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Arriva il nuovo visore Meta Quest Pro: prezzo e caratteristiche

Standing ovation per Meta Quest Pro, protagonista assoluto del Meta Connect 2022.

Dal 25 ottobre, il visore di ultima generazione sarà in vendita anche in Italia al prezzo di 1799,99 euro.

Il performante visore di ultima generazione è pronto ad annunciare importanti novità. La stessa Meta ha grande fretta di irrompere sul mercato attraverso un pre-order sul sito di Meta con consegna entro due settimane.

Scopriamo qual è l’evoluzione del Meta Quest Pro rispetto ai visori di vecchia generazione.

Meta Quest Pro: nuove esperienze immersive

Finora i visori VR, infatti, hanno vissuto su un equilibrio precario: trovare un compromesso tra potenza e praticità.

Il Meta Quest 2, ad esempio, punta su leggerezza e prezzo competitivo, rinunciando a qualcosa a livello computazionale. Altri dispositivi, invece, aumentano in potenza se collegati a un pc ma rendono meno appetibile l’esperienza immersiva. Meta Quest Pro, al contrario, si pone da subito come porta tra i due mondi.

La sua tecnologia performante e la comodità garantita dall’indipendenza del visore da qualsiasi device, rappresenta un’evoluzione senza precedenti nell’ambito VR.

“Sarà la prima nostra piattaforma multi-funzionale immersiva che abiliterà il metaverso”: queste le parole della Product Management Lead di Meta, Rupa Rao. Il nuovo Quest Pro vuole infatti assicurare una potenza davvero formidabile, decisamente di più rispetto al Quest 2. Il nuovo design permette di utilizzare nuove funzionalità ottiche e ben dieci sensori per migliorare l’esperienza immersiva.

Meta Quest Pro

Meta Quest Pro: tecnologia Qualcomm Snapdragon XR2

Il design minimale garantisce un peso e un ingombro decisamente non invasivi.
Il Meta Quest Pro è un visore stand alone: non richiede, infatti, una connessione ad altri dispositivi.  I dati vengono elaborati al suo interno attraverso la tecnologia SoC progettato in collaborazione con Snapdragon (XR2 Plus) con una previsione di performance nettamente superiore al modello precedente, il Quest 2, almeno del 50%.
Il processore Qualcomm, infatti, garantisce un refresh rate da 90 Hz. Ma non è tutto: i 12 Gb di ram e i 256 GB di spazio di archiviazione garantiscono una memoria poderosa.
Una tecnologia titanica che grazie alla presenza di 10 sensori, altamente sensibili, consentono di ricavare tutti i dati e consentire un’esperienza ancora più realistica e immersiva quando si fa ingresso nel mondo virtuale.
Ma la vera evoluzione del Quest 2 è apprezzabile soprattutto attraverso fotocamere e lenti. L’azienda ha lavorato anche per ridurre lo spessore del visore, utilizzando lenti pancake che sono il 40% più sottili. La risoluzione aumenta comunque rispetto al Quest 2: arriva a 1800×1920 per occhio, mentre il Quest 2 era da 1440×1600.
Non siamo ai livelli di visori professionali come il Vive Pro 2 (2448×2448), ma dovrebbe ottenere un’immersione realistica pur senza restare collegato al PC.

Meta Quest Touch Pro

La costruzione delle lenti è stata del tutto rivoluzionata per ridurre del 40% lo spessore a tutto vantaggio della comodità visto che ora i visori permettono un maggiore comfort anche se indossati a lungo, con i pesi dei vari componenti che si controbilanciano al meglio. Infine, gli schermi LCD supportano la tecnologia quantum dot che può creare zone a illuminazione indipendente per una maggiore fedeltà delle immagini.

Il lato dolente di tutte queste migliorie è la batteria che scende ad appena 2 ore di autonomia se si usa non collegata alla corrente.

Completano il quadro i nuovi controller Meta Quest Touch Pro che ora possono tracciare in loco la propria posizione per ancora più libertà d’azione, la funzione Natural Facial Expressions che ricreerà le stesse espressioni sul proprio avatar e un nuovo set di accessori come auricolari, base di ricarica e custodie.

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Meta e Microsoft insieme nel Metaverso

Meta Quest Pro e Microsoft

Satya Nadella, CEO di Microsoft, ha partecipato alla kermesse di Meta spiegando che “Il metaverso cambierà ogni cosa, dal gioco alla produttività. E se lo facciamo insieme sono convinto che possiamo plasmare il futuro della realtà virtuale per rendere il suo utilizzo più interessante che mai”.

E proprio per questo “come Microsoft, siamo entusiasti di poter collaborare con Meta per portare online la nuova versione di Teams pensata apposta per il metaverso”. In futuro spiega che arriveranno anche declinazioni di Microsoft 365 e Xbox Cloud Gaming per il VR nel metaverso. Meta Quest Pro è una rivoluzione annunciata.

La vera porta per il Metaverso si aprirà davanti a noi? Non ci resta che bussare e scoprirlo.

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decathlon

Decathlon cambia nome in Nolhtaced in Belgio: ecco perché

Questo mese Decathlon ha colto tutti di sorpresa cambiando temporaneamente la sua insegna. È successo in Belgio, dove il nome “Nohltaced” (“Decathlon” al contrario) è apparso sul sito web, sui social media e sopra gli ingressi di tre store del paese: Namur, Gent ed Everre.

Il Belgio è un terreno fertile per la sperimentazione, il rivenditore di articoli sportivi con questa operazione ha voluto effettuare alcuni test nei punti vendita più vicini al mercato francese, con l’obiettivo di valutare nuovi modi per evolvere il suo modello di business.

Alla base di questa interessante iniziativa c’è l’obiettivo di promuovere il concetto di “reverse shopping”, consentendo ai clienti di rivendere a Decathlon articoli sportivi vecchi o non utilizzati in modo che possano essere riparati e rivenduti in garanzia.

Decathlon

“L’obiettivo è riutilizzare quante più apparecchiature possibili per ridurre l’impatto sul nostro ambiente ed evitare sprechi. La gamma di prodotti di seconda mano di Decathlon consentirà inoltre ai consumatori meno fortunati di acquistare attrezzature sportive di qualità a un prezzo inferiore”, si legge in un comunicato di Decathlon Belgio.

Se i prodotti non possono essere riparati o riutilizzati, verranno indirizzati a un centro di riciclo.

Il modello di consumo classico sta cambiando

Decathlon sta raccogliendo articoli sportivi, anche quelli non acquistati nelle catene, in cambio di buoni con validità di due anni. Il retailer ha affermato di aver già raccolto 26.000 articoli in Belgio quest’anno durante la fase di test in cambio di un valore totale dei buoni di € 593.220.

