Sotto-tag MOFU (medio) di Funnel

Fondo Nazionale Innovazione, presentato il Piano Industriale 2020-2022

  • Assegnate risorse per 1 miliardo di euro, con quattro fondi già attivi e ulteriori due in avvio per favorire l’innovazione.
  • Deliberati investimenti per oltre 100 milioni di euro nei quattro mesi dall’avvio della SGR che avranno un impatto su circa 160 startup.

 

Il Consiglio Amministrazione di CDP Venture Capital, presieduto da Francesca
Bria, ha approvato il Piano Industriale 2020-2022 “Dall’Italia per innovare l’Italia” presentato dall’amministratore delegato e direttore generale Enrico Resmini.

Nel prossimo triennio, l’obiettivo è di rendere il Venture Capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese investendo rapidamente e in modo efficace i capitali assegnati e creando i presupposti per una crescita complessiva e sostenibile dell’intero ecosistema.

francesca brina fondo nazionale innovazione

I fondi per l’innovazione

La dotazione dei fondi della SGR è di circa 1 miliardo di euro (di cui circa 800 milioni di euro già sottoscritti), grazie alle risorse allocate pariteticamente dal Governo – in particolare dal Ministero dello Sviluppo Economico – e dal Gruppo CDP (attraverso la sua controllata CDP Equity).

Ad oggi la sottoscrizione è prossima a raggiungere circa 800 milioni di euro, di cui 260 milioni di euro attraverso il Fondo di co-investimento Mise (dotazione target pari a 310 milioni di euro), che co-investirà sistematicamente con i fondi gestiti da CDP Venture Capital.

Quattro i fondi già attivi, con un equilibrato mix di investimenti diretti e indiretti:

  1. Fondo Italia Venture I: operativo dal 2015, investe in start up e PMI innovative in Italia. Opera principalmente nei settori digitale, biotech, medicale e high tech. Ha una dotazione pari a 80 milioni di euro e attualmente gestisce un portafoglio di 20 aziende in fase growth.
  2. Fondo Italia Venture II – Fondo Imprese Sud: il fondo ha l’obiettivo di accelerare la competitività e lo sviluppo di start up e PMI innovative nel Mezzogiorno. Investe in tutte le fasi del ciclo di vita di un’impresa, dal seed al growth/expansion. Dispone di una dotazione di 150 milioni di euro.
  3. Fondo di Fondi VenturItaly: investe in fondi di Venture Capital, inclusi first time team/first time fund, allo scopo di generare nuovi operatori sul mercato e nuovi team all’interno di gestori già attivi sul mercato, nonché supportare i fondi successivi di gestori esistenti. Ha una dotazione di 300 milioni di euro (sottoscritti da CDP Equity e dal fondo di co-investimento MISE).
  4. Fondo Acceleratori: il fondo, diventato operativo a fine maggio 2020, ha lo scopo di aiutare la creazione e/o lo sviluppo di programmi di accelerazione verticali su settori strategici, investendo nelle start up che partecipano ai programmi supportati dal Fondo. Il fondo interverrà, in modo diretto e indiretto, per dare sostegno finanziario e/o manageriale a favore di acceleratori di impresa e di startup innovative ad alto contenuto tecnologico, operanti in settori ad elevato potenziale di crescita. Il Fondo ha una dotazione iniziale di 125 milioni di euro (sottoscritti da CDP Equity e attraverso le risorse del fondo di co-investimento MISE).

LEGGI ANCHE: Fondo Nazionale Innovazione, si parte. CDP ha designato il vertice

Nei prossimi mesi CDP Venture Capital lancerà, inoltre, due nuovi fondi:

  • il Fondo Corporate Venture Capital, che coinvolgerà direttamente come Limited Partners alcune tra le principali aziende partecipate dal Gruppo CDP e che investirà direttamente in start up focalizzate su alcuni degli ambiti strategici del Paese. Il Fondo avrà una dotazione iniziale di 150 milioni di euro.
  • Il Fondo Tech Transfer, con l’obiettivo di supportare la filiera del trasferimento tecnologico mediante il co-investimento selettivo nelle start up più promettenti e l’investimento in fondi verticali specializzati. Il Fondo avrà una dotazione iniziale di 150 milioni di euro.
  • Nei primi mesi del 2021, è previsto, infine, il lancio del Fondo Late Stage, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro, con lo scopo di sostenere direttamente le start up già in fase “matura” che necessitino di capitali per ulteriore consolidamento ed espansione sui mercati internazionali, contribuendo così allo sviluppo di aziende ad alto contenuto tecnologico, con potenziale prospettico anche per la grande industria.

Complessivamente la SGR ha oggi in valutazione una pipeline di oltre 200 opportunità e conta di deliberare, complessivamente, investimenti per oltre 250 milioni di euro entro la fine del 2020.

LEGGI ANCHE: Startup innovative in Italia: i numeri, ma anche il contesto geografico per capirne l’evoluzione

fondo nazionale innovazione

Cosa è stato già fatto per l’innovazione in Italia

Da febbraio 2020 sono state approvate e sono in corso nuove importanti iniziative che portano ad oltre 100 milioni di euro il totale degli investimenti deliberati – che avranno un impatto sulla vita di circa 160 startup – e che includono alcune azioni di sostegno nate dalla situazione di emergenza Covid-19 e dalla conseguente forte difficoltà nell’ecosistema start up:

  • AccelerORA: intende finanziare, entro settembre 2020, prevalentemente start up in fase seed/pre-seed con interventi fino ad un massimo di 300mila euro, tramite il Fondo Acceleratori per un ammontare complessivo fino a circa 9 milioni di euro.
  • Seed al Sud: mira a finanziare, sempre entro settembre 2020, start up basate al Sud Italia in fase seed/pre-seed con interventi fino ad un massimo di 300mila euro tramite il Fondo Italia Venture II, per un ammontare complessivo fino a 6 milioni di euro.
  • ItaliaXStartup: Web Series settimanali per favorire la condivisione di esperienze di start up che stanno affrontando la fase CoVid-19 e per creare opportunità di business/investimento su specifiche filiere.

Da oggi sono inoltre disponibili il sito web e la pagina LinkedIn di CDP Venture Capital che riporteranno le principali attività e iniziative della SGR.

Facebook Shop

Facebook Shops: come funziona nel dettaglio la nuova opzione per vendere online

  • Finalmente è arrivata la possibilità di aprire il proprio eCommerce sui social media.
  • Facebook Shops è una super novità facile da attivare, gratuita, intuitiva e che ci aspettiamo porti un’evoluzione nel mondo del social commerce.

 

È stato annunciato in una diretta Facebook da Mark Zuckerberg a metà maggio e non è ancora attivo in Italia, ma manca veramente pochissimo… Oggi vediamo nel dettaglio Facebook Shops.

LEGGI ANCHE: Arriva Facebook Shops, per creare eCommerce direttamente sul social

Facebook Shop

Che cos’è Facebook Shops e perché sarà utile

Facebook in questo periodo di pandemia ha pensato soprattutto a strumenti per piccoli business e attività locali che possono aver bisogno di supporto ed ecco che arriva un’altra super novità, per chi ancora non ha un vero e proprio eCommerce, ma vorrebbe buttarsi nella vendita online.

A brevissimo sarà possibile crearsi il proprio Shop sui i social media, direttamente su Facebook e Instagram, ma in un prossimo futuro integrando anche Messenger e Whatsapp.

Le persone spendono sempre più tempo sui social media e perché non trovare un modo per mostrargli anche i propri prodotti preferiti da acquistare. Facebook non si è lasciato sfuggire questa opportunità di business, ora che le vendite online continuano a crescere.

È uno strumento gratuito, facile ed intuitivo da creare e si discosta dalla tab Vetrina che abbiamo visto fino ad ora sulla pagine e che ci permette di avere il nostro catalogo prodotti condiviso anche su Instagram per i tag shopping. Ha un’interfaccia pensata per il consumatore sempre più attivo da mobile che in modo veloce potrà acquistare i suoi prodotti preferiti.

Come funziona Facebook Shops e chi lo può attivare

Facebook Shop

L’apertura dello Shop è gratuita, ma diventa fondamentale gestire i nostri account social con Business manager, lo strumento che ci mette a disposizione Facebook per avere sotto controllo tutte le nostre risorse collegate alle sue piattaforme social.

