaia al Teatro Tor Bella Monaca walkabout  su goal diseguaglianza nell’ambito del Festival delle Periferie 

ore 19 Teatro di Tor Bella Monaca (Via Bruno Cirino 5) talk su goal partnership nell’ambito “Mappening. Le mappe partecipate” per il Festival delle Periferie”

Domenica 23 maggio 

ore 17, ITC Lombardo Radice ( Piazza Ettore Viola 6)  verso il Parco della Giustizia  (entrata da Via del Ponte delle Sette Miglia 245) walkabout su goal legalità nell’ambito della Giornata della Legalità.

giornata mondiale contro l'omofobia

Coca-Cola, IKEA e gli altri brand che si sono schierati contro omofobia, bifobia e transfobia

Oggi è la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia e l’intersessuofobia. Celebrata in oltre 130 paesi nel mondo è anche chiamata IDAHOBIT, acronimo di International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia.

Una data riconosciuta a livello mondiale che cade il 17 maggio di ogni anno. Questa ricorrenza è stata scelta per contrassegnare la decisione di rimuovere l’omosessualità dalla Classificazione internazionale delle malattie mentali dell’OMS nel 1990.

Da allora, il movimento ha acquisito sempre più slancio a livello globale ed è osservato da molte aziende e settori.

Lo scopo dell’IDAHOBIT è quello di coordinare eventi che aumentino la consapevolezza delle questioni di uguaglianza LGBT+ e mettano in luce la consapevolezza dei progressi compiuti in tutto il mondo.

I top brand sono soliti lanciare articoli e campagne a tema per questa giornata speciale e per il mese successivo del Pride. Ma solo perché un brand è disposto a schiaffeggiare un arcobaleno su qualcosa – pratica paragonata al “pinkwashing” e fortemente criticata negli ultimi anni – non significa che sia effettivamente LGBT-friendly.

IDAHOBIT

Gli eventi degli ultimi anni hanno portato in primo piano l’esigenza da parte delle aziende di condividere la propria brand purpose con i consumatori, che oggi più che mai si aspettano che i marchi parlino di importanti questioni sociali.

Secondo uno studio, infatti, il 68% dei consumatori statunitensi si aspetta che i marchi siano chiari sui propri valori, mentre i Millennials e la Generazione Z hanno le aspettative più alte di tutte le fasce d’età.

Mentre il Pride Month 2021 si avvicina, diamo uno sguardo a brand e aziende che stanno dimostrando un autentico impegno per l’amore, la diversità e l’inclusività. Ecco alcuni marchi che già da alcuni anni collaborano con organizzazioni senza scopo di lucro e stanno concentrando i loro sforzi con l’obiettivo di amplificare le voci e i diritti LGBT+.

Una carrellata di brand che hanno preso una posizione e hanno deciso di fare qualcosa di significativo.

IKEA 2021

Equality, diversity e inclusion sono alla base della visione strategica e dei valori IKEA. Riconoscere le differenze e garantire l’uguaglianza significa creare una cultura nella quale le persone possano sentirsi sé stesse ovunque, a casa, sul posto di lavoro, nella quotidianità.
IDAHOBIT
Per questa ragione il colosso dell’arredamento svedese già da diversi anni è impegnato nella lotta contro l’omofobia. Per enfatizzare la sua posizione presenta prodotti e altri articoli arcobaleno che irradiano con quello spirito multicolor.

Per celebrare il Tokyo Rainbow Pride di quest’anno, IKEA Giappone ha rilasciato una piccola serie di articoli a tema arcobaleno. La collezione include due borse Storstomma e un altoparlante bluetooth, oltre a tre diversi sfondi virtuali, completi di coriandoli, che si possono scaricare gratuitamente per le videochiamate su Zoom.

Quest’anno nel nostro paese il brand ha deciso di compiere un gesto simbolico, adottando ed esponendo la Progress Flag in tutti i 21 store d’Italia, una bandiera che parla del progresso verso una società che accolga e rispetti ciascun individuo, con la sua storia e la sua esperienza di vita. Un progresso che va costruito giorno dopo giorno con l’impegno di tutti.

IDAHOBIT

Ai 6 colori della Rainbow Flag, molto conosciuta, si aggiungono il nero e il marrone che rappresentano la comunità LGBT+ di colore, il rosa, l’azzurro e il bianco che rappresentano le persone transgender.

