Negli anni 70’, il biologico era appannaggio di pochi visionari, spesso derisi dai “padroni del cibo” – così vengono definite le multinazionali che determinano l’andamento del mercato alimentare globale, influenzando le nostre abitudini.
Oggi, quelle che all’inizio sembravano api solitarie in un alveare di vespe, si sono riunite in sciami, sempre più grandi e rumorosi. La pandemia da COVID-19, infatti, ha accelerato una tendenza già in atto: la “conversione” di un numero crescente di persone al biologico.
Solo nel 2021, secondo i dati elaborati dall’Osservatorio SANA, il mercato italiano del biologico ha raggiunto un valore di 4,6 miliardi di euro, pari al +5% rispetto all’anno precedente.
E fra le motivazioni che avrebbero spinto il 54% delle famiglie italiane ad acquistare prodotti a certificazione biologica in modo ricorrente – anche più volte alla settimana – ci sarebbero: le garanzie sulla qualità, i benefici per la salute e la sostenibilità ambientale.
Il biologico, dunque, racchiude in sé un insieme di valori etici che hanno una grande capacità attrattiva sul consumatore finale: molte persone acquistano “bio” anche perché si sentono moralmente appagate.
Consapevoli che l’emozione gioca un ruolo importante nel processo decisionale d’acquisto e attratti dalle allettanti prospettive di guadagno, i “Big” dell’Industria Alimentare hanno escogitato un sistema per favorire le vendite dei propri alimenti convenzionali, senza modificarne l’asset produttivo.
Colore “verde” e claim allusivi alla sostenibilità: così alcune aziende ingannano i consumatori
Come? Cambiando semplicemente il packaging. Passeggiando tra le corsie del supermercato non è difficile accorgersi che, sugli scaffali, il verde è diventato il colore predominante.
Secondo gli psicologi, che ne studiano gli effetti sulla mente umana, ogni colore provoca un’emozione e il verde rimanda a quella pace e tranquillità che solo la natura riesce a trasmettere.
Involontariamente, quindi, alle tonalità del verde tendiamo ad associare un significato particolarmente eco-friendly. Si tratta, a tutti gli effetti, di una manipolazione emotiva invisibile, spesso rafforzata da slogan vaghi e approssimativi, non supportati da un impegno concreto in materia di sostenibilità.
Frasi come “impatto zero”, “meno CO2” e gli stessi acronimi ECO e BIO, perdono di credibilità nel momento in cui non coinvolgono certificazioni specifiche.
Greenwashing: comunicazione a scopo di lucro
Un fenomeno sempre più diffuso, che prende il nome di greenwashing, un neologismo indicante l’appropriazione indebita di virtù ambientaliste e salutiste da parte di alcune aziende – perlopiù multinazionali – che, dietro green claims, nascondono il reale impatto delle loro scelte/azioni produttive e commerciali.
Si tratta, quindi e a tutti gli effetti, di una strategia di marketing ingannevole: una truffa ai danni del consumatore, che mina la trasparenza della filiera alimentare – già fortemente compromessa.
Sul web è possibile trovare diversi esempi di aziende che sono state accusate di greenwashing. In particolare, sono tre i casi più sospetti e vicini a noi.
Coca-Cola è uno dei brand più controversi dell’Industria Alimentare e, più volte, è stata al centro di accese polemiche per pratiche commerciali scorrette.
L’ultima accusa, in termini di tempo, è quella avanzata dalla Changing Market Foundation che, in un recente report, avrebbe inserito la Coca-Cola nella “lista nera” delle aziende che fanno greenwashing
Nel sito ufficiale di Coca-Cola Italia, sotto la voce “sostenibilità”, si legge di una nuova collaborazione con The Ocean Cleanup, una fondazione con sede a Rotterdam, nata per ripulire fiumi ed oceani dalla plastica, con un innovativo sistema di raccolta, che sfrutta le correnti marine.
Una partnership che, a prima vista, potrebbe sembrare virtuosa e sulla cui promozione l’Azienda di Atalanta ha speso milioni di dollari. In realtà, le bottiglie sarebbero costituite solo per il 25% da “plastica marina” riciclata, come afferma George Harding-Rolls, Campaign Manager della Changing Market Foundation.
Una quota irrisoria che, di certo, non è sufficiente a porre rimedio agli ingenti danni ambientali di cui l’Azienda è colpevole. The Coca-Cola Company, infatti, è considerata una delle aziende più inquinanti al mondo in termini di rifiuti di plastica prodotti, come rivela l’inchiesta “Brand Audit 2021” pubblicata dall’organizzazione no-profit Break Free From Plastic.
I sospetti, quindi, che quello di Coca-Cola non sia un impegno concreto verso un futuro più sostenibile sono molteplici e all’orizzonte si fa strada l’ipotesi che si tratti di una strategia comunicativa a mero scopo di lucro, alla quale i media – spesso corrotti – fanno da megafono.
San Benedetto
Non serve necessariamente guardare oltre oceano per imbattersi in aziende che fanno greenwashing. Nel Gennaio del 2010, ad esempio, il Gruppo San Benedetto – leader nella produzione di acqua minerale e altre bevande analcoliche – è stato condannato a pagare una multa di 70.000 europer aver presentato, nei messaggi pubblicitari, la propria bottiglia di plastica come “amica dell’ambiente”.
I messaggi di San Benedetto, pubblicati tra il 2008 e il 2009 su diversi giornali nazionali, insistevano sull’eco-sostenibilità delle nuove bottiglie “prodotte con meno plastica, meno energia e più amore per l’ambiente”, e sui contenitori classificati come eco-friendly che avrebbero permesso di “ridurre almeno del 30% la quantità di plastica impiegata e quindi di contenere il consumo di energia”.
Negli stessi anni, per rafforzare la propria immagine green, la società di Scorzé (VE) arrivò addirittura a stringere un accordo con il Ministero dell’Ambiente – all’epoca presieduto dall’Avv. Alfonso Pecoraro Scanio – assumendo una serie di impegni in accordo con il Protocollo di Kyoto, tanto da essere stata premiata nel progetto Coop for Kyoto, come una delle aziende più virtuose nel risparmio delle emissioni di CO2.
In realtà, come segnalato dall’Antitrust, all’epoca l’effettivo risparmio di energia e anidride carbonica non era stato calcolato: pertanto, risultava difficile quantificare i benefici per l’ambiente.
Sul proprio portale, Amadori pubblicizzava – con particolare enfasi – l’impegno della cooperativa nell’assicurare il benessere animale in ogni fase della filiera, suggerendo che tali condizioni erano riferibili a tutti i polli allevati.
Invece, tali riguardi, sono riservati esclusivamente a due linee di prodotto premium: Pollo Campese e Pollo 10+. Per altro, anche nel caso dei Polli 10+, non sono mancate le critiche verso un claim promozionale che recitava “maggiore spazio in allevamento rispetto ai limiti di legge”: le indagini, infatti, hanno dimostrato come l’azienda si limitasse a garantire la soglia massima di densità, pari a 33Kg/mq.
Tuttavia, dopo le segnalazioni ricevute, Amadori si è impegnata a correggere le informazioni false riportate sul proprio sito, accusando le associazioni dei diritti animali – L’ENPA , in particolare – di aver strumentalizzato la vicenda.
Come difendersi dal rischio di greenwashing
Di casi analoghi, ce ne sono innumerevoli e riferibili a più settori – dall’agroalimentare, alla moda, fino all’elettronica. In Italia, per contestare un green claim – e contribuire alla tutela dei consumatori – è possibile: fare denuncia all’autorità competente(AGCM), instaurare un giudizio civile o segnalare il caso all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria(IAP).
Mentre per non cadere in “trappola” è raccomandabile osservare la corrispondenza tra diciture green e certificazioni riportate in etichetta, andando oltre il semplice colore del packaging.
Il greenwashing resta, ad oggi, una problematica seria e spesso impunita, che gioca a svantaggio di quelle aziende realmente impegnate sul fronte della sostenibilità, per limpide convinzioni etiche e non torbidi interessi economici.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_36750633_L-1.jpg9721400Kevin Feragottohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngKevin Feragotto2022-08-26 11:11:322022-08-29 11:54:18Basta Greenwashing: perché il tuo business deve essere davvero sostenibile
Cosa è cambiato nel Social Media Marketing per il 2023? Il marketing online è iniziato sul finire degli anni ’90 con il marketing di ricerca, spingendo i brand a creare siti Web per stabilire una presenza online. Con l’evoluzione dei motori di ricerca Google, Yahoo e MSN, le aziende si sono rivolte a strategie SEO per rimanere in cima ai risultati di ricerca.
Introduzione: la rivoluzione dell’inbound marketing
Quando i siti web 2.0, in particolare i blog, sono aumentati di popolarità, i marketer hanno iniziato a riconoscere il potenziale del content marketing. L’outbound marketing, basato sull’esposizione di un messaggio pubblicitario a pubblico vasto e generico, inizia a lasciare spazio all’inbound marketing, con cui si cerca di offrire un vantaggio specifico a un segmento di utenti designato.
Nel 2003-2004, il lancio di piattaforme social media come LinkedIn, MySpace, Facebook e Flickr ha il duplice effetto di attirare in massa i netzien già attivi, come i gamer, e di incentivare la connessione di nuove persone alla Rete, risvegliando di conseguenza l’interesse delle aziende.
Negli anni successivi, l’atteggiamento favorevole del cliente nei confronti del social media marketing ha definitivamente orientato il marketing aziendale dal marketing outbound, più aggressivo e proattivo, verso marketing inbound, più reattivo.
Questo perché il game changer introdotto dai social media (applicazioni che permettono lo scambio e la creazione user generated content) è stato quello di favorire la creazione di social network (persone che decidono di costruire una community intorno a interessi condivisi) dove la comunicazione tra persone avviene alla pari, dando però ai brand la possibilità di intervenire.
Inoltre, sin dai primi esempi di social media, ossia le piattaforme blog, le comunità di individui tendono ad auto-segmentarsi in nicchie con interessi specifici, fermo restando che ognuna di esse è solo una parte di un utente.
I social media sono quindi un ecosistema in espansione di siti Web, applicazioni, piattaforme e dispositivi elettronici che consentono alle persone di conversare e comunicare reciprocamente. È una galassia digitale in cui gli utenti creano comunità online per condividere informazioni, scambiare idee e far circolare messaggi personali.
Per utilizzare al meglio queste possibilità di comunicazione personalizzata è nato il Social Media Marketing.