Per settare Facebook Shops si deve infatti essere:

  • Amministratore della pagina Facebook (o della pagina Facebook collegata all’account Instagram sul quale si vuole lavorare)
  • Amministratore del Business Manager
  • Gestire pagina Facebook e Catalogo nello stesso Business Manager

Sembra infatti che questa funzione si attiverà gradualmente per tutti, dando priorità a chi già gestisce un catalogo prodotti e Instagram Shopping.

Arriverà una notifica e tutto sarà gestibile tramite ‘Gestore delle vendite’ che avrete già iniziato a vedere impostato e dovrete configurare.

Gestore delle vendite include una serie di strumenti pensati per vendere prodotti, gestire l’inventario ed evadere gli ordini della tua azienda su Facebook e Instagram.

Cosa potremo fare con Facebook Shops

  • Sarà possibile caricare un numero illimitato di prodotti sul proprio catalogo e personalizzare il look and feel del negozio a livello base.
  • Si potranno organizzare i prodotti in collezioni e categorie.
  • I consumatori potranno comunicare direttamente con noi tramite la pagina. Potranno sfogliare i prodotti e salvarli.
  • Potremo vedere statistiche di vendita, di visite e altro ancora.
  • I nostri prodotti appariranno anche nel Facebook Marketpalce, dandoci sicuramente più possibilità di visibilità.
  • In Italia il check out non sarà diretto su Facebook, ma verremo ancora rimandati ad un sito web esterno dove concludere l’ordine, negli Stati Uniti invece è disponibile anche la funzione di check out diretto. Sono molte però le integrazioni possibile e tra i partner più accreditati Shopify, piattaforma per creare eCommerce.

Altra novità molto interessante legata a Facebook Shops è la feature Live Shopping: a breve sarà possibile taggare i propri prodotti prima di andare Live sia su Facebook che su Instagram e quindi venderli direttamente durante la diretta stessa, nella quale verrà mostrato sempre il prodotto in questione sulla parte inferiore del video, con possibilità di acquisto immediato.

Cosa si potrà vendere e quali sono le restrizioni

Come recita la policy di Facebook:

“I prodotti e i servizi venduti su Facebook e Instagram devono rispettare i nostri Standard della community e le Normative sulle vendite di Facebook. Le nostre Normative sulle vendite forniscono regole su quali tipi di prodotti e servizi possono essere offerti per la vendita su Facebook e Instagram. I venditori sono anche responsabili del rispetto di tutte le leggi e le normative applicabili. La mancata osservanza può comportare una serie di conseguenze, fra cui la rimozione dei contenuti pubblicati. Se pubblichi ripetutamente contenuti contrari alle normative di Facebook, potremmo intraprendere ulteriori azioni nei confronti del tuo account. Ci riserviamo il diritto di rifiutare, approvare o rimuovere gli annunci per qualsiasi ragione, a nostra esclusiva discrezione”.

Trovate qui l’elenco di tutti i prodotti vietati, al momento non è infatti possibile mettere in vendita:

  • Servizi
  • Medicine
  • Contenuti scaricabili e in abbonamento
  • Prodotti per adulti di carattere espressamente sessuale
  • Alcolici
  • Animali
  • Parti del corpo o fluidi corporei
  • Offerte di lavoro
  • Integratori quali vitamine, chitosano, barrette proteiche
  • Abbonamenti e prodotti digitali
  • Dispositivi medici e per smettere di fumare
  • Prodotti a base di tabacco
  • Esplosivi, munizioni e veleni

È inoltre limitata la vendita di buoni regalo, voucher e biglietti per eventi.

Ora non ci resta che aspettare di ricevere la notifica per poi iniziare ad impostarlo e capire cosa ci aspetta.

Il comparto del lusso: dalle riconversioni alla ripresa nelle vendite grazie alla Cina

  • Anche il comparto del lusso ha subito forti contraccolpi a causa della pandemia, con fatturati che sono calati fino al 30%.
  • La Cina, primo mercato di riferimento, però, è in piena fase revenge spending, con numeri che fanno ben sperare.
  • Big news: anche il lusso finalmente si apre al digitale puntando alle esperienze d’acquisto personalizzate.

 

Da questa pandemia stiamo uscendo cambiati e sicuramente non fa eccezione l’economia, con abitudini del consumatore mutate, aziende ancora non del tutto operative, nuove misure di “distanziamento sociale”.

Non è da meno il comparto del lusso, un mercato in cui la crisi è bivalente: brand e subappaltatori italiani in difficile ripartenza e il miglior e maggior cliente, la Cina, con forti conseguenze da totale lockdown.

Ma nulla è perduto! Le stime confermano un trend di crescita positivo, seppur meno del previsto e viene finalmente sdoganato lo shopping online per i beni di lusso.

LEGGI ANCHE: Il mondo dopo il Covid: dati, previsioni e ipotetici scenari

Dal calo di fatturato al digitale

Il mercato del lusso ha, negli ultimi anni, attirato milioni di investimento e il trend si conferma in questo periodo di neo post lockdown con previsioni di incremento fino al 70% di nuovi fondi che stanno guardando a questo comparto come la prossima mossa per il 2020.

Perché? I dati parlano chiaro: il settore prevede una crescita del 10% iniziata nel 2019 fino al 2025 con un +1,9% annui e, dopo questa pandemia, con ampia manovra di sviluppo in campi come digital, shop online e tech inesistente prima del febbraio 2020.

I settori che vedranno arrivare più capitali sono quelli del beauty come la cosmetica e i profumi, gli accessori moda e il lusso digitale e sono anche i settori che hanno tenuto di più durante il periodo COVID, mentre contraccolpo negativo per hôtellerie, auto ed orologi.

Se da una parte i nuovi investimenti nel settore non sembrano rallentare, dall’altra, inevitabilmente, i consumi e le produzioni hanno subito una brusca frenata, con un calo del 30%. Questo è dovuto soprattutto al fatto che la clientela del settore è rappresentata per il 35% dalla Cina, Paese primo ad entrare in lockdown con forti conseguenze sulla sua capacità di spesa e potere di acquisto.

In periodi come questi è fisiologico che le priorità di acquisto cambino, seppur possedere ed acquistare beni di lusso rappresenti anche l’appartenere ad uno status quo, è necessario procedere per priorità, le spese per nuovi beni impossibili però sembrano solo posticipate, niente cancellazione quindi soprattutto tra i giovani e la Gen Z, i maggiori acquirenti del mercato.

In Cina, infatti, sono le nuove generazioni e le zone emergenti ad essere affamate di beni nuovi grazie anche all’influenza dei social, un pubblico che in questo momento è pessimista per il peggioramento della loro condizione economica a causa del lock-down, ma che dichiara anche di voler tornare a comprare come prima appena tutto sarà finito.

Due cose il comparto dovrebbe imparare dopo questo trimestre: il lusso al giusto prezzo e che l’online non è il diavolo, ma un’opportunità.

Il lusso al giusto prezzo, infatti, ha dato un segnale al mercato importante sul fatto che potrebbe essere l’occasione per ampliare la clientela con una corretta segmentazione il settore potrebbe rispondere in maniera più solida ai contraccolpi di cali di fatturato.

L’online è un’opportunità soprattutto per chi non lo ha ancora esplorato e questa è un’inevitabile conseguenza che ci porteremo tutti dietro dopo questa pandemia, d’altronde se non si può stare “vicini” come prima è necessario trovare un altro modo, un’esperienza d’acquisto online personalizzata, store digitali con assistenti reali che guidino il cliente nel suo shopping o un processo d’acquisto online che si finalizzi nello store, ma il negozio fisico seppur di alto livello ormai non è più sufficiente.

Una cosa mi ha stupita, lo “store” in cui avvengono i maggiori acquisti del comparto sono gli aeroporti e con il turismo limitato è il punto vendita che ha in assoluto registrato numeri negativi ed è da sempre stata la fonte maggiore di guadagno per il settore.

La luce a fine tunnel c’è e si vede. Gli esperti dichiarano che tra il 2022 e il 2023 si ritornerà al livello di spesa pre Covid con la Cina sempre in testa nella ripresa, anche per il 2020 anno in cui sarà l’unica a chiudere in positivo.

Insomma, la situazione non è così nera come ci si aspetta, ma sicuramente sarà una nuova ripresa, diversa e che avrà cambiato anche un settore così tradizionale ad ancorato agli store fisici.

