I tool di questa settimana ci aiutano a comunicare più facilmente, ad esempio attraverso un servizio di messaggistica video istantanea, oppure “a non farlo”, disconnettendoci al momento giusto quando ne abbiamo la necessità.
Mentre alcuni strumenti sono quindi utili a migliorare la nostra produttività e concludere i task perdendo meno tempo possibile, altri ci regalano quei cinque minuti di spensieratezza davvero necessari quando lo stress da lavoro inizia a farsi sentire.
Per il primo e per il secondo scopo, ecco a voi i digital tool selezionati per questa settimana.
Dimentica Giphy
Una nuova app del servizio di streaming di film d’autore Mubi permette ai cinefili di portare i film direttamente nei loro messaggi. Con Mubi puoi digitare semplicemente il tuo testo nell’app e verrà fuori un remix di clip personalizzato, pronto da inviare.
Scappa da Zoom
“Scusa, ho una chiamata importante!” Quale migliore motivazione per fuggire dall’ennesima noiosissima call su Zoom? Con Zoomoff puoi far squillare il telefono o far suonare il campanello e procurarti così l’alibi perfetto.
Comunicare da remoto
Non sempre le chat e la messaggistica istantanea sono sufficienti a spiegare un progetto o ad annunciare novità al team in smart working. Weet è uno strumento di messaggistica video che ti permette di avere conversazioni asincrone con il tuo team, ma anche con partner e clienti. Include registrazione istantanea, condivisione dello schermo, sfondo virtuale, filtri video, emoji e ricche opzioni di commento.
Solo l’essenziale
Vorresti leggere di più o seguire corsi utili per la tua carriera, ma non hai tempo? Uptime è l’app che fa per te: potrai scoprire nuove idee da più di 1500 libri, corsi e documentari e studiarli in appena 5 minuti. Un tool progettato per rendere l’apprendimento divertente e memorabile.
Un profilo perfetto per Clubhouse
Se stai cercando di perfezionare la tua presenza sul social vocale, puoi provare anche Photo BG Changer. Modifica la tua immagine profilo aggiungendo uno sfondo colorato come elemento distintivo.
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Se hai trovato utili questi tool, attiva la prova gratuita di Ninja PRO Information. Riceverai ogni giorno le news sempre aggiornate (anche in versione audio), insight, analisi degli esperti e i nostri consigli sui migliori strumenti.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/digital-tool-della-settimana.jpg9131636Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2021-03-07 13:00:182021-03-12 10:39:59Weet, Zoomoff e Mubi, i digital tool della settimana
Aprire un club su Clubhouse è ora una funzione disponibile per tutti gli account.
Da oggi, infatti, puoi seguire il club di Ninja Marketing sul social più in voga del momento e rimanere aggiornato sulle più importanti notizie del tech e del digital con il consueto appuntamento della Room Ninja Morning, in diretta tutte le mattine dalle 9.00 alle 9.30.
Oltre alla redazione Ninja, nella room incontrerai anche tanti ospiti, esperti e professionisti del marketing che ogni giorno commentano insieme le news.
Aprire un club su Clubhouse, ecco come fare
La creazione del club è velocissima: sarà infatti sufficiente aprire il tuo profilo per visualizzare, in basso a sinistra, un “segno più” da cliccare per avviare l’apertura.
Non riesci a vederlo? Prova ad aggiornare l’app (oppure a disinstallarla e re installarla) per risolvere il problema.
Il passo successivo sarà impostare i dati del club che vuoi creare, quindi nome, immagine del club e altre informazioni utili per le persone a cui potrebbero interessare le tue attività. in più, potrai selezionare caratteristiche aggiuntive per rendere pubblica o privata la lista dei membri, ad esempio e consentire ai potenziali follower di seguire il gruppo.
Successivamente, verrai indirizzato alla scelta dei topic in modo che le persone che seguono gli argomenti attinenti al club che hai creato su Clubhouse possano individuarti facilmente.
Trovare un club
Come avrai visto nell’immagine precedente, cercare (e trovare) un club su Clubhouse è semplicissimo. Ti basterà cliccare sulla solita lente di ingrandimento per visualizzare il box della ricerca. A questo punto, potrai selezionare “people” o “clubs” per cercare nel database corretto. Iniziando a digitare il nome che ti interessa trovare, apparirà nella lista, se disponibile.
Prima di questo nuovo aggiornamento, l’apertura di un club su Clubhouse richiedeva una procedura più lunga e complicata, sottoposta poi ad approvazione da parte dello staff dell’applicazione. Ora invece l’operazione può essere conclusa con pochi passaggi e poco sforzo e c’è da aspettarsi una proliferazione di club con i temi più vari. Ci sono però alcune limitazioni, legate al numero di club che è possibile aprire in un determinato periodo di tempo, oppure in relazione a quanto si è attivi sul social network.
Cos’è Clubhouse
Per chi ancora non lo sapesse, Clubhouse è una piattaforma di social media basata sui contenuti audio, una sorta di podcast interattivo in tempo reale. Le conversazioni sono organizzate in chat tematiche tra le quali si può navigare e si può scegliere di partecipare alla conversazione o limitarsi ad ascoltare. Le chat possono anche essere create dagli iscritti al servizio.
Una caratteristica importante è che “quello che viene detto su Clubhouse, rimane su Clubhouse”. Non è infatti possibile scaricare o condividere le conversazioni e i file audio ed è una pratica vietata dalle policy della piattaforma.
Al momento, infatti, puoi accedere alla piattaforma esclusivamente su invito, anche se è possibile iniziare a registrarsi con l’account che si vorrà utilizzare una volta invitati.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/club-su-clubhouse.jpg9001635Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-03-06 15:40:262021-03-11 17:07:57Ora tutti possono aprire un club su Clubhouse. Ecco come si fa
Oltre 2 miliardi di utenti ogni mese accedono a YouTube e ogni giorno i visitatori guardano oltre un miliardo di ore di video, generando miliardi di visualizzazioni. Challenge, miniserie e sketch comici sono i trend che registrano un maggiore seguito e coinvolgimento, in particolare per il target più giovane come la Generazione Z.
Star e Rising Star
A tal proposito, nell’ambito degli appuntamenti mensili con i “Buzzoole Rankings”, torna l’Osservatorio istituito da Buzzoole, martech company specializzata in tecnologie e servizi per l’Influencer Marketing, per analizzare le performance dei creator su YouTube del settore Entertainment. Grazie al tool Buzzoole Discovery, infatti, sono state stilate due differenti classifiche: “Star” per gli influencer con più di 500.000 subscriber e “Rising Star” per i profili con meno di 500.000 subscriber, nel periodo gennaio 2020-gennaio2021.
