Sotto tag Studente di Personas

campagne di halloween

I brand fanno paura! Ecco 10 spaventose campagne di Halloween

Halloween è alle porte: la festa più amata d’America porta con sé la creatività dei brand che partecipano a questo periodo con campagne divertenti e ironiche. Quali sono state le campagne pubblicitarie più originali di questi ultimi Halloween?

Burger King Spagna (2021) per Halloween

Si dice che durante la notte molte persone si sveglino inspiegabilmente intorno alle 3.  Secondo gli studiosi del paranormale, sarebbe quella l’ora in cui si manifesterebbero fantasmi e spiriti. Per Burger King Spagna, durante questo Halloween si potrebbero verificare fenomeni più tangibili.

Alle 3 del mattino, sull’app del fast food,  apparirà infatti un meal gratuito. Basta dunque lasciare che gli spiriti ci sveglino, o mettere semplicemente la sveglia, per approfittare di questa gustosa apparizione.

Heinz Ketchup (2021)

Heinz ispira i costumi per Halloween. Per essere spaventosi basta cospargersi di un ottimo sangue. E cosa c’è di più buono e realistico del ketchup? La bottiglia si trasforma in sangue di pomodoro, a seconda delle esigenze.

Google per Halloween 2021

Quali saranno i costumi più indossati in questo Halloween? Ce lo dice Google, grazie alla sua classifica Frightgeist. In base all’analisi di Google Trends sapremo quali sono stati i travestimenti più ricercati dagli utenti statunitensi. Google inoltre ci consiglierà quale costume è più adatto in base allo stile e alla “spaventosità” desiderata.

halloween google frightgeist ninja marketing

google halloween 2021 ninja marketing

Nike per Halloween 2021

Nike lancia la sua nuova Dunk Low per Halloween 2021. Un modello di sneaker limited edition spaventosamente accattivante che al buio si illumina mostrando dettagli simpaticamente inquietanti.

nike dunk low halloween sneaker ninja marketing

Burger King Svezia (2020)

Se pronunci tre volte il suo nome, apparirà. Così Burger King Svezia, ispirandosi alla spaventosa leggenda di Maria la Sanguinaria (o BeetleJuice per i nostalgici degli anni ’90) intende terrorizzare i suoi clienti per Halloween. Un software di riconoscimento vocale farà spegnere le luci e mostrerà un’immagine inquietante riflessa nello specchio. Chi apparirà pronunciando ripetutamente “Cancelled Clown”? Provate a chiedete a McDonald’s!

LEGGI ANCHE: KitKat, Netflix e Oreo: i migliori annunci stampa di settembre

IKEA Italia (2020)

Con una simpatica campagna, IKEA Italia augura buon Halloween con alcuni dei suoi prodotti, spaventosamente utili.

halloween ikea italia ninja marketing

Jeep (2019)

Quante espressioni mostruose sa fare Jeep?

jeep halloween ninja marketing

Google Nest Hello Doorbell (2019)

Google Nest Doorbell, in occasione di Halloween, apre le audizioni per registrare diversi spaventosi suoni per il campanello di casa. In sala prove ci sono Dracula, un mostro, un fantasma ed una strega. Hanno dato il terrificante meglio di sé… quale tra questi vorreste per i vostri citofoni?

Budweiser (2019)

Con la campagna “Non permettere che Halloween ti perseguiti per sempre” Bud mostra le foto segnaletiche di persone realmente arrestate per ubriachezza molesta. Ma con un tocco in più: le immagini dei trasgressori sono state modificate con imbarazzanti costumi di Halloween. Il brand di birra esorta così i ragazzi a bere responsabilmente e a rimanere sempre idratati (di acqua) tra un bicchiere e l’altro.

budweiser halloween ninja marketing

 

IKEA Ireland (2018)

Gli accessori IKEA interrompono la monotonia, sono colorati e divertenti. Ed altrettanto lo sono i loro fantasmi che ravvivano la casa e che trovano sempre il loro giusto spazio. Campagna divertente e intelligente quella di IKEA, come sempre.

Meta nuovo nome di Facebook

Facebook ha deciso il suo nuovo nome: si chiamerà Meta

Facebook ha annunciato di aver cambiato il suo nome in Meta, come parte di una transizione strategica per enfatizzare lo sviluppo del suo mondo virtuale mentre il principale business della compagnia, quello del social network, è in crisi.

Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha fatto l’annuncio durante Connect, l’evento annuale dell’azienda sull’hardware in cui solitamente si presentano e si discutono  prodotti come i dispositivi video Portal e il visore Oculus.

Il rebranding, legato esplicitamente al mondo virtuale e hardware noto come il “metaverso”, fa parte di un ampio sforzo per spostare l’attenzione dalle rivelazioni che stanno trapelando grazie a talpe interne all’azienda. Il social network Facebook, infatti, non cambierà il suo nome.

META mark zuckerberg facebook

D’ora in poi, saremo prima di tutto il metaverso e non solo Facebook“, ha dichiarato Zuckerberg nel suo keynote. “Facebook è uno dei prodotti più usati al mondo. Ma sempre di più, non comprende tutto ciò che facciamo. In questo momento, il nostro marchio è così strettamente legato a un prodotto che non può rappresentare tutto ciò che facciamo“.

Che vuol dire Meta, il nuovo nome di Facebook

Il termine, che deriva dalla fantascienza ma è diventato popolare tra alcuni venture capitalist della Silicon Valley, si riferisce a servizi tecnologici dentro a mondi virtuali interconnessi.

Facebook ha iniziato la sua avventura come un social network in un dormitorio del college 17 anni fa, ma è diventato un conglomerato che comprende Instagram, WhatsApp e Messenger. L’enorme successo e la grande popolarità della piattaforma, insieme alle vicende recenti legate alle fughe di notizie, hanno spinto diversi esponenti nel settore tecnologico, così come tanti dipendenti, a supporre che l’azienda fosse da tempo in attesa dell’occasione giusta per cambiare nome.