LEGGI ANCHE: Gucci a sostegno del Pianeta con nuove piattaforme digitali

Il Revenge Spending dalla Cina

Si sa, gli autoregali e la voglia di avere qualcosa di nuovo sono i migliori antidoti a malumore e depressione. Anche con l’apertura delle attività post Covid si conferma questo trend che ha un vero e proprio nome: Revenge Spending, la voglia di riscattarsi dopo un periodo di limitazioni attraverso lo shopping, insomma il classico shopping consolatorio.

Tra i settori più colpiti da questo shopping compulsivo ci sono ristoranti, viaggi, locali e, naturalmente, i negozi, brand del lusso compresi.

Non solo Cina, anche il mercato indiano è sotto la lente d’ingrandimento dei brand di lusso che si aspettano da questo altro Paese emergente una crescita di volume d’affari tra il 10 e il 15 percento, ma non solo nell’ambito “grandi marchi internazionali” che sicuramente traineranno il comparto, ma anche dai luxury brand indigeni come abbigliamento e accessori sotto il marchio Indian Apparel, ma anche servizi, turismo, auto e beni immobili con un settore che vale circa il 30% del mercato totale.

Il mercato asiatico, ma più in generale il mercato dei beni di lusso, oltre a registrare le sue maggiori vendite nel contesto turistico ed aeroportuale, rappresenta per l’acquirente l’occasione di essere arrivato, di ostentare, anche, il suo potere di acquisto e di sentirsi parte di un’élite.

Se in India la fetta più ampia di clientela è rappresentata dagli uomini di affari e dalle loro famiglie, per il popolo cinese è la Generazione Z, oltre ai Millennials, quella che guida la classifica con previsioni di spesa che si aggirano sui 43 miliardi di dollari entro il 2024.

Per questo segmento, infatti, non è più l’ostentazione la motivazione d’acquisto, ma il “social capital” sentirsi, cioè, parte di un gruppo. Vedetela come: per noi in adolescenza se non avevi il motorino non eri nessuno, ora gli adolescenti nel 2020 se non hanno l’ultimo paio di scarpe droppato da Nike o un bell’orologio importante si sentono ai margini del loro gruppo.

Sicuramente il periodo che stiamo attraversando ha significato un parziale cambio di rotta e di regole per i player del settore che, pur di non perdere il loro mercato principale, hanno abbassato prezzi e tassazione puntando sul comparto digitale, pensate che Burberry, Guerlain o La Mer hanno deciso di aprire un loro store su Alibaba.

Queste scelte strategiche, fatte anche di acquisti di prossimità, hanno portato fin dal mese di aprile ad una ripresa, per marchi come Louis Vitton, Dior ed Hermès i dati parlano già di +50%.

Oltre a ciò un trend importante viene avanti: la valorizzazione di marchi cinesi coppia della volontà di ridurre, soprattutto dopo questa pandemia, la dipendenza del Paese dal mercato estero che per i brand stranieri, anche quelli più conosciuti vuol dire prendere in considerazione una distribuzione diretta in Cina o ad installare parte della produzione direttamente sul territorio asiatico.

Dopo questo Covid si parlerà, insomma, di Km0, o quasi, anche per lo shopping di alto livello.

LEGGI ANCHE: Da Gucci a FCA, quali sono stati i brand italiani che hanno riconvertito la produzione durante l’emergenza

Una promettente ripartenza dei più grandi marchi del comparto del lusso

I veri imprenditori non rimangono mai con le mani in mano e ce lo hanno dimostrato anche e soprattutto i grandi nomi della moda e del lusso durante questa emergenza, c’è chi ha convertito la propria produzione per offrire un prodotto utile alla comunità e c’è chi ha voluto fare donazioni alle strutture sanitarie. Insomma tutti hanno voluto dare una mano.

Per citare alcuni degli esempi più chiacchierati: Dior e Armani hanno convertito le loro produzioni tessili, la prima per mascherine produttive e la seconda per camici monouso; lo stesso gruppo Armani e l’omonima squadra di basket hanno voluto donare dei capitali alle terapie intensive milanesi e lombarde; lo stesso ha fatto il gruppo OTB devolvendo in beneficenza il 10% del ricavato di ogni vendita, Valentino, Geox e Diadora anche loro protagonisti di cospicue ed utili donazioni; Gucci e Prada forzando la loro produzione alla realizzazione di mascherine e camici monouso; LVMH, invece è passata dai profumi al gel disinfettante distribuito in modo gratuito agli ospedali.

Ma se anche i big del Made in Italy e non solo hanno registrato cali di fatturato causati da pandemia e contrazione dei consumi, il settore più colpito sarà quello dei piccoli artigiani a cui i grandi brand subappaltano parte della produzione per garantire la qualità del fatto a mano.
Un esempio rilevante viene dalla produzione del cuoio, scorte accantonate su stime del periodo che però ora non possono essere lavorate per mancanza di richiesta. Quindi cosa fare? Comprare i piccoli produttori o lasciarli fallire?

Come già detto sopra i segnali positivi di ripresa ci sono, come le cifre record incassate da Hermès nella sola giornata dell’11 aprile: 2,5 milioni di euro registrati dalla boutique locale di Canton. E per l’occasione non volevamo lanciare la nuova Birkin tempestata di diamanti?

Sicuramente questi dati incoraggianti avvalorano di nuovo la tesi della Revenge Spending, i consumatori si sono stufati di spendere solo per le spese essenziali, c’è voglia di ritornare a concedersi qualche vizio in più.

LEGGI ANCHE: Per il post-covid abbiamo bisogno di una ripresa economica sostenibile

Dopo ogni momento di cambiamento è necessario capire quali sono le nuove strategie e i nuovi comportamenti da adottare per non farsi cogliere impreparati e rimanere il più possibile sul mercato.
Sicuramente dopo questa pandemia i brand, non solo del lusso, si sono resi conto di due leve ancora forse inesplorate: le vendite online e le vendite di prossimità.

  • La vendita online rappresentava prima del 2020, per alcune aziende, una strategia di mercato lontana o inesplorata, ma i lock-down ha portato i consumatori in modo più o meno consapevole ad accelerare le loro abitudini e il loro salto culturale verso il digitale, sia in termini lavorativi con lo smart-working, sia in termini di abitudini d’acquisto con la preponderanza dello shopping online.
  • In netta contrapposizione, le vendite di prossimità, che non significa solo lo store fisico dietro l’angolo, ma anche l’iniziare a pensare al proprio cliente come persona ricca di valori e necessità e non solo un numero da mettere a budget. Questo vuol dire che le comunicazioni e le strategie pubblicitarie devono iniziare ad apprendere un tone of voice più umano portavoce di valori aziendali veri e condivisi

Sicuramente i grandi brand del comparto del lusso stanno sperimentando queste due nuove leve, con l’apertura di esperienze di shopping online prima impensabili e con la creazione di store fisici o esperienze d’acquisto più personali e personalizzabili.

La luce in fondo al tunnel c’è, basta vederla.

whatsapp pay

Week in Social: da WhatsApp Pay a Brand Connect di YouTube

L’universo social è inarrestabile. Anche questa settimana, ti proponiamo tutti gli aggiornamenti che non puoi assolutamente perdere. Sei pronto? Ecco le notizie principali.

Arriva WhatsApp Pay

È ufficiale! Facebook ha comunicato il lancio di WhatsApp Pay, il servizio per i pagamenti digitali che funziona attraverso la celebre app di messaggistica istantanea.

Una notizia già annunciata dallo stesso Zuckerberg lo scorso gennaio, durante la presentazione dei risultati finanziari aziendali.

Pochi giorni fa, il CEO di Facebook ha dedicato al lancio di WhatsApp Pay un post nel quale rivela “Il Brasile è il primo Paese in cui stiamo estendendo ampiamente i pagamenti via WhatsApp. Ne arriveranno presto altri!”.

E in attesa che questo servizio giunga anche in Italia, esploriamolo insieme più nel dettaglio.

Come funziona WhatsApp Pay

Dai primi indizi relativi al lancio del servizio in Brasile, si intuisce che WhatsApp Pay funziona sia come metodo di pagamento fra aziende e utenti (quindi, nell’ambito di una chat di un sito eCommerce che si affida a WhatsApp Business, adesso il compratore può pagare senza bisogno di uscire dall’applicazione), sia per le transazioni di denaro fra persone.