Qui invece l’ultimo video di IKEA Italia per celebrare l’IDAHOBIT.

LEGGI ANCHE: IKEA lancia la campagna #FateloACasaVostra per la giornata mondiale contro l’omofobia

Kellogg’s 2021

Kellogg’s e GLAAD, l’organizzazione che da oltre 30 anni è in prima linea nel cambiamento culturale per l’accettazione della comunità LGBT+, si sono uniti per introdurre un nuovo tipo di cereali per il mese del Pride 2021. Il cereale Together With Pride mira a celebrare tutti coloro che siedono a tavola.

La prima collaborazione di Kellogg’s con GLAAD risale al 2019 quando insieme crearono All Together Cereal.

La nuova selezione di cereali è un’estensione della collaborazione esistente tra il marchio Kellogg’s e GLAAD. I pezzi colorati sono aromatizzati ai frutti di bosco e ricoperti di glitter commestibili.

Absolut 2021

L’iconico brand di vodka Absolut presenta la nuova limited edition ABSOLUT Rainbow 2021, una bottiglia in edizione limitata, il cui obiettivo è celebrare i 40 anni del brand a supporto della comunità LGBT+. Il brand che da sempre si contraddistingue per la sua visione contemporanea, fuori dagli schemi, supporta la comunità LGBT+ sostenendo fermamente che un mondo colorato, senza alcun tipo di barriere linguistiche, sessuali sia qualcosa per cui lottare.
IDAHOBIT
Il design della bottiglia realizzata in collaborazione con la Gilbert Baker Foundation, un’organizzazione no-profit con sede a New York fondata nel 2017 con l’obiettivo di portare avanti l’eredità del designer-attivista, è una rielaborazione dell’iconica bottiglia realizzata nel 2008 con Gilbert stesso.

La bandiera, protagonista assoluta della bottiglia, è realizzata con colori metallici, vivaci, che prendono vita da diverse angolazioni grazie al liquido che funziona come una lente di ingrandimento. Sul retro della bottiglia compare la scritta “Sway It with Pride”, che rende omaggio ad un artista rivoluzionario e alla sua eredità, che ancora oggi continua a vivere.

Avon 2021

Anche Avon conferma il suo impegno contro l’omofobia e la discriminazione LGBT+. Il brand leader mondiale nel settore beauty nel canale della vendita diretta di prodotti cosmetici e parte del Gruppo Natura &Co, da anni è schierato in prima linea per combattere le differenze di genere sostenendo la diversità in tutte le sue forme, le discriminazioni e, in senso più ampio, la violenza.
IDAHOBIT
Per la Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, Avon lancia un nuovo messaggio “La bellezza è di tutti” per sensibilizzare l’opinione pubblica sul riconoscimento e la difesa dei diritti umani, indipendentemente dall’orientamento sessuale, identità o espressione di genere.

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Burger King 2020

Tra i sostenitori di uguaglianza, amore e diritto di essere liberi c’è anche Burger King. Ha fatto scalpore la campagna di qualche mese fa in cui la mascotte di BK, in pieno spirito LGBT+, ha condiviso un bacio appassionato con l’arcinemico Ronald McDonald.

Per la settimana del Pride di Helsinki di settembre 2020, come parte della sua sponsorizzazione dell’evento, Burger King ha allestito manifesti in tutta la città reclamizzando con orgoglio che “L’amore vince tutto”.  L’incredibile immagine del bacio rimarrà impressa nelle nostre menti sicuramente per molto tempo.
Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia
Non è la prima volta che Burger King mostra sostegno alla comunità LGBT+, già nel 2014, aveva debuttato con il “Proud Whopper”.
IDAHOBIT
La versione in edizione limitata del suo iconico hamburger Whopper era nata per celebrare l’orgoglio LGBT a San Francisco: l’involucro arcobaleno riportava la scritta “siamo tutti uguali dentro”.

Coca Cola 2020

Coca-Cola si impegna a supportare la comunità LGBT+ in tutto il mondo, prestando il proprio marchio all’inclusione di individui emarginati.

