Quando arriva, arriva! No, non è il Natale ma uno degli eventi più amati, dedicato alla scoperta delle offerte più convenienti. Il Black Friday è diventato un appuntamento che non lascia nessuno indifferente, neanche i più ostici dello shopping.
I brand e le aziende come ogni anno si sono date da fare per comunicare le migliori offerte, chi in modo tradizionale e chi in modo più creativo. Ma c’è anche chi si mostra contrario a questa ulteriore occasione consumistica, sia in termini di sostenibilità che di tempo personale speso.
Abbiamo quindi raccolto le 7 campagne più interessanti di questi anni, dedicate al Black Friday.
Amazon – Thoughtful Theo (2021)
Il premuroso protagonista dello spot è un cliente Amazon che decide anticipare i regali natalizi approfittando del Black Friday. Il suo entusiasmo è talmente grande che lo spinge ad acquistare un regalo per tutti. Anche per il suo dentista.
R.E.I – Opt Outside (2021)
Quest’anno, come per i precedenti, la società americana di servizi e prodotti outdoor chiuderà i suoi 143 store.
Con la sua l’iniziativa #OptOutside, REI intende promuovere un’occasione per i suoi dipendenti di passare una giornata all’aria aperta invece di restare chiusi in uno store, specialmente durante il Black Friday.
La giornata di chiusura dei suoi negozi sarà però pagata ai suoi 15mila dipendenti; il messaggio oltre che per i lavoratori di REI si estende all’intera comunità: celebrare il tempo all’apertoe mettere da parte la frenesiaconsumistica e lo stress della corsa all’occasione.
Unieuro – Manamanà (2021)
Messaggio semplice, tono divertente e leggerezza: questo è il concept di Unieuro. Sulle note della simpatica canzone di Piero Umiliani che rimane in mente e fa ripetere Manamanà in continuazione, si alterneranno a sorpresa 3 testimonial: i comici Teo Teocoli e Giovanni Vernia sono già stati svelati.
Public Fiber, brand londinese di moda sostenibile si batte contro la natura dispendiosa del Black Friday.
Con la sua campagna “Buy More Rubbish” dello scorso anno, ha voluto esortare i consumatori alla consapevolezzae alla rieducazione sull’inquinamento, spingendoli ad comprare letteralmente spazzatura.
Ciò che è stato messo in vendita è stato: incarti per alimenti, buste, bottiglie e posate di plastica, bottiglie di vetro, lattine di alluminio e perfino pneumatici. L’iniziativa Anti-BlackFriday è stata dedicata alla pulizia degli oceani dalla plastica e il ricavato delle vendite devoluto all’organizzazione The Ocean Cleanup.
Walmart – Unwrap The Deals (2020)
Walmart si è affidato a TikTok per la sua campagna Unwrap The Deals. Una simpatica forma di promozione in cui i tiktoker, grazie ad un filtro AR, hanno potuto scartare le offerte virtuali del Black Friday.
Usando l’hashtag #Unwrapthedeals i tiktoker hanno pubblicato le proprie challenge svelando la sorpresa-sconto su un determinato prodotto e accedendo all’offerta tramite l’hashtag collegato alla pagina-prodotto del sito Walmart. Con 5,5 miliardi di visualizzazioni, la campagna si è rivelata un vero successo.
IKEA – Buy Back Friday (2020)
Oggi i consumatori sono sempre più attenti alla problematica ambientale e hanno dimostrato di preferire quei brand che si impegnano a sostenere la causa. Così IKEA invece di proporre semplici sconti per il Black Friday, ha preferito promuovere il suo #BuybackFriday.
L’azienda svedese ha dato ai clienti di 27 Paesi la possibilità di portare indietro i mobili usati, restituendo un buono del 50% del loro valore. Ma non solo: gli oggetti non idonei per una nuova vendita sono stati riciclati o donati alle comunità bisognose.
Macy’s (2011)
Torniamo molto indietro nel tempo per menzionare questa pubblicità davvero simpatica.
Macy’s, il gruppo statunitense di department store tra i più grandi al mondo assolda Justin Biber come suo testimonial e probabile cliente. Nello spot, tutte le persone che incontrano la star, urlano di felicità.
Sarà per l’emozione o perché associano la presenza del cantante con l’inizio del Black Friday?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/campagne-black-friday.jpg538958Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2021-11-17 09:30:112021-11-24 16:41:49Black Friday: 7 campagne da ricordare (e da cui prendere ispirazione)
Sono due mondi che sembrano, apparentemente, lontanissimi fra loro: comunicazione e diritto. Invece la Digital Law è materia sempre più attuale: sono moltissimi i punti di contatto tra i progressi tecnologici e le questioni da regolamentare nel mondo fisico e digitale.
I temi che legano le due realtà sono tanti e, spesso, non di facile soluzione a livello intuitivo. Pensiamo infatti alle regole, spesso non troppo chiare (e rispettate) per i contenuti sponsorizzati e gli influencer (che adesso puntano a un proprio sindacato), ma anche al tanto discusso diritto all’oblio o alla tutela dei minori, che con internet ha assunto sfumature del tutto nuove e sta presentando problematiche non ancora del tutto acclarate.