Influenzato dall’elevata inflazione che ha reso la vita più cara negli ultimi mesi, Nolhtaced ha osservato il crescente interesse per gli oggetti di seconda mano. Degli oltre 40.000 articoli sportivi (26.000 riacquistati, 15.000 provenienti da resi, modelli di prova o di esposizione) che la catena propone di seconda mano nei suoi negozi dall’inizio di quest’anno, circa l’80% sono stati venduti.

Decathlon

I primi tre prodotti di seconda mano più popolari sono le biciclette per bambini, le mountain bike e le attrezzature per il fitness, ma Nolhtaced ha notato anche un crescente interesse per abbigliamento e scarpe.

L’offerta dell’usato non solo garantisce la massima durata dell’attrezzatura sportiva, ma offre anche ai consumatori che hanno meno potere d’acquisto di acquistare attrezzature sportive di alta qualità a un prezzo inferiore.

“I consumatori stanno anche iniziando a guardare le cose in modo diverso rispetto a prima. Riguarda meno il possesso e più l’utilizzo. Questo cambiamento è pienamente in linea con la nostra strategia circolare, che mira a incoraggiare il più possibile il riutilizzo dei prodotti e a rimanere responsabili durante il loro intero ciclo di vita. Ciò significa anche progettare prodotti in modo tale che possano durare”, ha dichiarato Joeri Moons, Country Sustainability Leader di Nolhtaced Belgio.

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Gli Executive collocano il benessere dei dipendenti tra le loro massime priorità.

World’s Best Workplace: ecco le 25 migliori aziende per cui lavorare nel 2022

Benessere, flessibilità ed equità: sono questi i fattori chiave che contraddistinguono le 25 migliori aziende al mondo per le quali lavorare.

Great Place to Work, azienda leader nello studio e nell’analisi del clima aziendale, della trasformazione organizzativa e dell’employer branding, ha stilato la classifica World’s Best Workplaces 2022, in cui emergono le 25 multinazionali a livello globale per cui i dipendenti sono più felici di lavorare.

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Queste aziende sono state scelte da 4,5 milioni di collaboratori in rappresentanza di 14,8 milioni di persone impiegate in oltre 8.500 imprese attive in 146 paesi del mondo.

Per poter entrare in questo speciale ranking le aziende devono essere state inserite in almeno 5 classifiche Best Workplaces nazionali in Asia, Europa, America Latina, Africa, Nord America o Australia durante il 2021 oppure all’inizio del 2022.

Inoltre, l’altra condizione da rispettare per poter essere valutati in qualità di World’s Best Workplaces è legata alla necessità di avere almeno 5mila collaboratori in tutto il mondo e, di questi, almeno il 40% devono lavorare al di fuori del Paese in cui si trova l’headquarter aziendale.

La ricerca completa è consultabile a questo link.

World’s Best Workplace: le migliori aziende del 2022

Il ranking ha visto le migliori organizzazioni globali ottenere, in media, un dato superiore di 6 punti percentuali (86%) rispetto agli altri ambienti di lavoro riconosciuti come eccellenti dalle indagini di Great Place to Work (80%); un risultato ancora più importante se confrontato con quello fatto registrare dalla media della forza lavoro globale (55%, +31%).

best places to work 2022


Il podio del ranking vede al primo posto DHL,azienda specializzata nel settore dei trasporti e della logistica, davanti a Hilton (ospitalità) e Cisco.

Facendo invece un focus sull’Italia, il nostro Paese chiude la top ten mondiale delle nazioni più rappresentate in classifica ed è il 3° paese europeo, dopo Regno Unito (15) e Francia (11), per numero di filiali premiate (10).

I risultati della classifica dei World’s Best Workplaces 2022 sono sempre più incoraggianti e ci fanno ben sperare per il futuro poiché le imprese stanno investendo sempre di più sul benessere dei propri collaboratori.

In questo scenario, poter supportare le aziende nell’analisi della propria people experience è per noi fondamentale e ci garantisce uno sguardo privilegiato sul mondo del lavoro poiché siamo in prima linea nell’aiutare il management e la proprietà nel comprendere le esigenze delle proprie persone per iniziare il processo di trasformazione culturale che sta influenzando il panorama globale”, afferma Beniamino Bedusa, Presidente e Partner di Great Place to Work Italia.

beniamino bedusa best places to work 2022

Dai nostri studi e analisi emerge infatti che la differenza tra un’azienda eccellente, dove i collaboratori stanno bene e si sentono valorizzati, sta tanto nei cosiddetti aspetti “hard” (quali ad esempio profit sharing, opportunità di sviluppo, formazione e crescita, strumenti e risorse…) quanto in quelli “soft”, come l’apprezzamento per un lavoro ben svolto, la possibilità di essere se stessi in azienda, la ricerca di suggerimenti e idee, il coinvolgimento nelle decisioni e l’incoraggiamento a trovare un equilibrio fra lavoro e vita privata.

Da ultimo, vedere che l’Italia è il terzo Paese europeo più rappresentato per numero di filiali italiane premiate nella classifica World’s Best Workplaces 2022 ci riempie di orgoglio, a dimostrazione del fatto che le nostre imprese stanno investendo sempre di più sul benessere dei propri collaboratori e che sono assolutamente competitive rispetto alle migliori aziende a livello globale” sostiene Bedusa.

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World’s Best Workplace: la fiducia come indicatore principale

Il principale indicatore preso in considerazione nell’analisi del ranking delle migliori aziende attive è il Trust Index, l’indice di “fiducia” che raggruppa tematiche quali credibilità, rispetto, equità, spirito di squadra e orgoglio.

Qui i World’s Best Workplaces 2022 hanno mostrato in media, nel confronto con le aziende premiate nelle varie classifiche nazionali dei Great Workplaces, risultati migliori in termini di credibilità e rispetto (+6%), equità, spirito di squadra e orgoglio (+5%).

Ma quali sono gli altri indicatori che caratterizzano i World’s Best Workplaces?

Un primo aspetto riguarda il benessere dei collaboratori garantito attraverso il riconoscimento di benefit unici e speciali, rispetto al quale c’è una differenza di ben 12 punti percentuali nel confronto con gli altri eccellenti luoghi di lavoro.

C’è poi la flessibilità, la quale, durante la pandemia, è diventata fondamentale per i collaboratori.

