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valore dei terreni nel metaverso - copertina con Bored Ape Yacht Club

Milioni di dollari per la terra virtuale: guarda quanto valgono i terreni nel Metaverso

I maggiori colossi informatici sono impegnati nell’individuare nuove forme di business declinate per il metaverso in beni e servizi da offrire agli utenti all’interno della realtà virtuale e il valore dei terreni nel Metaverso potrebbe rappresentare una nuova “terra promessa”.

Nel metaverso le blockchain trovano applicazioni in svariati ambiti, dato che nella realtà virtuali è possibile vendere prodotti e servizi come nella realtà.

Prendendo in considerazione The Sandbox, una delle applicazioni per il metaverso che ultimamente attira l’attenzione di molti, gli utenti possono creare beni, venderli oppure acquistarli e di conseguenza guadagnare dal loro lavoro virtuale.

La caratteristica di questi beni e delle transazioni ad esse collegate sta nel fatto che, grazie alla blockchain, esistono sia nel mondo virtuale che in quello reale e questo grazie a due elementi:

  • gli smart contract che consentono agli utenti di avere il controllo dei propri beni
  • i ledger distribuiti che danno agli utenti la sicurezza che i propri beni non possano essere rubati.

Così, se qualcuno nella vita reale ha bisogno di un bene da utilizzare nel metaverso lo può acquistare tanto nella realtà che nel metaverso stesso.

Recentemente OVR, app mobile italiana collegata al mondo della blockchain e degli NFT, che per prima ha orientato il proprio core business verso la realtà aumentata applicata alle chat, ha venduto per 38.6159 ETH (circa 106.960 dollari) un terreno virtuale (NFT) con sopra la Torre Eiffel tramite la piattaforma OpenSea.

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I terreni in vendita su OVR vengono chiamati OVLand e in soli 4 mesi l’azienda ha venduto spazi virtuali per circa 260.000 NFT e con soli 5.000 visitatori al giorno.

Secondo una ricerca di Routers, nei primi sei mesi del 2021 si è assistito alla vendita di circa 37.000 NFT portando il valore del settore a circa 2,5 miliardi di dollari.

NFT e valore nel metaverso

Il valore dei terreni nel metaverso: quanto valgono gli spazi virtuali

Come nella realtà, anche nel metaverso i beni maggiormente richiesti sono i “terreni” per via della loro innata capacità di conservazione del valore della moneta.

Di seguito qualche dato recente che riguarda i soli mesi estivi del 2021:

  • Nel giugno 2021 ben nove terreni virtuali in Axie Infinity sono stati venduti al prezzo record di 888,25 ETH, circa 1,5 milioni di dollari.
  • Il 9 giugno 2021 Boson ha annunciato che avrebbe acquistato beni immobili virtuali nel sobborgo di Vegas di Decentraland al prezzo di mercato di circa 704.000 dollari,  con l’intento di creare il primo centro commerciale virtuale.
  • Il 18 giugno 2021 lo sviluppatore immobiliare digitale Republic Realm ha acquistato 259 lotti di terreno digitale, parliamo di 66.304 metri quadrati virtuali, per ben 1,295 milioni di MANA circa 913.000 dollari.
  • Nel luglio 2021 su The Sandbox viene venduto un terreno virtuale con una superficie di oltre 5,3 milioni di metri quadrati (24*24) al prezzo di quasi 880.000 dollari.

Restando in tema di record segnalati dal valore mobiliare virtuale è doveroso citare che un lotto di terreno di CryptoVoxels chiamato “9 Robotis Route” ha visto il proprio valore crescere vertiginosamente sulla piattaforma Opensea passando da 101,2$ a 9570,8$.

Su OpenSea è possibile vederne la descrizione che recita:”Created by 4F857A. 135m² parcel near Le Marais in Origin City, 224m from the origin, with a 12m build height and near to Phiser Path, Ben Freeway, Robotis Route, Shallow Mall and Memory Trace” ed è persino disponibile la foto del lotto:

valore dei terreni nel metaverso - screenshot land

Molti analisti riconoscono la correlazione tra incremento valore dei terreni nel Metaverso con quello delle stablecoin, tanto che secondo i dati di CoinMarketCap, al 26 luglio 2021, il valore totale del mercato delle stablecoin era di 116 miliardi di dollari: un aumento di quasi quattro volte dall’inizio di quest’anno.

valore dei terreni nel metaverso - grafico

Attualmente, i terreni più costosi sono quelli di Decentraland e The Sandbox che rientrano tra i 10 NFT più costosi del momento.

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Cosa attira gli utenti verso questi due mondi virtuali; da un lato all’interno di Decentraland vi sono aree o quartieri a tema come:

  • Genesis Plaza, la piazza centrale degli eventi
  • Vegas City che riproduce fedelmente Vegas City
  • Fashion Street, la via del lusso con i più importanti marchi di moda
  • Festival Land, la città delle feste e eventi
  • Decentrland University e tante altre realtà in costruzione.

Recentemente, proprio su Decentraland il brand Adidas ha tenuto una sfilata di moda mentre Sotheby’s, famosa casa d’aste, ha virtualizzato la sua iconica galleria di Londra.

The Sandbox, invece, è più orientata a diventare un importante luogo di intrattenimento dove i grandi brand sono di scena come le importanti celebrità che possono incontrare virtualmente i propri fan e fornire interazioni tra cui giochi, performance dal vivo ed esperienze sociali.

Concludendo, rispetto al tasso di rendimento dei beni tradizionali o delle criptovalute, la terra virtuale è più attraente per gli investitori.

Sotto forma di NFT, la proprietà viene ritrasmessa al giocatore, e ogni pezzo di terra e ogni edificio è unico. Inoltre, tutte le transazioni sono pubbliche, trasparenti e tracciabili: un valore aggiunto decisamente alto rispetto alle transazioni del mondo reale.

cos'è il neuromarketing e a cosa serve

A cosa serve il neuromarketing e alcune case history per comprenderlo meglio

A cosa serve il neuromarketing? Aiuta ad analizzare tutti i processi inconsapevoli che avvengono nel cervello ed influiscono sulle decisioni di acquisto delle persone e il modo in cui il corpo e il cervello rispondono agli stimoli del marketing tramite l’applicazione delle conoscenze neuroscientifiche. 

Cos’è il neuromarketing

Il termine “neuromarketing” fu utilizzato per la prima volta nel 2002 dallo scienziato olandese Ale Smidts che lo definiì come “l’insieme delle tecniche di identificazione dei meccanismi cerebrali orientate a una maggiore comprensione del comportamento del consumatore per l’elaborazione di più efficaci strategie di marketing.”

Conosciamo molte strategie efficaci per attivare i processi di conversione (dalla psicologia del colore al packaging fino alla posizione nello scaffale all’interno di un negozio fisico o la forma degli oggetti, ecc.) e il neuromarketing analizza proprio il coinvolgimento emotivo nei confronti di un brand e cosa spinge il consumatore a svolgere determinate azioni.

Utilizzando il neuromarketing è più facile per i brand capire quali sono i sentimenti dei loro clienti e cosa li spinge a effettuare un acquisto.

Il neuromarketing aiuta a progettare siti Web, loghi, contenuti sui social media per evocare una reazione emotiva (dal subconscio) che spinga verso l’acquisto.

Tantissime aziende utilizzano da anni questa disciplina per misurare il coinvolgimento dei propri clienti, mentre altri Big della tecnologia come Microsoft, Google e Facebook  hanno recentemente costituito i propri centri di neuroscienze per studiare il marketing. Il laboratorio di Facebook, ad esempio, monitorerà e misurerà i dati biometrici degli utenti attraverso il monitoraggio degli occhi, la risposta della pelle, la frequenza cardiaca e l’espressione facciale, con l’obiettivo di ottenere una comprensione più profonda di quanto siano ben accolti determinati tipi di contenuti in una varietà di formati.

Quali sono gli strumenti utilizzati per la mappatura e l’analisi cerebrale

Il neuromarketing utilizza due metodi per monitorare l’attività cerebrale: la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’elettroencefalografia (EEG).

Il neuromarketing prevede l’imaging e la scansione del cervello per vedere come le persone rispondono a prodotti, prezzi, imballaggi e pubblicità. 

Secondo il professore Gerald Zaltman dell’Harvard Business School, il 95% delle nostre decisioni di acquisto sono subconsce. Questo significa che decidiamo prima di renderci conto di averlo fatto! Ad esempio, nel tempo di 0,05 secondi siamo in grado di decidere se un sito web ci piace o meno! 

Le ricerche e gli studi di questo tipo aiutano i brand ad elaborare i propri contenuti in funzione delle risposte cerebrali. 

I professionisti del marketing hanno a disposizione un notevole strumento. Il neuromarketing infatti aiuta ad analizzare e comprendere il modo in cui le informazioni entrano fisicamente nel cervello per creare messaggi di base più performanti nei loro contenuti, annunci, sito Web e persino nelle loro interazioni con gli acquirenti.

Il controllo del “centro del piacere” del cervello tramite il metodo fMRI si avvale di magneti per monitorare l’evoluzione del flusso sanguigno quando percepiamo immagini visive o audio. Mentre l’EEG traccia le attività elettriche con l’ausilio di elettrodi attaccati al cuoio capelluto. 

Sono quasi sempre le emozioni che attivano stati d’animo o ricordi a livello inconscio definendo per ognuno la percezione del messaggio ricevuto. 

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A cosa serve il neuromarketing

Il neuromarketing analizza le risposte cerebrali delle persone sottoposte ad alcuni messaggi audiovisivi e in particolare serve a:

  • Tracciare il movimento degli occhi per vedere cosa attira l’attenzione
  • Utilizzare l’imaging cerebrale EEG per valutare le risposte emotive (ad es. risposte felici alle pubblicità o alle caratteristiche del prodotto)
  • Esaminare le scansioni fMRI per vedere quali pubblicità, immagini e caratteristiche di un prodotto generano la maggior attività in determinate aree del cervello associate a specifiche emozioni nei confronti del brand

Fare tutto questo aiuta ad attingere alle risposte inconsce del cliente e rende più facile per le aziende adattare le tecniche di marketing ai pensieri e ai sentimenti dei loro clienti.