Sul podio della classifica “Star”, per il terzo anno consecutivo, la medaglia d’oro va a Ipantellas, il duo comico formato da Jacopo Malnati e Daniel Marangiolo, i quali hanno registrato circa 3,5 milioni di visualizzazioni in media rispetto ai video pubblicati (1 milione di views/post in meno, ma con 11 video pubblicati in più, rispetto alla precedente classifica). Anche per il secondo posto si riconfermano Sofì e Luì in arte i Me contro Te, gli youtuber più amati dai bambini, per i quali hanno realizzato quasi un video al giorno da cui hanno ottenuto in media oltre 3,2 milioni di visualizzazioni nel periodo analizzato. Il bronzo va al trio comico Gli Autogol, formato da Michele Negroni, Alessandro Iraci e Alessandro Trolli. I tre amici, tra imitazioni e parodie sportive, hanno ottenuto in media oltre 1,1 milione di visualizzazioni per video.
In quarta posizione ritroviamo anche quest’anno La Coppia che Scoppia, il primo canale YouTube dei due fidanzati Alice e Mirko, che con siparietti comici sulla vita di coppia ha fatto registrare oltre 1 milione di visualizzazioni in media rispetto ai video pubblicati nel periodo analizzato. Quinta posizione per i The Jackal. Il gruppo comico di Napoli composto da Ciro Priello, Claudia Napolitano, Gianluca Fru, Simone Ruzzo, Aurora Leone e Fabio Balsamo ha ottenuto in media 866.000 visualizzazioni rispetto ai video pubblicati nel periodo considerato.
Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole dichiara:
I creator del mondo entertainment sono diventati un elemento attorno al quale le generazioni di giovani più sfuggenti come la GenZ costruiscono delle vere e proprie community che condividono visioni collettive dei canali. Merito sia della capacità di questi creator di aver individuato la chiave di comunicazione più adatta a queste generazioni, sia l’abilità che hanno nel saper essere presenti su tutte le piattaforme social di video e streaming (YouTube, TikTok e Twitch) sfruttando al meglio i diversi strumenti e linguaggi che queste mettono a disposizione. Quest’ultima abilità permette anche ai creator più attenti di spostarsi da una piattaforma all’altra portandosi dietro la propria claque.
La classifica“Rising Star”, invece, vede al primo posto il gruppo comico Elites formato da Mirko, Enrico, Andrea, Omar, Salvatore e Antonio. I video di questi sei amici scanzonati che raccontando le loro avventure insieme, tra scherzi e challenge, hanno ottenuto in media 833.000 visualizzazioni. Al secondo posto c’è Alessandro Scarpa alias Er Gennaro (tra i migliori influencer italiani su TikTok nel 2019) con una media di 744.000 visualizzazioni. In terza posizione Patrizia e Micol, aka Quello che le donne non dicono.
Le due amiche nei loro sketch si divertono a raccontare in maniera ironica la vita delle donne nel quotidiano, con i ragazzi, con le amiche, talvolta toccando anche temi sociali. Nel periodo analizzato hanno ottenuto in media 528.000 visualizzazioni per video. Al quarto posto il noto canale Il Milanese Imbruttito i cui video sketch/commedy dell’Imbruttito, del Giargiana, del Nano e dell’Imbruttita hanno ottenuto in media 476.000 visualizzazioni. Quinta ed ultima posizione per Daniele Montani. Tra challenge e vicende amorose sotto il tetto della Stardust House, i suoi video hanno ottenuto in media 464.000 visualizzazioni durante il periodo di analisi.
In generale, dall’analisi dell’Osservatorio di Buzzoole è emerso che gli influencer del settore entertainment hanno grande inventiva nel proporre sempre nuovi format creativi come challenge, miniserie, sketch comici di breve, media o lunga durata, incentrati prevalentemente su scene di vita quotidiana, lavoro di coppia o di gruppo. Uno dei principali trend emersi è sicuramente quello delle challenge, ovvero sfide di abilità tra creator, che è una delle principali caratteristiche riconosciute, e da subito intercettate dai brand, anche sul social dei video brevi TikTok. Tra i format più ricorrenti si possono anche annoverare i video in cui il protagonista si filma mentre commenta programmi televisivi o eventi sportivi, oppure dei progetti speciali, gestiti da più creator già popolari grazie ai propri profili personali, come Muschio Selvaggio, di Fedez e Luis, e Pecore Nere, di Gabriele Vagnato e Alessio Russo (entrambi tra i più visti).
Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole dichiara:
Gli entertainment influencer possono essere molto interessanti per le aziende nell’ottica di raggiungere i giovani, utilizzando stili di comunicazione nuovi e meno formali. Il contenuto, infatti, per essere credibile deve mantenere il più possibile lo stile nativo dell’influencer, già noto agli occhi del suo pubblico. Infine, la sfida per le aziende – prosegue Cosenza – sta proprio nell’individuare gli stili di comunicazione in linea con la brand equity perché la scelta implica un grado di conoscenza dei linguaggi e dei valori che difficilmente emerge soltanto da un video.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/2_rosellina.jpg10801920Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2021-03-05 18:07:532021-07-26 11:22:18Le performance dei creator su YouTube del settore Entertainment analizzate da Buzzoole
In arrivo una nuova funzionalità per WhatsApp. È infatti in fase di implementazione il supporto per le chiamate vocali e videoper l’applicazione“Desktop”. Se finora la versione web disponeva di servizi ridotti rispetto alla versione smartphone, adesso si potranno effettuare telefonate e videochiamate direttamente dal computer, soltanto però in modalità one-to-one.
La notizia è stata ufficializzata dal team del servizio di messaggistica di proprietà di Facebook, che ha sottolineato come, al momento, WhatsApp supporterà solo le chiamate uno a uno, con la previsione di espandere questa funzione anche alle chiamate vocali e video di gruppo in futuro.
Come scaricare l’applicazione per desktop
Molto semplice l’utilizzo per la versione Desktop dell’applicazione: basta aprire l’App sul cellulare, andare in “impostazioni” in basso a destra, cliccare su WhatsApp Web/Desktop e inquadrare il codice QR che appare sul pc sul sito WhatApp Web. In questo modo si aprirà sul computer la schermata con tutte le chat attive.
“Vogliamo che le conversazioni su WhatsApp assomiglino il più possibile alle conversazioni di persona, a prescindere dal dispositivo utilizzato o dal luogo del pianeta in cui ci si trova”,
spiega l’azienda in un una nota ufficiale.
Indispensabile, per poter usufruire della nuova funzionalità, installare l’App sul pc, con microfono e webcam collegati, oltre ad una buona connessione internet. Inoltre, per poter chiamare e videochiamare i propri contatti, occorre disporre del sistema Windows 10 e successivi, o macOS 10.3.