A questo proposito il numero medio di dipendenti delle aziende in classifica che hanno registrato un rapido cambiamento da parte dell’organizzazione di appartenenza è stato superiore di ben 7 punti rispetto ad altri ottimi luoghi di lavoro. Infine, ecco l’equità che si collega alla retribuzione del proprio lavoro (75%, +9%) e alle promozioni professionali (+7%).

tiktok e PMI

TikTok e PMI: un impatto positivo sulla community e sui brand locali

In occasione del lancio italiano di “Seguimi“, il progetto educativo multicanale pensato per supportare le PMI a promuovere il proprio business facendo leva su TikTok, la piattaforma di intrattenimento leader per i video brevi presenta i risultati di due analisi sul suo impatto sulle PMI: la prima dalla prospettiva della community, e la seconda da quella dei professionisti del marketing.

L’autenticità dei contenuti, chiave di volta per ingaggiare il pubblico di TikTok

Gli utenti italiani di TikTok sono molto interessati ai contenuti delle piccole e medie imprese e sulla piattaforma ne scoprono sempre di nuovi e trasversali.

Il 66% dichiara di essersi imbattuto in contenuti di PMI italiane in ambito fashion (56%), bellezza (50%), food & drink (44%), viaggi (31%), casa (24%) e gaming (19%).

L’89% di chi ha trovato contenuti di questo tipo di realtà afferma di averli visti per la prima volta su TikTok e il 72% dichiara di vederli con cadenza giornaliera.

Le evidenze della ricerca confermano inoltre la volontà degli utenti di voler continuare a vedere contenuti pubblicati dalle PMI e di interagire con esse. Infatti, il 67% di chi li ha visti afferma di seguire profili di piccole e medie imprese, mentre il 46% dichiara che TikTok è la piattaforma dove interagisce di più con le PMI.

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Fruizione, azione, ma anche propensione all’acquisto

Rispetto agli utenti italiani che hanno avuto occasione di trovare contenuti di PMI in piattaforma, il 51% li ha condivisi con parenti o amici e il 36% ha fatto un acquisto.

Di questi ultimi, il 91% si dichiara soddisfatto del proprio acquisto e il 40% afferma di averlo effettuato dopo aver visto per la prima volta l’azienda su TikTok.

Una tendenza che presenta ricadute reali sul territorio e favorisce rapporti diretti: infatti, l’87% degli utenti dichiara che aver visto contenuti di PMI su TikTok li ha spinti ad acquistare di più dalle aziende locali, mentre il 36% ha visitato subito il profilo TikTok dell’azienda per guardare altri contenuti. Il 92% ritiene invece, che la piattaforma possa aiutare le PMI a costruire relazioni più solide con gli utenti.

tiktok brand più innovativo secondo kantar

TikTok permette di allargare il pubblico di riferimento

Il 69% dei professionisti del marketing che in Italia già utilizzano TikTok afferma che includeranno la piattaforma nelle proprie campagne ADV nei prossimi 12 mesi.

Il 77% dichiara di includere TikTok in almeno il 50% delle campagne in corso e ben il 91% afferma che utilizzerà la piattaforma almeno nel 50% delle proprie campagne l’anno prossimo. Riguardo al ritorno dell’investimento, per il 27% i responsabili marketing di PMI confermano che TikTok li ha aiutati ad ottenere maggiori risultati dal loro investimento pubblicitario.

Infatti, hanno dedicato a TikTok il 29% del loro investimento media nell’ultimo anno e il 21% pensa che TikTok sia una priorità e un must nel proprio media mix. Il 65%, infine, afferma di utilizzare attualmente TikTok per integrare altri canali o piattaforme media.

I responsabili marketing delle PMI vedono risultati reali nell’aggiunta di TikTok al media mix. Tra questi, il 61%afferma che TikTok li ha aiutati a raggiungere nuovi consumatori e il 33% ad ampliare la propria base clienti internazionale.

Il 35% dichiara di aver incrementato le vendite dei propri prodotti o servizi come risultato diretto della pubblicità su TikTok.

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TikTok e PMI. la piattaforma, sinonimo di creatività e innovazione

TikTok incoraggia i responsabili marketing a superare i limiti ed evolversi. L’83% dichiara che fare pubblicità su TikTok spinge a pensare fuori dagli schemi e il 51% ha adattato la strategia di marketing per attrarre nuovi pubblici.

In tema di identità aziendale, su TikTok il 54% si è sentito incoraggiato a mostrarne un lato diverso e il 32% ha utilizzato le osservazioni e i commenti degli utenti per aggiornare o creare nuovi prodotti e offerte.

In particolare, il 27% ha creato un prodotto o servizio basato su una tendenza esistente su TikTok e il 10% ha iniziato a esportare i propri prodotti per soddisfare una domanda generata proprio in piattaforma.

Tra le PMI, i professionisti del marketing si sono imbattuti anche in sorprese inaspettate su TikTok. Grazie a TikTok, il 45% ha raggiunto nicchie di cui non era a conoscenza e il 45% è stato in grado di raccogliere recensioni autentiche e feedback dagli utenti nella sezione commenti.

Il 18% è anche riuscito a creare una connessione con aziende dai valori simili e il 24% ha appreso dall’esperienza di altre PMI in categorie simili, mentre il 32% ha elevato il profilo del proprio brand nella comunità locale grazie a TikTok.

tiktok e PMI

“Seguimi”, il programma educativo di TikTok per le PMI

“Seguimi” offre percorsi di formazione differenziati basati sugli obiettivi dei visitatori e invita le PMI a iscriversi a un mailing della durata di sei settimane, che delinea le buone pratiche per gestire la loro prima campagna TikTok e integrare nei video la storia del loro brand.

Tra queste, una guida su come aprire un Business Account gratuito, o accedere al Creative Center per trovare ispirazione per i propri contenuti, e approfondimenti su come utilizzare le funzioni Ads Manager e Promotion per ottenere dalla propria campagna risultati ancora più efficaci.

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Reportage e nuovi trend dal Festival del Podcasting 2022

  • +1,8 milioni di persone ascoltano podcast in controtendenza con la news avoidance del mondo mediale
  • I content creator indipendenti dell’audio sono i nuovi microinfluencer del digitale
  • Il futuro del podcasting è tra rinascita dell’oralità, cryptovalute e digital marketing

Il Festival del Podcasting 2022

Il Festival del Podcasting 2022, in 6 giorni, con oltre 35 ore di streaming no stop e più di 300 partecipanti nella giornata dal vivo il Festival del Podcasting 2022 ha celebrato ancora una volta per la sua settima edizione lo strumento di content creation che negli ultimi anni ha dimostrato più vigore e capacità di sviluppo.