Quali brand utilizzano il neuromarketing

Tantissimi brand utilizzano questa disciplina nonostante ci siano in atto controverse accettazioni della stessa per questioni etiche.

PepsiCo

Pepsi Company ha utilizzato queste tecniche quando una delle sue società, Frito-Lay, stava cercando nuovi metodi per coinvolgere maggiormente il suo pubblico femminile.

Le confezioni delle loro patatine erano in sacchetti luccicanti e mettevano in moto una parte del cervello della loro clientela femminile che suscitava sensi di colpa. Era a causa di questa reazione inconscia alle patatine che le clienti di Frito-Lay esitavano a mangiare le patatine.

Così, Frito-Lay ha cambiato la confezione e ha iniziato a vendere le patatine in sacchetti con finitura opaca. Invece di sentirsi in colpa, le clienti femminili hanno iniziato ad avere reazioni positive con le patatine e il brand innescando un aumento significativo delle vendite.

 

 

PayPal

Il neuromarketing è molto utile per rilevare le tendenze dei clienti.

Nella frenesia della nostra società, vogliamo che i nostri acquisti online vengano consegnati più rapidamente e che i pagamenti vengano elaborati più velocemente.

PayPal ha condotto uno studio su ciò che contava di più per i propri clienti: il cervello dei clienti reagiva più alla comodità che alla sicurezza.

Quindi, invece di inviare un messaggio di sicurezza, PayPal ha utilizzato questo studio per mostrare quanto velocemente potrebbe elaborare i pagamenti per i clienti.

Hyundai

La casa automobilistica Hyundai ha utilizzato test di neuromarketing per valutare il design delle auto. Mentre consentiva ai clienti di esaminare i prototipi di auto, Hyundai tracciava l’EEG per comprendere le preferenze e il tipo di stimolazione che può portare alla decisione di acquisto. 

Hyundai in seguito ha apportato alcune modifiche al design esterno in base ai risultati.

Due consigli per iniziare con il neuromarketing

Come entrare nel mondo del neuromarketing? Il neuromarketing è uno strumento che va accuratamente impostato per trarne vantaggio e quindi bisogna prima di tutto conoscere il proprio target e poi iniziare a leggere e… studiare.

Per scegliere i libri potreste iniziare da quelli scritti dai personaggi più influenti come “La psicologia della persuasione” di Robert Cialdini o “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman.

I corsi sono una delle migliori risorse che i marketer possono utilizzare per apprendere le competenze necessarie per utilizzare il neuromarketing nelle aziende, ma verificate sempre le referenze dei docenti per validarne l’autorevolezza.

annunci stampa di novembre

Amazon, Volkswagen e Santander: i migliori annunci stampa di novembre

Mentre vorticosamente veniamo risucchiati dalle informazioni sul Metaverso, mondi dematerializzati e contatti virtuali, negli annunci stampa di novembre esplode l’out-of-home.

Complice la riduzione delle restrizioni in alcuni Paesi, Amazon e Volkswagen, tra gli altri, si sono lanciati in ardite execution dai risultati formidabili. L’advertising fisico permette, al momento e forse molto più di altri canali digitali, di lasciar correre l’ispirazione e la creatività e immaginare forme totalmente nuove di comunicazione con le persone.

Per esempio, ascoltare i suoni della natura mentre si aspetta l’autobus, come ha fatto E.ON in Ungheria.

Godiamoci insieme la selezione degli “annunci molto fisici” di questo mese.

LEGGI ANCHE: KFC, McDonald’s e Audi: i migliori annunci stampa di ottobre

Amazon Prime – The Wheel of Time

Prime Video promuove il lancio dell’epica serie fantasy The Wheel of Time con un’affissione in 3D in live-action creata da Amplify e con la star della serie Rosamund Pike.

È la prima volta che un cartellone anamorfico viene utilizzato da una società di intrattenimento per promuovere una serie.

Prime Video ha debuttato in Piccadilly Circus, a Londra, il 15 novembre, ma l’out of home apparirà anche in siti iconici nei mercati chiave, tra cui il Big Kahuna di New York City a Times Square e il Cross Shinjuku Vision di Tokyo.

AMAZON - migliori annunci stampa di novembre 01

AMAZON - migliori annunci stampa di novembre

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Advertising Agency: Amplify, London, United Kingdom

H&T Pawnbrokers – Ready to be loved again

H&T Pawnbrokers è il più grande banco dei pegni del Regno Unito e ha diffuso la sua nuova campagna natalizia, “Ready to be loved again“.

Si tratta del primo prodotto pubblicitario che il marchio ha lanciato in collaborazione con M&C Saatchi da quando ha iniziato a lavorare con l’agenzia all’inizio di quest’anno.

La nuova campagna festiva di H&T cerca di guidare le vendite di gioielli con diamanti pre-loved. Spinge anche le persone che potrebbero non aver mai pensato di acquistare regali da un’agenzia di pegni a considerarla come un modo per regalare qualcosa di unico a un amico o a una persona cara.

M&C Saatchi ha lavorato a stretto contatto con H&T per sviluppare una serie di straordinarie execution, ognuna delle quali porta in vita il concetto di pre-loved fondendo una fotografia vintage in bianco e nero con un’immagine moderna a colori.

migliori annunci stampa di novembre H&T 01

migliori annunci stampa di novembre H&T 01

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Advertising Agency: M&C Saatchi, London, United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
Media Agency: M&C Saatchi Performance
Photography Studio: Horton Stephens Productions
Photographer: Nick Dolding

I migliori annunci stampa di novembre: Santander – Santander cashback campaign

Santander ha installato rubinetti giganti dai quali zampillano monete su alcuni cartelloni a Londra e Manchester per pubblicizzare l’offerta della banca di cashback mensile sulle bollette domestiche.

L’obiettivo è promuovere in modo memorabile l’offerta. Sembra che sia stato centrato in pieno.

Pubblicità esperienziale creata da Engine Creative, Regno Unito per Santander, nella categoria: Finanza.

santander out of home

santander out of home

Advertising Agency: Engine Creative, UK Creative
Strategy Director: Nicola Dyball
Account Management: Nick Pawlak, Marianne Roberts, Tom Butler, Shannel Darko
Agency Senior Project Manager: Chelsea Chapman
Agency Designer: Aaron Pacey
Production Co: Posterscope, MediaCo
Artworking: Hogarth
Media planning/buying: Carat

E.ON Hungary Group – Budapest tram stops feature music generated by living plants

L’agenzia pubblicitaria ACG e E.ON hanno creato dei “paradisi verdi sonori” come parte della campagna dell’azienda, focalizzata sull’importanza di combattere il cambiamento climatico.

Grazie alle installazioni uniche, i passeggeri che transitano alle fermate del tram nelle piazze Széna e Szent Gellért non solo sono accolti da piante vive, ma possono anche immergersi nel suono della natura: la musica alle fermate viene infatti generata dalle biovibrazioni delle piante.

Budapest tram stops feature music generated by living plants

Budapest tram stops feature music generated by living plants

Advertising Agency: ACG Budapest, Hungary
Creative Group Head: Rita Alberti
Copywriter: Tímea Maróti
Art Director: Dániel Kitai
Head of Studio: Mihály Harazin
Account Director: Petra Kriston
Senior Account Manager: Szilvia Kránicz
Senior Social Media Manager: Csilla Erdei
PR Group Head: Brigitta Kedves
PR Specialist: Bálint Mikola
Sound Studio: Avidio System
Out-of-Home Partner: JCDecaux Hungary
Creative Director: László Nagy
Integration Director: Bianka Bujdosó-Nagy

Volkswagen Commercial Vehicles – BRING THE SHUTTERS DOWN ON OVERWORKING

Volkswagen Commercial Vehicles e Mental Health UK portano avanti il loro messaggio #DownTools direttamente in strada con una serie di sorprendenti lavori di street art.

I dipinti sono stati realizzati dal noto artista di murales Peter Barber e appaiono sulle serrande di una tintoria, di una macelleria e di una panetteria, condividendo il messaggio “Abbassiamo le serrande sul superlavoro” insieme all’hashtag #DownTools.

Migliori annunci stampa di novembre - volkswagen

Migliori annunci stampa di novembre - volkswagen 02

Migliori annunci stampa di novembre - volkswagen 03

Advertising Agency: BBH, United Kingdom
Head of Marketing Press and Public Relations: Kate Thompson
National Communications and PR Manager: Laura Bignall
Communications Manager: Louise Willis
Communications Manager: Matthew Mann
BBH Creative Team: Luke Till, Lawrence Bushell
BBH Creative Director: Remco Graham
BBH Strategist: Thandi Mbire
BBH Strategy Director: Selina Khuu, Aparna Bangur
BBH Senior Account Director: Andrew Connolly
BBH Account Manager: Arabella Johnston, Caitlin Quigley
BBH Account Executive: Amber Sidney-Woollett
Film Credits
BBH Producer: Nikola Oksiutycz
Production Company: Spindle
Director: Spencer MacDonald
Executive Producer: Lou Gagen
Producer: Mike Carr
DoP: Jake Scott
Post Production
Editor/Editing House: Rich Woolway
Post House: Framestore
Post Producer: Jake Saunders
Sound: 750mph
Sound Studio Engineer: Marcin Pwalik
Print Credits
BBH Producer: Beth Mechem
Down Tools Designer: Rob Wilson
Shutters Illustrator: Toby Triumph
Shutters Photographer: Dan Sims
Shutters Install Team: Peter Barber
Media agency: PHD

Social media trends 2022

Social Media Trends 2022: cosa devono sapere i brand per puntare al successo

Social Media Trends 2022: per grandi e piccoli brand comunicare attraverso i social media dal prossimo anno sarà impegnativo.