“Le videochiamate funzionano perfettamente sia per l’orientamento verticale che orizzontale e il client desktop è impostato per essere sempre in primo piano, per non perdere mai le chat video in una scheda del browser o in una pila di finestre aperte”,
spiega l’azienda, che ha iniziato a testare la funzione con un piccolo gruppo di utenti alla fine dello scorso anno.
Il supporto della nuova funzionalità è pensata per i milioni di utenti che utilizzano il client desktop di WhatsApp ogni giorno, costretti dall’emergenza pandemica allo smatworking, e a spostarsi su piattaforme competitor quali Zoom o Google Meet per videochiamate one-to-one su desktop.
Chiamate vocali e video crittografati, security e privacy
Come per i 100 miliardi di messaggi che WhatsApp elabora ogni giorno sulla sua piattaforma, anche le chiamate vocali e i video saranno crittografati end-to-end.
Un’attenzione sempre più incisiva, tesa a garantire la privacy: a fine gennaio, infatti, l’azienda ha aggiunto l’autenticazione tramite impronta biometrica, scansione del viso o dell’iride per WhatsApp su desktop e Web, per intensificare i livelli di protezione dei dati personali.
Le nuove funzionalità aggiuntive coincidono, infatti, con il tentativo di WhatsApp di convincere gli utenti ad accettare le modifiche pianificate alle politiche sulla privacy.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/1_Barbara.jpg10801920Barbara Landihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngBarbara Landi2021-03-05 17:49:272021-03-11 17:06:23Novità WhatsApp, chiamate voce e video anche in modalità “Desktop”
I meccanismi principali dei media maggiormente fruiti dalle generazioni più giovani funzionano tramite retargeting e le persone vedono in continuazione quello che hanno già visto o che gli piace vedere. Questo stato di cose porta a produrre dei “miti settoriali”.
Creare un mass market brand risulta davvero complicato per diverse motivazioni: intanto, per semplificare, perché “non esiste più Pippo Baudo“, cioè un elemento universalmente riconosciuto indipendentemente dal gruppo di età a cui si appartiene.
Quando chiediamo alla gente se conosce Rosalba, Ghali e Ryan, sarà molto difficile ottenere una risposta affermativa per tutti e tre, perché sono tre miti di tre generazioni differenti. Rosalba è una famosa youtuber, Ghali è un rapper e Ryan di Ryan’s World è uno youtuber bambino, il più ricco del mondo.
Una volta, se avessi chiesto “chi è Pippo Baudo“, mi avrebbero risposto tutti trasversalmente, dalla nonna al nipotino di sei anni. Cosa è cambiato?
La differenza è che adesso, come direbbe McLuhan, è il media che crea il messaggio e la fruizione del messaggio. Nel momento in cui i media funzionano per retargeting e sono assolutamente settoriali e legati a una fruizione precedente, proponendo solo quello che la gente si aspetta di vedere, in maniera sempre crescente si formeranno micro-communities di persone che non conoscono assolutamente le preferenze delle persone accanto a loro.
Partendo da queste premesse, non è possibile far arrivare un unico messaggio a tutti e creare un mass market brand che vada bene per tutti.
Un’altra motivazione che rende impossibile la creazione di un prodotto di massa fruibile da qualunque generazione è che, all’interno di questo sistema di “disintermassmedializzazione” che stiamo vivendo si presenta un altro effetto sociologico: grazie alle migliori condizioni di vita generali a livello globale, perché il mondo è migliore di quello di 30 anni fa, per la prima volta ci sono sette generazioni sullo stesso pianeta. Queste generazioni non hanno nulla da condividere l’una con l’altra, perché le tecnologie creano degli isolamenti, in termini di media, di fruizioni e quindi in termini di messaggi e linguaggi.
Sarà quindi sempre più difficile creare qualcosa come il Babbo Natale con il vestito rosso che sponsorizza Coca-Cola e va bene per tutti, o creare un programma televisivo visto da 15 milioni di persone. Esistono ancora, perché noi stiamo parlando di trend ma, in prospettiva, sarà sempre più complesso.
Una generazione diversa: le micro-community
La principale differenza della Generazione Z rispetto alle altre è il concetto di bellezza. Per esempio, gli adolescenti di oggi amano Sfera Ebbasta che, indipendentemente dai gusti e dall’orientamento sessuale, fino a qualche tempo fa non sarebbe mai stato visto come un esempio di bellezza. La stessa Billie Eilish non sarebbe mai stata vista come un sex symbol.
La nuova modella di Gucci ci insegna che questa generazione ha completamente un altro concetto di bellezza e tutti gli esperti di comunicazione dovrebbero interrogarsi su questo, e non soltanto per quanto riguarda la scelta del testimonial più adatto, ma proprio nell’obiettivo di creare qualcosa che abbia contatto con il cliente, che sia bello per lui.
Un altro punto importante di differenziazione è l‘accesso per micro-community. Con la Generazione Z è nato il fenomeno “finsta”, cioè l’ammissione che esista un “io reale” e un “io costruito”. I Millennials cercavano di utilizzare i social per mostrare la parte migliore di se stessi, la Generazione Z, invece, accetta che esista una parte “finta” di se stessi.
Dallo storytelling allo storydoing
La terza differenza rilevante, una indicazione davvero utile per tutti i marketers, è che lo storytelling sta lasciando spazio allo storydoing.
Tutti i nuovi strumenti di fruizione, tutti i nuovi media sono in realtà programmi di montaggio. Tiktok, ad esempio, è un mezzo di comunicazione che ha due caratteristiche principali: il riconoscimento sonoro e il riconoscimento per immagine, però, di base, la cosa che lo accomuna a Instagram, a Facebook e a tutti gli altri social network è che il contenuto all’interno è lasciato in mano al cliente, che è anche il consumatore finale.
A che cambiamento globale ha portato questa caratteristica? Fino a ieri, ad esempio, Samsung o Sony spendevano milioni di euro per produrre uno spot pubblicitario, nell’ottica di diffonderlo in televisione con un tempo stabilito di fruizione e per un periodo programmato, ipotizziamo per tre mesi di campagna stagionale.
Oggi, se un brand spende milioni di euro per uno spot, quali sono i canali migliori per diffonderlo? Di certo, mostrarlo per pochi secondi su Tiktok non garantisce un ritorno dell’investimento. Infatti, se fino a ieri le risorse erano destinate a costruire lo storytelling, oggi quelle stesse risorse devono essere destinate a costruire frame, format, framework di linguaggio, degli spazi dove la gente possa esprimersi, e dargli delle regole.
Il secondo step, che in realtà è primordiale, è che se un brand vuole dire alla gente come comportarsi, deve farsi riconoscere come autorevole. Il lavoro di identità è quindi proprio sul brand: tone of voice, comunicazione coerente, una chiara purpose. Come Patagonia, per esempio, che ha chiuso i negozi per supportare l’Earth Day.