Quello che appare chiaro è come la legislazione non posso “giocare d’anticipo” sugli sviluppi della tecnologia, ma debba anzi rincorrere continuamente l’innovazione per cercare di minimizzare i rischi a cui tutti siamo esposti.
Per chiarire alcuni di questi aspetti, abbiamo fatto qualche domanda a Chiara Dal Ben, Marketing & Innovation Director di Flu e Vittorio Maria Corelli, esperto di diritto civile, bancario e commerciale in ambito giudiziale e stragiudiziale.
Chiara e Vittorio sono anche gli autori di “Digital Law – Istruzioni per un uso consapevole degli strumenti del mondo digitale“, che fa parte della collana Digital Generation di Maggioli Editore.
La rivoluzione digitale ha sconvolto in pochi anni il nostro approccio a diversi aspetti della tecnologia. Lo sviluppo normativo è stato altrettanto rapido?
Partendo dal presupposto che la tecnologia è collegata ad un concetto di azione e di evoluzione riteniamo sia impossibile che il diritto riesca a “tenere il ritmo” dell’evoluzione tecnologica e quindi ad essere costantemente aggiornato.
Quello che, a nostro avviso, dovrebbe fare la normativa non è stare al passo bensì fare un’opera preventiva cercando di anticipare i cambiamenti e quindi arginare le possibili anomalie del sistema.
Proprio questo tema rappresenta una grande sfida per i legislatori in tutto il mondo.
Un altro punto da segnalare riguarda il fatto che l’evoluzione normativa ci sta portando verso l’era dell’informazione totale all’interno della quale l’utente deve essere informato su tutto.
Questa tendenza, certamente meritoria, rischia però di ottenere il risultato contrario; la troppa informazione si traduce, nella pratica, nella creazione di un numero eccessivamente elevato di documenti che di fatto creano il risultato inverso ossia quello della disinformazione dell’utente.
Si pensi alla normativa privacy e ai termini e condizioni che quotidianamente l’utente è obbligato ad accettare, tutti documenti che dovrebbero informare il fruitore di internet ma che nella fattività quotidiana si riducono a mere spunte disinformate.
Internet può essere considerato un diritto da garantire universalmente?
Assolutamente sì: non può essere un diritto da garantire ma un diritto che DEVE essere garantito!
La pandemia ha dato un impulso ancora maggiore alla digitalizzazione e questo ci deve spingere ad operare con più concretezza verso l’obiettivo che veda Internet come un diritto garantito universalmente.
Fondamentale diventa a questo punto il principio dell’accessibilità e al tempo stesso dell’uso consapevole.
Due presupposti che devono necessariamente essere analizzati e sviluppati insieme perché l’accessibilità alla rete senza un’adeguata conoscenza dello strumento causerebbe profondi terremoti sociali e civili.
Molte persone sono preoccupate che la privacy non sia tutelata da queste nuove tecnologie. Com’è la situazione ad oggi?
Nella società odierna i dati hanno un’importanza fondamentale, ci piace considerarli come il nuovo “oro nero”, e per questo motivo devono essere tutelati e protetti.
Dal GDPR in poi sono stati fatti numerosi passi in avanti ma il percorso è naturalmente in divenire, anche per la natura endemica del settore.
La normativa di riferimento si trova oggi a dover risolvere importanti problematiche connesse principalmente alla concreta informazione dell’utente e dall’altra parte all’effettività e certezza della risposta sanzionatoria.
I tempi sono maturi per la nascita di un Sindacato degli Influencer?
Si assolutamente. Gli influencer oggi sono una categoria di lavoratori riconosciuta e per tale ragione è corretto che esista un sindacato che, in modo virtuoso e costruttivo, si adoperi affinché non vi siano lesioni ai diritti dei lavoratori.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/digital-law-copertina-autori.jpg6641181Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-11-15 11:14:172021-11-17 15:21:08Digital Law: istruzioni per un uso consapevole del mondo digitale
Torna il più importante appuntamento nazionale dedicato ai temi delle Risorse Umane e del People Management: Forum HR, giunto alla 13° edizione, è una tre giorni ricca di incontri, speech e case study riunisce top manager e accademici per discutere e confrontarsi sulle sfide e opportunità del settore.
Il mondo del lavoro è stato messo a dura prova dalla pandemia, che ha costretto i professionisti dell’HR Management a ripensare le procedure, riorganizzare i processi nelle nuove condizioni, costruire nuove soluzioni. Mentre ci allontaniamo dalla crisi, alcune criticità restano ed è più importante che mai per la business community italiana tornare a incontrarsi e fare rete.
Quest’anno l’evento è in edizione phygital: sarà in presenza da Phyd a Milano (ma l’accesso sarà riservato a un numero limitato di ospiti) e sarà trasmesso gratuitamente in diretta streaming.
Tre giorni dedicati al futuro delle competenze, del welfare e dell’innovazione
Per dare a questi temi lo spazio che meritano, il Forum sarà organizzato in una tre giorni di sessioni, ciascuno dedicato a una diversa area di interesse: Training & Recruiting Day (16 novembre), Welfare & Wellbeing Day (17 novembre) e Digital & Innovation Day (18 novembre).