 

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Il brand ha supportato gli eventi Pride, ha indossato la bandiera arcobaleno e recentemente ha preso posizione, creando un contraccolpo pubblico e anti omofobo attraverso pubblicità inclusive in Ungheria.
IDAHOBIT

Skittles 2017

Fece scalpore anche Skittles quando nel 2017 con una campagna a sostegno delle celebrazioni del Pride decise di trasformare packaging e prodotto.


Il famoso brand di caramelle multicolore aveva rilasciato una lettera indirizzata alla comunità LGBT, che diceva: “Durante il Pride solo un arcobaleno è importante, quindi abbiamo rinunciato al nostro per mostrare il nostro supporto”.

Mercedes 2017

Qualche anno fa Mercedes Benz Canada aveva pubblicato un breve film documentario intitolato “Painted with Love”. Con più di mezzo milione di visualizzazioni, il corto ribadisce il sostegno di Mercedes per la comunità LGBT+ e racconta esperienze di vita reali di chi ha subito comportamenti omofobi. L’azienda ha combinato questi ricordi dolorosi con il potere curativo dell’arte creando un murales rappresentativo.

Mercedes spalanca così le braccia ai consumatori che hanno diverse sessualità, incoraggiando le persone a essere loro stesse e sottolineando che le esperienze negative non definiscono una persona.

Innovazione strategica: uscire dalla crisi grazie al Digital Business Model

L’obiettivo non è giocare meglio degli altri, ma cambiare le regole del gioco. Cosa possiamo offrire di veramente innovativo, a chi e come? Sono queste le domande fondamentali che ogni imprenditore e manager oggi deve porsi come primo passo per portare la propria organizzazione fuori dalla crisi nella quale l’emergenza ha gettato l’economia globale o anche solo per far fare alla propria impresa il salto di qualità che la metterà al riparo da future difficoltà.

Ed è proprio a queste domande – e alle risposte – che sarà dedicato il prossimo Strategy Innovation Workshop sul tema Digital Business Model, rivolto in particolare a imprenditori e manager che guidano aziende attraverso le sfide del nostro tempo, ma anche a tutti coloro che a vario titolo si occupano di questi temi.

LEGGI ANCHE: Cosa è la creator economy, come funziona e perché ci riguarda tutti

A partire dal 1700 abbiamo assistito a una rivoluzione industriale ogni circa cinquant’anni. Da 20 anni a questa parte, i cicli economici durano decisamente molto meno. A titolo di esempio, se si guarda quali sono i paesi in ordine per dimensione dell’economia o se si guarda quali aziende compaiono negli indici di borsa venti anni fa ed oggi, ci accorgiamo che il cambiamento è stato radicale e questo cambiamento è in costante fase di accelerazione, grazie anche all’impatto che la trasformazione digitale ha sull’economia, consentendo di fare le stesse cose in maniera più efficiente. Ma la tecnologia abilita anche e soprattutto la creazione di nuovi modelli di business. Questa opportunità va colta e va colta in fretta.

Sottolinea Carlo Bagnoli, Ordinario di Innovazione Strategica presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, fondatore di Strategy Innovation e co-autore del volume Business Model 4.0. I modelli di business vincenti per le imprese italiane nella quarta rivoluzione industriale.

Digital Business Model

Il workshop, che prenderà le mosse dal volume Business Model 4.0. I modelli di business vincenti per le imprese italiane nella quarta rivoluzione industriale (autori Carlo Bagnoli, Alessia Bravin, Maurizio Massaro, Alessandra Vignotto con contributi di Gianluca Biotto e Carmelo Mariano, Edizioni Ca’ Foscari, scaricabile qui) affronterà i temi cruciali attraverso l’analisi di casi studio reali e grazie al contributo di Stefano Rebattoni, Amministratore delegato di IBM Italia, Michele Parisatto, Managing Partner di KPMG Advisory Italia e Stefano  Brandinali, Chief Digital Officer e Group CIO di Prysmian Group.

L’appuntamento è per il 21 maggio 2021 alle ore 18 con il webinar online. Necessario registrarsi.

Gli Strategy Innovation Workshop sono organizzati da Strategy Innovation e Fondazione Università Ca’ Foscari con il sostegno di importanti partner italiani: Intesa Sanpaolo, Arper, Axians, Cisco, KPMG e Sharp.

creator economy

Cosa è la creator economy, come funziona e perché ci riguarda tutti

In queste settimane stiamo assistendo  all’affermarsi di una vera e propria “creator economy” o “passion economy”: un settore di business incentrato su creatori di contenuti e sui prodotti software e servizi concepiti per supportarli nella realizzazione delle loro passioni.