Il supporto dei dati e lo spazio per l’innovazione
Pur in questo contesto di differenziazione e isolamenti delle community, l’analisi dei dati rimane essenziale. A prescindere dal canale di distribuzione del brand, che sia digitale o fisico è necessario continuare ad analizzare sempre i KPI fondamentali:
Vendite
Consumo medio
Numero di ticket
Conversion rate
Traffico
Alla base di questi KPI fondamentali ci sono tutti i dati che portano a questi cinque: la grossa fortuna del mondo digitale è che ti dà la possibilità di tracciare tutta la consumer journey ed è un’opportunità da non lasciarsi sfuggire.
Detto questo, però, se fai sempre le stesse cose ottieni sempre gli stessi risultati. La vera innovazione è quindi sapere che puoi misurare ma lasciare spazio all’opportunità di fare cose nuove, senza legarsi troppo al dato.
Non proporre mai nulla di nuovo è la miglior strada possibile per accartocciarsi, è un circolo vizioso che rischia di condurci in una spirale del silenzio. Bisogna sempre imporsi di lasciare almeno un 20% del proprio Product Mix alle nuove opportunità e alla sperimentazione.
L’introduzione dell’innovazione nel Product Mix, mettendo in relazione tempo e quantità di prodotto, dovrebbe seguire infatti questo percorso:
consumatore Innovator – poco prodotto e poco tempo di immissione nel mercato
consumatore Early Adopter – leggermente più prodotto e leggermente più tempo di immissione sul mercato
consumatore Early Majiority
consumatore Late Majiority
Laggard
Questa curva indica precisamente quello che accade nel mercato e quello che dovrebbe accadere in tutti i Product Mix delle aziende, ma anche nel Time Mix di noi stessi: lasciare dello spazio per fare qualcosa di folle.
Le informazioni restano quindi importantissime: va bene ottenere la certezza del business attraverso i dati, monitorarli, seguirli, conoscerli, ma occorre lasciare un po’ di spazio, almeno il 10/15%, a seconda della propria situazione, per fare cose nuove.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/mass-market-brand.jpg9611715Domenico Romanohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDomenico Romano2021-03-05 17:37:512021-09-22 17:24:07Perché oggi è impossibile creare un mass market brand
L’Osservatorio Just Eat onora il ruolo della figura femminile nel food delivery, svelando una presenza crescente di donne nella ristorazione a domicilio con il 44% che ne è proprietaria e il 73% che ne compone lo staff
Le evidenze dell’Osservatorio Just Eat
Oltre 500 ristoranti di Just Eat gestiti da donne, il 44% guida e il 73% compone lo staff
Si trovano principalmente a Milano (46%), Roma (45%) e Genova (44%) e sono Millennials
I tre motivi delle donne per aprire un ristorante di food delivery sono far scoprire cibi buoni e nuovi (36%), trasformare una passione in lavoro (34%) o continuare una tradizione di generazioni (16%)
Per oltre il 50% delle donne il food delivery rappresenta una leva di business essenziale
Il 74% è attenta alla sostenibilità e per consegnare sceglie pack green
Per la giornata dedicata alle donne, Just Eat, app leader per ordinare online cibo a domicilio in tutta Italia e nel mondo, e parte di Just Eat Takeaway.com, leader nel mercato della consegna di cibo a domicilio e top player assoluto fuori dalla Cina, svela l’importanza del ruolo della figura femminile nel food delivery con oltre 500 ristoranti partner di Just Eat gestiti da donne, dove il 44% gestisce direttamente il ristorante e il 73% compone lo staff. Il food delivery continua a crescere, generando impatti positivi sul business, come per oltre il 50% delle donne che guidano i ristoranti di cibo a domicilio per le quali è diventato un servizio essenziale per il mantenimento dell’attività, soprattutto nel contesto critico generato dall’emergenza.
Dal bilancio del mondo del lavoro a fine 2020 emerge che le donne sono state le più colpite dalla pandemia – 312mila in meno occupate in un solo anno, soprattutto tra quelle autonome (fonte Istat) – mentre tra i settori più impattati figura la ristorazione, dove le donne rappresentano oltre il 50% del totale. In questo contesto critico, il food delivery si inserisce come leva di business strategica non solo per aiutare i ristoranti a usare il digitale per continuare la propria attività, ma anche come tendenza sempre più in crescita tra le donne che desiderano lavorare nel settore in Italia, tanto che oltre il 56% delle donne ne conferma l’impatto positivo sul business e il 99% afferma che continuerà a utilizzarlo anche in futuro.
Empowerment femminile
L’Osservatorio Just Eat svela infatti che oltre 500 ristoranti partner sono guidati da donne, nel 44% dei casi rivestono il ruolo di proprietaria e gestrice del locale, a Milano (46%), Roma (45%) e Genova (44%) e sono principalmente Millennials (il 35% ha tra i 35 e i 44 anni). Il processo di empowerment femminile si traduce anche nella composizione dello staff che conta un massimo di cinque persone (62%) e ha una donna al suo interno (73%) nel ruolo di cuoca, chef o altre professioni necessarie in un ristorante. Come sempre, lungo la Penisola ci sono differenze, come a Napoli dove le donne gestiscono solo il locale (36%) con una fascia di età più giovane (25-34 anni). Le donne cuoche o chef sono solo il 6%, una percentuale che però tende a crescere nelle città di Genova (11%) e Napoli (14%).
La scelta di intraprendere un percorso nella ristorazione aprendo un locale di proprietà nasce soprattutto dalla volontà di far scoprire alle persone qualcosa di buono e sempre nuovo (36%), da una passione trasformata in lavoro (34%) o da una tradizione di famiglia passata di generazione in generazione (16%).Andando invece a indagare gli aspetti più amati di questo lavoro, spicca la relazione con i clienti (42%), seguita dall’organizzazione del lavoro (26%), dalla possibilità si essere creative con i piatti (16%) e dalla gestione dello staff e della cucina (8%). Tendenzialmente questi ristoranti sono a conduzione famigliare (51%) e offrono cucine tradizionali (36%) e fast food (24%), proponendo pizza (51%), hamburger (13%), giapponese (6%) e italiano (5%).