Il programma del Forum HR
Ciascuna delle tre giornate avrà inizio con una sessione plenaria, a cui seguiranno Talk Show, Digital Speech, Tavoli Tematici, con la partecipazione di Direttori di funzione e Opinion Leader d’eccezione del mondo HR, chiamati a confrontarsi sul presente e sul futuro del People Management, su come rilanciare il lavoro e far ripartire il paese.
Saremo presenti anche noi di Ninja con due appuntamenti:
Il 16 Novembre dalle ore 15:35 alle 16:20 sarà la volta del digital talk: “Reskilling, upskilling e formazione continua: quali competenze servono oggi e come ottenerle”, tra gli interventi anche Mirko Pallera, CEO Ninja Academy. Sarà possibile seguire l’evento in digitale.
Un keynote speech “Verso la maturità digitale: il ruolo chiave della formazione aziendale e le competenze fondamentali“, a cura di Federica Bulega, Corporate Training Manager di Ninja Academy, è previsto invece per il 18 Novembre dalle ore 14:00 alle ore 14:20.
Nel keynote speech approfondiremo molti temi strettamente correlati tra loro mindset, competenze, leadership, tecnologia e racconteremo casi pratici e replicabili di formazione aziendale che abbiamo progettato con successo a supporto della trasformazione delle competenze nelle organizzazioni.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/PSD-Template-8-2.jpg10801920Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2021-11-12 18:31:282021-12-29 15:55:39Torna Forum HR, il più grande evento italiano su HR e People Management
Continuano senza sosta i nostri appuntamenti con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.
L’argomento di questa puntata è dedicato al settore degli eSport e del Gaming: a parlarne con noi Luigi Caputo, CEO di Sport Digital House, dell’Osservatorio Italiano Esports ed esperto di funnel marketing.
Non perderti i punti salienti dell’intervista:
Come supportare lo sviluppo del marketing e del business nelle aziende: min 2,30
Analisi dei dati sul Gaming: min 06,50
Perché gli eSports sono un trend in espansione: min 16,00
Gli asset di business del Gaming e degli eSport: min 20,50
Il collegamento tra Metaverso e Gaming: min 25,00
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/1920x1080-antearticoli-a-4.jpg10801920Rossella Pisaturohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRossella Pisaturo2021-11-12 18:02:092021-11-12 18:40:18Raggiungere il tuo target con eSport e Gaming. Ecco come
Questo è stato di certo un anno particolare soprattutto per chi lavora nel mondo del web. Sono tante le novità che i content creator stanno sperimentando e l’ultima notizia, oggi, arriva proprio da YouTube.
Di cosa si tratta? YouTube sta facendo un esperimento che sembra essere passato pressoché in sordina ma che ha riscontrato un discreto successo.
Il servizio sta implementando una modifica che renderà privato il conteggio dei “Non mi piace” in tutti i video.
Quello che sappiamo è che il pulsante dei dislike resterà ancora visibile, ma il numero dei “Non mi piace” potrà essere visualizzato solo da chi ha caricato il video sul proprio canale. Il conteggio quindi non sarà disponibile per il resto degli spettatori.
Una mossa per arginare l’intolleranza dilagante nel web?
È lecito chiedersi se questa mossa è stata pensata per cercare di limitare l’odio dilagante che ormai affolla il mondo del web.
Il marchio di proprietà di Google è consapevole che alcune persone hanno utilizzato il pulsante dei “Non mi piace” per prendere decisioni sulla visualizzazione di un certo contenuto, ma hanno ritenuto che i conteggi segreti avrebbero aiutato meglio tutta la community in generale.
I content creator alle prime armi o che comunque non vantano grandi numeri, sono più spesso presi di mira da vere e proprie crociate d’odio gratuito, ha affermato YouTube. Questo test si è rivelato utile per ridurre tali molestie.
La mossa creerà teoricamente uno spazio “inclusivo e rispettoso” in cui i videomaker hanno maggiori possibilità di successo e si sentiranno al sicuro e più tutelati.
Nascondere al pubblico i “Non mi piace” funzionerà?
Ovviamente non abbiamo alcuna garanzia che questa ultima trovata sarà utile a tutti gli utenti, o che comunque non indurrà i soliti molestatori a trovare alternative per infastidire i creator.
Tuttavia, non possiamo negare che magari questo gesto potrebbe scoraggiare gli abusi di chi utilizza il pulsante “Non mi piace” con leggerezza, per non parlare di tutti coloro che sperano di far offuscare e censurare i video che si scontrano con le proprie opinioni.
Una cosa è certa, il web è nato come un posto libero e nessuno dovrebbe minare il modo di essere e di esprimersi dell’altro, soprattutto con cattiveria gratuita.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/youtube-toglie-i-non-mi-piace.jpg539958Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2021-11-11 12:51:172021-11-12 12:20:45Addio “Non mi piace”: YouTube ne nasconderà il numero in tutti i video
Il CEO di Tesla Elon Musk ha venduto quasi 5 miliardi di dollari in azioni Tesla, secondo i documenti finanziari appena pubblicati. Possiede però ancora più di 166 milioni di azioni.
Il suo trust ha venduto più di 3,5 milioni di azioni per un valore di oltre 3,88 miliardi di dollari in una raffica di scambi effettuati martedì e mercoledì. Queste transazioni non sono state contrassegnate come 10b5, il che significa che non erano vendite programmate.