Che ci siano notevoli opportunità nel raccogliere e valorizzare le passioni individuali lo dimostra il fatto che il 30% dei bambini in USA e Regno unito sogna di diventare uno YouTuber e che il 70% degli Americani aspira a diventare un imprenditore.

Il concetto di contenuti creati dagli utenti delle piattaforme digitali non è un concetto nuovo perché nato molti anni fa con la comparsa sulla rete Internet dei primi User Generated Content (termine spesso abbreviato con l’acronimo UGC). La prima e più significativa espressione di tale tipologia di contenuti è stata YouTube, il cui eccezionale successo spinse Google al suo acquisto nel 2006.

Tuttavia l’aspetto relativo alla monetizzazione è stato accantonato per molti anni, sia perché i social network non ne percepivano la necessità economica e sia perché i creators giudicavano sufficiente contropartita la distribuzione delle loro opere (e la relativa visibilità) garantita dalle piattaforme digitali.

Qualcosa è iniziato a cambiare quando sono nati Gumroad nel 2011 e Patreon nel 2013 proprio per aiutare i creator a monetizzare la propria fan base.

“Ci sono voluti 15 anni di frustrazione e le prime piattaforme come Patreon e altre simili” – dice Jack Conte, CEO di Patreon – “per forzare la mano alle piattaforme di distribuzione e costringerle ad inserire i meccanismi di pagamento all’interno delle funzionalità base delle loro infrastrutture.”

La creator economy

Nel passaggio dal 2019 al 2020, il numero di creatori di contenuti che guadagnano almeno $10.000 al mese è cresciuto dell’88% e quello dei creatori con un introito mensile di $1000 ha visto un incremento del 94%.

Secondo Yuanlig Yuan, una manager del fondo di investimenti Signalfire, nel mondo ci sono attualmente oltre 50 Milioni di content creators.

creator economy

Inoltre, come evidenzia il grafico di Hugo Amsellen, stanno spuntando come funghi startup che coprono una o più fasi del ciclo di vita della creator economy.

creator economy map

Analizziamo insieme il grafico.

  1. Creazione contenuti.
    In questa categoria si inseriscono le aziende che forniscono strumenti specializzati per la creazione di contenuti di qualità. La tipologia dei contenuti gestiti è molto ampia e si estende dalle foto (VSCO, Mojo) o video (Kapwing) al livestreaming (Restream), dall’audio al gaming (Roblox, Epic Games).
  2. Crescita del pubblico.
    Nell’ecosistema della creator economy, i social media sono essenzialmente dei canali digitali che i creator possono “affittare” per la distribuzione dei contenuti ed utilizzare come volano per la propria crescita
  3. Acquisizione del pubblico.
    Vengono raggruppate in questa categoria tutte le startup che offrono servizi in grado di aiutare i creators a realizzare una propria community (cioè a diventare “proprietari” del proprio pubblico) a partire dall’audience costruita sui social media, come live streaming (Crowdcast), piattaforme per la creazione di newsletter (Substack) o community (Discord). Si tratta di una tipologia di servizi molto importante per non vincolare il creator al successo e alle condizioni commerciali imposte dalle piattaforme social. Come vedremo più avanti, tutti i principali social network sono al lavoro per limitare questi fenomeni offrendo delle opzioni di monetizzazione.
  4. Monetizzazione online.
    Rientrano in questo gruppo le piattaforme per la vendita di prodotti digitali quali corsi online (Teachable, Thinkific), donazioni (BuyMeACoffee), downloads (Gumroad), membership (Patreon).
  5. Monetizzazione offline.
    Le opportunità di monetizzazione possono anche essere estese al mondo off-line, dal momento che è molto frequente che i fan vogliano acquistare non solo prodotti digitali ma anche prodotti fisici. Esistono quindi delle aziende che sono focalizzate nell’aiutare i creator nelle attività relative al merchandising e sui servizi per la creazione e commercializzazione di prodotti fisici (supporto al merchandising).
  6. Gestione delle attività di business.
    Si inseriscono infine in questa categoria quelle aziende che forniscono un insieme completo di strumenti a supporto delle attività gestionali e operative del creator, come fatturazione, project management, CRM, etc.