Il 28% delle imprenditrici del food delivery è attiva da 4-10 anni, il 40% ha aperto negli ultimi 3 anni, mentre il 25% vanta un’esperienza ultradecennale nel ruolo. Il 65% delle proprietarie o gestrici ha uno o più figli, un aspetto che conferma l’importanza di bilanciare vita privata e professionale,senza dover rinunciare alla passione per il lavoro e al tempo da dedicare alla famiglia. E il 74% mostra una spiccata attenzione alla sostenibilità e all’impatto ambientale grazie all’utilizzo di pack sostenibili per le consegne su cui il food delivery sta investendo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/3_rosellina.jpg10801920Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2021-03-05 13:37:402021-07-26 11:21:52Just Eat celebra le donne che gestiscono oltre 500 ristoranti di food delivery in Italia
Diversità e inclusione, per proiettare la propria identità sul digitale in maniera coerente alla realtà. Abbattere le barriere e gli stereotipi sociali: è questa la sfida di Snapchat e Bitmoji che, in risposta alle esigenze manifestate della propria community, sono in fase di test di stickers che presentano gli avatar Snapchatter in sedia a rotelle. Per coinvolgere ulteriormente la propria audience, la piattaforma ha lanciato attraverso i suoi canali ufficiali anche la richiesta di feedback. Una sperimentazione iniziale di nuove animazioni, intrapresa a stretto contatto con un consulente per i diritti dei disabili.
“Con l’introduzione dei nuovi personaggi Bitmoji Snapchat ha compiuto un passo in avanti – spiega il team a lavoro sull’innovazione – La missione è sempre stata quella di creare avatar che riflettano e rappresentino la diversità della nostra comunità. Oggi speriamo di progredire verso il raggiungimento del nostro più grande obiettivo di rendere l’inclusività una parte fondamentale della nostra piattaforma”.
I nuovi stickers conterranno avatar su una sedia a rotelle manuale, da aggiungere ai post, fornendo più opzioni agli utenti per ritrarre se stessi in modo più accurato all’interno dell’ambiente Snap, contribuendo all’aggiornamento dell’App.
Nella nota ufficiale, Snapchat afferma inoltre di aver compiuto uno sforzo significativo per garantire che le nuove creazioni fossero accurate e rappresentative.
“Essenziale il lavoro a stretto contatto con il nostro consulente per i diritti dei disabili, che ci ha guidati nella loro progettazione, in particolare rispetto ai dettagli della sedia a rotelle manuale: il bracciolo, il poggiapiedi, il tessuto del sedile e il posizionamento dei raggi. Riconosciamo che c’è molto di più nell’inclusione e comprendiamo che la disabilità si presenta in molte forme, sia visibili che invisibili. Ci impegniamo a imparare di più e di avere risposte dagli utenti per migliorare i nostri adesivi e i design inclusivi futuri”.
Il feedback degli utenti
La comunità degli utenti è stata chiamata a sperimentare i nuovi avatar, anche rispetto a potenziali nuove animazioni per espandere le possibilità di interazione e di identificazione.
La piattaforma, in passato, era stata criticata per la mancanza di supporto alle funzionalità di accessibilità, in particolare per gli utenti con deficit visivi. Con i nuovi avatar sempre più diversificati si amplia un segmento che potrebbe rendere l’applicazione più accogliente per una gamma molto più ampia di utenti.
Per chi desidera sperimentare gli avatar Snapchatter in sedia a rotelle
Chi desidera sperimentare i nuovi format, può aprire l’App Bitmoji, la tastiera Bitmoji o l’estensione Chrome. Digitare nella barra di ricerca “sedia a rotelle” e scorrere per trovare le opzioni desiderate, lasciando anche il proprio feedback diretto su come migliorare il design.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/2_3marzo.jpg10801920Barbara Landihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngBarbara Landi2021-03-04 19:41:352021-03-06 15:53:48Snapchat e Bitmoji testano gli avatar Snapchatter in sedia a rotelle
Le aziende hanno dovuto riorganizzare i sistemi organizzativi verso una metodologia di lavoro agile
Smart working e remote working sono forme di lavoro che possono generare numerosi benefici per i genitori lavoratori
Flessibilità e organizzazione sono i pilastri per uno smart working di successo sia dal punto di vista professionale che personale
L’emergenza Covid-19 ha costretto le aziende a riorganizzare i sistemi organizzativi delocalizzando le risorse, verso un modello organizzativo agile e di lavoro a distanza. Il sistema normativo agevolato, introdotto dal Governo per aiutare le aziende nel faticoso compito di limitare i contagi e di proseguire con l’attività lavorativa, ha fatto sì che lo Smart Working sia diventato parte integrante delle vite di tutti noi.
Non è una novità
È bene precisare che il lavoro agile non è una vera e propria novità per le aziende, dato che diverse imprese in passato (in particolare quelle di maggiori dimensioni) avevano già siglato intese con le parti sociali per introdurre una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato che alterna periodi di lavoro in azienda a periodi di lavoro al di fuori di essa.
Il lavoro agile, il nome lo descrive benissimo, è una modalità di lavoro flessibile, agevole, adattabile sia alla vita lavorativa che a quella privata.
Ad un anno circa dall’inizio della pandemia e ad un anno di Smart Working “obbligato” è possibile analizzare i reali benefici che questa forma di lavoro ha generato sui lavoratori, concentrandoci principalmente sulle mamme e i papà.
Smart working vs remote working
Come prima cosa è importante sottolineare che Smart Working non è sinonimo di Remote Working. Dalla definizione legislativa del lavoro agile è possibile cogliere le particolarità che consentono di differenziarlo dal telelavoro (disciplinato dall’Accordo interconfederale 9/06/2004).
L’adozione di queste forme di svolgimento del rapporto di lavoro avviene volontariamente tramite un’intesa scritta che deve essere firmata sia dal datore di lavoro che dal lavoratore. Quindi nessuna imposizione datoriale né tantomeno nessun diritto del lavoratore possono dare inizio sia al telelavoro che allo Smart Working;
non sono una nuova tipologia contrattuale, che va ad aggiungersi a quelle di cui può fruire il datore di lavoro, ma una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro;
la possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro (work-life-balance).
Il work-life-balance è il beneficio per eccellenza di questa modalità di svolgimento del rapporto, beneficio che le madri lavoratrici e i padri lavoratori hanno apprezzato di più, soprattutto se i figli erano in DAD.
I vantaggi dello Smart Working per le mamma e papà (e non solo per loro)
Tra i vantaggi riconosciuti troviamo:
riduzione dei tempi e costi di trasferimento;
miglioramento del work-life balance;
aumento della motivazione e della soddisfazione;
miglioramento delle condizioni climatiche ed impatto ambientale positivo.
La stima del tempo risparmiato da uno Smart Worker è pari a circa 60 minuti per ogni giornata di lavoro.
Se questo valore lo riproporzionassimo su un arco temporale annuale, il tempo risparmiato ammonterebbe a diverse ore, generando una preziosa “banca delle ore” . Un piccolo tesoro di tempo e vita che potrebbe essere utilmente reinvestito.