I documenti hanno mostrato che Musk sta vendendo un blocco separato di azioni Tesla attraverso un piano programmato dal 14 settembre di quest’anno. Queste vendite ammontano a più di 930.000 azioni per un valore di oltre 1,1 miliardi di dollari.
Il sondaggio sulle azioni Tesla e il crollo in borsa
Prima che il piano di vendita fosse reso pubblico, Musk aveva chiesto ai suoi 62,5 milioni di follower su Twitter di votare in un sondaggio informale, dicendo loro che il loro voto avrebbe determinato il futuro delle sue partecipazioni in Tesla.
I documenti rivelano che, in effetti, era già a conoscenza che alcune delle sue azioni erano destinate alla vendita in questa settimana.
Much is made lately of unrealized gains being a means of tax avoidance, so I propose selling 10% of my Tesla stock.
Dopo il sondaggio su Twitter, le azioni di Tesla sono crollate più del 15% tra lunedì e martedì, prima di rimbalzare del 4% mercoledì. Il limite del 10% per cento delle azioni di cui si parla nel sondaggio è ancora molto lontano: Musk dovrebbe dar via ancora circa 17 milioni di azioni per arrivarci.
Le vendite aggiuntive di azioni non erano quindi previste e forniscono a Musk notevoli riserve di denaro, dato che la sua ricchezza è in gran parte legata proprio alle sue partecipazioni in Tesla e SpaceX.
Musk ha infatti più di 20 milioni di ulteriori stock option che scadranno ad agosto del prossimo anno.
Il CEO di Tesla è la persona più ricca del mondo, con un patrimonio di quasi 300 miliardi di dollari.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/azioni-Tesla.jpg538957Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-11-11 07:54:342021-11-11 17:49:51Elon Musk ha venduto circa 5 miliardi di dollari di azioni Tesla
C’è una cosa che tutti vorremmo avere maggiormente a disposizione e che non sembra bastare mai: il tempo.
Quante volte ci siamo lamentati di non averne a sufficienza, che le giornate sembrano volare e che non riusciamo a fare tutto ciò che vorremmo?
Forse il problema non è esattamente il tempo, ma la gestione di esso. Pensiamoci bene: ogni volta che siamo in fila alla posta per pagare le bollette o una multa, non vorremmo essere da tutt’altra parte? Magari a casa, sul divano, a leggere un romanzo, o in centro per un aperitivo con gli amici.
Una soluzione smart che vada incontro a questa esigenza potrebbe semplificarci la vita e farci guadagnare del tempo prezioso per fare quello che ci sta più a cuore.
Enel X Pay: comodità e innovazione a portata di click
Enel X Pay è la soluzione completa per chi cerca un conto online, con IBAN italiano e carta Mastercard, ma anche per chi vuole semplicemente pagare l’ultima bolletta senza complicazioni da app o web.
A cosa serve Enel X Pay: i servizi
Enel X Pay ci consente di fare acquisti e pagamenti quando, dove e come vogliamo. Che sia da App o web, Enel X Pay offre una soluzione semplice e immediata.
Conto online Enel X Pay
Con Enel X Pay hai un conto con cui gestire in tempo reale le tue finanze e semplificare le tue spese quotidiane.
Paghi con la comodità di un tap pagoPA, bollettini, MAV e RAV, bollo auto e multe, effettui bonifici illimitati e gratuiti verso tutti, ricevi e scambi denaro con altri utenti Enel X Pay in modo immediato e gratuito. Dobbiamo dividere un conto al ristorante oppure organizzare una colletta per un regalo di compleanno? Con Enel X Pay è facilissimo!
Pagamenti da App e Web
Se però non volessimo aprire il conto online, possiamo scaricare l’app Enel X Pay, registrarci ed effettuare il pagamento di pagoPA, bollettini, bollo auto, MAV e RAV con la carta che si preferisce. Le ricevute sempre a portata di mano in app.
In alternativa, Enel X Pay offre anche la possibilità di effettuare tutti i pagamenti dal proprio sito pay.enelx.com.
Enel X Pay e pagoPA: pagare tasse e bollette in modo innovativo per risparmiare tempo
Con Enel X Pay effettui i pagamenti pagoPA, la piattaforma nazionale digitale che permette di saldare tributi, imposte o rette verso la Pubblica Amministrazione e altre realtà aderenti.
Cosa possiamo pagare con pagoPA? Tributi, tasse, utenze, bolli, ticket sanitari e quote associative, per citarne qualcuna. Con Enel X Pay e pagoPA possiamo saldare tutto in pochi click.
Che sia da App o sito Web, Enel X Pay è la soluzione per la gestione delle proprie spese quotidiane. Inoltre, gli avvisi pagoPA di Enel Energia non prevedono commissioni!
Più tempo libero meno stress
In un mondo sempre più connesso poter svolgere attività essenziali online porta di certo a una maggiore comodità e risparmio in termini di tempo, energia e denaro. E voi, siete pronti a riprendere un po’ del vostro tempo libero?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/Conto-corrente.jpg10801920Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2021-11-09 12:22:032021-11-17 17:01:45Come riprenderti un po’ del tuo tempo libero? Ci pensa Enel X Pay
I giovani non ci stanno più e vogliono lasciare il lavoro.
Non ci stanno a trascorrere i weekend a recuperare i task che non sono riusciti a svolgere nella settimana lavorativa. Dicono “no” agli straordinari e alla produttività a ogni costo, anche rimettendoci la salute mentale.
In un articolo del New York Times che è diventato virale la scorsa settimana, la ricercatrice Emma Goldberg ha esplorato come i millennial abbiano “paura” dei lavoratori della Generazione Z, che stanno spingendo per una nuova, audace richiesta di condizioni migliori sul posto di lavoro per raggiungere un giusto equilibrio tra ufficio e vita privata.
Può sembrare un cliché, ma da sempre le generazioni più giovani si sentono meno vincolate all’impiego e alle responsabilità e sono, mediamente, più facilmente disposte a lasciare il proprio lavoro per lanciarsi in nuove avventure professionali, ma la generazione Z, soprattutto dopo la pandemia, sta portando questo concetto all’estremo.
Ad agosto, uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che due terzi degli americani intervistati erano desiderosi di cambiare lavoro. tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.
Quali sarebbero queste “assurde richieste” dei ventenni che si approcciano al mondo del lavoro? Meno mansioni, una valutazione del lavoro svolto basata sui risultati e non sulle ore trascorse in ufficio, maggiore flessibilità di orario.
È un netto contrasto con le giornate strutturate e sovraccariche di lavoro a cui sono abituati i millennials, ossessionati dal lavoro.
Shana Blackwell, lavorava come magazziniere notturno in Walmart . Quando si è licenziata, ha usato il sistema di interfono del negozio per dirlo a tutti nell’edificio.
Blackwell, allora 19enne, aveva raggiunto un punto di rottura a causa del suo lavoro estenuante e fisicamente impegnativo. Aveva presentato delle lamentele a Walmart ma senza alcun risultato.
All’inizio era pronta a licenziarsi “secondo le regole” ma nessuno era disponibile ad ascoltarla. Così, il suo lungo annuncio si è concluso con “”Fan**** ai manager, fan**** a questa azienda, fan**** a questa posizione … Mi licenzio, ca***!“.
Il movimento globale fa parte di quello che Erika Rodriguez ha chiamato “slow-up” in un recente pezzo di opinione per il Guardian, riferendosi a un cambiamento permanente nel rallentare la produttività con lo scopo di separare nettamente il lavoro dalla vita privata.
Questa intenzione potrebbe tradursi nella volontà di prendersi pause non previste dagli orari di lavoro o rispondere alle email solo in determinati giorni della settimana, e la cosa spaventa molto i loro capi millennial, perché sembrano essere tutti d’accordo e compatti sulla questione.
Il fenomeno è probabilmente strettamente legato agli eventi degli ultimi due anni: secondo lo psicologo organizzativo Anthony Klotz, che ha coniato il termine “La Grande Dimissione”, vivere in un momento storico tanto condizionato da una pandemia globale ha spinto le persone a porsi delle domande esistenziali, oltre ad aver permesso alle persone, volenti o nolenti, di allontanarsi dai luoghi di lavoro e sperimentare altri modelli di vita.
Licenziarsi è un trend
Il CEO di LinkedIn Ryan Roslansky ha dichiarato in una recente intervista al Time che non dovremmo tanto parlare di “Grande Dimissione” quanto di “Grande Rimpasto”, per ciò che riguarda i lavoratori più giovani.
Il suo team ha monitorato la percentuale di membri di LinkedIn che hanno cambiato lavoro in base al profilo e ha scoperto che le transizioni di lavoro sono aumentate del 54% rispetto all’anno precedente. Le transizioni di lavoro della Gen Z sono invece aumentate dell’80% .
Ha avvertito le aziende a valutare attentamente la nuova situazione: “I vostri dipendenti a livello globale stanno ripensando non solo al modo in cui lavorano, ma anche al perché lavorano e cosa vogliono fare delle loro carriere e delle loro vite“, ha detto per poi concludere “Questo rimescolamento di talenti molto probabilmente continuerà per un altro anno o due, ma credo che alla fine si stabilizzerà“.
La Gen Z è felice di lasciare il lavoro e lo dice su TikTok
Certamente il “job-hopping” ha degli aspetti positivi, perché motiva i giovani a cercare nuove opportunità e permette di capire cosa davvero si vuole ottenere: lasciare il lavoro e puntare a una vita lavorativa più flessibile permette infatti di estendere i propri orizzonti e avere uno sguardo più ampio sul futuro.
Di solito, le uniche persone informate su un licenziamento sono chi lo lascia, il capo e un rappresentante delle risorse umane.
Ma con un numero record di lavoratori che si sono decisi a lasciare il lavoro durante la pandemia, le persone hanno reso pubbliche sempre più spesso le loro storie in modo che tutti potessero vederlo e condividerlo.
La Gen Z non è per niente timida nel diffondere la notizia del licenziamento, anzi, incoraggia l’addio a ruoli tossici nello stesso modo in cui siamo stati abituati noi millennial a celebrava un nuovo lavoro come un grande traguardo.
Sono compatti e fanno squadra contro un mondo del lavoro opprimente: su TikTok i giovani postano video allegri e festosi dopo aver lasciato il lavoro. E la cosa velocemente è diventata un trend.
Che rischia di rimodellare completamente il mondo del lavoro.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/lasciare-il-lavoro-tiktok.jpg540960Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-11-09 10:00:222021-12-29 15:42:27Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social
Per parlare di Squid Game quasi non servirebbe fare un’introduzione e spiegare di cosa parleremo in questo articolo.
Ma noi la facciamo ugualmente perché vogliamo che sia chiaro a tutti la portata di questo fenomeno di massa, diviso tra serie Tv e viralità social.
Stiamo parlando dell’ultima serie di successo di Netflix. Anzi, per essere più precisi riportiamo le parole di Ted Sarandos, co-CEO di Netflix: “C’è un’ottima possibilità che sia il nostro più grande spettacolo di sempre“. Questa dichiarazione ci fa capire subito la portata mondiale di Squid Game.
Dietro ad ogni vittoria o sconfitta ci sono tante dinamiche e sarebbe banale ricondurre il tutto ad un’unica motivazione.
Si rischierebbe di banalizzare il tutto. Proveremo a sottolineare alcuni aspetti interessanti, che diversificano Squid Game da altre serie di successo e capirne il motivo.
Il primo aspetto è sicuramente la lingua: questa è una serie Sud Coreana ma ad oggi è al numero 1 anche negli Stati Uniti e Inghilterra.
In Italia, per esempio, non c’è il doppiaggio ma solo i sottotitoli. Una barriera che non ha di certo scoraggiato il pubblico italiano che ha comunque premiato questa serie.
Non è di certo la prima serie tv in lingua originale non americana/inglese, ma di sicuro quella più di successo.
Citiamo alcuni esempio come “Lupin“, in francese, “Money Heist“, originariamente in spagnolo (entrambe ottimi successi) e Unorthodox girata in Yiddish.
Altra particolarità, oltre alla lingua originale, c’è sicuramente la trama sulla quale è basata la storia: una serie di giochi infantili che terminano tutto con l’eliminazione fisica dei concorrenti che non raggiungono il traguardo.
Una tematica trasversale anche per età: il pubblico più “adulto” rivive i giochi dell’infanzia con una componente splatter importante, mentre i più giovani lo vivono come un proseguimento dei videogames.
Gaming e serie TV
“Ci sono giovani adolescenti che lo guardano nei videogiochi come Roblox e Minecraft, e ci sono millennial che lo guardano a casa e Gen Xers che ne sentono parlare, e vogliono guardarlo“ affermaJulia Alexander, Senior Strategy Analyst per Parrot Analytics. “Se dicono, ipoteticamente, che 80 milioni di famiglie lo hanno guardato nei primi 28 giorni, è abbastanza preciso come dato“.
Siamo davanti ad una serie tv che è riuscita ad intercettare un pubblico variegato puntando su diversi aspetti e caratteristiche che stanno bene insieme. Gaming, giochi di ruolo, violenza, brutalità e pathos.
Per capire la portata di questo fenomeno basta leggere i dati che ci arrivano dai social network. L’interrelazione tra serie tv e social in questo caso è la riprova di come il Buzz Marketing sia un’arma difficile da controllare, ma potentissima.
Un po’ di numeri: su TikTok, per esempio, #SquidGame è stato visto più di 22,8 miliardi di volte.
Un dato, questo, che sottolinea ancora una volta l’età del pubblico intercettato da questa serie: un pubblico giovanissimo (a volte anche al di sotto dei dieci anni, come testimoniano alcune maestre elementari) guarda Squid Game e poi ci gioca sui social preferiti come Tik Tok.
Questi ragazzi lo fanno utilizzando e commentando Meme, lanciando challenge, vedendo video e reel.
Un esempio è la ragazza che canta “mugunghwa kochi pieotsumnid”, che si traduce approssimativamente in “Luce rossa, luce verde 1, 2, 3!”, utilizzato per oltre 420.000 video sulla piattaforma, molti dei quali mostrano come le persone vincerebbero o perderebbero al gioco.
Un percorso, serie tv – social, che viene fatto anche dal pubblico adulto su Twitter dove l’hashtag #squidgame è stato in tendenza per diverse settimane con meme, mini video e altri contenuti.
Tra meme e real time marketing
Su Facebook la viralità di Squid Game la si potrebbe misurare in Meme, utilizzati e creati da migliaia di utenti e pagine.
Un vero e proprio buzz che ripercorre, con dimensioni mondiali, quelli che è accaduto in Italia con la serie Amazon “LOL” dove la vera pubblicità al programma comico non è arrivata dai canali ufficiali Amazon ma attraverso il famoso “So Lillo” pronunciato da Lillo di Lillo e Greg.
Oltre al fattore Meme bisogna sottolineare, in questo caso, anche tutto il percorso utilizzato da diversi brand nello sfruttare il Real Time Marketing.
In sintesi è avvenuto proprio questo. Squid Game ha successo, si parla sui social della serie tv coreana (e su questo Twitter rimane essere un termometro assolutamente efficace), i brand sfruttano la popolarità di Squid Game per fare interazione, Squid Game a sua volta sfrutta la visibilità data dai brand e dalle loro interazioni.
È un circolo vizioso e virtuoso, difficile da iniziare, che una volta partito assicura visibilità, viralità e interazioni.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/squid-game.jpg6361135Riccardo Angelo Colabattistahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRiccardo Angelo Colabattista2021-11-08 14:15:522021-11-08 15:08:31I numeri social del successo di Squid Game (e perché è diventata virale)
Immagina di dover organizzare un matrimonio con 500 invitati.
Hai preparato una valanga di inviti alla cerimonia e al ricevimento, ciascuno con la sua busta linda e le sue minuziose decorazioni.
Sei già nell’ufficio postale pronto a spedire, con il bigliettino in mano e, davanti a te, l’impiegata ti attende sorridente.
In quel preciso istante ti accorgi di non avere a portata di mano gli indirizzi degli invitati.
A quel punto, vai nel panico.
Ovviamente, si tratta solo di una situazione a titolo di esempio, ma è uno scenario molto simile a quello che si prospetta per il futuro della pubblicità digitale.
I messaggi promozionali sono pronti sui nastri di partenza, ma le aziende si accorgono di non aver modo per farli arrivare al target corretto.
“I nostri prospect riceveranno la nostra sponsorizzazione?”, “Quanti di loro hanno visualizzato il messaggio?”, “Riceveremo una risposta?”.
Questo è il dilemma che dovranno affrontare molti editori e inserzionisti nei prossimi mesi.
La chiamano Addressability Era e a tanti incute più timore del Capitano Willard di Apocalypse Now o di una scena di Squid Game.
I marketer si affannano a reinventare il modo in cui identificare e raggiungere uno specifico target pubblicitario attraverso il web.
I giganti del digitale, Google e Apple tra i principali player, puntano ad adottare un approccio più attento alla privacy e ai dati dei consumatori, spingendo chi si occupa di pubblicità online a far fronte alla dismissione dei cookie di terze parti.
Facciamo chiarezza.
Il meccanismo con cui inserzionisti ed editori comprano e vendono spazi pubblicitari è automatizzato e si basa su aste sviluppate attraverso i dati elaborati da una piattaforma che incrocia domanda e offerta.
È il Programmatic Advertising Exchange.
L’offerta è quella di spazi pubblicitari messi a disposizione dalle piattaforme degli editori (SSP – Supply Side Platform). La domanda è relativa alle inserzioni pubblicitarie che aziende e marketer devono allocare (DSP – Demand Side Platform).
Il Programmatic Advertising – e in particolare il retargeting – dipende fortemente dai cookie di terze parti.
Ad oggi, su Safari e su Firefox l’impostazione di default del livello di privacy prevede già il blocco dei cookie di terza parte.
Google Chrome si accinge a disabilitarli dal 2023 con l’applicazione della Privacy Sandbox, aggiornamento che segnerà un cambiamento radicale nel modo di fare advertising online.
Ma non è ancora arrivato il momento di suonare la Cavalcata delle Valchirie di Wagner e far salire in volo gli elicotteri: il cambiamento fa meno paura perché viene percepito come un’opportunità per offrire al consumatore 4.0 soluzioni di ingaggio multiple e multichannel.
Che cos’è l’Addressability e perché è così importante
L’Addressability è la capacità di identificare e raggiungere persone specifiche attraverso una campagna pubblicitaria.
Una audience “addressed” è quella che puoi chiaramente tracciare e identificare attraverso dati univoci, come l’indirizzo email.
L’addressability è importante perché consente a un’azienda di capire come e dove coinvolgere il proprio pubblico di destinazione: con dati chiari su come specifiche persone interagiscono con le proprie campagne, l’azienda è in grado di creare segmenti di pubblico targettizzato, messaggi altamente personalizzati e lanciare campagne mirate che generano alto coinvolgimento e revenue.
La capacità di identificare le caratteristiche di un singolo consumatore è un’arma estremamente potente presente nell’arsenale della pubblicità digitale.
Stabilire una comprensione di come gli inserzionisti utilizzano i vari dispositivi mobili e interagiscono online attraverso una miriade di canali e piattaforme, significa che i brand possono raggiungere il pubblico con la messaggistica giusta, al momento giusto.
Esattamente ciò che serve per far funzionare una campagna di digital marketing.
Il percorso verso l’addressability può presentarsi complesso, ma è un cambiamento che i professionisti del marketing devono abbracciare per non restare indietro in vista dell’imminente scomparsa dei cookie di terze parti.
Dal mercato arrivano chiari segnali che gli inserzionisti stanno già facendo progressi.
Una ricerca svolta nel Regno Unito nel terzo trimestre del 2021 da Criteo, azienda global specializzata nell’Open Internet applicato al digital marketing, ha evidenziato che il 45% dei marketer con capacità di spesa nel digital marketing si sentiva confuso, stressato e arrabbiato quando ha scoperto la notizia.
È comprensibile: si tratta di un grande cambio nel settore del digital advertising.
Tuttavia, si prevede che quasi la metà degli inserzionisti e delle agenzie marketing (47%) spenderà di più per una maggiore identificazione del pubblico e in addressability nel 2021 rispetto al 2020. Esattamente la metà (50%) prevede di mantenere invariati i livelli di spesa. Solo il 3% ha dichiarato che spenderà meno.
La strada è tracciata.
Se i brand devono ottimizzare il ROI e gli editori massimizzare il rendimento, allora l’addressability deve essere generata e gestita in maniera solida per garantire l’integrità dei dati su cui sono pianificate le campagne.
Le complessità dell’Addressability
Prima di Internet, le aziende semplicemente creavano mailing list e raggiungevano le persone tramite messaggi di Direct Email Marketing. Sapevano dove stava andando il messaggio e a chi veniva recapitato.
Oggi che pubblicità e advertising si sono spostati online, l’addressability è diventata più complessa: le aziende ricercano soluzioni di tracciamento diverse, spesso integrate tra più canali – i cookie di terze parti sono l’esempio più eclatante – per tracciare i clienti su siti web, blog, forum e altre piattaforme.
Sebbene questo abbia permesso loro di scalare meglio le loro inserzioni, è stata generata una mole impressionante di dati poco strutturati e un pubblico in gran parte anonimo, difficile da poter approcciare su altri canali.
Con la scomparsa dei cookie di terze parti, le aziende sono costrette a ripensare l’addressability e a nuovi modi di identificare il proprio pubblico.
Ma c’è una buona notizia: ora marketer e aziende possono riprendere il controllo dei propri dati e comprendere meglio i propri clienti. Hanno solo bisogno delle giuste soluzioni per affrontare questo grande cambiamento.
L’idea di raggiungere il consumatore sbagliato con un messaggio che non fa per lui è l’incubo di qualsiasi marketer coscienzioso.
Quando un editore e un marketer uniscono le forze, sono in grado di dar vita ad un efficace sistema di addressability e abbinare inequivocabilmente un consumatore specifico a una proposta commerciale altamente convincente.
In poche parole, se un consumatore utilizza il proprio indirizzo email per accedere al sito Web di un retailer e lo utilizza anche per accedere ai contenuti premium di un editore, quell’indirizzo e-mail verifica l’identità univoca dell’utente, confermando che è la stessa persona a navigare su entrambe le piattaforme.
Ma i dati proprietari abbinati possono essere un concetto che trascende gli accordi del singolo inserzionista-editore.
Oggi c’è una crescente disponibilità ad accedere a fasce di dati altamente scalabili tramite collaborazioni tra publisher. Si tratta di piattaforme che agiscono sui propri dati e danno agli inserzionisti l’accesso a vasti pool di dati proprietari.
Questo approccio unificato non solo arricchisce le fonti di dati, ma consente anche all’industria editoriale (e pubblicitaria) di bypassare l’oligopolio eretto dai giganti del Tech nei propri walled garden virtuali.
In pratica, è come presentarsi a un party prima di Google, Facebook e Amazon.
Le soluzioni di Addressability già disponibili
Come detto, Google ha dato alle aziende un preavviso di due anni prima di rimuovere i cookie di terze parti dal suo browser Chrome, mentre Safari e Firefox avevano già disabilitato i cookie di terze parti sui propri browser.
Ora, molte piattaforme sono al lavoro per sviluppare soluzioni di addressability. Quando i cookie di terze parti non esisteranno più, marketer e inserzionisti non rimarranno persi nel vasto oceano dell’online advertising senza una scialuppa di salvataggio.
Grazie allaCommerce Media Platform, Criteo offre una tecnologia che combina dati e intelligence per guidare i consumatori lungo il percorso di acquisto e supportare i marketer a ottenere migliori risultati di business.
Un’offerta imponente che colloca Criteo in una posizione privilegiata all’interno del panorama “addressable”, dove un First-Party Media Network ospita più di 25.000 brand, retailer e editori da tutto il mondo.
Uno strumento efficace per attivare il più grande insieme globale di dati commerce.
Il futuro dell’adv è Wide Open
La pubblicità contestuale è tornata in auge come principale metodo per raggiungere risultati di business significativi senza i compianti third-party cookie. Annunci rilevanti, focalizzati su un contenuto “cucinato” appositamente per la persona specifica che lo consumerà.
La personalizzazione degli annunci si basa sui segnali contestuali di una pagina Web e sarà sempre più la normalità tra gli inserzionisti, i quali potranno utilizzare anche i segnali del commerce dei loro dati first-party.
La pubblicità contestuale offre soluzioni per raggiungere specifiche audience con un occhio di riguardo alla privacy dei dati e la possibilità di affiancarla a nuove tecnologie come machine learning e intelligenza artificiale, rendono lo strumento ancora più potente.
Sovrapposizione di audience inferiore all’1% e fino al 90% di traffico che reindirizza ai siti web affiliati con campagne contestuali. Il tutto mantenendo i KPI in linea con le altre campagne mid-funnelche l’azienda ha in attivo.
Per quanto riguarda la pubblicità fondata su risultati tracciabili, l’addressability è la via Wide Open nel futuro dell’adv.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/11/Addressability-Era-2.jpg10801920Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2021-11-08 11:50:572021-11-08 11:51:04Perché l’Addressability è il futuro dell’Advertising Online
Vuoi fare Carriera nel Digital Business?
+100.000 professionisti e 500 grandi aziende hanno incrementato i loro Affari grazie a Ninja.
Non aspettare, entra subito e gratis nella Ninja Tribe per avere Daily Brief, Free Masterclass e l’accesso alla community di professionisti.