“Rendere semplici i pagamenti può aiutare a portare più aziende nell’economia digitale, aprendo nuove opportunità di crescita. Inoltre, stiamo rendendo l’invio di denaro ai propri cari facile come inviare un messaggio. Poiché i pagamenti su WhatsApp sono abilitati da Facebook Pay, in futuro vogliamo rendere possibile alle persone e alle aziende di utilizzare le stesse informazioni di pagamento in tutta la suite di applicazioni Facebook”, spiega il blog ufficiale di WhatsApp.

whatsapp pay

Non mancano gli accorgimenti per la sicurezza: “Abbiamo costruito questo servizio di pagamento pensando alla sicurezza, – dichiara Facebookper evitare transazioni non autorizzate, sarà necessario uno speciale PIN a sei cifre o l’impronta digitale (o il riconoscimento del volto, per alcuni smartphone ndr)”.

Al momento, in Brasile WhatsApp Pay supporta le carte di debito e di credito del Banco do Brasil, Nubank e Sicredi sulle reti Visa e Mastercard.

Facebook lancia il Centro Informazioni per il Voto

In vista delle imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti, Facebook lancia un Centro Informazioni per il Voto.

Stando a una dichiarazione rilasciata da Zuckerberg a USA Today, il Centro per le Informazioni di Voto svolgerà un ruolo chiave per incentivare la partecipazione alle urne.

Stiamo creando un nuovo Centro Informazioni per il Voto con informazioni autorevoli, tra cui come e quando votare, nonché i dettagli sulla registrazione degli elettori, sulle votazioni per posta e le informazioni sulle votazioni anticipate […] Questa novità comparirà nella parte superiore del feed di Facebook e su Instagram per assicurarci che tutti possano vederlo.

Facebook pubblicherà anche un promemoria per il giorno delle elezioni – feature dimostratasi particolarmente efficace nel favorire la partecipazione degli elettori in passato.

Inoltre, la piattaforma  ha reso nota l’imminente release di una nuova opzione per bloccare le inserzioni politiche.

“Gli utenti saranno in grado di disattivare gli annunci a tema politico, elettorale sociali provenienti da candidati politici e altre organizzazioni che hanno il disclaimer politico ‘pagato per’ [….] questa funzione sarà disponibile per tutti gli user statunitensi nelle prossime settimane”.

Facebook sta lanciando l’opzione negli Stati Uniti, ma prevede di estenderla anche ad altri Paesi, in futuro.

In pratica, quando vedremo un annuncio politico nel nostro feed, dovrebbe comparire un’opzione nel menu a discesa dell’ad per disattivare tutte le future inserzioni analoghe.

LEGGI ANCHE: 11 cose da fare sui Social Media per stare al passo con i tempi

Youtube aggiorna il suo Marketplace per l’Influencer Marketing

La crescita dell’influencer marketing, soprattutto per le piattaforme video, ha spinto YouTube ad aggiornare il suo marketplace dedicato. Ecco che FameBit diventa BrandConnect.

Finora FameBit ha agevolato la connessione tra i brand e gli influencer selezionati da YouTube attraverso il processo di pubblicazione delle campagne di seguito illustrato:

week in

Come spiegato da Youtube, BrandConnect mira a “rendere più semplice per i creatori e i marchi la creazione di branded content autentici ed efficaci […]  Per i creatori di contenuti, abbiamo sviluppato strumenti per agevolarli a trovare un match con possibili brand partner […] Per i brand, abbiamo aggiunto nuovi indicatori come il Brand Interest, il Peso dell’Influencer, e le visualizzazioni organiche attraverso le conversazioni, tutti dati che forniscono misurazioni delle campagne in tempo reale, rendendo evidenti i loro risultati”.

La nuova piattaforma BrandConnect prenderà il posto di FameBit il 1  agosto. Gli influencer interessati a registrarsi per ricevere proposte dai brand devono avere almeno 25.000 iscritti.

Digital Hubs, l’evento gratuito per scoprire l’evoluzione del banking

La digitalizzazione pervade ormai ogni settore e i mercati, così come le tecnologie, sono in continua evoluzione. Per restare al passo è necessario continuare a informarsi e arrivare per primi a conoscere l’innovazione lì dove avviene.

Venerdì 19 giugno, ad esempio, illimity farà il punto durante il suo evento sul tema della digitalizzazione e sul suo nuovo modello Open Plaform.

Ad appena 9 mesi dal lancio sul mercato illimitybank.com – la banca digitale diretta di illimity – avrai la possibilità di conoscere una novità assoluta per il settore: gli illimity Hubs.

Una banca che va oltre se stessa e si apre fino a diventare una piattaforma cross industry, che mette al centro le persone con un innovativo modello di collaborazione, sviluppato in piena ottica open banking ma anche open platform.

Potrai seguire il debutto dal vivo, con due partner di eccellenza, entrambi con DNA tecnologico: MiMoto, first mover nello sharing di scooter elettrici ha rivoluzionato il concetto di mobilità urbana e sostenibile, e Fitbit, azienda che aiuta le persone a condurre una vita più sana e attiva offrendo dati, ispirazione e consigli per raggiungere obiettivi di forma fisica per il benessere.

Prenota il tuo posto per seguire l’evento in streaming di illimity, venerdì 19 giugno alle ore 14.00

illimity Hubs per una nuova user experience

Si tratta di una vera novità, perché con gli illimity Hubs, la banca vuole andare oltre il tradizionale modello di partnership in un’ottica cross industry finalizzata ad anticipare e rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze dei clienti attraverso una user experience unica e integrata, che, per la prima volta, inizia e termina all’interno della piattaforma di illimitybank.com.

All’interno degli illimity Hubs, infatti, è possibile utilizzare le funzionalità offerte dai partner attraverso l’integrazione nella piattaforma di illimitybank.com e attivare servizi sinergici con l’operatività bancaria.

Un esempio? Si può usare la possibilità di creare progetti di spesa connessi alla misurazione dei passi fatti e registrati attraverso Fitbit con l’obiettivo di raggiungere la somma necessaria a realizzare i propri sogni o compiere determinati acquisti.

Oppure, integrando l’app di MiMoto, si può prenotare uno scooter con rapidità grazie alla funzione di Geomapping, ottenere la nota spese dei propri viaggi e avere una carta di debito elettronica personalizzata MiMoto.

Inoltre, grazie ai sistemi evoluti di data analysis e di intelligenza artificiale, vengono forniti suggerimenti personalizzati che combinano l’attività del cliente con i suoi consumi e abitudini quotidiane.

Dalla banca diretta fully digital a un ecosistema evoluto

Gli illimity Hubs disponibili dal 16 giugno e inizialmente riservati ai clienti dei partner che apriranno un nuovo conto illimity, saranno disponibili per tutti i clienti della banca a partire da luglio.

“In piena logica open banking, abbiamo creato un’unica piattaforma che consente ai clienti di accedere alle app di partner d’eccellenza non finanziari in un ecosistema evoluto sia in termini di offerta sia di user experience interconnessa. Grazie al debutto degli illimity Hubs, la banca diretta fully digital di illimity, dimostra ancora una volta di saper andare oltre ridefinendo le frontiere del banking e mettendo al centro il cliente e la sua quotidianità”, ha commentato Carlo Panella, Head of Direct Banking and Chief Digital Operations Officer di illimity.

Per saperne di più sull’evoluzione del banking e su illimity Hubs, prenota il tuo posto per seguire l’evento gratuito in streaming che si terrà il prossimo 19 giugno alle ore 14.00.

11 cose da fare sui Social Media per stare al passo con i tempi

  • Dopo il lockdown anche il mondo virtuale è mutato e tutti dobbiamo adeguarci a questo cambiamento.
  • Dalle bio sui profili, al social listening, dall’Influencer Marketing, all’advertising, ecco quali strategie e tattiche bisogna ricordare in questo periodo di transizione.

 

Non abbiamo bisogno di dirci quanto questi ultimi mesi abbiano cambiato profondamente ogni aspetto delle nostre vite. Dal quotidiano al mondo professionale, il virus e il lockdown hanno stravolto qualsiasi cosa e il mondo dei social media non poteva di certo rimanere a guardare.

È così che anche il mondo virtuale ora sente l’esigenza di mutuare e ogni utente deve necessariamente adeguarsi puntando a delle piccole accortezze fondamentali per stare al passo con i tempi.

Instagram Stories: perchè non devono mancare nella tua Social Media Strategy

1. Cambia la bio

Se la quotidianità, come dicevamo prima, è stata stravolta, allora anche la descrizione sui social della pagina o del profilo devono essere aggiornate.