Cos’è il Social Media Marketing e quali sfide propone nel 2023
Definizione
Il Social Media Marketing è il processo di creazione di contenuti su misura per le piattaforme social media, allo scopo di promuovere un marchio e stimolare il coinvolgimento degli utenti.
Le diverse piattaforme, al di là delle meccaniche di fruizione, sono accomunate da alcuni vantaggi offerti alle aziende che decidono di investirvi.
Ecco cinque nuove prospettive offerte dai social network alle aziende.
1. Il marketing dei dati
Con la scoperta del potere dei dati, le aziende hanno raggiunto la possibilità di modulare la comunicazione in un modo del tutto impensabile fino all’inizio degli anni 2000.
Attraverso le attività in organico (nelle pagine aziendali) e gli annunci sui social media, i dati sono ampiamente disponibili, spesso direttamente nelle piattaforme grazie a delle analitiche dedicate. Invece di limitarsi a profilare i desideri dei clienti o perché vorrebbero acquistare un prodotto, le aziende possono ottenere analisi storiche su dati di terzi i propri (first party data) su ciò che i loro clienti stanno cercando, cosa li ha spinti a effettuare l’acquisto finale, le ragioni dietro al successo di un annuncio (conversioni) e così via.
Un’azienda potrebbe raccogliere ogni dettaglio dei suoi clienti, che si tratti di entrate, abitudini di acquisto, preferenze, antipatie, desideri e quant’altro. Questo approccio genuino al marketing consente alle aziende di indirizzare il proprio pubblico in modo molto specifico e di vendere prodotti o servizi che i loro clienti vorrebbero.
Il paradosso attuale è che spesso le aziende hanno/avrebbero ampia disponibilità di dati ma non sanno come organizzarli e interpretarli.
2. L’utilizzo dei social media per raggiungere gli obiettivi di marketing
I social media sono una piattaforma eccellente per le aziende di tutti i tipi per aumentare la consapevolezza (awareness) del marchio tra un pubblico mirato. Avere una presenza online significa un modo più semplice e veloce per farsi conoscere nel competitivo mercato aziendale.
L’esecuzione di campagne e annunci mirati velocizza il processo di crescita della notorietà aziendale e consente a un nuovo gruppo di clienti di scoprire il marchio.
La mossa successiva è mantenere i clienti attuali e nuovi coinvolti attraverso contenuti di tendenza e post di nurturing che consentano di costruire gradualmente una relazione con i consumatori.
In particolare, numerose ricerche dimostrano che è più probabile che i clienti siano fedeli a un marchio se il marchio sostiene una causa in cui credono: l’importanza della condivisione di valori tra aziende e consumatori (e lavoratori) è un elemento molto attuale nel 2023.
Al contempo, per veicolare la comunicazione aziendale si è ormai affermato l’uso non solo di campagne (o challenge), omaggi e concorsi, ma altresì l’uso di influencer e creator, che sono l’incarnazione più attuale e credibile dei vecchi “testimonial”, con il vantaggio di utilizzare i propri canali e la propria fanbase a supporto del brand che sceglie di collaborare con loro.
3. Accesso al mercato globale
Un piccolo negozio non è più conosciuto solo dalla gente del posto di quella specifica area o regione. Attraverso l’aiuto dei social media, una piccola impresa può essere conosciuta da persone di diverse parti del mondo senza dover spendere ingenti somme di denaro.
La loro pubblicità non conoscerebbe confini di aspetti locali o internazionali. Questo è un privilegio che ora è disponibile per ogni azienda che una volta era possibile solo per le aziende di maggior successo.
Il punto diventa quindi non più “espandersi”, ma farlo consapevolmente scegliendo tra molte più opzioni che in passato. Un esempio su tutti: aprire un nuovo punto vendita, creare un e-commerce, puntare su Amazon o stringere un accordo con una GDO straniera possono essere tutte alternative potenzialmente valide per un produttore di pasta.
4. L’aumento dell’eCommerce
La forte dipendenza dei consumatori dai social media li ha portati a rivolgersi a strutture di eCommerce ampiamente disponibili online.
Ora i clienti possono semplicemente scorrere i prodotti e acquistare i loro normali generi alimentari mentre sono a letto. La comodità dello shopping online ha cambiato il modo in cui i consumatori vedono le aziende. Un’impresa potrebbe operare sia nei negozi fisici che online.
Grazie ai margini di spedizione in tutto il mondo, le aziende ora hanno un flusso più ampio della base di clienti che non avrebbero potuto ottenere altrimenti.
Come considerato nel punto precedente, anche aprire un eCommerce non è una panacea, ma una scelta imprenditoriale ponderata.
Il servizio clienti è sempre stato una parte importante di un’azienda che ha aiutato i clienti a rimanere in contatto in caso di domande o esigenze relative a prodotti o servizi.
Avere un servizio clienti che risponde rapidamente e cerca di risolvere i problemi a un livello soddisfacente è ciò che spinge i clienti a riacquistare e ad essere fedeli al marchio.
I consumatori fanno molto affidamento sui social media per ottenere il servizio clienti in pochi minuti a qualsiasi ora del giorno.
Il servizio clienti non è stato così facile in passato. Avrebbero dovuto scrivere lunghe e-mail, cercare di raggiungere le linee di assistenza dei clienti o inviare moduli da cui potrebbero non ricevere più risposte. Tutti i problemi sono stati eliminati ed è stato sostituito con una semplice soluzione di chattare su Facebook o lasciare un messaggio su WhatsApp.
Il customer care è uno snodo centrale nella crescita aziendale. Da un lato “Internet non dimentica”, per cui errori e superficialità sono più facilmente evidenziati da numerosi servizi di recensioni e feedback offerti da terzi. Dall’altro il costo di retention di un cliente è generalmente molto inferiore di quello di acquisizione di uno nuovo: investire nella soddisfazione dei clienti significa permettere all’azienda di svilupparsi, facendo dei clienti i primi ambasciatori del brand.
Quali sono i canali del Social Media Marketing
I social media più famosi, in breve
Il panorama dei social media di oggi è popolato da una suite di servizi che attirano l’attenzione di oltre 5 miliardi di utenti di dispositivi mobili in tutto il mondo . Ecco una panoramica dei più importanti social network del 2020:
Facebook
Lanciato nel 2004 dallo studente di Harvard Mark Zuckerberg, ha quasi 1,7 miliardi di utenti. È il social generalista per eccellenza, ancora un punto di riferimento per Boomer e Millennial.
Instagram
Fondato nel 2010 da Kevin Systrom, laureato a Stanford, come sito di condivisione di foto e acquistato da Facebook nel 2012, Instagram conta oltre 1 miliardo di utenti in tutto il mondo. Conferma il detto che “un’immagine vale più di mille parole”, soprattutto se solletica il senso estetico e la voglia di mettersi in mostra.
Tic Toc
Fondato nel 2016 dalla società tecnologica cinese ByteDance, questo sito di condivisione video in forma abbreviata è stato fuso con l’app mobile con sede negli Stati Uniti Musical.ly nel 2018 ed è diventato popolare tra adolescenti e giovani adulti. È stata l’app più popolare del 2021, con 656 milioni di download solo l’anno scorso (oltre 100 milioni in più di Instagram). Il suo successo è alimentato dall’uso del format più ricercato, i minivideo, e di un’interfaccia minimal, che rende semplice continuare a navigare di clip in clip.
LinkedIn
LinkedIn è un social network appositamente progettato per la connessione tra professionisti e professionisti aziendali. Nel 2020, oltre 722 milioni di professionisti utilizzano LinkedIn per coltivare le proprie carriere e attività. A differenza di altri social network in cui è possibile diventare “amici”, LinkedIn riguarda la costruzione di professionalità e relazioni strategiche.
Twitter
Fondato nel 2006 da Jack Dorsey, Evan Williams, Biz Stone e altri come sito di microblogging, entro il 2020 il 22% degli adulti statunitensi erano utenti di Twitter, secondo Pew Research.
Reddit
Lanciata nel 2005 da Steve Huffman e Alexis Ohanian, ventenni del Massachusetts, come piattaforma per la condivisione di notizie, i suoi 300 milioni di utenti hanno trasformato Reddit in un sito di aggregazione di notizie e commenti sociali. La sua popolarità si basa sulla capacità di “votare positivamente” e “votare negativamente” i post degli utenti, alimentando così la fiducia nelle discussioni.
Le piattaforme di nicchia
Un social network verticale è un social network specificamente mirato che connette persone con interessi, hobby e passioni molto specifici. Gli utenti su piattaforme di social media generali possono facilmente perdersi tra tutti i contenuti irrilevanti: l’ampiezza di scelta è un problema ben noto ai marketer.
Per questo esistono canali focalizzati, così da garantire la coerenza dei contenuti e la possibilità di avviare conversazioni tra utenti realmente interessati da dare un contributo. Per le aziende che operano in ambiti attinenti, si tratta di opportunità interessanti per ottenere awareness o convesioni più specifiche su un pubblico già interessato.
Twitch
È forse il miglior esempio di canale borderline tra nicchia e non. Nace come una piattaforma di live streaming per le comunità di gioco, trovando nel tempo un buon seguito anche su altri ambiti. Ha iniziato il suo viaggio nel 2011, ospita contenuti in live streaming, concorsi e tutorial. Ha due tipi di utenti ben distinti: i suoi 3,8 milioni di emittenti e 140 milioni di spettatori. Gli streamer e il pubblico possono condividere una chat dal vivo per interagire tra loro. Twitch è un’ottima piattaforma per qualsiasi azienda tecnologica per pubblicizzare i propri prodotti e accessori collaborando con gli streamer.
Quora
Fondata nel 2009, Quora è una piattaforma di social media di domande e risposte. Copre una vasta gamma di argomenti, dalle ricette, ai viaggi, alla scienza, alla narrativa, alla politica e alla scrittura. I suoi oltre 300 milioni di utenti fanno domande su qualsiasi argomento desiderano o rispondono alle domande poste da altri. Gli utenti possono personalizzare il proprio feed per vedere argomenti selezionati, partecipare a forum di discussione e votare le risposte che gli sono piaciute di più. Le aziende possono aumentare la loro credibilità e il loro pubblico rispondendo alle domande o possono avere contenuti sponsorizzati.
DeviantArt
DeviantArt è una piattaforma di social media per artisti visivi, fondata nel 2000. È considerata la più grande piattaforma artistica con i suoi 48 milioni di utenti in tutto il mondo. Gli artisti possono condividere il loro lavoro su questa piattaforma, che ad oggi conta 370 milioni di pezzi. Gli utenti possono mettere mi piace e commentare diversi pezzi e seguire gli artisti. Le aziende possono creare sfide artistiche per ottenere interazione o lavorare con influencer per mettere in evidenza i loro marchi.