Facebook non è la prima azienda della Silicon Valley a puntare su questa mossa. Google, infatti aveva cambiato il nome della sua società madre in Alphabet nel 2015, nel tentativo di unificare un colosso aziendale che comprendeva non solo la ricerca e la pubblicità, ma anche auto senza conducente e molte altre divisioni.

Così come Snapchat, che ha cambiato il suo nome in Snap Inc. nel tentativo di “ribattezzarsi” come una nuova società.

copertina resilienza digitale

Trasformazione Digitale: perché dobbiamo Reskillare 1 miliardo di persone

Trasformazione digitale è il nuovo mantra. DAD, smart working, app di delivery, formazione online, cinema in streaming: la nostra vita, durante i lockdown, è stata riflessa in uno schermo.

Chi non era attrezzato è stato tagliato fuori dalla vita di comunità e, in molti casi, ha dovuto interrompere il proprio lavoro, con danni incalcolabili. 

Durante la pandemia si è parlato di una digitalizzazione 25 volte più veloce rispetto ai ritmi precedenti. Tra aprile e maggio 2020 la crescita degli eCommerce è stata in 8 settimane maggiore di quella avvenuta nei 10 anni precedenti.

Con la pandemia si è toccato il massimo livello di disoccupazione (7,2%) e l’80% dei lavoratori oggi affrontano insicurezze sul proprio posto di lavoro (licenziamenti, taglio delle ore, cassa integrazione). Il livello di rischio sul lavoro è inversamente proporzionale al livello di studio e di competenze avanzate in settori ad alta tecnologia.

Insomma, più si resta indietro con le digital skill, più si rischia di non essere più “necessari” al mercato del lavoro. 

Chi rischia di più sono i lavoratori con minore livello di istruzione e per questo la pandemia rischia di aumentare le disuguaglianze già esistenti. Maggiore sicurezza la hanno i lavoratori che non sono direttamente in contatto con altre persone o che non garantiscono servizi essenziali. 

Chi ha ruoli e competenze che permettono di lavorare da remoto è avvantaggiato, dal momento che le competenze digitali avanzate sono quelle oggi scarse e sempre più ricercate. È per questo che l’accelerata che abbiamo avuto si dovrebbe trasformare in una velocità ad andatura costante. 

1 miliardo di persone devono essere Reskillate entro il 2030

7 aziende su 10 dichiarano di avere difficoltà nell’assumere talenti che abbiano sviluppato adeguate competenze digitali. Ma quali sono? 

Quando parliamo di competenze digitali avanzate ci riferiamo alle capacità tecniche che permettono oggi ad una azienda di essere presente sui mercati attraverso strumenti e piattaforme digitali. 

Come la capacità di lavorare e collaborare da remoto, l’utilizzo di eCommerce, marketplace e piattaforme di delivery. E ancora, l’indicizzazione sui motori di ricerca, il social advertising, gli strumenti di marketing automation e di analisi dei dati, la capacità di strutturare esperienze di consumo su piattaforme digitali basate sull’usabilità ma anche sul rispetto della privacy e della sicurezza.

Servono insomma una marea di esperti di privacy e diritto online, di web analytics, di segmentazione dei pubblici, media strategist, esperti di paid media, di creazione di contenuti, di ottimizzazione delle conversioni, progettisti di user interface, designer di user experience, analisti di dati e professionisti delle tecnologie applicate al marketing.

Inoltre, nel breve e nel medio termine nuove tecnologie ancora modificheranno gli scenari e aumenteranno la domanda di ancora nuove competenze: pensiamo al web 3.0 abilitato dalla blockchain, al metaverso, alla realtà virtuale, aumentata o alla mixed reality.

Nuovi mondi e mercati digitali del valore stimato di 84 miliardi entro il 2025 che necessiteranno di nuovi architetti, designer, rappresentanti, venditori, commercianti, animatori, programmatori, esperti di marketing, ecc..

I vantaggi della maturità digitale per le imprese

metaverso il nuovo sviluppo di internet

Da una ricerca del Boston Consulting Group commissionata da Google, risulta che le aziende più mature dal punto di vista digitale ottengono mediamente un aumento di revenue del 18% e riducono del 29% i costi aziendali, con un crescita delle proprie quote di mercato doppia rispetto alle aziende simili ma meno digitalizzate.

La buona notizia è anche che la Transizione Digitale è al centro delle politiche di rilancio del Governo italiano.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha l’ambizione di rendere il Paese innovativo e digitalizzato, fornendogli gli strumenti per affrontare le debolezze strutturali dell’economia, riparare i danni della crisi pandemica e raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale. 

La prima delle 6 Missioni del Piano è proprio la Transizione Digitale, da realizzare attraverso l’innovazione del sistema produttivo e consistenti investimenti in due settori chiave: turismo e cultura. Lo stanziamento previsto per questa missione è di 40,29 miliardi di euro (il 21,04% del totale del budget), distribuiti in 51 misure.

Tra gli investimenti chiave, spicca la Digitalizzazione delle Imprese, anche attraverso interventi di formazione alle competenze digitali

Cosa fare per evitare che il cambiamento si fermi?

Ora che abbiamo capito che bisogna necessariamente formare le persone con competenze digitali avanzate e che si stanno facendo importanti investimenti in questa direzione rischiamo però di vedere fermarsi uno slancio che sembrava inevitabile. 

La consapevolezza c’è, la ripresa è davanti a noi, ma dobbiamo fare di più. Ed è per questo che Ninja ha deciso di mettere a disposizione le proprie risorse per contribuire a questo slancio con il progetto “Resilienza Digitale”. 

logo resilienza digitale ninjamarketing

Le competenze digitali avanzate, come quelle nel marketing digitale, sono da sempre il nostro focus e oggi abbiamo l’occasione di contribuire a diffonderle a macchia d’olio e di realizzare la nostra missione di rendere l’Alta Formazione finalmente democratica

Resilienza Digitale – Piano Ninja di Ripresa e Resilienza si ispira proprio al PNRR e si rivolge a studenti, neolaureati ma anche a professionisti di altri ambiti che vogliono reinventarsi e cogliere l’opportunità di costruirsi un futuro nel digitale.