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Il più grande evento per chi ama i podcast in italia è nato con lo scopo di far incontrare centinaia di persone che hanno in comune l’amore per il podcasting per conoscersi, scambiare idee e creare collaborazioni, e la settima edizione del Festival del Podcasting, che si è svolta dal 3 all’8 Ottobre, online e in presenza a Roma e a Milano, ha coinvolto complessivamente quasi 900 partecipanti tra podcaster alle prime armi, professionisti del mondo digital audio, editori e rappresentanti delle piattaforme.

115 speaker hanno animato 16 tavole rotonde, 10 workshop, 22 interventi di approfondimento “FocusOn”, 4 talk ispirazionali, 3 podcast live, 2 presentazioni di libri e 13 interventi “Storie di podcaster”.

Avendo seguito le precedenti edizioni, vale la pena scoprire quali novità e quali tendenze sono diventate rilevanti in quest’ultimo anno.

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I numeri e i trend

Tra i numerosi interventi, il Festival è stata la cornice per presentare da parte di Nora Schmitz gli ultimi dati della Ipsos Digital Audio Survey – Il podcast nel 2022: la qualità come strada per crescere.

E abbiamo scoperto che gli ascoltatori di podcast hanno raggiunto nel 2022 circa 11,1 milioni di utenti tra i 16 e i 60 anni, con un aumento di ben 1,8 milioni rispetto all’anno precedente.

festival del podcasting

Una crescita molto significativa che testimonia la capacità del podcast di attrarre e interessare il pubblico, ottenendo una sua collocazione sempre più rilevante nelle abitudini di fruizione mediatica. Ascoltatori soddisfatti di questo strumento mediale tanto da dedicare circa 35 minuti al giorno ai podcast (il tempo che una volta si dedicava alla lettura del quotidiano).

Un pubblico che rimane prevalentemente giovane (quasi la metà è under 35) e socio-culturalmente elevato (il titolo di studio è ancora più elevato rispetto al 2021) e fatto in buona parte da professionisti e da “early adopter”.

Sono ascoltatori che decidono di fruire di un podcast a partire da un argomento di interesse (34%); il driver di scelta più forte è proprio l’argomento del podcast (57%), mentre è in calo il peso relativo degli host (28%), che rimangono ancora una leva da valorizzare sul mercato.

Ci sono ricerche, infatti, che dimostrano che le voci narranti portano con sé un capitale di fiducia che non solo può fare da traino alla scelta dei podcast, ma al contempo orienta di ascoltatori e può rappresentare una valida argomentazione commerciale per il riverbero positivo possono dare su tutti i contenuti (compresi quelli pubblicitari: 7 ascoltatori su 10 ricordano messaggi pubblicitari abbinati ai podcast).

Riflettendo sul più ampio contesto mediale in cui podcast giocano la loro partita, si tratta di un momento in cui la trasformazione del settore media e intrattenimento vive una forte accelerazione e finalmente anche l’Italia sta provando a colmare alcuni divari.

La pandemia ha sicuramente contribuito a questa accelerazione ma allo stesso tempo mentre si fa sempre più serrata, ed affollata, la competizione per una quota dell’attenzione; ma anche le aspettative, i comportamenti e le attitudini del pubblico stanno dando il segno di evolvere.

La parola d’ordine di quest’anno nel mondo mediatico è stata news avoidance (o selected news user avoidance), cioè la tendenza delle persone a limitare la propria esposizione alle notizie o a determinati tipi di notizie dalla tendenza negativa. In un contesto dove nell’audiovisivo si sta iniziando anche a ripensare il concetto di gratificazione istantanea e del binge watching, si osservano i comportamenti di fruizione dei più giovani che richiedono ai media approcci più innovativi della comunicazione tradizionale e l’attenzione per i podcast e il digital audio in genere rappresenta una bella controtendenza.

E infatti, secondo alcune indagini di Reuters, l’80% degli operatori editoriali ha collocato i podcast e l’audio digitale tra le attività a cui dedicare più risorse in questo ultimo periodo.

Dai dati emerge con grande forza ancora quanto sia alto il livello di engagement già sorto negli ultimi anni, con oltre la metà degli utenti che dichiara di ascoltare podcast per l’intera durata, così come cresce in maniera significativa l’ascolto per intero delle serie di podcast. Un tema cruciale è proprio quello della capacità di fidelizzazione dei podcast, specialmente per un format dalla logica pull.

I temi

Che il podcasting sia variegato ed eterogeneo non è una novità.

Da molti anni abbiamo assistito alla creazione di serie orizzontali o verticali su temi e ambiti davvero multiformi. Non solo per quanto riguarda le categorie (Storie, True Crime, News, Commedia, Sport, Cultura e Società, Formazione, Business, Tecnologia, Arte, Famiglia, etc.) ma soprattutto perché la possibilità di accesso da parte di tanti permette la creazione di contenuti tematici che afferiscono a tante categorie professionali e alle loro community di riferimento.

La forza del podcast è sempre stata quella di creare engagement con comunità di interesse e di pratica, di awareness professionale attraverso l’intimità dell’ascolto e della profondità a cui può arrivare la riflessione o la chiacchierata a più voci su un determinato tema.

La kermesse del Festival ha permesso di comprendere quanto alcune categorie professionali o determinati temi sociali siano molto rilevanti per far generare un “trigger” di interesse che diventa continuativo nel tempo: dalla sessualità, alla genitorialità, al food, ma anche la stand-up comedy, la psicologia, lo sport e il true crime continuano ad avere successo e a generare nuovi talenti del podcasting.

Estremamente significativa, poi, la trasformazione che tante realtà media tradizionali e di brand journalism stanno dando all’informazione attraverso lo sviluppo del filone del podcasting per l’aggiornamento e il newsmaking, ma soprattutto dell’approfondimento giornalistico da parte di una “firma” che diventa a tutti gli effetti una “voce”, creando ancora più intimità e fidelizzazione con il lettore/ascoltatore.

Piccola nota a margine per il mondo People&Culture aziendale: in questo Festival si sono iniziati anche a vedere progetti di HR Podcasting che hanno permesso il coinvolgimento diretto di lavoratori e collaboratori all’interno dell’organizzazione per raccontare le storie di apprendimento in azienda, per engagement su valori e contenuti di employer branding interno ed esterno, o per migliorare significativamente la comunicazione interna.

Con tutta la potenza dell’audio che si fonde con una community già esistente unita dal lavoro per un brand che può animare e coinvolgere anche tutti gli stakeholder che ruotano attorno al microcosmo aziendale.