Facciamo un esempio: sulla pagina Twitter di Best Buy sembra non essere cambiato nulla per l’azienda. Eppure oggi effettua solo il ritiro della merce.

Tutte le sedi di Best Buy negli Stati Uniti effettuano solo un servizio ma nella bio non è affatto specificato. Si tratta però di un’informazione importante che occorre subito fornire, eventualmente anche nei post messi in primo piano.

2. Potenzia il Social Listening

Incertezze, dubbi, perplessità: il mondo social dà tanti segnali di cambiamento e noi abbiamo il dovere di ascoltarli. La comunicazione online è decisamente aumentata negli ultimi mesi e quante cose sono ancora cambiate? Come si comporta il consumatore online? Quali sono le sue attitudini e cosa comunica?

Studiare quello che l’utente vuole dirci è la seconda azione da svolgere.

3. Pubblica con un obiettivo preciso

Less is more: basta con i contenuti pubblicati solo per il gusto di farlo. Basta. Puntiamo alla qualità anziché alla quantità e facciamoci una domanda, ovvero: “il mondo ha veramente bisogno di questo contenuto?”.

Se la risposta è sì allora proseguiamo con una serie di domande: chi leggerà questo post? Che tipo di contenuto sto veicolando? Vuole mirare ad educare, informare o intrattene? 

Qual è il cambiamento che si otterà con quel contenuto? Un’azione o un’ipotesi di pensiero? A tal proposito, curioso è il lavoro dell’americana Cardinal Spirits, situata a Bloomington in Indiana.

Si tratta di una piccola distilleria che ogni giorno pubblica sul canale Instagram ciò di cui ha bisogno per supportare le vendite. In soldoni, identificano l’obiettivo del giorno e quando lo raggiungono, lo rendono noto ai follower.

LEGGI ANCHE: Social Media Marketing per ripartire: come continuare e quali strategie adottare

4. Prima le persone

Sappiamo perfettamente che ciò che spinge i social e il web sono le persone: i network, la rete, le community sono alla base di qualsiasi relazione.

Quindi, anche se si pensa che la prerogativa sia quella di spingere l’azienda, non bisogna dimenticare che ognuna è composta da una moltitudine di persone: ecco, è il momento giusto per farlo.

Ora è il tempo di comunicare attraverso le persone, il vero valore aggiunto di ogni realtà.

Il Getty Museum ha svolto un lavoro simile: sono sempre le persone in primo piano, questa volta i fan, e infatti hanno chiesto loro di immedesimarsi in uno dei loro quadri preferiti.

Non è tutto estremamente fantastico?

5. Investi sull’Influencer Marketing

Ritornando al valore delle persone, dell’estrema fiducia che viene riposta in esse e nelle loro opinioni sui social, non bisogna dimenticare che l’influencer marketing non è morto. Cambiato sì, ma non affatto morto.

Un recente studio ha dimostrato un aumento del 75% dei click sui post di Instagram con #ad incluso tra gli hastag principali.

Quindi: mai dimenticare che un influencer (micro o top che sia) è un buon “strumento” di marketing.

6. Poni il prodotto in primo piano

Si è parlato tanto di distanziamento sociale tanto che ciò ha cambiato la nostra percezione su tanti aspetti. Occorre stare molto attenti a quelli che sono i contenuti veicolati oggi, quello che essi comunicano: se una foto è stata scattata in tempi non sospetti, siamo sicuri che sia adatta anche al contesto attuale?

Schwinn Bikes ha cambiato il suo piano editoriale fin da subito, adeguandosi a quelle che erano le circostanze: se prima due persone camminavano tranquillamente sul ponte, dopo poco l’immagine raffigurava un uomo in solitaria.

7. Prova nuovi formati e nuovi tempi di pubblicazione

Il mondo dei social cambia rapidamente e negli ultimi mesi vi è stata un’accelerata notevole. L’uso dei social è infatti aumentato sebbene siano cambiate le abitudini della maggior parte delle persone. Fino a poco fa nessun pendolare e nessuna palestra. Ora, sono cambiati anche gli approcci.

Se prima del coronavirus, nel settore social/finanziario, si poteva pubblicare alle dieci di mattina, ora l’orario prediletto sembrano essere le dieci sì, ma di sera. Il ritmo attuale è: cenare e collegarsi sui social per vedere le novità. Sarà vero? Basta sperimentare!

LEGGI ANCHE: Social Media Trend: dagli utenti sempre più connessi (anche in Italia) ai migliori orari per pubblicare

8. Rivaluta la pubblicità a pagamento

I dati di SocialBakers dimostrano che il costo per clic e il CPM per gli annunci social stanno diminuendo, poiché sempre più inserzionisti interrompono le loro campagne. Allo stesso modo, anche le percentuali di clic complessive per gli annunci social stanno diminuendo, il che significa che anche gli annunci meno costosi  potrebbero non funzionare. 

Il suggerimento che vi diamo è quello di ricalcolare le spese in base ai dati. Se tutto è cambiato perche questo dovrebbe essere uguale?

LEGGI ANCHE: 5 testate giornalistiche che usano TikTok per aumentare la propria audience

9. Dai più tempo ai tuoi clienti

È un mondo difficile, cantava qualcuno, e bisogna assecondare i tempi del cliente: se ora la capacità di spesa è ridotta allora occorre costruire di più sul desiderio.

Esempio di case di David Weekley

David Weekley Homes ha aiutto i clienti a creare “liste dei desideri” durante la quarantena con le loro serie di tendenze domestiche, per regione. Questo riguarda le tendenze della cucina, ecc. nelle nuove case di Austin.

10. Usa i tuoi assi nella manica

Se ci sono ancora un report o un bel video da pubblicare è il momento giusto per farlo, anche se sono datati, ma riportano informazioni attuali, specialmente se hanno avuto successo in precedenza.

Decostruire, riconfezionare e ripubblicare è tutto quello da fare.

LEGGI ANCHE: 4 punti chiave irrinunciabili per ospitare eventi sui social

11. Aiuta, non vendere

In un periodo particolare come questo, occorre invertire le priorità: è un momento in cui occorre mostrare la propria presenza ed aiutare. Sì, ma se non si vende come si fa ad andare avanti?

I clienti non dimenticheranno queste accortezze e staranno attenti in un futuro prossimo a premiare chi si è dimostrato disponibile.

Come aumentare la reach organica sui canali social

12. Un consiglio non richiesto

Non esiste la formula perfetta per una strategia di successo, quello che conta è avere delle basi su cui testare. Conoscere l’ambito d’azione, il proprio target, il customer journey è la base su cui costruire contenuti e piani idonei.

retail new normal report

Retail in Europa: come si preparano i consumatori per l’estate

  • In Europa, il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato più articoli online dall’inizio della pandemia.
  • I dati di Comscore ci mostrano i livelli di attività tra le categorie di retail che hanno visto un notevole cambiamento tra il 27 aprile e il 31 maggio 2020, periodo in cui i governi europei hanno gradualmente revocato le restrizioni del lockdown.

 

Il termine del lockdown ha determinato un nuovo inizio per molti settori. Un confronto importante con quello che è stato definito “new normal”, alla luce dei dati dei mesi dell’emergenza, ma anche in una prospettiva di ripresa.

È quello che emerge anche dal nuovo approfondimento realizzato da Comscore sui comportamenti degli utenti europei nel mondo online.

In Europa, il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato più articoli online, inclusi prodotti di prima necessità e generi alimentari, dall’inizio della pandemia, secondo l’ultima rilevazione del Global Digital Payments Tracker di Comscore.

Scopriamo gli insight sui livelli di attività tra le categorie di retail che hanno visto un notevole cambiamento tra il 27 aprile e il 31 maggio 2020, un periodo in cui i governi europei hanno gradualmente revocato le restrizioni del lockdown e i consumatori hanno iniziato a pianificare le vacanze estive.

LEGGI ANCHE: Gli effetti della pandemia sulla moda e la ripartenza per il settore retail

retail new normal report

Abbigliamento

L’estate è il momento in cui le persone rispolverano il proprio abbigliamento estivo.

Nonostante quest’anno il comportamento dei consumatori sia cambiato radicalmente, si sono rilevati segnali che dimostrano che la voglia di nuovi outfit per l’estate non è stata completamente annullata: i dati settimanali mostrano un aumento delle visite ai siti retail di abbigliamento online in quasi tutti i paesi dell’EU5 nel periodo dal 27 aprile al 31 maggio 2020.