C’è un forte cambiamento che bolle in pentola e gli esperti sono sicuri che il piatto sarà presto servito nel giro di qualche mese (per alcuni la tavola è già stata imbandita).

Forse non tutte le grandi società hanno colto le principali innovazioni che stanno trasformando il modo di fare social media marketing.

Tuttavia il mix perfetto tra innovazione tecnologica ed evoluzione relazionale legata agli effetti della pandemia sulla società, è pronto a scatenare i suoi effetti.

Tutto conduce a una macro-dinamica generale: il passaggio – neanche tanto graduale – dal Social Listening come lo abbiamo sempre conosciuto, alla Conversational Intelligence.

C’era una volta il Social Listening

Cos’è il Social Listening? Si tratta di una serie di tecniche e strumenti che permettono di mappare tutti i termini associati al proprio marchio e comprenderne il valore positivo, neutrale o negativo.

Oggi i dati confermano che solo una piccola minoranza di utenti online commenta o condivide effettivamente i contenuti: la stragrande maggioranza di tutti i media online viene consumata passivamente.

Ci piace tanto guardare, ma non sempre partecipiamo al dibattito o esponiamo le nostre idee o sensazioni.

Ciò rende molto difficile monitorare le conversazioni che avvengono, per esempio, tramite Instagram Stories, LinkedIn, TikTok o messaggi privati in generale, e questo può distorcere le informazioni che si ottengono.

Social trend 2022 talkwalker-2

Un esempio di dashboard su Talkwalker relativa al Social Sentiment del brand Coca-Cola.

Come rimediare a un gap che sembra incolmabile?

Trasformando il Social Listening in uno strumento di Intelligence che aiuta le imprese a prendere decisioni più consapevoli sulla base delle mutevoli esigenze dei clienti.

Benvenuta Conversational Intelligence

Gli sviluppi del marketing omnicanale e della gestione sinergica delle diverse piattaforme di comunicazione d’impresa, permettono di colmare i gap del Social Listening con la Conversational Intelligence.

Grazie ai progressi raggiunti dall’intelligenza artificiale è possibile incrociare dati e analizzare su larga scala informazioni rilevanti sulle conversazioni attorno a uno specifico brand.

Dall’analisi del social sentiment, delle discussioni sul web, del visual analysing fino al clustering delle conversazioni in piattaforma.

Tutte queste informazioni aiutano un’azienda a migliorare il ROI delle campagne di marketing online. Ottimizzare l’esperienza del cliente, dall’inizio del customer journey fino alla sua fase conclusiva, così da riprodurre la miglior esperienza di brand possibile in fase di engagement, conversione e fidelizzazione.

Le aziende innovative devono essere in grado di analizzare rapidamente questa massa critica di conversazioni tra utenti online e clienti. Ottenendo così una visione a 360 gradi delle mutevoli preferenze e dei comportamenti di quelli che sono i player decisivi per la reputazione e il successo di un marchio sul web.

La Conversational Intelligence va oltre l’ascolto sociale, oltre le intuizioni dei media, oltre le tradizionali ricerche di mercato. I brand possono accelerare la loro attività online, restare rilevanti all’interno dei social trend ed essere percepiti come thought leader del proprio settore.

È il sistema perfetto per ascoltare e monitorare la voce del cliente in tempo reale. Altrimenti si rischia di restare fuori da quella che è definita l’Era del Consumatore.

Conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro

La massima di Tucidide, storiografo ateniese del 400 a.C., è ancora attuale.

La transizione da Social Listening a Conversational Intelligence è il frutto di una naturale evoluzione sociale ed economica: anche se le aziende continuano a detenere una grande rilevanza decisionale, sono i consumatori a guidare le scelte e i temi della comunicazione di brand.

Valori, identità e azioni assumono un ruolo imprescindibile nelle scelte quotidiane di ciascuno di noi. La centralità delle persone nella strategia di marketing di un’azienda sarà sempre più decisiva.

Ecco perché è bene conoscere come grandi aziende e noti brand dovrebbero comportarsi sui social media.

Cosa conta davvero nella relazione digitale con il proprio pubblico? Come direbbero negli USA, cosa separa the best from the rest del social media marketing del 2022?

>> Scarica il rapporto Social Media Trends 2022 di Talkwalker per sapere quali novità e quali certezze attendono il tuo brand nei prossimi mesi. <<

Le tendenze 2022 decisive per la sorte dei brand sui social media

Ecco alcuni dei trend che, assieme a molti altri, vengono illustrati, analizzati e rivisti in chiave strategica dal report di Talkwalker per una corretta comunicazione social a partire dal prossimo anno.

Quali saranno le tendenze che porteranno un brand al successo?

  1. TikTok leader indiscusso

TikTok diventerà il leader dei social media e le piattaforme online non potranno fare altro che adattarsi a questa egemonia.

Gli utenti chiedono sempre più contenuti personalizzati, un servizio rapido, fluido e un’esperienza di brand migliore. Le nuove generazioni esprimono un senso di urgenza senza troppi fronzoli.

Le caratteristiche tecniche di TikTok si prestano perfettamente ai nuovi canoni di comunicazione di marca tra utenti e organizzazioni.

Generare viralità, rafforzare la community e lanciare una comunicazione d’intrattenimento su TikTok funziona molto meglio che sugli altri social tradizionali.

LEGGI ANCHE: Dalla Generazione T agli insight degli utenti: tutti i dati di TikTok che devi assolutamente sapere

  1. Un nuovo sistema di fare Advertising

Il Programmatic Advertising e l’intero scenario dell’industria pubblicitaria dovranno farsi trovare pronti davanti ai cambiamenti che porterà con sé la Cookie Apocalypse.

Gli annunci social dovranno agire su meccanismi differenti man mano che i cookie avranno un margine d’azione sempre più ridotto.

I cookie stanno morendo e molti brand hanno già intonato il loro de profundis.

Quale impatto porterà questo cambiamento sul futuro della pubblicità sui social?

In che modo i brand potranno continuare a offrire servizi personalizzati e allo stesso tempo rispettare regole e disposizioni che proteggono dati e informazioni sensibili?

La Conversational Intelligence è l’elemento che ci permette di dire che la partita è ancora tutta da giocare.

  1. Accorciare il Buyer Circle sui social 

Se è vero che la pandemia ha spinto le persone a cercare online le risposte alle proprie esigenze di consumo, il Social Media Trends 2022 di Talkwalker esamina in maniera approfondita come le diverse piattaforme online stiano affrontando il tema del social commerce.

Esiste un modo per rendere ancora più fluido il customer journey di un’azienda e facilitare la vendita tramite social? Come stanno elaborando questa esigenza – sempre più evidente – le grandi piattaforme online?

Accorciare il ciclo di conversione è possibile, ed è utile farlo lì dove l’utente è più attivo e a contatto con il brand online.

  1. Il Content Marketing post-pandemico

La creazione di contenuti di marca nell’era post-pandemica è un altro elemento che non può prescindere dalle esigenze dei consumatori.

Le dinamiche di chiusura, quarantena e distanziamento hanno innalzato fortemente i livelli di consumo di contenuti online.

Social Media Trend 2022 consumer

Percentage of consumers increasing the time the spend on social media, news sites, streaming. © Forbes | Doubleverify

Si può dire che la pandemia abbia creato un mondo di consumatori di contenuti online.

Le persone nutrono maggiori aspettative nella fruizione di contenuti. Sensibilità, inclinazioni e gusti diventano sempre più raffinati.

I nuovi livelli cognitivi e una maggiore confidenza con video, dirette streaming e on demand plasmeranno il content marketing del futuro.

  1. Alla ricerca dei nostri Metaversi

Il metaverso continuerà a essere un argomento di conversazione tra il pubblico online e offline.

I diversi sviluppi hanno fatto passi da gigante sulla strada verso un un mondo virtuale online che incorpora realtà aumentata, realtà virtuale, avatar olografici 3D, video e altri mezzi di comunicazione.

Social Media Trend 2022

Man mano che lo studio sul metaverso si espande, si aprono scenari – prima impensabili – in mondi alternativi iperreali che coesistono tra loro.

Si può dire che i metaversi saranno la futura connessione tra consumatore e brand. Potremmo fluttuare a bordo della navicella di Rick Deckard e districarci nei meandri dello skyline di Blade Runner, ma a massima definizione e interagendo con i nostri brand preferiti.

Conversational Intelligence, come valutare il presente per prepararsi al futuro

Queste sono solo alcune delle tendenze chiave che Talkwalker ha analizzato nel suo report e che aziende e organizzazioni devono attendersi nel 2022.

Sebbene sia molto complesso prevedere esattamente come andranno le cose, sulla base di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi due anni è possibile prendere coscienza di alcuni evidenti indicatori sulle tendenze che stanno influenzando il modo di comunicare online con le persone.

Stiamo ancora cercando di adattare le nostre abitudini alle evoluzioni post-pandemiche e sotto molti aspetti il momento appare decisivo e carico di cambiamenti significativi per la società, così come l’abbiamo finora considerata.

Il futuro della ripartenza potrebbe aprire nuove importanti opportunità, soprattutto per coloro che prestano attenzione all’evoluzione delle relazioni interpersonali nel mondo digitale e desiderano allinearsi con le tendenze evolutive per facilitare la crescita e l’esposizione mediatica del brand.

>> Scarica il report Social Media Trends 2022 di Talkwalker per sapere quali novità e quali certezze attendono il tuo brand nei prossimi mesi <<

lavoro flessibile

Back to office: numeri e prospettive delle forme di lavoro flessibile

Fino a due anni fa, in Italia, l’82% dei dipendenti lavorava in ufficio, il 12% in modalità ibrida, il 6% da remoto. Il lavoro flessibile non faceva parte dei piani aziendali.

Secondo le ultime indagini Randstad  nel 2021 siamo passati al 32% di lavoratori in ufficio, 31% in modalità ibrida e 38% da remoto. L’86% delle aziende ha confermato la modalità a distanza nel 2021 e due terzi lo farà in futuro con un mix tra presenza e remoto. Mediamente, oggi lavora in modalità “agile” il 54% della forza lavoro per 2,5 giorni a settimana.