E infatti così è stato. Molte mamme e papà hanno riorganizzato la loro giornata lavorativa per concedersi dei momenti con i propri figli.
Ci sono mamme che si svegliano alle 5 del mattino per lavorare nelle ore in cui la famiglia è ancora “spenta”, per poi svegliare i figli dopo qualche ora, preparare la colazione e dedicarsi a qualche momento conviviale.
Accensione dei pc per la DAD dei figli e nuovamente al lavoro fino alla pausa pranzo. Ai fornelli, un pranzo veloce, un caffè e quattro chiacchiere e di nuovo al lavoro.
E se figli non sono più in DAD? Possono intervenire i papà, che grazie allo smart working si sono trovati a trascorrere più tempo con i propri figli.
In una società dove la cura e l’istruzione dei figli è demandata ancora per la maggior parte alle donne, lo Smart Working ha aperto uno spiraglio di condivisione delle “faccende famigliari” anche con i papà, che insieme alle mamme si sono messi in gioco inventandosi yotuber, creatori di slime, insegnanti e cuochi.
Riorganizzando la giornata lavorativa e ottenendo una buona dose di equilibrio lo smart working consente alle famiglie di lavorare (intensamente) godendosi anche del buon tempo in famiglia.
Tempo che deve però essere di qualità per far sì che lo smart working e l’home working siano anche produttivi.
Secondo l’ultimo report di SOStariffe.it, lavorare da casa è costato circa 268 euro in più a famiglia nel 2020. Un aumento delle spese per luce, gas, internet a causa dell’intensa attività di studio e lavoro.
Mancata disconnessione
Uno degli svantaggi che più di tutti si è fatto sentire è proprio l’iperconnessione. Con il lavoro a distanza molti genitori-lavoratori hanno esteso il loro orario di lavoro senza rispettare le consuete pause che in presenza vengono effettuate. Qualche esempio? Proviamo a chiedere ai genitori quante volte hanno partecipato ad una call con telecamera spenta, microfono in mute mentre erano ai fornelli in preparazione della cena.
Poco spazio per sé
Non sempre le abitazioni sono strutturate per accogliere un lavoro da casa, di due persone, insieme per esempio ad un figlio (o più) in DAD. La mancanza di una zona di tranquillità, dove poter lavorare senza rumori e senza essere disturbati, può provocare estremo stress e creare tensioni tra i componenti della famiglia.
Consigli utili per uno Smart Working equilibrato
Per evitare che la convivenza diventi una prigione, occorre stabilire delle regole ed organizzare al meglio la giornata lavorativa e familiare. Qualche utile consiglio:
coinvolgere e parlare con i propri figli: spiegare ai bambini che i genitori sono a casa per lavorare e non per trascorrere del tempo con loro, per evitare che gli stessi si sentano trascurati. È importante responsabilizzare i figli soprattutto se molto piccoli;
organizzare l’ambiente dividendo l’area dedicata al lavoro dal resto della casa: la stanza scelta per lavorare non deve coincidere con quella del gioco. Lo smart worker deve lavorare in un ambiente tranquillo dove può concentrarsi mentre i bambini devono poter giocare in libertà, nella loro stanza, senza costrizioni;
condividere l’organizzazione della giornata con tutti i membri della famiglia: è di fondamentale importanza condividere i programmi di lavoro settimanali con i membri della famiglia, per consentire a tutti di organizzare gli impegni in modo funzionale e senza sovrapposizioni e di coinvolgere eventuali sostegni esterni nella gestione familiare quali babysitter o nonni;
pianificare ed organizzare le attività lavorative in un’ottica di lungo termine: questo è un aspetto fondamentale per il corretto equilibrio tra lavoro e famiglia. L’attività lavorativa a distanza va organizzata su un arco temporale almeno settimanale, per creare una stabile routine lavorativa e una corretta gestione della famiglia e dei figli;
affidarsi a supporti esterni: baby-sitter, nonni, post scuola, asili possono diventare un aiuto fondamentale quando gli impegni lavorativi si fanno più pressanti, oppure quando si è in prossimità di scadenze o conclusioni di progetto. Gli aiuti esterni possono prendersi cura dei più piccoli rimanendo nell’abitazione o all’esterno (nel caso di nonni o baby-sitter) oppure continuare nell’attività di studio e compiti (nel caso del post scuola) o nel gioco (nel caso degli asili) .
La ricerca del giusto equilibrio tra impegni professionali e privati è il mantra di tutte le famiglie. Per poter gestire lo smart working al meglio, sia dal punto di vista professionale che personale, occorre essere flessibili ed organizzati.
La flessibilità è il punto di forza del lavoro agile, il quale non impone necessariamente il rispetto di un orario di lavoro prefissato. Infatti, è lo smart worker che gestisce in modo autonomo le attività a lui assegnate. Ne consegue che, per poter essere flessibili, le persone devono necessariamente essere organizzate in modo da portare a termine le consegne nei tempi previsti.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/smart-working.jpg9171646Elisa Bonatihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngElisa Bonati2021-03-04 17:22:452021-03-06 15:54:35Benefici (e svantaggi) di smart working e remote working per le mamme e i papà
Amazon continua a sostenere attivamente l’economia italiana attraverso numerose iniziative volte a supportare le piccole e medie imprese gestite da imprenditrici che vogliono far crescere e accelerare la propria attività. Queste nuove iniziative costituiscono un’ulteriore dimostrazione dell’impegno di Amazon nel sostenere concretamente la parità di genere e le piccole e medie imprese del Paese.
Vetrina al femminile
Lo scorso mese di ottobre, Amazon ha lanciato il nuovo programma Delivery Service Partner per supportare gli aspiranti imprenditori nell’avvio della propria azienda di consegne. Ora Amazon introduce una nuova iniziativa a sostegno della parità di genere nel settore della logistica, grazie allo stanziamento di un fondo di 500.000 euro rivolto alle donne che vogliono diventare imprenditrici e dare vita alla propria azienda di consegne. Le aspiranti imprenditrici potranno beneficiare di questo programma di incentivi ricevendo fino a un massimo di 15.000 euro ad azienda per coprire i costi di avviamento, in aggiunta al pacchetto di offerte e agevolazioni esclusive dedicato a chi entra a far parte del programma.
Amazon supporterà le nuove imprenditrici ad avviare la propria azienda di consegne affidando loro le spedizioni, mettendo a disposizione avanzate tecnologie per le consegne, la formazione sul campo e agevolazioni su un’ampia gamma di beni e servizi forniti da terzi che includono i veicoli per le consegne e divise brandizzati Amazon, e coperture assicurative. Amazon stima che nell’ambito del programma Delivery Service Partner un’azienda di consegne possa raggiungere profitti annui tra i 60.000 e i 140.000 euro operando con una flotta da 20 a 40 veicoli.