GitHub
Fondato nel 2008, GitHub è una piattaforma per programmatori, sviluppatori e ingegneri. GitHub è uno spazio interattivo con i suoi 50.000.000 di sviluppatori che si connettono tra loro su progetti e collaborazioni, condividono il loro lavoro e si aiutano a vicenda a costruire codice. GitHub non offre pubblicità, ma ancora 2,9 milioni di aziende lo utilizzano per attirare programmatori per collaborazioni professionali e connettersi con il loro target.
Stack Overflow
Stack Overflow è un’altra piattaforma di social media di domande e risposte che fa parte della rete di scambio di stack e fondata nel 2008. È una comunità per sviluppatori e programmatori. Ha oltre 100 milioni di utenti che fanno domande, rispondono alle domande poste da altri utenti e votano le risposte più utili. Gli utenti possono anche vincere badge per il loro contributo alla community. Le aziende utilizzano questa piattaforma per mettere in evidenza le proprie competenze rispondendo a domande, per fare pubblicità e anche per pubblicare offerte di lavoro.
Goodreads
Goodreads è una piattaforma sociale per i lettori in cui possono connettersi sui libri che hanno letto. Fondato nel 2007, conta oltre 90 milioni di membri che tengono traccia di ciò che hanno letto in una biblioteca virtuale, scrivono recensioni di libri, creano elenchi di letture e discutono con altri utenti sui libri che hanno letto. Ad oggi, sono stati aggiunti alla piattaforma 2,6 milioni di libri. Autori ed editori utilizzano questa piattaforma per interagire con i lettori sulle nuove uscite, mettere in evidenza i loro nuovi libri e regalare copie avanzate per i lettori.
Cosa fa un Social Media Manager
Chi è interessato a lavorare come social media manager, può trovarsi alle prese con varie attività:
Aumentare i follower e l’engagement: far crescere il profilo di un’azienda su tutte le piattaforme social attive aumentando il numero di follower che ha e la quantità di coinvolgimento (Mi piace, commenti, condivisioni) che riceve. Potresti essere tenuto a sviluppare post scritti o visivi per ottenere entrambi.
Strategia di contenuti: per promuovere il coinvolgimento, essere responsabile dell’ideazione (e talvolta dell’esecuzione) di campagne social che si allineano con le strategie di marketing più ampie di un’azienda. Spesso si è chiamati anche a generare idee per contenuti last minute o evergreen, oppure riutilizzare contenuti generati dagli utenti (UGC).
Analisi dei dati: oltre al lavoro creativo, va dedicato del tempo ad analizzare i dati per trarre conclusioni sul rendimento dei post e dei contenuti di un’azienda. Ciò può includere l’ascolto sociale, il monitoraggio di ciò che gli utenti dei social media dicono di un marchio o dei concorrenti. Di particolare rilevanza sono i Key Performance Index (KPI), ossia le metriche più importanti da monitorare e far crescere, decise in accordo con il cliente.
Report: tenere aggiornati i referenti delle aziende/clienti è parte lavoro. Si tratta quindi di calendarizzare delle sessioni periodiche di aggiornamento, per esporre i risultati ottenuti, presentare eventuali azioni correttive, e ricevere un riscontro su come le attività di SMM attuate o programmate si integreranno con gli interessi aziendali.
Operatività. A seconda delle dimensioni del team, un SMM può avere diversi gradi di operatività: programmazione/pubblicazione dei post, monitoraggio dei risultati e interazione con gli utenti sono le attività più comuni.
Chi è interessato a diventare un social media manager, dovrebbe migliorare le proprie abilità di:
Scrittura: che si tratti di un post dettagliato o di un microcopy in grafica, una buona scrittura sui social media va oltre la solida grammatica e l’ortografia. Sarà importante affinare le capacità di copywriting per sviluppare una scrittura avvincente che si adatti alla storia e alla voce di un brand e coinvolga il pubblico prima di candidarsi per diventare un social media manager.
Editing: oltre a scrivere una copy, probabilmente ci sarà occasione di rivedere il lavoro dei membri del team e assicurarsi che sia grammaticalmente corretto e privo di errori. Affinare le capacità di editing e correzione di bozze può aiutare a sviluppare l’occhio necessario per rassicurare un’azienda o un marchio sul fatto che sono in buone mani. Da ricordare che scansionare un contenuto per verificare il tone of voice e leggere per controllare errori e refusi sono due processi diversi.
Design: la comunicazione avviene attraverso immagini, infografiche, video e grafici. Immaginare un post e quindi articolare le ragioni commerciali o strategiche delle tue scelte sarà fondamentale tanto con i colleghi del dipartimento grafico quanto con i clienti.
Strumenti analitici: sapere quali messaggi incontrano il gusto degli utenti richiede un occhio analitico e la capacità di ricerca. È utile sapere come utilizzare strumenti di ascolto dei social media come Sprout Social, Hootsuite e HubSpot.
Tempestività: le news possono far percepire alcuni post come inadatti o oscurare in altro modo i contenuti in termini di importanza. Rimanere al passo con le notizie e le conversazioni online più rilevanti il settore in cui opera un brand aiuta a reagire di conseguenza e mantenere il marchio di un’organizzazione.
Comprensione delle piattaforme: per gestire con successo gli account, è necessario avere una conoscenza approfondita di diverse piattaforme di social media, i loro punti di forza, di debolezza e i dati demografici degli utenti, tra le altre caratteristiche.
Aggiornamento: il cambiamento è costante nel mondo dei social media. Nuovi hashtag, algoritmi e funzionalità della piattaforma di nuova tendenza spesso richiedono ai social media manager di cambiare le strategie di medio-lungo termine e incorporare le novità nei piani editoriali.
3 trend di Social Media Marketing per il 2023
Attualmente TikTok, Instagram e Facebook sono le prime piattaforme che vengono nominate quando si parla di Social Media Marketing. Altri nomi famosi sono Twitter, WeChat, Tumblr, LinkedIn, Snapchat, Pinterest, Twitch e VK. Anche altri siti che non sono veri social network come Reddit e YouTube sono ancora importanti per i social media marketer, ma andiamo con ordine.
“Il” format: microvideo
Secondo una recentissima ricerca di HubSpot, nel 2023 Facebook è ancora la piattaforma di social media numero uno su cui si stanno concentrando i marketer. La prospettiva è molto occidentalizzata, ma si tratta probabilmente del miglior modo per capire i trend europei del presente e del prossimo futuro.
Alla domanda su quale piattaforma di social media intendono investire di più per il 2023, il 25% ha risposto a Facebook, il 20% ha risposto YouTube, il 16% ha risposto Twitter e il 15% ha risposto Instagram.
Secondo i dati, Facebook sembra generare lead di altissima qualità per i marketer, il che spiega perché i marketer stanno sfruttando maggiormente questa piattaforma.
TikTok è un’altra piattaforma popolare in cui il 52% dei marketer intervistati prevede di aumentare i propri investimenti. Ci sono due ragioni: la prima è che i video e gli audio in formato breve stanno crescendo e stanno diventando sempre più il tipo di contenuto più fruito. In effetti, è il formato che il 26% dei marketer sta sfruttando di più nel 2023.
Quando si tratta di piattaforme e/o funzionalità emergenti, gli esperti di marketing tengono d’occhio YouTube Shorts. L’83% dei marketer prevede di aumentare i propri investimenti nella funzione video in formato breve, un concorrente di TikTok.
Secondo i dati, la maggior parte dei marketer (oltre il 60%) afferma che i video in formato breve sono il formato più efficace e offrono il ROI più elevato, seguiti da video live e live streaming. Per quanto riguarda l’audio, il 44% dei marketer prevede di sfruttarlo per la prima volta nel 2023.
La (ri)rivoluzione audio del Social Media Marketing
Il punto chiave è che anche le piattaforme audio svolgeranno un ruolo molto più importante nelle strategie di marketing nel 2023 e nel prossimo futuro rispetto al passato. Infatti, la rinnovata attenzione allo screen time giornaliero e al digital detox ha rinnovato l’interesse per i format audio only.
Spotify, leader dello streaming musicale, sta continuando a lavorare su funzionalità inedite che mirano a unire maggiormente gli utenti della piattaforma di streaming: dopo le playlist Blend introdotte nel settembre 2021, gli sviluppatori stanno creando la funzionalità Community, una delle più richieste dai fedelissimi iscritti.
Oltre alla musica, i podcast sono un fenomeno molto rilevante, affermandosi come l’ibrido perfetto tra TV e radio, creando una sensazione di maggiore intimità con l’ascoltatore e comunicando in modo spontaneo (e con minori costi di realizzazione). La sfida per i brand che punteranno su questo format ad alta affezione, sarà di utilizzare i dati di sondaggi, test di usabilità, analisi e altre fonti, per creare podcast che rispecchino gli argomenti e i valori del pubblico.
Creator Economy
Anche se già citata, va ribadita l’importanza dei creator, che stanno cambiando la logica di comunicazione dei social media, con un modello di business che porta i brand deviare la comunicazione dalle pagine aziendali ai canali social dei creator, per raggiungere le loro fanbase.
YouTube, Snapchat, Instagram e TikTok hanno tutti investito per alimentare il fenomeno. Secondo una recente ricerca, di Influencer Marketing Hub, più di 50 milioni di persone in tutto il mondo si considerano creator. I creator non si limitano alle reti di social media, ma quelli che utilizzano i social media contribuiscono al previsto settore degli influencer da 13,8 miliardi di dollari.
Con la maturazione dell’economia dei creatori, anche le strategie si diversificano. I micro-influencer con meno di 15.000 follower sono valutati per avere tassi di coinvolgimento più elevati su Instagram, YouTube e TikTok, offrendo ai marchi più piccoli l’opportunità di far crescere la propria presenza social. In questo senso si spiega l’evoluzione dell’algoritmo di Instagram nel 2023.
Come si impara il Social Media Marketing
I social network non sono una “scatola magica” per comunicare i brand, ma un canale di comunicazione con logiche tecniche e sociali con continuo mutamento. Questo articolo fornisce una base per capire le dinamiche sottese ai social media, mantenere un mindset valido nel lungo termine e riflettere sulle ultime macro-tendenze del 2023.
Ma per imparare davvero a padroneggiare i social media, due sono gli elementi da combinare:
Formazione continua
Confronto con colleghi ed esperti
La soluzione efficace ed efficiente per ottenere entrambi è puntare su una scuola che offra anche ampie occasioni di networking.