Ma forse, dall’osservazione dei contenuti emersi nel Festival del Podcasting, la vera grande peculiarità di questo strumento, oltre alle sue caratteristiche di intimità, di profondità del contenuto, di ascolto in mobilità, di digital wellbeing e di autenticità, sta in due capisaldi importanti: la democraticità del mezzo, accessibile veramente a tutti (molto più che il videomaking) e l’incredibile capacità di generare community, sotto-community e network di appassionati che ruotano intorno ad un tema specifico e di nicchia.

Osservare dal vivo la comunità dei podcaster che si incontra, scambia idee e attiva sinergie fa immaginare quanto l’engagement basato sulle passioni comuni, sulle comunità di pratica e professionali che possono fare knowledge sharing e sull’amore per l’emozione che possono generare le voci sia davvero potente.

Il futuro del podcasting

Il 2022 è stato anche l’anno in cui in maniera sempre più chiara si sono affermate le major del mondo della distribuzione, ma anche e soprattutto sono nate e cresciute in maniera importante le realtà di produzione audio, soprattutto attraverso i modelli del branded podcast e della monetizzazione attraverso la sponsorizzazione di serie o host di successo.

Ma non per questo l’attenzione verso il podcasting indipendente ha perso la sua presa.

Per certi versi è come se negli ultimi anni avessimo assistito a ciò che accadeva intorno al 2008/2009 quando incominciarono a nascere i primi youtuber (tra i primi youtuber italiani ricordiamo Willwoosh, Clio MakeUp, Frank Matano e Yotobi), giovani ragazzi e ragazze che caricavano video con serialità, spinti soltanto dalla passione di fare video e dalla curiosità scaturita da questo nuovo mezzo di comunicazione.

Oggi la concorrenza inizia a farsi sentire e la difficoltà nella “discovery” di contenuti nuovi e originali è limitata anche dal fatto che le piattaforme di ascolto sono tante e diversificate, al contrario della piattaforma di Mountain View.

Stiamo osservando anche i primi tentativi di rendere i podcast dei “vodcast”, cercando di unire il contenuto audio a quello video, con una sorta di catch-up al contrario, quando invece in molti semplicemente riversavano i contenuti YouTube su Spotify e Apple Podcast.

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Le sperimentazioni del Podcast Index, una directory aperta di podcast a cui chiunque può inviare il proprio feed RSS e che qualsiasi app può ricercare, stanno andando avanti per permettere al podcasting indipendente di sopravvivere al potere delle major che fagocitano i più piccoli ed effettuano un controllo editoriale sugli episodi uploadati.

Nato dall’idea di Adam Curry, il “primo podcaster della storia”, propone ai podcaster di intraprendere il “Value for Value” model, che attraverso servizi “custodial”, permette di monetizzare autonomamente l’ascolto dei podcast prodotti attraverso le cryptovalute.

E allora il futuro del podcasting sta veramente nei content creator dell’audio, che possono continuare ad alimentare una sottocultura indipendente, al di là delle logiche del digital marketing più mainstream, oltre le logiche editoriali ma anche insieme ad esse. Nell’unione sinergica di questi universi e con una competizione sana si possono disegnare i tratti di una nuova capacità di comunicare nel mondo BANI (Brittle/Fragile, Ansioso, Non lineare, Incomprensibile).

Il podcasting, inoltre, può essere considerato uno strumento del futuro, in quanto riesce a generare un nuovo spazio di comunicazione, perché permette di non subire la dittatura dell’immagine. Anticamente la frattura che abbiamo osservato nella filosofia dei media era tra oralità e scrittura.

festival del podcasting

Oggi esiste un’altra “frattura” che si configura tra scrittura e immagine. E per abitare bene questa “crepa”, questo spazio di navigazione, bisogna utilizzare delle “barche” che sappiano reinventare in fondo il podcast: che oggi non è che una “nave di Teseo” che rimane sé stessa anche se mutano nel percorso i suoi componenti e si frammenta in tante realtà identitarie.

Una delle critiche che viene fatta spesso al mondo del podcast è che “di podcast ce ne sono troppi” e che vengono ascoltati da poche persone.

Ma per quanto possano essere poche, compongono un ambiente, anche circoscritto, in cui è possibile sperimentare e imparare delle cose nuove. Perché davvero facendo podcast e ascoltando podcast, si impara moltissimo e si impara molto di sé.

Si tratta di scoprire (o riscoprire) la propria voce, ma anche mettersi a disposizione degli altri, un po’ come avviene con le idee secondo il celebre aforisma di G.B. Shaw: “se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”.

Attraverso il podcasting, fatto di oralità e di voce, si riesce ad andare oltre ciò che siamo: è quella parte del corpo che non è nel corpo – è l’invisibile del corpo – con la quale riusciamo a “toccare” qualcuno senza spostarsi, parlandogli e facendo vibrare qualcosa che condividiamo, passando dalle orecchie e arrivando direttamente alla mente e al cuore.

influence day - evento 10 novembre milano

La prima edizione dell’INFLUENCE DAY, l’evento per approfondire il mondo dell’influencer marketing

Prende forma la prima edizione dell’INFLUENCE DAY, l’evento per approfondire il mondo dell’influencer marketing attraverso gli occhi e le voci dei protagonisti del settore.

Ideato da FLU, business unit di Uniting Group, INDA sarà una giornata di formazione esperienziale grazie alla presenza dei creator più importanti d’Italia che, il 10 novembre all’interno della location milanese ‘Magna Pars’, ricopriranno il ruolo di speaker d’eccezione.

Non potevamo chiedere di meglio per la prima edizione dell’INFLUENCE DAY, che promette un palinsesto davvero di primo livello sia per le ‘voci’, che per i contenuti” afferma Chiara Dal Ben, Marketing & Innovation Director di FLU, Part of Uniting Group.

Temi come Metaverso, Avatar 3D, Infotainment, Edutainment, novità e approfondimenti sugli aspetti legal, Virtual Influencer verranno raccontati da chi li vive e li studia ogni giorno”.

Chiara dal Ben

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Gli ospiti dell’INFLUENCE DAY

Tantissimi i nomi di spicco: da Gabriele Vagnato, comico e creator con oltre 4 milioni di follower, allo youtuber vincitore dell’Isola dei Famosi Awed™ e Marco Cartasegna, Founder e direttore di Torcha.

Da Paola Di Benedetto, modella e apprezzatissima conduttrice televisiva-radiofonica, a Pow3r, uno dei gamer più seguiti e amati del panorama italiano. E ancora: Catherine Poulain, famosa influencer e DJ, Cooker Girl (Aurora Cavallo), fenomeno emergente nel mondo cooking dei social, tra i top creator di Giallozafferano e Benedetta De Luca, ambassador indiscussa della body positivity e gender e inclusion editor di The Wom.