Questo programma rappresenta una grande opportunità per chi desidera avviare una propria azienda e creare la propria squadra di lavoro in un settore in rapida crescita come quello della logistica. Per entrare nel programma non è richiesta esperienza nella logistica. I candidati ideali sono determinati, dotati di capacità di leadership e hanno un atteggiamento positivo capace di ispirare i propri dipendenti.
Nell’ambito del nostro impegno nel contrastare le differenze di genere e promuovere le pari opportunità, siamo davvero felici di offrire questo nuovo incentivo rivolto alle donne che entreranno nel programma e che rappresenta un’opportunità concreta per la crescita dell’imprenditoria femminile in Italia. Con questo fondo di 500.000 euro offriremo un supporto ulteriore alle imprenditrici che hanno sempre desiderato avviare una propria azienda e guidare un team.
Ha dichiarato Gabriele Sigismondi, Responsabile di Amazon Italia Logistics.
Le opportunità per le imprenditrici o neo imprenditrici alla guida di piccole e medie imprese vengono anche dall’espansione dell’eCommerce. Per supportarle, il prossimo 10 marzo, a partire dalle 10:00 e fino alle 12:00, Amazon terrà una Accademia Virtuale gratuita nell’ambito del programma Accelera con Amazon, per fornire loro strumenti e competenze per accelerare o rilanciare il proprio business online.
Nel corso dell’Accademia sarà possibile accedere a strumenti e competenze messi a disposizione da esperti del settore arricchiti da preziose testimonianze condivise da imprenditrici presenti su Amazon.it. Attraverso la partecipazione di Riccardo Mangiaracina, Direttore International Flex EMBA al MIP Politecnico di Milano, i partecipanti potranno ricevere informazioni sull’evoluzione del mercato eCommerce B2C in Italia, sulla rilevanza strategica del commercio elettronico, nonchè sulle fonti del valore e dei canali di vendita online. Grazie agli interventi di Giulia Rossi, Digital Innovation Lead South Europe AWS, e Francesca Pellizzoni, Senior Program Manager SBE Amazon, sarà possibile comprendere al meglio gli strumenti offerti da Amazon e AWS per la digitalizzazione delle aziende e per vendere su Amazon.it.
Inoltre, Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D, la prima associazione di imprese in Italia, che da oltre dieci anni si impegna per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva nelle organizzazioni e nel nostro Paese, e Diva Tommei, Founder Solenica, condivideranno “Il valore della diversità” attraverso le loro storie.
Inoltre, per celebrare le imprenditrici che hanno già avviato la loro attività online, Amazon.it lancia una vetrina dedicata ai loro prodotti, disponibile fino al 31 Marzo. Lo store è stato realizzato per celebrare la creatività e il lavoro femminile e per ispirare sempre più donne ad avviare la propria azienda e raggiungere clienti in tutto il mondo. Oltre a scoprire e conoscere le storie di imprenditrici di successo che vendono i loro prodotti su Amazon.it, sarà possibile acquistare un pensiero speciale per tutte le donne importanti della propria vita, supportando allo stesso tempo le piccole e medie imprese al femminile del Made in Italy. I clienti potranno acquistare, ad esempio, le ceramiche decorate a mano di Ceramiche del Castello di Nina Palomba, o accessori moda Made in Italy di Talento Fiorentino di Chiara Ghiandi e molti altri prodotti.
L’attuale situazione di emergenza sanitaria in Italia ha investito in modo più pesante le donne. Gli ultimi dati diffusi dall’ISTAT hanno delineato uno scenario a dir poco preoccupante: lo scorso mese di dicembre, circa 99 mila donne hanno perso il lavoro. È doveroso agire rapidamente e offrire alle donne gli strumenti necessari per cogliere le opportunità esistenti. Da italiana e da donna, mi dà una grande forza lavorare per un’azienda in cui la diversità e l’inclusione rappresentato principi fondamentali, e dove questa centralità si traduce in azioni concrete per supportare l’empowerment femminile e la parità di genere.
Ha dichiarato Mariangela Marseglia, VP Country Manager Italia e Spagna per Amazon.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/1_rox-1.jpg10801920Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2021-03-04 14:28:112021-07-26 11:21:30Amazon sostiene le imprenditrici italiane nell’avviare o accelerare la propria azienda
Negli Stati Uniti, le maggiori leghe professionistiche continuano a perdere appassionati tra le fila della Z Gen.
Leghe, squadre e media partners stanno studiando il modo migliore per tamponare l’emorragia di tifosi e raggiungere uno scenario win-win con i nati dopo il 1995: offrire contenuti sportivi che suscitino interesse (e siano monetizzabili) anche per le nuove leve di spettatori.
Siamo prossimi a un futuro in cui preferiremo pagare per vedere tutti gli highlights dei campionati invece che una singola partita per intero?
Bye bye partite in diretta
Un recente sondaggio di Morning Consult, condotto su un campione di 2.200 giovani statunitensi, dimostra che i ragazzi della Generazione Z sembrano essere molto meno interessati allo sport rispetto a qualsiasi altra generazione precedente.
Abituati a velocità di interazione e comunicazione diverse, accedono quotidianamente a grandi quantità di contenuti e intrattenimento online. D’altronde il tempo e la sua percezione sono il modo con cui le diverse generazioni definiscono se stesse. Questo spiega perché la Z Gen sceglie di trascorrere il proprio tempo libero lontano da noiose dirette TV e telecronache (spesso) poco emozionanti.
Lo studio di Morning Consult rivela che solo il 53% degli intervistati si definisce “seriamente” appassionato di sport. Un numero decisamente inferiore rispetto al 69% dei Millennial e al 63% degli adulti in generale.
Ma a lasciare a bocca aperta è un altro dato rilevante: un buon 39% della generazione Z ha affermato di non guardare alcun tipo di sport. Per questo motivo MLB, NBA, NFL e NHL stanno iniziando a riconsiderare la non più solida impalcatura di diritti televisivi e pay-tv, eretta ormai 50 anni fa.
Tanto per fare un confronto, questa è l’età media del pubblico dei maggiori campionati professionistici americani:
NFL: 50 anni
NBA: 39,5 anni
MLB: 57 anni
NCAA: 52 anni
La Z Gen si sposta dalla televisione ai social
Niente di nuovo sul fronte generazionale: se mettiamo il naso fuori dal mondo dello sport, il 73% degli adolescenti americani della generazione Z guarda video sui propri smartphone. Solo il 33% guarda la pay-TV.
Sempre negli Stati Uniti, patria della tv a pagamento e dei canali via cavo o satellitari, dal 2012 più di 25 milioni di famiglie hanno detto basta alla tv via cavo. Altri 25 milioni di abbonamenti sono destinati ad essere rescissi entro il 2025.