Per questo i corsi della Ninja Academy sono un’ottima risposta per chi desidera iniziare una carriera come Social Media Manager o consolidare le proprie abilità con una formazione verticale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_40285497_L-1.jpg10831600Doubleharkenhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDoubleharken2022-08-24 11:00:332023-05-12 18:25:37Social Media Marketing: come farlo nel 2023
La Generazione Z è la protagonista del mercato, il vero focus delle ricerche di marketing, perché in grado di offrire spunti interessanti per l’impresa circa l’orientamento per gli anni futuri.
È la generazione dei nativi digitali che guarda ai social per scovare e partecipare alle tendenze culturali. “Partecipare” è proprio la parola chiave che li caratterizza: è composta da individui creativi, che vogliono esprimersi e far parte di quel processo di vendita che li porta ad essere consumatori. Desiderano condividere creatività, non tanto i propri stati e aggiornamenti personali, (tipico dei Millenial), come mostra la ricerca di Globalwebindex.
Secondo una ricerca di Adolescent Content, solo l’8% della Generazione Z crede che i brand li capisca a fondo, la maggior parte lamenta di non essere coinvolti da loro. È un popolo definibile come fluido, che migra dove trova spazio di espressione, ma quasi esclusivamente all’interno del mondo dei social network, come dimostrato da uno studio di Essence, secondo cui il 77% dei giovanissimi afferma di fare acquisti tramite i social.
La predilezione della Generazione Z per i social cambia il concetto di marketing, “…Cominciano ora ad avere un buon poter di spesa, e sono autori di uno dei più grandi cambiamenti culturali del mondo moderno. Le loro decisioni avranno impatto a lunghissimo termine, in positivo”, ha affermato Liz Toney, co-fondatrice dell’agenzia di marketing PRZM, specializzata sulla Generazione Z.
Non avere paura dei mondi emergenti
Per affermare il proprio brand non ci si può più sedere sul bordo del fiume in attesa che emergano grandi trend, aspettare che un’idea oltrepassi la soglia della diffusione potrebbe essere già tardi! Bisogna capire come far penetrare il brand nel mondo della Generazione Z, tenendo conto delle caratteristiche che la contraddistinguono.
Il punto di forza potrebbe essere la ricerca di nuove piattaforme, sottoculture, tendenze non ancora esplose ma dal forte potenziale.
TikTok è l’esempio più eclatante: in soli 5 anni ha raggiunto 1,2 miliardi di utenti attivi, perché qualcuno, in tempi non sospetti, ha creduto e puntato sul fenomeno. Ora TikTok non è più un evento di nicchia ma il re dei social network, riuscito a superare, in numeri, quelli già affermati come LinkedIn, Twitter e Snapchat.
Le 3 parole chiave per attrarre la Generazione Z
Definisci la mission (i valori portanti dell’azienda): i giovanissimi di questa generazione hanno a cuore temi quali i diritti della comunità LGBTQ, la diversità etnica come ricchezza culturale, la responsabilità sociale d’impresa nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente
Trasparenza e verità: i nativi digitali sanno navigare nel web con capacità, conducono ricerche e seguono le recensioni, sono in grado in grado di scovare eventuali false promesse legate al prodotto e all’azienda
Personalità: il brand deve tirare fuori la voce, non avere paura di mostrare anche le imperfezioni, ma rivendicare con costanza il proprio ruolo, puntando sul divertimento (come sta facendo l’industria cinematografica di Hollywood)
Punta sui nano-influencer
Analizzare una sottocultura è vantaggioso, soprattutto se si è i primi, ma ciò che è fondamentale è avere naso per quelle carte che possono mostrarsi vincenti.
Il concetto di community continua ad essere il pilastro delle strategie social: la parola comunità fa pensare agli esseri umani non tanto ai numeri. I ragazzi vogliono creare una connessione emotiva con il brand e con i coetanei, e in questo sappiamo quanto l’influencer sia importante.
Ma visto che questa figura non è più una novità, così come il micro-influencer, è bene puntare gli occhi sui nano-influencer.
I nano-influencer sono personaggi con un numero di follower limitato (1000-10000 circa), spesso hanno un pubblico di nicchia e un’influenza locale. Hanno un ingaggio dal prezzo ridotto, generalmente infatti l’entrata del lavoro di influencer non è l’unica fonte di sostentamento. E proprio quest’ultimo aspetto è un fattore che gioca a loro vantaggio, mostrano una real life, simile a quella dei tanti giovanissimi, che quindi si identificano con facilità, mostrando un maggior livello di fiducia.
Affidarsi a influencer di questo tipo, apparentemente, sembrerebbe comportare una riduzione delle vendite, in realtà non è importante tanto il numero di follower quanto l’engagement che porta gli utenti a credere nel prodotto: spesso hanno un engagement superiore ad un micro influencer perché i follower sono davvero interessati e intorno a loro si crea una community nella quale si interagisce con facilità.
Scopri le potenziali app del futuro
Per attrarre l’attenzione della Generazione Z bisogna guardare al piccolo, scavare e individuare le novità che consentano di creare ambienti in cui i giovani possano sentirsi protagonisti.
Ogni social network ha un pubblico e delle dinamiche proprie da saper sfruttare. Per fare il salto di qualità bisogna guardare avanti e non ostinarsi a spremere i social già famosi.
Ecco qualche esempio:
Discord: lanciata nel 2015 dalla piattaforma statunitense VOIP, è cresciuta rapidamente fino a 350 milioni di utenti. Nata per offrire ai giocatori di videogiochi un modo per comunicare, oggi riguarda tutti gli utenti che vogliono creare una comunità: dopo aver aperto un server si creano delle stanze suddivise per argomenti, tramite chat, scritte e vocali.
Le chat, pur essendo private, (vi si partecipa tramite link di invito), possono essere molto ampie e connettere youtuber e nano-influencer con i seguaci. L’app sembra invertire la logica dei like, del numero di follower e degli algoritmi tipici del presente, piuttosto ricorda le chat degli anni ’90-2000.
L’azienda ha l’opportunità, ad esempio, di aprire un server aziendale dedicato all’assistenza clienti, con i quali può connettersi e chattare direttamente o comunicare tramite livestreaming, arrivando direttamente al target.
Dispo:fondata nel 2019 dalla star di YouTube David Dobrik e Alexis Ohanian, è il social che lancia la sfida ad Instagram e all’uso incontrollato dei filtri. Funziona come una vecchia macchina fotografica usa e getta, (da cui prende il nome), le fotografie scattate appaiono nei feed degli utenti 24 ore dopo averle scattate (proprio come se dovessero essere sviluppate), e possono essere raccolte in album definiti rullini (rolls).
Riflettendo bene potrebbe risultare un’occasione rispetto ad Instagram, ormai noto a tutti, permettendo di trovare spazio più facilmente, ad esempio, affidandosi ad un influencer che invita i follower a condividere foto in un album comune.
Poparazzi: il social anti-selfie, basato anch’esso sulle foto, ma scattate dagli altri. Fondata dai fratelli Austen e Alex Ma, permette di creare un profilo che si arricchisce di foto in cui l’utente viene taggato da altri, come dei paparazzi, appunto. Non ci sono didascalie, like, commenti, e nessuna modifica agli scatti.
“Una nuova app di condivisione foto che si concentra sul conservare i momenti autentici con gli amici”, si legge nella presentazione su Medium, The anti-selfie club.
Il fatto di non poter modificare le foto dopo che siano state pubblicate, da parte dell’utente taggato, fa sorgere il problema di eventuali scatti imbarazzanti. A tal proposito, si può chiederne l’eliminazione, o limitare, nelle impostazioni, la possibilità di taggare solo alle persone più fidate.
D’altronde, la questione privacy riguarda, in vari m0di, tutti i social, basta essere accorti e responsabili.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_197734362_L-1.jpg8011200Ilenia Vallerianihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlenia Valleriani2022-08-22 10:17:492022-08-01 11:18:37Le nuove piattaforme social per catturare la Generazione Z
Bugatti, tra i marchi automobilistici più esclusivi in circolazione, introduce una nuova identità visiva, più audace, più elegante e fantascientifica.
“Create the Incomparable” rappresenta il fulcro della nuova identità e del design. Bugatti realizza solo opere d’arte e il marchio assicura sempre ai propri clienti un’esperienza assolutamente unica, in linea con il motto di Ettore Bugatti: “Si c’est comparable, ce n’est plus Bugatti” (Se è paragonabile, non è più Bugatti”).
L’aggiornamento mira a segnalare una nuova direzione per l’azienda nel mondo. Il marchio con sede a Molsheim spera di andare oltre l’essere un esclusivo produttore di auto ipersportive per assumere il ruolo di marchio di lusso che si distingue in un mercato contemporaneo.
Tra gli elementi chiave del nuovo look troviamo un design più audace, più sicuro di sé, più moderno.
L’identità prende ispirazione dall’eredità di Bugatti
Un nuovo slancio per incarnare perfettamente la raison d’être della società, che oggi si evolve da iconica casa automobilistica ipersportiva a un marchio luxury di più ampia portata.
Il progetto fa riferimento alle origini francesi con quel vivace Bugatti Blue e una rinnovata attenzione al classico logo EB. Il rebrand segna un nuovo ambizioso obiettivo per la casa automobilistica.
Il nuovo look and feel, a cura della design agency Interbrand, fa riferimento non solo alla ricca storia del marchio, ma analizza come il mondo sia cambiato nel corso degli anni.
L’interpretazione di Interbrand passa attraverso l’iconico logo EB che rimane invariato. L’emblema era stato forgiato originariamente dalle iniziali del fondatore Ettore Bugatti.
“La nuova identità aziendale e il design aziendale di Bugatti racchiudono l’eredità iconica del marchio, dando spazio ai suoi elementi unici, come il logo EB e allo stesso tempo aprendo il marchio a un intero nuovo mondo di esperienze di lusso” spiega Linda Marquardt Head of Strategy di Interbrand.
Elementi distintivi ed eleganti
Tipograficamente, il nuovo logo attinge dai segnali stradali francesi d’epoca e dall’archivio fotografico di Bugatti per formulare un nuovo carattere personalizzato, molto più elegante.
Il nuovo design di Bugatti Newsroom e del sito ufficiale vede la variabile del font stesa per intero.
Nel frattempo, una nuova tavolozza blu richiama ulteriormente le origini francesi del marchio.