The creator dilemma

 Il panorama della creator economy è un ecosistema estremamente frammentato e, per avere successo, un creator dovrà essere in grado di maneggiare un ampio e variegato insieme di canali di distribuzione e di formati: profili personali, SMS, storie, short e long video, annunci PPC, email, newsletter, dirette video e, di recente, anche audio.

Prendendo spunto dal titolo di un film prodotto recentemente da Netflix, anche per i creators si presenta quindi un dilemma: su quale piattaforma investire la maggior parte del tempo?

La vera sfida per il creator è saper scegliere oggi l’ecosistema che meglio si adatti alle sue esigenze e che offra le migliori garanzie in termini di continuità e di ritorno monetario in una prospettiva di vertiginosa evoluzione.

TikTok ha aperto la strada

TikTok è stata una delle prime piattaforme a focalizzarsi sui creators.

Come dice infatti l’azienda, sulla sezione italiana del proprio sito web: “Se qui da noi TikTok ha avuto così successo è anche perché siamo un paese di creativi… e di creator! Ogni giorno le persone su TikTok, da tutta Italia, uniscono video e musica, lanciando nuovi trend o improvvisando su una base musicale. Un mix unico di meme, canzoni e hashtag che non solo presenta a un pubblico più ampio una creatività innovativa, ma influenza anche la cultura e il costume”.

I creator sono la linfa vitale di TikTok e per questo motivo l’azienda ad agosto del 2020 ha lanciato in Europa il TikTok Creator Fund, con l’obiettivo di dare alle persone di talento l’opportunità di trasformare la loro creatività in una vera e propria professione.

Il fondo europeo è partito con una dote iniziale di 70 milioni di dollari per il primo anno (pari a circa 60 milioni di euro), e che sembrerebbe destinata a salire ad almeno 300 milioni entro tre anni.

Facebook

Facebook ha un manager dedicato agli aspetti di monetizzazione e ha lanciato al riguardo uno specifico programma, Facebook for Creators,  dove viene data una particolare attenzione agli autori dei video.

L’azienda di Palo Alto ha aggiornato infatti i criteri di idoneità per le inserzioni in-stream consentendo ai creator di guadagnare con video lunghi un minuto, con un’inserzione con interruzione minima dopo 30 secondi, o con video di 3 minuti o più, includendo un’inserzione dopo 45 secondi. In precedenza, la monetizzazione con inserzioni in-stream era possibile solo con i video di 3 minuti o più, con l’inserzione mostrata non prima della soglia del minuto.

Facebook ha anche annunciato che inizierà a sperimentare la possibilità di inserire nelle Storie su Facebook delle inserzioni tramite adesivi e di condividerne i ricavi. Il test iniziale è per ora limitato a poche persone ma verrà presto esteso a più creator e successivamente ai video brevi.

Oltre ad estendere i tipi di video monetizzabili, Facebook amplierà anche il numero di potenziali creator con dei nuovi criteri di idoneità per le pagine:

  • 600.000 minuti di visualizzazioni totali di ogni tipo di combinazione di caricamenti video (on demand, dirette e dirette precedenti) negli ultimi 60 giorni;
  • 5 o più caricamenti video attivi o video in precedenti dirette.

L’obiettivo principale di questi nuovi criteri è aiutare i creator che realizzano prevalentemente video in diretta o brevi estratti delle dirette.

Se le inserzioni sono un’ottima soluzione per monetizzare le dirette streaming, il social di Mark Zuckerberg intende anche offrire opportunità per guadagnare denaro attraverso la funzione Stars (v. Fig. 3): il creatore riceve un centesimo da parte di Facebook per ogni stelletta ricevuta da un fan.

Emerge chiaramente che in questo modo Facebook vuole curare gli aspetti di monetizzazione e allo stesso tempo rendere più solidi i rapporti tra creator e le rispettive community.

monetizzazione Facebook creators

Ricordiamo inoltre che Facebook sta gradualmente rilasciando la funzionalità di eventi online a pagamento, tramite pagine che prevedono l’utilizzo di una tariffa di accesso addebitata una sola volta al momento della registrazione dei partecipanti.