Sette aziende su dieci (71%), inoltre, hanno progettato di consentire un pieno ritorno in ufficio su base volontaria entro la fine dell’anno, mentre il 47% non sono ancora sicure di quando termineranno i protocolli anti-COVID e solo un 10% prevede di fermarli prima del 2022.

lavoro flessibile

Questi i trend secondo Willis Towers Watson, che prevede che nei prossimi anni solo due dipendenti su cinque lavoreranno in azienda: nel dettaglio il 42% in presenza, il 35% in modalità ibrida e il 23% da remoto.

La modalità ibrida e di lavoro flessibile, ovvero sia da remoto sia in presenza, tra due anni resterà comunque più diffusa di quella completamente a distanza. In questi mesi sta iniziando un riassestamento della percentuale di dipendenti che lavorano solo da remoto (tra due anni scenderanno dal 38% al 23%), mentre stanno aumentando di contro quelli che lavorano in presenza (tra due anni saliranno dal 32% al 42%) e in modalità ibrida (dal 31% al 35%).

LEGGI ANCHE: Lavorare nel Metaverso è possibile? Lo abbiamo chiesto al mondo degli HR italiani

In uno studio americano segnalato dal World Economic Forum, alcuni ricercatori stimano che la forza lavoro ibrida aumenterà la produttività nell’economia post-pandemia del 4,6%. La maggior parte di tale guadagno verrà da una riduzione del tempo di spostamento.

In questo sondaggio meno del 30% degli intervistati afferma che tornerà completamente alle attività pre-COVID; il resto rimane diffidente nei confronti dei trasporti di massa, degli ascensori affollati e dei pasti al chiuso.

Lo studio prevede che, nel complesso, il 20% delle giornate lavorative complete sarà eseguito da casa dopo la fine della pandemia. Il lavoro a distanza è fattibile per metà dei dipendenti e il piano aziendale tipico prevede che quella metà trascorra due giorni – il 40% – della settimana lavorativa a casa.

Il management aziendale segnala la volontà di avere i dipendenti in loco almeno tre giorni alla settimana per motivi che mettono in gioco la motivazione, la collaborazione e la cultura del posto di lavoro. “Per la maggior parte dei lavoratori, l’economia post-pandemia comporterà più WFH [Work From Home] rispetto all’economia pre-COVID, ma notevolmente meno di quanto vorrebbero”.

Come afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano «Lo smart working è una tendenza ormai inarrestabile. Nei prossimi mesi, tuttavia, assisteremo a dinamiche differenziate tra grandi imprese, PMI e PA. Nelle grandi imprese si andrà verso un consolidamento e un’estensione del lavoro agile, con modelli che prevedranno un equilibrio tra lavoro in presenza e in ufficio che lascerà un forte livello di flessibilità ai lavoratori».

Il dibattito e le strategie su come applicare i “Nuovi Modi di Lavorare” sono all’ordine del giorno su tutti i tavoli aziendali.

Di piccole e grandi imprese. Il cigno nero pandemico ha inevitabilmente messo alla luce l’importanza del come lavorare. E interrogarsi sui processi, sugli stili e sugli strumenti è un esercizio oneroso, che si accompagna all’inevitabile attenzione al COSA, ovvero gli obiettivi di performance economica e produttiva da raggiungere.

Lavoro flessibile tra Smart working, Remote Working, Home Working, Telelavoro ed Hybrid Working

Mentre sperimentiamo uno status ibrido organizzativo, in questi mesi si vivono paradossi e situazioni surreali: negli uffici dove si dovrebbe stare insieme, spesso si continua ad essere isolati tra una videocall e l’altra; abbiamo acquisito la conoscenza di numerosi strumenti digitali che dovrebbero permetterci una giornata di lavoro più duttile, ma non siamo mai stati così poco “smart” (se non addirittura al limite del burnout digitale); a livello emotivo lo stato di estenuazione e abbattimento fisico e psichico dovuto al periodo di emergenza che abbiamo vissuto si traduce in rilassamento e in un “languore” soprattutto sul piano professionale; non stiamo coinvolgendo le nuove generazioni nel confronto con i senior nel formulare gli stili di lavoro del futuro.

 

lavoro flessibile

Non possiamo biasimare del tutto le decisioni manageriali di questo periodo, in fondo ci troviamo in una piena e nuova rivoluzione del lavoro e ce ne sarà ancora per molto.

Il periodo è sperimentale, e necessariamente si andrà per tentativi (si spera iterativi e incrementali), di innovazione.

L’evoluzione del lavoro a distanza

Nel guardare a questa evoluzione, purtroppo, molti sono vittime delle etichette mediatiche che vengono attribuite allo “smart working”, confuso sprovvedutamente con l’“home working”, il “telelavoro” o il “remote working”, che sono state le effettive modalità di lavoro sperimentate durante la pandemia.

Senza essere pedissequi è bene ricordare in ogni occasione la traduzione italiana che viene fatta di questo termine, soprattutto in termini legislativi (già prima del Covid-19):“Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

In questa giungla terminologica la speranza è che ci sia la possibilità di recuperare la dimensione vera dello smart working, per la quale si impara ad essere nel posto migliore in cui poter raggiungere i risultati oppure, nel caso in cui dobbiamo prevalgono altri interessi (come, ad esempio, il work-life balance) si impara a lavorare al meglio nella condizione in cui ci si trova.

Il nodo cruciale dell’applicazione del lavoro flessibile e agile non può passare solo per i vincoli orari e spaziali su cui tutti ci siamo fissati per inevitabili motivi tecnici, normativi o sindacali.

Il cuore del problema è sulla riformulazione di “fasi, cicli e obiettivi”: perché ci siamo accorti che lavorare “a distanza” ottimizza e semplifica alcune cose, ma ne inficia altre; perché incontrarsi fisicamente contribuisce alla creatività, forse alla motivazione, e di certo alla cultura aziendale, al senso di appartenenza e, probabilmente al perché lavorare presso un brand anziché un altro.

La grande scommessa allora per le aziende e il management è quella di mettere mano ai processi di lavoro: alcuni cristallizzati da decenni e semplicemente riconfermati negli audit di qualità di anno, in anno; altri più avanzati e già declinati nei team di lavoro ma tutti da rodare e migliorare alla luce delle difficoltà tecniche oggettive, o delle resistenze al cambiamento delle popolazioni aziendali.

Oppure no?

Può essere una strategia innescare una restaurazione dei processi consolidati e ben rodati del 2019? Magari anche solo per far respirare ai dipendenti il “ritorno alla normalità”, il conforto delle routine di una volta.

Sarebbe possibile privilegiare la sicurezza psicologica della propria popolazione aziendale e la cura di quei collaboratori che trovano nel lavoro “rifugio” dalle difficoltà di gestione familiare; oppure maggiore focus favorito dal workplace (anziché dallo strapuntino ricavato in un angolo di casa, sollecitati continuamente dalle faccende domestiche) e anche maggiore tempo per sé (magari proprio nel tragitto casa-lavoro).

digital tool lavoro flessibile

Non possono esserci risposte univoche per tutte le aziende e per tutti i gruppi di lavoro. In ogni azienda ci sono persone disorientate dall’idea di non avere più una propria scrivania con i propri talismani, o intimorite dal dover prenotare tramite app una postazione di lavoro nel proprio headquarter in cui si sono recati per 20 anni, ed entusiasti del “full remote” che non metterebbero mai più piede in quel luogo, se non per cause di forza maggiore.

Lavoro flessibile: il south working e il nuovo rinascimento del nomadismo digitale

Sono comunque molte le persone che riportano un senso di gratificazione e soddisfazione all’idea che potranno anche in futuro gestire parte della loro attività lavorativa non in sede: la combinazione di flessibilità oraria e flessibilità “geografica” fa sentire meglio le persone, almeno sulla carta. Ma perché?

C’è un’idea sottesa di libertà e di personalizzazione nel lavoro flessibile: poter scegliere in autonomia, avere capacità decisionale nel poter scegliere di volta, in volta il contesto privilegiato per portare a termine un compito o un progetto, o attribuzione di responsabilità e fiducia nell’altro.

Non è un caso che per i dipendenti aziendali alcune riflessioni si siano coagulate sull’idea del lavoro non necessariamente in uffici incardinati in zone urbane (nel nostro Paese storicamente nel Nord Italia).

Stiamo parlando del south working, un lavorare delocalizzato per aziende del Nord o comunque di tutto il mondo; prevalentemente al Sud o, come è avvenuto per molti nelle “seconde case” al mare, in montagna o dai parenti in provincia. Un’idea che implica a livello di sviluppo sociale una rinascita dei borghi e delle provincie soprattutto nel Meridione, e dove le difficoltà del lavoro da remoto si equilibrano con un minore costo e una maggiore qualità della vita.

Con questo approccio si prefigura un mercato del lavoro molto più inclusivo quello che trasmette offerte di lavoro “100% anywhere” soprattutto per i giovani che spesso non hanno la possibilità di trasferirsi nelle grandi città.

LEGGI ANCHE: South Working: una moda o l’inizio della fine del lavoro in ufficio?

Ma dietro l’idea del southworking è ben radicata una filosofia molto attuale: adattare la professione al proprio stile di vita, e non il contrario.

La community dei Nomadi Digitali lo ha previsto già da dieci anni quanto il modello sano e sostenibile di lavoro sia collegato a godere di maggiore libertà nella gestione del tempo e di avere la possibilità di spostarsi secondo le proprie necessità.

Le ragioni che oggi spingono le persone al “nomadismo digitale” sono molteplici, e si tratta di una tendenza crescente non solo tra i giovani, anzi.

smart working

Come emerge dal “Primo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia”, anche nel nostro Paese il fenomeno nomadi digitali sta assumendo dimensioni considerevoli e non incontra più solo l’entusiasmo dei giovani “millennials” che vogliono girare il mondo come backpackers, con lo zaino sulle spalle. Questo stile di vita e di lavoro è sempre più ambito da persone di tutte le età, con esperienze professionali differenti, ma soprattutto da una forte prevalenza di donne (54% contro il 46 degli uomini) che in questo modo riescono a gestire meglio il work-life balance.