Impossibile elencare tutti gli ospiti, per una lista che vede, tra gli altri, anche Elisa Maino, Mattia Stanga, Dangiuz, Riccardo Dose, Rosy Chin, Alessia Lanza, Rafael Nistor, Muriel, Beatrice Gherardini, Yuniho, Nefele e Cameron-James Wilson.

influence day

Un palinsesto importante, frutto anche del coinvolgimento di media partner d’eccellenza che hanno scelto da subito di sposare l’iniziativa: Giallozafferano, il food media brand leader in Italia e The Wom, il social magazine 100% inclusivo che parla alle giovani millennial e alla generazione Z e delle talent agency Doom Entertainment, Wannabe, WebStarsChannel, Oneshot, TeamWorld, Sparkle e Ehappen.

INDA, inoltre, potrà contare sulla preziosa collaborazione come partner tecnico di TechStar, realtà italiana Metaverse Enabler che sviluppa soluzioni di Metaverso per accompagnare le aziende nella loro Virtual Transformation.

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Partecipa con lo sconto dedicato alla community Ninja

Per scoprire il palinsesto dettagliato sono già stati lanciati il sito ufficiale e i canali social (Facebook, Instagram e LinkedIn), che permetteranno di rimanere sempre aggiornati sulle novità legate all’evento e, naturalmente, di acquistare i ticket per la partecipazione.

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spotify a milano

Spotify sceglie Milano per il suo Hub internazionale del Sud ed Est Europa

Negli ultimi anni, Spotify si è consolidata come vera e propria piattaforma audio leader al mondo, spazio per dare modo a tutti di esprimere la propria creatività e il proprio talento. E così, nel tempo, si è trasformata in una casa per artisti, creator, autori ed editor.

Sulla scia di questo percorso, Spotify mette nuove radici a Milano. Ha inaugurato l’11 ottobre i suoi uffici nel financial district cittadino in Via Joe Colombo 4, offrendo una nuova Casa a più di 100 dipendenti di oltre 10 diverse nazionalità.

 

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Casa Spotify, infatti, si propone di essere un nuovo hub innovativo, moderno e dal respiro internazionale, centro di tutte le operation della regione Sud e Est Europa nonché punto di riferimento per tutti coloro che gravitano attorno all’universo Spotify.

Inoltre, sarà testimonianza del valore strategico della regione e del legame con la città di Milano, città che incarna appieno i valori dell’azienda.

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Gli uffici di Spotify a Milano

L’ufficio, una vera e propria villa indipendente che si sviluppa su sei piani, è stato immaginato e progettato proprio per riflettere la diversità dei team, ospitare le varie funzioni ed operation.

Un hub dal quale chiunque può lavorare, non solo chi è direttamente coinvolto nel business locale, in base al programma Work From Anywhere.

“Sono davvero entusiasta di inaugurare la nostra nuova sede di Milano, ovvero nella città che è lo specchio perfetto della nostra cultura: internazionale, inclusiva, aperta e in continua crescita” ha commentato Federica Tremolada, Managing Director Southern & Eastern Europe Spotify.Un ufficio che è una vera e propria casa di cui ciascun membro si sente parte. Le stesse stanze rappresentano le diverse sfaccettature culturali della regione: le sale riunioni, ad esempio, prendono il nome di “Plus Ultra” o “Estate Italiana”, due playlist italiane, oppure di XRey, il primo podcast originale che abbiamo lanciato in Spagna che rivela la storia dell’ex Re Juan Carlos, o ancora di altre stanze dedicate alla musica internazionale come Israeli Jazz o RapGeneracja in Polonia.”

casa spotify a milano

“We like to think of ourselves as a band” è il nostro motto. E proprio come una band lavoriamo in totale sinergia e sintonia per offrire il meglio alla nostra community di artisti e creator” ha detto Katarina Berg, Chief Human Resources Officer Spotify.

Tutta la nostra filosofia di lavoro, è riassunta nelle parole Work From Anywhere”. L’attenzione alla società, all’ambiente e alla comunità diventerà sempre più importante nel tempo. Una maggiore mobilità lavorativa e di ruolo, che offra opportunità di crescita attraverso molteplici percorsi, sarà data per scontata. E accogliere tutta la community di Spotify nel nuovo spazio milanese sarà per noi un nuovo modo di permettere a chiunque di dare libero sfogo alla creatività!”

Infatti, la roadmap strategica della piattaforma di streaming musicale in abbonamento più grande e più popolare al mondo, con 433 milioni di utenti, tra cui più di 188 milioni di abbonati Premium, passa anche per creatività, inclusività e passione.

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1 miliardo di utenti e 50 milioni di creatori entro il 2030

Tre valori fondamentali per permettere a Spotify di raddoppiare i suoi numeri, prevedendo oltre 1 miliardo di utenti e 50 milioni di creatori entro il 2030.

Così, con l’apertura del nuovo hub, Spotify aggiunge un nuovo tassello al suo potenziale di crescita, in tutte e tre le sue linee di business, Music, Podcast e Audiolibri, con l’ambizioso obiettivo di essere la piattaforma creativa per eccellenza e luogo di riferimento per artisti, creator, editor e autori di tutto il mondo e della regione in particolare.

casa spotify a milano - inaugurazione

Una regione chiave per la crescita in Europa, rappresentata da 28 paesi, e in cui Italia, Spagna, Turchia e Polonia rappresentano quelli più virtuosi.

Ad inaugurare il nuovo hub di Milano hanno partecipato, insieme alla main host Federica Tremolada, anche Katarina Berg, Chief Human Resources Officer Spotify, Alberto Mazzieri, Head of Enterprise Sales Southern Europe,  Eduardo Alonso, Head of Studios for Southern and Eastern Europe e Melanie Parejo, Head of Music for Southern and Eastern Europe.

Nel corso dell’inaugurazione sono stati presentati tutti i milestone e gli obiettivi raggiunti negli ultimi anni dall’azienda, come EQUAL, Sound Up e Radar e gli investimenti nella regione.

Hanno preso parte anche  la  cantautrice e creator Francesca Michielin e Sans Soucis, cantautrice e produttrice italiana, giovane promessa della musica senza confini, come ospiti d’eccezione ed esempio concreto di come Spotify si impegna a supportare artisti e i creator.

shopify le nuove funzionalità

Identikit degli italiani che vendono all’estero: i numeri di Shopify

Nel 2021, più di 11 milioni di consumatori nel mondo hanno acquistato da un negozio italiano su Shopify, per un totale di oltre il 28% del traffico verso gli store Shopify tricolore proveniente, in media, da 5 mercati internazionali, con Stati Uniti in pole position, seguiti da Germania e Francia.