Il progetto si rivolge anche alle piccole e medie imprese che la pandemia ha messo in seria difficoltà per dar loro un’occasione di rilancio attraverso il Digital

Il nostro Piano consiste nell’offrire, esclusivamente nel periodo dal 25 ottobre al 3 dicembre 2021, un pacchetto di risorse gratuite che abbracciano 3 livelli:

FORMAZIONE

  • Un Corso su come dar vita a un Progetto di Business Digitale
  • Il Corso Speciale “I fondamentali del Digital Marketing” composto da 7 lezioni gratuite su Digital e Social Strategy, Digital e Social Media Advertising, Content Marketing, SEO e eCommerce Management

INFORMAZIONE 

  • La Daily Newsletter Ninja “Morning News” per essere sempre aggiornati sulle principali News in ambito Digital, Social e Tech e i Marketing Insights, selezionati dalle più autorevoli fonti internazionali di settore
  • Il nuovo Canale Telegram “Ninja Marketing” per seguire ogni giorno il commento della Redazione alle principali notizie della “digital economy” 

NETWORKING 

  • La community Facebook “Ninja Marketing Dojo” per connettersi con le esperienze dei professionisti del Digital e condividere consigli, aggiornamenti, ispirazioni con la Ninja Tribe

>> Vuoi compiere il primo passo nel Digital? Ottieni subito il pacchetto di Risorse Gratuite “Resilienza Digitale” <<

Anche tu puoi diventare Ambasciatore della Resilienza Digitale

Fai già parte della Ninja Tribe, condividi il nostro sogno e vorresti esserne parte attiva, aiutandoci a spargere la voce come Ambasciatore nei tuoi territori?

Segui la pagina ufficiale Instagram @ninjacademy per essere aggiornato su tutte le iniziative che accompagneranno l’operazione Resilienza Digitale. Condividile sui tuoi social e scrivici in direct message se vuoi diventare parte attiva del progetto o di altre iniziative di Ninja. 

Collaborazione per essere più competitivi: le organizzazioni sono digitali

Oggi un’azienda non è più un insieme fatto da unità che non si parlano e si limitano a passarsi il testimone come in una gara di staffetta, ma è anzi un organismo in cui i team si muovono in una continua armonia, con collaborazione, come fosse una squadra di nuoto sincronizzato.

Questa mutazione è arrivata più per stato di necessità che non voglia di cambiare: in uno scenario complesso come quello attuale (sempre impiegando la metafora sportiva) il risultato può certamente arrivare per l’intuizione di un singolo, ma per la vittoria di un campionato, come dice Michael Jordan, servono “il lavoro di squadra e l’intelligenza”, e questi si possono sviluppare solo se le persone si mettono in condizione di lavorare insieme al meglio delle proprie possibilità.

Per questa ragione, la tecnologia si è spinta sempre più alla ricerca di sistemi che potessero favorire l’incontro e la collaborazione fra le singole persone, all’insegna di flessibilità e semplicità d’utilizzo

In particolare per ciò che riguarda il marketing, questo sistema garantisce benefici alle progettualità che vengono portate avanti da team altamente integrati.

L’incontro fra risorse infatti facilita la proattività, e secondo alcune ricerche un progetto, se gestito proattivamente, ha il 356% di probabilità in più di raggiungere il risultato. 

Ciononostante, solo il 51% dei team di marketing afferma di organizzare le proprie attività, le proprie campagne e i propri progetti in anticipo (e quindi proattivamente): quel 49% che non lo fa genera una difficoltà specifica a mettersi in condizioni di muoversi in maniera propositiva.

Cosa si intende (davvero) per collaborazione

Come si fa a mettere in condizione di collaborare team di estrazioni e competenze diverse, magari allo scopo di farle lavorare su progetti apparentemente distanti? 

Intanto, individuando la corretta definizione di collaborazione: una condizione dove ogni componente del gruppo può agire, condividendo le proprie competenze ma monitorando i vari passaggi del processo, compresi i KPI raccolti.

Una soluzione è definire un ambiente comune dove operare: un esempio è il Work OS, o detto per esteso un Workplace Operating System: una piattaforma che permette ai diversi team di gestire processi, progetti e lavoro quotidiano a modo loro e in un’unica scheda.

OpenSymbol, il gruppo di consulenti certificati che supporta le aziende nei percorsi di digital transformation, è partner di monday.com, il Work OS più adottato al mondo e base ideale da cui partire per garantirsi condizioni simili.

Una piattaforma pensata per desktop e mobile che permette di agire secondo le più moderne logiche di project management monitorando tempistiche e budget e unendo la necessità di gestire flussi in una logica di ottimizzazione del tempo e delle problematiche, allo scopo di accelerare le fasi di problem solving.

Efficienza ed efficacia, insomma.

Prendiamo ad esempio i social media manager, figure ormai comuni come fornitori o addirittura in organico alle strutture aziendali: per operare efficacemente con i social, è necessario avere ben chiari gli aspetti legati al contenuto, agli investimenti media e alle metriche.

monday.com, grazie alla sua struttura a schede, permette di agire su tutte queste verticali, consentendo ad ogni componente dei team, in caso di valutazioni cross-funzionali, di monitorare le attività svolte.

<< Prova gratuitamente monday.com e inizia la trasformazione digitale del tuo team >>

Cosa può cambiare una piattaforma come monday.com

Agire sulle attività di digital marketing con una visibilità a 360° significa influenzare i principali KPI da monitorare per misurare il successo di ogni azione: in particolare, possiamo citare le impression generate su un sito o su un account (come un profilo IG), il CTR o click through rate di una campagna, il tasso di apertura di un’email o di abbandono di un sito, e salendo fino a metriche più complesse come il ROI delle ADS, che incrocia più fattori e viene calcolato in automatico dalla piattaforma.