Instagram

Anche l’altro social della galassia Facebook sta lavorando per incentivare i creator alla produzione di contenuti di qualità, attraverso l’introduzione di “badge” nelle dirette e la possibilità di inserire inserzioni all’interno dei video IGTV.

Cosa sono i “badge” di Instagram? Si tratta in pratica di una targhetta virtuale (costo attuale: 0.99, 1.99 o 4.99 dollari) che consente ai fan di distinguersi tra i vari partecipanti ad una diretta Live, con un posizionamento privilegiato nei commenti, tramite l’utilizzo di un particolare tipo di cuore, nonché figurare nell’elenco dei supporter del creator.

Twitter

Fin dai primi mesi di quest’anno il social di Jack Dorsey è stato molto attivo, ed ha annunciato un ambizioso programma di raddoppiare il suo fatturato e superare la soglia dei 300 milioni di utenti attivi entro il 2023.

Come primo passo alla realizzazione di questo piano di crescita Twitter ha scelto di unirsi al club dei social network che hanno deciso di dedicare particolare attenzione al mondo dei creators. Grazie alla funzionalità denominata Super Follow, gli utenti potranno quindi monetizzare la loro fan base richiedendo il pagamento di una fee (a partire da 4,99$) per avere accesso a contenuti extra, quali tweet riservati, accesso a gruppi privati, iscrizione a newsletter o identificazione tramite un badge.

Twitter superfollows

In quest’ottica va anche inserito la funzionalità di Tip Jar (per il momento disponibile solo per pochi utenti) e l’acquisto di Scroll, un’azienda che offre un servizio per rimuovere gli annunci pubblicitari dai siti di notizie online.

Ma anche le altre piattaforme non stanno a guardare:

  • YouTube sta ripensando gli YouTube Spaces (il cui utilizzo in presenza è stato ovviamente interrotto durante la pandemia) con l’adozione di una strategia che combini eventi virtuali e in presenza, venendo incontro alle esigenze dei creators e degli artisti.
  • Linkedin aggiunge nuove funzionalità al profilo degli utenti, che potranno attivare la modalità “creatore” per mettere in evidenza le proprie competenze e i propri servizi.
  • Clubhouse ha iniziato ad attivare Payments, uno strumento di monetizzazione che permetterà agli utenti di inviare e accettare pagamenti all’interno dell’app.
  • Pinterest ha annunciato il suo Creator Fund, con una dotazione iniziale di 500.000 dollari e l’istituzione di un codice di comportamento per i creators (un manifesto per mantenere uno standard elevato di comportamento all’interno della piattaforma).

Ci sono poi grosse novità anche per i podcasters: sia Spotify che Apple intendono aiutare i creator di contenuti audio con dei meccanismi di monetizzazione.

Spotify ha iniziato infatti a rendere disponibile in USA la possibilità di classificare i podcast come contenuto a pagamento. Nei primi due anni questa funzionalità sarà completamente gratuita per i creators che potranno così incamerare il costo completo dell’abbonamento, mentre dal 2023 la piattaforma inizierà invece a trattenere una commissione del 5%.

Anche Apple, con il rilascio della versione 14.5 di iOS, inserisce una nuova offerta per i podcaster che avranno la possibilità di pubblicare i loro contenuti secondo tre meccanismi di abbonamento: gratuito, parzialmente gratuito (freemium) e completamente a pagamento.

Per concludere

Gli annunci di queste settimane sottolineano come le principali piattaforme abbiano compreso che senza il contenuto creato dagli utenti (ed un adeguato incentivo economico per i creators) rischiano di diventare una scatola vuota e pertanto poco appetibile per gli inserzionisti pubblicitari, ma ci dicono anche un’altra cosa: dobbiamo dimenticarci Internet come luogo di contenuti e servizi gratuiti.

La Rete si sta lentamente trasformando verso un nuovo mondo dove coesisteranno i servizi gratuiti (in diminuzione) e quelli a pagamento (in aumento).

Ce lo ricorda Facebook, anche in una maniera non troppo velata, con il messaggio inviato agli utenti iOS 14.5 (v. Fig. 5) per richiedere il consenso all’utilizzo del loro IDFA (IDentifier For Advertiser), in evidente polemica con le nuove policy di Apple:

“Utilizziamo le informazioni delle tue attività ricevute da altre app e siti web per […] aiutare a mantenere gratuito Facebook”.

mantenere gratis facebook