Non sono solo nerd e travel blogger: tra gli amanti del lavoro flessibile sono in crescita anche professionalità che operano in settori come l’architettura, il servizio clienti, l’eCommerce, le risorse umane, oltre agli storici ambiti informatici e di comunicazione digitale.

A definirsi “nomadi digitali” sono soprattutto i freelance e i liberi professionisti (il 41% degli intervistati), ma non sono da meno anche i lavoratori dipendenti (38%), mentre una percentuale più ridotta è quella rappresentata dagli imprenditori (8%).

Colpisce tra i dati che la motivazione che spinge i più giovani a diventare nomadi digitali è la possibilità di muoversi liberamente nello spazio, mentre tra gli adulti prevale la maggiore flessibilità nella gestione del tempo.

Dalla ricerca emerge che le persone interessate al lavoro flessibile e al nomadismo digitale mostrano di aver assunto, anche a seguito della maggiore esperienza di remote working accumulata durante la pandemia, una marcata e diffusa consapevolezza che questo nuovo stile deve essere sostenuto anche da un cambiamento culturale nel mondo delle imprese.

La Great Resignation e la fuga dall’azienda verso il lavoro flessibile

Ma che succede se i desideri di nomadismo digitale collidono con le politiche di smart working che i datori di lavoro non stanno adottando, preferendo un ritorno all’ “Old Normal” del 2019 senza valutare forme di lavoro flessibile?

Quanto conta lo smart working e la riformulazione dei processi verso il lavoro flessibile con la Great Resignation?

Tra aprile e giugno di questo anno ci sono state 484mila dimissioni, in crescita dell’85% rispetto al 2020. Il numero di rapporti di lavoro dipendente cessati per dimissioni del lavoratore è in forte aumento, sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto agli anni passati. E nel mondo del lavoro ci si inizia a chiedere se in questa “grande rassegnazione”, sicuramente accelerata dall’esperienza pandemica, sia implicata anche l’esperienza frustrante del lavoro da remoto “forzato” degli ultimi tempi.

Oltre alle dinamiche di tipo economico (come la crisi di alcuni settori come il turismo e la ristorazione che hanno costretto molti a migrare verso settori in crescita come il green, il digitale e la salute), l’eterno tema delle retribuzioni troppo basse rispetto ad altri Paesi Europei e gli effetti della Yolo Economy (con un’impennata di oltre 14o.000 aperture di P.IVA nel nostro Paese nel secondo trimestre 2021 – che riguardano giovani fino ai 35 anni) il tema del come tornare a lavorare incide e non poco su questi effetti.

Il World trade Index 2021 di Microsoft  ha rilevato che più del 33% della forza lavoro globale intendeva lasciare il proprio datore di lavoro attuale entro il 2021 e il 38% prevedeva di trasferirsi cogliendo l’opportunità di lavorare da remoto. Valori più alti tra i Gen Z che addirittura in un caso su due hanno valutato seriamente la possibilità di lasciare i propri datori di lavoro.

Un altro fattore che potrebbe spiegare il trend in crescita delle dimissioni è quindi la fine dello smart working per 1,5 milioni di dipendenti: 800mila privati già tornati in presenza al 100% e 700mila dipendenti statali.

abitudini di consumo coronavirus

Le stime dell’Osservatorio sul lavoro agile del Politecnico di Milano segnalano per circa 4 milioni di lavoratori la volontà delle aziende di consolidare la modalità di lavoro ibrida. Emerge comunque che l’84% delle persone punta al lavoro agile e oltre il 50% lo vorrebbe per più di 3 giorni alla settimana. In moltissimi dichiarano che la qualità della vita è migliorata e che questa esperienza ha permesso loro di acquisire nuove competenze.

Secondo questa analisi, lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali; nel 62% delle PA, in cui prevalgono le iniziative strutturate ma anche molta incertezza sul futuro e nel 35% delle PMI, fra cui prevale un approccio informale ed è però forte la tendenza a tornare indietro.

È bene ricordare che sebbene molti lavoratori di età e provenienze demografiche diverse esprimano il desiderio di continuare a lavorare da casa, i lavoratori altamente istruiti e ad alto reddito avranno un’opportunità molto maggiore di farlo.

Agile Working e nuove generazioni

Lo smart working sembra allora essere diventato più una leva per la retention delle persone in azienda, mentre sembrava essere solo una leva di attraction per i nuovi talenti nel 2019, laddove il lavoro flessibile rappresentava un fattore «determinante» per la scelta del lavoro “solo” per il 62% dei candidati.

Secondo un’ultima ricerca di Radical HR Club, su 600 HR Manager sembrano esserci dati confortanti rispetto al fatto che il 90% delle aziende rispondenti fa Smart Working, dando in alcuni casi anche piena libertà e autonomia nella scelta e 7 HR su 10 hanno guidato questa trasformazione nell’organizzazione.

Rimane ancora una fetta importante di aziende in cui la leadership è ancorata a vecchi schemi di pensiero e diverse aziende iniziano a perdere talenti per la mancanza di fiducia nelle persone.

Come abbiamo visto, la possibilità di avere spazio geografico e flessibilità di tempo per la conciliazione lavoro-vita personale è un fattore determinante per tutte le generazioni.

Non è possibile immaginare un New Way of Working senza coinvolgere tutte le generazioni nel disegno di quello che sembra essere davvero una nuova rivoluzione del lavoro. Fruire nel pieno benessere dei luoghi e degli stili di lavoro nel futuro, rinnovare il concetto di workplace, ma soprattutto rendere efficaci ed efficienti i tanti strumenti digitali che abbiamo a disposizione, (senza dimenticare quelli analogici).

Le forme di lavoro ibride verso le quali ci si sta dirigendo, suggeriscono un modo di lavorare più umano e più armonioso con la nostra vita personale e professionale. Il mindset più efficace è quello in cui i dipendenti vengono trattati da adulti di cui fidarsi e non come individui da controllare. Le aziende devono fidarsi delle loro persone.

LEGGI ANCHE: Una “workforce a 5G”: le sfide generazionali nel mondo del lavoro

Come in tutti i fenomeni sociali, però, la popolazione aziendale tenderà a disporsi su una curva gaussiana, dove ci sarà un quinto di estremisti del “full remote” e un’altra di “conservatori” che vorrebbero ritornare alle modalità che abbiamo utilizzato fino al 2019. Come fare per implementare correttamente lo smart working, comprendendo tutte i valori e le istanze generazionali?

Rimane importante conoscere da vicino i processi di lavoro delle persone che collaborano nell’organizzazione, perché non è detto che una policy di giorni/periodi/ore di smart working vada bene per tutti nello stesso modo.

È fondamentale valutare il valore aggiunto della presenza fisica per ogni singola attività, a livello di funzioni, di sedi e di team. Con una stima (e perché no, un’autovalutazione bottom-up che coinvolga tutte le generazioni) sarà possibile distinguere le attività eseguibili in full-remote da quelle in presenza, così come la possibilità alle persone di auto-organizzarsi in base ai task settimanali.

Contemporaneamente sarà necessario lavorare sui gap che innesca il lavoro ibrido o remoto, rispetto al senso di appartenenza con il brand, di collaborazione e apprendimento reciproco.

giovane al lavoro

Il lavoro agile nel pieno senso del termine non può non piacere che a tutte le generazioni. Lavorare per obiettivi condivisi, autodeterminati nei gruppi, col giusto work-life balance, tramite una leadership attuale è il sogno di chiunque lavori in azienda.

Il remote working è ben altro: la predisposizione alla mentalità digitale (non necessariamente abilità) da parte dei giovani implica una predisposizione maggiore a lavorare in una forma ibrida, poiché vicina alla cultura della scelta e della personalizzazione continua a cui sono stati esposti da sempre.

Questo non significa necessariamente prediligere un “full remote”, se non per alcune specifiche figure (solitamente digitali per cui è quasi naturale considerare il “datore di lavoro” come un “datore di stipendio”, indipendentemente dal brand).

Vivere senza socialità e senza momenti di creazione condivisa può isolare fortemente i “newbie”, così come le generazioni più senior.

Per X Gen e Boomers la questione è segnante perché implica il superamento di modelli mentali acquisiti, di fare fronte a gap tecnologici e di autogestione del proprio lavoro. Forse più di altre urgenze, quella dello smart working va coordinata nell’ottica dell’age inclusion, tentando il métissage delle prospettive generazionali diverse puntando all’obiettivo comune del lavoro sereno, adattivo e probabilmente ibrido.

Senza un ripensamento in termini di competenze e processi manageriali non può essere risolta la questione del tempo: è consapevolezza di tutte le generazioni che nel post-pandemia questa sia diventata la risorsa più importante, nel, e per il lavoro.

New G

Spotify lancia il primo video podcast originale in Italia

Finalmente il momento tanto atteso è arrivato: oggi Spotify presenta New G, il primo video podcast originale in Italia. Gli utenti potranno quindi non solo ascoltare ma anche vedere lo show, prodotto da Show Reel Agency (parte di Show Reel Media Group), i cui protagonisti sono un gruppo di content creator molto popolari su TikTok: Momo, Raissa, Nimi Abdoulaye (alias Isabo), Tasnim Ali e Dayoung Clementi

Il primo video podcast italiano

I cinque, molto diversi tra loro per storia personale e background culturale, sono uniti da un importante filo conduttore: un nuovo modo di vivere le diversità e approcciare il dibattito intorno ad essa, tipico della Generazione Z. Il mondo dei social media sarà certamente al centro delle 50 puntate di cui si compone il podcast, ma ci sarà ampio spazio per parlare di scuola e di futuro, del rapporto con la generazione dei loro genitori, di sogni, fallimenti e molto altro. 