Questo tipo di misurazioni, quando riportate su un’unica dashboard, permettono alle varie unit di operare su una fonte di dati univoca e su cui ragionare allo scopo di applicare dei correttivi.

È proprio il Work OS a permettere di facilitare l’incontro e l’operatività, offrendo a ogni utente un sistema di notifiche e di tool per l’interazione (come la chat integrata) che azzerano la latenza fra domanda e risposta e andando oltre alle funzioni di un semplice CRM. 

In più, nei più evoluti (come monday) si può contare su uno spazio dedicato al repository di materiali dotato di drag&drop, quindi intuitivo nell’utilizzo e adatto al lavoro in mobilità.

Infine, si può dare visibilità sui progetti anche ai clienti (utenti esterni) che possono monitorare gli avanzamenti delle attività e visionare i risultati ottenuti: un modo per lavorare in trasparenza e collaborazione, ma anche per accelerare la restituzione di feedback.

In conclusione, il Work OS è un passo avanti per tutti quei team che vogliano concretamente darsi uno strumento per innovare il proprio rapporto con il digitale.

festival del podcasting

Il panorama italiano del Podcasting: aumentano creator, branded content e monetizzazione

Il podcasting è diventato grande. La crescita continua ed esponenziale degli ultimi anni sembra consacrarsi sempre di più, con una cultura dell’audio che nel 2021 è stata la vera alternativa per il mondo della produzione di contenuti.

Il Festival del Podcasting 2021, appuntamento fisso da sei anni per la community dei podcaster indipendenti, per le major e per tutti gli appassionati dell’audio, ha consacrato ancora di più l’attenzione e il valore di questo mezzo di condivisione che già dallo scorso anno ne aveva fatto intravedere le rapide evoluzioni.

festival del podcasting

LEGGI ANCHE: L’Indie Podcasting e la rinascita dell’audio digitale: si conferma il trend di crescita

Sono più di 26.000 i podcast in italiano caricati sul web e 10.000 di questi sono stati creati nel 2020. Questi i dati sviluppati presentati per ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting da Alessandro Piccioni al Festival, a conferma di come la pandemia abbia permesso un’accelerazione senza paragoni in termini di crescita e sperimentazione di centinaia di nuovi podcaster emergenti.

E dopo il boom del 2020, in questo anno il mondo del podcasting ha provato a capire se il settore fosse ancora in crescita e se la platea di ascoltatori si stesse ampliando in maniera ancora più eterogenea.

Già gli ultimi dati delle ricerche più osservate nel settore (l’ultimo report Nielsen per Audible e l’ultima ricerca IPSOS “Il podcast alla prova di maturità”) avevano fotografato in queste settimane quanto fossero ulteriormente aumentati gli ascoltatori italiani (+4% toccando l’apice dei 14,5 milioni) e come fosse sempre più consolidata la fruizione nella dieta mediatica dei consumatori (1 su 3 ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese) e una durata media di ascolto di circa 40 minuti al giorno (20 minuti per il 28%, 30 minuti per un altro 28%) con una lunghezza ideale di un episodio considerata tra i 15 e i 30 minuti.

Ascoltatori che prediligono lo smartphone e che dedicano il tempo nella quotidianità soprattutto da casa e in modalità multitasking mentre sono alle prese con faccende domestiche o mentre fanno sport. Si tratta di consumatori di audio sensibili e ricettivi rispetto ai messaggi pubblicitari e sempre meno dei “nerd” pionieri.

Il pubblico è diventato leggermente più adulto, soprattutto per la crescita di laureati e professionisti: gli ascoltatori di podcast sono sempre più caratterizzati da profili socio-culturalmente qualificati.

Un target eterogeneo che ha fatto crescere il consumo di podcast nel panorama dell’intrattenimento digitale in Italia, con sempre più utenti che scoprono e ascoltano quotidianamente questi contenuti audio, mentre sono ancora rilevanti le disuguaglianze di genere all’interno dell’industria dell’audio (solo 1 quinto dei podcast è condotto da donne), come ha rilevato Spotify, raccontando anche in occasione del Festival il programma formativo “Sound Up” dedicato alle nuove podcaster.

festival del podcasting

LEGGI ANCHE: ‘Sound Up’: la prima edizione italiana di Spotify a favore dell’uguaglianza di genere

Ascoltatori giovani e diversamente giovani

Gli ascoltatori Millennial e Gen Z, sono di fatto i maggiori fruitori di podcast in Italia.

Nel caso dei Gen Z l’aumento rispetto allo scorso anno è dell’8% (passando dal 67% al 75%).  Questi numeri confermano i recentissimi dati forniti dal report “Culture Next 2021” di Spotify da cui è emerso che il 36% dei Millennial e dei GenZ in Italia ha affermato di nutrire maggiore fiducia nei podcast che nei media tradizionali, inclusi telegiornali, giornali e radio nazionali.

LEGGI ANCHE: La fotografia di Millennial e Gen Z secondo Spotify: differenze e sovrapposizioni

Secondo queste analisi il podcast è considerato dai giovani uno strumento di approfondimento utile per informarsi sulle vicende sociali del nostro tempo (a livello globale, infatti, il 62% dei Millennial e il 52% dei GenZ ascoltano i podcast per informarsi su questioni sociali) nonché un mezzo di digital wellbeing per staccare dall’indigestione di video a cui sono esposti a livello di social media.

Festival del Podcasting 2021: tutti gli insight

La kermesse del Festival ha radunato in una due giorni online e offline (a Milano) senza paragoni centinaia di appassionati, ma soprattutto editori, professionisti e produttori che amano il podcasting. 104 speaker si sono alternati per raccontare per le proprie esperienze e le proprie storie di podcasting: da studenti adolescenti, sacerdoti, speaker radiofonici, giornalisti, a professionisti ed esperti tematici di psicologia, salute, cinema, produzione audiovisiva, che hanno fatto scoprire le più belle esperienze personali e professionali su come il podcasting abbia anche cambiato la vita di chi lo ha realizzato.