L’aumento più elevato è stato registrato in Francia, con un aumento del 32% nella settimana tra il 25 e il 31 maggio 2020 rispetto alla settimana tra il 27 aprile e il 3 maggio 2020. La Germania è stata l’unico paese del gruppo che ha registrato una diminuzione delle visite a questa categoria di siti, con il 13% di visitatori in meno.

Profumi e cosmetici

Vi sono diversi dati che dimostrano che i consumatori hanno speso meno per l’igiene personale e i prodotti per la cura di sé stessi durante il lockdown. Tuttavia, ad eccezione del Regno Unito che è in ritardo rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda la revoca delle restrizioni della quarantena, la categoria Profumi e cosmetici ha chiuso il periodo con una risultati leggermente più elevati rispetto all’inizio.

L’Italia ha visto la variazione maggiore, con un aumento del 35% delle visite, seguita dalla Francia con un aumento del 19%.

La volatilità osservabile dei dati rilevati deriva dal fatto che le dimensioni del target di questo settore sono inferiori rispetto ad altre categorie di vendita al dettaglio come quella dell’abbigliamento, per esempio, il che lo rende molto più sensibile agli eventi esterni come le festività che hanno costellato tutto il mese di maggio in Europa.

LEGGI ANCHE: Verso il New retail normal: sono cambiati i comportamenti degli italiani

Sport e attività all’aperto

Poiché l’estate è un periodo caratterizzato dalla ripresa delle attività all’aperto, non è insolito rilevare picchi nella categoria Sport / Outdoor. E, con la rilevante eccezione della Germania, ciò si riflette infatti nei dati: le visite alla categoria dei siti e app retail Sport / Outdoor sono aumentate in tutti i paesi dell’UE5, esclusa proprio la Germania.

Il comportamento osservato nel Paese tedesco riflette lo stesso modello rilevato per la categoria Abbigliamento. Le ragioni di questo fenomeno non sono chiare. La Germania è stata tra i primi paesi dell’EU5 a revocare gradualmente le restrizioni, e questo ha forse incentivato meno i consumatori a orientarsi verso gli acquisti online.

Verso un ritorno alla normalità

Mentre l’aumento delle attività di vendita al dettaglio nelle ultime settimane è stato limitato a una manciata di categorie, l’aumento delle visite potrebbe essere un segnale promettente per un eventuale ritorno a un comportamento più normale dei consumatori. La stagionalità svolgerà un ruolo importante in questo processo.

Sul lungo termine, poiché i consumatori continuano a mostrare sempre più agio nell’acquisto di articoli online mai comprati prima su Internet, esiste la possibilità che il campo d’azione dei loro acquisti si espanda andando a integrare anche il web.

way of working

L’importanza del WOW (Way Of Working) per il Team

In questo periodo molte aziende stanno scoprendo che, effettivamente, si può lavorare da remoto senza necessariamente condividere tutti i giorni le scrivanie.

Ma come sta andando? Per alcuni professionisti e team è cambiato poco mentre per altri si è trattato di una mezza rivoluzione: come possiamo migliorare il modo in cui i team lavorano? Partendo dal WOW.

Way Of Working (WOW)

WOW è un acronimo che sta per Way Of Working e che potremmo tradurre con “il modo in cui un gruppo decide di lavorare” ed è un elemento fondamentale per aumentare le probabilità di successo di un team nella realizzazione di un progetto o per il raggiungimento di un obiettivo.

Pensiamo infatti all’ultimo progetto che abbiamo realizzato con altre persone: è stato facile? È andato tutto bene? Molto probabilmente ci sono stati intoppi e screzi, alcune incomprensioni hanno generato ritardi, l’account ha dovuto chiamare il cliente, sono stati necessari quattro rework e via dicendo.

Due buone notizie: quelli elencati sono problemi comuni a molti team di progetto e tutte queste criticità possono essere mitigate. Per arrivare al WOW è necessaria una premessa: un gruppo di persone in una stanza che lavora sullo stesso progetto non è necessariamente un team. Un team è qualcosa di più, sono persone che lavorano insieme e lo fanno perché lo vogliono, perché sanno che cosa devono fare: è un punto di arrivo e non di partenza.

Da dove iniziamo allora per portare questi soggetti eterogenei verso una maggior collaborazione? Aiutandoli a capire come lavorare insieme e supportandoli nella definizione della loro Way Of Working. Parole come “aiutiamo”, “supportandoli” e “loro” non sono casuali e raccontano già molto: si tratta di soluzioni locali (specifiche per ogni gruppo) e non necessariamente trasferibili.

Non è possibile definire una check-list da seguire che si possa replicare esattamente con ogni gruppo sperando di ottenere lo stesso risultato: la cosa bella delle persone e dei team è che sono tutti diversi. Parafrasando Lev Tolstoj “…ogni team infelice è invece disgraziato a modo suo…”.

Come aumentare la reach organica sui canali social

La necessità dei framework

Bisogna quindi definire dei framework, delle soluzioni ad alto livello che poi i singoli team possano calare nella loro realtà definendo così il modo in cui quel gruppo lavora e attenzione: queste soluzioni non sono sempre valide anche all’interno dello stesso gruppo. Uno degli elementi chiave è infatti il contesto.

Pensiamo a questa pandemia: in molti casi è una forzatura parlare di Smart Working o Agile Working. Riflettendo meglio appare chiaro come in realtà alcune persone stanno lavorando da casa (come in ufficio) durante un’emergenza non potendo uscire di casa. È una situazione diversa rispetto a quella nella quale ci si gestisce gli spazi e li modo di lavorare in serenità (che si spera torni presto o si diffonda sempre più).

Ogni team quindi può dover ridefinire al variare del contesto il proprio WOW e questa è la risposta che mediamente nessuno vuole sentirsi dire: non esiste una ricetta, non è facile e ci vuole tempo (praticamente quello che accomuna tutte le cose belle e che meritano di essere fatte).

In questo momento quindi è opportuno che il team si chieda come sta lavorando e se questa modalità sia efficace, quali siano le problematiche e che cosa invece stia funzionando bene. È una riflessione importante che necessita in alcuni casi di essere guidata. Pensiamo ad alcune domande:

  • Come stiamo lavorando oggi? La domanda più difficile è la prima perché bisogna rispondere sinceramente: la tentazione sarà di rispondere più sul “come dovremmo lavorare” o “quali sono i processi standard”. Il consiglio è quello di mappare e descrivere quello che succedere davvero: bisogna visualizzare le inefficienze per risolverle.
  • Che strumenti usiamo per lavorare? Si tratta di un passaggio fondamentale per evitare di perdersi tra Mail, Messenger, Whatsapp e dover cercare ogni volta i documenti
  • È necessario che tutti siano online e disponibili alla stessa ora? Se in questo momento ci sono esigenze specifiche (es. tenere i bambini durante una call) magari ci si può organizzare all’interno del team, oppure valutare le differenze di fuso orario
  • Lavoriamo in maniera sincrona o asincrona? Se in ufficio possiamo abbuffarci di informazioni (tanto i colleghi sono sempre disponibili, al massimo vado alla scrivania, lo interrompo e gli chiedo qualche dettaglio sul brief) spesso da remoto non è possibile e bisogna considerare le implicazioni e come aumentare e strutturare le comunicazioni (ed evitare di vivere in conference infinite)
  • Cosa intendiamo con queste parole? Definire bene il lessico aiuta il team a ridurre le ambiguità e non perdersi. Un esempio su tutti? Finito. Cosa vuol dire “finito”? Che ha mandato all’account? Che è stato approvato dal PM? Che è chiuso il progetto? Bisogna capirlo insieme
  • Sono chiari a tutti il progetto e le tempistiche? Le persone non sono cattive e non sono stupide, partiamo da questo assunto. Se vengono commessi degli errori nella maggior parte dei casi è perché è mancata comunicazione e non c’è stata chiarezza nella definizione del progetto o delle esigenze. Un esempio: “te lo consegno domani” vs “domani verso le 17.40 ti consegno un report in ppt dove ci sono le quattro richieste fatte dal cliente”. Ricchezza informativa e chiarezza che aiutano poi a discutere e fidarsi nel team.

Queste sono solo alcune delle domande che un team si può porre per iniziare a definire il proprio Way Of Working che dovrà poi evolvere nel tempo per aiutare quel gruppo di persone a diventare un team che lavori sempre meglio attraverso piccoli cambiamenti costanti nel tempo, il kaizen del team.