In Italia, il 39% dei merchant Shopify vende all’estero, per un totale del 27% delle vendite generate fuori dal nostro Paese. A dirlo è una recente indagine interna condotta da Shopify che rivela, ancora una volta, quanto sia amato all’estero il Made in Italy.

Per comprendere meglio le opportunità per i merchant di espandersi in nuovi mercati e far crescere gli affari a livello internazionale, abbiamo fatto una chiacchierata con Paolo Picazio, Country Manager Italia di Shopify. Ecco cosa ci ha detto.

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paolo picazio - country manager shopify italia

L’export è uno dei temi più importanti per i merchant italiani. Shopify Markets prima e Translate and Adapt adesso, sono prodotti che Shopify ha rilasciato a livello globale, ma che hanno un impatto specifico e molto forte su quei mercati che hanno una vocazione molto alta nei confronti dell’export“.

L’Italia nel 2021 ha esportato merci e servizi per più di 500 miliardi di euro, un impatto fortissimo sul PIL. 

Questa vocazione si può esprimere soprattutto grazie all’eCommerce, strumento attraverso il quale le aziende possono vendere con facilità all’estero, raggiungendo il pubblico oltre i propri confini.

Shopify opera in oltre 175 Paesi: questa capillarità consente di tastare il polso dei mercati e individuare con buona approssimazione dove l’interesse per l’export è più alto“.

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La vocazione all’export del Made in Italy

Per comprendere con più concretezza la vocazione all’export del Made in Italy, Paolo mi ha fornito alcuni numeri: nel 2021, il fatturato complessivo dei merchant Shopify nel mondo è stato di 175 miliardi di dollari nel mondo, di cui ben 25 miliardi sono rappresentati dall’export; più del 14%.

In Italia, questa percentuale è doppia: nel 2021, gli export dei merchant Shopify, tra cui ad esempio Velasca, Alessi, Pittarosso, e Olivieri 1882, è stato del 27%, quasi il doppio della media globale.

intervista a paolo picazio di shopify - screenshot del sito

Siamo estremamente fortunati come “sistema Italia”: il valore del Made in Italy non è una “storiella” che ci raccontiamo fra noi. I settori delle “3 F”, Food, Fashion e Furniture, a cui mi sento di aggiungere il settore della Cosmetica, sono settori che hanno un appeal altissimo nei confronti degli stranieri, perché sono associati a valori intrinsechi come alta qualità, creatività, bellezza, fascino. 

Molti merchant italiani fanno leva su questo “brand condiviso” e questo si riflette sui numeri: il 39% dei brand italiani presente su Shopify vende all’estero, ma stiamo facendo tanti investimenti per semplificare questo canale di vendita“.

Vendere all’estero non è “semplicemente” prendere un pacco e spedirlo (anche questa operazione ha una sua complessità) ma è riuscire ad attirare le persone verso il proprio sito, fare in modo che questo sia comprensibile ma anche localizzato correttamente, con le giuste valute e sistemi di pagamento differenti.

Ogni mercato ha le sue specificità: se ho un prodotto che ha un ticket medio molto alto, per esempio, e voglio vendere negli USA, avrò bisogno di integrare un sistema di buy now pay later diffuso in quel contesto. Di contro, i merchant stranieri che vogliono vendere in Italia deve conoscere i metodi di pagamento utilizzati in Italia. Quello che fa Shopify Markets è proprio mettere a disposizione i metodi di pagamento nei diversi Paesi. Nel momento in cui sul sito di un merchant italiano arriva tanto traffico dagli USA, Shopify consiglia di aprire uno store in lingua inglese e quali sono i pagamenti da integrare“.

Un supporto quindi non solo di tipo tecnologico ma anche di insight sui singoli mercati con il chiaro obiettivo della semplificazione delle operazioni.

Chi sono i merchant italiani su Shopify

Il merchant tipico italiano si sta evolvendo negli ultimi anni: all’inizio della pandemia, molti degli imprenditori che hanno iniziato a usare Shopify non avevano mai venduto online ma hanno colto l’opportunità per digitalizzarsi.

Attualmente, la piattaforma viene percepita come uno strumento che aiuta i piccoli ma permette anche i grandi di scalare il business. Anche aziende consolidate, come K-Way, Superga e Sebago, puntano alla semplificazione rispetto alle piattaforme proprietarie, che faticano a stare al passo con i cambiamenti continui che avvengono a livello tecnologico“.

La semplificazione appare il punto centrale: aziende come Pittarosso, che ha un business molto complesso con moltissimi negozi offline da coordinare con quanto accade online; oppure Alessi, che è un’azienda con 100 anni di storia e che proprio durante la pandemia ha effettuato il replatforming su Shopify. Ora vende in 30 Paesi.

I merchant e i brand presenti sulla piattaforma, sono quindi uno specchio abbastanza fedele di quella che è l’economia italiana. Uno dei limiti della crescita all’estero di queste aziende può essere rappresentato dall’approccio alle lingue: non è più solo l’inglese lo scoglio per chi si propone a un mercato internazionale che non comprende soltanto Paesi anglofoni.

I nostri dati interni ci dicono con chiarezza che quando un sito è ben tradotto e ben localizzato, l’impatto sul G&B aumenta del 13% circa. Ovviamente, per merchant di tutte le fasce, l’impatto è enorme“.

Translate and Adapt garantisce questo margine di miglioramento semplicemente presentandosi ai potenziali clienti esattamente come si aspettano di trovare lo shop. Pensiamo infatti alle differenze che consideriamo minime, come quelle che ci sono tra l’inglese UK e quello americano o il francese della Francia e quello canadese. Queste differenze linguistiche permettono a chi compra di “sentirsi a casa”.

Proprio per questo, Translate and Adapt potrà avere un impatto ancora maggiore sul risultato di quei Paesi che hanno un basso indice di digitalizzazione e una scarsa conoscenza media dell’inglese (proprio come l’Italia).

Oggi, con buona probabilità, chi inizia con l’eCommerce si affida a Shopify evitando i costi di una piattaforma proprietaria e l’impegno che in continuo aggiornamento delle integrazioni in-house comporta“.

Aspetto che risulta ancora più importante considerando che su Shopify le integrazioni sono implementate in tandem con le altre piattaforme, come Meta e TikTok, ad esempio, senza che i merchant debbano occuparsene. Le soluzioni ready to go permetteranno di essere pronti anche alle novità che riguardano il web3 e gli NFT.