Ma non sono mancati workshop tematici per imparare a creare, migliorare, far crescere e rendere sostenibile un podcast grazie all’esperienza delle piattaforme e dei podcaster professionisti.

Presente anche l’approfondimento per studiare l’utilizzo delle piattaforme social audio di ultima fioritura (da Clubhouse, Spotify Greenroom, Voice Chat e dintorni) per creare e sviluppare podcast. Anche perché sempre i dati IPSOS registrano che il pubblico di ascoltatori di podcast conosce per il 62% Clubhouse e le altre piattaforme vocali: nonostante la fine dell’hype di inizio anno l’avvento di questo social audio ha aperto comunque nuovi scenari di interazione con un pubblico o nuove modalità di animazione di community

LEGGI ANCHE: In che modo Clubhouse può conquistare Generazione Z e influencer

Sono state diverse, inoltre, le tavole rotonde che hanno analizzato l’evoluzione del podcasting e il suo progredire sempre di più come canale trasversale a tutti gli altri media.

Un connettore ibrido tra le diverse creazioni multimediali che permette sempre di più la creazione di contenuti originali, come ad esempio per i podcast di Forbes, o anche in media company integrate, come testimoniato dagli interventi del Sole24Ore.

Il giornalismo, poi, lo sceglie sempre di più come mezzo per l’approfondimento che va oltre l’informazione, ma sempre di più la direzione è tracciata verso il branded content; i podcast sono diventati sempre più parte delle realtà editoriali.

Il rapporto di vicinanza con la Radio, inoltre, rimane florido. Come sottolineato in un intervento dell’Ufficio Studi della RAI, commentando una ricerca in corso sull’industria dell’audio in diversi Paesi Europei, il podcast si è affermato come una preziosa opportunità di valorizzazione per le produzioni di qualità e intrattenimento. Podcast e Radio si si completano per soddisfare nuove audience e nuovi modi di fruizione, ma soprattutto creano le condizioni per approfondimenti e spazi di confronto con stili di comunicazione anche nuovi.

Dai podcaster indipendenti ai creators riconosciuti: ecco i nuovi influencer dell’audio

La grande novità che ha portato il 2021 è stata la nascita e l’affermazione di diverse realtà di produzione audio (tra quelle che hanno partecipato al Festival Voisland, Chora Media, gli Ascoltabili, Storie avvolgibili) che si pongono l’intento di abilitare le nuove generazioni di podcasters a connettersi con le aziende o con un pubblico “premium”, far crescere l’audience e connettersi ad altri creatori del network oppure per sviluppare progetti originals, come ad esempio quelli della categoria Spotify Studios.

Gli influencer e i content creator del mondo del video, del cinema, della radio, si cimentano sempre di più nel podcasting e per gli emergenti lo spazio di visibilità sembra assottigliarsi

LEGGI ANCHE: Anche Morgan e i The Jackal tra i nuovi podcast originali di Spotify

Per questo si fa sempre più forte la necessità di aiutare i podcaster indipendenti a monetizzare i propri contenuti e a connettersi con brand attenti ai trend di innovazione, poiché la contesa pubblicitaria è appena iniziata. Come per gli albori di YouTube e l’inizio dell’advertising video, la direzione è tracciata verso sponsorship, host-read ads e branded podcasts.

In termini di visibilità di un podcast, escludendo gli influencer e i VIP affermati che inevitabilmente guidano le scelte di ascolto dei propri follower) il driver di scelta di un determinato podcast, sempre secondo l’indagine IPSOS, è collegato alla tematica utile per una specifica nicchia di ascoltatori (il 34% delle persone cerca online un argomento di loro interesse) o attraverso l’intramontabile passaparola: il 25% ha seguito il consiglio di amici/famigliari (per la GenZ è il 32%) e nel 25% ne ha sentito parlare sui social.

In questo scenario un altro fronte che da diverso tempo supporta i creatori di contenuti audio è il crowdfunding. Realtà come Tipeee o Patreon che permettono agli artisti podcaster di vivere del proprio lavoro grazie al sostegno della propria community e di ricevere direttamente le donazioni dai propri fan.

Tra le capacità di rendere il proprio podcast visibile e di crescere in termini di ascolti c’è pertanto, di fondo, le regola d’oro del marketing scritta da Kevin Kelly nell’ormai lontano 2008: “non si ha bisogno di 1 milione di dollari dove ogni fan spende un dollaro, semmai di 1000 veri fan che per definizione sono coloro che compreranno qualsiasi cosa produrrai”.

Podcasting 2.0 e Podcast Index

Il Festival del Podcasting, infine ha avuto l’onore di ospitare in un evento italiano “the Podfather” Adam Curry, considerato uno dei creatori del podcasting insieme a Dave Winer, che sviluppò la tecnologia del feed RSS per distribuire i primi .mp3 nel 2001. In questo scenario dove il podcasting è considerato un settore dal valore di 1miliardo di dollari dagli analisti, la monetizzazione è largamente realizzata come per altri media attraverso le inserzioni e l’advertising.

Adam Curry vuole allontanarsi dai meccanismi pubblicitari poiché crede che possa diventare nel tempo una forma di censura, o comunque una deriva di quello che è stato l’open web.

Nel suo intervento ha spiegato come stia tentando di rivoluzionare il mondo del podcasting con Podcast Index un progetto open source che consente micropagamenti utilizzando Bitcoin (nda nello specifico in satoshi. Un satoshi è pari a un centesimo di milionesimo di bitcoin) per premiare i podcaster per i loro contenuti, dove il contributo è parametrizzato rispetto all’ascolto effettivo di un episodio audio.