New G

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La generazione dei protagonisti di questo video podcast è molto diversa dalle precedenti: i ragazzi e le ragazze che ne fanno parte sono cresciuti in tempi di grandi trasformazioni e hanno ridefinito ciò in cui credono, i propri valori,  ambizioni e obiettivi. Sono aperti alla diversità, consapevoli che ognuno ha un proprio bagaglio identitario e sono disposti ad esplorare contenuti di intrattenimento che superano i confini della propria cultura.

Questi sono solo alcuni degli aspetti fondamentali di uno show che permetterà agli ascoltatori di ogni età di comprendere meglio il mondo dei più giovani e scoprire cosa muove una generazione che sta dando un contributo decisivo alla creazione di un Paese più aperto e inclusivo.

Siamo molto felici di essere gli host del primo video podcast di Spotify e, soprattutto, siamo orgogliosi che questa opportunità ci abbia permesso di dare voce a ciò che conta davvero per la generazione di cui siamo parte. Siamo in cinque a parlare in New G, anche parecchio diversi uno dall’altro: non siamo, infatti, sempre d’accordo sulle cose ma è giusto che sia così perchè è importante dare spazio a tutto e rispettare tutti. Questo per noi è New G: uno sguardo di più occhi sul mondo per accendere dibattiti.

Dopo l’annuncio globale del luglio 2020, New G segna l’arrivo dei video podcast originali in Italia, un formato che ha già permesso agli ascoltatori di tutto il mondo di entrare in contatto in maniera ancora più profonda con i contenuti dei propri creator preferiti.

Commenta Eduardo Alonso, Head of Studios for Southern & Eastern Europe di Spotify.

Siamo entusiasti di annunciare finalmente anche in Italia il primo video podcast originale Spotify. Vogliamo continuare a fornire ai creator sempre più strumenti per esprimere la propria creatività e avere il controllo sui propri contenuti, oltre che a proporre agli ascoltatori esperienze uniche e all’insegna dell’interattività. New G è uno show imperdibile per chiunque voglia conoscere meglio il mondo dei più giovani, i valori che li ispirano e il loro approccio alla diversità.

Il primo episodio del video podcast, intitolato “Genitori sui social? No, grazie!” è già disponibile sulla piattaforma.

Forum HR 2021 intervista sul metaverso agli HR Director italiani

Lavorare nel Metaverso è possibile? Lo abbiamo chiesto al mondo degli HR italiani

Lavorare nel Metaverso è possibile o è soltanto una visione distopica di un’umanità sempre più connessa ma scollegata dalla realtà non virtuale?

Il mondo del lavoro è in un costante cambiamento, oggi più che mai, e la portata di questa rivoluzione è stata al centro del Forum HR 2021.

Sono molte le discussioni che è necessario affrontare ora che le sfide tecnologiche, ma anche ambientali, ci mettono davanti a scelte sempre più nette.

Digital Transformation, welfare, wellbeing, recruiting, learning e hybrid working. Questi e altri importanti temi legati al mondo HR sono stati al centro dell’edizione 2021 del Forum delle Risorse Umane, quest’anno alla sua tredicesima edizione.

L’evento è finalmente tornato dal vivo, anche se con alcune limitazioni sul numero del pubblico.

Forum HR 2021 - federica bulega

Il Forum HR 2021 è stata anche l’occasione per la redazione di Ninja di entrare in contatto con le più importanti voci del mondo HR italiano e noi di Ninja non ci siamo fatti sfuggire l’occasione per fare loro qualche domanda sul futuro del lavoro in relazione a una delle tecnologie più impattanti annunciate recentemente: il Metaverso.

Le tecnologie emergenti di virtual communication e virtual collaboration promettono di unire una forza lavoro sempre più dispersa grazie ad avatar, riunioni olografiche, mondi virtuali. Molto prima dell’annuncio di Mark Zuckerberg, ne avevamo parlato approfonditamente in questo articolo.

Se come si deduce dalle dichiarazioni degli esperti saranno necessari ancora diversi anni prima che questa rivoluzione abbia luogo, è importante gettare uno sguardo sui prossimi anni e anticipare i possibili sviluppi di una tecnologia così disruptive.

Lavorare nel metaverso è possibile? Diventerà presto realtà?

La domanda che abbiamo posto ai rappresentanti del panorama HR italiano è stata proprio questa: possiamo aspettarci, a breve, di lavorare in spazi virtuali, uffici nei quali muoverci con il nostro avatar e interagire con le rappresentazioni cibernetiche dei nostri colleghi? Ecco cosa ci hanno risposto.

Simona Liguoro – HR Director Italy – Nestlé Nespresso

lavorare nel metaverso simona liguoro

In futuro lavoreremo con gli avatar e sono particolarmente sicura di questo, ma per conquistare le persone e farle legare all’azienda sarà sempre necessario e fondamentale il contatto fisico.

Dal mio punto di vista i sensi sono la cosa più importante.

Serena Rossi – Human Resources Director – Stryker

serena rossi stryker

Incontrarsi di persona sarà sempre essenziale: eventi come il Forum HR 2021 lo dimostrano. Non potremo mai essere sostituiti dal nostro avatar, o almeno ci proviamo. Magari, però, il nostro avatar potrà occuparsi di cose per noi che non riusciamo a gestire.

Non credo che la sostituzione completa sia una strada da seguire: l’essere umano ha bisogno di essere fisico, toccare, guardare negli occhi, ma certamente la tecnologia potrà aiutarci semplificandoci la vita.

Guido Stratta – Direttore People & Organisation Gruppo Enel

Lavorare nel Metaverso Guido Stratta Forum HR 2021

Secondo me dobbiamo far sì che questa nuova tecnologia non ci schiacci: credo sarà una buona dimensione da gestire con equilibrio.

Io penso che la relazione umana sia ancora determinante, abbinata però a tutte queste belle novità.

Annalisa Alberti – Human Resources, Facility Management, ICT & Compliance Director – Rheinmetall Italia S.p.A.

Lavorare nel metaverso - Annalisa Alberti al Forum HR

Il contatto umano resta fondamentale: dovremmo invece ragionare un po’ fuori dagli schemi e pensare che non ci si può più limitare a “un classico orario di lavoro” dalle 8.00 alle 16.30, perché viviamo in un mondo che è interamente connesso e abbiamo bisogno di ripensare il nostro modo di lavorare focalizzandoci sugli obiettivi.

Detto questo, il contatto umano e la vicinanza faranno la differenza per le aziende.

Tiziana Carnicelli – Group Education and HR Communication Head presso Angelini Holding

Tiziana Carnicelli

È un argomento che mi intriga molto: nell’esperienza vissuta durante il Covid, la cosa che abbiamo sofferto di più nel fare formazione era il non poter guardare negli occhi la persona e comprendere la comunicazione non verbale.

La possibilità di avere un’aula di formazione, nella quale posso dialogare con il professore anche se a distanza vedendolo come fosse dal vivo, e magari interagire con un mio collega, anche se il collega è dall’altra parte del mondo, può significare molto.

Tutto dipenderà da quanto saranno “intelligenti” questi avatar e ologrammi, se ci permetteranno davvero una reale interazione. Altrimenti, dubito che funzionerà.

Giuseppe Conte – Direttore centrale Formazione e sviluppo risorse umane · INPS

Giuseppe Conte - Forum HR 2021

Già oggi, tendenzialmente, molte riunioni che si organizzavano in presenza e che richiedevano spostamenti si possono fare tranquillamente a distanza.

Vi saranno però sempre dei momenti importanti in cui sarà utile incontrarsi in presenza, magari per appuntamenti di tipo laboratoriale o di brainstorming. Sarà sufficiente trovare un giusto equilibrio.

Fabrizio Tripodi – HR Director at Brown-Forman, the Jack Daniel’s company

Fabrizio Tripodi Lavorare nel Metaverso - Forum HR 2021

La tecnologia mi piace molto, perché si evolve velocemente, ma ho un punto fermo: deve essere al servizio dell’uomo; uno strumento attraverso il quale risparmiamo, ottimizziamo e ci concentriamo maggiormente su quello che è il valore aggiunto del contatto umano.

Tutti quelli che sono gli strumenti digitali sono benvenuti: si aggiungono e aiutano e non sostituiscono il contatto umano, ma permettono che il contatto umano sia usato nel modo migliore, laddove necessario per motivi professionali ma soprattutto per una connessione empatica tra le persone.

Accogliamo con entusiasmo il metaverso proprio considerandolo come una piattaforma di supporto e non di sostituzione del contatto umano.

Elisabetta Maiocchi – Head of HR di Siae Microelettronica

Lavorare nel Metaverso Elisabetta Maiocchi Forum HR 2021

È un percorso che considero realizzabile: per determinati tipi di funzioni aziendali, come ricerca e sviluppo e funzioni amministrative, c’è una compatibilità di fondo; per altri ambiti, come il mondo del commerciale, sarà necessario capire se la soluzione può essere valida, perché spesso l’incontro in presenza rimane la via preferibile.

Sul mondo training e academy mi sento ottimista sull’argomento: ci si può dotare di postazioni adatte allo scopo per le persone che non dispongono di strumentazione e connessioni adeguate.

Fabio Salvi – Head of HR/Team Lead People Partner Italy, Spain, Portugal, Serbia, Croatia and Romania presso FlixBus

Lavorare nel metaverso - Fabio Salvi - Flixbus

Questo scenario mi sembra un po’ una deriva dello sviluppo tecnologico, una sorta di puntata di Black Mirror.

La tecnologia, dal mio punto di vista, è uno strumento per abilitare in modi diversi le relazioni, ma la relazione è e resta umana. La tecnologia è solo uno dei canali che va sfruttato per quello che è nei suoi significati, funzionale quando ci sono team distribuiti e separati da una distanza fisica.

Quello che però è il rapporto umano è inalienabile. Se questo scenario degli avatar si realizzasse staremmo davvero ripensando alla natura stessa dell’essere umano e, almeno personalmente, non vorrei andare in questa direzione.