LEGGI ANCHE: Perché le competenze trasversali sono al cuore dello sviluppo professionale

Il ciclo di Deming

Riprendendo infatti la filosofia Lean stiamo semplicemente riportando il ciclo di Deming (PDCA – Plan – Do – Check – Act) a livello di team per definire il WOW, definire dei miglioramenti, metterli alla prova e valutare il risultato: si tratta di portare un mindset differente anche a livello di team e avere un Project Manager con un ruolo che diventa più di supporto e crescita che di comando e controllo.

Le soluzioni per il team

Per identificare i WOW del proprio team e farli evolvere esistono numerose soluzioni e possiamo citarne due: uno più legata ai processi e l’altro è invece uno strumento. L’elemento di processo è la Retrospettiva: si tratta di un momento, normalmente alla conclusione di una fase di progetto, durante il quale il team analizza che cosa ha funzionato e cosa invece può essere migliorato. Dal mio punto di vista l’applicazione ottimale è quella indicata da Scrum (uno dei principali framework di Agile) che prescrive alla fine di ogni ciclo di lavoro, oltre che di progetto, una Retrospettiva dando vita a uno dei principi dell’Agile Manifesto (Regular reflections on how become more effective).

Se infatti nelle metodologie tradizionali la riflessione è relegata alla fine del progetto, in Scrum è obbligatorio fermarsi alla fine di ogni ciclo di lavoro (chiamati Sprint) in modo da migliorare durante lo sviluppo del progetto e non solo tra un progetto e l’altro. In questo momento il team quindi valuta che cosa sta funzionando e può esplorare il modo in cui sta lavorando, identificare alcuni cambiamenti e implementarli per poi verificare i risultati.

Durante le retrospettive possono essere usati vari strumenti e spesso si utilizzano il serious gaming o legate al visual thinking (una raccolta si trova ad esempio su funretrospectives o gamestorming ). Uno degli esercizi più famosi è chiamato “starfish”: si tratta di uno spazio diviso in cinque aree dove troviamo Keep (Cose da tenere), Less (Da fare meno), More (Da fare di più), Start (Esperimenti), Stop (Smettere). Il team a questo punto può discutere di alcuni degli elementi e identificare visivamente alcuni cluster, esperimenti o comportamenti da modificare.

LEGGI ANCHE: Dal Remote Working allo Smart Working: come evolve il lavoro nelle organizzazioni

Starfish per le Retrospettive

Per quanto invece riguarda lo strumento, anche per i team esistono alcuni Canvas, come per qualunque altra cosa (o quasi). Si può scegliere tra il Team Canvas e il Business Model Team. Il secondo è decisamente più strutturato e offre anche una serie di strumenti aggiuntivi per riflettere sul proprio team e sui punti di forza, mentre il primo è disponibile in due versioni, una completa e una basica.

Team Business Model Canvas by Bigname.

Dovendo scegliere un punto di partenza e non avendo fatto lavori analoghi, probabilmente è possibile partire dall’ultimo (Basic) per poi procedere nelle retrospettive successive verso gli elementi più strutturati e le riflessioni più profonde per costruire il proprio WOW.

A ogni caso il suo way of working

Come abbiamo visto si tratta di processi e strumenti che possono facilitare la definizione di un metodo di lavoro (costringendoci a fermarci con le retrospettive e rendendo visibili elementi positivi e inefficienze del nostro team e del mondo in cui sta lavorando con i canvas), ma non ci sono soluzioni pronte.

Sarà ogni contesto a dover analizzare i propri vincoli, il livello di maturità delle persone e dei team e, sulla base degli elementi a disposizione trovare il modo in cui lavorare meglio.

consigli eventi social

4 punti chiave irrinunciabili per ospitare eventi sui social

  • Gli strumenti digitali hanno fornito finora un’importante alternativa agli eventi fisici.
  • Va considerato che il tone of voice e le finalità di un evento da ospitare sui social sono molto diversi da quelli di un evento tradizionale.
  • Una strategia promozionale ben strutturata e omnicanale è fondamentale ai fini di una buona riuscita di un evento digitale.

 

Il settore degli eventi è fra quelli che ha sofferto maggiormente durante il periodo di emergenza da Covid-19: negli ultimi mesi sono stati annullati tutti gli eventi che prevedevano riunioni di persone. Dai concerti alle fiere, passando per quelli sportivi e di business.

Da marzo, infatti, tutto il comparto legato al vasto mondo dell’intrattenimento live ha subito una brusca frenata in Italia.

Anche da un punto di vista marketing gli eventi rappresentano per i brand un efficace metodo di comunicazione con i consumatori e gli stakeholder, permettendo un contatto diretto con quest’ultimi (più di qualsiasi altro strumento). Questo genere di eventi può avere, ad esempio, carattere commerciale, come il lancio di un prodotto, relazionale, un aperitivo per celebrare un risultato raggiunto, o professionale, un meeting per presentare una nuova strategia.

Gli strumenti digitali hanno fornito finora, e nella maggior parte dei casi citati, un’importante alternativa agli eventi fisici: infatti negli ultimi mesi si è assistito a un non trascurabile utilizzo di social network e di software per l’organizzazione di eventi digitali. Le community hanno dato vita ad “assembramenti digitali”.

Questa possibilità ha concesso ad artisti, intrattenitori e brand di rimanere in contatto con il proprio pubblico che ha partecipato a concerti, conferenze, seminari e spettacoli, comodamente dal divano di casa.

Gli eventi sui social media

Proprio come accade nel reparto marketing di un’azienda quando ci si appresta ad organizzare un evento tradizionale, è importante avere le idee chiare e conoscere bene gli strumenti che si hanno a disposizione prima di ospitarne uno sui propri canali.

Per la maggior parte degli operatori del settore si tratta di un lavoro nuovo: finora i social media hanno rappresentato, nel settore eventi, una leva promozionale e una parte (seppur importante) della customer journey.

Negli ultimi 3 mesi si sono trasformati nel palcoscenico: il ponte di congiunzione fra l’evento e il rispettivo pubblico.

Le piattaforme social hanno messo a disposizione diversi upgrade per venire incontro a questa esigenza degli organizzatori di eventi, offrendo servizi e strumenti sempre più in linea con questo nuovo trend: lo scopo è la creazione di engagement e di interattività con chi decide di collegarsi.

L’importante è non sottovalutare questo genere di attività, all’apparenza più semplice rispetto all’organizzazione di un evento fisico: per tale motivo sono stati considerati pochi punti chiave da non tralasciare durante l’organizzazione di un evento digitale.

Come organizzare un evento sui social

1. Il tema dell’evento e il tone of voice

Domanda numero uno: un evento pensato per una platea tradizionale può avere la stessa efficacia anche in formato digitale?

In un articolo dedicato al tema, il team Marketing di Google sostiene che il poter realizzare un evento digitale non vuol dire che va necessariamente organizzato.

Va considerato che il tone of voice e le finalità di un evento da ospitare sui social sono molto diversi da quelli di un evento tradizionale: è importante capire se l’argomento scelto è in linea con il proprio pubblico, ha appeal (anche da un punto di vista digitale) e se è un tema che si può trattare di fronte ad una platea potenzialmente molto ampia e fisicamente distante.

LEGGI ANCHE: Come essere efficiente nell’era delle Stories e di TikTok se sei un Social Media Manager

2. Il piano organizzativo

Qual è la finalità dell’evento? Quanto durerà il live? Chi sono gli ospiti? Come e quando interverranno? C’è materiale grafico o video a supporto da condividere con il pubblico?

Queste sono solo alcune delle importanti domande a cui dovrebbe rispondere il piano organizzativo dell’evento live. Inoltre è corretto che tutto il team di lavoro sia coinvolto nella redazione di questo piano, e che siano presenti tutte le figure professionali al fine di fronteggiare al meglio gli eventuali imprevisti della diretta.

Capitolo a parte meriterebbe la scelta della piattaforma social su cui ospitare il proprio evento. A seconda delle esigenze, della tipologia di target e del topic dell’evento si può decidere di andare in diretta su un determinato social network.

La scelta è ampia e dovrebbe ricadere sulla piattaforma social dove si ha il maggior seguito o dove si ritiene sia concentrato il target di riferimento.