Podcast Index è stato realizzato per preservare, proteggere ed estendere l’ecosistema di podcast aperto e indipendente e permettendo una categorizzazione del proprio podcast senza l’ausilio delle grandi major. Tra i riproduttori di podcast, l’italiana Castamatic ha già implementato queste funzionalità, ormai ribattezzate di “Podcasting 2.0”.

Il futuro del podcasting in Italia secondo Giulio Gaudiano

Ma quali sono allora gli scenari del podcasting per il prossimo futuro? Lo abbiamo chiesto all’ideatore del Festival e Presidente ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting, Giulio Gaudiano:

La grande densità di partecipazione e l’eterogeneità dei player che hanno partecipato quest’anno al Festival del Podcasting denota un’attenzione sempre più crescente per questo settore. Qual è il più importante take-away che vuoi riportare dall’esperienza di quest’anno per i podcaster e per i brand più sensibili al mondo dell’audio?

C’è stato un momento del Festival che credo sia l’emblema del dialogo tra le varie anime del podcasting che vogliamo realizzare con ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting: quando alla fine dello speech del podcaster indipendente Franco Solerio (creatore del podcast Digitalia.fm) è stato invitato sul palco Sergio La Rosa di Spreaker per ragionare insieme sulle implementazioni pratiche del Podcasting 2.0.

Solo se ci sarà dialogo e collaborazione tra i vari player di questa industry (podcaster, producer, editori e piattaforme) la crescita del podcasting potrà essere continua, sana e solida nel tempo.

Quali sono, in sintesi, le tendenze che vedi per il prossimo futuro del podcasting?

Il 2022 sarà l’anno in cui entreranno in modo importante nel mondo del podcasting personaggi del mondo dell’intrattenimento (attori, cantanti, personaggi dello spettacolo) e dell’informazione, per creare contenuti di valore e di grande qualità.

La stessa ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting grazie ad una partnership con Nuovo IMAIE (la più grande collecting italiana) ha messo a disposizione di migliaia di attori, doppiatori, musicisti e cantanti un corso ed un manuale di podcasting per sostenere questo fenomeno già in fieri grazie alle produzioni originali di Spotify (come, ad esempio, nel caso del podcast di Morgan) e al lavoro di molti media tradizionali come Sole 24 ore, Rai, Sky, Ansa.

Da promotore e supporter del podcasting indipendente, hai suggerimenti o consigli per chi vuole lanciare il suo podcast? C’è ancora spazio per creare e condividere contenuti e cultura dell’approfondimento?

Il consiglio che trasmetto sempre agli aspiranti podcaster è: crea il podcast che tu e le persone che hai intorno vorreste ascoltare. Nel mondo del Podcasting c’è posto per tutti e molto spesso produzioni di nicchia riescono a rendersi più sostenibili rispetto a produzioni per un pubblico più generalista. Il vero motore di un podcast è la passione di chi lo crea.

L’appuntamento per la settima edizione del Festival nel 2022 è già fissato?

Certamente! La prossima edizione durerà una settimana, dal 3 all’8 ottobre 2022, sempre online dal lunedì al venerdì e a Milano il sabato per un grande evento dal vivo per la community del Podcasting italiano. 

The beautiful thing about podcasting is it’s just talking. It can be funny, or it can be terrifying. It can be sweet. It can be obnoxious. It almost has no definitive form. In that sense it’s one of the best ways to explore an idea” (Joe Rogan)

Brand e Gaming: anche Benetton arriva su Animal Crossing

È possibile scoprire la Benetton Island, direttamente da United Colors of Benetton, è online il primo progetto firmato dal team italiano di Dentsu Gaming. L’azienda fa il suo ingresso nel mondo del gaming online attraverso la piattaforma Animal Crossing: New Horizons. Una collezione virtuale pensata per gli appassionati del videogame targato Nintendo.

Attraverso il codice sogno DA-7006-9979-4281 si accede a Benetton Island è un mondo vivace e colorato, realizzato in collaborazione con Azalona, gamer e graphic designer, vanta circa 150mila follower sul suo account Twitch. Per disegnare l’architettura dell’isola, la content creator milanese ha tratto ispirazione dai valori cardine che da anni animano il brand di moda: il colore, la maglieria e la sostenibilità

Benetton Island

Benetton Island

LEGGI ANCHE: Come raggiungere i gamers attraverso i Social Media

Si potranno scoprire le frizzanti aree tematiche in plain color e sfilare nello show-room multicolor con i capi United Colors of Benetton. I temi richiamano l’attenzione al mondo green e sostenibile, contornati da pale eoliche e pannelli solari.

I giocatori possono agire per modificare l’aspetto geologico delle isole, a proprio piacimento. Si potrà trasferire la cultura del brand anche in game, visitando gli spazi e le aree della Benetton Island. Inoltre, ci si potrà divertire con la scelta degli abiti per il proprio personaggio, per questo motivo United Colors of Benetton, sempre grazie all’ausilio di Azalona, ha creato una collezione digitale di 10 outfit realizzati con alcuni dei capi simbolo del brand.

Si potranno inviare e condividere i propri outfit United Colors of Benetton in formato digitale, gli utenti con il proprio avatar in versione Benetton Island potranno diventare i veri protagonisti del video manifesto conclusivo sul progetto.

Commenta Antonio Patrissi, Group Chief Digital Officer di Benetton:

L’isola Benetton ci ha permesso di sperimentare un nuovo linguaggio, quello del gaming, attraverso il quale raccontare in maniera inedita i valori del brand. Sostenibilità, inclusione, colore e positività sono gli elementi su cui è stata costruita la nostra isola e che i giocatori di Animal Crossing potranno non solo indossare ma sperimentare in maniera ingaggiante. Un progetto che si interseca alla perfezione con un mercato, quello del gaming, in costante espansione che vorremo iniziare presidiare strategicamente ma soprattutto creativamente.