Il nuovo look è già stato in parte svelato presso le concessionarie partner e sarà progressivamente svelato al grande pubblico, a partire dal cambio del logo sui social network e dalla ristampa di tutta la cancelleria oltre all’implementazione di una nuova carta grafica per gli eventi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/rebranding-bugatti-nuovo-look-4.jpg5631000Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2022-08-16 10:11:062022-08-01 10:16:27Bugatti rivela un nuovo look audace, elegante e fantascientifico
In questa epoca dove tutto è con o senza etichette, dove nasce un trend al giorno e ne muore un altro con la stessa rapidità. Nella fase in cui la pandemia ci ha reso tutti più “digitali” e meno analogici, il Metaverso entra a capofitto nelle nostre vite, con il suo mondo virtualmente parallelo, insieme a tutti gli NFT con la loro rarità e applicabilità.
Christie’s, una delle case d’asta più tradizionali e storiche d’Europa si è resa protagonista delle due vendite NFT pionieristiche della storia con l’opera di Pebble. Si tratta della prima in assoluto venduta sul mercato nel marzo 2021, e con quella recentemente battuta all’asta per 69.300 dollari di Skygolpe. Dello stesso filone, Hyundai lancia in NFT un pacchetto di optional e gadget per i suoi acquirenti targettizzando un nuovo pubblico più giovane.
Tutti indizi che intendono affermare che gli NFT sono destinati a restare, così anche i più conservatori se ne devono fare una ragione. Ma è veramente così importante? Partiamo dalla definizione.
Gli NFT, acronimo di Non Fungible Token, sono a tutti gli effetti certificati digitali che attribuiscono ad un’opera, un’immagine o un personaggio di un videogioco, la proprietà da parte di un soggetto ben definito, proprietà che viene acquistata e scambiata usando criptovalute. Più il soggetto è raro, più il suo NFT avrà un valore economico rilevante.
Il paradigma diventa, quindi, legato al possesso di un bene e non al bene stesso.
NFT sì o no, il grande dilemma
Basta attivare Google Trend per capire che “NFT” è tra i trend mondiali, ma concentrato tra pochi Paesi: Cina, Hong Kong e Singapore compongono il podio in cui l’acronimo rappresenta uno dei maggiori trend di ricerca con circa 20.000 ricerche mensili per milione di abitanti.
In Europa, il trend registrato è disomogeneo, con Stati anti-NFT come il caso polacco o pro-NFT se si parla del Montenegro; picchi estremi che vedono tra loro ricerche più o meno frequenti a tema.
Questa diversità è, probabilmente, legata alla storia che hanno vissuto e incarnano i due continenti, il cosiddetto vecchio continente ancora molto legato alla visione analogica e materiale del possesso e dove anche la diffusione di tecnologia “avanzata” è ancora agli albori; in contrasto con un continente che ha fatto dell’innovazione tecnologica la sua forza nel mondo e, in cui, novità come queste non possono che arrivare per prime.
Ma ora analizziamo, come si fa nei migliori casi, i pro e i contro dei tanto chiacchierati NFT.
Sono democratici. In un mondo, come quello post pandemico, in cui i rapporti sociali sono ridotti al minimo, avere un ambiente, seppure digitale, in cui ogni possessore di NFT è uguale ad un altro, con lo stesso potere decisionale o di discussione è un vantaggio. Anzi rappresenta uno dei modi più concreti oggi di sentirsi parte di un gruppo o di una “community” che dir si voglia
Creano interazione. Per i brand che vogliono abbracciare il mondo NFT la possibilità di creare un rapporto esclusivo con i propri clienti, tramite release dedicate o pacchetti speciali, è sempre più rilevante. Si ha quindi la possibilità di fornire del valore aggiunto ai propri clienti
Rappresentano un nuovo tipo di investimento. Portando con sé il titolo di una proprietà, possono aumentare o diminuire il loro valore nel tempo o in relazione alla rarità di quello che rappresentano; quindi, oltre che una rendita, possono confluire nel capitale di una azienda
Definiscono in modo univoco ed inequivocabile un titolo di proprietà grazie alla loro registrazione in blockchain
Donano valore al creatore del contenuto: pago per avere una tua opera, sei un’artista concretamente valorizzato. Il concetto della fruizione gratuita o freemium va a decadere.
Ma ora, perché NFT no?
Non è vero che sono a numero limitato, nessuno ti impedisce, e ci sono piattaforme dedicate, di creare degli NFT nuovi da immettere sul mercato, con il problema del copyright per l’acquirente: certo tu “possiedi” l’opera che acquisti, ma il copyright dell’opera rimane in capo al suo creatore che potrebbe replicarla quando vuole
La blockchain non è ancora di comune utilizzo e, quindi, l’archiviazione dell’NFT non è completamente al sicuro: non è detto che l’algoritmo-magazzino del tuo certificato sia eterno. Il rischio che improvvisamente scompaia esiste.
Anti-Green. Minare e tenere in vita intere stringhe scritte in blockchain costa energia e capitali importanti per i minatori, con un conseguente impatto ambientale molto rilevante.
Tutto in poche mani. Il sistema di creazione di NFT e di blockchain oggi è per il 70% localizzato in Cina, senza una vera decentralizzazione del sistema il punto 1 dei vantaggi, la democraticità, potrebbe venire meno.
Gli NFT più chiacchierati e cercati sul web
Axie Infinity e Decentraland, in assoluto gli NFT più popolari con una diffusione, del primo, in 112 Paesi al mondo e il secondo quello il più ricercato in 43 Stati. Vediamo una carrellata di NFT popolari, così da avere un quadro completo.
Partiamo da:
Axie Infinity è il gioco più famoso online quando si parla di NFT e cryptovalute, AXS è tra le prime 50 crypto capitalizzate sul mercato ed è solo una delle due del gioco, quella utile a comprare Axie o terreni, l’altra, Smooth Love Potion, attesta più un “riconoscimento” di potere e si ottiene sconfiggendo l’avversario in battaglia. Durante il gioco, il giocatore, può guadagnare AXS sbloccando livelli o vincendo battaglie e li può sia riutilizzare nel gioco che convertirli in denaro corrente, secondo il modello Play-to-Earn. Cosa c’entrano, però, gli NFT? Ogni Axie è un NFT. Un Axie è una sorta di animaletto da combattimento le cui sembianze sono composte da combinazioni di algoritmi, combinazioni infinite che creano, così, NFT unici infiniti. AXS è stato distribuito a giugno 2020 e, oggi, la fornitura totale di AXS è pari a 270 milioni di AXS, di cui sono attualmente in circolazione 60 milioni di token, ma entro il 2026 saranno tutti sul mercato.
Decentraland, invece, è strettamente connessa al Metaverso e ha come protagonisti tanti piccoli avatar umani impegnati nella compravendita di terreni attraverso la sua crypto nativa MANA. Gli NFT di Decentraland sono i Land, ossia gli spazi che gli utenti possono acquistare e vendere nella piattaforma. Ci sono a disposizione circa 2 miliardi di MANA, di cui, oggi, solo la metà circa è in circolazione.
Passiamo poi aBored Ape Yacht Club, la collezione composta da 10.000 NFT unici di immagini di scimmie con caratteristiche tutte diverse tra loro. Il loro successo è stato così dirompente che oggi sono disponibili solo da reselling con un prezzo a partire da 380 dollari cadauno.
Chi possiede le Bored Ape, non solo ha in mano uno strumento di investimento, ma ha accesso a contenuti limited edition, come accessori o animali domestici per la sua scimmia, oltre che a una prelazione su nuove release di Bored Ape. Il futuro riserva la nascita di un proprio Metaverso, con la raccolta di circa 460 milioni di dollari per la sua creazione.
Chiudiamo con OpenSea, che più che NFT in sé, è la piattaforma che permette ai content creator di creare il loro NFT. Coniare, comprare, vendere e visualizzare NFT ecco a cosa serve OpenSea. Dopo uno scandalo che l’ha vista protagonista nel 2021, nel 2022 si è assicurata finanziamenti per 300 milioni di dollari che hanno portato la sua valutazione a oltre 13 miliardi di dollari
Staking NFT, cos’è e a cosa serve
Staking NFT, di cosa si tratta? Per Staking NFT si intende la politica per il quale si sta bloccando la vendita e lo scambio di un NFT su una porzione di blockchain, NFT sbloccabile solo in seguito al pagamento di una sorta di ricompensa, anche più alta del valore stesso dell’NFT.
Lo Staking NFT, quindi, porta del reddito passivo al possessore del certificato, in quanto, come in tutti i migliori mercati, riducendo la disponibilità di un prodotto ne aumenta il valore e bloccando degli NFT, gli utenti possono ricevere delle ricompense in base a un rendimento percentuale annuo (APY) e al numero di NFT in Staking.
La pratica di Staking aumenta quindi le rendite andando a contrastare comunque i problemi ambientali di minare nuovi NFT.
Un altro modo di vedere lo Staking NFT è quello dell’asta o della scommessa, chi possiede crypto da investire le investe in tavoli in cui sono presenti NFT bloccati, la maggior offerta avrà, probabilmente, i diritto di proprietà. Le Crypto su ogni tavolo possono essere disinvestiti all’occorrenza e le piattaforme di staking danno ai diversi puntatori delle ricompense giornaliere.
Axie Infinity è una piattaforma che ha il suo canale di Staking con gli animaletti da collezione.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/3colour-g664f1a545_640-Small-Mobile.jpg202320Emikohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEmiko2022-08-12 10:00:522022-08-02 09:41:32NFT: pro e contro di un trend che rischia di trasformarsi in bolla
Il gaming sulle smart tv rappresenta la nuova frontiera della pubblicità. A dirlo è un rapporto di Samsung dal titolo “Behind the screens: gaming trends report” che mostra chiaramente quanto stia crescendo il gaming delle CTV, i televisori connessi a Internet per la riproduzione di video e musica in streaming.
I gamer, definiti come i nuovi heavy streamer della tv intelligente, trascorrono davanti lo schermo il 45% in più di tempo rispetto a chi non gioca.
“Il valore crescente del gaming e il continuo engagement dell’audience post pandemia rivelano come il gioco sia diventata una vera e propria abitudine quotidiana degli utenti dei televisori Samsung. E la nostra posizione unica e privilegiata nel settore del gaming ci permette di comprenderne i fruitori sia dal punto di vista dell’hardware che da quello del comportamento”, ha commentato Alex Hole, vicepresidente di Samsung Ads Europe.
Dai numeri dell’azienda emergono dati positivi per gli investitori e per il mercato pubblicitario che si sta muovendo in tal senso. Per i brand è importante capire dove i consumatori fruiscono i contenuti, per entrare direttamente in contatto con loro.