All’interno del piano organizzativo dovrebbe essere presente un paragrafo dedicato agli imprevisti della diretta che, se da un lato può regalare emozioni indescrivibili, dall’altro nasconde mille insidie. Si consiglia di preventivare, 1 o 2 giorni prima del go live, una giornata dedicata alle prove generali per testare con la massima calma il corretto svolgimento di tutte le fasi dell’evento in programma.

Ad esempio è importante tenere sotto controllo la qualità della connessione Internet, la qualità del suono e la luminosità della location scelta per la diretta.

È importante rivedere un’ultima volta la scaletta e calcolarne i tempi di discussione. Sarebbe ancora più utile farlo con tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione e con un focus group, composto da alcune persone fidate o del settore eventi, al fine di effettuare il definitivo “fine tuning”.

3. La promozione degli eventi sui social (e non solo)

Una strategia promozionale ben congegnata, omnicanale e strutturata è fondamentale ai fini di una buona riuscita di un evento digitale. Le informazioni che devono arrivare chiaramente al target sono la durata, il luogo dove si svolgerà la diretta, il nome degli ospiti, lo scopo e le istruzioni con cui iscriversi e partecipare.

Ecco alcuni consigli per una corretta strategia promozionale:

• Promuovere l’evento per almeno 3 o 4 settimane.
• Dedicare all’evento una pagina web contenente una breve descrizione e un form di registrazione molto chiaro.
Comunicare sui propri canali social i messaggi più significativi (nome dei partecipanti, orari, modalità di registrazione, come partecipare).
• Inviare una mail come reminder alcuni giorni prima.
• Coinvolgere nella promozione diretta dei brand ambassador.

social media lockdown

LEGGI ANCHE: 10 competenze che un Social Media Manager dovrebbe assolutamente avere

4. Il grande giorno e il follow up

È il grande giorno: è il momento di raccogliere i frutti di tanto lavoro da parte di tutti gli operatori che hanno partecipato al corretto svolgimento di questo evento digitale.

È giusto ribadire che lo svolgimento, il tone of voice, gli orari e il coinvolgimento del pubblico di un evento da ospitare sui social network sono molto diversi rispetto a quelli di un evento tradizionale.

Mantenere alta la concentrazione degli spettatori, con un ritmo più veloce e con tecniche di engagement diventa prioritario nel mondo digitale: rispondere ai commenti e interagire con le persone che pongono domande durante l’evento è sempre una buona idea.

Come aumentare la reach organica sui canali social

Una volta finito l’evento bisogna focalizzarsi sul follow-up con il proprio team: ripercorrendo le tappe della giornata verranno in mente momenti interessanti e vincenti, assolutamente da riproporre. Altri invece verranno cancellati dalle prossime scalette.

Il follow-up è uno dei momenti chiave per realizzare eventi digitali professionali e sempre più in linea con le preferenze del proprio target. Soprattutto se si ha intenzione di preparare la seconda edizione dell’evento, o un nuovo format, bisogna prendere del tempo per condividere con il proprio team i punti di forza e i punti deboli dell’opera appena terminata.

Chiedere un parere a tutti coloro che hanno partecipato attraverso email, per valutare la customer satisfaction, può rivelarsi molto utile.

customer journey strategy free masterclass salesforce

Come costruire una Customer Journey Strategy: obiettivi, touchpoint e competenze

Il Customer Journey è una leva al cuore di ogni strategia di marketing. È il viaggio del consumatore che lo porta a una relazione con l’azienda o il brand e la sua mappa è una rappresentazione visiva di queste interazioni.

Un percorso complesso, popolato da una moltitudine di touchpoint che vanno dalle piattaforme digitali agli spazi fisici.

Per analizzare più nel dettaglio come si costruisce una Customer Journey Strategy, Andrea Buffoni – Regional Vice President Salesforce Marketing Cloud ci accompagnerà nella Free Masterclass del prossimo 16 luglio, dalle ore 13 alle 14.

Scopriremo quali sono gli aspetti focali di ogni strategia di marketing e lead generation come customer journey e customer lifecycle, attraverso obiettivi, touchpoint e competenze.

Nella Masterclass esploreremo case study, sia B2C che B2B, di diversi settori merceologici, dal fashion all’automotive: grandi aziende globali come Diadora, Sara Assicurazioni ed Esprinet, che grazie ad una strategia basata su questo approccio hanno raggiunto e superato i propri obiettivi di business.

>>> ISCRIVITI ALLA FREE MASTERCLASS “Customer Journey Strategy”

Primi passi verso una Customer Journey Strategy

La centralità del cliente è un obiettivo sfidante per molte aziende: l’esperienza del cliente e il suo customer journey sono uno strumento per differenziarsi e creare un vantaggio competitivo.

Ma quali passi deve seguire un’azienda per realizzare questa visione?

  1. Scoprire cosa guida il coinvolgimento dei clienti.
    Il primo passo è quello di sviluppare una comprensione globale non solo delle esigenze consce dei clienti attuali e futuri, ma anche dei bisogni latenti e dei fattori che dettano il comportamento umano. In parole povere, se si impara di più sul proprio mercato di riferimento rispetto ai concorrenti, allora ci si mette in una posizione di forza per essere più competitivi. L’analisi dei dati (sia qualitativi che quantitativi) può giocare un ruolo importante nell’aiutare a stabilire questa profondità di comprensione, ma è un processo che non si ferma mai.
  2. Comprendere il percorso del cliente nel suo complesso.
    Stabilire una visione altamente dettagliata dell’esperienza del cliente end-to-end può essere uno strumento incredibilmente potente, in quanto fornisce una prospettiva olistica del percorso anche emotivo che il cliente sta compiendo, permettendo di considerare i punti nei quali si potrebbe creare un nuovo valore. Ma attenzione, perché è qui che spesso si commettono errori. Innanzitutto non bisognerebbe soffermarsi solo sui touchpoint, ma bisognerebbe tracciare il percorso effettivo del cliente, considerandolo anche in un’ottica non lineare. Solo così il Customer Journey può innescare un’azione strategica o tattica a livello aziendale.
  3. Migliorare la Customer Journey Strategy generando nuove idee.
    Una volta sviluppata una customer journey map dettagliata, è necessario mettere in atto un processo strutturato per sviluppare nuove idee e creare esperienze uniche attraverso le fasi chiave. Le idee possono essere mirate ad eliminare o attenuare le cause di una customer experience negativa – dove è necessario ad esempio uno sforzo inutile da parte del cliente, o dove emergono cause di stress, confusione, ansia e frustrazione. Solo una volta raggiunto questo obiettivo, possiamo rivolgere la nostra attenzione allo sviluppo di esperienze positive che innescano una connessione emotiva. Questo è importante perché i ricordi duraturi sono stabiliti solo quando si innesca un sentimento emotivo, che può includere la sorpresa (positiva), la gioia, lo stupore, o semplicemente la soddisfazione.

Il 2019 ha segnato un momento di svolta per la comprensione e l’ottimizzazione dei customer journey da parte dei marketer. In particolare nell’ottimizzazione su più canali, ben l’88% dei responsabili si dice soddisfatto dei risultati raggiunti con una crescita dei tassi di conversione cresciuta dal 61% nel 2018 all’85% dello scorso anno.

Nel 2020 in particolare, la maggior parte dei professionisti ha dichiarato che si passerà da un bisogno di tecnologia a un bisogno di competenze per dare un senso concreto agli sforzi di ottimizzazione del customer journey.

customer journey strategy

Cosa imparerai durante la Free Masterclass

Nello specifico durante l’ora di lezione gratuita risponderemo alle seguenti domande:

  • Come mappare una Customer Journey
  • Come si costruisce il percorso ideale che va dal primo contatto fino alla fidelizzazione?  
  • Come guidare l’utente nel suo percorso esperienziale attraverso i touchpoint fisici o digitali? 
  • Come si analizzano i touch point? 
  • Come impostare e monitorare obiettivi e KPI? 
  • Come instillare in azienda una cultura fondata sul dato e un mindset adeguato?
  • Come cambiano i lifecycle stage nelle diverse industry?

La Free Masterclass è online e gratuita, iscriviti adesso! Ma se proprio non ce la fai a seguirla in diretta, potrai recuperarla on demand, attraverso la tua area utente.

RICAPITOLANDO

Free Masterclass “Customer Journey Strategy”
con Andrea Buffoni, Salesforce

giovedì 16 luglio 2020 dalle ore 13 alle 14

ISCRIVITI ORA ALLA MASTERCLASS