Se diamo uno sguardo ai comportamenti dei ragazzi, meno del 20% della Gen Z americana guarda la tv via cavo durante la settimana, quando gli eventi sportivi sono tutt’altro che assenti.
La Gen Z trascorre il 59% del tempo a guardare video sui social media e solo il 24% dei ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni sceglie la TV quando vuole “guardare qualcosa di divertente”. Il 68% dei ragazzi maschi della Gen Z afferma che i videogames sono una “parte fondamentale della propria identità” e Twitch ha riportato oltre 1,7 miliardi di ore totali fruite a ottobre 2020.
Il 63% dei giocatori di Fortnite ha tra i 18-24 anni e il 64% di loro gioca per più di 6 ore a settimana. Cresce invece l’interesse per gli eSports: il 79% degli spettatori di competizioni sportive di videogames ha meno di 35 anni.
Perdere spettatori non significa solo perdere ricavi
Questa erosione di pubblico giovanile equivale a una crisi esistenziale per le Leghe americane.
I diritti TV sono di gran lunga la principale fonte di introito per leghe e squadre negli sport professionistici. Lo è anche per il calcio qui in Europa. Negli States rappresentano il 37% dei ricavi totali per i quattro principali campionati sportivi americani, il 48% solo per la NFL. Le Leghe hanno ben chiari questi numeri preziosi. Ma nonostante questo, la Gen Z continua a non consumare i contenuti della TV tradizionale.
Molti di loro non pagherebbero mai un abbonamento tradizionale via cavo. Con l’aumento del potere d’acquisto della prossima generazione (la Generazione Z ha già un potere d’acquisto stimato di 143 miliardi di dollari), i titolari dei diritti TV e i principali media player sono già alla ricerca di nuovi modelli per monetizzare i contenuti sportivi.
In America, gli stackholder hanno capito di doversi assumere l’impegno di “rendere i loro prodotti a prova di futuro”. Un obiettivo volto ad evitare cortocircuiti generazionali nell’evoluzione dei diritti televisivi.
Ted Leonsis, CEO di Monumental Sports e proprietario dei Washington Wizards e dei Washington Capitals, ha dichiarato:
“Perdere una generazione significa distrugge il valore di brand e il tessuto connettivo finora creato. È concepibile perdere una generazione perché non è stato concesso loro l’accesso ai prodotti e ai servizi che desiderano?“.
La Gen Z preferisce gli Highlights rispetto alle dirette
La Gen Z è stata definita la prima generazione di “tifosi fluidi”. Per loro, l’attaccamento alla maglia è qualcosa di mitologico. Le squadre lasciano e accolgono tifosi come una porta girevole. Sono finiti i giorni in cui “Mio padre era un fan dei NY Knicks, quindi anch’io sono un fan dei NY Knicks”.
Ma la scarsa fedeltà alla maglia ha come diretta conseguenza lo scarso interesse a seguire la squadra sempre e comunque? Quel che è certo, difficilmente la generazione Z si adatterà ai “vecchi” canoni di consumo e distribuzione degli eventi sportivi.
La domanda di contenuti sportivi in forma breve continua a crescere. Il consumo di highlights per partite di calcio, basket, football americano, baseball, hockey, & co. è cresciuto in tutte le forbici demografiche (soprattutto per la generazione Z, ovviamente).
In rapporto a un campione USA di tifosi Z Gen, i fan della MLS consumano maggiormente quantità di contenuto non-live rispetto a qualsiasi altro campionato americano, il doppio rispetto al tifoso medio della NFL.
I brand sportivi nati nell’era dei social media e focalizzati su contenuti sportivi complementari e alternativi ad alta densità, come Bleacher Report, House of Highlights (di proprietà di B / R) e Wave.tv, hanno acquisito follower e ricavi a un ritmo ultra-rapido.
Snapchat ha riportato il 20% di coinvolgimento in più con gli highlights dell’NBA rispetto alla stagione precedente.
What Gen Z want: i giovani preferiscono gli Highlights?
Da un lato, non si può dar torto ai giovani tifosi: gli highlights sportivi sono ricchi di azione. Le partite in diretta contengono time-out, pubblicità incessante, chiamate al VAR, telecronache poco emozionanti. Non c’è tempo da perdere! Guardare un’intera partita di calcio o basket non è abbastanza attraente per la Gen Z.
I ragazzi preferiscono sempre di più contenuti concentrati, iper-densi e algoritmicamente personalizzati.
Abbiamo visto che il pubblico più giovane sceglie forme di intrattenimento alternative allo sport. Mentre i contenuti sportivi sono generalmente distribuiti in un formato unico per tutti. Il costo maggiore di un abbonamento alle dirette sportive è rappresentato dall’evento in sé.
Il calo generazionale degli spettatori sportivi potrebbe essere più un sintomo delle attuali tendenze social. Tranquillizziamo i genitori, non è una dichiarazione di abbandono per lo sport in generale da parte degli under 25.
Non c’è nulla di intrinsecamente antipatico alla Generazione Z nello sport. Anzi, tantissimi uomini di sport continuano ad essere indicati come idoli e punti di riferimento da cui prendere esempio. Ciò che i ragazzi non riescono a comprendere quale motivo di intrattenimento è il formato di fruizione del contenuto sportivo: non sono più in grado di sorbirsi 90 minuti + recupero sul divano di fianco al papà in TV!
Le richieste di intrattenimento della Gen Z sono chiare: un evento sportivo deve essere personalizzato, altamente coinvolgente, per lo più in forma breve, che abbia una dinamica social e condivisibile. Per sentirsi coinvolta, la Gen Z ha bisogno di esprimere la propria personalità all’interno dell’evento che sta guardando.
Tanto per fare un esempio pratico, un ragazzo della generazione Z preferisce commentare un post-partita sui social con i propri fan o follower, piuttosto che “sprecare” un’ora e mezza ad analizzare per filo e per segno la disposizione tattica delle squadre e l’evolversi, lento, dei fatti.
La preoccupazione del circo mediatico sportivo statunitense (in Italia ci arriveremo a cose fatte) è che i campionati hanno l’obiettivo di conquistare la prossima generazione di fan ORA. Se un consumatore non cresce coltivando una passione da tifoso per lo sport, non lo diventerà miracolosamente dopo 25 anni. E in questo senso il ruolo che giocheranno i social media, i content creator, gli influencer e le nuove piattaforme digitali di intrattenimento sarà necessariamente da “prima punta”.
Il “media televisione” è avvertito.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/03/genZ-e-sport.jpg9151635Nicola Onidahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNicola Onida2021-03-04 12:30:192021-03-04 17:23:53Consumer Trend: la Generazione Z ama lo sport ma non vuole guardarlo
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