Essere attenti all’evoluzione dei comportamenti degli utenti è l’elemento chiave per essere presenti, aumentare la copertura e non perdere terreno rispetto ai concorrenti.
L’aumento delle vendite delle CTV apre quindi nuovi possibili scenari. Vediamoli nel dettaglio analizzando qualche dato.
I dati del rapporto Samsung Ads parlano chiaro: nel primo trimestre 2022 le smart tv utilizzate per giocare hanno mostrato un aumento del 12% annuo rispetto al primo trimestre dell’anno precedente, registrando di fatto un passaggio da 4,8 milioni di utenti a 5,4 milioni.
In particolare, in Italia si registra un +10%, equivalente esattamente a 786.000 tv Samsung utilizzate per il gioco.
Un valore che sta crescendo anche in Europa. In particolare, nell’EU5 (Francia, UK, Germania, Spagna, Italia), le ore passate a giocare con una smart tv sono aumentate del 9%, passando da 530 milioni di ore nel primo trimestre 2021 a 576 milioni di ore nello stesso trimestre del 2022. Aumenta del 2% anche il tempo medio delle singole sessioni di gioco.
Gamer batte streamer
I numeri rendono il mercato dei gamer sempre più attraente: dal rapporto emerge che i giocatori trascorrono il 45% in più di tempo di fronte allo schermo rispetto ai non giocatori; per il 51% del loro tempo sono presenti in ambienti streaming, per il 32% in ambienti lineari, con fruizione di contenuti video in diretta con abbonamento via cavo/satellite/antenna, come la tv tradizionale.
I soggetti che giocano ai videogiochi su smart tv infatti raggiungono in media 195 ore di streaming a trimestre, rispetto ai non gamer, con 101 ore di fruizione lineare.
Nel nostro Paese, il 25% risulta essere un giocatore “heavy streamer”, cioè molto forte in considerazione del tempo dedicato all’attività, e viceversa il 44% degli heavy streamer italiani è un giocatore.
I gamer sono “sul pezzo”
Non solo heavy streamer, i gamer risultano essere anche heavy adopter, pronti ad adottare con repentinità nuove tecnologie. Tra i giocatori con tv connesse Samsung risulta che la maggioranza utilizza ancora console di prima generazione (PS4, Switch, Xbox One), parliamo del 79% della totalità delle console nei territori EU5, ma il numero è destinato a cambiare in fretta. Le console di nuova generazione (PS5, Xbox Series X e S), lanciate nel novembre 2020, si stanno facendo largo con prepotenza nel mercato. In Italia, Samsung ha registrato una crescita del 150% nel primo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021.
Quest’ultimo non è un dato da sottovalutare, considerando che il gioco con le nuove console ha infatti portato ad un aumento del tempo trascorso davanti allo schermo: nei primi tre mesi di quest’anno, il tempo medio giornaliero di gioco con una smart tv Samsung è salito ad 1 ora e 36 minuti, rispetto ai 38 minuti dell’anno scorso.
L’atteggiamento dei consumatori di fronte ad un nuovo prodotto dipende dalle proprie inclinazioni. Generalmente gli innovatori, disposti ad assumersi il rischio, oscilla intorno al 2%, secondo il libro “Marketing, Il Management orientato al mercato”, Pastore, Mattiacci.
Il fenomeno, nelle caso delle console, è probabilmente dovuto alla curiosità per la novità, ma non solo:
“La superiorità del tempo trascorso dai gamer davanti alle nostre TV non può, però, essere attribuita solo al gaming. È più probabile che accedano ad una serie di opzioni Smart TV, dalla TV lineare alle piattaforme di streaming on-demand. Ed è così che per i gamer, le Smart TV diventano il fulcro della casa”, ha specificato il Vicepresidente Hole.
Il valore del gaming per la pubblicità
Il 34% delle ore di streaming sulle tv dei giocatori è rappresentato dalla fruizione di contenuti in ambienti AVOD (ad-supported video on demand), piattaforme di streaming a cui gli utenti accedono gratuitamente grazie al supporto della pubblicità. Il tempo che vi passano i giocatori registra il 41% in più rispetto ai non giocatori.
L’approccio degli utenti verso tali piattaforme appare positivo, dimostrando di accettare di buon grado i messaggi pubblicitari. YouTube è ancora la regina indiscussa del settore, ma altre piattaforme, come Samsung Tv Plus, Pluto e Rakuten, vedono aumentare l’apprezzamento nei loro confronti in Europa.
Nell’EU5, i giocatori hanno il 10% di probabilità in più di guardare Samsung Tv Plus (il servizio streaming di proprietà Samsung, supportato proprio dalla pubblicità). Per quanto riguarda la tipologia di contenuti, i preferiti sulla piattaforma dell’azienda, nel primo trimestre dell’anno in corso, sono stati l’intrattenimento, le news e l’istruzione.
Con la raccolta dei dati relativi al rapporto emesso il 19 luglio, provenienti da circa 30 milioni di Samsung Smart Tv, l’azienda ha presentato una visione olistica dei comportamenti dei telespettatori, senza dubbio di grande utilità per gli inserzionisti pubblicitari dell’Advanced Tv.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/My-project-1-6.jpg608900Ilenia Vallerianihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlenia Valleriani2022-08-11 10:00:302022-08-17 12:43:21Il gaming sulle smart tv rappresenta la nuova frontiera della pubblicità
Marketing inclusivo e comunicazione che toccano tutte le sfere dell’unicità di ciascun individuo, sono i trend sociali che stanno modificando le strategie di business delle organizzazioni. Effetto dell’onda comprensiva e accogliente che si è sviluppata negli ultimi anni che sta modificando i messaggi pubblicitari dei brand. A luglio 2020 Microsoft ha pubblicato lo studio “The Psychology of Inclusion and the Effects in Advertising:Gen Z” svelando due realtà fondamentali:
Il 70% dei giovani intervistati ha dichiarato di fidarsi maggiormente di brand che rappresentano la diversità nella loro comunicazione
Il 49% ha affermato di aver smesso di comprare i prodotti dei marchi che non rispettano i valori in cui credono
Il Marketing inclusivo parte dall’identificazione dei bisogni
“Rappresentare l’unicità”, è quello che oggi viene definito Marketing Inclusivo, quell’approccio che, come spiega MJ DePalma, responsabile del marketing multiculturale e inclusivo per Microsoft Advertising: “Evidenzia o risolve un aspetto della diversità dove si verifica l’esclusione“. Ma le differenze devono includere!
Per unicità non si intendono solo fattori come l’orientamento sessuale, il genere e l’etnia, ma ogni singola sfumatura individuale: dalla lingua al reddito, dagli hobby all’età, dalle passioni fino all’aspetto fisico.
Come esperti di marketing, amiamo mettere il nostro pubblico in piccole scatole soddisfacenti, indirizzando i nostri messaggi a quel cliente ideale che soddisfa una manciata di dati demografici predeterminati.
Incorporare strategie di marketing inclusive significa uscire da queste scatole e capire che le persone hanno identità multiple.
Il marketing inclusivo tocca le sfere dell’età, della religione, dell’etnia e non esclude nulla. Fonte: Thunder Tech
Il pubblico sta diventando sempre meno omogeneo, soprattutto nelle nazioni occidentali. Le persone vogliono vedersi rappresentate rispetto alla Brand Purpose, e dal marketing che viene fatto, e ci sono due ragioni principali per cui è necessario incorporare strategie di marketing inclusive per qualsiasi azienda che cerca di crescere e mantenere un punto d’appoggio all’interno del proprio settore.
Marketing inclusivo, quando i brand sposano l’unicità
Quando celebriamo le persone nel mondo reale, vincono tutti. Nel 2020, l’US Census Bureau ha rilevato oltre il 42% degli americani come non bianchi, rispetto al 36% nel 2010 e il Pew Research Center stima ha stimato che gli Stati Uniti non avranno un gruppo razziale maggioritario entro l’anno 2055.
La campagna inclusiva lanciata da IKEA. Fonte: Pinterest
Un esempio virtuoso di marketing inclusivo è IKEA: un brand che ha costruito la propria immagine sull’impegno sociale e la lotta per i diritti.
Già nel 2011, 5 anni prima che la legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso fosse approvata, e in anticipo rispetto a ogni trend, IKEA lanciò la campagna “Siamo aperti a tutte le famiglie“ in occasione dell’inaugurazione di un nuovo negozio a Catania.
Il Marketing inclusivo fa bene agli affari
Secondo Google, il 69% dei consumatori neri ha maggiori probabilità di acquistare da un marchio che riconosce e parla della loro etnia. Lo stesso articolo rivela che il 71% dei consumatori LGBTQ+ ha maggiori probabilità di interagire con un marchio che li rappresenta autenticamente e parla del loro orientamento sessuale, (ad esempio AKA un marchio che non sventola solo la bandiera arcobaleno dal 1° al 30 giugno).
L’attenzione alle peculiarità non sta nel rimarcare le differenze etniche creando esclusione. Fonte: Thunder Tech
Le persone chiedono il riconoscimento delle diversità da parte dei media dei quali sono fruitori. Nel 2021, l’UCLA ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla diversità che analizza i media dell’anno precedente. Il rapporto ha rilevato che i film in cui meno dell’11% del cast era rappresentativo di gruppi minoritari erano quelli con la performance più bassa al botteghino nel 2020. Al contrario, le vendite dei biglietti erano più alte quando oltre il 20% del cast era costituito anche da minoranze.
Qualsiasi azienda, qualsiasi dimensione e in qualsiasi settore può implementare strategie di marketing inclusive. Bisogna incorporare i principi chiave nella campagne, negli elenchi di lavoro oppure nei progetti web.
1. L’accessibilità è fondamentale
L’accessibilità digitale è la pratica per garantire che tutte le persone possano utilizzare un prodotto digitale, come un sito Web, indipendentemente dalle capacità e performance individuali rispetto alla vista, all’udito, al livello cognitivo, di lettura e di coordinazione motoria.
Ci sono 285 milioni di persone in tutto il mondo che soffrono di disabilità visive e questa comunità dovrebbe essere in grado di accedere ad un sito web come gli altri. Allo stesso modo, oltre 430 milioni di persone soffrono di problemi di udito e desiderano godersi i contenuti video per cui si è lavorato duramente.
L’accessibilità digitale include, ma non si limita a:
Usare il testo alternativo sulle immagini per descriverle a parole
Selezione di colori di facile lettura per le risorse creative, in particolare per gli utenti ipovedenti
Posizionamento delle etichette all’esterno del campo modulo
Scelta di immagini ad alto contrasto
2. La rappresentanza conta
Questo è rivolto a tutti i team creativi là fuori, in particolare quelli che utilizzano immagini e video di stock. Marketing inclusivo significa lavorare per garantire che le risorse finali siano diverse e pienamente rappresentative di tutto il pubblico, anche quando richiede maggiore lavoro.
La maggior parte dei siti di foto d’archivio, ampiamente utilizzati dai team creativi, presentano principalmente modelli bianchi e normodotati e hanno opzioni limitate di tutte le altre razze, dimensioni e abilità. La scrittrice Nisha Mody ha scritto un eccellente commento su questo argomento, che puoi leggere per intero qui.
I designer dovrebbero fare uno sforzo per includere BIPOC, donne, corpi di diverse dimensioni e persone con disabilità nelle risorse creative. Le immagini che abbiamo diffuso nel mondo definiscono ciò che è normale per il cervello umano vedere e la diversità dovrebbe essere la norma.
3. Espandi le tue vacanze
I team dei social media amano balzare sui contenuti relativi alle vacanze, ma tendono ad avere difficoltà ad andare oltre le festività statunitensi ed eurocentriche come il 4 luglio, il Ringraziamento e il Natale.
C’è da considerare che nel 2020, il 92% degli americani ha celebrato il Natale, il 5% ha celebrato Hanukkah e il 3% ha celebrato Kwanzaa. Un totale del 5% ha celebrato più di una di queste festività. Il 3% dell’America può sembrare minuscolo, ma si tratta comunque di una fetta consistente, circa 4,8 milioni di persone.
Includere vuol dire analizzare i dati, perché nulla è marginale. Fonte: Thunder Tech
Al di fuori dei mesi invernali, sarebbe proficuo chiedere al team Social Media, di celebrare in modo rispettoso e appropriato festività come Juneteenth, Chinese New Year ed Eid al-Fitr.
4. Non dare per scontato il proprio pubblico
Identificare e parlare correttamente con il pubblico di riferimento, piuttosto che presumere da chi sia composto e comprendere cosa le singole persone vogliono sentire. I pregiudizi subdoli possono indurci ad appoggiarci a nozioni preconcette di genere, razza e altri identificatori.
Il modo migliore per evitare ipotesi è condurre il lavoro interno individuale. L’Harvard Implicit Association Test (IAT), scopre i pregiudizi inconsci esistenti all’interno del candidato. L’uso di strumenti come questo rende i pregiudizi impliciti più trasparenti. Conoscere questi pregiudizi è il primo passo per superarli e impedire che si riversino nel lavoro.
Infine, diventa cruciale basare le Buyer Personas e i profili dei clienti solo su fatti e realtà.
5. Evitare gli stereotipi nella pubblicità
Gli stereotipi sono ancora diffusi nel mondo del marketing, soprattutto quando le organizzazioni presumono di conoscere il proprio pubblico. Ad esempio, nel 2021 una copia del New York Times mette in luce gli autori del libro “Brandsplaining: Perché il marketing è (ancora) sessista e come risolverlo”, affermando che:
“Nel 2019, il Geena Davis Institute on Gender in Media ha scoperto che le pubblicità per i premi al prestigioso festival pubblicitario di Cannes Lions raffiguravano personaggi maschili che lavoravano quasi il doppio dei personaggi femminili. I personaggi maschili erano anche più numerosi dei personaggi femminili di due a uno e avevano il doppio del tempo sullo schermo e sul tempo di parola. Un altro studio condotto da Ebiquity, una società di consulenza mediatica, ha rilevato che, degli annunci trasmessi nel 2016, solo il 4% mostrava donne in posizioni di leadership”.
Dunque possiamo affermare che gli stereotipi hanno un fondamento che poi ritroviamo nella realtà. Ma gli stereotipi non sono la realtà. Il modo migliore per evitare gli stereotipi nel marketing è fare ricerche, scandagliare dati e controllare sempre il lavoro.
6. Usare un linguaggio accessibile a tutte le persone
L’inclusione parte dal linguaggio
Tutti i messaggi (aziendali e di marketing) dovrebbero utilizzare un linguaggio inclusivo, che mira a evitare qualsiasi implicazione sessista, razzista od offensiva nelle comunicazioni.
Un linguaggio neutrale rispetto al genere (“persona addetta alla posta” invece di “postino”)
Lingua prima persona (“persona senza casa” invece di “senzatetto”)
Termini relativi all’identità (“persona anziana” invece di “anziano”, “utente sulla sedia a rotelle” invece di “in sedia a rotelle”)
7. Misurare l’impatto
Dopo aver implementato le strategie di Marketing inclusive e aver iniziato a lanciare campagne con l’inclusività al primo posto, risulta fondamentale misurare l’impatto piuttosto che l’intenzione.
Si dovrebbe comunque fare un debriefing internamente per discutere di come ciascuna campagna ha raggiunto gli obiettivi e di come è possibile migliorare per la prossima volta. Solo il pubblico al quale ci rivolgiamo può dare un feedback corretto sull’impatto. Anche le migliori intenzioni possono sfociare in modi sbagliati.
8. Essere intenzionali e trasparenti
Per creare unicità ed equità nel posto di lavoro, bisogna essere intenzionali e trasparenti attraverso la definizione degli obiettivi. Gli obiettivi di diversità, equità e inclusione (DEI) variano a seconda dell’azienda, ma i traguardi comuni includono:
Quote di leadership (es. il 50% del team esecutivo deve essere composto da donne)
Quote di candidati (es. 50% degli intervistati devono essere minoranze)
Creazione di un consiglio interno per la diversità
Ospitare regolarmente seminari DEI per i dipendenti
Intenzionalità significa anche parlare apertamente di come rendere le campagne e le strategie più inclusive. Ogni campagna dovrebbe essere valutata da un obiettivo di marketing inclusivo prima del lancio, per garantire che le strategie DEI siano state adeguatamente integrate.
Spetta ai marketer e ideatori della campagna, adempire alle task ed evadere le pratiche.
Come Marketer controlliamo ciò che il nostro pubblico vede e consuma, quindi l’inclusività deve essere la norma ed essa parte dall’analisi dei dati. Non a caso oggi si parla molto di Precision Marketing.
La coerenza e le azioni deliberate, grandi e piccole che siano, rappresentano l’unico strumento per azionare un cambiamento duraturo e positivo nel settore.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/Inclusività.jpg267400Daniele D'Amicohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDaniele D'Amico2022-08-09 11:00:332022-07-25 16:19:50Il marketing inclusivo come valore aggiunto per il business
Hootsuite è la piattaforma di social management, tra le più diffuse, creata da Ryan Holmes nel 2008. Il software offre soluzioni per la pianificazione editoriale, per la gestione delle campagne e delle conversazioni attraverso un’unica dashboard. Qualche giorno fa il marchio ha introdotto una nuova identità.
Il riposizionamento di Hootsuite in un mercato rumoroso
Negli ultimi dieci anni, il settore in cui Hootsuite ha fatto da apripista è diventato molto affollato. I nuovi competitor e i marchi emergenti hanno creato una forte concorrenza e un mercato molto rumoroso, con diversi player pronti ad aggiudicarsi una propria fetta di mercato.
Qualche elemento della vecchia identità
Hootsuite si trova al centro di una modernità e di uno spazio che si fa sempre più complesso.
Ambiente competitivo
Per ristabilire il suo ruolo come leader del settore, il software necessitava di evolvere la propria posizione integrando social media marketing, commercio e assistenza.
La nuova identità del marchio è stata disegnata dalla società globale di consulenza marketing e brand strategy Prophet.
Il gufo cambia look
La visual identity di Hootsuite parte dal restyling di Owly: la mascotte è stata completamente reinventata.
Oggi il gufo, con la testa ampliata e ottimizzata, vuole emozionare, interagire e diventare un personaggio empatico, grazie al suo corpo completo e alle sue multi sfaccettature e pose.
Le nuove pose della mascotte
Owly si dota così di nuove illustrazioni flat e giocose e di un wordmark assolutamente funky.
La nuova tavolozza è audace e si ispira ai colori della natura. Gli elementi fondamentali sono stati ridefiniti, trasformati in tratti umani, tattili e caldi.
Il progetto di rebranding mostra un marchio moderno e visionario, ma allo stesso tempo cordiale, con un sistema di design nitido e dinamico.
Ritmo, slancio e trasformazione: il nuovo sistema riflette l’energia del panorama social e l’impatto positivo che Hootsuite può avere sulle organizzazioni, sui consumatori e sulla società.
Nuovi linguaggi per parlare alle nuove generazioni
L’identità verbale strizza l’occhio alla next generation in una maniera totalmente unica, mostrando l’esperienza di Hootsuite anziché raccontarla.
Dopo un audit specifico sui competitor, la piattaforma ha identificato l’opportunità di assumere una personalità di mentore scaltro: esperto, calmo e persino giocoso.
Processo di scelta del logo
Il linguaggio incoraggia in modo sincero, offre il supporto necessario per elevarsi e differenziarsi con giocosità.
A questo si aggiunge quel tocco di colloquialismo canadese che non tradisce le origini dell’azienda, nata a Vancouver.
Include intercalari giocosi e moderni per esprimere il proprio punto di vista da insider, dare energia al contenuto e relazionarsi con le generazioni più giovani.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/rebranding-hootsuite-7.jpg450800Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2022-08-05 10:00:432022-08-05 17:26:48Il rebranding di Hootsuite riposiziona la piattaforma sul mercato con una nuova mascotte
Il pubblico digitale ha manifestato chiaramente di preferire ambienti positivi nel contesto dei media e questo è confermato anche dalle preferenze della Gen Z.
Negli ultimi anni, si è assistito ad un rapido e significativo cambiamento di rotta nella comunicazione aziendale: sempre più brand, mosse dalla crescente sensibilità del pubblico nei confronti di temi come la “positività” e l’“inclusività”, hanno scelto di promuovere campagne pubblicitarie finalizzate ad abbattere i vecchi stereotipi e valorizzare tutto ciò che fa parte dell’identità di una persona: colore della pelle, età, orientamento sessuale, identità di genere, tipologia di corpo, etnia, cultura, lingua, religione.
Ora più che mai, la percezione generale di argomenti come la creazione di spazi positivi online e il comportamento dei brand è radicalmente cambiata.
La positività, l’ispirazione e la personalizzazione risultano essere fattori determinanti nella scelta dei consumatori, dal momento che le persone vogliono sentirsi rappresentate nei contenuti in cui si imbattono online. Tutti i dati sulle abitudini di acquisto della Gen Z confermano l’attenzione al fenomeno.
Secondo il Report Digital – Global Digital Overview, più di 1 persona su 2 ha espresso la propria preoccupazione a proposito del fenomeno delle fake news (52%), sottolineando come il dialogo online debba essere sempre positivo e ispirazionale.
Inoltre, come sottolineato in un report condotto da Microsoft, i temi della positività e dell’inclusione diventano ancora più importanti per i target più giovani: il 70% dei Gen Z intervistati afferma di fidarsi di brand che rappresentano un pubblico più ampio nelle loro pubblicità, mentre il 49% ammette di aver smesso di acquistare prodotti da aziende non in linea con i propri valori.
Inclusione e positività: le abitudini di acquisto della Gen Z
Per esplorare il tema fondamentale dell’inclusività e positività online, per Ninja Marketing ci siamo rivolti a Christian Cochs, Head of Sales for Italy and Spain at Pinterest per parlare delle iniziative intraprese dalla piattaforma al fine di creare uno spazio positivo su Internet dove tutti i consumatori possono sentirsi adeguatamente rappresentati.
Che cosa significa marketing positivo per Pinterest?
Il pubblico sta diventando sempre meno omogeneo, in particolar modo in Occidente. Le persone vogliono vedersi rappresentate nei brand e nelle loro scelte di marketing. Noi di Pinterest diamo molta importanza all’inclusività. Creare un prodotto e un ambiente in grado di ispirare è più fondamentale che mai.
La nostra missione consiste nell’aiutare tutti a sentirsi a proprio agio su Pinterest, e per questo motivo, vogliamo che i Pinner di tutto il mondo scoprano idee su misura per loro, pertinenti e a loro affini. Il nostro obiettivo è utilizzare la tecnologia per il bene di tutti e far sì che sia facile per le persone, chiunque siano, trovare ispirazione su Pinterest.
Quali sono le iniziative implementate dalla piattaforma per la Gen Z ma non solo?
Giugno è stato il mese del Pride e Pinterest continua a investire risorse per diventare sempre più una piattaforma di riferimento per l’inclusione e l’ispirazione.
Il Fondo per i Creator è già stato esteso ad altri due paesi, il Regno Unito e il Brasile, offrendo così l’opportunità ad un numero maggiore di Creator appartenenti alla comunità LGBTQIA+ di crescere, instaurare relazioni ed avere successo su Pinterest.
Per fare in modo che la creatività LGBTQIA+ non passi in secondo piano, limiteremo le barriere di accesso al Fondo per i Creator, in modo che possano raggiungere nuovi segmenti di pubblico su Pinterest. Al contempo, metteremo a disposizione delle risorse che permetteranno loro di dare libero sfogo alla creatività sulla piattaforma.
L’obiettivo del Fondo per i Creator è infatti stimolare il talento grazie a un supporto economico e formativo.
Quest’anno, Pinterest ha anche annunciato l’espansione della Ricerca per Tipo di Capello ad altri nove paesi, tra cui l’Italia. Si tratta di una tecnologia di ricerca per tipo di capello unica nel suo genere che permette ai Pinner di trovare tra i miliardi di idee relative ai capelli quelle più adatte a loro.
Grazie al rilevamento di oggetti basato sulla visione artificiale, gli utenti avranno la possibilità di affinare i risultati in base a sei tipi di capello: acconciatura protettiva, super ricci, ricci, mossi, lisci e rasati/calvi. Questo significa che quando si effettua una ricerca come “acconciature” o “idee colore capelli”, è possibile personalizzarla selezionando uno dei sei tipi di capello.
Nella stessa ottica, lo scorso anno Pinterest ha deciso di espandere Skin Tone Ranges ad altri tredici paesi, compresa l’Italia. Skin Tone Range è una funzionalità esclusiva e permette agli utenti di affinare le proprie ricerche di bellezza in base a una gamma di tonalità di pelle.
Applicando un filtro, vengono aggiornati i risultati di ricerca, che mostreranno contenuti in linea con la tonalità selezionata.
Altre policy implementate da Pinterest nel corso degli anni per promuovere inclusività e positività sono:
Nel 2016, Pinterest ha vietato la pubblicità sui contenuti sensibili compresi i costumi tradizionali appropriati e inappropriati
Nel 2017 ha lanciato una policy relativa alla disinformazione in ambito sanitario che vieta contenuti anti-vaccinazione
Nel 2018 ha posto fine agli annunci politici
L’anno successivo ha introdotto la Ricerca Comprensiva per le persone che cercano supporto per la salute mentale e ha lanciato un’esperienza di ricerca autorevole per le ricerche relative ai vaccini
Nel 2020, Pinterest ha lanciato una policy per vietare la disinformazione relativa alle elezioni ed altri momenti di partecipazione civica
Lo scorso anno ha aggiornato la propria policy sugli annunci per la perdita di peso, vietando tutti gli annunci con linguaggio e immagini relativi alla perdita di peso
E infine, quest’anno ha espanso le proprie linee guida per la community e la pubblicità, vietando tutti gli annunci pubblicitari contenenti disinformazione climatica.
Quale impatto ha il marketing inclusivo sulla performance di una campagna di comunicazione o pubblicitaria?
Secondo una ricerca condotta da Pinterest basata sui dati globali della società di intelligence Morning Consult, 6 adulti su 10 sono più propensi a ricordare i brand con cui entrano in contatto quando sono in un mindset positivo e provano sentimenti favorevoli nei confronti dei brand con cui entrano in contatto in ambienti altrettanto positivi.
La ricerca di Pinterest evidenzia che nel mondo post-COVID, il contesto in cui i brand appaiono conta.
Infatti, risulta chiaro che la negatività non aiuta i brand. L’odio e le divisioni forse incoraggiano le persone a cliccare, ma non ad acquistare. La nostra ricerca più recente mostra che gli ambienti negativi fanno sì che le persone siano meno disposte a fidarsi e ad acquistare dai brand. In altre parole: gli spazi online negativi non fanno altro che far perdere denaro ai brand. Incorporare strategie di marketing inclusivo è quindi una mossa necessaria per qualsiasi business che vuole crescere e mantenere una posizione di rilievo nel settore.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_208739654_L-1.jpg9331399Pinteresthttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngPinterest2022-08-03 16:04:272022-08-03 16:04:27La Gen Z compra solo da chi rispecchia i suoi valori. Ecco perché
Terna sbarca su TikTok con una campagna di “talent attraction” per il primo Master in Digitalizzazione del sistema elettrico per la transizione energetica, organizzato dal gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale con le Università di Cagliari, Palermo e Salerno, nell’ambito del progetto Tyrrhenian Lab, in partenza il 14 novembre.
Terna sbarca su TikTok: l’obiettivo
L’obiettivo è quello di parlare alla Generazione Z e attrarre talenti al servizio del complesso processo di transizione verso le energie rinnovabili, attraverso i centri di alta formazione del Tyrrehenian Lab. Per questo, il gruppo guidato da Stefano Donnarumma ha deciso di approdare per la prima volta sul social media più frequentato dai ragazzi.
Proprio i giovani, con la loro sensibilità ambientale, con il desiderio di incidere sulla realtà, con l’orgoglio di essere “nerd”, come spesso accade agli studenti STEM (Science, Technologies, Engineering and Mathematics), sono i destinatari dei due temi della campagna, “Are you nerd?” e “Fuga di cervelli”.
I video sono stati realizzati da tiktoker particolarmente seguiti sui temi della sostenibilità e della formazione: Andrea Borello, alias “il politoker” (andreaborello_), Francesco Centemeri, studente in ingegneria (frartenzo) ed Elisa Negrisolo, neoingegnere e influencer (elisavittoria).
Terna su TikTok: Are you nerd?…
Gli short video dal titolo “Are you nerd?” sono incentrati sull’orgoglio tecnologico e sulla crescente consapevolezza che la passione per le nuove tecnologie è diventata uno strumento imprescindibile per il successo.
Nella complessità del presente e con l’attuale sfida energetica, le competenze distintive di uno studente STEM sono, e saranno, fondamentali per la tutela del pianeta.
Nella generazione Z, quindi, ‘nerd’ non è più sinonimo di ‘solitario’ ma è parte attiva di una comunità di giovani innovatori con una spiccata vocazione per l’ambiente.
…e Fuga di cervelli
I video di “Fuga di cervelli” partono invece dal pregiudizio per cui un giovane italiano che voglia mettere a frutto le proprie competenze e trovare un lavoro all’altezza delle proprie aspettative sia costretto ad andare all’estero perché in Italia non c’è una sufficiente consapevolezza sui temi ambientali e sulla necessità di impegnarsi nella transizione energetica per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Il protagonista prepara le valige per partire, ma poi viene a conoscenza di un innovativo master grazie al quale può rafforzare le proprie competenze scientifiche, messo a disposizione da un’azienda che investe nel futuro del Paese, per di più a Cagliari, Palermo e Salerno.
Il talento è al cuore del Tyrrhenian Lab, il progetto per il quale Terna investirà complessivamente 100 milioni di euro nei prossimi cinque anni: un centro di formazione di eccellenza, realizzato in stretta collaborazione con le Università di Cagliari, Salerno e Palermo e distribuito nelle città in cui approderanno i cavi del Tyrrhenian Link, l’elettrodotto sottomarino che unirà la Campania, la Sicilia e la Sardegna.
Terna selezionerà e formerà, tra l’autunno del 2022 e il 2025, più di 150 giovani di elevata professionalità, ai quali sarà erogato un master universitario di 12 mesi incentrato sullo sviluppo di competenze tecnologiche e strategiche funzionali alla trasformazione digitale e alla transizione energetica.
Gli studenti, una volta completati i 12 mesi di master, potranno essere poi assunti nelle sedi territoriali Terna delle tre città.
Terna è presente su tutti i principali canali social come Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, LinkedIn, nonché sulle principali piattaforme audio, come Spotify e Spreaker, con “Nora, il futuro dell’energia è il nostro mestiere”, il podcast in nove puntate che racconta proprio il progetto del Tyrrhenian Lab agli appassionati dei temi dell’energia.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_227387600_XL-1-scaled.jpg18432764Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-08-03 10:24:452022-08-05 10:14:02Terna sbarca su TikTok con una campagna di talent attraction
Vuoi fare Carriera nel Digital Business?
+100.000 professionisti e 500 grandi aziende hanno incrementato i loro Affari grazie a Ninja.
Non aspettare, entra subito e gratis nella Ninja Tribe per avere Daily Brief, Free Masterclass e l’accesso alla community di professionisti.