Le novità per il mercato italiano

Una delle novità più interessanti per il mercato italiano è POS: è stato lanciato a ridosso dell’estate e chiude il cerchio dell’omnicanalità.

Si tratta di un vero e proprio POS fisico che permette di gestire le vendite nel negozio fisico e ricondurle alle attività online. Shopify diventa così un sistema operativo per il retail, di cui l’eCommerce è una parte fondamentale“.

Siamo abituati a parlare di omnicanalità quando parliamo di grandi brand e grandi aziende, ma questa soluzione, che contribuisce ad abbattere il già flebile confine tra retail fisico e commercio online, consentirà anche ai piccoli merchant di essere presente su ogni canale.

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nutella

Nutella racconta storie e scoperte dal 1964 ad oggi con una Limited Edition

Nutella compie 59 anni e presenta 59 nuovi vasetti in edizione limitata. Il brand, famoso in tutto il mondo per la sua inconfondibile crema al cacao e nocciole, da sempre ispira le persone a vivere il lato bello della vita. È proprio da questo insight che nasce la Limited Edition “Nutella Con Te”.

Una collezione speciale che racconta piccoli e grandi fatti accaduti nel mondo dal 1964 – anno di nascita del marchio – ad oggi. Cambiamenti storici che hanno arricchito le nostre vite, aneddoti per rievocare emozioni e forti ricordi.

nutella

I 59 vasetti raccontano viaggi, scoperte scientifiche, invenzioni e tante altre curiosità per offrire l’opportunità, soprattutto ai più giovani, di imparare e conoscere, decennio dopo decennio, alcuni dei fatti che hanno modificato, grazie alla loro spinta innovativa, la vita di ognuno di noi.

Nutella Con Te, una serie limitata

Dall’avvento della mail nel 1971 e della penna cancellabile nel 1981, fino all’arrivo del World Wide Web nel 1991 e degli smartphone nel 2007. I 59 vasetti di Nutella saranno disponibili, sui punti vendita di tutta Italia, a partire da questo mese.

I fatti della Limited Edition “Nutella Con Te” sono selezionati in collaborazione con ANSA. L’obiettivo è quello di raccontare le storie che hanno rivoluzionato i nostri stili di vita, mostrandoci che c’è sempre qualcosa di straordinario da “assaporare” e scoprire ogni giorno.

nutella

Anche la grafica dei vasetti è sviluppata creativamente traendo ispirazione dagli avvenimenti scelti insieme ad ANSA.

Ecco alcuni tra i barattoli più belli:

1969 – PRIMO UOMO SULLA LUNA

“Un piccolo passo per un uomo, ma un gigantesco balzo per l’umanità”
Sono le 4.56 del 21 luglio 1969, ora italiana, quando Neil Armstrong diventa il primo uomo a toccare il suolo lunare, seguito subito dopo dal collega Buzz Aldrin, mentre Mike Collins rimane in orbita ad aspettare gli altri due astronauti per riportarli a Terra, con il mondo intero incollato al televisore per seguire la missione col fiato sospeso, gli occhi e il cuore nello spazio.

1977 – LA TV SI COLORA

“Da oggi per la televisione italiana finisce il periodo di trasmissioni sperimentali a colori e inizia quello delle trasmissioni regolari”
Così le storiche presentatrici della TV hanno annunciato una vera rivoluzione: l’arrivo del colore nelle case degli italiani il primo febbraio del 1977, dopo 10 anni di rinvii, polemiche politiche e discussioni.

1983 – LA MUSICA CAMBIA FORMA

“La musica, in una nuova forma”
Quest’anno cambia per sempre il modo di ascoltare la musica. Vengono, infatti, venduti 400 mila esemplari di CD, segnando l’inizio di una ascesa che vede la musica digitale superare il vinile sette anni dopo. Una lotta però, quella tra vinili e CD che ancora oggi non ha un vincitore.

1991 – NASCITA DI INTERNET

“World Wide Web, tre parole che ci rendono più connessi”
È il 6 agosto del 1991 quando Dal Cern un informatico inglese mette online il primo sito, che parla del nuovo progetto, lo descrive e spiega come si usa. Vuole dar vita a una rete che cambi il modo di comunicare fra le persone, ma prima che la sua pagina venga visitata da un utente esterno al centro di ricerca svizzero passano 17 giorni.

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2004 – NASCITA SOCIAL NETWORK

“Condividere e dire mi piace, non è mai stato così facile”
Nate inizialmente per collegare fra loro gli studenti di Harvard, i social network nel 2004, quando condividere foto, pensieri, stati d’animo, notizie, interagire con gli altri in discussioni più o meno animate, creare una rete, sentirsi connessi con persone lontane, ritrovare amici persi da tempo, promuovere la propria attività o campagne sociali, diventa parte integrante della nostra vita.

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2010 – BOOM DELLA LETTURA

“Un anno da best seller, quanti libri letti”
Nel 2010, 26 milioni 448 mila italiani dai 6 anni in su – il 46,8% della popolazione – leggono per piacere almeno un libro. A fare la parte del leone i giovani, con la percentuale più alta, oltre il 59% tra gli 11 e i 17 anni, e un picco del 65,4% tra gli 11 e i 14 anni. Sono numeri che fanno di questo, l’anno del boom per la lettura con una predilezione per romanzi e libri di cucina.nutella

2020 – L’ARTE ARRIVA A CASA

“Musei online, tutta l’arte in un click”
Nel 2020 non solo le aste e le vendite sul web toccano numeri record, con il 67% del totale degli acquisti online, ma la stessa fruizione dell’arte ha nel web una nuova finestra sul mondo. Le gallerie virtuali si moltiplicano e consentono agli appassionati di visitare le opere preferite da casa, muovendosi solo con i tasti del computer o con il visore, e lo stesso concetto di arte cambia forma, arrivando a nuove forme espressive che rendono la intangibile come mai prima.

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Una playlist Spotify per immergersi nel viaggio

Attraverso il QR code presente su ogni vasetto, sarà possibile approfondire la storia di ogni fatto selezionato sul sito di Nutella. Una vera e propria mostra digitale che gli utenti potranno scoprire anno dopo anno grazie ai testi realizzati dall’ANSA corredati da immagini selezionate dell’epoca.

Ma non finisce qui. Nutella arricchisce il viaggio alla scoperta di queste 59 storie grazie alla musica di Spotify, arriva una playlist sonora creata ad hoc per riuscire ad immergersi nell’atmosfera tipica di ogni anno.

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