Federica Visioli – Head of Human Resources – CDI Centro Diagnostico Italiano

Lavorare nel Metaverso - Federica Visioli

Se ne parla molto e conosco le possibilità del metaverso. Non so però se il nostro contesto nazionale sia già pronto per arrivare a queste dinamiche.

Ritengo però che anche il mondo sanitario si stia evolvendo, per cui l’aiuto di tutti quelli che sono gli strumenti informatici è prezioso.

Pensiamo per esempio all’intelligenza artificiale, a quanto può aiutare il medico nel migliorare le logiche predittive su alcune malattie. Il rapporto tra medico e paziente rimane fondamentalmente fisico: per semplificare, talvolta è necessario toccare l’arto malato. Però ci sono degli aspetti come le consulenze e determinati momenti che possono essere gestiti in modo ottimale anche con una modalità da remoto.

Andrea Lugo – H.R. Director | Aruba S.p.A.

Andrea Lugo - Aruba - Metaverso

Spero non si arriverà a lavorare in ambienti virtuali per mezzo di avatar, anzi, spero di essere andato in pensione prima che succeda.

È un mondo che non conosco in modo approfondito, ma sul quale ho qualche dubbio: credo che per adesso l’assetto attuale nelle modalità di recruiting sia quello corretto.

Samanta Todaro – Direttrice delle Risorse Umane del Gruppo Alessi

Lavorare nel Metaverso Samanta Todaro Forum HR 2021

Io credo che l’aspetto relazionale debba rimanere, perché è quello che fa la differenza; lo comprendiamo bene anche da questo evento tornato in presenza: tutti avevano voglia di tornare a vedersi.

Penso però che la tecnologia ci possa aiutare, debba essere sfruttata come un mezzo per farci arrivare dove oggi fisicamente non possiamo. La realtà virtuale, nel lavoro, è infatti nata anni fa, per esempio nel training medico, ma può essere efficacemente utilizzata anche in altri ambiti diversi dalla formazione, per esempio nella simulazione di un investimento per valutarne il tasso di successo.

Roberta Fagotto – Chief Human Capital Officer – SIT

Lavorare nel Metaverso Roberta Fagotto - Forum HR 2021

Credo che non possiamo prescindere dalla relazione umana: nel nostro contesto latino facciamo molta difficoltà a sconnetterci completamente dall’organizzazione dal punto di vista fisico, perché la relazione umana, per esempio quelle che avviene alla macchinetta del caffè, il contatto visivo non asincrono come quello del contatto video che è sempre un filtro, per noi è ancora fondamentale.

Sia per la parte progettuale e di innovazione, che non può essere “remotizzata” completamente, ma anche perché spesso tendiamo a unire la dimensione umana del collega alla nostra quotidianità.

Ritengo che invece assumeranno maggiore importanza gli spazi di lavoro, perché saranno degli spazi in grado di valorizzare la connessione, anche da un punto di vista personale, di tutti i colleghi.

ikea elimina la plastica

Addio plastica! IKEA la eliminerà dagli imballaggi entro il 2028

IKEA è sempre stata un’azienda all’avanguardia che ha visto il potenziale in prodotti e modi di comunicare a cui nessuno aveva ancora pensato, ed è per questo che quando si tratta di sperimentare non si tira certo indietro.

Ora arriva un annuncio importante, un chiaro segno di voler impegnarsi a diventare una società sempre più sostenibile. Ha dichiarato il suo impegno nel voler eliminare gradualmente la plastica la plastica da tutti i suoi packaging preferendo imballaggi realizzati con materiali rinnovabili e riciclati.

L’impegno d’IKEA nella sostenibilità e nella lotta alla plastica

L’imballaggio è di certo un elemento chiave di accessibilità, sostenibilità e manipolazione sicura quando acquistiamo un prodotto da un rivenditore. Per combattere i rifiuti di plastica e l’inquinamento, IKEA ha già ridotto significativamente la quantità di plastica utilizzata nelle sue soluzioni d’imballaggio.

A oggi, meno del 10% del materiale da imballaggio utilizzato annualmente dall’azienda è costituito da plastica. Nel colmare il divario rimanente rimuovendola dalle soluzioni d’imballaggio di consumo, IKEA ha affermato che adotterà l’utilizzo solo di materiali rinnovabili o riciclati.

Ed è stato proprio Erik Olsen, Packaging & Identification Manager d’IKEA, a sottolineare l’impegno nell’ eliminazione graduale della plastica dagli imballaggi come un chiaro segnale nel supportare l’impegno generale per ridurre l’inquinamento puntando su imballaggi dai materiali sostenibili, e quindi rinnovabili e riciclati.

LEGGI ANCHE: La svolta sostenibile dei brand verso un’economia sempre più circolare

IKEA elimina la plastica

Idee e soluzioni sostenibili

Ogni anno IKEA spende oltre 1 miliardo di euro per circa 920.000 tonnellate di materiale da imballaggio. L’abbandono della plastica richiederà la progettazione di nuove soluzioni ma soprattutto una stretta collaborazione con i team di sviluppo del prodotto e con gli stessi fornitori.

L’azienda però ha ammesso che solo alcuni imballaggi in plastica potrebbero rimanere, ma per i prodotti alimentari per garantirne la sicurezza e prevenire lo spreco alimentare. L’impegno però resta sempre quello di scovare possibili soluzioni entro la data prefissata, il 2028 appunto.

Maja Kjellberg, Packaging Development Leader d’IKEA ha ribadito il ruolo pionieristico della compagnia sottolineando che l’ingegnosità ha fatto sempre parte del patrimonio IKEA e il packaging non fa eccezioni al riguardo.

Molti nuovi pacchetti saranno realizzati con la carta, sebbene l’azienda stia sperimentando l’uso di altri materiali. E infatti molte startup stanno studiando e adoperando materiali d’imballaggio realizzati con i rifiuti dell’industria alimentare, dalle noci di cocco ai sottoprodotti della produzione della birra.

La plastica purtroppo è ovunque. È un materiale resistente, durevole e versatile ed è anche a basso costo, ma non viene smaltita in modo responsabile. Ormai le implicazioni ambientali sono disastrose. IKEA riuscirà, insieme a tanti di noi, a fare la differenza? Ci auguriamo di sì!

muore ennio doris mediolanum

Ci ha lasciato Ennio Doris, e il nuovo emozionante corto di Özpetek è il miglior saluto possibile

Ci ha lasciato Ennio Doris, l’inconfondibile volto di Banca Mediolanum e presidente fino al settembre 2021.

Il suo gesto di “tracciare il cerchio” per indicare un servizio costruito intorno alla persona, ora in un lago salato, ora in un campo di grano, si è fissato indelebilmente nella memoria delle persone grazie alle réclame dell’azienda, diventando così un punto di riferimento per la linea comunicativa successiva ma anche oggetto di imitazioni, meme e studio.

Manager, imprenditore e banchiere italiano, ma anche Cavaliere del Lavoro dal 2002 e uno tra gli uomini più ricchi d’Italia della classifica Forbes del 2018, il suo genio imprenditoriale ha trasformato Mediolanum in un impero, che già nel 2019 contava più di 8.000 dipendenti.

Ai grandi uomini di successo si accompagna spesso una visione olistica del mondo, nella quale restituire parte della propria fortuna alla comunità è un atto sentito e dovuto: a marzo 2020, infatti, aveva donato 5 milioni di euro alla regione Veneto per aiutare contro il virus pandemico Covid-19.

Ci ha lasciato Ennio Doris, ma il corto firmato da Özpetek è il più bel saluto perchè esprime i suoi valori

Banca Mediolanum ha lanciato il nuovo corto durante una serata première giovedì 18 novembre presso il Cinema Moderno The Space di piazza della Repubblica a Roma.

Prima un dialogo tra Massimo Doris, il regista Ferzan Özpetek e il professor Gianni Canova, condotto dalla giornalista Costanza Calabrese e poi l’anteprima del film: “L’uomo che inventò il futuro”. 

Il nuovo corto di Ferzan Özpetek per Banca Mediolanum racconta la storia di un uomo a confronto con il proprio figlio diciassettenne, con il suo slancio verso il futuro rispecchiato nei ricordi del padre. 

Nella visione del cortometraggio, la solidità del rapporto di Ennio Doris con il figlio Massimo, amministratore delegato di Banca Mediolanum dal 2008, non può passare inosservata.

Un avvicendamento programmato, in cui Massimo ha raccolto il testimone dal padre, non solo come testimonial della comunicazione aziendale, arrivando anche a “sostituirlo” nella costruzione dei cerchi, diventati simbolo di un servizio costruito su misura intorno alle persone.

L’uomo che inventò il futuro di Ferzan Özpetek

Nella storia del regista, quello del figlio è un mondo all’interno del quale il padre non trova subito accessi e aperture, ma invece scetticismo e indifferenza, soprattutto quando si parla di futuro. Due mondi distanti e uniti dalla stessa storia. 

Il padre individua però la giusta chiave di comunicazione, rendendo il racconto una sorta di epopea e catturando così l’attenzione del figlio. Narra di un tempo in cui gli uomini non avevano contezza del futuro, un tempo brillante ma labile. Ma in realtà parla di se stesso, del tempo che passa e del futuro, che affonda saldamente le sue radici nel presente.

Le emozioni della normalità vengono sviscerate con forza e impeto, la quotidianità diventa eccezionale, rumorosa e stridente come il pianto di un bambino appena nato. L’impresa gigantesca è vivere ogni giorno, con fatica, certo, ma con una fatica giusta.

Guarda il nuovo corto L’Uomo che Inventò il Futuro

Prenderne consapevolezza ci fornisce gli strumenti per determinare il nostro destino: ogni piccolo passo verso questa meta rende la vita degli uomini libera e degna di essere vissuta, ora e per sempre. Futuro è piantare un albero. Costruire una casa. Far nascere un sogno.

Sono i valori di Ennio Doris e dell’impresa che ha fondato.