Benetton Island

LEGGI ANCHE: eSports e Videogame Industry, nuovi canali per una strategia multichannel

Commenta Emanuela Chiappa, Client Manager di MKTG (dentsu italia):

La nostra expertise e la visione strategica del mondo gaming ci hanno permesso di essere il partner ideale per United Colors of Benetton che da subito ci ha manifestato un interesse e una curiosità crescenti per questo mercato in ampia ascesa. Animal Crossing New Horizon! ci ha permesso di disegnare un progetto creativo sartoriale che permette alla Community di entrare a contatto con i valori del brand attraverso la scoperta dell’isola Benetton e delle sue aree, della casa di Green e dei suoi coloratissimi outfit.

A supporto del lancio di Benetton Island, dentsu gaming ha curato un’attività di social amplification coinvolgendo Guglielmo Scilla (in arte Willwoosh), LaSabri (all’anagrafe Sabrina Cereseto) e quattro talent del mondo del gaming: Sara “Kurolily” Stefanizzi, Cydonia, Kodomo e Tearless Raptor.

Al progetto firmato dentsu gaming hanno lavorato in sinergia tre agenzie di dentsu italia: MKTG, The Story Lab e Simple Agency. Mentre le attività di PR e digital PR sono curate da Gruppo Mario Mele & Partners.

Fan engagement

Fan Engagement: le tecniche giuste per ricevere attenzione dai tifosi

Nonostante i differenti approcci, tempi e modi di fruizione del prodotto diversi, se c’è davvero qualcosa che unisce i Millennials alla Generazione Z è la passione per lo sport.

Chi ama lo sport segue dei valori positivi a cui le aziende da sempre cercano di accostarsi, e spinge la competizione serrata tra gli sponsor per accaparrarsi uno spazio pubblicitario.

fan engagement

Come ben sappiamo, oggi non basta più “comprare” un pannello allo stadio o uno spot da 30 secondi tra un intervallo e l’altro: i canali a cui l’attenzione dei tifosi è rivolta sono veramente tanti e, se teniamo in considerazione che in media la soglia di attenzione è sotto gli 8 secondi, è ancora più difficile scegliere dove investire.

Le aziende hanno trovato nuovi modi per entrare a far parte della vita dei fan. Qui ne analizzeremo tre in particolare:

  1. Le attività social
  2. Le iniziative online
  3. Coinvolgimento in app

LEGGI ANCHE: Lancio globale di $inter: presto il takeover di San Siro da parte dei possessori dei fan token

Le attività social

Sappiamo che l’attenzione delle persone ai contenuti dura solo pochi secondi, ma ne conosciamo i motivi?

Ormai è un’abitudine comune, soprattutto tra le generazioni più giovani, seguire le competizioni come “sottofondo” mentre ci si intrattiene con lo smartphone scorrendo i feed dei social, chattando o addirittura giocando. Certi di avere modo di recuperare guardando le highlights, ovvero i momenti salienti della partita, le persone si dedicano con tranquillità ad altre attività. 

fan egagement

Una buona strategia di marketing tiene in considerazione tutti i canali che servono ad accontentare gli utenti e far sentire la loro presenza anche mentre sono impegnati in altro.

Non solo con i classici post sui social, ma anche aggiornando i canali YouTube, proponendo un dietro le quinte nelle Stories, creando meme con hashtag da seguire su Twitter, ecc.

Il ruolo dei social non si esaurisce in quella fase: anche al di fuori della giornata competitiva è necessario fare in modo che l’utente entri in contatto con il brand e ripercorra l’avvenimento sportivo in cui siamo presenti.

Per la Generazione Z, Twitch si adatta perfettamente allo scopo e offre spazio alle aziende sponsor di sfruttare a pieno la sponsorship stretta con la squadra.

Per le aziende che decidono si stringere una sponsorship con un team non è più sufficiente essere fisicamente presenti con uno spazio allo stadio: hanno bisogno di condividere con la società sportiva gli accessi ai contatti delle mailing list, essere dentro le app proprietarie e apparire nei post social della squadra.

Il legame con gli atleti diventa ancora più forte: sono dei veri e propri influencer a cui viene indirettamente affidato il compito di veicolare contenuti attraverso i loro profili social per aumentare la brand awareness dei prodotti.

LEGGI ANCHE: Dentsu gaming: come coinvolgere 3 miliardi di giocatori in tutto il mondo

Le iniziative online

Definire l’evento sportivo come semplice intrattenimento sarebbe riduttivo. É senso di appartenenza, voglia di mettersi in gioco e terreno su cui sentirsi esperti e confrontarsi con la community.

Per questo, i pronostici sono da sempre una valida iniziativa su cui puntare per ottenere un contatto con i fan.

Le aziende organizzano i loro personalissimo ciclo di pronostici in cui l’utente, con la promessa di vincere un gadget della squadra, fa la propria previsione sull’andamento della competizione. 

Giveaway, pronostici, fotocontest e iniziative simili permettono alle aziende di fare lead generation, collezionando un database con i dati dei partecipanti. 

Coinvolgimento in app

La loyalty in ambito sportivo è una faccenda seria, diremmo fondamentale.

Non esiste tifo senza fedeltà alla propria squadra del cuore. Anche per chi pratica uno sport senza seguire una particolare fede è così, pensiamo ai ciclisti o a chi ama lo scii. In alcuni casi, non seguono le gare ufficiali ma nutrono comunque un forte attaccamento per lo sport. 

Le app svolgono un ruolo fondamentale nelle attività di engagement. In modo gratuito, l’utente ha un mondo a portata di scorrimento. Può leggere le ultime news, giocare per vincere premi, riceve le notifiche con il collegamento live a un video corso e tanto altro. 