Ma futuro è anche comprendere che “viaggiare da soli”, in questo grande cammino, non ha senso, quando possiamo affidarci all’esperienza di altri uomini. Perché capire il futuro ci permette di comprendere l’importanza del passato.

muore ennio doris

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“Ho accolto la proposta di questo lavoro per due semplici ragioni: la prima perché mi è sembrata quanto mai di attualità una presa di coscienza sul tempo, il nostro tempo e quello degli altri. Di coloro che sono stati e di coloro che saranno.

Mai come in questi ultimi periodi siamo stati messi alla prova sul come e quando immaginare il tipo di futuro che ci aspetta. La continuità del tempo va salvaguardata, i suoi cicli e ricicli come li definiva il filosofo napoletano Vico a proposito del ripetersi della storia. Anche se credo in sostanza che tutto è destinato a cambiare, ad arricchire il corso della nostra esistenza”, ha commentato il regista Ferzan Özpetek, che ha aggiunto:

“La seconda ragione è una sfida direi tecnica e di linguaggio cinematografico. In mezzo a tanti film e spettacoli che ho realizzato e continuo a realizzare, la misura del cortometraggio come in questo caso mi induce a raccontare in una manciata di minuti una storia di sentimenti forti e delicati al tempo stesso, nella quale non mancano momenti di attriti e incomprensioni, emozioni suscitate dai ricordi e commozioni per il nuovo che sta nascendo”.

muore ennio doris

Dove vedere L’uomo che inventò il futuro

Il cortometraggio è visibile su Youtube e sarà disponibile anche su MediolanumPlay.it, il nuovo spazio dove trovare la selezione dei migliori contenuti video che raccontano il mondo di Banca Mediolanum. 

Una campagna di comunicazione collegata prevede il flight televisivo, on air dal 21 novembre all’8 dicembre, che vedrà la messa in onda di oltre 5.000 spot da 30’’ e 15” sulle principali emittenti televisive: Mediaset, Rai, Sky (canali tematici, sportivi, on demand e canali free to air), canali Discovery, La7, Class CNBC, Sport Italia e RTL 102.5 TV.

In affiancamento alla campagna televisiva è stata pianificata una campagna radiofonica della durata di 2 settimane che, a partire dal 22 novembre, vedrà il coinvolgimento delle principali emittenti nazionali: RTL 102.5, R101, Radio 105, Virgin, Radio Monte Carlo, Radio24, Radio Italia solomusicaitaliana, Radio Deejay, RDS e Radio Sportiva. 

Al fine di aumentare la capillarità della comunicazione sul territorio è inoltre prevista la messa in onda degli spot in uno dei principali circuiti cinematografici italiani e una campagna Out Of Home nelle città di Milano e Roma. 

Sul web la pianificazione prevede un forte utilizzo di formati video veicolati per tutto il periodo di campagna su YouTube, Facebook, Instagram e in modalità programmatic su siti e portali ad alta frequenza di visita.  

Il cortometraggio si basa su un’idea originale dell’agenzia Armando Testa. Un prodotto coinvolgente, gradevole ed emozionante, a tratti malinconico, con il quale cogliamo l’occasione per salutare Ennio Doris. Per dirlo con le esatte parole di Özpetek: “abbiamo smesso di vivere solo il presente, iniziando a vivere il futuro“.

Forum HR 2021

Forum HR 2021, le sfide del mondo del lavoro tra talk, tavoli tematici e streaming

Il mondo del lavoro è in un costante cambiamento, oggi più che mai, e la portata di questa rivoluzione è stata al centro del Forum HR 2021.

Sono molte le discussioni che è necessario affrontare ora che le sfide tecnologiche, ma anche ambientali, ci mettono davanti a scelte sempre più nette.

Digital Transformation, welfare, wellbeing, recruiting, learning e hybrid working. Questi e altri importanti temi legati al mondo HR sono stati al centro dell’edizione 2021 del Forum delle Risorse Umane, quest’anno alla sua tredicesima edizione.

L’evento è finalmente tornato dal vivo, anche se con alcune limitazioni sul numero del pubblico.

I temi sono stati divisi tematicamente e affrontati in tre giornate, grazie alla presenza dei prestigiosi ospiti del panorama nazionale del mondo HR:

  • Training & Recruiting Day (16 novembre)
  • Welfare & Wellbeing Day (17 novembre)
  • Digital & Innovation Day (18 novembre)

Tre sono stati anche gli spazi intorno ai quali si è articolato l’evento Forum HR 2021: lo spazio Arena ha ospitato le sessioni in diretta streaming su Webex, LinkedIn e YouTube; lo spazio Patio ha accolto diversi digital speech ma anche una serie di tavoli tematici con un pubblico in presenza prevalentemente composto da opinion leader, HR manager e director.

A completare la platea, lo spazio Forge, dedicato a tavoli tematici a porte chiuse con sessioni di confronto esclusive tra top C-level.

Anche Ninja Academy al Forum HR 2021

Ninja Academy è la scuola di formazione nata per guidare i professionisti del futuro. Per questo non poteva mancare a un appuntamento così importante, un’occasione di confronto con il panorama italiano del mondo HR, per apportare la propria visione e il proprio contributo in un contesto di altissimo livello; ma anche per intercettare le tendenze del mondo del lavoro che stanno condizionando il presente e si apprestano a plasmare il futuro.

Mirko Pallera Forum HR 2021

Nella giornata di apertura, durante il digital talk “Reskilling, Upskilling e formazione continua: quali competenze servono oggi e come ottenerle“, Mirko Pallera, founder di Ninja Academy, ha spiegato come oggi le aziende avvertano chiaramente una gran voglia di mettersi in gioco, ma come, spesso, non sappiano esattamente cosa vogliano: diventa per questo assolutamente necessario assumere un mindset curioso e orientato alle novità, con una comunicazione interna rapida ed efficace fatta di formati multimediali veloci. Allo stesso tempo, è importante la costruzione di una community in grado di filtrare e condividere le informazioni con tutto il gruppo.

Durante il Digital and Innovation Day del 18 novembre, Federica Bulega, Corporate Training Manager di Ninja Academy, ha indagato la relazione profonda tra la maturità digitale e la formazione aziendale.

Per saper cogliere le opportunità offerte dalla continua e rapidissima evoluzione tecnologica, un’organizzazione deve saper sviluppare competenze e mindset digitali in tutte le sue persone.

Pertanto, per sviluppare o allenare il digital mindset è essenziale sperimentare comportamenti frequenti in linea con le sue componenti in situazioni nuove grazie a un modello unico che integra Intelligence, Learning e Community.

Forum HR 2021 - federica bulega

Attraction&Retention, formule ibride e Metaverso: il futuro del lavoro secondo Giuseppe Conte, direttore centrale Formazione e sviluppo risorse umane · INPS

Il Forum HR 2021 è stata anche l’occasione per la redazione di Ninja di entrare in contatto con le più importanti voci del mondo HR italiano.

Tra i professionisti del settore che abbiamo potuto ascoltare e intervistare, anche Guido Stratta, Direttore People and Organization del Gruppo Enel, Annalisa Alberti, Human Resources Director di Rheinmetall, la Direttrice delle Risorse Umane del Gruppo Alessi, Samanta Todaro, Fabrizio Tripodi, HR Director EMEA – Brown-Forman e Serena Rossi, HR Director di Stryker Italia.

Abbiamo approfittato per raccogliere diverse testimonianze e previsioni sulla direzione che il futuro del mondo del lavoro sta prendendo, anche per cercare di capire, direttamente dalle parole di chi vive a stretto contatto con queste tematiche quotidianamente, quale sia la visione a livello manageriale sui cambiamenti che ci attendono.

Per questi motivi, abbiamo fatto alcune domande a Giuseppe Conte, direttore centrale Formazione e sviluppo risorse umane · INPS, tra le quali una questione che sta davvero a cuore a molti HR: cosa dovrebbe fare un’azienda per trattenere i propri talenti e per attrarne di nuovi?

Giuseppe Conte - Forum HR 2021

Bisogna dare alle persone che lavorano nell’azienda, la prospettiva di una crescita personale“, ha affermato. “Entrare in un’azienda significa avere la possibilità di cambiare, di evolvere, di acquisire sempre nuove competenze per ricoprire compiti nuovi“.

Secondo Giuseppe Conte, se una persona ne ha voglia deve avere la possibilità di mettersi in gioco più volte nell’arco della propria vita lavorativa. La crescita non deve essere soltanto di tipo economico o di mansioni da svolgere. L’azienda dovrebbe dare la possibilità di crescere come persona, a tutto tondo, investendo sui talenti per permettergli di acquisire nuove prospettive ed essere preparati alle cose nuove che saranno chiamati a fare domani.

Sul tema della scelta ottimale tra lavoro in presenza, in smart working o in formula ibrida, ci ha detto: “Dobbiamo focalizzarci su quello che è il risultato dell’attività lavorativa: ci sono alcuni lavori che vanno svolti in presenza, però ci sono tante attività per cui questo non è necessario. Andiamo verso un mondo di libertà in cui le persone possano scegliere se venire o meno in ufficio: adesso abbiamo la possibilità di svincolarci dei limiti e lavorare dove vogliamo e quando vogliamo. Guardiamo al risultato e non al tempo trascorso alla scrivania“.

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E la dematerializzazione del lavoro è uno degli argomenti che sta tenendo banco grazie, anche, alle novità annunciate dalle aziende tecnologiche, Facebook in primis. Possiamo davvero immaginare un futuro nel mondo del lavoro in cui non sarà necessario incontrarsi di persona, ma si potrà interagire attraverso degli avatar?

Già oggi, tendenzialmente, molte riunioni che si organizzavano in presenza e che richiedevano spostamenti si possono fare tranquillamente a distanza. Vi saranno però sempre dei momenti importanti in cui sarà utile incontrarsi in presenza, magari per appuntamenti di tipo laboratoriale o di brainstorming. Sarà sufficiente trovare un giusto equilibrio“.