Come nel caso di Sporters , un app in cui sono coinvolti moltissimi sportivi  per cercare di avvicinare i ragazzi al mondo dello sport. Come si può leggere dall’analisi di Fulvio Furbatto, CEO di Advice all’interno dell’eBook “Fan Engagement nell’industria sportiva” i dati parlano chiaro:

“Il 40% dei ragazzi tra i 13 e 17 anni, infatti, non pratica sport , mentre il 44% passa fino a 6 ore al giorno al telefono. Inoltre, il 39% della generazione Z afferma di non seguire alcun tipo di
sport. “

Non lo praticano ma passano moltissimo tempo con lo smartphone, finestra sul mondo sportivo e sulle attività che lo circondano.

Ecco perché, specialmente post pandemia, le società sportive spingono sempre di più per rendere gli atleti degli idoli da seguire e creano iniziative digitali per cercare di arrivare non solo ai fedelissimi ma anche ai “casual consumer”.

Queste sono solo tre delle tecniche più utilizzate dai brand, che le utilizzano da anni per coinvolgere gli appassionati ed avvicinarli al proprio brand. Con l’evoluzione delle piattaforme vedremo nuovi fenomeni sempre più improntati sull’ottenere dati di prima mano, in risposta alla tendenza degli ultimi anni di affidarsi a cookie di terze parti. 

Trump l’ha fatto davvero: ha lanciato il suo social network TRUTH Social

Non si può dire che non abbia mantenuto la sua promessa, più volte urlata da palchi fisici e virtuali: l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il lancio di un nuovo social network, chiamato TRUTH Social.

In un comunicato, Trump ha dichiarato che la piattaforma “si opporrà alla tirannia delle grandi tecnologie”, accusate da sempre dal suo entourage di mettere a tacere le voci non allineate al pensiero unico negli Stati Uniti.

deep fake social network trump

La sua intenzione è creare una piattaforma che possa fare concorrenza a Twitter o Facebook, ma è molto probabile che questo non accadrà.

Per sua stessa natura, la piattaforma sarà apertamente politicizzata. Impensabile che diventi un luogo di scambio di idee come Twitter, o un posto adatto tutta la famiglia come Facebook.

LEGGI ANCHE: Facebook conferma la sospensione di Trump, che rilancia con il suo Blog

La triste storia di Trump e dei social network

I social media hanno giocato un ruolo fondamentale nella candidatura di Trump alla Casa Bianca e Twitter in particolare è stato il suo mezzo di comunicazione preferito nel ruolo di Presidente, prima che venisse bandito da Twitter e sospeso da Facebook a seguito dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti da parte dei suoi sostenitori.

I principali social media hanno ceduto alla pressione dell’opinione pubblica durante la sua presidenza, a causa dei suoi post giudicati aggressivi o palesemente falsi.

L’anno scorso, infatti, Twitter e Facebook hanno iniziato dapprima a cancellare alcuni dei suoi post o a etichettarli come fake news (come quello in cui dichiarava che il Covid era “meno letale” dell’influenza) e hanno in seguito preso la decisione di bannare o sospendere Mr. Trump dopo i disordini di gennaio, causati da un discorso pubblico pieno zeppo di affermazioni infondate sulla frode elettorale di cui sarebbe stato vittima.

Trump aveva definito “veri patrioti” gli autori dei disordini al Campidoglio, dichiarando espressamente che non avrebbe accettato il risultato delle elezioni. Troppo per Facebook e Twitter, che hanno così deciso di impedirgli l’accesso alle loro piattaforme.

Puoi già entrare in waiting list

truth social network trump

Sei un sostenitore dell’ex Presidente Trump o sei semplicemente curioso di capire come si evolverà la faccenda? Benissimo, puoi già entrare in waiting list e iscriverti al nuovo social network del burrascoso tycoon.

Ti basta cliccare qui.

Una prima versione della sua ultima impresa, TRUTH Social, sarà aperta agli ospiti invitati dal mese prossimo, e avrà un “rollout nazionale” entro i primi tre mesi del 2022, secondo una dichiarazione di Trump Media & Technology Group.

Spopolano le bandierine rosse su Twitter, scopriamo cosa sta succedendo

Non ci sono più i cinguettii di una volta. Twitter, social network con servizio di microblogging, in questi giorni è corredato dall’emoji della bandierina rossa, apparsa in tanti tweet di celebrità e aziende. Un ossimoro, un inatteso tormentone social che sta conquistando proprio tutti, la moda delle red flag ci provoca, diverte e appassiona, spronandoci a mettere in risalto: “l’esatto contrario di ciò che ho detto”.

Perchè i tweet hanno le bandierine rosse?

Tutto inizia da questo post ufficiale di Twitter:

È difficile trovare la risposta a questo fenomeno, soprattutto quando non si ha una chiara spiegazione. Sembra, però, che proprio il profilo ufficiale di Twitter abbia iniziato a parlare delle bandiere rosse negli appuntamenti o delle cose che non si dovrebbero fare mentre si frequenta qualcuno.

Un contrasto dunque, una sorta di “state tutti alla larga”, una mania che ha spinto la casa madre a postare:“Non sono su Twitter”. Seguito poi da tanti profili con la battuta pronta dietro l’angolo. La bandierina rossa indica un pericolo o un avvertimento, indicato con tweet pungenti e contestualizzato con l’emoji.

I tweet con la bandiera triangolare sono aumentati del +455% e l’emoji è stata utilizzata circa 1,5 milioni in tutto il mondo.

I tweet red flag più divertenti

Netflix India ci mette in guardia, non c’è dubbio:”fate attenzione quando il protagonista nota una ragazza solo quando si toglie gli occhiali e si trasforma”.

Twitter Netflix

Il profilo dell’Europa League sottolinea:”L’inno dell’Europa League non è un capolavoro”.

Restando in tema calcistico, il Manchester United ci tiene a far sapere che: “Cristiano Ronaldo non è il GOAT (migliore di tutti i tempi)”

Twitter Manchester

Anche il profilo di Crocs scrive:”Non sono una persona da Crocs”.

E poi… chi non ha mai bevuto una Pepsi nella sua vita?

Non potevamo sottrarci al tormentone e abbiamo rincorso anche noi la moda red flag su Twitter: